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SERGIO ERCOLANO
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Sergio Ercolano 20.09.2003 La Tragedia
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Incidenti e scontri: un supporter azzurro cade dagli spalti. Invasione di campo, almeno tre agenti feriti. Partita rinviata.

Avellino, guerriglia allo stadio un tifoso napoletano in fin di vita

AVELLINO - Un tifoso del Napoli è in fin di vita. Si chiama Sergio Ercolano, ha 20 anni. La dinamica dell’incidente è stata ricostruita dal questore di Avellino Mario Papa. Il giovane - secondo la polizia - è entrato, insieme ad altri tifosi, precipitosamente, mentre fuori erano in corso gli incidenti. La polizia stava caricando e dall'alto degli spalti venivano lanciati oggetti contro le forze dell’ordine. Ercolano ha superato un muretto dopo il quale c'é una tettoia in plexiglas larga circa 15 metri, che copre una scalinata. Pressati alle spalle alcune decine di giovani si sono gettati sulla tettoia, senza immaginare l'esistenza di un dislivello con il suolo di circa 20 metri. Quando Ercolano ha saltato il plexiglas ha ceduto ed il giovane è precipitato. Il giovane è ricoverato all'ospedale Moscati. Il match tra Avellino e Napoli è stato rinviato a data da destinarsi a causa degli incidenti che ci sono stati allo stadio. Negli scontri sono rimasti feriti almeno tre agenti di polizia, uno dei quali accoltellato a una gamba. Un funzionario è stato colpito da infarto ed è ricoverato nell'unità coronarica dell'ospedale di Avellino, ma è fuori pericolo. Dopo gli incidenti, molti tifosi partenopei hanno abbandonato lo stadio Partenio. La polizia ha requisito alcuni autobus per riaccompagnarli a Napoli. Dopo un breve colloquio con i capitani di Avellino e Napoli, l'arbitro Palanca aveva deciso di far giocare la gara. Gli addetti dello stadio si sono messi al lavoro per ripristinare le porte di gioco rimaste danneggiate durante gli incidenti. I poliziotti hanno incontrato gravi difficoltà a chiudere il cancello dal quale i tifosi sono penetrati sul terreno di gioco devastando cartelloni pubblicitari, reti delle porte e reti di recinzione. Gli agenti sono stati respinti più volte da lanci di pietre, bastoni e petardi. Hanno lanciato lacrimogeni e fatto uso di idranti. Le tensioni sono incominciate intorno alle 17. Sempre secondo il questore di Avellino, Mario Papa, intorno a quell'ora allo stadio Partenio arrivano i primi gruppi di tifosi del Napoli, con autobus ed auto private. "Erano tranquillissimi, racconta il questore, che ha diretto personalmente l'ordine pubblico. Molti non avevano il biglietto". I biglietti disponibili finiscono. "L' Avellino non si aspettava l'arrivo di tanti napoletani, favorito anche dalla bella giornata". La polizia sollecita una nuova scorta di biglietti. Alle 19 circa davanti ai cancelli della curva Nord, protetti dal cordone di poliziotti i tifosi privi di biglietto cominciano a premere. Dagli spalti comincia un lancio di lattine sulla polizia. Il tiro è ravvicinato, gli spalti sono alti circa cinque metri. La polizia riesce a tenere testa ai tifosi fino a quando non arrivano 10 pullman con i gruppi organizzati della tifoseria. La situazione peggiora e dagli spalti vengono lanciati anche petardi contro le forze dell'ordine, che rispondono con i lacrimogeni. È in questi attimi che il tifoso del Napoli cade. "Per recuperarlo - dice il questore di Avellino - abbiamo dovuto fare intervenire i vigili del fuoco". Poco prima dell'ora in cui avrebbe dovuto incominciare la partita, la situazione precipita con l'invasione di campo.

20 settembre 2003

Fonte: Repubblica.it

© Fotografia: Ilnapolista.it

Avellino, gravissimo un tifoso

Un napoletano cade dagli spalti prima del derby di B, gli ultrà invadono il campo per il ritardo dei soccorsi. Negli scontri feriti alcuni agenti. Partita rinviata.

AVELLINO, 20 settembre 2003 - Un volo di venti metri e la vita appesa a un filo. È gravissimo Sergio Ercolano, 20 anni, di Napoli, il tifoso caduto ad Avellino dall'anello superiore della curva nord, e ricoverato all'ospedale Moscati di Avellino dove è stato sottoposto a Tac: si trova nel reparto di rianimazione ed è stato giudicato politraumatizzato. Rinviato il derby campano Avellino-Napoli, per la quinta giornata di serie B. La dinamica dell'incidente viene ricostruita dal questore di Avellino Mario Papa. Il giovane - secondo quanto ha potuto accertare la polizia - entra, insieme ad altri tifosi, precipitosamente, mentre fuori sono in corso gli incidenti. La polizia sta caricando e dall'alto degli spalti vengono lanciati oggetti contro le forze dell'ordine. Ercolano supera un muretto dopo il quale c'é una tettoia in plexiglas larga circa 15 metri, che copre una scalinata. Pressati alle spalle alcune decine di giovani si gettano sulla tettoia, senza immaginare l'esistenza di un dislivello con il suolo di circa 20 metri. Quando Ercolano salta il plexiglas cede e il giovane precipita. "L'ambulanza c'era - afferma il questore Papa - ed era alla curva Nord, ma per il recupero del ragazzo è stato necessario l'intervento dei vigili del fuoco". Un centinaio di ultrà del Napoli perde la pazienza: sfondano i cancelli dal settore curva Nord ed entrano sul terreno di gioco, con mazze e bastoni aggrediscono le forze dell'ordine. Divelgono una porta e distruggono i cartelloni pubblicitari del Partenio. La polizia risponde con lanci di lacrimogeni. Una reazione, una protesta contro il ritardo con cui i sanitari prestano soccorso al tifoso caduto dagli spalti. Drammatica la testimonianza di Vincenzo Busiello, responsabile ultras Curva B che era al Partenio. Secondo Busiello "stavamo entrando nello stadio quando è iniziata una carica da parte della polizia e nel fuggi fuggi il ragazzo è stato spinto ed è caduto dal secondo anello della tribuna. I barellieri avevano paura di entrare nel tunnel e il ragazzo è rimasto a terra per 30 minuti. Una cosa indegna". La partita, naturalmente, è stata rinviata. Dopo un breve colloquio con i capitani di Avellino e Napoli, l'arbitro Palanca sembrava deciso a far giocare la gara. Gli addetti dello stadio si sono messi al lavoro per ripristinare le porte di gioco rimaste danneggiate durante gli incidenti. Poi il dietrofront: non si gioca. Il bilancio degli incidenti è pesante. Negli scontri sono rimasti feriti due agenti, uno colpito da una bottiglia alla testa, un altro da una coltellata. Il vicequestore Gennaro Rega, colpito da infarto, è invece ricoverato nell'unità coronarica dell'ospedale di Avellino. Altre venticinque persone hanno fatto ricorso alle cure sanitarie. "Ma i conti li potremo fare solo alla fine", conclude il questore Papa. Per la cronaca sportiva, la Lega Calcio ha comunicato che la partita è stata rinviata a data da destinarsi.

20 settembre 2003

Fonte: Gazzetta.it

© Fotografia: Vesuviolive.it

Il derby campano non si gioca dopo i gravissimi incidenti. Vicequestore colpito da infarto.

Battaglia ad Avellino, tifoso in fin di vita

Ragazzo napoletano di 20 anni cade dagli spalti. Polizia aggredita, agente accoltellato.

AVELLINO - Solo in tarda sera si chiariscono i contorni di una giornata sciagurata, dove il calcio è sparito di fronte alla cronaca nera. Violenza, fatalità, ma anche leggerezza di chi non ha previsto l'arrivo di circa cinquemila tifosi da Napoli si sono mescolate tra loro. Il bilancio è un ragazzo di 20 anni, Sergio Ercolano di Napoli, che ora è in condizioni gravissime, dopo essere precipitato da una tettoia allo stadio Partenio (ha fratture in più parti del corpo), un vicequestore di polizia, Gennaro Rega, colpito da collasso, una ventina tra poliziotti e carabinieri feriti. Tre di essi sono ricoverati. La giornata sembrava calma. "I tifosi del Napoli giunti ad Avellino erano tranquillissimi", racconta il questore Mario Papa, che ha diretto il servizio di ordine pubblico. I problemi sono cominciati quando le scorte di biglietti in vendita per la curva Nord destinata agli ospiti si sono esauriti. Si aspettavano due - tremila supporter azzurri, ne sono arrivati cinquemila. La folla ha cominciato ad accalcarsi ed a premere sulla polizia, che ha sollecitato l'invio di altri biglietti ai botteghini. Dagli spalti è cominciato un lancio di oggetti sui poliziotti. La situazione è peggiorata quando sono arrivati 10 pullman del tifo organizzato. "Siamo stati presi tra due fuochi", dice il questore Papa. Gruppi di tifosi sono entrati senza biglietto mentre la polizia caricava all'esterno dello stadio. Sergio Ercolano, insieme ad altri, è saltato su una tettoia in plexiglas che copre una scalinata di accesso ad una palestra e non ha retto. Il ragazzo, precipitato da circa 20 metri, è rimasto a terra, tra spalti e terreno di gioco 25-30 minuti, forse di più, mentre si attendevano i vigili del fuoco per recuperarlo. L'attesa ha fatto esplodere la rabbia contro le forze dell'ordine. Un paio di centinaia di tifosi, alcuni dei quali con i volti coperti ed armati di bastoni, hanno forzato un cancello e sono scesi sul terreno di gioco, attaccando poliziotti e carabinieri e distruggendo cartelloni pubblicitari. L'invasione è durata circa 15 minuti. Poi il campo è stato sgomberato dalla polizia. Le immagini sono state mostrate in diretta in Campania dalle emittenti private "Telecapri" e "Canale 9". I tifosi del Napoli hanno lasciato lo stadio. La questura ha requisito cinque pullman di linea per favorirne il ritorno a casa. Sono rimasti in attesa circa 20 mila tifosi dell'Avellino mentre le squadre per due ore aspettavano di sapere se la gara si sarebbe svolta o no. Alla fine, la decisione della Lega. Non si gioca. Cominciano le polemiche, innescate da una dichiarazione del presidente dell'Avellino, Pasquale Casillo, che chiede la vittoria a tavolino. Ma questa sembra la cosa meno importante.

