Il giovane, che andava
al Nord per cercare lavoro,
picchiato a sangue dagli ultrà
sul Siracusa-Roma
Terrore e morte sul
freno dei tifosi
Ragazzo fugge dal
finestrino, dilaniato dalle
ruote
di Fabio Albanese e
Massimo Gramellini
CATANIA - Aggredito,
malmenato, segregato dentro uno
scompartimento, schiacciato
dalle ruote del treno. Così è
morto Salvatore Moschella, 22
anni, un giovane disoccupato di
Melilli, che stava andando al
Nord per cercare un lavoro.
Domenica sera era sull'espresso
Siracusa-Roma delle 18.50, lo
stesso utilizzato da un gruppo
di tifosi del Messina al ritorno
dalla partita con il Ragusa. Un
pareggio sofferto per i tifosi
messinesi, che hanno sfogato la
loro rabbia nel viaggio di
ritorno. Salvatore si era appena
seduto in uno scompartimento
quando, assieme ad una ragazza,
è stato cacciato fuori da un
gruppo di quei tifosi. Alle
proteste sono seguite le botte.
Per sfuggire agli aggressori è
saltato giù, attraverso il
finestrino. Forse pensava di
potersela cavare con qualche
graffio, oppure ha agito
d'istinto. Ma quel salto lo ha
portato dritto sotto le ruote
del treno, verso la morte.
1 febbraio 1994
Fonte: La Stampa
Muore per sfuggire agli
ultrà
di Turi Cageggi
CATANIA - Un disperato
tentativo di fuga da un treno in
corsa, un tragico gesto per
sottrarsi alla violenza di un
gruppo di tifosi. Un salto dal
finestrino e finisce sotto
tonnellate d'acciaio, tra i
binari della stazione di
Acireale. Il corpo martoriato è
stato trovato domenica notte.
Così è morto Salvatore
Moschella, 22 anni, originario
di Melilli, in provincia di
Siracusa, finito quasi per caso
su quel treno maledetto e in
mezzo a quel gruppo di ultras
feroci. Una vicenda allucinante
maturata lungo il tragitto da
Siracusa ad Acireale, oltre tre
ore di viaggio, un viaggio da
incubo su un treno preso
d'assalto dagli ultras del
Messina reduci dalla partita.
Salvatore Moschella, su quel
treno partito in serata da
Siracusa, e diretto a Roma, era
salito per andare a Bologna,
dove un amico gli aveva promesso
che lo avrebbe aiutato a cercare
un lavoro. Un posto da
ragioniere a lungo cercato a
Melilli. Nulla a che fare
insomma né con la partita, né
con i tifosi. Niente a che
vedere con quei cinque tifosi
del Messina arrestati domenica
notte e accusati di omicidio
preterintenzionale. Un manipolo
che faceva parte di una comitiva
di una quarantina di persone che
avevano seguito la squadra
pagando quarantamila lire. Tra
gli "irriducibili" arrestati ci
sono due ragazzi di 16 e 17
anni, e con loro tre giovani di
poco più grandi: (Omissis), 26 anni,
(Omissis), 24, già sospeso
dall'ingresso negli stadi
italiani per un anno e (Omissis), 20 anni. A
Siracusa, il viaggio della paura
era iniziato alle 18.50. I
tifosi del Messina, di ritorno
da Ragusa dove la loro squadra
aveva pareggiato, erano saliti
sul treno visibilmente agitati,
in vena di bravate e di
arroganza. I guai erano iniziati
già prima della partenza: alcuni
di loro, trovati senza
biglietto, avevano minacciato il
controllore che aveva fatto
intervenire la polizia.
Identificati i tifosi, il treno
è potuto partire. Secondo la
ricostruzione degli
investigatori, però, il
gruppetto degli arrestati aveva
cominciato a molestare i
viaggiatori di una delle
carrozze. In queste scorribande
avevano incontrato anche
Moschella, seduto in uno
scompartimento assieme ad una
giovane immigrata e ad un
militare di leva. Chissà perché,
i tifosi volevano proprio quello
scompartimento tutto per loro, e
hanno costretto i tre ad alzarsi
e ad andare via. Prima di
allontanarsi, Moschella ha
cercato di ribellarsi a
quell'assurda pretesa, ma i
cinque lo hanno picchiato. Pugni
e calci. Sembrava finita lì, ma
gli ultras, non ancora paghi,
nel frattempo avevano preso di
mira con insulti e frasi pesanti
una ragazza, rea di parlare a un
telefono cellulare. E un nuovo,
generoso intervento del ragazzo
aveva sancito la sua condanna.
Questa volta i cinque hanno
circondato Moschella e lo hanno
pestato brutalmente. E solo
l'intervento di alcuni
passeggeri lo ha salvato una
prima volta. Ma di lì a poco,
molta gente, esasperata proprio
dall’atteggiamento degli ultras,
ha preferito scendere a Catania.
E anche Salvatore, stufo e un
po' impaurito, ha cambiato
carrozza. Ma sul treno, a quel
punto, è scattata la caccia
all'uomo. I cinque lo hanno
cercato, trovato e trascinato in
una carrozza semideserta. Lo
hanno rinchiuso in uno
scompartimento e hanno
cominciato a picchiarlo
selvaggiamente. Terrorizzato,
Moschella ha cercato di
scappare, ma non c'è stato nulla
da fare. Poi, la disperata idea
di lanciarsi. Un testimone ha
raccontato alla polizia di aver
visto il giovane aggrappato alla
balaustra esterna del finestrino
qualche chilometro prima della
stazione di Acireale. Lì il
treno stava già rallentando in
vista
della fermata successiva.
La velocità era di 50-60 km
l’ora. Il giovane ha pensato che
poteva farcela, che poteva
liberarsi di quell'incubo, ma il
suo salto è finito contro un
palo che costeggia la ferrovia,
il suo corpo risucchiato sotto
il treno. L'allarme è scattato
pochi minuti dopo, quando uno
dei testimoni della vicenda è
sceso in stazione e ha
raccontato tutto. Immediate sono
iniziate le ricerche, e il
cadavere è stato trovato in meno
di un'ora. Nel frattempo il
treno ha proseguito il suo
viaggio verso Messina, distante
ancora ottanta chilometri, dove
è arrivato quasi due ore dopo.
