|
ITALIA
25-04-1959
Moncalieri (TO) Anni 26
|
|
Moncalieri - In
ricordo di Domenico Russo, vittima allo stadio Heysel 39
anni fa
Nella giornata di ieri
organizzata la celebrazione delle vittime della tragedia
dello stadio Heysel di Bruxelles. Per mantenere viva la
memoria dei 39 "angeli" che persero la vita quel 29
maggio di 39 anni fa, un giorno che doveva essere solo
di festa e passione per lo sport. Tra le vittime anche
Domenico Russo, moncalierese di 26 anni: "La sua memoria
vive tutti i giorni anche nel nostro impianto sportivo
di strada Vignotto, dedicato proprio a Domenico", ha
spiegato il vice sindaco Davide Guida.
Fonte:
Ilmercoledi.news
©
30 maggio 2018
Fotografia:
Comitato Heysel
Reggio Emilia ©
|
|
|
|
|
Moncalieri dedica un
impianto a Domenico Russo
giovane vittima della
tragedia dell’Heysel
Il sindaco Montagna:
"Lo avevamo promesso, il 29 maggio del 2015, nel 30°
anniversario di quella notte terribile. Lo abbiamo fatto
per rendere omaggio alla storia di questo ragazzo e alla
sua famiglia".
MONCALIERI - La Città di
Moncalieri ha dedicato l’impianto sportivo di strada
Vignotto a Domenico Russo, giovane moncalierese vittima
della tragedia dell’Heysel avvenuta il 29 maggio del
1985 quando la giovane vittima aveva appena 26 anni.
Alla cerimonia di intitolazione hanno partecipato anche
lo Juventus Fan Club, di cui Domenico era socio, e il
Toro Club "Valentino Mazzola" di Moncalieri, mettendo in
scena un bellissimo gemellaggio della memoria.
ANDREA AGNELLI - In modo indiretto ha
partecipato anche Andrea Agnelli con una lettera inviata
al sindaco di Moncalieri, Paolo Montagna: "Il 29 maggio
rappresenta per il popolo bianconero una data da
commemorare, nel ricordo delle 39 vittime, in quella che
avrebbe dovuto essere una serata di festa e di sport, ma
che si è tristemente tramutata nella tragedia dello
stadio Heysel", ha scritto il presidente della società
bianconera, "sono passati tanti anni, ma il ricordo è
sempre vivo in ognuno di noi, juventini e non, ed è
importante rinnovare questa memoria affinché nessuno
dimentichi e per evitare che simili tragedie possano
accadere nuovamente. Con questo mio pensiero voglio
essere vicino, a titolo personale e in rappresentanza
della Juventus, alla famiglia di Domenico Russo e
rivolgere a Lei un ringraziamento per l’impegno e la
sensibilità dimostrata portando avanti la memoria di chi
purtroppo ha perso la vita in quella tragica giornata".
LA MOGLIE DI DOMENICO - Presente anche
la moglie di Domenico Russo, Tiziana, che all’epoca era
in attesa del loro primo figlio che nacque nell’agosto
successivo e che lei scelse di chiamare Domenico proprio
in memoria del padre. "Lo avevamo promesso, il 29 maggio
del 2015, nel 30° anniversario di quella notte
terribile", ha commentato il sindaco Montagna, "lo
abbiamo fatto per rendere omaggio alla storia di questo
ragazzo e alla sua famiglia, e anche per guardare
avanti, affinché su questa targa altri ragazzi possano
leggere e ricordare, insieme al nome di Domenico Russo,
i veri valori dello sport".
