Incidenti e scontri: un
supporter azzurro cade dagli
spalti. Invasione di campo,
almeno tre agenti feriti.
Partita rinviata.
Avellino, guerriglia
allo stadio un tifoso napoletano
in fin di vita
AVELLINO - Un tifoso del
Napoli è in fin di vita. Si
chiama Sergio Ercolano, ha 20
anni. La dinamica dell’incidente
è stata ricostruita dal questore
di Avellino Mario Papa. Il
giovane - secondo la polizia - è
entrato, insieme ad altri
tifosi, precipitosamente, mentre
fuori erano in corso gli
incidenti. La polizia stava
caricando e dall'alto degli
spalti venivano lanciati oggetti
contro le forze dell’ordine.
Ercolano ha superato un muretto
dopo il quale c'é una tettoia
in plexiglas larga circa 15
metri, che copre una scalinata.
Pressati alle spalle alcune
decine di giovani si sono
gettati sulla tettoia, senza
immaginare l'esistenza di un
dislivello con il suolo di circa
20 metri. Quando Ercolano ha
saltato il plexiglas ha ceduto
ed il giovane è precipitato. Il
giovane è ricoverato
all'ospedale Moscati. Il match
tra Avellino e Napoli è stato
rinviato a data da destinarsi a
causa degli incidenti che ci
sono stati allo stadio. Negli
scontri sono rimasti feriti
almeno tre agenti di polizia,
uno dei quali accoltellato a una
gamba. Un funzionario è stato
colpito da infarto ed è
ricoverato nell'unità coronarica
dell'ospedale di Avellino, ma è
fuori pericolo. Dopo gli
incidenti, molti tifosi
partenopei hanno abbandonato lo
stadio Partenio. La polizia ha
requisito alcuni autobus per
riaccompagnarli a Napoli. Dopo
un breve colloquio con i
capitani di Avellino e Napoli,
l'arbitro Palanca aveva deciso
di far giocare la gara. Gli
addetti dello stadio si sono
messi al lavoro per ripristinare
le porte di gioco rimaste
danneggiate durante gli
incidenti. I poliziotti hanno
incontrato gravi difficoltà a
chiudere il cancello dal quale i
tifosi sono penetrati sul
terreno di gioco devastando
cartelloni pubblicitari, reti
delle porte e reti di
recinzione. Gli agenti sono
stati respinti più volte da
lanci di pietre, bastoni e
petardi. Hanno lanciato
lacrimogeni e fatto uso di
idranti. Le tensioni sono
incominciate intorno alle 17.
Sempre secondo il questore di
Avellino, Mario Papa, intorno a
quell'ora allo stadio Partenio
arrivano i primi gruppi di
tifosi del Napoli, con autobus
ed auto private. "Erano
tranquillissimi, racconta il
questore, che ha diretto
personalmente l'ordine pubblico.
Molti non avevano il biglietto".
I biglietti disponibili
finiscono. "L' Avellino non si
aspettava l'arrivo di tanti
napoletani, favorito anche dalla
bella giornata". La polizia
sollecita una nuova scorta di
biglietti. Alle 19 circa davanti
ai cancelli della curva Nord,
protetti dal cordone di
poliziotti i tifosi privi di
biglietto cominciano a premere.
Dagli spalti comincia un lancio
di lattine sulla polizia. Il
tiro è ravvicinato, gli spalti
sono alti circa cinque metri. La
polizia riesce a tenere testa ai
tifosi fino a quando non
arrivano 10 pullman con i gruppi
organizzati della tifoseria. La
situazione peggiora e dagli
spalti vengono lanciati anche
petardi contro le forze
dell'ordine, che rispondono con
i lacrimogeni. È in questi
attimi che il tifoso del Napoli
cade. "Per recuperarlo - dice il
questore di Avellino - abbiamo
dovuto fare intervenire i vigili
del fuoco". Poco prima dell'ora
in cui avrebbe dovuto
incominciare la partita, la
situazione precipita con
l'invasione di campo.
20 settembre 2003
Fonte: Repubblica.it
© Fotografia:
Ilnapolista.it
Avellino, gravissimo un
tifoso
Un napoletano cade dagli
spalti prima del derby di B, gli
ultrà invadono il campo per il
ritardo dei soccorsi. Negli
scontri feriti alcuni agenti.
Partita rinviata.
AVELLINO, 20 settembre
2003 - Un volo di venti metri e
la vita appesa a un filo. È
gravissimo Sergio Ercolano, 20
anni, di Napoli, il tifoso
caduto ad Avellino dall'anello
superiore della curva nord, e
ricoverato all'ospedale Moscati
di Avellino dove è stato
sottoposto a Tac: si trova nel
reparto di rianimazione ed è
stato giudicato
politraumatizzato. Rinviato il
derby campano Avellino-Napoli,
per la quinta giornata di serie
B. La dinamica dell'incidente
viene ricostruita dal questore
di Avellino Mario Papa. Il
giovane - secondo quanto ha
potuto accertare la polizia -
entra, insieme ad altri tifosi,
precipitosamente, mentre fuori
sono in corso gli incidenti. La
polizia sta caricando e
dall'alto degli spalti vengono
lanciati oggetti contro le forze
dell'ordine. Ercolano supera un
muretto dopo il quale c'é una
tettoia in plexiglas larga circa
15 metri, che copre una
scalinata. Pressati alle spalle
alcune decine di giovani si
gettano sulla tettoia, senza
immaginare l'esistenza di un
dislivello con il suolo di circa
20 metri. Quando Ercolano salta
il plexiglas cede e il giovane
precipita. "L'ambulanza c'era -
afferma il questore Papa - ed
era alla curva Nord, ma per il
recupero del ragazzo è stato
necessario l'intervento dei
vigili del fuoco". Un centinaio
di ultrà del Napoli perde la
pazienza: sfondano i cancelli
dal settore curva Nord ed
entrano sul terreno di gioco,
con mazze e bastoni aggrediscono
le forze dell'ordine. Divelgono
una porta e distruggono i
cartelloni pubblicitari del
Partenio. La polizia risponde
con lanci di lacrimogeni. Una
reazione, una protesta contro il
ritardo con cui i sanitari
prestano soccorso al tifoso
caduto dagli spalti. Drammatica
la testimonianza di Vincenzo
Busiello, responsabile ultras
Curva B che era al Partenio.
Secondo Busiello "stavamo
entrando nello stadio quando è
iniziata una carica da parte
della polizia e nel fuggi fuggi
il ragazzo è stato spinto ed è
caduto dal secondo anello della
tribuna. I barellieri avevano
paura di entrare nel tunnel e il
ragazzo è rimasto a terra per 30
minuti. Una cosa indegna". La
partita, naturalmente, è stata
rinviata. Dopo un breve
colloquio con i capitani di
Avellino e Napoli, l'arbitro
Palanca sembrava deciso a far
giocare la gara. Gli addetti
dello stadio si sono messi al
lavoro per ripristinare le porte
di gioco rimaste danneggiate
durante gli incidenti. Poi il
dietrofront: non si gioca. Il
bilancio degli incidenti è
pesante. Negli scontri sono
rimasti feriti due agenti, uno
colpito da una bottiglia alla
testa, un altro da una
coltellata. Il vicequestore
Gennaro Rega, colpito da
infarto, è invece ricoverato
nell'unità coronarica
dell'ospedale di Avellino. Altre
venticinque persone hanno fatto
ricorso alle cure sanitarie. "Ma
i conti li potremo fare solo
alla fine", conclude il questore
Papa. Per la cronaca sportiva,
la Lega Calcio ha comunicato che
la partita è stata rinviata a
data da destinarsi.
20 settembre 2003
Fonte: Gazzetta.it
© Fotografia:
Vesuviolive.it
Il derby campano non si
gioca dopo i gravissimi
incidenti. Vicequestore colpito
da infarto.
Battaglia ad Avellino,
tifoso in fin di vita
Ragazzo napoletano di 20
anni cade dagli spalti. Polizia
aggredita, agente accoltellato.
AVELLINO - Solo in tarda
sera si chiariscono i contorni
di una giornata sciagurata, dove
il calcio è sparito di fronte
alla cronaca nera. Violenza,
fatalità, ma anche leggerezza di
chi non ha previsto l'arrivo di
circa cinquemila tifosi da
Napoli si sono mescolate tra
loro. Il bilancio è un ragazzo
di 20 anni, Sergio Ercolano di
Napoli, che ora è in condizioni
gravissime, dopo essere
precipitato da una tettoia allo
stadio Partenio (ha fratture in
più parti del corpo), un
vicequestore di polizia, Gennaro
Rega, colpito da collasso, una
ventina tra poliziotti e
carabinieri feriti. Tre di essi
sono ricoverati. La giornata
sembrava calma. "I tifosi del
Napoli giunti ad Avellino erano
tranquillissimi", racconta il
questore Mario Papa, che ha
diretto il servizio di ordine
pubblico. I problemi sono
cominciati quando le scorte di
biglietti in vendita per la
curva Nord destinata agli ospiti
si sono esauriti. Si aspettavano
due - tremila supporter azzurri,
ne sono arrivati cinquemila. La
folla ha cominciato ad
accalcarsi ed a premere sulla
polizia, che ha sollecitato
l'invio di altri biglietti ai
botteghini. Dagli spalti è
cominciato un lancio di oggetti
sui poliziotti. La situazione è
peggiorata quando sono arrivati
10 pullman del tifo organizzato.
"Siamo stati presi tra due
fuochi", dice il questore Papa.
Gruppi di tifosi sono entrati
senza biglietto mentre la
polizia caricava all'esterno
dello stadio. Sergio Ercolano,
insieme ad altri, è saltato su
una tettoia in plexiglas che
copre una scalinata di accesso
ad una palestra e non ha retto.
Il ragazzo, precipitato da circa
20 metri, è rimasto a terra, tra
spalti e terreno di gioco 25-30
minuti, forse di più, mentre si
attendevano i vigili del fuoco
per recuperarlo. L'attesa ha
fatto esplodere la rabbia contro
le forze dell'ordine. Un paio di
centinaia di tifosi, alcuni dei
quali con i volti coperti ed
armati di bastoni, hanno forzato
un cancello e sono scesi sul
terreno di gioco, attaccando
poliziotti e carabinieri e
distruggendo cartelloni
pubblicitari. L'invasione è
durata circa 15 minuti. Poi il
campo è stato sgomberato dalla
polizia. Le immagini sono state
mostrate in diretta in Campania
dalle emittenti private
"Telecapri" e "Canale 9". I
tifosi del Napoli hanno lasciato
lo stadio. La questura ha
requisito cinque pullman di
linea per favorirne il ritorno a
casa. Sono rimasti in attesa
circa 20 mila tifosi
dell'Avellino mentre le squadre
per due ore aspettavano di
sapere se la gara si sarebbe
svolta o no. Alla fine, la
decisione della Lega. Non si
gioca. Cominciano le polemiche,
innescate da una dichiarazione
del presidente dell'Avellino,
Pasquale Casillo, che chiede la
vittoria a tavolino. Ma questa
sembra la cosa meno importante.
21 settembre 2003
Fonte: La Stampa
Ore 20,25: inferno al
Partenio
di Marco Azzi
AVELLINO - La follia
esplode alle 20.25, c'é un
ragazzo in fin di vita, è
precipitato dalla curva azzurra,
da venti metri; qualche tifoso
impazzito attribuisce tutto alla
polizia: è un assurdo equivoco
che trasforma un incontro di
calcio in una aggressione
indiscriminata ai poliziotti.
Scene mai viste. Il governatore
Antonio Bassolino: "E' inaudito,
rinviare il match la cosa più
giusta". Il sindaco di Napoli,
Rosa Russo Iervolino: "In certe
occasioni la folla si
autoeccita". I due sono corsi in
questura a Napoli per informarsi
sugli eventi. Ecco la
ricostruzione di una serata che
di sportivo non ha avuto nulla.
Ore 17. Allo stadio Partenio
arrivano a gruppi i tifosi del
Napoli, sono molti di più del
previsto. Almeno 5 mila. Sono
arrivati con ogni mezzo,
autobus, auto private, treni.
Molti non hanno il biglietto e
vanno dai botteghini per
acquistare i tagliandi. I
biglietti disponibili finiscono
presto. Incomincia a serpeggiare
agitazione e nervosismo. La
polizia sollecita una nuova
scorta di biglietti. Ore 19.