Qui i tifosi sono stati fermati
e interrogati dagli agenti della
polizia ferroviaria. Per cinque
di loro il fermo è stato
convalidato dai magistrati
messinesi Vincenzo Romano e
Antonino Spadaro. Ora gli atti
dell’inchiesta saranno trasmessi
per competenza alla procura di
Catania. E mentre a Messina i
club organizzati della tifoseria
rinnegavano i cinque ed
esprimevano rammarico per quella
violenza, ieri mattina il padre
di Salvatore riconosceva il
cadavere del figlio
nell’obitorio di Acireale. A
Melilli, invece parenti e amici
sconvolti dalla tragedia hanno
raccontato che Moschella, figlio
di un sindacalista della Cgil di
Siracusa, era un ragazzo
tranquillo, maturo, per niente
attaccabrighe, ma non disposto a
subire aggressioni. Il calcio
non lo interessava, piuttosto
preferiva la musica e le
discoteche. Salvatore in un
primo tempo aveva deciso di
partire per Bologna nella
mattinata di ieri, poi invece
aveva cambiato idea e aveva
deciso di viaggiare domenica
notte. La notizia ha scosso il
mondo sportivo siciliano e un
appello per far osservare un
minuto di silenzio negli stadi
siciliani domenica prossima è
stato lanciato da operatori
dello sport nel corso della
trasmissione "Sport replay" di
Telecolor: "E' giusto e
necessario - ha detto
l’attaccante del Messina Nino
Naccari, soprattutto in vista di
un incontro come
Messina-Catania, previsto per
domenica".
1 febbraio 1994
Fonte: La Repubblica
Aveva 22 anni:
picchiato a sangue sul
Siracusa-Roma dopo che aveva
difeso una ragazza dai tifosi
Muore per sfuggire alla
furia degli ultrà
Si lancia dal finestrino
del treno, le ruote lo dilaniano
di Fabio Albanese
CATANIA NOSTRO SERVIZIO
- Aggredito, malmenato,
segregato dentro uno
scompartimento, schiacciato
dalle ruote del treno. Così è
morto Salvatore Moschella, 22
anni, un giovane disoccupato di
Melilli. Domenica sera era
sull'espresso Siracusa-Roma
delle 18.50, lo stesso
utilizzato da un gruppo di
tifosi del Messina al ritorno da
una partita di calcio del
campionato nazionale dilettanti,
il derby con il Ragusa. Un
pareggio stretto e sofferto per
i tifosi messinesi, che hanno
sfogato la loro rabbia nel
viaggio di ritorno. Salvatore si
era appena seduto in uno
scompartimento quando, assieme
ad una ragazza, è stato cacciato
fuori da un gruppo di quei
tifosi: "Qui dentro ci stiamo
noi", gli hanno detto,
spingendolo fuori. Alle
proteste, i primi spintoni, le
prime botte. Doveva essere il
treno della speranza per
Salvatore, che andava al Nord a
cercare un lavoro, in breve è
diventato un tormento, fino ad
ucciderlo. Un viaggio d'inferno,
lungo la linea che da Siracusa,
attraverso Catania, conduce a
Messina e da lì in Continente.
Dopo essere stato costretto a
lasciare il proprio posto,
Salvatore ha poi avuto il torto
di difendere una bella ragazza
di vent'anni, un'altra
passeggera del treno, presa di
mira dagli ultras. Alla stazione
di Catania c'è stato
l'intervento delle forze
dell'ordine. La brutta avventura
del giovane di Melilli sembrava
essersi conclusa lì. Ma quando
il treno è ripartito, i tifosi
hanno ricominciato i loro raid.
Sono stati lunghi minuti di
terrore su quel treno. Il gruppo
di tifosi nel frattempo si
ingrossava: "Che vuoi fare, sei
solo, puoi solo subire", gli
dicevano in dialetto. E
Salvatore subisce, di nuovo, fin
quando può. Lo circondano, e giù
botte, senza che nessuno possa
intervenire. Non più i pochi
altri passeggeri dell'espresso
per Roma, non il personale delle
Ferrovie, misteriosamente
assente. Tutto in appena
quindici chilometri, da Catania
ad Acireale. Un chilometro e
mezzo prima della stazione, dove
la linea ferrata attraversa un
terreno e dove il treno
normalmente diminuisce la
velocità, fino a sessanta
all'ora, la disperata soluzione
di Salvatore Moschella: saltare
giù nel buio della notte,
attraverso il finestrino, pur di
fuggire dalle percosse e dalle
ingiurie di quel gruppo di
esagitati. Forse pensava di
poter cavarsela con qualche
graffio, oppure ha agito
d'istinto, in preda alla
disperazione. Ma quel salto lo
ha portato dritto sotto le ruote
del treno, verso la morte. Alla
stazione di Acireale sono stati
gli stessi viaggiatori a dare
l'allarme. Mezz'ora dopo, la
polizia ha trovato il cadavere
di Salvatore. A Messina, la
polizia era già al binario
quando il treno è arrivato; gli
scalmanati tifosi vengono tutti
identificati, qualcuno è portato
in questura per accertamenti.
Per il momento sono cinque i
fermati:
(Omissis), 26
anni, (Omissis), 24
(già diffidato dall'entrare
negli stadi), (Omissis)
di 20 e due minori di 16 e 17
anni. Sono accusati di omicidio
preterintenzionale. A loro la
polizia è arrivata grazie alle
testimonianze di alcuni dei
passeggeri presi di mira dai
teppisti. Una ragazza di colore,
un militare in licenza, altri
due viaggiatori che si trovavano
nello scompartimento accanto a
quello dove si è consumata la
tragedia. Le forze dell'ordine
stanno ancora cercando la
giovane donna che Moschella ha
difeso dagli insulti. A Catania
molti viaggiatori avevano
preferito abbandonare il treno
pur di non proseguire il viaggio
in quelle incredibili
condizioni. Salvatore Moschella
aveva disperato bisogno di un
lavoro, e avrebbe dovuto partire
ieri mattina. Invece aveva
deciso all'ultimo momento di
salire su quel treno, la sera
prima. Qualcuno alla stazione di
Catania lo ha visto spostarsi in
un altro vagone. Sono i suoi
ultimi attimi di vita perché i
tifosi lo scovano, lo trascinano
in una carrozza semideserta e lo
rinchiudono dentro uno
scompartimento vuoto, dove lo
riempiono nuovamente di botte. È
a quel punto che nel ragazzo
scatta la terribile decisione di
buttarsi dal treno. Ieri mattina
è stato il padre, un
sindacalista della Cgil di
Siracusa, a riconoscere in
ospedale i martoriati resti del
figlio.