Fonte:
Torino.diariodelweb.it
©
14 maggio 2018
Video:
Comitato Heysel
Reggio Emilia ©
|
|
|
Tiziana, moglie di
Domenico Russo: al marito sarà dedicato il campo di
Moncalieri
"Noi, dimenticati dopo
la tragedia dell’Heysel"
di Massimo Massenzio
"Intitolare il campo sportivo
a Domenico è un gesto bellissimo. Uno dei pochi in
questi 33 anni in cui si è cercato più di dimenticare
che di ricordare". Seduta al tavolo della sua cucina
Tiziana Fecchio sfoglia i vecchi album e non riesce a
trattenere la commozione quando compaiono le foto di suo
marito, morto a 26 anni allo stadio Heysel di Bruxelles,
prima della finale di Coppa dei Campioni,
Juventus-Liverpool. Da domenica l'impianto del Vignotto,
a Moncalieri, porterà il nome di Domenico Russo e sarà
il primo campo da calcio in Italia dedicato a una delle
39 vittime dell'Heysel.
(NdR: non è vero che sia stato il primo e
speriamo neanche l’ultimo) "Apprezzo tantissimo la
decisione del Comune di Moncalieri e mi auguro che
qualcuno colga questo messaggio. Comprendo che non sia
facile ricordare uno stadio inadeguato, una finale che
non si sarebbe dovuta giocare e una coppa ancora più
difficile da festeggiare. Però per noi, per i famigliari
di quelle 39 persone uccise, una maggiore vicinanza
sarebbe stata importante. Piccoli gesti, ma magari
ripetuti ogni 29 maggio, da parte della società Juventus
e anche del Comune di Torino. Ci saremmo sentiti meno
soli". Quella tragica sera Tiziana era davanti alla
televisione: "Ma non avevo capito bene che cosa stesse
succedendo. Domenico non era un tifoso sfegatato. Non
riusciva a trovare i biglietti e poi, due giorni prima
della partita, si materializzarono quei posti nel
settore Z. Ho saputo della sua morte dal telegiornale".
Tiziana era al quinto mese di gravidanza e 3 mesi e
mezzo dopo è nato il figlio Domenico: "Si sarebbe dovuto
chiamare Adriano, ma poi abbiamo deciso diversamente. È
cresciuto senza conoscere suo padre e non mi ha mai
chiesto troppe informazioni per non farmi rivivere quei
momenti. Solo in occasione del trentennale" ha fatto una
vera e propria full immersion. Ma poi è ritornato alla
sua vita, in Veneto, con i suoi tre splendidi figli". A
Tiziana sono rimaste decine di fotografie che la
ritraggono con suo marito. Domenico sorrideva sempre:
"Amava la vita, lo sport e i bambini. E non è riuscito a
vedere nascere il suo".
Fonte: Il Corriere
della Sera © 11 maggio 2018
Fotografie: Tiziana
Fecchio ©
|
|
|
La storia una ferita mai
chiusa
"Ma io non posso
gioire"
Parla una delle vedove
dell'Heysel
Undici
anni dopo Bruxelles, c'è chi non riesce a festeggiare la
vittoria bianconera in Coppa Campioni. I parenti di
Domenico Russo e Giovacchino Landini, i due torinesi
nell'elenco delle 39 vittime della strage all'Heysel,
finale 1985 tra Juventus e Liverpool, non hanno
dimenticato quella notte di sangue, le immagini dello
stadio devastato dagli hooligan inglesi, la voce di
Pizzul che commentava una partita che nessuno aveva
osato sospendere. E poi le telefonate della polizia, la
faccia triste del funzionario incaricato di dare il
"doloroso annuncio", mentre fuori i tifosi urlavano di
gioia, come se non fosse successo nulla. Tiziana Russo,
la vedova di Domenico, aveva 26 anni, e portava in
grembo un figlio che a settembre compirà 11 anni, e a
cui è stato dato il nome di papà. Dimenticare ? E come
si fa ? "Questi - racconta nella sua casa di Moncalieri,
in via ...
(NdR: omissis) - sono i giorni peggiori. Mi rendo
conto che questa tragedia ha cambiato la mia vita e
quella dei familiari delle altre vittime. Ma al mondo
dello sport, al Paese, in fondo non è mai importato più
di tanto di noi. Passato il primo mese in cui tutti
venivano a portarmi le loro condoglianze, e a promettere
per mio figlio borse di studio che devo ancora vedere,
si è preferito dimenticare quei 39 morti. Ma io non
dimentico. E non posso perdonare. Non ci riesco". Al
processo, a Bruxelles, questa donna è stata "risarcita"
con 100 milioni. Adesso fa la collaboratrice domestica,
segue il figlio a scuola e lo accompagna a karate.