21 settembre 2003

Fonte: La Stampa

Ore 20,25: inferno al Partenio

di Marco Azzi

AVELLINO - La follia esplode alle 20.25, c'é un ragazzo in fin di vita, è precipitato dalla curva azzurra, da venti metri; qualche tifoso impazzito attribuisce tutto alla polizia: è un assurdo equivoco che trasforma un incontro di calcio in una aggressione indiscriminata ai poliziotti. Scene mai viste. Il governatore Antonio Bassolino: "E' inaudito, rinviare il match la cosa più giusta". Il sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino: "In certe occasioni la folla si autoeccita". I due sono corsi in questura a Napoli per informarsi sugli eventi. Ecco la ricostruzione di una serata che di sportivo non ha avuto nulla. Ore 17. Allo stadio Partenio arrivano a gruppi i tifosi del Napoli, sono molti di più del previsto. Almeno 5 mila. Sono arrivati con ogni mezzo, autobus, auto private, treni. Molti non hanno il biglietto e vanno dai botteghini per acquistare i tagliandi. I biglietti disponibili finiscono presto. Incomincia a serpeggiare agitazione e nervosismo. La polizia sollecita una nuova scorta di biglietti. Ore 19. Davanti ai cancelli della curva Nord, protetti dal cordone di poliziotti, i tifosi privi di biglietto cominciano a premere. Dagli spalti inizia un lancio di lattine sulla polizia. Il tiro è ravvicinato. La polizia viene caricata dall' esterno verso l’interno. E dentro lo stadio subisce alle spalle altre cariche e lanci di oggetti contundenti. Di tutto: spranghe, bastoni, bombe carta, petardi, bottigliette. Ora i tifosi sono ancora di più e ancora più aggressivi: nel frattempo sono arrivati 10 pullman con i gruppi organizzati della tifoseria. Ore 20. La situazione peggiora e dagli spalti vengono lanciati anche petardi contro le forze dell’ordine, che rispondono con i lacrimogeni. Un tifoso del Napoli precipita dagli spalti. Forse cercava solo di proteggersi, di evitare conseguenze da quegli scontri. Lo vedono salire su una tettoia di plexiglas che, sotto il suo peso, non regge. Un volo drammatico. Di 20 metri. Non cade sulla pista, ma tra gli spalti e la cancellata divisoria con il campo di calcio. Ore 20,25. "È stata la polizia". "La polizia non lo soccorre". "La polizia non chiama l’ambulanza". Alcuni tifosi scatenano una folle reazione contro gli agenti. Imputano alle divise quella caduta per la quale adesso Sergio Ercolano, di appena 20 anni, è in condizioni disperate. Si parla di coma irreversibile. Per recuperarlo devono intervenire i vigili del fuoco (un cancello chiuso con un lucchetto rende tutto più difficile). Ore 20,35. Un gruppo di tifosi invade il campo da quel cancello poi forzato dai vigili del fuoco per soccorrere il ragazzo. In campo poliziotti e carabinieri non riescono ad arginarli. Si assiste ad una caccia all' uomo: il vicequestore Gennaro Rega ha un collasso, viene soccorso da altri agenti. Se ne accorgono gli hooligan e lo inseguono, tentano di colpire e atterrare il piccolo drappello. Alle 24 il bilancio è di 30 feriti, 15 agenti (uno accoltellato). Ma la notizia più terribile è quella sulle condizioni di Sergio Ercolano: i medici non hanno più speranze per lui. I tifosi azzurri stringono d'assedio l’ospedale Moscati dove è ricoverato.

21 settembre 2003

Fonte: La Repubblica

© Fotografia: Gazzetta.it

De Silva, chirurgo del Moscati

"Ero lì, ho visto il ragazzo cadere"

di Giuseppe Del Bello

"Ho visto il ragazzo precipitare dall' anello superiore. Lui era a terra, nel recinto, ma non si trovavano le chiavi del cancello. È allora che i tifosi hanno perso la testa: nessuno soccorreva il loro compagno. Poi finalmente è arrivato qualcuno ad aprire, e cinque minuti dopo era già in ospedale. Noi, invece, siamo rimasti bloccati nella curva nord". Sono le prime parole di Vittorio De Silva, chirurgo del Moscati. Era allo stadio quando è scoppiato il "quarto d'ora d'inferno, quando sono iniziati gli scontri tra azzurri e forze dell’ordine". Sergio Ercolano, 19 anni, napoletano, è il ragazzo caduto giù non si sa come. Adesso è in coma. Sono le 22.30 quando gli specialisti dalla Rianimazione del Moscati dove lo stesso De Silva è responsabile del pronto soccorso, confermano: "Condizioni disperate, prognosi riservatissima per imponente emorragia cerebrale". È l’unica lesione grave, ma è difficile che ce la faccia, spiegano i medici. Avrebbe avuto più chances con soccorsi tempestivi ? Non ha dubbi il medico: "La prognosi non sarebbe cambiata per quei cinque minuti". I feriti sono tanti, una trentina almeno. E tra questi anche dieci poliziotti. Uno di loro è stato raggiunto da una pugnalata alla coscia: suturato e dimesso, non corre pericoli. E c'é anche chi ha pagato indirettamente le conseguenze dei tafferugli: il vicequestore Gennaro Rega ha un collasso, ma i teppisti lo circondano e gli danno addosso lo stesso. Lo portano in Unità coronarica. Si teme l’infarto, ma è solo uno shock emotivo.

21 settembre 2003

Fonte: La Repubblica

© Fotografia: Romeocastiglione.wordpress.com

Violenza in serie B

di Marco Azzi

AVELLINO - In coma irreversibile e imminente pericolo di vita un giovane tifoso del Napoli, precipitato da una curva dello stadio Partenio. Un vice questore collassato nella fase più violenta degli scontri. Gli ultrà napoletani scatenati nella caccia agli agenti su tutto il campo. Venticinque i feriti, decine di arresti nella notte. È questo il primo bilancio degli incredibili incidenti di ieri sera ad Avellino, che hanno impedito lo svolgimento del derby. La gara è stata così ufficialmente rinviata poco prima delle 23. La guerriglia era invece scoppiata tre ore prima, quando oltre un migliaio di ultrà napoletani, finiti i biglietti ai botteghini, hanno forzato i cancelli della curva Nord. Nel parapiglia scatenato dalle cariche della polizia, a pagare per tutti è stato Sergio Ercolano, 20 anni, che è precipitato dalla tribuna: un volo di 20 metri. Il ragazzo è rimasto a terra, in un’intercapedine tra spalti e terreno di gioco, per mezz' ora prima di essere soccorso. In questa attesa è scattata la folle ritorsione dei teppisti contro le forze dell’ordine. L' inferno si è scatenato quando mancavano una decina di minuti all' orario di inizio. Dalla Nord, dove si erano sistemati gli oltre tremila tifosi ospiti, sono partite disperate richieste di soccorso. Quasi subito si è avuta la percezione di qualcosa di molto grave: uno dopo l’altro, infatti, sono stati rimossi - in segno di lutto inequivocabile - tutti gli striscioni esposti dai sostenitori azzurri. Poi, in un attimo, la situazione è degenerata. Trecento ultrà si sono lanciati in campo armati di bastoni e catene, avendo facilmente la meglio sulle forze dell’ordine. Una cinquantina di poliziotti e carabinieri, inseguiti e picchiati, sono stati costretti a scappare negli spogliatoi, mentre i teppisti sfasciavano una delle porte, gli altoparlanti e i cartelloni pubblicitari a bordo campo. 24 gli agenti feriti, sei di loro sono finiti all' ospedale. Il vice questore Gennaro Rega è stato colto da un collasso durante gli scontri, violentissimi. Accasciato a terra e soccorso dai colleghi, è stato anche preso a sassate. È stato dimesso nella notte dall' ospedale. Dopo un quarto d'ora di caos per far terminare la guerriglia s' è resa necessaria un’altra carica: stavolta della polizia. All' interno del Partenio è ritornata lentamente la calma: irreale, ovattata dal fumo dei lacrimogeni. Sotto choc i giocatori delle due squadre, fermi ai loro posti gli oltre ventimila tifosi dell’Avellino, ancora speranzosi di vedere una partita attesa da ben sedici anni. Ma la furia degli ultrà del Napoli non si era ancora placata. Gli scontri sono continuati fuori. Le forze dell’ordine hanno avuto bisogno di rinforzi da Caserta e Bari. Una folla minacciosa s' è radunata all' esterno dell’ospedale Moscati, dove era stato ricoverato il tifoso in fin di vita. Paradossale, invece, la situazione negli spogliatoi. L' arbitro Palanca, su consiglio della polizia, s' è preso un po' di tempo per decidere. "Non vogliamo scendere in campo", hanno opposto il loro fermo rifiuto i dirigenti del Napoli, invitati a ritirare la loro squadra dal presidente Naldi sotto le minacce di un capo ultrà arrivato fin dentro agli spogliatoi. "Non dovete giocare, sennò scoppia il finimondo". La decisione ufficiale, però, si è fatta attendere a lungo, soprattutto per ragioni di ordine pubblico. Il patron dell’Avellino Pasquale Casillo ha però lanciato pesanti accuse: "C’era una regia occulta, l’obiettivo era quello di non disputare la gara e ci sono riusciti. Bisognava giocare, perché se 50 pazzi sono più potenti del ministero dell’Interno vuol dire che il calcio si deve fermare definitivamente". Il vicesindaco di Avellino Antonio Gengaro ha attaccato l’Avellino: "Credo siano stati venduti più biglietti del consentito: la capienza dello stadio è 26.500 posti, ma c'erano almeno 35 mila persone". A Napoli il sindaco Iervolino e il presidente della Regione Bassolino si sono recati in questura per seguire le vicende. Il senatore napoletano della Margherita Giuseppe Scalera ha annunciato un’interrogazione parlamentare sull' inadeguatezza del servizio d'ordine.

21 settembre 2003

Fonte: La Repubblica

© Fotografia: Ilmattino.it

La polizia indaga per identificare i responsabili delle violenze. I tifosi azzurri: "Non è colpa nostra ma del caos per i biglietti"

Avellino, gravissimo il tifoso caduto nel fossato

Il presidente della Camera, Casini: "Serve il pugno duro"

AVELLINO - Restano "gravissime" le condizioni di Sergio Ercolano, il tifoso ventenne del Napoli rimasto ferito allo stadio "Partenio" di Avellino per una caduta dall'anello superiore dell'impianto, prima del derby campano. Il ragazzo è stato sottoposto a un intervento chirurgico e ha passato la notte nel reparto di rianimazione. La prognosi resta dunque riservata e i medici parlano apertamente di "imminente pericolo di vita". E sui duri scontri interviene anche il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini. "Serve il pugno duro - dice - Il mondo del calcio è già in crisi, se si aggiungono i genitori che hanno paura di portare i figli allo stadio, è la fine". Dopo la nottata di violenza al Partenio ci si interroga sulle cause. Diverse però le interpretazioni. "Stiamo lavorando per identificare questi delinquenti della peggiore specie, per assicurarli alla giustizia" dice il questore di Napoli, Franco Malvano. La Digos sta passando al setaccio le immagini degli incidenti di ieri sera nel tentativo di dare un nome a coloro che, a volto coperto, si sono scagliati contro la polizia. Ieri sera tre bus che stavano riportando a Napoli oltre 150 tifosi sono stati "dirottati" dagli agenti per essere condotti presso la caserma della Scuola di polizia di Caserta. I 150 sono stati identificati e fotografati. Ma i tifosi del Napoli non ci stanno. "Stavamo entrando nello stadio quando è iniziata una carica da parte della polizia e nel fuggi fuggi il ragazzo è stato spinto ed è caduto dal secondo anello della tribuna. I barellieri avevano paura di entrare nel tunnel e il ragazzo è rimasto a terra per 30 minuti. Una cosa indegna", racconta Vincenzo Busiello, responsabile ultras Curva B che era al Partenio. "Qualcuno ha detto che noi ultras abbiamo minacciato i giocatori e l'allenatore del Napoli - ha aggiunto - non è così, attraverso la Digos abbiamo soltanto fatto sapere al capitano Dario Marcolin che se dovevamo perdere questa gara volevamo farlo con dignità, c'é un ragazzo che stava e sta tuttora rischiando la vita. Non era giusto scendere in campo". Pasquale D'Angelo, capo tifoso della Curva A del Napoli, lancia gravi accuse: "A provocare gli incidenti di ieri sera allo stadio Partenio di Avellino è stato l'assurdo comportamento del club irpino che ha fatto uno strano gioco sui biglietti d'ingresso provocando la rabbia dei tifosi del Napoli". Secondo alcuni tifosi, la società dell'Avellino avrebbe prima dato una disponibilità di diecimila tagliandi, ma ai botteghini le cose non stavano così. Poi sarebbero saltati fuori, ma invece di 13 euro sembra che il prezzo fosse salito a 20. Lì si sarebbe quindi accesa la miccia. Infine la Lega ha deciso di rinviare Avellino-Napoli a data da destinarsi. La giornata di eri ha fatto registrare altri episodi di violenza legata al calcio. Stamattina alle 5 sono stati rilasciati i 94 tifosi del Livorno, che stavano andando a Trieste, bloccati ieri sera dalla polizia dopo avere invaso l’autostrada A/4 e avere messo a soqquadro l’area di servizio di Gonars (Udine). Mentre i tifosi dell'Empoli, di ritorno dalla trasferta di Siena hanno dato vita ad una serie di sassaiole.