1 febbraio 1994
Fonte: La Stampa
"Anche nei tornei minori
intervenga la polizia"
MESSINA - "Se su quel
treno maledetto domenica ci
fossero stati due poliziotti,
sicuramente quel ragazzo non
sarebbe morto. Sarebbero bastati
i controlli che la polizia
faceva quando il Messina era in
serie B o in serie C e che
invece ora non esistono perché
la squadra gioca nel campionato
dilettanti". Nino Martorana,
titolare del "Bar delle rose" in
piazza Castronuovo, nel centro
di Messina, punto di ritrovo per
i tifosi di tutta la città, è il
presidente del club "Gioventù
giallorossa". "Sì, sono
favorevole all’impiego delle
forze dell’ordine anche nei
campionati minori. Prima la
polizia ci seguiva lungo il
percorso e sui treni nei viaggi
di ritorno. Adesso invece non
c'è alcuna sorveglianza".
Martorana, considerato il leader
della tifoseria organizzata
messinese si sente sotto accusa,
e sente che sotto accusa c'è
l’intera Messina degli spalti e
dei club: "E' una tragedia,
eppure, quando ci guardiamo in
faccia non riusciamo a spiegarci
come possa essere successa
questa tragedia". In ogni caso
Martorana assicura che domenica
prossima i tifosi si
comporteranno bene. E domenica
prossima allo stadio di Messina
la squadra di casa gioca con il
Catania, forse l’incontro più a
rischio del campionato, vista
l’accesa rivalità tra i tifosi
delle due città. Oggi a Siracusa
ci saranno i funerali di
Salvatore Moschella. Sempre per
oggi è fissata a Messina davanti
al giudice per le indagini
preliminari Alfredo Sicuro
l’udienza di convalida
dell’arresto dei tifosi: tre di
loro, (Omissis), 24
anni, (Omissis), 26 e
(Omissis), 20, sono
chiusi in carcere. I due
minorenni del gruppo, di 16 e 17
anni, sono invece in un
istituto. Pare che alcuni dei
tifosi, accusati di omicidio
preterintenzionale, abbiano
confermato le testimonianze dei
passeggeri su quanto è avvenuto
sul treno. T. C.
2 febbraio 1994
Fonte: La Repubblica
Grido per Salvatore
Ho voglia di gridare per
Salvatore Moschella. Massacrato
da cinque tifosi domenica e
sotterrato mercoledì dai
giornali. Ignorato, rimosso,
cancellato. Molto spazio, questo
sì, alla sicurezza dei treni,
che sta tanto a cuore al
ministro Costa. Sono quasi
quattro miliardi all’anno.
Vorrei si parlasse anche della
sicurezza di persone normali,
con una vita normale. Nel
rituale balletto dell’abbiamo
sempre fatto il possibile, mi
chiedo come facciano a non
vergognarsi Matarrese e Nizzola.
Per stare a fatti recenti,
qualcuno di loro ha avuto l’idea
di complimentarsi col generale
Di Martino, dirigente della Roma
? Dopo la guerriglia di
Trigoria, ha definito i capi
ultrà "la nostra forza".
Tenetevela stretta, generale,
lei e tutti i dirigenti del
calcio italiano. Non fosse per
un piccolo particolare: che
quella forza è libera di andare
in giro e di trasformarsi in
violenza e che da 25 anni si
sente dire: che ci possiamo
fare, è violenta la società. Sì,
ma il tifo ultrà ha il culto
della violenza, sia verbale o
fisica, contro le cose o contro
le persone. È la violenza (degli
altri) che giustifica il loro
stare insieme, fare gruppo, fare
manipolo. Sui grandi quotidiani
(compreso questo) che hanno
sotterrato la storia di
Moschella c'è, in mezzo alle
cialtronate, una frase giusta.
Il Prefetto e capo della Polfer,
Rapisarda: "Senza l’impiego
sempre più massiccio della
polizia, il grande calcio in
Italia sarebbe già scomparso". È
vero. Ne vogliamo ancora ? Non
basta quella agli stadi, alle
stazioni, agli autogrill, ai
caselli autostradali ? Ci costa
(dati forniti dal Siulp) sei
miliardi a domenica, carburante
escluso. Fanno più di 200
miliardi a campionato. Altro che
i treni di Costa. Altro che
aumentare i biglietti per la
copertura assicurativa. Altro
che schedare entro marzo (non
doveva già essere fatto da anni
?) i tifosi. Altro che inibire
gli ingressi allo stadio e le
trasferte, egregi signori, e
benedetto il giorno in cui
capirete di aver sbagliato tutto
e vi leverete di torno, ma
intanto fate qualcosa di serio.
Smentite il Siulp: dice che le
società foraggiano (biglietti e
soldi) le frange del tifo. Qual
è la verità ? Vi ricattano ?
Quante denunce sono state
presentate dal calcio ? O il
buon esempio, da Libero Grassi
in qua, è sempre meglio che lo
dia qualcun altro ? Salvatore
Moschella, figlio di
sindacalista, la speranza di
trovare un lavoro a Bologna,
pensava che prendere un treno di
domenica fosse come prenderlo di
venerdì. Errore. Forse gli hanno
insegnato alcune cose, da
piccolo. Che bisogna ribellarsi
alla violenza insensata,
mettersi
dalla parte dei più deboli. Lo hanno picchiato in
cinque: prima perché non voleva
liberare uno scompartimento ai
valorosi ultrà, primo tempo. Poi
perché ha difeso una ragazza
molestata, secondo tempo. Quando
ha cambiato vagone, sono andati
a cercarlo per i supplementari e
la fine del match. Sempre cinque
contro uno, la logica è questa.
La violenza non è una bandiera,
che la domenica sera si mette
via. La violenza resta e non la
si può coprire con nessuna
bandiera. Alle mitiche eroiche
curve vorrei dire a voce bassa
che il solo eroe di queste
sporche domeniche è Salvatore
Moschella, linciato (usiamo bene
le parole) e finito fuori da un
finestrino. Non si sa per chi
tifava. Non aveva colori. Non
c'entra il bianco e il nero, il
nord e il sud. C'entra la legge
del branco, per cui chiunque ne
è fuori è un nemico da colpire.