L'altra sera erano dagli zii, lei e il piccolo Domenico:
"Non volevano accendere la televisione, ma io non ho
voluto. La partita l'ha vista anche Domenico, che non
ama il calcio e comunque fa il tifo per il Torino. Ormai
questa tragedia appartiene solo a me, non voglio che gli
altri si sentano condizionati, non sarebbe giusto, il
mondo deve andare avanti". Anche lei l'ha vista, la
partita. E confessa che in fondo in fondo si aspettava
qualcosa di più dalla società. In che senso ? "Mi
dicevo: adesso qualcuno prende la Coppa e la dedica alla
memoria di quelli morti nello stadio Heysel". Non è
successo, e Tiziana Russo non è stupita più di tanto:
"Anche 11 anni fa pensavo che il trofeo sarebbe stato
restituito". G.A.P.
Fonte: La Stampa ©
24 maggio 1996
Fotografie: Il
Corriere della Sera
©
Stampa Sera
©
|
|
|
|
|
E' nato Domenico
figlio del tifoso ucciso a Bruxelles
A tre mesi e 16 giorni dalla
tragedia di Bruxelles, è nato il figlio di Domenico
Russo, il tifoso juventino rimasto ucciso sugli spalti
dello stadio Heysel. La moglie, Tiziana Fecchio, 24
anni, ha dato alla luce martedì, all'ospedale di
Moncalieri un bambino: si chiamerà Domenico, come il
padre. "Per qualche giorno Tiziana e il piccolo staranno
da noi. Poi, torneranno nella loro casa. Certo siamo
contenti, ma il dolore per la morte di Domenico non si è
ancora spento", spiega la madre di Tiziana. Domenico
Russo, elettricista, seguiva per la prima volta la Juve
all'estero. I famigliari per un paio di giorni hanno
vissuto in un alternarsi di speranze e delusioni.
Mentre, infatti, era arrivata la notizia della morte del
giovane, i giornali hanno pubblicato una fotografia dei
disordini, dove è stato riconosciuto Domenico Russo.
Questo ha fatto pensare che fosse ancora in vita. Solo
in un momento successivo la verità: il giovane era stato
immortalato un attimo prima che cadesse, travolto e
ucciso dalla folla.
Fonte: La Stampa
©
21 settembre 1985
Fotografia: Tiziana
Fecchio
©
|
|
|
Stamane si svolgono i
funerali di Domenico Russo di Moncalieri; lascia la
moglie di 24 anni, incinta di 5 mesi
Ultimo addio alle
vittime di Bruxelles, uccise dal fanatismo
Grande commozione,
sabato, al rito funebre di Giovacchino Landini -
Monsignor Franco Peradotto: "Bisogna stabilire fino a
che punto l'agonismo sia accettabile" - Un toccante
messaggio di pace, di fratellanza e di riconciliazione
del vescovo di Liverpool.
Si
svolgono questa mattina i funerali di Domenico Russo, il
tifoso juventino di Moncalieri, rimasto ucciso nel
massacro di Bruxelles prima dell'inizio della partita di
finalissima per la Coppa dei Campioni. La salma, in una
bara scura avvolta dal tricolore, è rimasta nel salotto
della casa di famiglia in via
...