21 settembre 2003

Fonte: Repubblica.it

Sempre in agonia il giovane tifoso caduto dagli spalti

Un giallo dei biglietti dietro l'inferno dello stadio di Avellino

di Fulvio Milone

Il club irpino ha ritirato e rivenduto parte degli ingressi destinati agli ospiti. Il questore: "Normale che all'interno ci fossero 30 agenti".

AVELLINO "Questo non è calcio", grida Ciro davanti al pronto soccorso dell’ospedale "Moscati". È vero: che razza di sport può essere quello che riduce un ragazzo di vent'anni, un amico di Ciro, a un vegetale, con il cervello devastato dall' urto sul selciato dopo un volo di venti metri ? Sergio Ercolano, tifoso del Napoli, resiste ancora in un letto del reparto di rianimazione. Ma la sua, dicono i medici, è una lotta disperata contro la morte: le lesioni sono gravissime; un intervento chirurgico, al momento, è impossibile. E bisogna venire qui, in queste sale bianche invase dall'odore del disinfettante, per percepire tutta l'assurdità di questo ennesimo rito sacrificale compiuto sull'altare di una divinità malvagia che qualcuno ancora si ostina a chiamare sport. L'agonia di Sergio, patito del calcio, con un diploma di ragioniere in tasca e il sogno di un viaggio a Londra nel cassetto, è la summa di una serie di circostanze malefiche e in parte ampiamente prevedibili, a cominciare dalla violenza delle frange più estreme degli ultrà del Napoli che sabato ha provocato il ferimento di 33 fra poliziotti e carabinieri, mentre un funzionario della questura è stato colto da una crisi cardiaca. L'altra sera, ad Avellino, ne sono bastati duecento per scatenare l'inferno. Duecento scalmanati che, per usare le parole del direttore del Centro studi e ricerche sulla sicurezza pubblica, Maurizio Marinelli, "odiano tutti e sono odiati da tutti". La polizia ha buone possibilità di identificarli: i funzionari della Digos di Napoli e Avellino stanno visionando i filmati messi a disposizione da numerose tv private. E sabato notte, a incidenti conclusi, tre pullman con 145 tifosi partenopei diretti nel capoluogo sono stati dirottati in una caserma: tutti sono stati identificati e fotografati. "Non è detto che siano loro gli autori delle violenze - avverte però il questore di Napoli Franco Malvano. Confronteremo le foto con i filmati, poi si vedrà". Il pretesto per cominciare la battaglia è stato offerto agli ultrà da un autentico giallo, quello dei biglietti destinati ai supporter del Napoli e poi ritirati dal club irpino. L'Avellino ne aveva emessi seimila per gli ospiti, cui era stata riservata la curva Nord dello stadio Partenio. La prevendita, però, era andata malissimo, tanto che la società aveva deciso di riciclarli cedendoli ai tifosi della squadra di casa che avessero voluto assistere alla partita dalla tribuna Terminio. A prezzi maggiorati, naturalmente: 20 euro contro i 13 segnati sul tagliando. E poco importava se la tribuna, in realtà, era già piena fino all'inverosimile. "I dirigenti dell’Avellino dovranno chiarire tutti i passaggi della vendita dei biglietti", commenta con asprezza il vicesindaco e assessore allo sport Antonio Gengaro. La risposta del patron del club irpino. Pasquale Casillo, che negli incidenti di sabato intravede chissà quali inquietanti disegni, lascia di sasso perfino i suoi supporter: "C'era chi non voleva che scendesse in campo una squadra, il Napoli, rimaneggiata e quindi destinata a una probabile sconfitta. Ad ogni modo chiederò la vittoria a tavolino". "Era ovvio che l'assenza dei biglietti scatenasse la rabbia", commentano i capi della tifoseria azzurra. Arrivati da Napoli all'ultimo momento, i duecento ultrà, quelli che "odiano tutti e sono odiati da tutti", sono rimasti a bocca asciutta. Inferociti, hanno cominciato a premere sui cancelli presidiati dalla polizia, aiutati da altri supporter che hanno intravisto in tutta quella confusione la possibilità di entrare gratis nello stadio. Fra questi, Sergio Ercolano, che con una cinquantina di ragazzi è riuscito a varcare l'ingresso della curva Nord, si è arrampicato su un muro di cinta ed è saltato da un'altezza di cinque metri sulla tettoia in plexiglass di una palestra. Un altro salto gli avrebbe consentito di guadagnare l'anello inferiore del settore riservato ai tifosi del Napoli. Il tetto, però, non ha retto al peso, e Sergio è precipitato nel vuoto. "E' un miracolo che gli altri ce l'abbiano fatta: nel Partenio, l'altra sera, avrebbe potuto compiersi una strage", spiega un funzionario di polizia. Gli ultrà sotto accusa dicono che Sergio è stato soccorso in ritardo, che le chiavi per aprire il cancello che consentisse il passaggio dell'ambulanza non si trovavano, che il clima si è arroventato proprio a causa dell'inerzia dei soccorritori. "In realtà questo è solo un alibi: chi doveva prestare le prime cure al giovane ferito è diventato vittima delle violenze. Sui nostri uomini e su quelli della Croce rossa e delle Misericordie sono piovuti sassi, bastoni, bottiglie e sputi", spiega il questore di Avellino, Mario Papa, che risponde con fermezza alle accuse di disorganizzazione ed esiguità delle forze dell'ordine nello stadio: "Era assolutamente normale che sul campo di gioco vi fossero solo 30 fra poliziotti e carabinieri. I rinforzi sarebbero arrivati a partita iniziata. Il pericolo maggiore in quel momento era all'esterno: dovevamo evitare il contatto fra le tifoserie opposte". Invece, la violenza è scoppiata dentro lo stadio. Violenza "premeditata e preordinata", come dice il sindaco di Napoli Rosa Russo lervolino a cui fa eco il governatore della Campania, Antonio Bassolino: "Quei delinquenti devono essere colpiti prima che facciano altri danni". Il patron dei locali "E' tutto un complotto per non far scendere in campo la squadra ospite rimaneggiata e destinata a perdere Chiederemo la vittoria a tavolino". I compagni del ragazzo accusano: "Soccorsi in ritardo".

22 settembre 2003

Fonte: La Stampa

Accanto a Sergio in fin di vita

"Ragazzo dolce, ma quale teppista"

di Patrizia Capua

AVELLINO - "Sergio, reagisci. Devi uscire da questa porta. Guarda che non me ne vado senza di te. Sergiolino, figlio mio bellissimo, che stai a fare là dentro, sbrigati ad uscire. Prima reagisci, prima ce ne torniamo a casa". Le donne della famiglia si raccolgono attorno alla sua figura minuta, per sostenerla, l’abbracciano, le stringono le mani. "La forza è poca" mormora Carmela voltando il viso gonfio di lacrime. Il clima nell' ospedale Moscati, è pesante. Davanti al pronto soccorso si sono radunate decine di persone, moltissimi giovani amici del giovane in fin di vita, hanno stazionato per ore, facendo muro con gli estranei. Un' agente di polizia, scambiata per una giornalista perché aveva dei quotidiani sotto il braccio, è stata quasi aggredita e allontanata. Gli operatori del Tg3 Campania per fare le riprese si sono dovuti nascondere dietro una finestra dell’ospedale. Qualcuno, però, accetta di scambiare poche parole. Socievole, disponibile, un gran bravo ragazzo: così definisce Sergio. Due grandi passioni: vestire alla moda e tifare per il Napoli. Ha giocato in alcune squadre giovanili, aveva frequentato da bambino una scuola calcio. "Un teppista lui ? Quando mai". Arrivano anche alcuni rappresentanti del tifo organizzato dell’Avellino per consegnare i loro vessilli, maglietta, sciarpa e un cappellino, in segno di solidarietà. "I tifosi dell’Avellino - sottolineano alcuni esponenti degli ultrà partenopei - si sono comportati benissimo con noi. Dal nostro canto non ci stiamo a fare da capro espiatorio. Le responsabilità sono di tutti". Non la pensa così la famiglia Ercolano che attraverso l’avvocato Maurizio Capozzo, denuncia il reato di omissione di soccorso. È stato l’assurdo comportamento del club irpino che ha fatto uno strano gioco sui biglietti d'ingresso provocando la rabbia dei tifosi del Napoli" denuncia, invece, Pasquale D'Angelo, capo tifoso della Curva A del Napoli, testimone degli scontri. "L' Avellino - spiega D'Angelo - ci aveva detto che c'erano disponibili 10 mila biglietti: in pratica tutta la Curva Nord era stata destinata a noi. Due ore prima dell’inizio della gara, all' ingresso abbiamo scoperto che i biglietti non c'erano. Non ci abbiamo creduto perché quel settore dello stadio era vuoto: all' improvviso abbiamo visto spuntare i biglietti della Curva Nord con sopra il timbro Tribuna Terminio. Quegli stessi biglietti - accusa D'Angelo - erano passati in pochi minuti da un prezzo di 13 a 20 euro". Ai varchi d'ingresso sono iniziate le discussioni, molto accese, poi lo sfondamento per entrare. In campo la tragedia. "Sergio ha cercato di scavalcare, forse in preda al panico. In quei momenti, credetemi, non si è capito più niente. Si sono persi venti minuti in quei momenti drammatici - racconta D'Angelo - perché non si trovavano le chiavi di un cancello dal quale doveva passare l' ambulanza" Per l' Avellino, invece, gli incidenti sono iniziati quando un folto gruppo di napoletani, armato di spranghe e bastoni e con i volti coperti dai passamontagna, appena giunto allo stadio, ha inspiegabilmente cominciato un fitto lancio di bottiglie di vetro verso gli addetti alla controlleria e alle forze dell' ordine".

22 settembre

Fonte: La Repubblica

© Fotografia: Vesuviolive.it

Il giovane, fermato nella notte a Napoli, è stato identificato grazie alle immagini tv degli scontri sul campo del Partenio.