Davanti ai cancelli della curva
Nord, protetti dal cordone di
poliziotti, i tifosi privi di
biglietto cominciano a premere.
Dagli spalti inizia un lancio di
lattine sulla polizia. Il tiro è
ravvicinato. La polizia viene
caricata dall' esterno verso
l’interno. E dentro lo stadio
subisce alle spalle altre
cariche e lanci di oggetti
contundenti. Di tutto: spranghe,
bastoni, bombe carta, petardi,
bottigliette. Ora i tifosi sono
ancora di più e ancora più
aggressivi: nel frattempo sono
arrivati 10 pullman con i gruppi
organizzati della tifoseria. Ore
20. La situazione peggiora e
dagli spalti vengono lanciati
anche petardi contro le forze
dell’ordine, che rispondono con
i lacrimogeni. Un tifoso del
Napoli precipita dagli spalti.
Forse cercava solo di
proteggersi, di evitare
conseguenze da quegli scontri.
Lo vedono salire su una tettoia
di plexiglas che, sotto il suo
peso, non regge. Un volo
drammatico. Di 20 metri. Non
cade sulla pista, ma tra gli
spalti e la cancellata divisoria
con il campo di calcio. Ore
20,25. "È stata la polizia". "La
polizia non lo soccorre". "La
polizia non chiama l’ambulanza".
Alcuni tifosi scatenano una
folle reazione contro gli
agenti. Imputano alle divise
quella caduta per la quale
adesso Sergio Ercolano, di
appena 20 anni, è in condizioni
disperate. Si parla di coma
irreversibile. Per recuperarlo
devono intervenire i vigili del
fuoco (un cancello chiuso con un
lucchetto rende tutto più
difficile). Ore 20,35. Un gruppo
di tifosi invade il campo da
quel cancello poi forzato dai
vigili del fuoco per soccorrere
il ragazzo. In campo poliziotti
e carabinieri non riescono ad
arginarli. Si assiste ad una
caccia all' uomo: il
vicequestore Gennaro Rega ha un
collasso, viene soccorso da
altri agenti. Se ne accorgono
gli hooligan e lo inseguono,
tentano di colpire e atterrare
il piccolo drappello. Alle 24 il
bilancio è di 30 feriti, 15
agenti (uno accoltellato). Ma la
notizia più terribile è quella
sulle condizioni di Sergio
Ercolano: i medici non hanno più
speranze per lui. I tifosi
azzurri stringono d'assedio
l’ospedale Moscati dove è
ricoverato.
21 settembre 2003
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Gazzetta.it
De Silva, chirurgo del
Moscati
"Ero lì, ho visto il
ragazzo cadere"
di Giuseppe Del Bello
"Ho visto il ragazzo
precipitare dall' anello
superiore. Lui era a terra, nel
recinto, ma non si trovavano le
chiavi del cancello. È allora
che i tifosi hanno perso la
testa: nessuno soccorreva il
loro compagno. Poi finalmente è
arrivato qualcuno ad aprire, e
cinque minuti dopo era già in
ospedale. Noi, invece, siamo
rimasti bloccati nella curva
nord". Sono le prime parole di
Vittorio De Silva, chirurgo del
Moscati. Era allo stadio quando
è scoppiato il "quarto d'ora d'inferno, quando sono iniziati
gli scontri tra azzurri e forze
dell’ordine". Sergio Ercolano,
19 anni, napoletano, è il
ragazzo caduto giù non si sa
come. Adesso è in coma. Sono le
22.30 quando gli specialisti
dalla Rianimazione del Moscati
dove lo stesso De Silva è
responsabile del pronto
soccorso, confermano:
"Condizioni disperate, prognosi
riservatissima per imponente
emorragia cerebrale". È l’unica
lesione grave, ma è difficile
che ce la faccia, spiegano i
medici. Avrebbe avuto più
chances con soccorsi tempestivi
? Non ha dubbi il medico: "La
prognosi non sarebbe cambiata
per quei cinque minuti". I
feriti sono tanti, una trentina
almeno. E tra questi anche dieci
poliziotti. Uno di loro è stato
raggiunto da una pugnalata alla
coscia: suturato e dimesso, non
corre pericoli. E c'é anche chi
ha pagato indirettamente le
conseguenze dei tafferugli: il
vicequestore Gennaro Rega ha un
collasso, ma i teppisti lo
circondano e gli danno addosso
lo stesso. Lo portano in Unità
coronarica. Si teme l’infarto,
ma è solo uno shock emotivo.
21 settembre 2003
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Romeocastiglione.wordpress.com
Violenza in serie B
di Marco Azzi
AVELLINO - In coma
irreversibile e imminente
pericolo di vita un giovane
tifoso del Napoli, precipitato
da una curva dello stadio
Partenio. Un vice questore
collassato nella fase più
violenta degli scontri. Gli
ultrà napoletani scatenati nella
caccia agli agenti su tutto il
campo. Venticinque i feriti,
decine di arresti nella notte. È
questo il primo bilancio degli
incredibili incidenti di ieri
sera ad Avellino, che hanno
impedito lo svolgimento del
derby. La gara è stata così
ufficialmente rinviata poco
prima delle 23. La guerriglia
era invece scoppiata tre ore
prima, quando oltre un migliaio
di ultrà napoletani, finiti i
biglietti ai botteghini, hanno
forzato i cancelli della curva
Nord. Nel parapiglia scatenato
dalle cariche della polizia, a
pagare per tutti è stato Sergio
Ercolano, 20 anni, che è
precipitato dalla tribuna: un
volo di 20 metri. Il ragazzo è
rimasto a terra, in
un’intercapedine tra spalti e
terreno di gioco, per mezz' ora
prima di essere soccorso. In
questa attesa è scattata la
folle ritorsione dei teppisti
contro le forze dell’ordine. L'
inferno si è scatenato quando
mancavano una decina di minuti
all' orario di inizio. Dalla
Nord, dove si erano sistemati
gli oltre tremila tifosi ospiti,
sono partite disperate richieste
di soccorso. Quasi subito si è
avuta la percezione di qualcosa
di molto grave: uno dopo
l’altro, infatti, sono stati
rimossi - in segno di lutto
inequivocabile - tutti gli
striscioni esposti dai
sostenitori azzurri. Poi, in un
attimo, la situazione è
degenerata. Trecento ultrà si
sono lanciati in campo armati di
bastoni e catene, avendo
facilmente la meglio sulle forze
dell’ordine. Una cinquantina di
poliziotti e carabinieri,
inseguiti e picchiati, sono
stati costretti a scappare negli
spogliatoi, mentre i teppisti
sfasciavano una delle porte, gli
altoparlanti e i cartelloni
pubblicitari a bordo campo. 24
gli agenti feriti, sei di loro
sono finiti all' ospedale. Il
vice questore Gennaro Rega è
stato colto da un collasso
durante gli scontri,
violentissimi. Accasciato a
terra e soccorso dai colleghi, è
stato anche preso a sassate. È
stato dimesso nella notte dall'
ospedale. Dopo un quarto d'ora
di caos per far terminare la
guerriglia s' è resa necessaria
un’altra carica: stavolta della
polizia. All' interno del
Partenio è ritornata lentamente
la calma: irreale, ovattata dal
fumo dei lacrimogeni. Sotto choc
i giocatori delle due squadre,
fermi ai loro
posti gli oltre
ventimila tifosi dell’Avellino,
ancora speranzosi di vedere una
partita attesa da ben sedici
anni. Ma la furia degli ultrà
del Napoli non si era ancora
placata. Gli scontri sono
continuati fuori. Le forze
dell’ordine hanno avuto bisogno
di rinforzi da Caserta e Bari.
Una folla minacciosa s' è
radunata all' esterno
dell’ospedale Moscati, dove era
stato ricoverato il tifoso in
fin di vita. Paradossale,
invece, la situazione negli
spogliatoi. L' arbitro Palanca,
su consiglio della polizia, s' è
preso un po' di tempo per
decidere. "Non vogliamo scendere
in campo", hanno opposto il loro
fermo rifiuto i dirigenti del
Napoli, invitati a ritirare la
loro squadra dal presidente
Naldi sotto le minacce di un
capo ultrà arrivato fin dentro
agli spogliatoi. "Non dovete
giocare, sennò scoppia il
finimondo". La decisione
ufficiale, però, si è fatta
attendere a lungo, soprattutto
per ragioni di ordine pubblico.
Il patron dell’Avellino Pasquale
Casillo ha però lanciato pesanti
accuse: "C’era una regia
occulta, l’obiettivo era quello
di non disputare la gara e ci
sono riusciti. Bisognava
giocare, perché se 50 pazzi sono
più potenti del ministero
dell’Interno vuol dire che il
calcio si deve fermare
definitivamente". Il vicesindaco
di Avellino Antonio Gengaro ha
attaccato l’Avellino: "Credo
siano stati venduti più
biglietti del consentito: la
capienza dello stadio è 26.500
posti, ma c'erano almeno 35
mila persone". A Napoli il
sindaco Iervolino e il
presidente della Regione
Bassolino si sono recati in
questura per seguire le vicende.
Il senatore napoletano della
Margherita Giuseppe Scalera ha
annunciato un’interrogazione
parlamentare sull' inadeguatezza
del servizio d'ordine.
21 settembre 2003
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Ilmattino.it
La polizia indaga per
identificare i responsabili
delle violenze. I tifosi
azzurri: "Non è colpa nostra ma
del caos per i biglietti"
Avellino, gravissimo il
tifoso caduto nel fossato
Il presidente della
Camera, Casini: "Serve il pugno
duro"
AVELLINO - Restano
"gravissime" le condizioni di
Sergio Ercolano, il tifoso
ventenne del Napoli rimasto
ferito allo stadio "Partenio" di
Avellino per una caduta
dall'anello superiore
dell'impianto, prima del derby
campano. Il ragazzo è stato
sottoposto a un intervento
chirurgico e ha passato la notte
nel reparto di rianimazione. La
prognosi resta dunque riservata
e i medici parlano apertamente
di "imminente pericolo di vita".
E sui duri scontri interviene
anche il presidente della
Camera, Pier Ferdinando Casini.
"Serve il pugno duro - dice - Il
mondo del calcio è già in crisi,
se si aggiungono i genitori che
hanno paura di portare i figli
allo stadio, è la fine". Dopo la
nottata di violenza al Partenio
ci si interroga sulle cause.
Diverse però le interpretazioni.
"Stiamo lavorando per
identificare questi delinquenti
della peggiore specie, per
assicurarli alla giustizia" dice
il questore di Napoli, Franco
Malvano. La Digos sta passando
al setaccio le immagini degli
incidenti di ieri sera nel
tentativo di dare un nome a
coloro che, a volto coperto, si
sono scagliati contro la
polizia. Ieri sera tre bus che
stavano riportando a Napoli
oltre 150 tifosi sono stati
"dirottati" dagli agenti per
essere condotti presso la
caserma della Scuola di polizia
di Caserta. I 150 sono stati
identificati e fotografati. Ma i
tifosi del Napoli non ci stanno.
"Stavamo entrando nello stadio
quando è iniziata una carica da
parte della polizia e nel fuggi
fuggi il ragazzo è stato spinto
ed è caduto dal secondo anello
della tribuna. I barellieri
avevano paura di entrare nel
tunnel e il ragazzo è rimasto a
terra per 30 minuti. Una cosa
indegna", racconta Vincenzo
Busiello, responsabile ultras
Curva B che era al Partenio.
"Qualcuno ha detto che noi
ultras abbiamo minacciato i
giocatori e l'allenatore del
Napoli - ha aggiunto - non è
così, attraverso la Digos
abbiamo soltanto fatto sapere al
capitano Dario Marcolin che se
dovevamo perdere questa gara
volevamo farlo con dignità, c'é
un ragazzo che stava e sta
tuttora rischiando la vita. Non
era giusto scendere in campo".