Abbiamo visto andar giù il muro
di Berlino, intere nazioni si
sono dissolte. È così difficile
sciogliere i Cucs, i Drughi, i
Boys, la Fossa, gli ultrà di
tutti i colori ? Se sì,
aspettiamoci altri Moschella e
altre frasi di circostanza dette
da chi poteva fare molto e non
ha mai fatto nulla. G.M.
3 febbraio 1994
Fonte: La Repubblica
Scarcerati i tre
maggiorenni imputati per la
morte del giovane gettatosi dal
treno.
Gli ultras violenti
dividono i giudici
Messina, sentenze
opposte
di Fabio Albanese
Tribunale dei minori ha
invece confermato l'arresto per
omicidio preterintenzionale per
i due ragazzi coinvolti nel
caso.
MESSINA NOSTRO SERVIZIO
- Spunta uno scontro tra giudici
nell'inchiesta sulla morte di
Salvatore Moschella, lanciatosi
dal treno per sfuggire all'ira
degli ultras del Messina. Uno
decide la scarcerazione dei tre
imputati maggiorenni, l'altro
lascia in carcere i due minori.
La vicenda giudiziaria ruota
tutta attorno al reato da
contestare ai cinque ultras che,
con il loro comportamento, hanno
costretto Moschella, 22 anni,
siracusano, a scegliere la morte
pur di sfuggire alle loro
sevizie. Secondo il giudice per
le indagini preliminari Alfredo
Sicuro,
(Omissis), 26
anni, (Omissis) di 24
e (Omissis) di 20 non
sono responsabili di omicidio
preterintenzionale ma di
omicidio colposo. Quanto basta
per farli uscire dal carcere,
così come prevede il codice per
un simile reato. Questo è
accaduto ieri mattina. Ma nel
pomeriggio, quando il gip del
tribunale dei minori Vincenzo
Romano ha preso la decisione per
i due tifosi di 16 e 17 anni, è
arrivato il colpo di scena: i
due sono responsabili di
omicidio preterintenzionale e
restano dunque in cella. Due
differenti decisioni, per un
unico avvenimento. C'è sconcerto
a Messina ma anche a Catania,
dove il gip Sicuro ha nel
frattempo spedito, tramite la
procura, gli atti che riguardano
(Omissis), (Omissis) e
(Omissis), dichiarandosi
"incompetente per materia e
territorio". Dal dispositivo con
il quale il magistrato manda a
casa i tre si capisce il perché
di questa decisione: "Non esiste
un nesso causale - scrive il gip
Sicuro - in quanto l'evento
mortale non è in relazione
diretta con il trauma psichico
provocato dall'atteggiamento
minaccioso dei tre tifosi".
Dall'indagine effettuata salta
fuori anche un nuovo personaggio
del quale finora non si era
sentito parlare. Si chiama
Vittorio Catalano, un tifoso di
quelli "non organizzati", come
dicono gli ultras. Domenica sera
era sull'espresso Siracusa-Roma
e ha visto come si sono svolti i
fatti. Il giovane ha raccontato
ai giudici di Messina di aver
salvato Salvatore Moschella dopo
l'ennesimo attacco dei tifosi,
quando il treno aveva già
oltrepassato Catania ed era a
pochi chilometri da Acireale.
Catalano ha detto di aver tirato
a sé Moschella e che questi,
prendendo giubbotto e cappello,
abbia detto: "Ho capito, me ne
vado, me ne vado". La tragedia
sarebbe avvenuta pochi istanti
dopo. Moschella si è avvicinato
al finestrino di uno
scompartimento, si è appeso alla
grata portabagagli e si è
lanciato quando il treno, in
procinto di arrivare alla
stazione di Acireale, aveva
rallentato la sua corsa.
Salvatore, invece di finire in
un campo vicino, è andato dritto
sotto le ruote del treno,
morendo schiacciato,
all'istante. Forse proprio
questo episodio, raccontato dal
testimone a sorpresa, ha
convinto il gip Alfredo Sicuro a
derubricare l'accusa da omicidio
preterintenzionale a omicidio
colposo e a fargli parlare di
"gesto avventato del ragazzo",
di "percosse che hanno
terrorizzato e hanno inciso
sulla psiche del ragazzo ma che
non ne hanno provocato la
morte". I tre ultras, dal canto
loro, hanno riconosciuto di aver
più volte minacciato e poi
bastonato Moschella, ma dicono
di non essere stati presenti
quando il giovane siracusano si
è buttato dal treno. Il gip dei
minori Romano, dal canto suo, la
pensa diversamente e da Messina
ha spedito i due minorenni nella
casa di prima accoglienza di
Acireale, quasi una legge del
contrappasso. Domenica prossima
su tutti i campi di calcio nei
quali giocheranno squadre
siciliane quasi certamente verrà
osservato un minuto di silenzio.
L'iniziativa, partita da una
emittente locale, è stata
accolta ben volentieri dai
responsabili delle società
dell'isola e aspetta solo il
benestare degli organismi
federali. Un piccolo segnale,
comunque poco per chi aspetta
giustizia per una morte così
assurda.
4 febbraio 1994
Fonte: La Stampa
Ultrà assassini, anzi
innocenti
di Turi Caggegi
MESSINA - I magistrati
di Messina si dividono sul caso
di Salvatore Moschella, il
giovane siracusano morto
domenica scorsa dopo essersi
lanciato da un finestrino del
treno Siracusa-Roma per sfuggire
alla furia di un gruppo di
tifosi del Messina Calcio. Con
una drammatica successione, nel
giro di poche ore due diversi
giudici hanno dato ieri una
interpretazione assolutamente
opposta e contrastante del ruolo
giocato dagli ultras. In
mattinata è arrivata la
decisione del gip Alfredo Sicuro
di scarcerare i tre maggiorenni
coinvolti nella tragica fine di
Moschella e arrestati lunedì
mattina. Il giudice aveva
ritenuto che non ci fosse
rapporto di causa-effetto tra
l’aggressione dei tifosi e la
morte del ragazzo, derubricando
di fatto l’accusa da omicidio
preterintenzionale in omicidio
colposo, punito con un massimo
di sei anni di carcere invece di
diciotto previsti per l’altro
reato. Nel pomeriggio, con
motivazione esattamente opposta,
il gip dei minori Giuseppe
Romano invece confermava
l’accusa formulata in origine
nei confronti degli altri due
componenti del gruppo, di 16 e
17 anni, arrestati lo stesso
giorno. Così, mentre (Omissis), 24 anni,
(Omissis), 26 e il ventenne
(Omissis), i tre anziani della
banda che ha terrorizzato il
treno, tornavano a casa liberi,
i due giovanissimi venivano
trasferiti nella casa di prima
accoglienza di Acireale.