Avellino, arrestato 21enne per incidenti allo stadio

Reclamo del club irpino, il giudice sportivo si riserva la decisione.

AVELLINO - Ci sarebbe un primo responsabile per gli incidenti avvenuti prima del derby Avellino-Napoli "saltato" sabato scorso che hanno portato alla morte del giovane Sergio Ercolano. La polizia ha arrestato nella notte un 21enne, incensurato, che farebbe parte del gruppo di tifosi che hanno invaso il terreno di gioco dello stadio Partenio, aggredito le forze dell'ordine e provocato danni alle strutture. Incensurato, di Casavatore, il giovane indagato si chiama Ciro M. e lavora come marittimo. Secondo le prime indicazioni, il ventunenne non apparterebbe a nessun gruppo del tifo organizzato ed è stato identificato grazie alle immagini televisive di emittenti locali che lo ritraggono mentre lancia oggetti contro le forze dell'ordine. Le Questure di Avellino e di Napoli, coordinate dalla magistratura irpina, stanno lavorando da sabato sera per risalire ai responsabili degli incidenti di sabato: la polizia del capoluogo campano ha già identificato centinaia di tifosi, soprattutto quelli che si muovevano con i mezzi pubblici per rientrare a Napoli, e di ciascuno sta valutando la posizione. Gli uomini della Squadra Mobile hanno interrogato come testimone l'allenatore del Napoli, Andrea Agostinelli, per avere notizie sul presunto invito minaccioso che un esponente della tifoseria organizzata avrebbe rivolto alla squadra del Napoli affinché non giocasse dopo l'incidente nel quale è rimasto ucciso Ercolano. Nel pomeriggio è stato sentito anche il capitano del Napoli Dario Marcolin su questo specifico aspetto. Quanto al reclamo avanzato dal club calcistico irpino, il giudice sportivo si è riservato qualsiasi decisione. Alla gara Avellino-Napoli, rinviata a data da destinarsi, Maurizio Laudi ha dedicato una delibera di tre righe: "Il giudice sportivo, ricevuto tempestivo e rituale preannuncio di reclamo da parte della società Avellino (ex art.24 comma 5 lettera b CGS), per questi motivi riserva la decisione sul punto all'esito del deposito dei motivi del reclamo".

22 settembre 2003

Fonte: Repubblica.it

© Fotografia: Corrieredelmezzogiorno.corriere.it

L' ultima battaglia di Sergio in coma per una partita

di Patrizia Capua

AVELLINO - A fine giornata Giuseppe Galasso, primario della Rianimazione dell’ospedale Moscati, conferma la drammatica verità. La vita di Sergio Ercolano, 19 anni, tifoso del Napoli, un diploma di ragioniere e un sogno, andare a lavorare a Londra, è appesa a un sottilissimo filo. Emorragia cerebrale, non trattabile chirurgicamente, sospette lesioni interne all' addome, frattura del bacino e una lesione molto grave del polmone sinistro. Carmela, la mamma, non si è arresa. Inebetita dal dolore, quella donna minuta e disperata, ha battuto i pugni sulla porta chiusa del reparto. Ha parlato a distanza con il suo ragazzo sfortunato, attaccato alla macchina che lo tiene in vita, forse ormai in coma irreversibile. Lo ha implorato: "Reagisci, ti voglio riportare a casa". A San Giorgio a Cremano, dove abita la famiglia, gli amici ultrà raccontano la loro versione: "c'é stata una carica della polizia - dice Lorenzo, detto il magrolino, 12 anni e già conosciuto nel mondo della tifoseria azzurra. Sergio ha cercato di scappare, è finito su una tettoia di plexiglas che si è sfondata e lo ha fatto precipitare per almeno 20 metri. In quella confusione non abbiamo capito più niente: lacrimogeni, bombe carta, petardi e botte, tante botte". In serata, il legale della famiglia denuncia: c'é stata omissione e ritardo nei soccorsi. Nelle indagini di due questure, Napoli e Avellino, intanto, emerge una certezza: la premeditazione. Il tragico incidente che ha ridotto un giovane in fin di vita è solo l’occasione per far esplodere il caos, per scatenare quel manipolo di "black bloc" del Partenio. Finora 145 i tifosi identificati, questa mattina alle 8 scadono le 36 ore per l’arresto in flagranza. Sono i passeggeri di tre bus, età media 20 anni, senza precedenti penali, iscritti a diversi club tra Napoli e Caserta. Si confrontano i loro volti con quelli che compaiono nei filmati sugli scontri. C'è anche un testimone dell’incidente che ha ridotto in fin di vita Sergio Ercolano.

22 settembre 2003

Fonte: La Repubblica

© Fotografia: Ultra-style.weebly.it

Calcio, si è spento Sergio Ercolano, il tifoso caduto sabato allo stadio Partenio. Le sue condizioni erano gravissime.

Muore il ragazzo ferito ad Avellino

La madre: "Non si può morire a 20 anni per una partita di calcio".

NAPOLI - È morto nell'ospedale Moscati di Avellino Sergio Ercolano, il giovane rimasto ferito gravemente sabato sera allo stadio Partenio. Il decesso, secondo il bollettino medico, è dovuto ad arresto cardiocircolatorio. Il giovane aveva subito gravissime ferite in più parti del corpo nella caduta di venti metri da una tettoia di plexiglass nello stadio. Nella caduta aveva riportato un forte trauma cranico e lesioni agli organi interni. "Non si può morire così, non si può morire per una partita di calcio" continua a ripetere Carmela, la madre del ventenne di San Giorgio a Cremano. La donna piange senza più lacrime, emettendo un lamento e continua a pronunciare il nome del figlio deceduto nel reparto di rianimazione dell'ospedale Moscati di Avellino. La madre è sorretta da due donne, due parenti che fino all'ultimo sono state con lei a pregare nella cappella dell'ospedale, fino a quando non è arrivata la notizia che ha tolto ogni speranza. Le urla e i pianti si sono levate strazianti davanti al pronto soccorso, dove stazionano da sabato sera una cinquantina di persone, per lo più di ragazzi, amici e coetanei di Sergio. Non c'è rabbia, non ci sono sciarpe o rivendicazioni, solo una grande amarezza, un grande dolore che li unisce: "Non si può morire a venti anni per una partita di calcio". "Sergio era un ragazzo per bene, un ragazzo che lavorava e che non ha mai aderito a gruppi di ultrà" - dice il legale della famiglia Maurizio Capozzo - "era venuto allo stadio Partenio con due amici a bordo di un'auto privata e ha cercato solo scampo dalla ressa, solo una via di fuga". Intorno alle 15.30 c'era stata la prima grave crisi per Sergio. Il primario del reparto di rianimazione, Pino Galasso, ha tentato una estrema manovra rianimativa. Il ragazzo sembrava che rispondesse e invece pochi minuti dopo, intorno alle 15.45, è morto. Sergio, raccontano i suoi amici, era arrivato allo stadio sabato sera senza biglietto. "Li avevano comprati dai bagarini, biglietti di curva Nord" spiega uno di loro "e su avevano il timbro con la scritta Tribuna Terminio. Sergio non andava mai in trasferta, non era un violento e ora qualcuno dovrà pagare per quanto è successo". La salma è ora a disposizione dell'autorità giudiziaria, che ne ha disposto l'autopsia. In mattinata a rendere visita al tifoso ferito si era recato anche il presidente della Regione Campania Antonio Bassolino.

22 settembre 2003

Fonte: Repubblica.it

© Fotografia: Napoli.repubblica.it

Derby, assalto premeditato

di Irene De Arcangelis

La premeditazione, i Napoli club, la parola d'ordine: "Guai a voi se giocate quella partita". Il derby Napoli-Avellino alla fine è solo una partita annullata. Quello che c'é dietro è un gioco perverso di violenza sportiva. È la raccapricciante certezza che il tragico incidente che riduce un giovane in fin di vita è solo l’occasione per far esplodere il caos. Se Sergio Ercolano non fosse caduto nello scavalcare un muretto, il manipolo di belve armate di spranghe avrebbe scelto un altro momento per far scoppiare lo stadio Partenio di Avellino. Tanto emerge dalle indagini della polizia (indaga la procura di Avellino, pm Vincenzo Senatore, due Questure impegnate in perfetta intesa, Napoli e Avellino, riunioni dei vertici fin da ieri mattina per mettere insieme i pezzi del mosaico di sport e violenza). Questa mattina alle ore 8 scadono le trentasei ore per l’arresto in flagranza. Ma già chiarito il retroscena. Per ora 145 tifosi identificati, i passeggeri di tre autobus: età media vent' anni, incensurati, residenti tra le provincie di Napoli e Caserta. Iscritti (sono gruppi di 15-20 persone) a diversi Napoli club. Si confrontano in queste ore i loro volti con quelli che compaiono nei filmati degli scontri. Alcuni fermi sono stati eseguiti nella notte. Su un giovane della zona vesuviana indizi più consistenti. L' incidente di Sergio Ercolano è stato ricostruito da un tifoso testimone oculare. Il film di quanto accaduto: scoppiano i tafferugli all' esterno dello stadio perché mancano i biglietti. Sergio Ercolano è tra coloro che, pur di entrare, scavalcano un muro oltre il quale c'é una pedana di plexiglass. Il peso sfonda la lastra, il ragazzo cade. Il caos dei soccorsi che segue è contemporaneo all' invasione di campo. Ma anche ad alcuni eventi solo apparentemente trascurabili che non figurano nei filmati degli scontri, ma che a investigatori maestri dell’ordine pubblico paiono chiarissimi. Tutto quello che è accaduto alle ore 20.25 di sabato era premeditato. Peggio: sapevano quello che stava per succedere la maggior parte dei tifosi del Napoli, anche quelli ufficialmente estranei agli scontri. Un assalto premeditato. Tre i pilastri che sostengono l’ipotesi. Punto primo: le armi. Spranghe, mazze, bulloni e catene. Passamontagna. Tutto organizzato per fare male. Punto secondo: in curva Nord gli striscioni con le sigle dei club vengono "girati", nascosti, poco prima dell’assalto al campo. Tutti sapevano ? La voce dell’imminente attacco aveva attraversato lo stadio come un avvertimento ? E perché ? Per offrire a tutti la possibilità di partecipare al raid ? Punto terzo: la rapidità dell’attacco, organizzato, coordinato, fulmineo. Che punta prima di tutto alla porta. Sradicate la rete e le bandierine del calcio d'angolo. Obiettivo: impedire la partita, comunque, a causa dei danni. Le botte e i feriti sono venuti dopo. Infine una osservazione che deriva dall' esperienza delle forze dell’ordine: se un tifoso si fa male o si sente male, il pubblico si prodiga per aiutare i soccorsi. Sabato al Partenio è successo esattamente il contrario. Non far giocare. Perché, si chiedono gli investigatori ? Che poi capovolgono la domanda: il Napoli restituisce all' Avellino 4.500 dei seimila biglietti a disposizione. Scarsa affluenza di tifosi azzurri. Invece arrivano in cinquemila. Cosa è successo ? Ultima coincidenza nei tempi calcolati al secondo: una telefonata al Calcio Napoli. "Guai a voi se giocate". Altro elemento di indagine per la polizia, anche se la società nega di aver ricevuto minacce. Sempre in gruppo. Accordi nei bus. Bulloni e bastoni, donne con i razzi - Le belve del tifo napoletano si muovono in gruppi, che di volta in volta si alleano con altre bande di "cani sciolti". I teppisti appartengono a piccoli club che si incontrano durante le trasferte. Le alleanze a bordo dei bus. Le loro armi: spranghe di ferro lunghe dalla vita al ginocchio nascoste nei pantaloni, bulloni e fionde. Le donne del gruppo nascondono razzi e molotov nella biancheria. Non rischiano la perquisizione.