Pasquale D'Angelo, capo tifoso
della Curva A del Napoli, lancia
gravi accuse: "A provocare gli
incidenti di ieri sera allo
stadio Partenio di Avellino è
stato l'assurdo comportamento
del club irpino che ha fatto uno
strano gioco sui biglietti
d'ingresso provocando la rabbia
dei tifosi del Napoli". Secondo
alcuni tifosi, la società
dell'Avellino avrebbe prima dato
una disponibilità di diecimila
tagliandi, ma ai botteghini le
cose non stavano così. Poi
sarebbero saltati fuori, ma
invece di 13 euro sembra che il
prezzo fosse salito a 20. Lì si
sarebbe quindi accesa la miccia.
Infine la Lega ha deciso di
rinviare Avellino-Napoli a data
da destinarsi. La giornata di
eri ha fatto registrare altri
episodi di violenza legata al
calcio. Stamattina alle 5 sono
stati rilasciati i 94 tifosi del
Livorno, che stavano andando a
Trieste, bloccati ieri sera
dalla polizia dopo avere invaso
l’autostrada A/4 e avere messo a
soqquadro l’area di servizio di
Gonars (Udine). Mentre i tifosi
dell'Empoli, di ritorno dalla
trasferta di Siena hanno dato
vita ad una serie di sassaiole.
21 settembre 2003
Fonte: Repubblica.it
Sempre in agonia il
giovane tifoso caduto dagli
spalti
Un giallo dei biglietti
dietro l'inferno dello stadio di
Avellino
di Fulvio Milone
Il club irpino ha
ritirato e rivenduto parte degli
ingressi destinati agli ospiti.
Il questore: "Normale che
all'interno ci fossero 30
agenti".
AVELLINO "Questo non è
calcio", grida Ciro davanti al
pronto soccorso dell’ospedale
"Moscati". È vero: che razza di
sport può essere quello che
riduce un ragazzo di vent'anni,
un amico di Ciro, a un vegetale,
con il cervello devastato dall'
urto sul selciato dopo un volo
di venti metri ? Sergio
Ercolano, tifoso del Napoli,
resiste ancora in un letto del
reparto di rianimazione. Ma la
sua, dicono i medici, è una
lotta disperata contro la morte:
le lesioni sono gravissime; un
intervento chirurgico, al
momento, è impossibile. E
bisogna venire qui, in queste
sale bianche invase dall'odore
del disinfettante, per percepire
tutta l'assurdità di questo
ennesimo rito sacrificale
compiuto sull'altare di una
divinità malvagia che qualcuno
ancora si ostina a chiamare
sport. L'agonia di Sergio,
patito del calcio, con un
diploma di ragioniere in tasca e
il sogno di un viaggio a Londra
nel cassetto, è la summa di una
serie di circostanze malefiche e
in parte ampiamente prevedibili,
a cominciare dalla violenza
delle frange più estreme degli
ultrà del Napoli che sabato ha
provocato il ferimento di 33 fra
poliziotti e carabinieri, mentre
un funzionario della questura è
stato colto da una crisi
cardiaca. L'altra sera, ad
Avellino, ne sono bastati
duecento per scatenare
l'inferno. Duecento scalmanati
che, per usare le parole del
direttore del Centro studi e
ricerche sulla sicurezza
pubblica, Maurizio Marinelli,
"odiano tutti e sono odiati da
tutti". La polizia ha buone
possibilità di identificarli: i
funzionari della Digos di Napoli
e Avellino stanno visionando i
filmati messi a disposizione da
numerose tv private. E sabato
notte, a incidenti conclusi, tre
pullman con 145 tifosi
partenopei diretti nel capoluogo
sono stati dirottati in una
caserma: tutti sono stati
identificati e fotografati. "Non
è detto che siano loro gli
autori delle violenze - avverte
però il questore di Napoli
Franco Malvano. Confronteremo le
foto con i filmati, poi si
vedrà". Il pretesto per
cominciare la battaglia è stato
offerto agli ultrà da un
autentico giallo, quello dei
biglietti destinati ai supporter
del Napoli e poi ritirati dal
club irpino. L'Avellino ne aveva
emessi seimila per gli ospiti,
cui era stata riservata la curva
Nord dello stadio Partenio. La
prevendita, però, era andata
malissimo, tanto che la società
aveva deciso di riciclarli
cedendoli ai tifosi della
squadra di casa che avessero
voluto assistere alla partita
dalla tribuna Terminio. A prezzi
maggiorati, naturalmente: 20
euro contro i 13 segnati sul
tagliando. E poco importava se
la tribuna, in realtà, era già
piena fino all'inverosimile. "I
dirigenti dell’Avellino dovranno
chiarire tutti i passaggi della
vendita dei biglietti", commenta
con asprezza il vicesindaco e
assessore allo sport Antonio
Gengaro. La risposta del patron
del club irpino. Pasquale
Casillo, che negli incidenti di
sabato intravede chissà quali
inquietanti disegni, lascia di
sasso perfino i suoi supporter:
"C'era chi non voleva che
scendesse in campo una squadra,
il Napoli, rimaneggiata e quindi
destinata a una probabile
sconfitta. Ad ogni modo chiederò
la vittoria a tavolino". "Era
ovvio che l'assenza dei
biglietti scatenasse la rabbia",
commentano i capi della
tifoseria azzurra. Arrivati da
Napoli all'ultimo momento, i
duecento ultrà, quelli che
"odiano tutti e sono odiati da
tutti", sono rimasti a bocca
asciutta. Inferociti, hanno
cominciato a premere sui
cancelli presidiati dalla
polizia, aiutati da altri
supporter che hanno intravisto
in tutta quella confusione la
possibilità di entrare gratis
nello stadio. Fra questi, Sergio
Ercolano, che con una
cinquantina di ragazzi è
riuscito a varcare l'ingresso
della curva Nord, si è
arrampicato su un muro di cinta
ed è saltato da un'altezza di
cinque metri sulla tettoia in
plexiglass di una palestra. Un
altro salto gli avrebbe
consentito di guadagnare
l'anello inferiore del settore
riservato ai tifosi del Napoli.
Il tetto, però, non ha retto al
peso, e Sergio è precipitato nel
vuoto. "E' un miracolo che gli
altri ce l'abbiano fatta: nel
Partenio, l'altra sera, avrebbe
potuto compiersi una strage",
spiega un funzionario di
polizia. Gli ultrà sotto accusa
dicono che Sergio è stato
soccorso in ritardo, che le
chiavi per aprire il cancello
che consentisse il passaggio
dell'ambulanza non si trovavano,
che il clima si è arroventato
proprio a causa dell'inerzia dei
soccorritori. "In realtà questo
è solo un alibi: chi doveva
prestare le prime cure al
giovane ferito è diventato
vittima delle violenze. Sui
nostri uomini e su quelli della
Croce rossa e delle Misericordie
sono piovuti sassi, bastoni,
bottiglie e sputi", spiega il
questore di Avellino, Mario
Papa, che risponde con fermezza
alle accuse di disorganizzazione
ed esiguità delle forze
dell'ordine nello stadio: "Era
assolutamente normale che sul
campo di gioco vi fossero solo
30 fra poliziotti e carabinieri.
I rinforzi sarebbero arrivati a
partita iniziata. Il pericolo
maggiore in quel momento era
all'esterno: dovevamo evitare il
contatto fra le tifoserie
opposte". Invece, la violenza è
scoppiata dentro lo stadio.
Violenza "premeditata e
preordinata", come dice il
sindaco di Napoli Rosa Russo
lervolino a cui fa eco il
governatore della Campania,
Antonio Bassolino: "Quei
delinquenti devono essere
colpiti prima che facciano altri
danni". Il patron dei locali "E'
tutto un complotto per non far
scendere in campo la squadra
ospite rimaneggiata e destinata
a perdere Chiederemo la vittoria
a tavolino". I compagni del
ragazzo accusano: "Soccorsi in
ritardo".
22 settembre 2003
Fonte: La Stampa
Accanto a Sergio in fin
di vita
"Ragazzo dolce, ma quale
teppista"
di Patrizia Capua
AVELLINO - "Sergio,
reagisci. Devi uscire da questa
porta. Guarda che non me ne vado
senza di te. Sergiolino, figlio
mio bellissimo, che stai a fare
là dentro, sbrigati ad uscire.
Prima reagisci, prima ce ne
torniamo a casa". Le donne della
famiglia si raccolgono attorno
alla sua figura minuta, per
sostenerla, l’abbracciano, le
stringono le mani. "La forza è
poca" mormora Carmela voltando
il viso gonfio di lacrime. Il
clima nell' ospedale Moscati, è
pesante. Davanti al pronto
soccorso si sono radunate decine
di persone, moltissimi giovani
amici del giovane in fin di
vita, hanno stazionato per ore,
facendo muro con gli estranei.
Un' agente di polizia, scambiata
per una giornalista perché aveva
dei quotidiani sotto il braccio,
è stata quasi aggredita e
allontanata. Gli operatori del
Tg3 Campania per fare le riprese
si sono dovuti nascondere dietro
una finestra dell’ospedale.
Qualcuno, però, accetta di
scambiare poche parole.
Socievole, disponibile, un gran
bravo ragazzo: così definisce
Sergio. Due grandi passioni:
vestire alla moda e tifare per
il Napoli. Ha giocato in alcune
squadre giovanili, aveva
frequentato da bambino una
scuola calcio. "Un teppista lui
? Quando mai". Arrivano anche
alcuni rappresentanti del tifo
organizzato dell’Avellino per
consegnare i loro vessilli,
maglietta, sciarpa e un
cappellino, in segno di
solidarietà. "I tifosi
dell’Avellino - sottolineano
alcuni esponenti degli ultrà
partenopei - si sono comportati
benissimo con noi. Dal nostro
canto non ci stiamo a fare da
capro espiatorio. Le
responsabilità sono di tutti".
Non la pensa così la famiglia
Ercolano che attraverso
l’avvocato Maurizio Capozzo,
denuncia il reato di omissione
di soccorso. È stato l’assurdo
comportamento del club irpino
che ha fatto uno strano gioco
sui biglietti d'ingresso
provocando la rabbia dei tifosi
del Napoli" denuncia, invece,
Pasquale D'Angelo, capo tifoso
della Curva A del Napoli,
testimone degli scontri. "L' Avellino - spiega D'Angelo - ci
aveva detto che c'erano
disponibili 10 mila biglietti:
in pratica tutta la Curva Nord
era stata destinata a noi. Due
ore prima dell’inizio della
gara, all' ingresso abbiamo
scoperto che i biglietti non
c'erano. Non ci abbiamo creduto
perché quel settore dello stadio
era vuoto: all' improvviso
abbiamo visto spuntare i
biglietti della Curva Nord con
sopra il timbro Tribuna
Terminio. Quegli stessi
biglietti - accusa D'Angelo -
erano passati in pochi minuti da
un prezzo di 13 a 20 euro". Ai
varchi d'ingresso sono iniziate
le discussioni, molto accese,
poi lo sfondamento per entrare.
In campo la tragedia. "Sergio ha
cercato di scavalcare, forse in
preda al panico. In quei
momenti, credetemi, non si è
capito più niente. Si sono persi
venti minuti in quei momenti
drammatici - racconta D'Angelo
- perché non si trovavano le
chiavi di un cancello dal quale
doveva passare l' ambulanza" Per
l' Avellino, invece, gli
incidenti sono iniziati quando
un folto gruppo di napoletani,
armato di spranghe e bastoni e
con i volti coperti dai
passamontagna, appena giunto
allo stadio, ha inspiegabilmente
cominciato un fitto lancio di
bottiglie di vetro verso gli
addetti alla controlleria e alle
forze dell' ordine".
22 settembre
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Vesuviolive.it
Il giovane, fermato
nella notte a Napoli, è stato
identificato grazie alle
immagini tv degli scontri sul
campo del Partenio.
Avellino, arrestato
21enne per incidenti allo stadio
Reclamo del club irpino,
il giudice sportivo si riserva
la decisione.
AVELLINO - Ci sarebbe un
primo responsabile per gli
incidenti avvenuti prima del
derby Avellino-Napoli "saltato"
sabato scorso che hanno portato
alla morte del giovane Sergio
Ercolano. La polizia ha
arrestato nella notte un 21enne,
incensurato, che farebbe parte
del gruppo di tifosi che hanno
invaso il terreno di gioco dello
stadio Partenio, aggredito le
forze dell'ordine e provocato
danni alle strutture.