(NdR: omissis) e da qui parte
alle 9. La Messa in chiesa celebrata dal parroco e poi
la tumulazione al cimitero. Alla cerimonia ci saranno
tifosi juventini, delegazioni dei club bianconeri,
dirigenti e giocatori, le autorità a cominciare dal
sindaco. E centinaia di persone: le stesse che, sabato
sera, sotto la pioggia, hanno atteso il piccolo corteo
di auto dietro il carro funebre in arrivo. Grande pietà
e grande tristezza. Domenico Russo era uno sportivo che
non perdeva una partita della sua squadra del cuore, ma
che, a sua volta, giocava a calcio e faceva parte di una
equipe di ping-pong. Lascia la moglie Tiziana Fecchio,
24 anni, incinta di cinque mesi, che dapprima si è
aggrappata a un filo di speranza augurandosi che il
Domenico Russo morto fosse soltanto un omonimo del
marito. Poi è rimasta impietrita dal dolore: due notti
senza dormire, sostenuta da tranquillanti e da
un'infinita tristezza che le spezza il cuore. Ci sono
stati attimi di grande commozione mentre si celebrava il
rito funebre per l'altro torinese rimasto ucciso in
Belgio: Giovacchino Landini, 50 anni, titolare di un
ristorante in via Spotorno, sposato, padre di due figli.
La Messa è stata celebrata nella chiesa di Santa Monica,
dal parroco don Michele Donadio, ma l'omelia è stata
pronunciata da monsignor Franco Peradotto. Poche parole.
La tragedia di Bruxelles porta angoscia, lacrime e pietà
ma deve insegnare qualche cosa: "bisogna rivedere i
criteri con i quali si esprime il tifo per una squadra e
stabilire fino a che punto l'agonismo sia accettabile.
E' stato letto un messaggio del vescovo di Liverpool che
ha scritto parole di pace, di fratellanza e di
riconciliazione. Un migliaio di persone ha assistito al
rito. Durante la cerimonia grande silenzio appena rotto
dai singhiozzi dei familiari. Un lungo applauso quando
la bara è comparsa sulla porta della chiesa.
Fonte: Stampa Sera ©
3 giugno 1985 (Testo ©
Fotografia)
|
|
|
La pietà di Moncalieri
Avvolto nel tricolore, il
feretro con il corpo di Domenico Russo è giunto a
Moncalieri, in via ...
(NdR: omissis), alle 17.45, mentre sulla
zona si scatenava un violento temporale. Davanti
all'appartamentino al piano terra dell'edificio, un
centinaio di persone erano in attesa della bara da un
paio d'ore. La vedova, Tiziana Fecchio, 24 anni, incinta
di 5 mesi, insonne da due giorni e imbottita di
tranquillanti, alla vista del feretro è rimasta
impietrita, muta nel suo infinito dolore. Non si
contavano i volti arrossati dal pianto, di genitori,
fratelli e parenti della vittima. Alcuni familiari del
Russo sono giunti dalla Sicilia, quelli della moglie
dalla provincia di Rovigo. Al momento del trasferimento
a braccia del feretro dal carro funebre al salottino dei
Russo, non una parola o un grido, soltanto un raggelante
silenzio rotto da tuoni e dal ticchettio della pioggia a
dirotto. Sono arrivati il sindaco di Moncalieri,
Fiumara, con il presidente del Juventus club di
Moncalieri, Giuseppe Bricarello, e il vicepresidente
Enrico Gardino. Il club cui apparteneva da anni Domenico
Russo e che ha aperto una sottoscrizione a favore della
vedova. C'era anche Mauro Occelli, l'amico più caro del
Russo, col quale doveva recarsi a Bruxelles in auto.
All'ultimo momento, l'Occelli ha dovuto rinunciare al
viaggio per impegni di lavoro. Lo stesso Occelli era uno
dei 4 componenti la squadra di tennis da tavolo Borgo
Ale (con Russo, Mauro Marazzato e Alberto Moschella,
rimasto ferito a Bruxelles) che tra pochi giorni doveva
partecipare a un torneo. Domenico Russo non era soltanto
uno sportivo che non perdeva una partita della Juve,
giocava lui stesso al calcio in una squadra del Csi ed
era molto abile anche nel ping pong. La vedova Tiziana
Fecchio non se l'è sentita di partecipare al rosario
recitato alle 18,30 nella chiesa del Beato Bernardo in
suffragio del marito. Vi si sono recate alcune centinaia
di persone. Lei è rimasta accanto alla bara fino a tarda
sera. I funerali si svolgeranno domani mattina.