22 settembre 2003

Fonte: La Repubblica

© Fotografia: Orticalab.it

Le indagini sugli ultrà che hanno provocato gli scontri ad Avellino

È morto il giovane tifoso caduto dalla tettoia

di Enzo La Penna

In carcere un ragazzo accusato dalle foto e dalle immagini della tv.

Gli amici della vittima: "Sergio non fa parte di nessun gruppo. Quando ha visto gli altri scatenarsi voleva soltanto fuggire dalla calca". La polizia cerca verifiche contro un capo dei sostenitori azzurri: avrebbe minacciato ritorsioni se i giocatori del Napoli fossero scesi in campo.

NAPOLI - Sergio Ercolano non ce I’ ha fatta: il 20enne tifoso del Napoli, caduto sabato sera da una tettoia in plexiglas dello stadio Partenio, è morto ieri all'ospedale Moscati di Avellino. Sergio è stato la vittima di una serata di follia, quando prima del derby tra Avellino e Napoli, un centinaio di ultrà napoletani si sono abbandonati a scene di violenza selvaggia, avventandosi contro poliziotti e carabinieri costretti a battere in ritirata. Per gli incidenti ieri è finito in carcere un ragazzo di 21 anni inchiodato dalle fotografie e dalla riprese tv. La polizia lo ha identificato aldilà di ogni ragionevole dubbio: prima che la sua immagine comparisse nelle sequenze all'interno dello stadio, dove si nota Ciro che si avventa contro i poliziotti brandendo un cinturone con una pesante fibbia in metallo, il giovane era stato già identificato dalle forze dell'ordine per aver preso parte a tafferugli fuori dall'impianto sportivo. È incensurato, fa il marittimo, ed è un grande tifoso del Napoli. Gli investigatori contano, sulla base della notevole documentazione di immagini, di identificare presto gli altri responsabili delle violenze, per i quali molto probabilmente scatterà una denuncia in stato di libertà. Le indagini sono concentrate sulle frange più estreme del tifo, e soprattutto su nuove aggregazioni di giovanissimi per i quali ogni pretesto è buono per scatenare la guerriglia. Mentre l'inchiesta entrava nella sua fase decisiva, nella sala di rianimazione si consumava l'agonia di Sergio Ercolano. Poco prima del decesso era giunto un telegramma firmato da due ex campioni del Napoli, Diego Maradona e Salvatore Bagni: "Caro Sergio, ti vogliamo ancora allo stadio ad incitare il Napoli". Le condizioni del giovane erano apparse subito disperate, tanto che i medici avevano giudicato inoperabile l'ematoma che si era formato alla testa in seguito all' emorragia cerebrale. "Sergio voleva solo fuggire, non fa parte dei gruppi di ultrà, cercava di mettersi al sicuro", raccontano gli amici di San Giorgio a Cremano. Gruppi di tifosi napoletani, radunati davanti all' ospedale di Avellino, hanno imprecato contro giornalisti e fotoreporter. Ma la famiglia, attraverso il loro legale, avvocato Maurizio Capozzo, respinge con fermezza il tentativo degli ultrà di appropriarsi della memoria di Sergio. "La tragedia di Sergio - spiega il penalista non deve essere in alcun modo accomunata alla guerriglia scatenata sabato sera. Sergio, è rimasto vittima degli incidenti, fino a perdere la vita". Domani, dopo l'autopsia eseguita al Moscati, si svolgeranno i funerali in una parrocchia del Comune di San Giorgio. Gli investigatori intendono chiarire la fondatezza delle voci secondo le quali il capo della tifoseria azzurra sabato sera, dopo il ferimento di Sergio, avrebbe minacciato di ritorsioni la squadra del Napoli se i giocatori avessero osato scendere in campo. Per questo la squadra mobile ha interrogato in qualità di testimoni l'allenatore Andrea Agostinelli, il capitano Dario Marcolin e due dirigenti della società. Tutti hanno negato la circostanza. Mentre l'ex difensore del Napoli Francesco Baldini, aggredito in passato dai teppisti del tifo, denuncia l'esistenza di "150 delinquenti che comandano su tutti, e le frange più cattive sono conosciutissime alla questura e alla società". Le amministrazioni comunali di Napoli e di Avellino hanno annunciato l'intenzione di costituirsi parte civile contro i responsabili degli incidenti. "I napoletani non possono essere identificati con quei cento mascalzoni che hanno compiuto atti teppistici di una violenza inaudita", ha affermato il sindaco Rosa Russo lervolino. E il presidente della Regione Antonio Bassolino invita a indagare sui "professionisti dei disordini". "Mi domando - ha detto - se per caso qualche faccia vista sabato non sia la stessa che si ritrova in altri episodi simili dalle nostre parti".

23 settembre 2003

Fonte: La Stampa

Sergio, morto a vent'anni per una partita di calcio

di Patrizia Capua

NAPOLI - Allo stadio c'era andato per la seconda volta in vita sua. Ma il desiderio di seguire il suo Napoli è stato fatale. Sergio Ercolano - il diciannovenne di San Giorgio a Cremano vittima di una rovinosa caduta da 20 metri di altezza, sabato sera, da una tribuna dello stadio Partenio - è morto ieri alle 16,08 nel reparto di rianimazione dell'ospedale Moscati di Avellino. Il cuore non ha retto a una condizione disperata per via di una gravissima emorragia cerebrale e di lesioni all' addome. Una cinquantina di persone, raccolte notte e giorno nel cortile del nosocomio, lo ha pianto con rabbia e disperazione. "Non si può morire a venti anni per una partita di calcio" ha detto sua madre Carmela, prima di accasciarsi mezzo svenuta nella sala d'attesa. "L' indagine adesso cambia, si tratta di omicidio colposo" ha detto il giudice Vincenzo Senatore, uno dei tre pm incaricati dal procuratore di Avellino, Aristide Romano. La famiglia è parte lesa nel procedimento. I Comuni di Avellino e Napoli si costituiranno parte civile contro i responsabili degli incidenti. I funerali di Sergio Ercolano si terranno domani a San Giorgio a Cremano. La salma arriverà questa sera dopo l’autopsia eseguita dal medico legale Mario Piciocchi. Sarà la Regione Campania a sostenere le spese. L' amministrazione comunale di San Giorgio ha dato piena disponibilità ad aiutare la famiglia: "Sergio è stato vittima di una follia collettiva", dice il sindaco Ferdinando Riccardi. Ci sarà una folta rappresentanza di sostenitori del Napoli e tra domani e domenica all' interno degli stadi saranno esposti striscioni in memoria di Sergio. Tra i ricordi resterà anche il telegramma di Diego Maradona e Salvatore Bagni: "Caro Sergio, ti vogliamo ancora allo stadio ad incitare il Napoli. Tu sei la nostra squadra". Per quel derby era riuscito a strappare il permesso al padre Maurizio, che gestisce un laboratorio ottico dove Sergio aveva cominciato a lavorare dopo il diploma da ragioniere. Quello che è accaduto dopo, in quella maledetta sera in cui un ragazzo si è giocato la vita allo stadio, è ricostruzione dell’avvocato di famiglia, Maurizio Capozzo. "Dobbiamo tenere assolutamente separate - premette il legale - la tragedia con la guerriglia scatenata sabato sera allo stadio di Avellino. Sergio è stato vittima di quegli incidenti fino a perdere la vita". "E' assolutamente falso che volesse entrare senza pagare - sostiene. Ha comprato il biglietto dai bagarini nei pressi del Partenio, per 30 euro. L' abbiamo consegnato noi all' autorità giudiziaria". Sergio era partito da San Giorgio in auto con tre amici, non aveva alcun contatto con il tifo organizzato, non era iscritto a nessun club. È andata davvero così ? Uno sportivo che andava a vedere la partita per amore del calcio. Sergio aveva il biglietto - continua l’avvocato - ma impaurito per gli incidenti scoppiati davanti all' ingresso della Curva Nord, si è messo a scappare e invece di usare la lastra di plexiglass come scivolo, ci è saltato sopra e la lastra ha ceduto facendolo precipitare. "Correva, lui correva come gli altri perché voleva mettersi al sicuro, Sergio voleva solo fuggire" lo difendono gli amici del popolare rione Tufarelli a San Giorgio a Cremano, la città di Massimo Troisi. Vittima o lui stesso protagonista della violenza ? La sua morte lascia il dubbio. Zdenek Zeman, allenatore dell’Avellino, in una durissima intervista al "Mattino" dubbi non ne ha: "Ci sono accessi regolari per entrare in campo: porte, scalini. Andate a vedere dove è successo e capirete che lassù non si finisce per caso". Ho letto - ha proseguito Zeman - che il tutto è successo in seguito alla caduta del ragazzo: è una grossa imprecisione. La gente è andata allo stadio con mazze e catene. E il giovane tifoso è precipitato da un posto dove una persona normale non va. È come uno - ha concluso l’allenatore - che sale in macchina e va a duecento contro un muro, sa che può morire". Il presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino si era recato in mattinata in ospedale in visita a Sergio Ercolano. Indossando il camice verde, è entrato con il primario nel reparto di Rianimazione. Più tardi ha stretto la mano alla mamma del ragazzo che non ancora rassegnata al peggio gli ha chiesto: "Stateci vicini in questo momento di sofferenza". Bassolino ha fatto appello ai migliori specialisti per un consulto. Ma è mancato il tempo.