Nell’ordinanza di scarcerazione,
il giudice Sicuro ricostruisce
le fasi di quel tragico viaggio,
e conferma che Moschella era
stato picchiato con calci e
pugni per due volte nel tragitto
da Siracusa a Catania: prima per
aver protestato quando gli
ultras avevano preteso che
cambiasse scompartimento, poi
quando aveva preso le difese di
una ragazza tunisina molestata
dal gruppo. Quindi conferma
anche la caccia all’uomo
scattata sul treno dopo la
stazione di Catania, quando
molti passeggeri erano scesi e
lo stesso Moschella aveva
cambiato carrozza per evitare
problemi con la gang. E spunta
il nome di un altro tifoso,
Vittorio Catalano, che ha
cercato di difendere il ragazzo
dall’aggressione dei cinque
nello scompartimento dove si era
rifugiato. Secondo questa
ricostruzione, prima che il
gruppo lo raggiungesse, il
ragazzo, terrorizzato da ciò che
avrebbe potuto accadergli, aveva
infilato berretto e giubbotto, e
gridando "me ne vado, me ne
vado", si era lanciato dal
finestrino del treno in corsa.
Il giudice, che parla di "gesto
avventato" e di "insano gesto"
del giovane, ne trae
considerazioni che vale la pena
riportare: "Nessun elemento in
atti consente di affermare che
in tale occasione le persone in
questione intendessero
effettivamente colpire Moschella
e non solo ingiuriarlo e
minacciarlo, e che anche
opinando diversamente,
difetterebbe comunque il nesso
causale in quanto l’evento
mortale non è in relazione
diretta con il trauma psichico
provocato dall’atteggiamento
minaccioso degli accusati, ma
dipende da un meccanismo causale
autonomo innescato da un atto
volontario dell’offeso che non
può essere messo in relazione
con la violenza subita, ma
semmai con la prospettazione del
male futuro insita nella
minaccia", eccetera eccetera.
Quindi il gip conclude
dichiarandosi non competente per
territorio (la morte del ragazzo
è avvenuta vicino a Catania) e
per materia, in quanto
l’omicidio colposo dev'essere
trattato in Pretura, e decidendo
di rinviare gli atti alla
magistratura catanese.
Diametralmente opposte invece le
conclusioni alle quali arriva il
gip Romano nei confronti dei
minorenni. Dopo aver fatto una
ricostruzione praticamente
identica a quella del collega
Sicuro, il giudice Romano parla
di "correttezza sotto il profilo
giuridico dell’ipotesi di reato
contestata agli indiziati".
Infatti, spiega il magistrato
usando quasi le stesse parole di
Sicuro, il giovane "al momento
in cui prese la tragica
decisione di gettarsi dal treno
in corsa, si trovava in uno
stato di agitazione psichica
dovuta, oltre alle percosse
subite, al fatto che i cinque
giovani erano tornati alla
carica". Secondo il giudice
Romano questo "pone in rapporto
strettamente causale il
comportamento dei giovani
aggressori con il gesto del
Moschella che ne determinò la
sua morte", anche perché non era
scontato che i cinque non
potessero superare l’ostacolo
rappresentato dal tifoso che
cercava di proteggerlo
dall’aggressione. Anche il gip
Romano ha deciso la trasmissione
degli atti al Tribunale per i
minorenni di Catania.
4 febbraio 1994
Fonte: La Repubblica
Fonte Fotografia Tifosi:
Polizia di Stato
Morte sul treno, stadi
vietati ai cinque ultras
siciliani
MESSINA - Stadi vietati
per i cinque tifosi messinesi
accusati di aver provocato la
morte di Salvatore Moschella,
stritolato dal treno
Siracusa-Roma mentre tentava di
sfuggire alla furia degli
ultras. Per (Omissis),
(Omissis) e i due
minorenni il divieto durerà due
anni; per (Omissis)
"condanna" di tre anni: 24 anni,
meglio conosciuto come
"Bombolo", frequentatore di
curve, (Omissis) era già
finito nei guai nel marzo del
'93 per gli incidenti dopo la
partita Messina-Catania. Il
presidente della Regione Franco
Martino ha proposto che lo
stadio di Messina sia intitolato
al giovane morto domenica, la
cui famiglia ha deciso di
costituirsi parte civile. Domani
le partite delle squadre
siciliane cominceranno con un
minuto di silenzio.
5 febbraio 1994
Fonte: La Repubblica
La famiglia del giovane
morto si costituisce parte
civile
Messina, stadi vietati
agli "ultrà" del treno
di Fabio Albanese
MESSINA - Si costituirà
parte civile al processo la
famiglia di Salvatore Moschella,
il giovane siracusano morto
domenica scorsa per essersi
lanciato da un treno, dopo le
percosse di alcuni ultras. Lo ha
annunciato ieri lo zio del
ragazzo, Vincenzo Moschella,
proprio mentre il questore di
Messina, Attilio Musca, decideva
di interdire l'accesso a tutte
le competizioni sportive ai
cinque tifosi accusati di aver
provocato la morte del ragazzo.
I prossimi tre anni saranno
senza stadio per (Omissis), 24 anni, già
recidivo. Per gli altri quattro,
due dei
quali sono minorenni, il
divieto sarà per due anni.
(Omissis), nel marzo dello
scorso anno, era già stato
diffidato dall'andare allo
stadio e aveva appena concluso
il periodo di interdizione,
domenica scorsa, quando assieme
agli altri quattro tifosi del
Messina ha compiuto la sua
scorribanda sul treno
Siracusa-Roma, dopo aver
assistito al derby tra la sua
squadra e il Ragusa.