Incensurato, di Casavatore, il
giovane indagato si chiama Ciro
M. e lavora come marittimo.
Secondo le prime indicazioni, il
ventunenne non apparterebbe a
nessun gruppo del tifo
organizzato ed è stato
identificato grazie alle
immagini televisive di emittenti
locali che lo ritraggono mentre
lancia oggetti contro le forze
dell'ordine. Le Questure di
Avellino e di Napoli, coordinate
dalla magistratura irpina,
stanno lavorando da sabato sera
per risalire ai responsabili
degli incidenti di sabato: la
polizia del capoluogo campano ha
già identificato centinaia di
tifosi, soprattutto quelli che
si muovevano con i mezzi
pubblici per rientrare a Napoli,
e di ciascuno sta valutando la
posizione. Gli uomini della
Squadra Mobile hanno interrogato
come testimone l'allenatore del
Napoli, Andrea Agostinelli, per
avere notizie sul presunto
invito minaccioso che un
esponente della tifoseria
organizzata avrebbe rivolto alla
squadra del Napoli affinché non
giocasse dopo l'incidente nel
quale è rimasto ucciso Ercolano.
Nel pomeriggio è stato sentito
anche il capitano del Napoli
Dario Marcolin su questo
specifico aspetto. Quanto al
reclamo avanzato dal club
calcistico irpino, il giudice
sportivo si è riservato
qualsiasi decisione. Alla gara
Avellino-Napoli, rinviata a data
da destinarsi, Maurizio Laudi ha
dedicato una delibera di tre
righe: "Il giudice sportivo,
ricevuto tempestivo e rituale
preannuncio di reclamo da parte
della società Avellino (ex
art.24 comma 5 lettera b CGS),
per questi motivi riserva la
decisione sul punto all'esito
del deposito dei motivi del
reclamo".
22 settembre 2003
Fonte: Repubblica.it
© Fotografia:
Corrieredelmezzogiorno.corriere.it
L' ultima battaglia di
Sergio in coma per una partita
di Patrizia Capua
AVELLINO - A fine
giornata Giuseppe Galasso,
primario della Rianimazione
dell’ospedale Moscati, conferma
la drammatica verità. La vita di
Sergio Ercolano, 19 anni, tifoso
del Napoli, un diploma di
ragioniere e un sogno, andare a
lavorare a Londra, è appesa a un
sottilissimo filo. Emorragia
cerebrale, non trattabile
chirurgicamente, sospette
lesioni interne all' addome,
frattura del bacino e una
lesione molto grave del polmone
sinistro. Carmela, la mamma, non
si è arresa. Inebetita dal
dolore, quella donna minuta e
disperata, ha battuto i pugni
sulla porta chiusa del reparto.
Ha parlato a distanza con il suo
ragazzo sfortunato, attaccato
alla macchina che lo tiene in
vita, forse ormai in coma
irreversibile. Lo ha implorato:
"Reagisci, ti voglio riportare a
casa". A San Giorgio a Cremano,
dove abita la famiglia, gli
amici ultrà raccontano la loro
versione: "c'é stata una carica
della polizia - dice Lorenzo,
detto il magrolino, 12 anni e
già conosciuto nel mondo della
tifoseria azzurra. Sergio ha
cercato di scappare, è finito su
una tettoia di plexiglas che si
è sfondata e lo ha fatto
precipitare per almeno 20 metri.
In quella confusione non abbiamo
capito più niente: lacrimogeni,
bombe carta, petardi e botte,
tante botte". In serata, il
legale della famiglia denuncia:
c'é stata omissione e ritardo
nei soccorsi. Nelle indagini di
due questure, Napoli e Avellino,
intanto, emerge una certezza: la
premeditazione. Il tragico
incidente che ha ridotto un
giovane in fin di vita è solo
l’occasione per far esplodere il
caos, per scatenare quel
manipolo di "black bloc" del
Partenio. Finora 145 i tifosi
identificati, questa mattina
alle 8 scadono le 36 ore per
l’arresto in flagranza. Sono i
passeggeri di tre bus, età media
20 anni, senza precedenti
penali, iscritti a diversi club
tra Napoli e Caserta. Si
confrontano i loro volti con
quelli che compaiono nei filmati
sugli scontri. C'è anche un
testimone dell’incidente che ha
ridotto in fin di vita Sergio
Ercolano.
22 settembre 2003
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Ultra-style.weebly.it
Calcio, si è spento
Sergio Ercolano, il tifoso
caduto sabato allo stadio
Partenio. Le sue condizioni
erano gravissime.
Muore il ragazzo ferito
ad Avellino
La madre: "Non si può
morire a 20 anni per una partita
di calcio".
NAPOLI - È morto
nell'ospedale Moscati di
Avellino Sergio Ercolano, il
giovane rimasto ferito
gravemente sabato sera allo
stadio Partenio. Il decesso,
secondo il bollettino medico, è
dovuto ad arresto
cardiocircolatorio. Il giovane
aveva subito gravissime ferite
in più parti del corpo nella
caduta di venti metri da una
tettoia di plexiglass nello
stadio. Nella caduta aveva
riportato un forte trauma
cranico e lesioni agli organi
interni. "Non si può morire
così, non si può morire per una
partita di calcio" continua a
ripetere Carmela, la madre del
ventenne di San Giorgio a
Cremano. La donna piange senza
più lacrime, emettendo un
lamento e continua a pronunciare
il nome del figlio deceduto nel
reparto di rianimazione
dell'ospedale Moscati di
Avellino. La madre è sorretta da
due donne, due parenti che fino
all'ultimo sono state con lei a
pregare nella cappella
dell'ospedale, fino a quando non
è arrivata la notizia che ha
tolto ogni speranza. Le urla e i
pianti si sono levate strazianti
davanti al pronto soccorso, dove
stazionano da sabato sera una
cinquantina di persone, per lo
più di ragazzi, amici e coetanei
di Sergio. Non c'è rabbia, non
ci sono sciarpe o
rivendicazioni, solo una grande
amarezza, un grande dolore che
li unisce: "Non si può morire a
venti anni per una partita di
calcio". "Sergio era un ragazzo
per bene, un ragazzo che
lavorava e che non ha mai
aderito a gruppi di ultrà" -
dice il legale della famiglia
Maurizio Capozzo - "era venuto
allo stadio Partenio con due
amici a bordo di un'auto privata
e ha cercato solo scampo dalla
ressa, solo una via di fuga".
Intorno alle 15.30 c'era stata
la prima grave crisi per Sergio.
Il primario del reparto di
rianimazione, Pino Galasso, ha
tentato una estrema manovra
rianimativa. Il ragazzo sembrava
che rispondesse e invece pochi
minuti dopo, intorno alle 15.45,
è morto. Sergio, raccontano i
suoi amici, era arrivato allo
stadio sabato sera senza
biglietto. "Li avevano comprati
dai bagarini, biglietti di curva
Nord" spiega uno di loro "e su
avevano il timbro con la scritta
Tribuna Terminio. Sergio non
andava mai in trasferta, non era
un violento e ora qualcuno dovrà
pagare per quanto è successo".
La salma è ora a disposizione
dell'autorità giudiziaria, che
ne ha disposto l'autopsia. In
mattinata a rendere visita al
tifoso ferito si era recato
anche il presidente della
Regione Campania Antonio
Bassolino.
22 settembre 2003
Fonte: Repubblica.it
© Fotografia:
Napoli.repubblica.it
Derby, assalto
premeditato
di Irene De Arcangelis
La premeditazione, i
Napoli club, la parola d'ordine: "Guai a voi se giocate
quella partita". Il derby
Napoli-Avellino alla fine è solo
una partita annullata. Quello
che c'é dietro è un gioco
perverso di violenza sportiva. È
la raccapricciante certezza che
il tragico incidente che riduce
un giovane in fin di vita è solo
l’occasione per far esplodere il
caos. Se Sergio Ercolano non
fosse caduto nello scavalcare un
muretto, il manipolo di belve
armate di spranghe avrebbe
scelto un altro momento per far
scoppiare lo stadio Partenio di
Avellino. Tanto emerge dalle
indagini della polizia (indaga
la procura di Avellino, pm
Vincenzo Senatore, due Questure
impegnate in perfetta intesa,
Napoli e Avellino, riunioni dei
vertici fin da ieri mattina per
mettere insieme i pezzi del
mosaico di sport e violenza).
Questa mattina alle ore 8
scadono le trentasei ore per
l’arresto in flagranza. Ma già
chiarito il retroscena. Per ora
145 tifosi identificati, i
passeggeri di tre autobus: età
media vent' anni, incensurati,
residenti tra le provincie di
Napoli e Caserta. Iscritti (sono
gruppi di 15-20 persone) a
diversi Napoli club. Si
confrontano in queste ore i loro
volti con quelli che compaiono
nei filmati degli scontri.
Alcuni fermi sono stati eseguiti
nella notte. Su un giovane della
zona vesuviana indizi più
consistenti. L' incidente di
Sergio Ercolano è stato
ricostruito da un tifoso
testimone oculare. Il film di
quanto accaduto: scoppiano i
tafferugli all' esterno dello
stadio perché mancano i
biglietti. Sergio Ercolano è tra
coloro che, pur di entrare,
scavalcano un muro oltre il
quale c'é una pedana di
plexiglass. Il peso sfonda la
lastra, il ragazzo cade. Il caos
dei soccorsi che segue è
contemporaneo all' invasione di
campo. Ma anche ad alcuni eventi
solo apparentemente trascurabili
che non figurano nei filmati
degli scontri, ma che a
investigatori maestri
dell’ordine pubblico paiono
chiarissimi. Tutto quello che è
accaduto alle ore 20.25 di
sabato era premeditato. Peggio:
sapevano quello che stava per
succedere la maggior parte dei
tifosi del Napoli, anche quelli
ufficialmente estranei agli
scontri. Un assalto premeditato.
Tre i pilastri che sostengono
l’ipotesi. Punto primo: le armi.
Spranghe, mazze, bulloni e
catene. Passamontagna. Tutto
organizzato per fare male. Punto
secondo: in curva Nord gli
striscioni con le sigle dei club
vengono "girati", nascosti, poco
prima dell’assalto al campo.
Tutti sapevano ? La voce
dell’imminente attacco aveva
attraversato lo stadio come un
avvertimento ? E perché ? Per
offrire a tutti la possibilità
di partecipare al raid ? Punto
terzo: la rapidità dell’attacco,
organizzato, coordinato,
fulmineo. Che punta prima di
tutto alla porta. Sradicate la
rete e le bandierine del calcio
d'angolo. Obiettivo: impedire
la partita, comunque, a causa
dei danni. Le botte e i feriti
sono venuti dopo. Infine una
osservazione che deriva dall'
esperienza delle forze
dell’ordine: se un tifoso si fa
male o si sente male, il
pubblico si prodiga per aiutare
i soccorsi. Sabato al Partenio è
successo esattamente il
contrario. Non far giocare.
Perché, si chiedono gli
investigatori ? Che poi
capovolgono la domanda: il
Napoli restituisce all' Avellino
4.500 dei seimila biglietti a
disposizione. Scarsa affluenza
di tifosi azzurri. Invece
arrivano in cinquemila. Cosa è
successo ? Ultima coincidenza
nei tempi calcolati al secondo:
una telefonata al Calcio Napoli.
"Guai a voi se giocate". Altro
elemento di indagine per la
polizia, anche se la società
nega di aver ricevuto minacce.
Sempre in gruppo.
Accordi nei bus. Bulloni e
bastoni, donne con i razzi - Le
belve del tifo napoletano si
muovono in gruppi, che di volta
in volta si alleano con altre
bande di "cani sciolti". I
teppisti appartengono a piccoli
club che si incontrano durante
le trasferte. Le alleanze a
bordo dei bus. Le loro armi:
spranghe di ferro lunghe dalla
vita al ginocchio nascoste nei
pantaloni, bulloni e fionde. Le
donne del gruppo nascondono
razzi e molotov nella
biancheria. Non rischiano la
perquisizione.
22 settembre 2003
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Orticalab.it
Le indagini sugli ultrà
che hanno provocato gli scontri
ad Avellino
È morto il giovane
tifoso caduto dalla tettoia
di Enzo La Penna
In carcere un ragazzo
accusato dalle foto e dalle
immagini della tv.