23 settembre 2003

Fonte: La Repubblica

© Fotografia: Avellino-calcio.it

Ai funerali di Sergio gonfalone della sua città

di Patrizia Capua

San Giorgio a Cremano - Poche divise, videosorveglianza, volontari della Protezione civile e della Croce rossa, in alta uniforme, invece, una ventina di vigili urbani del Comune addetti alla viabilità con auto e motociclette. San Giorgio a Cremano si prepara ai funerali di Sergio Ercolano. Esequie in forma ufficiale, il sindaco Ferdinando Riccardi in fascia tricolore, il gonfalone della città, assessori e consiglieri anche da Napoli. La chiesa è quella di Santa Maria del Principio, al Villaggio Corsicato, zona residenziale e commerciale nata una trentina di anni fa. Padre Andolfi, decano dei parroci di San Giorgio a Cremano, celebrerà il rito funebre fissato per le 17, dopo l’autopsia che deve essere eseguita stamattina. Cerimonia funebre aperta al pubblico e tumulazione in forma privata all' Ipogeo di Poggioreale, ogni spesa a carico della Regione Campania. Compresa la nicchia cimiteriale per la sepoltura, che l’amministrazione comunale di Napoli, su richiesta dei genitori del giovane al governatore Bassolino, ha trovato in tempi brevissimi. Un trattamento che si riserva a chi ha fatto una morte eroica. "Non c'é questa intenzione. Si tratta di una forma di rispetto per un giovane che seguiva una sua passione e che per responsabilità diverse, ci ha lasciato la vita" chiarisce il sindaco Riccardi. Troppa retorica da parte delle istituzioni, si è obiettato da più parti. "C'è di sicuro un coinvolgimento emotivo, poteva essere un nostro figlio. In quella situazione di pericolo era a repentaglio la sicurezza di tanti". La linea scelta dal questore di Napoli, Franco Malvano è di operare ma con discrezione. Accanto ai familiari di Sergio e i rappresentanti delle istituzioni, ci saranno i suoi amici, compagni di tifo calcistico e delle ultime vacanze al mare in Calabria, a manifestare il dolore per quella morte assurda. Ma potrebbero arrivare anche gruppi del tifo organizzato, carichi di rabbia, gli stessi che hanno stazionato all' ospedale di Avellino mentre Sergio Ercolano era in coma, tutti già identificati dalla Digos. E che anche ieri presidiavano minacciosi l’ingresso dello stabile di via Tufarelli dove abita la famiglia del tifoso morto, scacciando in malo modo i giornalisti. I genitori stessi hanno chiesto di allontanarli. I genitori di Sergio hanno anche dato incarico all’avvocato Maurizio Capozzo, di verificare se le dichiarazioni di Zeman, a proposito degli incidenti del Partenio, per la parte che riguarda il figlio, sono passibili di querela. Dopodomani in procura si presenteranno i tre ragazzi in compagnia dei quali il tifoso rimasto ucciso era partito da San Giorgio per Avellino. Si erano aggregati ad altri 7 tifosi che avevano organizzato un pulmino per la trasferta.

24 settembre 2003

Fonte: La Repubblica

© Fotografia: Wikimedia.org

Lacrime per Sergio in migliaia al funerale

di Patrizia Capua

San Giorgio a Cremano (Napoli) - "Il dolore ci costringe a guardare la terra, le nostre miserie, le nostre colpe, l’incapacità di dare ai giovani un mondo migliore". Dopo le violenze, il lutto. Nella chiesa di Santa Maria dell’Aiuto, il parroco don Gennaro Andolfi celebra i funerali di Sergio Ercolano, morto a 19 anni mentre nello stadio Partenio di Avellino infuriava il tifo degli ultras. Sull' altare il gonfalone della città. Per l’ultimo saluto al giovane tifoso si sono raccolte quasi duemila persone, pigiate all' interno e anche fuori, sul sagrato e per la strada. Nel gruppo degli ultras qualcuno col viso incerottato. Caldo, lacrime, tensione: durante l’orazione funebre due donne della famiglia cadono svenute. La bara di Sergio è bianca, cullata dalle carezze dei genitori per tutto il tempo della funzione funebre. La coprono fiori bianchi, tante corone, il cuscino di rose spedito da Fabio Cannavaro, la maglietta con il 10, firmata da tutti gli amici più cari, la sciarpa biancoazzurra del Napoli. Tifoseria buona e cattiva. Una folla tenuta sotto controllo da uno schieramento di carabinieri e polizia in borghese e l’aiuto di un sistema di videosorveglianza, solo vigili urbani in uniforme e tanti volontari della Protezione civile e della Croce rossa addetti al servizio d'ordine. Sfileranno in corteo i più esagitati, finita la cerimonia tra uno scroscio di applausi, a braccia levate e con cori da stadio: "Sergio resterai sempre uno di noi", "finché vivrò, amerò sempre Sergio Ercolano". In chiesa c'é una delegazione del Calcio Napoli: il presidente Toto Naldi, l’allenatore Andrea Agostinelli ("Purché domani non ci si scordi di tutto"), il capitano della squadra Dario Marcolin, e Portanuova, Bonomi, Tosto. Duro il commento del sindaco di Avellino, Antonio Di Nunno sull' unico arresto dopo la guerriglia del Partenio: "Patetico". Il governatore della Campania, Antonio Bassolino è deciso: "Dobbiamo porre riparo. In Inghilterra dove hanno gli hooligans ci sono riusciti. Non è giusto che una città, la squadra debbano pagare per un gruppo ristretto di tifosi delinquenti. Bisogna individuarli". Il sacerdote che celebra i funerali guarda la madre di Sergio abbracciata alla bara del figlio e ammonisce: "Ricordatevi le lacrime di questa donna".

25 settembre 2003

Fonte: La Repubblica

© Fotografia: Positanonews.it

In chiesa silenzio, fuori è rabbia ultrà

Ai funerali di Sergio: "Noi seguiremo la squadra ovunque"

di Fulvio Milone

S.GIORGIO A CREMANO (Napoli) - "Alé Sergio, Alé Alé"; "Veronesi bastardi"; "Polizia di m...". Il corteo scandisce con rabbia gli slogan con le braccia in alto. I ragazzi con le sciarpe azzurre al collo sfilano davanti alla chiesa da cui la gente sta uscendo in silenzio. La bara di Sergio Ercolano è già partita sul furgone nero diretto al cimitero. Fra le navate il rito funebre si è celebrato con dolorosa compostezza. Ma è in strada che il veleno del tifo ultrà continua a scorrere, uno stillicidio che neanche la morte del ragazzo di 20 anni precipitato sabato nel fossato del Partenio di Avellino può arrestare. "Dovunque il Napoli giocherà, anche se a porte chiuse, noi ci saremo". E ancora: "O lo stadio o il carcere. Niente ci spaventa, per la nostra squadra siamo pronti a tutto". Cosa sono, se non avvelenati, quei cori gridati dai gruppi rimasti fuori dalla chiesa ? Sergio era un ragazzo pulito, lo dice anche la polizia. Eppure, in strada, gli hooligans del San Paolo tentano di impossessarsi del nome di questo morto innocente, pronunciandolo nei loro canti di guerra. C'è chi agita la felpa con su scritto "Odio Verona", e chi non rinuncia a insultare la polizia. I familiari di Sergio, schiantati dal dolore, avevano implorato da giorni di non trasformare questi funerali in una sceneggiata dai contorni troppo violenti, ma non sono stati ascoltati. Al contrario, sul sagrato qualcuno ha depositato cuscini di fiori inviati dai gruppi ultrà più sfrenati: "Masseria Cardone", "Mastiffs", "Vecchi Lyons", "Fedayn". Rabbia e veleno fanno da contrasto stridente con quanto è accaduto poco prima nella grande chiesa gremita da oltre mille persone. Davanti alla bara, Carmela Ercolano, madre di Sergio, scuoteva il capo senza sosta. Dalle labbra usciva un lamento continuo, straziante. Una zia, sfiancata dal dolore e dalla mancanza d'aria, è svenuta. La tragedia dei funerali di un ragazzo di 20 anni, però, si è consumata in un rispettoso silenzio. Gli amici del ragazzo, volti giovani e puliti, non hanno trattenuto le lacrime, ma non si sono mai abbandonati a scene di disperazione. Il padre, Maurizio, che ha seguito fino a qui il feretro proveniente da Avellino, dove in mattinata è stata eseguita l'autopsia, è stato grato per quel silenzio. "Si è gridato troppo", ha mormorato dopo aver ricordato l'ultima volta che ha visto il figlio: sabato pomeriggio, quando Sergio lo ha salutato e si è chiuso alle spalle la porta di casa che non avrebbe mai più aperto. "Non c'entrava con gli incidenti e con chi li ha provocati", dice. La memoria di quel ragazzo per bene, che si avviava a rilevare il negozio di ottica del padre, e che sognava un giorno di andare a vivere negli Stati Uniti, gli preme forse più del desiderio che sia fatta giustizia su quanto è accaduto al Partenio. E ha raccontato, il padre, che prima che la bara fosse chiusa ha voluto mettere fra le mani del figlio un bouquet di fiori bianchi inviato dagli amici più cari e un rosario con l'immagine di Padre Pio: "Me l'ha chiesto la madre, perché non vuole che Sergio si senta solo". Dall'altare, il parroco don Gennaro Andolfi ha lanciato un monito ai ragazzi assiepati fra le navate: "Ricordatevi delle lacrime di questa madre". Poi, durante l'omelia, ha avvertito che "lo sport, il calcio e gli svaghi non devono sostituirsi ai veri valori della vita". E ha aggiunto: "Oggi si vive solo una squallida vita tutta al presente, senza passato né futuro". Non lontano dalla bara, il presidente del Napoli Salvatore Naldi e l'allenatore Andrea Agostinelli hanno ascoltato a capo chino le parole del sacerdote. Il governatore della Campania, Antonio Bassolino, ha mormorato con la voce spezzata dall' emozione: "Non c'è niente, tanto meno una partita di calcio, che valga la vita di un ragazzo dì vent'anni".

25 settembre 2003

Fonte: La Stampa

Un addio tra maglie e fumetti "morte da non dimenticare"

di Patrizia Capua

San Giorgio a Cremano - La sua maglietta di Lupin, il fumetto giapponese, è appoggiata sulla bara, bianca come i cuscini di fiori che le fanno corona. C'è posto anche per la maglia rossa numero dieci, tazebao di firme di tutti gli amici, la sciarpa biancoazzurra del Napoli, un pallone. Il calcio, passione e morte di Sergio Ercolano, entra con prepotenza nella chiesa di Santa Maria dell’Aiuto, dove si assiepano oltre 1000 persone, due dei familiari svengono per la tensione e il caldo, e tante altre rimaste fuori, in questo triste pomeriggio di settembre. Fa da sfondo all' ultimo addio al ragazzo di 19 anni che per un tragico incidente ha perso la vita allo stadio Partenio. Il calcio buono e quello cattivo, mescolato alla folla che piange per lui. È nelle corone mandate dai gruppi organizzati del tifo partenopeo, Mastiffs, Fedayn. Negli applausi dei tifosi della curva quando il feretro entra in chiesa. Nel cuscino di rose inviato da Fabio Cannavaro, il suo idolo, a cui papà Maurizio, per far piacere al figlio, aveva chiesto di fare da testimonial agli occhiali da lui prodotti. Il calcio è nei cori esagitati del corteo di adolescenti con il viso indurito dalla rabbia che sfila in corteo al termine della funzione, ora che la bara di Sergio è già partita con il suo carico di dolore per il viaggio verso il cimitero di Poggioreale. C'è il Calcio Napoli ai funerali. Il presidente, Toto Naldi, nessuna dichiarazione da fare, i dirigenti De Leva e Iuliano, il tecnico Andrea Agostinelli, occhiali scuri, che dice: "Le colpe sono divise tra tutti. Purché già domani questa morte non sia già dimenticata", e i calciatori Mauro Bonomi, Dario Marcolin, capitano della squadra e Vittorio Tosto. Dura la dichiarazione di Antonio Di Nunno, sindaco di Avellino: "Allo stadio vige il diritto, il cosiddetto "diritto del sagrato", tutto è consentito". E alle spalle un’indagine che ha portato ad un arresto, ma con relativa scarcerazione. "Patetico" risponde il sindaco irpino. Il governatore Antonio Bassolino è accolto sul sagrato dai tanti cittadini impauriti dalla violenza che chiedono difesa, "fate qualcosa". "Bisogna individuare questi delinquenti e punirli. In Inghilterra sono riusciti a neutralizzare gli hooligans, dobbiamo farlo anche qui. Intanto è morto un ragazzo di 20 anni e non c'é nulla che possa valere un centesimo della sua vita. Non sarei stato in pace con me stesso se non fossi venuto qua. E sono sempre con i cittadini onesti e chiedo che si agisca contro quelli che non lo sono". Nello strazio della madre e nel dolore di un’altra madre, quella di un amico di Sergio che con lui divideva la passione sportiva. "Penso con angoscia che noi non conosciamo i nostri figli. Che ne sappiamo di quello che fanno quando sono fuori di casa ? - si sfoga la donna. E se allo stadio fossero come quelli che impugnano mazze di ferro con viso coperto dal passamontagna ? Spero che non sia il caso nostro, ma il dubbio, da oggi, mi sfiora e mi fa male". E il dolore si abbatte sul papà di Sergio che sviene alla fine della cerimonia. Nelle parole di don Gennaro Andolfi che lo ha visto crescere nella sua parrocchia. "Il presente sembra aver trasformato in valori, quelle realtà che sono surrogati di una vita squallida, tutta proiettata al momento presente da vivere senza un passato e senza un futuro" dice il decano dei parroci di San Giorgio, nella sua omelia rivolta ai giovani. "Un momento che tante volte si paga con il prezzo della vita. E non ci si rende conto che la vita è un dono così grande che bisogna curare, difendere e amare in sé stessi e negli altri". Ai giovani, don Gennaro, emozionato, rivolge la sua preghiera: "Amate la vita che possedete e ricordatevi delle lacrime di questa madre". Quando tutti ormai hanno lasciato la chiesa, lui resta, all' ultimo banco, e continua a scuotere la testa chiuso nell' incubo dei suoi ricordi. Riccioli neri, maglietta rosa, occhi pieni di lacrime. Alessandro, l’amico del calcetto, con Sergio sabato sera è partito per Avellino. Come è andata, Alessandro, quella sera ? "E’ successo tutto così in fretta. Si scappava e basta. Non si è capito niente". Chi era Sergio, Alessandro ? "Il migliore di noi".