(Omissis), assieme a (Omissis) e
(Omissis), si
trova in libertà dopo che il gip
di Messina Alfredo Sicuro,
giovedì scorso, ha deciso di
derubricare il reato contestato
da omicidio preterintenzionale a
omicidio colposo. Restano nella
casa di prima accoglienza di
Acireale, invece, i due tifosi
minorenni. Da Melilli, alle
porte di Siracusa, la famiglia
di Salvatore Moschella non vuole
esprimere giudizi affrettati ma
chiede comunque che si faccia
rapidamente chiarezza: "Speriamo
in tempi brevi - dice lo zio
Vincenzo - ma vogliamo che si
vada fino in fondo. Per questo
ci costituiremo parte civile.
Vigileremo perché la verità,
qualunque sia, venga stabilita".
Ieri è anche arrivata la
conferma che domani, su tutti i
campi di calcio dove giocheranno
squadre siciliane, verrà
osservato un minuto di
raccoglimento. Un piccolo gesto
riparatore.
5 febbraio 1994
Fonte: La Stampa
Lettera per mio figlio
Salvatore
Ho ricevuto una lettera
da Siracusa, una lunga lettera
scritta da Giuseppe Moschella,
padre di Salvatore, il ragazzo
morto due domeniche fa vicino ad
Acireale su un treno del tifo,
il ragazzo picchiato e spinto a
morire. Penso sia giusto
proporne alcuni passi, dopo che
Giuseppe Moschella mi ha
autorizzato a farlo.
"Questo tragico
episodio è stato considerato con
la stessa ritualità di altri
analoghi, verificatisi in
precedenza. Dopo il primo
clamore per l’emozione
suscitata, le dichiarazioni
ipocrite di facciata, tutto
rimane com'era prima o anche
peggio. Dico questo perché non è
il clamore che pretendo attorno
a questa vicenda. Anzi, fino ad
oggi, malgrado diverse
sollecitazioni, ho rifiutato di
partecipare a trasmissioni
televisive o interviste, poiché
respingo da sempre la logica di
un certo modo di fare
informazione usando il dolore
come spettacolo. Oggi mi rendo
conto che devo reagire affinché
la morte di Salvatore non sia
stata vana e altre famiglie non
siano straziate dal dolore che
noi stiamo vivendo. Noi non
cerchiamo vendette o rivalse,
vogliamo solo giustizia. E la
giustizia si è subito presentata
col volto italiano ben noto:
divisa, confusa,
contraddittoria. La prova che
non possiamo aspettarci nulla.
C'è un altro aspetto che mi
preoccupa più degli altri e che
voglio precisare prima che mi
ammazzino mio figlio una seconda
volta. Qualche organo di stampa
sta riprendendo alcune
argomentazioni sostenute dagli
avvocati difensori su una
presunta neuro labilità psichica
di Salvatore. Temo fortemente
che questa linea si rinforzerà
nel futuro, cercando di dare
un'immagine di mio figlio che
non è mai esistita. Salvatore è
stato affetto solo da una forma
di depressione che ha avuto la
sua origine da un episodio ben
preciso. Un incidente
automobilistico ha interrotto il
suo sogno di fare il militare di
professione. Sognava il lavoro,
l’autonomia, l’indipendenza
economica e si ritrovava
disoccupato. Questo era il suo
tormento, che però non gli ha
mai fatto venir meno la vitalità
e la voglia di vivere che
riusciva a trasmettere ai suoi
amici. Che in questi giorni ho
avuto accanto a me e che sono
stati di grande conforto nel
raccontarci la sua generosità e
il loro modo di affrontare i
problemi della società. A
cominciare dal lavoro che, se è
un dramma nazionale, nella
nostra realtà meridionale è una
tragedia. Questi erano i
problemi di Salvatore e della
mia famiglia. I problemi di
tante famiglie normali. La
nostra, da sempre, di tradizione
socialista. E per questo ho
educato mio figlio a quei valori
di giustizia sociale, di non
violenza, di difesa dei deboli.
Valori che erano fortemente
radicati in lui e che tante
volte, antirazzista com'era, lo
hanno portato a difendere le
ragioni della coesistenza con
gli extracomunitari residenti
nella nostra città, a invitarli
a pranzo in casa nostra. Ritengo
assurda la sua morte, per il
modo in cui è avvenuta e perché
inserita in un contesto
"sportivo". Salvatore non ha mai
tifato. Solo un certo interesse
per il basket americano, il suo
preferito era Scott Pippen,
andava in giro col cappellino
dei Chicago Bulls. Il mondo del
tifo gli era assolutamente
estraneo. Questo era Salvatore.
Non un altro. E oggi stiamo
ancora a chiederci come sia
potuta accadere una tragedia di
questo genere. Noi la risposta
non riusciamo a darcela e credo
che non ci riusciremo mai. Ma le
cose che mi fanno più
rabbrividire sono le risposte
che sento dagli altri. Quelle
degli addetti ai lavori che
hanno le risposte di sempre, che
purtroppo non ci faranno mai
fare un passo avanti".
Giuseppe Moschella mi ha
anticipato che ieri avrebbe
partecipato a "Detto fra noi":
per non tacere, per non
dimenticare. Perché "sempre
l’ignoranza fa paura e il
silenzio è uguale a morte" come
canta Guccini nella canzone per
Silvia Baraldini. E questo posso
promettere a Giuseppe Moschella:
queste pagine, per Salvatore e
tutti quelli che credono nella
dignità dell’uomo, contro il
silenzio saranno aperte. Domani
come oggi, e tutte le volte che
servirà. g m
9 febbraio 1994
Fonte: La Repubblica
Tornano in carcere i tre
tifosi "omicidio
preterintenzionale"
CATANIA - Tornano in
carcere i tre tifosi del Messina
accusati di aver provocato la
morte del giovane siracusano
Salvatore Moschella il 30
gennaio scorso. Picchiato più
volte, Moschella si era lanciato
dal treno, su cui era salito per
andare a cercare lavoro, nel
tentativo di sfuggire ai
teppisti finendo stritolato dal
convoglio nel tratto tra Catania
e Acireale. Il colpo di scena è
arrivato ieri dai giudici
catanesi, titolari
dell’inchiesta per competenza
territoriale. Dopo l’arresto e
la scarcerazione a Messina, il
gip di Catania Sebastiano
Cacciatore ha emesso tre ordini
di custodia cautelare per
(Omissis), 26 anni,
(Omissis), 24, e
(Omissis), 20, su
richiesta del sostituto
procuratore Giovanni D' Angelo.