Gli amici della vittima:
"Sergio non fa parte di nessun
gruppo. Quando ha visto gli
altri scatenarsi voleva soltanto
fuggire dalla calca". La polizia
cerca verifiche contro un capo
dei sostenitori azzurri: avrebbe
minacciato ritorsioni se i
giocatori del Napoli fossero
scesi in campo.
NAPOLI - Sergio Ercolano
non ce I’ ha fatta: il 20enne
tifoso del Napoli, caduto sabato
sera da una tettoia in plexiglas
dello stadio Partenio, è morto
ieri all'ospedale Moscati di
Avellino. Sergio è stato la
vittima di una serata di follia,
quando prima del derby tra
Avellino e Napoli, un centinaio
di ultrà napoletani si sono
abbandonati a scene di violenza
selvaggia, avventandosi contro
poliziotti e carabinieri
costretti a battere in ritirata.
Per gli incidenti ieri è finito
in carcere un ragazzo di 21 anni
inchiodato dalle fotografie e
dalla riprese tv. La polizia lo
ha identificato aldilà di ogni
ragionevole dubbio: prima che la
sua immagine comparisse nelle
sequenze all'interno dello
stadio, dove si nota Ciro che si
avventa contro i poliziotti
brandendo un cinturone con una
pesante fibbia in metallo, il
giovane era stato già
identificato dalle forze
dell'ordine per aver preso parte
a tafferugli fuori dall'impianto
sportivo. È incensurato, fa il
marittimo, ed è un grande tifoso
del Napoli. Gli investigatori
contano, sulla base della
notevole documentazione di
immagini, di identificare presto
gli altri responsabili delle
violenze, per i quali molto
probabilmente scatterà una
denuncia in stato di libertà. Le
indagini sono concentrate sulle
frange più estreme del tifo, e
soprattutto su nuove
aggregazioni di giovanissimi per
i quali ogni pretesto è buono
per scatenare la guerriglia.
Mentre l'inchiesta entrava nella
sua fase decisiva, nella sala di
rianimazione si consumava
l'agonia di Sergio Ercolano.
Poco prima del decesso era
giunto un telegramma firmato da
due ex campioni del Napoli,
Diego Maradona e Salvatore
Bagni: "Caro Sergio, ti vogliamo
ancora allo stadio ad incitare
il Napoli". Le condizioni del
giovane erano apparse subito
disperate, tanto che i medici
avevano giudicato inoperabile
l'ematoma che si era formato
alla testa in seguito all'
emorragia cerebrale. "Sergio
voleva solo fuggire, non fa
parte dei gruppi di ultrà,
cercava di mettersi al sicuro",
raccontano gli amici di San
Giorgio a Cremano. Gruppi di
tifosi napoletani, radunati
davanti all' ospedale di
Avellino, hanno imprecato contro
giornalisti e fotoreporter. Ma
la famiglia, attraverso il loro
legale, avvocato Maurizio
Capozzo, respinge con fermezza
il tentativo degli ultrà di
appropriarsi della memoria di
Sergio. "La tragedia di Sergio -
spiega il penalista non deve
essere in alcun modo accomunata
alla guerriglia scatenata sabato
sera. Sergio, è rimasto vittima
degli incidenti, fino a perdere
la vita". Domani, dopo
l'autopsia eseguita al Moscati,
si svolgeranno i funerali in una
parrocchia del Comune di San
Giorgio. Gli investigatori
intendono chiarire la fondatezza
delle voci secondo le quali il
capo della tifoseria azzurra
sabato sera, dopo il ferimento
di Sergio, avrebbe minacciato di
ritorsioni la squadra del Napoli
se i giocatori avessero osato
scendere in campo. Per questo la
squadra mobile ha interrogato in
qualità di testimoni
l'allenatore Andrea Agostinelli,
il capitano Dario Marcolin e due
dirigenti della società. Tutti
hanno negato la circostanza.
Mentre l'ex difensore del Napoli
Francesco Baldini, aggredito in
passato dai teppisti del tifo,
denuncia l'esistenza di "150
delinquenti che comandano su
tutti, e le frange più cattive
sono conosciutissime alla
questura e alla società". Le
amministrazioni comunali di
Napoli e di Avellino hanno
annunciato l'intenzione di
costituirsi parte civile contro
i responsabili degli incidenti.
"I napoletani non possono essere
identificati con quei cento
mascalzoni che hanno compiuto
atti teppistici di una violenza
inaudita", ha affermato il
sindaco Rosa Russo lervolino. E
il presidente della Regione
Antonio Bassolino invita a
indagare sui "professionisti dei
disordini". "Mi domando - ha
detto - se per caso qualche
faccia vista sabato non sia la
stessa che si ritrova in altri
episodi simili dalle nostre
parti".
23 settembre 2003
Fonte: La Stampa
Sergio, morto a vent'anni per una partita di calcio
di Patrizia Capua
NAPOLI - Allo stadio
c'era andato per la seconda volta
in vita sua. Ma il desiderio di
seguire il suo Napoli è stato
fatale. Sergio Ercolano - il
diciannovenne di San Giorgio a
Cremano vittima di una rovinosa
caduta da 20 metri di altezza,
sabato sera, da una tribuna
dello stadio Partenio - è morto
ieri alle 16,08 nel reparto di
rianimazione dell'ospedale
Moscati di Avellino. Il cuore
non ha retto a una condizione
disperata per via di una
gravissima emorragia cerebrale e
di lesioni all' addome. Una
cinquantina di persone, raccolte
notte e giorno nel cortile del
nosocomio, lo ha pianto con
rabbia e disperazione. "Non si
può morire a venti anni per una
partita di calcio" ha detto sua
madre Carmela, prima di
accasciarsi mezzo svenuta nella
sala d'attesa. "L' indagine
adesso cambia, si tratta di
omicidio colposo" ha detto il
giudice Vincenzo Senatore, uno
dei tre pm incaricati dal
procuratore di Avellino,
Aristide Romano. La famiglia è
parte lesa nel procedimento. I
Comuni di Avellino e Napoli si
costituiranno parte civile
contro i responsabili degli
incidenti. I funerali di Sergio
Ercolano si terranno domani a
San Giorgio a Cremano. La salma
arriverà questa sera dopo
l’autopsia eseguita dal medico
legale Mario Piciocchi. Sarà la
Regione Campania a sostenere le
spese. L' amministrazione
comunale di San Giorgio ha dato
piena disponibilità ad aiutare
la famiglia: "Sergio è stato
vittima di una follia
collettiva", dice il sindaco
Ferdinando Riccardi. Ci sarà una
folta rappresentanza di
sostenitori del Napoli e tra
domani e domenica all' interno
degli stadi saranno esposti
striscioni in memoria di Sergio.
Tra i ricordi resterà anche il
telegramma di Diego Maradona e
Salvatore Bagni: "Caro Sergio,
ti vogliamo ancora allo stadio
ad incitare il Napoli. Tu sei la
nostra squadra". Per quel derby
era riuscito a strappare il
permesso al padre Maurizio, che
gestisce un laboratorio ottico
dove Sergio aveva cominciato a
lavorare dopo il diploma da
ragioniere. Quello che è
accaduto dopo, in quella
maledetta sera in cui un ragazzo
si è giocato la vita allo
stadio, è ricostruzione
dell’avvocato di famiglia,
Maurizio Capozzo. "Dobbiamo
tenere assolutamente separate -
premette il legale - la tragedia
con la guerriglia scatenata
sabato sera allo stadio di
Avellino. Sergio è stato vittima
di quegli incidenti fino a
perdere la vita". "E'
assolutamente falso che volesse
entrare senza pagare - sostiene.
Ha comprato il biglietto dai
bagarini nei pressi del
Partenio, per 30 euro. L'
abbiamo consegnato noi all'
autorità giudiziaria". Sergio
era partito da San Giorgio in
auto con tre amici, non aveva
alcun contatto con il tifo
organizzato, non era iscritto a
nessun club. È andata davvero
così ? Uno sportivo che andava a
vedere la partita per amore del
calcio. Sergio aveva il
biglietto - continua l’avvocato
- ma impaurito per gli incidenti
scoppiati davanti all' ingresso
della Curva Nord, si è messo a
scappare e invece di usare la
lastra di plexiglass come
scivolo, ci è saltato sopra e la
lastra ha ceduto facendolo
precipitare. "Correva, lui
correva come gli altri perché
voleva mettersi al sicuro,
Sergio voleva solo fuggire" lo
difendono gli amici del popolare
rione Tufarelli a San Giorgio a
Cremano, la città di Massimo
Troisi. Vittima o lui stesso
protagonista della violenza ? La
sua morte lascia il dubbio.
Zdenek Zeman, allenatore
dell’Avellino, in una durissima
intervista al "Mattino" dubbi
non ne ha: "Ci sono accessi
regolari per entrare in campo:
porte, scalini. Andate a vedere
dove è successo e capirete che
lassù non si finisce per caso".
Ho letto - ha proseguito Zeman -
che il tutto è successo in
seguito alla caduta del ragazzo:
è una grossa imprecisione. La
gente è andata allo stadio con
mazze e catene. E il giovane
tifoso è precipitato da un posto
dove una persona normale non va.
È come uno - ha concluso
l’allenatore - che sale in
macchina e va a duecento contro
un muro, sa che può morire". Il
presidente della Regione
Campania, Antonio Bassolino si
era recato in mattinata in
ospedale in visita a Sergio
Ercolano. Indossando il camice
verde, è entrato con il primario
nel reparto di Rianimazione. Più
tardi ha stretto la mano alla
mamma del ragazzo che non ancora
rassegnata al peggio gli ha
chiesto: "Stateci vicini in
questo momento di sofferenza".
Bassolino ha fatto appello ai
migliori specialisti per un
consulto. Ma è mancato il tempo.
23 settembre 2003
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Avellino-calcio.it
Ai funerali di Sergio
gonfalone della sua città
di Patrizia Capua
San Giorgio a Cremano -
Poche divise, videosorveglianza,
volontari della Protezione
civile e della Croce rossa, in
alta uniforme, invece, una
ventina di vigili urbani del
Comune addetti alla viabilità
con auto e motociclette. San
Giorgio a Cremano si prepara ai
funerali di Sergio Ercolano.
Esequie in forma ufficiale, il
sindaco Ferdinando Riccardi in
fascia tricolore, il gonfalone
della città, assessori e
consiglieri anche da Napoli. La
chiesa è quella di Santa Maria
del Principio, al Villaggio
Corsicato, zona residenziale e
commerciale nata una trentina di
anni fa. Padre Andolfi, decano
dei parroci di San Giorgio a
Cremano, celebrerà il rito
funebre fissato per le 17, dopo
l’autopsia che deve essere
eseguita stamattina. Cerimonia
funebre aperta al pubblico e
tumulazione in forma privata
all' Ipogeo di Poggioreale, ogni
spesa a carico della Regione
Campania. Compresa la nicchia
cimiteriale per la sepoltura,
che l’amministrazione comunale
di Napoli, su richiesta dei
genitori del giovane al
governatore Bassolino, ha
trovato in tempi brevissimi. Un
trattamento che si riserva a chi
ha fatto una morte eroica. "Non
c'é questa intenzione. Si
tratta di una forma di rispetto
per un giovane che seguiva una
sua passione e che per
responsabilità diverse, ci ha
lasciato la vita" chiarisce il
sindaco Riccardi. Troppa
retorica da parte delle
istituzioni, si è obiettato da
più parti. "C'è di sicuro un
coinvolgimento emotivo, poteva
essere un nostro figlio. In
quella situazione di pericolo
era a repentaglio la sicurezza
di tanti". La linea scelta dal
questore di Napoli, Franco
Malvano è di operare ma con
discrezione. Accanto ai
familiari di Sergio e i
rappresentanti delle
istituzioni, ci saranno i suoi
amici, compagni di tifo
calcistico e delle ultime
vacanze al mare in Calabria, a
manifestare il dolore per quella
morte assurda. Ma potrebbero
arrivare anche gruppi del tifo
organizzato, carichi di rabbia,
gli stessi che hanno stazionato
all' ospedale di Avellino mentre
Sergio Ercolano era in coma,
tutti già identificati dalla
Digos. E che anche ieri
presidiavano minacciosi
l’ingresso dello stabile di via
Tufarelli dove abita la famiglia
del tifoso morto, scacciando in
malo modo i giornalisti. I
genitori stessi hanno chiesto di
allontanarli. I genitori di
Sergio hanno anche dato incarico
all’avvocato Maurizio Capozzo,
di verificare se le
dichiarazioni di Zeman, a
proposito degli incidenti del
Partenio, per la parte che
riguarda il figlio, sono
passibili di querela. Dopodomani
in procura si presenteranno i
tre ragazzi in compagnia dei
quali il tifoso rimasto ucciso
era partito da San Giorgio per
Avellino. Si erano aggregati ad
altri 7 tifosi che avevano
organizzato un pulmino per la
trasferta.