25 settembre 2003

Fonte: La Repubblica

© Fotografia: Corriere.it

E sotto la curva B fiaccolata per Sergio

E Ieri sera, quasi in coincidenza con il calcio d'inizio della partita di Campobasso, alcune decine di tifosi hanno ricordato con una fiaccolata sotto la curva B del San Paolo Sergio Ercolano, il tifoso di 19 anni morto per le gravi ferite riportate nella caduta allo stadio Partenio di Avellino, prima del derby. Una gigantografia del tifoso, un "corredo" di candele e tanti applausi. I protagonisti della fiaccolata non hanno nemmeno voluto ascoltare la radiocronaca di Napoli - Ascoli perché - hanno ricordato - "questa serata è solo per Sergio e per la riflessione sul momento che stiamo vivendo, il calcio non c' entra".

28 settembre 2003

Fonte: La Repubblica

E lo stadio è per Sergio

di Maurizio Nicita

In tribuna anche papà Ercolano: Un’emozione "Sono qui per lanciare un messaggio chiaro contro ogni forma di violenza".

NAPOLI - Nel calderone dello stadio San Paolo, per 67 giorni chiuso al Napoli, c'é spazio per tutto in una strana serata autunnale. C'è soprattutto la memoria per Sergio Ercolano, il ragazzo di 19 anni morto il 22 settembre scorso a seguito delle gravi ferite riportate nella caduta al Partenio di Avellino, quella tragica notte del 20 settembre. Una foto gigante del ragazzo (regalata tempo fa ai tifosi dalla mamma Carmela) campeggia sulla pista, sotto la curva, accanto a uno striscione in inglese "Forever together" (per sempre insieme, n.d.r.). Davanti una grande scritta composta da tanti lumini accesi: "Vive". In tribuna c'é il papà di Sergio, Maurizio, accompagnato dal legale Maurizio Capozzo e da altri familiari. Entra sugli spalti quando la partita è appena cominciata e non si accorge, all' inizio, di quel ricordo del figlio e di altri striscioni a lui dedicati. "Sì, perché rientrare al San Paolo dopo oltre 12 anni mi ha fatto un effetto particolare - ci confida Maurizio Ercolano - difficile da spiegare a parole. Tante emozioni anche contrastanti, comunque forti. Sinceramente non so cosa dire. O almeno una cosa sì, il motivo per cui sono qui: lanciare un messaggio chiaro, contro ogni forma di violenza". Di più non dice Ercolano, ma proprio prendendo spunto dal suo appello chiaro e forte (già dopo gli scontri di Tempio Pausania aveva esortato gli ultrà a non esporre striscioni col nome del figlio, se intendevano continuare sulla strada dell’intolleranza), c'é da pensare che in quell' intreccio di sensazioni ce ne siano alcune non proprio positive per una serie di striscioni violenti e offensivi esposti con destinatari di varia umanità. Già, perché al San Paolo c'é spazio, e tanto, per insulti e minacce di ogni specie. Compresi i soliti, sconcertanti, cori contro i carabinieri. Così, tanto per non farsi mancare niente, dopo 35' di gioco c'é anche un ragazzo che scavalca dal settore distinti per un’invasione di campo tutto sommato abbastanza innocua: il tempo di abbracciare il mediano Bernini e poi il protagonista della bravata se ne va. Per fortuna c'é anche il calcio giocato. E la passione riesce a trascinare la gente di Napoli, quella che ancora sogna una squadra capace di scalare le posizioni e arrivare in serie A. E il bello del calcio sta proprio nell' imprevedibilità. Perché neanche i più incalliti ottimisti potevano prevedere un gol dopo soli 7 minuti di Max Vieri. A quel punto il boato del San Paolo ha riecheggiato per tutta Fuorigrotta, come ai bei tempi. E poco importa se la curva B si era imposta 10 minuti di silenzio "contro il sistema calcio". A quel paese la protesta: arriva un gol importante ed è giusto gioire, rumorosamente. E quando poco più di un’ora dopo lo stesso centravanti raddoppia l’urlo sale ancora più forte e il popolo azzurro inneggia a Vieri. Ma la dimensione di cosa potrà diventare, una volta in più, questo stadio per il Napoli, la si ha quando Borgobello va a battere il rigore del 2-1. I fischi dei 25 mila e passa spettatori rischiano di spaccare i timpani. Poi la spinta finale, nel momento della sofferenza dei ragazzi di Gigi Simoni, per spingerli alla prima vittoria casalinga. Chi rimarrà con i rimpianti è Andrea Agostinelli, che questo ritorno al San Paolo lo aveva agognato, ma che è stato esonerato per pareggite acuta. Curata dal suo successore che ha perso la prima e vinta la seconda. E a Fuorigrotta si ritorna a far festa. Meglio ricordare questo. ma. ni.

21 novembre 2003

Fonte: La Gazzetta dello Sport

© Fotografia: Napolike.it

"Cinque mesi senza il mio Sergio"

di Maurizio Nicita

Il dolore di papà Ercolano: "Non accuso nessuno, ma non deve accadere più. Servono leggi dure" Vorrei tanto incontrare un ministro, uno di quelli che hanno potere. Vorrei costituire una fondazione benefica a nome di Sergio.

S. GIORGIO A CREMANO (Na) - Il viso tirato dalla tensione, lo sguardo immerso in altri pensieri diventano di colpo un sorriso disteso quando squilla il telefono: "Peppe, amore mio, che c'è ? Sì, papà torna a casa e ti porta l’ovetto Kinder. Un bacio, arrivo presto". Poi spiega: "Da quando è morto Sergio, in quella tremenda notte ad Avellino, la vita della mia famiglia è stata stravolta. Per trovare la forza per andare avanti, io e mia moglie Melina dedichiamo tutto agli altri nostri figli. Roberta, 22 anni, lavora qui nel laboratorio ottico di famiglia. Ma il problema è Peppe, che a soli tre anni ogni giorno ci chiede del fratello Sergio cui era legatissimo. Gli spiego che non tornerà più, perché è stato chiamato da Gesù. E lui pronto: "Allora Sergio è un angioletto !". La foto di famiglia "scattata" da Maurizio Ercolano, 42 anni, papà del ragazzo che durante le violenze al Partenio lo scorso 20 settembre precipitò da oltre dieci metri e morì successivamente per le gravi ferite riportate, è al tempo stesso dolce e drammatica. Sono passati quasi 5 mesi, ma a San Giorgio a Cremano, in quella casa, il tempo si è fermato. E diventa maledettamente complicato andare avanti. Sulla scrivania del laboratorio emerge una grande foto di Sergio, alla parete sono state appiccicate delle foto di famiglia, nella stanza a fianco il diploma di Ragioneria del ragazzo è incorniciato e appeso. Papà Maurizio dalla tasca di pantaloni tira fuori il portafoglio: "E' quello che Sergio portava con sé quella notte. La patente, la carta d'identità, c'erano pure 180 euro che sono scomparsi... Ora lo porto sempre con me". Al suo fianco c'é il fratello Sergio, lavorano insieme e lui è stato un supporto importante nella vicenda: "Ho cercato di fare da filtro in quei momenti. Io con l’avvocato Capozzo ho fatto il sopralluogo allo stadio. Di come sono andate le cose in quei momenti non ho nemmeno parlato con Maurizio", che ascolta attonito e per la tensione spezza un cucchiaino di plastica martoriato fra le dita dopo l’ennesimo caffè. Ci guarda dritto negli occhi per affermare con dignità e dolore: "So che mio figlio è morto per scappare. Perché aveva paura. Non so a cosa approderà l’inchiesta giudiziaria, se stabilirà delle responsabilità che evidentemente ci sono. Comunque finisca nessuno mi restituirà Sergio e il suo entusiasmo verso la vita. Io non accuso nessuno, ma chiedo a tutti quelli che hanno potere di intervenire, di fare qualcosa perché non accada più. Perché non ci siano altre famiglie come la nostra sconvolte dalla morte". La ferita è aperta e chissà quando potrà richiudersi, ma la voglia di reagire c'é e Maurizio Ercolano merita grande rispetto anche per la capacità di guardare oltre, di pensare agli altri: "Vorrei avere la possibilità di incontrare un ministro, uno di quelli che ha potere per proporre e far approvare un decreto. Gli direi: avete voglia di risolvere il problema della violenza negli stadi ? E allora intervenite con leggi più severe. In Inghilterra chi invade il campo va in galera e sconta subito una pena, senza condizionale. E il problema hooligan è stato risolto. Questo è il reale deterrente: se sarà così anche in Italia salveremo altre vite". Repressione, ma anche prevenzione, Ercolano non lo dimentica: "Sergio era un ragazzo dolcissimo, non un fanatico. Era appassionato del Napoli, ma senza eccessi. In trasferta andava raramente e quella maledetta sera andò ad Avellino anche perché lì andava a trovare degli amici conosciuti in estate in Calabria. Dico questo perché è giusto che un giovane nutra le sue passioni, come io andavo al San Paolo ai tempi belli di Maradona. Ma occorre che si possa andare in tutta sicurezza allo stadio. Oltre un problema di leggi, ce n'è un altro educativo: tanti giovani devono imparare i valori dello sport. Per questo spero, con l’aiuto di chi ci è stato vicino, di costituire una fondazione a nome di Sergio, che porti a compimento iniziative benefiche e al tempo stesso realizzi un progetto educativo. Ne ho parlato con l’Aicovis, l’associazione contro la violenza degli stadi, che mi ha nominato ambasciatore, e con altri gruppi che mi stanno dando una mano per cominciare. Il 25 aprile stiamo organizzando allo stadio Collana una manifestazione che raccoglie fondi per comprare un’ambulanza per bambini leucemici. Un primo passo. Noi come famiglia non abbiamo problemi economici e non chiediamo nulla, ma se qualcuno ci vorrà dare una mano per la fondazione, ben venga". Tra tanta solidarietà ricevuta, c'é anche però amarezza legata in particolare a 2 personaggi: "Il patron dell’Avellino, Casillo, non si è mai visto in quei giorni e mai si è fatto vivo con la nostra famiglia. Non pretendiamo nulla, ma rispetto sì. Quello che non ha avuto Zeman, che il giorno dopo parlò di una morte quasi voluta. Evidentemente non conosce bene i fatti. Soprattutto lo invito a venirci a trovare, per capire cos' è la famiglia Ercolano, per farsi raccontare che ragazzo d'oro era Sergio, sempre disponibile. Uno che il calcio lo amava e che si è ritrovato per i casi della vita nel posto sbagliato al momento sbagliato". Domenica finalmente si giocherà quel derby che all' andata venne annientato da un branco di teppisti: Maurizio Ercolano non ci sarà, con ogni probabilità sarà ospite di Enrico Varriale a Stadio sprint. "Fra Napoli e Avellino dovrà essere una festa di sport, senza violenze, senza eccessi. Lo dico ai ragazzi che vanno allo stadio, lo ricordo anche ai protagonisti sul campo che devono dare sempre il buon esempio. Solo così la memoria di Sergio potrà essere davvero onorata".