Il provvedimento dei giudici di
Catania ipotizza il reato di
omicidio preterintenzionale,
punibile con un massimo di
diciotto anni di carcere.
Secondo il sostituto D' Angelo,
i tre sarebbero colpevoli di
aver causato con il loro
atteggiamento violento la
tragica fine di Moschella. t. c.
23 febbraio 1994
Fonte: La Repubblica
Il lutto del figlio, poi
la beffa
di Turi Cageggi
CATANIA - Pianti e
grida, rabbia e disperazione: un
epilogo drammatico la prima,
brevissima udienza del processo
ai tifosi del Messina Calcio che
il 30 gennaio scorso provocarono
la morte di Salvatore Moschella,
22 anni, il giovane siracusano
finito sotto il treno ad
Acireale nel tentativo di
sfuggire alle violenze degli
ultras. Mentre i genitori e la
sorella di Moschella stavano
mestamente per uscire dall’aula
del Palazzo di Giustizia di
Catania, una frase, lanciata dai
parenti dei tifosi a quelli
della vittima, ha fatto
esplodere la tensione, già
altissima: "Avete rovinato
cinque famiglie". Una
provocazione che ha riaperto una
ferita certo non rimarginata, e
il dolore si è trasformato in
rabbia. Qualcuno dei parenti di
Moschella ha risposto, e in un
clima di enorme confusione, è
intervenuta la sorella ventenne
di Salvatore, che non l’ha fatta
a mantenere il sangue freddo. La
ragazza ha cominciato ad urlare
e piangere in preda ad una crisi
di nervi cercando di scagliarsi
con tutta sé stessa contro i
parenti degli imputati. Sono
stati i suoi stessi familiari a
cercare di calmarla e consolarla
mentre lo scambio verbale tra i
due gruppi proseguiva
pericolosamente. Poi sono
intervenuti i carabinieri
presenti nell’aula per separare
fisicamente gli uni dagli altri,
ma niente poteva fermare il
pianto disperato della giovane.
Le urla acute, laceranti della
ragazza sono rimbombate per
qualche minuto tra i marmi
gelidi dell’aula. Alla vista di
quella scena anche la madre,
Rosa Lorefice, interamente
vestita di nero, è scoppiata in
lacrime. E mentre i parenti
degli ultras si chiudevano in un
silenzio risentito, è arrivato
il padre di Salvatore Moschella,
Giuseppe, sindacalista della
Cgil di Siracusa, che ha
abbracciato la moglie e la
figlia e le ha portate fuori
dall’aula. Già prima
dell’udienza si era capito che
il processo non sarebbe stato
facile. I familiari di
Salvatore, immersi nel silenzio
del dolore, erano seduti a pochi
metri dalle gabbie in attesa che
arrivasse la corte. Dopo pochi
minuti gli imputati sono
arrivati in aula, scortati dai
carabinieri e legati da una
catena: (Omissis), 25
anni, (Omissis), 24, e
(Omissis), di 20 anni,
sono stati fatti entrare nelle
gabbie e liberati dai ferri. I
familiari di Moschella, a pochi
passi di distanza, non si sono
girati a guardarli neanche un
istante, mentre i parenti degli
ultras hanno approfittato della
vicinanza col settore riservato
al pubblico per sciamare attorno
alle inferriate e scambiare
qualche parola con i tre, tutti
con capelli cortissimi e camicie
sgargianti. Il presidente della
Corte, Francesco Virardi, ci ha
messo pochissimo ad aprire e
chiudere l’udienza: in tre
minuti ha deciso, d'accordo con
gli avvocati delle due parti, di
rinviare il processo ad oggi.
Poi quella frase, un'altra
violenza ai danni di Salvatore,
dopo tutte quelle che il giovane
subì quella domenica sera
sull’Espresso Siracusa-Roma
dagli ultras reduci da una
partita del Messina. Un'altra
violenza gratuita ed
inaccettabile per i parenti nei
confronti di un ragazzo in
viaggio per andare a trovare
lavoro a Bologna, morto per aver
cercato di difendere una donna
dalle molestie del gruppo. Nel
processo che si è aperto ieri
mancano altri due tifosi
accusati dell’omicidio
preterintenzionale di Salvatore
Moschella. I due assenti sono
minorenni e verranno giudicati a
parte. I familiari di Salvatore
si sono costituiti parte civile,
e chiedono "solo giustizia".
Ieri mattina, prima
dell’incidente, il padre era
stato chiaro nei confronti degli
imputati: "Vorrei riuscire ad
ignorarli, non sono animato da
spirito di persecuzione. Vorrei
solo che si facesse giustizia".
Le ferite di Giuseppe Moschella
però sono ancora aperte:
"Perdonarli ? È difficile
rispondere. Sono un cristiano
osservante. Però non ho
l’aureola del santo". Moschella
fa lunghe pause, cerca le
parole: "Non sono in condizione
di pensare al perdono, voglio
che si faccia giustizia, anche
se nulla potrà alleviare il
nostro strazio".
10 giugno 1994
Fonte: La Repubblica
Catania, dopo la
condanna i parenti degli
imputati insultano i magistrati
e i familiari della vittima
Il processo agli ultrà
finisce in rissa
di Fabio Albanese
Il giovane si lanciò dal
treno per sfuggire
all'aggressione. "Era pazzo,
doveva starsene a casa quel
giorno: ci ha rovinati".