Fonte: La Stampa © 2
giugno 1985
Fotografie: Tiziana
Fecchio © Wikipedia.org © Juventus Club Moncalieri ©
|
|
|
Landini e Russo
sull'aereo atterrato a Caselle
Tornati a casa i due
torinesi uccisi a Bruxelles
Erano partiti in pullman,
allegri e in numerosa compagnia, verso una giornata di
festa: comunque si fosse conclusa la partita fra
Juventus e Liverpool, il viaggio a Bruxelles sarebbe
stato ugualmente una piccola avventura, da ricordare con
qualche regalino acquistato in Belgio e con la solita
raffica di cartoline. Sono tornati con un mezzo "di
lusso", l'aereo, ma chiusi dentro una bara: e di fronte
all'assurdità delle loro e delle altre morti, tante,
troppe, non c'è spiegazione che tenga, non c'è ricerca
di responsabilità e punizione di colpevoli che possa
attenuare il dolore, la rabbia. Le salme di Giovacchino
Landini e Domenico Russo sono state rimpatriate stamane
su un aereo dell'Aeronautica militare atterrato a Linate
con a bordo anche altri feretri, diretti in località
diverse dell'Italia Settentrionale. Da Milano le due
vittime torinesi sono state portate a Torino in furgoni
funebri: i funerali si svolgeranno oggi alle 18 per il
ristoratore cinquantenne di via Spotorno nella chiesa di
Santa Monica (in via Cortemilia angolo via Tirone),
presenti il sindaco Giorgio Cardetti e il gonfalone
della città, e lunedì mattina alle 9 per l'elettricista
ventiseienne di Moncalieri. I due non si conoscevano: in
comune avevano una grande passione sportiva per la
squadra del cuore e i biglietti di quel maledetto
settore Z dello stadio Heysel che il destino ha voluto
attribuire loro. Landini in un modo che non può non fare
ancora più male, pensando a quella infinitesimale curva
della sorte che ha spento la sua vita. L'uomo, sposato
con due figli, era infatti partito martedì sera da
piazza Castello, su uno dei trenta pullman organizzati
dal Juventus Club di via Bogino, con un biglietto verde
dei settori M-N-O, ma a Bruxelles ha incontrato dei
conoscenti che avevano posti nella zona Z: "E' venuto da
me nel piazzale dei pullman - spiega il presidente del
club, Piercarlo Perruquet - e mi ha chiesto di
cambiargli il tagliando, per stare con loro. Il
biglietto grigio del settore Z gliel'ho dato io". Era
uno dei venti tagliandi circa ricevuti dal
vicepresidente dell'Anderlecht Club: forse si sarebbe
dovuto pensare al pericolo di mandare dei tifosi
juventini in una zona in precedenza appositamente
riservata a una fascia "neutrale" di spettatori belgi,
ma l'errore (se di errore si tratta, dopotutto è assurdo
che si debba affrontare uno spettacolo, in un Paese
cosiddetto civile, con le cautele necessarie in caso di
guerriglia urbana) appare commesso sicuramente in buona
fede. I due fratelli di Domenico Russo partiti ieri
mattina per Bruxelles hanno avuto la conferma definitiva
della sua morte quando si sono trovati davanti alla
salma: fino all'ultimo i familiari del giovane di
Moncalieri (sposato da quattro anni, sua moglie attende
un bimbo) non avevano rinunciato alla speranza, per
labile che fosse. Un'omonimia e il fatto che il giovane
apparisse vivo in una drammatica fotografia pubblicata
dai giornali avevano sostenuto a lungo il rifiuto della
realtà: "Non volevamo crederci, non era possibile che il
Domenico Russo sull'elenco delle vittime fosse proprio
lui. E all'inizio dal Belgio ci hanno detto che era solo
ferito, non hanno avuto il coraggio di dirci subito la
verità". Ieri sera, all'arrivo a Caselle del C130 che
riportava a Torino due feriti (uno è Alberto Moschella,
con un braccio spezzato, cui è stato assicurato tutto
l'aiuto necessario) e un primo gruppo di parenti delle
vittime, era presente anche il sindaco Cardetti. Non ha
voluto turbarli ancora di più, in un momento già
abbastanza sofferto: solo poche parole di solidarietà,
di conforto, prima che parenti e amici sottraessero quei
visi contratti dal dolore, ma anche da una sorda rabbia,
all'inevitabile raffica di flash dei fotografi, alle
domande dei giornalisti e ai riflettori della
televisione. Incredibile infine la totale scomparsa (ne
parliamo a parte) di un altro tifoso di Moncalieri,
Marco Manfredi, 40 anni, che sembra svanito nel nulla,
da quando è entrato nello stadio mercoledì.