24 settembre 2003
Fonte: La Repubblica
© Fotografia: Wikimedia.org
Lacrime per Sergio in
migliaia al funerale
di Patrizia Capua
San Giorgio a Cremano
(Napoli) - "Il dolore ci
costringe a guardare la terra,
le nostre miserie, le nostre
colpe, l’incapacità di dare ai
giovani un mondo migliore". Dopo
le violenze, il lutto. Nella
chiesa di Santa Maria
dell’Aiuto, il parroco don
Gennaro Andolfi celebra i
funerali di Sergio Ercolano,
morto a 19 anni mentre nello
stadio Partenio di Avellino
infuriava il tifo degli ultras.
Sull' altare il gonfalone della
città. Per l’ultimo saluto al
giovane tifoso si sono raccolte
quasi duemila persone, pigiate
all' interno e anche fuori, sul
sagrato e per la strada. Nel
gruppo degli ultras qualcuno col
viso incerottato. Caldo,
lacrime, tensione: durante
l’orazione funebre due donne
della famiglia cadono svenute.
La bara di Sergio è bianca,
cullata dalle carezze dei
genitori per tutto il tempo
della funzione funebre. La
coprono fiori bianchi, tante
corone, il cuscino di rose
spedito da Fabio Cannavaro, la
maglietta con il 10, firmata da
tutti gli amici più cari, la
sciarpa biancoazzurra del
Napoli. Tifoseria buona e
cattiva. Una folla tenuta sotto
controllo da uno schieramento di
carabinieri e polizia in
borghese e l’aiuto di un sistema
di videosorveglianza, solo
vigili urbani in uniforme e
tanti volontari della Protezione
civile e della Croce rossa
addetti al servizio d'ordine.
Sfileranno in corteo i più
esagitati, finita la cerimonia
tra uno scroscio di applausi, a
braccia levate e con cori da
stadio: "Sergio resterai sempre
uno di noi", "finché vivrò,
amerò sempre Sergio Ercolano".
In chiesa c'é una delegazione
del Calcio Napoli: il presidente
Toto Naldi, l’allenatore Andrea
Agostinelli ("Purché domani non
ci si scordi di tutto"), il
capitano della squadra Dario
Marcolin, e Portanuova, Bonomi,
Tosto. Duro il commento del
sindaco di Avellino, Antonio Di
Nunno sull' unico arresto dopo
la guerriglia del Partenio:
"Patetico". Il governatore della
Campania, Antonio Bassolino è
deciso: "Dobbiamo porre riparo.
In Inghilterra dove hanno gli
hooligans ci sono riusciti. Non
è giusto che una città, la
squadra debbano pagare per un
gruppo ristretto di tifosi
delinquenti. Bisogna
individuarli". Il sacerdote che
celebra i funerali guarda la
madre di Sergio abbracciata alla
bara del figlio e ammonisce:
"Ricordatevi le lacrime di
questa donna".
25 settembre 2003
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Positanonews.it
In chiesa silenzio,
fuori è rabbia ultrà
Ai funerali di Sergio:
"Noi seguiremo la squadra
ovunque"
di Fulvio Milone
S.GIORGIO A CREMANO
(Napoli) - "Alé Sergio, Alé
Alé"; "Veronesi bastardi";
"Polizia di m...". Il corteo
scandisce con rabbia gli slogan
con le braccia in alto. I
ragazzi con le sciarpe azzurre
al collo sfilano davanti alla
chiesa da cui la gente sta
uscendo in silenzio. La bara di
Sergio Ercolano è già partita
sul furgone nero diretto al
cimitero. Fra le navate il rito
funebre si è celebrato con
dolorosa compostezza. Ma è in
strada che il veleno del tifo
ultrà continua a scorrere, uno
stillicidio che neanche la morte
del ragazzo di 20 anni
precipitato sabato nel fossato
del Partenio di Avellino può
arrestare. "Dovunque il Napoli
giocherà, anche se a porte
chiuse, noi ci saremo". E
ancora: "O lo stadio o il
carcere. Niente ci spaventa, per
la nostra squadra siamo pronti a
tutto". Cosa sono, se non
avvelenati, quei cori gridati
dai gruppi rimasti fuori dalla
chiesa ? Sergio era un ragazzo
pulito, lo dice anche la
polizia. Eppure, in strada, gli
hooligans del San Paolo tentano
di impossessarsi del nome di
questo morto innocente,
pronunciandolo nei loro canti di
guerra. C'è chi agita la felpa
con su scritto "Odio Verona", e
chi non rinuncia a insultare la
polizia. I familiari di Sergio,
schiantati dal dolore, avevano
implorato da giorni di non
trasformare questi funerali in
una sceneggiata dai contorni
troppo violenti, ma non sono
stati ascoltati. Al contrario,
sul sagrato qualcuno ha
depositato cuscini di fiori
inviati dai gruppi ultrà più
sfrenati: "Masseria Cardone",
"Mastiffs", "Vecchi Lyons",
"Fedayn". Rabbia e veleno fanno
da contrasto stridente con
quanto è accaduto poco prima
nella grande chiesa gremita da
oltre mille persone. Davanti
alla bara, Carmela Ercolano,
madre di Sergio, scuoteva il
capo senza sosta. Dalle labbra
usciva un lamento continuo,
straziante. Una zia, sfiancata
dal dolore e dalla mancanza
d'aria, è svenuta. La tragedia
dei funerali di un ragazzo di 20
anni, però, si è consumata in un
rispettoso silenzio. Gli amici
del ragazzo, volti giovani e
puliti, non hanno trattenuto le
lacrime, ma non si sono mai
abbandonati a scene di
disperazione. Il padre,
Maurizio, che ha seguito fino a
qui il feretro proveniente da
Avellino, dove in mattinata è
stata eseguita l'autopsia, è
stato grato per quel silenzio.
"Si è gridato troppo", ha
mormorato dopo aver ricordato
l'ultima volta che ha visto il
figlio: sabato pomeriggio,
quando Sergio lo ha salutato e
si è chiuso alle spalle la porta
di casa che non avrebbe mai più
aperto. "Non c'entrava con gli
incidenti e con chi li ha
provocati", dice. La memoria di
quel ragazzo per bene, che si
avviava a rilevare il negozio di
ottica del padre, e che sognava
un giorno di andare a vivere
negli Stati Uniti, gli preme
forse più del desiderio che sia
fatta giustizia su quanto è
accaduto al Partenio. E ha
raccontato, il padre, che prima
che la bara fosse chiusa ha
voluto mettere fra le mani del
figlio un bouquet di fiori
bianchi inviato dagli amici più
cari e un rosario con l'immagine
di Padre Pio: "Me l'ha chiesto
la madre, perché non vuole che
Sergio si senta solo".
Dall'altare, il parroco don
Gennaro Andolfi ha lanciato un
monito ai ragazzi assiepati fra
le navate: "Ricordatevi delle
lacrime di questa madre". Poi,
durante l'omelia, ha avvertito
che "lo sport, il calcio e gli
svaghi non devono sostituirsi ai
veri valori della vita". E ha
aggiunto: "Oggi si vive solo una
squallida vita tutta al
presente, senza passato né
futuro". Non lontano dalla bara,
il presidente del Napoli
Salvatore Naldi e l'allenatore
Andrea Agostinelli hanno
ascoltato a capo chino le parole
del sacerdote. Il governatore
della Campania, Antonio
Bassolino, ha mormorato con la
voce spezzata dall' emozione:
"Non c'è niente, tanto meno una
partita di calcio, che valga la
vita di un ragazzo dì
vent'anni".
25 settembre 2003
Fonte: La Stampa
Un addio tra maglie e
fumetti "morte da non
dimenticare"
di Patrizia Capua
San Giorgio a Cremano -
La sua maglietta di Lupin, il
fumetto giapponese, è appoggiata
sulla bara, bianca come i
cuscini di fiori che le fanno
corona. C'è posto anche per la
maglia rossa numero dieci,
tazebao di firme di tutti gli
amici, la sciarpa biancoazzurra
del Napoli, un pallone. Il
calcio, passione e morte di
Sergio Ercolano, entra con
prepotenza nella chiesa di Santa
Maria dell’Aiuto, dove si
assiepano oltre 1000 persone,
due dei familiari svengono per
la tensione e il caldo, e tante
altre rimaste fuori, in questo
triste pomeriggio di settembre.
Fa da sfondo all' ultimo addio
al ragazzo di 19 anni che per un
tragico incidente ha perso la
vita allo stadio Partenio. Il
calcio buono e quello cattivo,
mescolato alla folla che piange
per lui. È nelle corone mandate
dai gruppi organizzati del tifo
partenopeo, Mastiffs, Fedayn.
Negli applausi dei tifosi della
curva quando il feretro entra in
chiesa. Nel cuscino di rose
inviato da Fabio Cannavaro, il
suo idolo, a cui papà Maurizio,
per far piacere al figlio, aveva
chiesto di fare da testimonial
agli occhiali da lui prodotti.
Il calcio è nei cori esagitati
del corteo di adolescenti con il
viso indurito dalla rabbia che
sfila in corteo al termine della
funzione, ora che la bara di
Sergio è già partita con il suo
carico di dolore per il viaggio
verso il cimitero di
Poggioreale. C'è il Calcio
Napoli ai funerali. Il
presidente, Toto Naldi, nessuna
dichiarazione da fare, i
dirigenti De Leva e Iuliano, il
tecnico Andrea Agostinelli,
occhiali scuri, che dice: "Le
colpe sono divise tra tutti.
Purché già domani questa morte
non sia già dimenticata", e i
calciatori Mauro Bonomi, Dario
Marcolin, capitano della squadra
e Vittorio Tosto. Dura la
dichiarazione di Antonio Di
Nunno, sindaco di Avellino:
"Allo stadio vige il diritto, il
cosiddetto "diritto del
sagrato", tutto è consentito". E
alle spalle un’indagine che ha
portato ad un arresto, ma con
relativa scarcerazione.
"Patetico" risponde il sindaco
irpino. Il governatore Antonio
Bassolino è accolto sul sagrato
dai tanti cittadini impauriti
dalla violenza che chiedono
difesa, "fate qualcosa".
"Bisogna individuare questi
delinquenti e punirli. In
Inghilterra sono riusciti a
neutralizzare gli hooligans,
dobbiamo farlo anche qui.
Intanto è morto un ragazzo di 20
anni e non c'é nulla che possa
valere un centesimo della sua
vita. Non sarei stato in pace
con me stesso se non fossi
venuto qua. E sono sempre con i
cittadini onesti e chiedo che si
agisca contro quelli che non lo
sono". Nello strazio della madre
e nel dolore di un’altra madre,
quella di un amico di Sergio che
con lui divideva la passione
sportiva. "Penso con angoscia
che noi non conosciamo i nostri
figli. Che ne sappiamo di quello
che fanno quando sono fuori di
casa ? - si sfoga la donna. E se
allo stadio fossero come quelli
che impugnano mazze di ferro con
viso coperto dal passamontagna ?
Spero che non sia il caso
nostro, ma il dubbio, da oggi,
mi sfiora e mi fa male". E il
dolore si abbatte sul
papà di
Sergio che sviene alla fine
della cerimonia. Nelle parole di
don Gennaro Andolfi che lo ha
visto crescere nella sua
parrocchia. "Il presente sembra
aver trasformato in valori,
quelle realtà che sono surrogati
di una vita squallida, tutta
proiettata al momento presente
da vivere senza un passato e
senza un futuro" dice il decano
dei parroci di San Giorgio,
nella sua omelia rivolta ai
giovani. "Un momento che tante
volte si paga con il prezzo
della vita. E non ci si rende
conto che la vita è un dono così
grande che bisogna curare,
difendere e amare in sé stessi e
negli altri". Ai giovani, don
Gennaro, emozionato, rivolge la
sua preghiera: "Amate la vita
che possedete e ricordatevi
delle lacrime di questa madre".