CATANIA DAL NOSTRO
CORRISPONDENTE - "Condanniamo
gli imputati a dieci anni di
reclusione e tre di sorveglianza
speciale": il presidente della
Corte finisce di leggere la
sentenza e nel tribunale si
scatena il putiferio. Urla,
insulti, pugni e calci contro le
suppellettili dell'aula. Finisce
così il processo ai tre tifosi
messinesi accusati di avere
causato, assieme a due minori,
la morte di Salvatore Moschella,
21 anni, che si lanciò dal treno
in corsa per sfuggire alle loro
minacce. La prima sezione della
corte d'assise di Catania ha
emesso ieri pomeriggio il
verdetto, dopo 4 ore di camera
di consiglio. Subito dopo, si è
scatenata l'ira dei familiari di
(Omissis), 26 anni,
(Omissis), 24 anni, e
(Omissis), 20. Nel
mirino, soprattutto, la vittima
e i familiari, che si erano
costituiti parte civile: "Era
pazzo, avete rovinato le nostre
famiglie, vi siete comprati i
giudici; non doveva uscire di
casa quel giorno, e non gli
sarebbe successo un bel nulla",
gridavano. "Quel giorno" era il
30 gennaio scorso. Moschella era
salito alla stazione di Siracusa
sul treno che avrebbe dovuto
portarlo al Nord, in cerca di
lavoro. Fu bloccato e picchiato
da un gruppo di cinque tifosi,
due dei quali minorenni, solo
perché aveva tentato di
difendere una ragazza di colore
che gli ultras stavano
molestando. Fu una lunga caccia
all'uomo, durata per tutti i 70
chilometri che separano Siracusa
da Acireale, il luogo dove
Moschella decise di fuggire da
quel treno maledetto lanciandosi
dal finestrino e finendo sotto
le ruote. Per tutto il processo,
la difesa ha tentato l'unica
carta a sua disposizione: quella
di far "derubricare" il reato da
omicidio preterintenzionale a
omicidio colposo. Ciò avrebbe
consentito l'immediata
scarcerazione dei tre imputati
e, in caso di condanna, pene di
gran lunga più miti. Ma la corte
d'assise di Catania ha preferito
condividere la tesi del pubblico
ministero Giovanni D'Angelo,
anche se ha deciso di diminuire
di quattro anni la richiesta di
condanna a 14 anni di carcere. I
due minorenni verranno invece
processati a parte. Quando il
presidente Francesco Virardi è
entrato nell'aula c'è stato un
grande silenzio, a tratti
interrotto dal singhiozzare
sommesso di Rosa Lorefice, la
madre di Moschella che per tutto
il processo è stata presente in
aula assieme al marito,
nonostante le ripetute pressioni
e i gravi insulti da parte dei
familiari dei tre imputati. Poi,
a lettura di sentenza ultimata,
si è scatenato il putiferio.
Calci alle porte, sedie
scaraventate nell'aula, grida e
minacce: "Sono sconcertato - ha
detto un anziano carabiniere -
mai visto nulla di simile". I
parenti dei tre ultras messinesi
hanno inveito contro la famiglia
Moschella che già alla prima
udienza era stata minacciata.
Quel giorno la sorella di
Salvatore Moschella, colta da
una crisi di nervi, si era
scagliata contro di loro, a
stento trattenuta. Per tutto il
processo i tre imputati sono
sempre rimasti in silenzio,
ammanettati e chiusi dentro la
gabbia. I loro familiari,
invece, hanno seguito il
dibattimento tra insulti e
invettive, non risparmiando
nessuno, giudici compresi. Ieri
pomeriggio nel corridoio deserto
di Palazzo di giustizia Giuseppe
Moschella, ex sindacalista della
Cgil di Siracusa, mentre andava
via si è lasciato andare al suo
unico sfogo: "Soddisfatto per
questa sentenza ? Che vale ?
Nessuno potrà riportarmi mio
figlio". Il padre di Salvatore
Moschella se l'è anche presa con
un passeggero del treno della
morte, "un militare di leva che
non mosse un dito per mio
figlio, nonostante fosse nelle
condizioni di intervenire". Poi
si è messo sottobraccio la
moglie, in lacrime, ed è andato
via dicendo: "Onore al merito di
mio figlio". Poco più in là,
nell'antisala dell'aula
giudiziaria, le grida e le
minacce continuavano: "Era un
pazzo, vi siete comprati i
giudici".
25 giugno 1994
Fonte: La Stampa
Dieci anni agli ultras
del "treno della morte"
CATANIA - Dieci anni, il
massimo della pena, e nessuna
attenuante per i tre tifosi
messinesi accusati di omicidio
preterintenzionale per la morte
di Salvatore Moschella, 21 anni,
che il 30 gennaio scorso si
gettò dal treno sul quale
viaggiava per tentare di
sfuggire alle loro aggressioni.
Quattro ore di camera di
consiglio poi, ieri pomeriggio,
la prima sezione della Corte
d'assise di Catania ha emesso la
sentenza riconoscendo colpevoli
di omicidio preterintenzionale:
(Omissis), (Omissis), entrambi di 23
anni, e (Omissis) di 26.
La severità della condanna non
lenisce il dolore della famiglia
del ragazzo morto. "Come si fa
ad essere soddisfatti - ha detto
ai giornalisti Giuseppe
Moschella, il padre di Salvatore
- nessun tribunale potrà mai
restituirmi mio figlio". In
aula, subito dopo la lettura
della sentenza, è stato il caos.
Urla, insulti ai giudici, scene
di disperazione tra i familiari
dei tre ragazzi che sono stati
allontanati dai carabinieri,
mentre i genitori di Salvatore
Moschella lasciavano l’aula in
lacrime. Salvatore Moschella era
in cerca di lavoro e per questo,
il 30 gennaio, aveva preso il
treno Siracusa-Roma, diretto in
una città del Nord dove aveva
qualche speranza di trovare
un'occupazione. Viaggiava nello
stesso scompartimento sul quale
si trovava un gruppo di ultras
messinesi di ritorno dalla
partita Ragusa-Messina. I tifosi
avevano provocato e offeso,
senza alcun motivo particolare,
il giovane e poco prima della
stazione di Acireale (Omissis),
(Omissis)
e (Omissis) avevano
aggredito Salvatore Moschella
che, terrorizzato, forse
tentando disperatamente di
trovare una via di scampo alla
persecuzione dei tre tifosi, si
era lanciato dal finestrino
restando stritolato dal treno in
corsa. I giudici hanno accolto
in pieno la tesi del pubblico
ministero respingendo le
argomentazioni della difesa che
aveva chiesto la derubricazione
del reato in omicidio colposo,
sostenendo l’imprevedibilità del
gesto di Salvatore e puntando su
una presunta fragilità psichica
del giovane che in passato aveva
sofferto di esaurimento nervoso.
M.G.
25 giugno 1994
Fonte: La Repubblica
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