M. SP.
Fonte: Stampa Sera
©
1 giugno 1985 (Testo
© Fotografia)
|
|
|
Lo strazio dei
famigliari di Domenico Russo
Due morti accertati ma
di altri tifosi non si sa nulla.
Da
Bruxelles non sono tornati in due a Torino: Giovacchino
Landini, 50 anni, titolare di una trattoria toscana in
via Spotorno 33 alla barriera di Nizza, abitazione in
via ...
(NdR: omissis), e Domenico Russo, 26 anni, un
elettricista di Moncalieri, dove abitava in via
...
(NdR: omissis) Entrambi sono tra le liste ufficiali dei
morti; le salme non si sa ancora quando arriveranno. Due
famiglie sconvolte dal dolore, per un dramma senza
senso, brutale, crudele, imprevedibile. Prima del
rimpatrio dei corpi (con aerei militari italiani) devono
essere fatte le autopsie di tutte le vittime, quindi ci
vorrà ancora qualche giorno. Giovacchino Landini,
originario di Capannori in provincia di Lucca, aveva
sempre solo frequentato lo Stadio Comunale torinese; tra
il lavoro e la famiglia - la moglie Carola Bandiera e
due figli, Monica di 22 anni e Andrea di 15 - non aveva
tempo e soldi per seguire le trasferte. Lo dipingono
come un tifoso tranquillo, di indole pacifica, non
iscritto al Club Juventus; tuttavia frequentava il
circolo di via Bogino. Per una volta tanto aveva invece
deciso di seguire da vicino la mitica partita della
Coppa dei Campioni. Il biglietto gli era costato 50 mila
lire al mercato nero, dato che gli ingressi normali da
diecimila lire erano esauriti. "Ti porterò indietro il
biglietto - aveva detto al figlio Andrea di 15 anni - lo
terrai per ricordo". La moglie si dispera: "E' colpa
mia, non dovevo lasciarlo partire. Stavo lavorando nel
locale la sera del disastro e ho cominciato a sentire
notizie di scontri e disordini per radio. Poi ho visto
anche la televisione e mi sentivo morire. I clienti mi
rincuoravano, tutti dicevano vedrai che a Giovacchino
non è capitato niente. Io mi facevo forza, sorridevo ai
clienti, ma avevo un presentimento". "Papà è finito in
quel settore, isolato dal suo gruppo proprio perché non
aveva trovato il biglietto per tempo: "Quella sera ho
cercato per due ore di telefonare a Bruxelles - aggiunge
la moglie - ai numeri che diceva la televisione, ma ho
trovato sempre occupato. E la gente a Torino ? Come
hanno fatto quelli che sono andati in giro di notte con
le bandiere e a suonare i clacson, a dimenticarsi dei
morti e dei feriti ? Sul massacro continuano ad arrivare
testimonianze; molti telefonano al giornale raccontando
la propria esperienza, sempre tragica, allucinante.