Quando tutti ormai hanno
lasciato la chiesa, lui resta,
all' ultimo banco, e continua a
scuotere la testa chiuso nell'
incubo dei suoi ricordi.
Riccioli neri, maglietta rosa,
occhi pieni di lacrime.
Alessandro, l’amico del
calcetto, con Sergio sabato sera
è partito per Avellino. Come è
andata, Alessandro, quella sera
? "E’ successo tutto così in
fretta. Si scappava e basta. Non
si è capito niente". Chi era
Sergio, Alessandro ? "Il
migliore di noi".
25 settembre 2003
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Corriere.it
E sotto la curva B
fiaccolata per Sergio
E Ieri sera, quasi in
coincidenza con il calcio d'inizio della partita di
Campobasso, alcune decine di
tifosi hanno ricordato con una
fiaccolata sotto la curva B del
San Paolo Sergio Ercolano, il
tifoso di 19 anni morto per le
gravi ferite riportate nella
caduta allo stadio Partenio di
Avellino, prima del derby. Una
gigantografia del tifoso, un
"corredo" di candele e tanti
applausi. I protagonisti della
fiaccolata non hanno nemmeno
voluto ascoltare la radiocronaca
di Napoli - Ascoli perché -
hanno ricordato - "questa serata
è solo per Sergio e per la
riflessione sul momento che
stiamo vivendo, il calcio non c'
entra".
28 settembre 2003
Fonte: La Repubblica
E lo stadio è per Sergio
di Maurizio Nicita
In tribuna anche papà
Ercolano: Un’emozione "Sono qui
per lanciare un messaggio chiaro
contro ogni forma di violenza".
NAPOLI - Nel calderone
dello stadio San Paolo, per 67
giorni chiuso al Napoli, c'é
spazio per tutto in una strana
serata autunnale. C'è
soprattutto la memoria per
Sergio Ercolano, il ragazzo di
19 anni morto il 22 settembre
scorso a seguito delle gravi
ferite riportate nella caduta al
Partenio di Avellino, quella
tragica notte del 20 settembre.
Una foto gigante del ragazzo
(regalata tempo fa ai tifosi
dalla mamma Carmela) campeggia
sulla pista, sotto la curva,
accanto a uno striscione in
inglese "Forever together" (per
sempre insieme, n.d.r.). Davanti
una grande scritta composta da
tanti lumini accesi: "Vive". In
tribuna c'é il papà di Sergio,
Maurizio, accompagnato dal
legale Maurizio Capozzo e da
altri familiari. Entra sugli
spalti quando la partita è
appena cominciata e non si
accorge, all' inizio, di quel
ricordo del figlio e di altri
striscioni a lui dedicati. "Sì,
perché rientrare al San Paolo
dopo oltre 12 anni mi ha fatto
un effetto particolare - ci
confida Maurizio Ercolano -
difficile da spiegare a parole.
Tante emozioni anche
contrastanti, comunque forti.
Sinceramente non so cosa dire. O
almeno una cosa sì, il motivo
per cui sono qui: lanciare un
messaggio chiaro, contro ogni
forma di violenza". Di più non
dice Ercolano, ma proprio
prendendo spunto dal suo appello
chiaro e forte (già dopo gli
scontri di Tempio Pausania aveva
esortato gli ultrà a non esporre
striscioni col nome del figlio,
se intendevano continuare sulla
strada dell’intolleranza), c'é
da pensare che in quell'
intreccio di sensazioni ce ne
siano alcune non proprio
positive per una serie di
striscioni violenti e offensivi
esposti con destinatari di varia
umanità. Già, perché al San
Paolo c'é spazio, e tanto, per
insulti e minacce di ogni
specie. Compresi i soliti,
sconcertanti, cori contro i
carabinieri. Così, tanto per non
farsi mancare niente, dopo 35'
di gioco c'é anche un ragazzo
che scavalca dal settore
distinti per un’invasione di
campo tutto sommato abbastanza
innocua: il tempo di abbracciare
il mediano Bernini e poi il
protagonista della bravata se ne
va. Per fortuna c'é anche il
calcio giocato. E la passione
riesce a trascinare la gente di
Napoli, quella che ancora sogna
una squadra capace di scalare le
posizioni e arrivare in serie A.
E il bello del calcio sta
proprio nell' imprevedibilità.
Perché neanche i più incalliti
ottimisti potevano prevedere un
gol dopo soli 7 minuti di Max
Vieri. A quel punto il boato del
San Paolo ha riecheggiato per
tutta Fuorigrotta, come ai bei
tempi. E poco importa se la
curva B si era imposta 10 minuti
di silenzio "contro il sistema
calcio". A quel paese la
protesta: arriva un gol
importante ed è giusto gioire,
rumorosamente. E quando poco più
di un’ora dopo lo stesso
centravanti raddoppia l’urlo
sale ancora più forte e il
popolo azzurro inneggia a Vieri.
Ma la dimensione di cosa potrà
diventare, una volta in più,
questo stadio per il Napoli, la
si ha quando Borgobello va a
battere il rigore del 2-1. I
fischi dei 25 mila e passa
spettatori rischiano di spaccare
i timpani. Poi la spinta finale,
nel momento della sofferenza dei
ragazzi di Gigi Simoni, per
spingerli alla prima vittoria
casalinga. Chi rimarrà con i
rimpianti è Andrea Agostinelli,
che questo ritorno al San Paolo
lo aveva agognato, ma che è
stato esonerato per pareggite
acuta. Curata dal suo successore
che ha perso la prima e vinta la
seconda. E a Fuorigrotta si
ritorna a far festa. Meglio
ricordare questo. ma. ni.
21 novembre 2003
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
© Fotografia: Napolike.it
"Cinque mesi senza il
mio Sergio"
di Maurizio Nicita
Il dolore di papà
Ercolano: "Non accuso nessuno,
ma non deve accadere più.
Servono leggi dure" Vorrei tanto
incontrare un ministro, uno di
quelli che hanno potere. Vorrei
costituire una fondazione
benefica a nome di Sergio.
S. GIORGIO A CREMANO
(Na) - Il viso tirato dalla
tensione, lo sguardo immerso in
altri pensieri diventano di
colpo un sorriso disteso quando
squilla il telefono: "Peppe,
amore mio, che c'è ? Sì, papà
torna a casa e ti porta l’ovetto
Kinder. Un bacio, arrivo
presto". Poi spiega: "Da quando
è morto Sergio, in quella
tremenda notte ad Avellino, la
vita della mia famiglia è stata
stravolta. Per trovare la forza
per andare avanti, io e mia
moglie Melina dedichiamo tutto
agli altri nostri figli.
Roberta, 22 anni, lavora qui nel
laboratorio ottico di famiglia.
Ma il problema è Peppe, che a
soli tre anni ogni giorno ci
chiede del fratello Sergio cui
era legatissimo. Gli spiego che
non tornerà più, perché è stato
chiamato da Gesù. E lui pronto:
"Allora Sergio è un angioletto
!". La foto di famiglia
"scattata" da Maurizio Ercolano,
42 anni, papà del ragazzo che
durante le violenze al Partenio
lo scorso 20 settembre precipitò
da oltre dieci metri e morì
successivamente per le gravi
ferite riportate, è al tempo
stesso dolce e drammatica. Sono
passati quasi 5 mesi, ma a San
Giorgio a Cremano, in quella
casa, il tempo si è fermato. E
diventa maledettamente
complicato andare avanti. Sulla
scrivania del laboratorio emerge
una grande foto di Sergio, alla
parete sono state appiccicate
delle foto di famiglia, nella
stanza a fianco il diploma di
Ragioneria del ragazzo è
incorniciato e appeso. Papà
Maurizio dalla tasca di
pantaloni tira fuori il
portafoglio: "E' quello che
Sergio portava con sé quella
notte. La patente, la carta d'identità, c'erano pure 180 euro
che sono scomparsi... Ora lo
porto sempre con me". Al suo
fianco c'é il fratello Sergio,
lavorano insieme e lui è stato
un supporto importante nella
vicenda: "Ho cercato di fare da
filtro in quei momenti. Io con
l’avvocato Capozzo ho fatto il
sopralluogo allo stadio. Di come
sono andate le cose in quei
momenti non ho nemmeno parlato
con Maurizio", che ascolta
attonito e per la tensione
spezza un cucchiaino di plastica
martoriato fra le dita dopo
l’ennesimo caffè. Ci guarda
dritto negli occhi per affermare
con dignità e dolore: "So che
mio figlio è morto per scappare.
Perché aveva paura. Non so a
cosa approderà l’inchiesta
giudiziaria, se stabilirà delle
responsabilità che evidentemente
ci sono. Comunque finisca
nessuno mi restituirà Sergio e
il suo entusiasmo verso la vita.
Io non accuso nessuno, ma chiedo
a tutti quelli che hanno potere
di intervenire, di fare qualcosa
perché non accada più. Perché
non ci siano altre famiglie come
la nostra sconvolte dalla
morte". La ferita è aperta e
chissà quando potrà richiudersi,
ma la voglia di reagire c'é e
Maurizio Ercolano merita grande
rispetto anche per la capacità
di guardare oltre, di pensare
agli altri: "Vorrei avere la
possibilità di incontrare un
ministro, uno di quelli che ha
potere per proporre e far
approvare un decreto. Gli direi:
avete voglia di risolvere il
problema della violenza negli
stadi ? E allora intervenite con
leggi più severe. In Inghilterra
chi invade il campo va in galera
e sconta subito una pena, senza
condizionale. E il problema
hooligan è stato risolto. Questo
è il reale deterrente: se sarà
così anche in Italia salveremo
altre vite". Repressione, ma
anche prevenzione, Ercolano non
lo dimentica: "Sergio era un
ragazzo dolcissimo, non un
fanatico. Era appassionato del
Napoli, ma senza eccessi. In
trasferta andava raramente e
quella maledetta sera andò ad
Avellino anche perché lì andava
a trovare degli amici conosciuti
in estate in Calabria. Dico
questo perché è giusto che un
giovane nutra le sue passioni,
come io andavo al San Paolo ai
tempi belli di Maradona. Ma
occorre che si possa andare in
tutta sicurezza allo stadio.
Oltre un problema di leggi, ce
n'è un altro educativo: tanti
giovani devono imparare i valori
dello sport. Per questo spero,
con l’aiuto di chi ci è stato
vicino, di costituire una
fondazione a nome di Sergio, che
porti a compimento iniziative
benefiche e al tempo stesso
realizzi un progetto educativo.
Ne ho parlato con l’Aicovis,
l’associazione contro la
violenza degli stadi, che mi ha
nominato ambasciatore, e con
altri gruppi che mi stanno dando
una mano per cominciare. Il 25
aprile stiamo organizzando allo
stadio Collana una
manifestazione che raccoglie
fondi per comprare un’ambulanza
per bambini leucemici. Un primo
passo. Noi come famiglia non
abbiamo problemi economici e non
chiediamo nulla, ma se qualcuno
ci vorrà dare una mano per la
fondazione, ben venga". Tra
tanta solidarietà ricevuta, c'é
anche però amarezza legata in
particolare a 2 personaggi: "Il
patron dell’Avellino, Casillo,
non si è mai visto in quei
giorni e mai si è fatto vivo con
la nostra famiglia. Non
pretendiamo nulla, ma rispetto
sì. Quello che non ha avuto
Zeman, che il giorno dopo parlò
di una morte quasi voluta.
Evidentemente non conosce bene i
fatti. Soprattutto lo invito a
venirci a trovare, per capire
cos' è la famiglia Ercolano, per
farsi raccontare che ragazzo
d'oro era Sergio, sempre
disponibile. Uno che il calcio
lo amava e che si è ritrovato
per i casi della vita nel posto
sbagliato al momento sbagliato".