Arnalda Girani, 57 anni, di Scopello in Valsesia
telefona: "Ho visto con i miei occhi degli inglesi che
hanno aggredito un poveretto che vendeva maglie e
bandiere della Juve, e gli hanno rubato la roba, poi
sono entrati nel settore degli italiani travestiti da
juventini. Noi abbiamo denunciato il fatto subito alla
polizia che non ha mosso un dito. Bisogna dirle queste
cose. Alla fine gli inglesi se ne sono andati via con
cinque pullman e nessuno gli ha detto niente". A
Moncalieri, nella casa di Domenico Russo, si stenta
ancora a credere alla notizia della morte; la moglie del
giovane, Tiziana, incinta di sette mesi, non vuole
accettare la verità. Tra l'altro ci sono state lunghe
ore di incertezze, informazioni incomplete e non
controllate prima di avere la verità. Uno dei fratelli,
Salvatore, è stato informato dai carabinieri, ma tutti
in famiglia hanno sperato ancora, che si trattasse di un
errore, che Domenico tornasse a casa. Russo si era
sposato quattro anni fa; lavorava come elettricista in
una piccola azienda. "Non era mai andato all'estero in
vita sua - racconta il fratello Salvatore - e neanche in
altre parti d'Italia. Solo una volta era andato a
Cremona a vedere la Roma. Era da tanto, che sognava di
andare a vedere la finale della coppa dei campioni.
Finalmente era riuscito. E' partito martedì sera col suo
amico Alberto "che è rimasto ferito a un braccio. E non
è più tornato. Adesso c'è il problema di andare fino a
Bruxelles". La tragedia comunque non è ancora finita;
parecchi degli spettatori presenti allo stadio Heysel,
non sono ancora tornati a casa e le famiglie sono col
cuore in gola perché non hanno avuto notizie, né sanno
con precisione a chi rivolgersi. Nella capitale belga,
non è ancora tutto finito, il grande caos non si è
ancora ricomposto, alcune vittime non sono ancora state
identificate, né è da escludere che qualcuno sia vagante
chissà dove in stato di choc.
Fonte: Stampa Sera ©
31 maggio 1985
Fotografia: L'Unità
©
|
|
|
Questa mattina da Caselle un
velivolo militare con i parenti delle vittime
Un aereo carico di
dolore è partito per Bruxelles
A bordo i congiunti di
Domenico Russo e Giovacchino Landini e molti che
vogliono visitare i loro cari negli ospedali della
capitale belga. Due corpi ancora senza nome.
Con
un aereo militare è partito stamane da Caselle per
Bruxelles un gruppo di parenti di tifosi juventini
rimasti coinvolti nella tragedia dello stadio Heysel.
Per due di loro (Salvatore Russo, fratello del
ventiseienne Domenico, e un fratello di Giovacchino
Landini, 50 anni), un viaggio senza speranza, una triste
necessità: si recano infatti nella capitale belga per il
riconoscimento ufficiale dei cadaveri dei loro
congiunti, la cui identificazione è purtroppo ormai
certa. I parenti di Russo, elettricista, sposato da
quattro anni (la moglie Tiziana è in attesa d'un
figlio), si sono illusi fino all'ultimo che quel nome
sull'elenco delle vittime non fosse quello del "loro"
Domenico: a vedere la partita era andato infatti anche
un omonimo, l'ex assessore comunale "scissionista" dal
pli, e per alcune ore la coincidenza è servita a cullare
la speranza. Poi la terribile conferma (due fratelli del
giovane l'hanno avuta in questura, dopo aver
riconosciuto Domenico su una drammatica fotografia
pubblicata da "Stampa Sera" ieri), che è stata tenuta
per qualche tempo nascosta dal fratello minore
Salvatore, il primo ad averla intuita ma che non aveva
il coraggio di rivelare la verità, in particolare alla
cognata. La moglie di Landini, Carola Bandiera, e i
figli Monica e Andrea, hanno invece appreso quasi
subito, alle due della notte fra mercoledì e giovedì,
che il destino aveva loro portato via in modo così
assurdo e feroce il marito e padre. Un destino che ha
accomunato anche in un altro commovente modo Domenico
Russo e Giovacchino Landini: entrambi infatti si
recavano per la prima volta a seguire la squadra del
cuore fuori Torino, il desiderio di vedere la Juventus
conquistare finalmente la Coppa Campioni era stato
troppo forte. Le altre persone che si sono imbarcate
sull'aereo militare sono parenti di feriti ancora
ricoverati negli ospedali belgi, dove restano ancora
diverse persone in coma e anche due corpi senza vita ai
quali non è stato possibile dare un nome.