Domenica finalmente si giocherà
quel derby che all' andata venne
annientato da un branco di
teppisti: Maurizio Ercolano non
ci sarà, con ogni probabilità
sarà ospite di Enrico Varriale a
Stadio sprint. "Fra Napoli e
Avellino dovrà essere una festa
di sport, senza violenze, senza
eccessi. Lo dico ai ragazzi che
vanno allo stadio, lo ricordo
anche ai protagonisti sul campo
che devono dare sempre il buon
esempio. Solo così la memoria di
Sergio potrà essere davvero
onorata".
IL COMMENTO - Una
risposta dal legislatore -
Perché la vita di Sergio
Ercolano non voli via
inutilmente occorre intervenire
con fermezza e decisione. A 5
mesi da quell' orrenda notte al
Partenio, passato il momento
dell’emotività, sono rimasti sul
campo i problemi di sempre. L'
appello, non disperato ma
dignitoso, di un padre che ha
perso un figlio e i ragionamenti
più tecnico-legislativi di un
procuratore della Repubblica di
grande esperienza hanno un
denominatore comune, condiviso
da molta gente: il legislatore,
e dunque il governo per decreto
e successivamente il parlamento,
possono e devono fare di più.
Dei protagonisti di quella notte
di follia, identificati con una
serie impressionante di prove
filmate, solo uno è ancora agli
arresti domiciliari, altri hanno
patteggiato, altri ancora sono
in attesa di giudizio. Il
messaggio che arriva a certe
frange violente è chiaro: si può
mettere a ferro e fuoco uno
stadio davanti a 20 mila
spettatori e telecamere che
portano le immagini in ogni
angolo d'Italia (e non solo,
ahinoi) senza pagare dazio, o
scontando pochi giorni di
galera. L' Inghilterra, tanto
sventolata dai dirigenti
pallonari e dai politici, è
assai più lontana di quanto ci
mostri il mappamondo. Lì se
invadi un campo vai dentro,
senza condizionali. Amen.
Abbiamo sentito tuonare il
nostro viceministro Pescante:
"Li voglio vedere in galera,
questi delinquenti !". Ma
tecnicamente questo non è
possibile se non saranno
inasprite le pene. Colpisce una
frase del magistrato: un reato
da stadio, per rilevanza e
pericolo sociale, non può essere
punito alla stregua di uno
schiamazzo notturno. Giusto, ma
certe risposte spettano anche
alla magistratura, perché se la
Cassazione dovesse dar ragione
al tribunale del riesame
"smontando" la tesi della
devastazione, la nostra
pericolante civiltà farebbe un
ulteriore passo indietro. ma.
ni.
18 febbraio 2004
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
© Fotografie: Unipegaso.it
-
Filmato RAI
"Vado allo stadio e
ricorderò Sergio"
di Giovanni Marino
Di lui, dodici mesi dopo
la tragedia, si è ricordato
Pierpaolo Marino, il direttore
generale di questo nuovo Napoli
che riempie lo stadio nonostante
la serie C. "È stato bello
sentirsi cercati perché nessuno
perda la memoria di quanto
avvenne a Sergio, lo ringrazio
di cuore; ora devo studiare per
bene le parole, il discorso che
farò sul campo; voglio che sia
incisivo, convincente; spero di
rimanere lucido". Maurizio
Ercolano racconta come, di
colpo, in una sera che doveva
essere di festa, sulla sua vita
cadde un lutto insopportabile.
"Alle 14 avevamo pranzato tutti
assieme, c'erano mia moglie
Carmela, mia figlia Roberta, di
due anni più grande di Sergio ed
il nostro piccolino, Giuseppe,
che oggi ha tre anni e mezzo e
cerca ancora il fratello
maggiore. Lui, Sergio, era
solare e allegro come sempre;
non era mai andato in trasferta
perché non era un ultras
sfegatato o violento, ma solo un
semplice tifoso, come tanti
altri; prudente e un po'
pauroso; ma quel giorno era
sabato, si giocava di sera a
pochi chilometri di distanza,
c’era il derby, in vacanza aveva
anche conosciuto dei simpatici
amici avellinesi e mi chiese di
andare; non ebbi la forza di
dirgli di no. Quella sera uscii
con Carmela per cenare al Borgo
Marinari, poi dovevamo andare al
concerto di Gigi Finizio;
squillò il telefonino, era
Roberta: "Papà, vieni subito,
Sergio si è fatto male". Mentre
correvo verso casa dicevo fra me
e me: avrà litigato con
qualcuno, qualche botta, forse
un livido brutto, lui che è un
tipo pacifico non si sarà
neppure difeso bene; mai avrei
pensato al peggio; poi il
telefonino ha ripreso a
squillare con frequenza, notizie
sempre più brutte, sempre più
brutte". "Ercolab" è il nome
della piccola impresa di
famiglia. A San Giovanni a
Teduccio. Nei locali, molte foto
di Sergio. "Questo posto era una
delle sue ambizioni: voleva
lavorare qui, con me, con sua
sorella; non ha fatto in tempo
neppure ad iniziare; si era
appena diplomato in Ragioneria,
ma voleva seguire le mie orme.
Avremmo iniziato dopo poco
tempo. Non vedeva l’ora di
rendersi utile. Invece è
arrivata la notte di Avellino.
Il diploma l’ho ritirato io, è
appeso qui, nel mio ufficio;
Sergio non c’era più, come i
nostri sogni di una vita in
comune, di un lavoro in comune,
padre e figlio". Maurizio
Ercolano ha uno scatto: "Si
passi una mano sulla coscienza
chi sa di avere avuto un ruolo
nella tragedia di mio figlio;
come si sente questa gente ? È
innaturale, inconcepibile, che
un ragazzo perda la vita per una
partita di pallone; la violenza
non c' entra niente con lo
sport, deve restare fuori dagli
stadi, è un gioco il calcio, non
una guerra". Poi parla di se
stesso, della passione azzurra
trasmessa al figlio: "Io sono
stato un tifoso vero fino al
1991, l' ultimo anno del
grandissimo Diego Armando
Maradona con i nostri colori;
anni fantastici, irripetibili,
di gioia sportiva, di sani
sfottò e nient' altro, di
vittorie importanti; Sergio era
piccolino quando lo portai per
la prima volta al campo, era un
Napoli-Atalanta, epoca ancora d'oro, con Diego che faceva magie.
Eravamo in tribuna e Sergio
tutto guardava, tranne la
partita; come fanno i bambini,
attratti dai colori, dai suoni e
dalla allegra confusione; poi,
dopo che Diego dovette andar via
per quella storia di doping che,
personalmente, non mi ha mai
convinto per tempistica e
modalità, ho lasciato cadere
quella passione e mi sono
distaccato un bel po’. Invece
Sergio, piano piano si è
avvicinato al tifo. Andava allo
stadio solo quando si giocava in
casa perché, come ho detto, era
un po' pauroso, proprio come me,
e in trasferta potevano esserci
dei problemi, meglio evitare; è
andato solo una volta fuori,
maledizione, è stata l’unica e
l’ultima; certe volte mi
colpevolizzo e mi chiedo: se lo
avessi fatto più cattivo, il mio
ragazzo, forse sarebbe ancora
vivo. Ma sono tormenti che non
me lo ridaranno indietro".
Giuseppe ha 3 anni e mezzo, è un
bimbo, dolce "e per tante cose
somiglia molto a suo fratello",
dice Maurizio Ercolano. "Nei
momenti più bui Giuseppe, così
indifeso e piccolino, è stata la
ragione per cui andare avanti",
confessa. Domani Maurizio
Ercolano torna allo stadio. "Per
onorare la memoria di mio
figlio, perché non succeda mai
più. Non sembri un controsenso:
la assurda fine di Sergio mi ha
riavvicinato al campo; ho fatto
l’abbonamento in tribuna; mi
sento vicino a lui sugli spalti,
lì posso battermi contro la
violenza e sogno uno stadio dove
i tifosi di squadre diverse
assistono assieme alla partita,
magari prendendosi in giro, ma
sempre in amicizia e nel segno
dello sport".
16 ottobre 2004
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Orticalab.it
Parla il padre di Sergio
"Allo stadio per vivere"
di Giovanni Marino
Non ha mai visto le
immagini di quella notte
maledetta. In cui suo figlio
perse la vita. "E mai le vedrò,
mi rifiuto; forse è il modo con
cui la mente non vuole accettare
l’assurda fine del mio ragazzo:
non si può morire di calcio".
Era il 20 settembre di un anno
fa quando Avellino-Napoli si
trasformò nel derby della
violenza e della follia. "Sergio
era alla sua prima trasferta,
aveva con sé un panino che mia
moglie gli aveva preparato, una
Coca-Cola e 200 euro che gli
avevo dato perché voleva
comprarsi un bel paio di scarpe.
È tornata indietro solo la
lattina vuota. Qualche ignobile
sciacallo, mentre Sergio perdeva
la vita, lo derubava". Maurizio
Ercolano, un anno dopo. Alla
vigilia di un altro
Napoli-Avellino, seppure in uno
stadio diverso e una categoria
più sotto. Un incontro che lo
vedrà al San Paolo. Con una
missione cui tiene molto:
testimonial anti-violenza.
"Leggerò un appello alla pace e
alla solidarietà tra i tifosi,
quello che è accaduto a me non
voglio che succeda più a
nessuno". Un anno senza suo
figlio Sergio, morto a 19 anni
nello stadio Partenio,
precipitato dagli spalti mentre
tutt' attorno infuriavano gli
scontri che sarebbero culminati
con una caccia al carabiniere e
al poliziotto ripresa in diretta
dalle tv. Un anno di molte
parole e di pochi fatti. "Avevo
chiesto soltanto una cosa alle
istituzioni: di trovarmi un
piccolo suolo per fare riposare
Sergio, per costruirci una
cappella; pagando, sia chiaro;
sto ancora aspettando; un amico,
un consigliere comunale della
Margherita, Mauro Scarpitti, si
è attivato e a una
manifestazione il sindaco
Iervolino aveva detto di sì.
Invece, niente".
16 ottobre 2004
Fonte: La Repubblica
Avellino - Premio a
Sergio Ercolano: il padre contro
i due club
Avellino - Sono state
parole di fuoco quelle di
Maurizio Ercolano. Intervenuto
questo pomeriggio alla consegna
delle borse di studio e dei
buoni libro assegnati ai giovani
studenti della città di Avellino
che hanno preso parte alla prima
edizione del Premio Sergio
Ercolano. Un incontro tenutosi
presso la chiesa del Carmine
alle 18.30. Tema del concorso
"Un calcio alla violenza". Alla
premiazione sono intervenuti
l’assessore alla Cultura,
Pubblica Istruzione, Politiche
Giovanili e Sport, Toni Iermano,
il primo cittadino del capoluogo
irpino, Giuseppe Galasso, il
presidente dell’Avellino calcio,
Marco Puglise e l’addetto stampa
del Napoli soccer Baldari. Il
padre del tifoso scomparso in
quel tragico 20 settembre 2003
in occasione del derby tra
Avellino e Napoli di serie B ha
rilasciato dichiarazioni amare.
Presente alla gara di ritorno
del campionato svoltasi al
Partenio tra i due club campani,
Maurizio Ercolano fa sapere che
questa volta non ci sarà, anche
perché "non ho ricevuto nessun
invito" ma ammette che non
sarebbe intervenuto in ogni
caso. "Per me è finito il tempo
dei derby tra Avellino e Napoli
- afferma - È finito il tempo
delle gare di questo genere. I
due club hanno solo
strumentalizzato quello che è
successo a mio figlio. Tante
promesse, tante parole ma
nessuna è stata mantenuta.
L’unico segnale è venuto
dall’Amministrazione Comunale di
Avellino con queste borse di
studio in onore di Sergio.
Riguardo alla gara dico che è un
incontro importante che vale la
serie B. Non voglio dire chi sia
favorito o meno. Voglio solo
invitare i tifosi a non creare
disordini ma solo a divertirsi
al di là di chi vince e chi
perde. Lo sconfitto dovrà
applaudire il vincitore, questo
sarà un modo per onorare mio
figlio". Parole, che
scaturiscono da un dolore che
non ha mai accennato a
diminuire. Da un ricordo che non
potrà mai essere cancellato. E
da tante parole, che hanno
continuato a rimanere solo tali.
15 giugno 2005
Fonte: Irpinianews.it
© Fotografia:
Orticalab.it (sopra) - Iamnaples.it
(sotto)
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