Fonte: Stampa Sera ©
31 maggio 1985
Fotografia:
Aeroportoditorino.it ©
|
|
|
Ventisei anni, il suo
nome è nell'elenco ufficiale dei morti
Ma la famiglia spera
"Domenico è vivo"
di Beppe Minello
A Moncalieri, in casa di
Domenico Russo, 26 anni, una delle vittime cui la
polizia belga solo ieri mattina è riuscita a dare un
nome e un volto, la tragedia non s'è ancora consumata.
E' già l'imbrunire, ma la moglie Tiziana (incinta di
sette mesi e poco più giovane del marito), i genitori e
la cognata, riuniti nella casa dei suoceri, in via
... (NdR: omissis), rifiutano con rabbia e disperazione la
notizia che il loro caro è morto nel massacro di
Bruxelles. L'unico che conosce la terribile verità è il
fratello più giovane della vittima, Salvatore. Ha appena
telefonato a Roma: "Sì, mi hanno confermato che Domenico
è morto. Qui tutti sperano che non sia vero perché le
prime notizie parlavano di un morto che aveva lo stesso
nome di mio fratello, ma più giovane. Al telefono mi
hanno dato la certezza che è proprio Domenico, ma come
faccio a dirglielo ? Ho paura che Tiziana possa perdere
il bambino per lo spavento... Mio padre mi è già svenuto
tra le braccia... Non posso, non posso proprio". Stenta
a trattenere le lacrime. Ammutolisce quando dalla
cortina del giardino di casa escono alcuni parenti. "Ma
perché venite da noi, non è detto che Domenico sia
morto", reagisce una donna. E' la suocera di Domenico
Russo. Si calma un attimo e, rivolta al cronista,
chiede: "Dateci una mano ad andare lassù, a Bruxelles.
Io, mio genero, l'ho visto al telegiornale di
mezzogiorno, era su una barella: morto". Poi, quasi a
scacciare una verità che nemmeno lei vuole riconoscere,
ricomincia: "Hanno detto che il Domenico Russo morto è
più vecchio del nostro e l'hanno ripetuto i carabinieri
che sono venuti poco fa". "I carabinieri hanno detto la
verità, sono io che l'ho nascosta - spiega Salvatore,
appena la donna rientra in casa - gli altri due miei
fratelli, Gianbattista e Giuseppe, sono andati in
questura con una copia di Stampa Sera dove hanno creduto
di riconoscere Domenico. Aspetto che tornino, sono i più
anziani e devono essere loro a dire tutto: io di più non
posso e non riesco a fare". Ormai rassegnato, Salvatore,
racconta qualcosa di suo fratello, ma anche lui,
travolto dalla tensione che regna in casa, spera ancora:
"Aspettiamo, forse non è lui...". Domenico Russo si era
sposato 4 anni fa e lavorava come elettricista in una
piccola azienda: "Non era mai andato all'estero o in
altre parti d'Italia a seguire la Juventus. Una volta si
era recato a Cremona a vedere la Roma. Era da tanto
tempo che sognava la finale della Coppa dei Campioni. E'
partito martedì sera con il suo amico Alberto, anche lui
rimasto ferito a un braccio - spiega Salvatore Russo -
Mi sono informato su come andare a Bruxelles e
sicuramente ci andremo, ma bisogna dirlo che Domenico è
morto, e non ci riesco...".
Fonte: La
Stampa © 31 maggio 1985
Fotografie: Stampa
Sera © Tiziana Fecchio ©
|
|
|
|
|
|
|
|