IL COMMENTO - Una risposta dal legislatore - Perché la vita di Sergio Ercolano non voli via inutilmente occorre intervenire con fermezza e decisione. A 5 mesi da quell' orrenda notte al Partenio, passato il momento dell’emotività, sono rimasti sul campo i problemi di sempre. L' appello, non disperato ma dignitoso, di un padre che ha perso un figlio e i ragionamenti più tecnico-legislativi di un procuratore della Repubblica di grande esperienza hanno un denominatore comune, condiviso da molta gente: il legislatore, e dunque il governo per decreto e successivamente il parlamento, possono e devono fare di più. Dei protagonisti di quella notte di follia, identificati con una serie impressionante di prove filmate, solo uno è ancora agli arresti domiciliari, altri hanno patteggiato, altri ancora sono in attesa di giudizio. Il messaggio che arriva a certe frange violente è chiaro: si può mettere a ferro e fuoco uno stadio davanti a 20 mila spettatori e telecamere che portano le immagini in ogni angolo d'Italia (e non solo, ahinoi) senza pagare dazio, o scontando pochi giorni di galera. L' Inghilterra, tanto sventolata dai dirigenti pallonari e dai politici, è assai più lontana di quanto ci mostri il mappamondo. Lì se invadi un campo vai dentro, senza condizionali. Amen. Abbiamo sentito tuonare il nostro viceministro Pescante: "Li voglio vedere in galera, questi delinquenti !". Ma tecnicamente questo non è possibile se non saranno inasprite le pene. Colpisce una frase del magistrato: un reato da stadio, per rilevanza e pericolo sociale, non può essere punito alla stregua di uno schiamazzo notturno. Giusto, ma certe risposte spettano anche alla magistratura, perché se la Cassazione dovesse dar ragione al tribunale del riesame "smontando" la tesi della devastazione, la nostra pericolante civiltà farebbe un ulteriore passo indietro. ma. ni.

18 febbraio 2004

Fonte: La Gazzetta dello Sport

© Fotografie: Unipegaso.it - Filmato RAI

"Vado allo stadio e ricorderò Sergio"

di Giovanni Marino

Di lui, dodici mesi dopo la tragedia, si è ricordato Pierpaolo Marino, il direttore generale di questo nuovo Napoli che riempie lo stadio nonostante la serie C. "È stato bello sentirsi cercati perché nessuno perda la memoria di quanto avvenne a Sergio, lo ringrazio di cuore; ora devo studiare per bene le parole, il discorso che farò sul campo; voglio che sia incisivo, convincente; spero di rimanere lucido". Maurizio Ercolano racconta come, di colpo, in una sera che doveva essere di festa, sulla sua vita cadde un lutto insopportabile. "Alle 14 avevamo pranzato tutti assieme, c'erano mia moglie Carmela, mia figlia Roberta, di due anni più grande di Sergio ed il nostro piccolino, Giuseppe, che oggi ha tre anni e mezzo e cerca ancora il fratello maggiore. Lui, Sergio, era solare e allegro come sempre; non era mai andato in trasferta perché non era un ultras sfegatato o violento, ma solo un semplice tifoso, come tanti altri; prudente e un po' pauroso; ma quel giorno era sabato, si giocava di sera a pochi chilometri di distanza, c’era il derby, in vacanza aveva anche conosciuto dei simpatici amici avellinesi e mi chiese di andare; non ebbi la forza di dirgli di no. Quella sera uscii con Carmela per cenare al Borgo Marinari, poi dovevamo andare al concerto di Gigi Finizio; squillò il telefonino, era Roberta: "Papà, vieni subito, Sergio si è fatto male". Mentre correvo verso casa dicevo fra me e me: avrà litigato con qualcuno, qualche botta, forse un livido brutto, lui che è un tipo pacifico non si sarà neppure difeso bene; mai avrei pensato al peggio; poi il telefonino ha ripreso a squillare con frequenza, notizie sempre più brutte, sempre più brutte". "Ercolab" è il nome della piccola impresa di famiglia. A San Giovanni a Teduccio. Nei locali, molte foto di Sergio. "Questo posto era una delle sue ambizioni: voleva lavorare qui, con me, con sua sorella; non ha fatto in tempo neppure ad iniziare; si era appena diplomato in Ragioneria, ma voleva seguire le mie orme. Avremmo iniziato dopo poco tempo. Non vedeva l’ora di rendersi utile. Invece è arrivata la notte di Avellino. Il diploma l’ho ritirato io, è appeso qui, nel mio ufficio; Sergio non c’era più, come i nostri sogni di una vita in comune, di un lavoro in comune, padre e figlio". Maurizio Ercolano ha uno scatto: "Si passi una mano sulla coscienza chi sa di avere avuto un ruolo nella tragedia di mio figlio; come si sente questa gente ? È innaturale, inconcepibile, che un ragazzo perda la vita per una partita di pallone; la violenza non c' entra niente con lo sport, deve restare fuori dagli stadi, è un gioco il calcio, non una guerra". Poi parla di se stesso, della passione azzurra trasmessa al figlio: "Io sono stato un tifoso vero fino al 1991, l' ultimo anno del grandissimo Diego Armando Maradona con i nostri colori; anni fantastici, irripetibili, di gioia sportiva, di sani sfottò e nient' altro, di vittorie importanti; Sergio era piccolino quando lo portai per la prima volta al campo, era un Napoli-Atalanta, epoca ancora d'oro, con Diego che faceva magie. Eravamo in tribuna e Sergio tutto guardava, tranne la partita; come fanno i bambini, attratti dai colori, dai suoni e dalla allegra confusione; poi, dopo che Diego dovette andar via per quella storia di doping che, personalmente, non mi ha mai convinto per tempistica e modalità, ho lasciato cadere quella passione e mi sono distaccato un bel po’. Invece Sergio, piano piano si è avvicinato al tifo. Andava allo stadio solo quando si giocava in casa perché, come ho detto, era un po' pauroso, proprio come me, e in trasferta potevano esserci dei problemi, meglio evitare; è andato solo una volta fuori, maledizione, è stata l’unica e l’ultima; certe volte mi colpevolizzo e mi chiedo: se lo avessi fatto più cattivo, il mio ragazzo, forse sarebbe ancora vivo. Ma sono tormenti che non me lo ridaranno indietro". Giuseppe ha 3 anni e mezzo, è un bimbo, dolce "e per tante cose somiglia molto a suo fratello", dice Maurizio Ercolano. "Nei momenti più bui Giuseppe, così indifeso e piccolino, è stata la ragione per cui andare avanti", confessa. Domani Maurizio Ercolano torna allo stadio. "Per onorare la memoria di mio figlio, perché non succeda mai più. Non sembri un controsenso: la assurda fine di Sergio mi ha riavvicinato al campo; ho fatto l’abbonamento in tribuna; mi sento vicino a lui sugli spalti, lì posso battermi contro la violenza e sogno uno stadio dove i tifosi di squadre diverse assistono assieme alla partita, magari prendendosi in giro, ma sempre in amicizia e nel segno dello sport".

16 ottobre 2004

Fonte: La Repubblica

© Fotografia: Orticalab.it

Parla il padre di Sergio "Allo stadio per vivere"

di Giovanni Marino

Non ha mai visto le immagini di quella notte maledetta. In cui suo figlio perse la vita. "E mai le vedrò, mi rifiuto; forse è il modo con cui la mente non vuole accettare l’assurda fine del mio ragazzo: non si può morire di calcio". Era il 20 settembre di un anno fa quando Avellino-Napoli si trasformò nel derby della violenza e della follia. "Sergio era alla sua prima trasferta, aveva con sé un panino che mia moglie gli aveva preparato, una Coca-Cola e 200 euro che gli avevo dato perché voleva comprarsi un bel paio di scarpe. È tornata indietro solo la lattina vuota. Qualche ignobile sciacallo, mentre Sergio perdeva la vita, lo derubava". Maurizio Ercolano, un anno dopo. Alla vigilia di un altro Napoli-Avellino, seppure in uno stadio diverso e una categoria più sotto. Un incontro che lo vedrà al San Paolo. Con una missione cui tiene molto: testimonial anti-violenza. "Leggerò un appello alla pace e alla solidarietà tra i tifosi, quello che è accaduto a me non voglio che succeda più a nessuno". Un anno senza suo figlio Sergio, morto a 19 anni nello stadio Partenio, precipitato dagli spalti mentre tutt' attorno infuriavano gli scontri che sarebbero culminati con una caccia al carabiniere e al poliziotto ripresa in diretta dalle tv. Un anno di molte parole e di pochi fatti. "Avevo chiesto soltanto una cosa alle istituzioni: di trovarmi un piccolo suolo per fare riposare Sergio, per costruirci una cappella; pagando, sia chiaro; sto ancora aspettando; un amico, un consigliere comunale della Margherita, Mauro Scarpitti, si è attivato e a una manifestazione il sindaco Iervolino aveva detto di sì. Invece, niente".

16 ottobre 2004

Fonte: La Repubblica

Avellino - Premio a Sergio Ercolano: il padre contro i due club

Avellino - Sono state parole di fuoco quelle di Maurizio Ercolano. Intervenuto questo pomeriggio alla consegna delle borse di studio e dei buoni libro assegnati ai giovani studenti della città di Avellino che hanno preso parte alla prima edizione del Premio Sergio Ercolano. Un incontro tenutosi presso la chiesa del Carmine alle 18.30. Tema del concorso "Un calcio alla violenza". Alla premiazione sono intervenuti l’assessore alla Cultura, Pubblica Istruzione, Politiche Giovanili e Sport, Toni Iermano, il primo cittadino del capoluogo irpino, Giuseppe Galasso, il presidente dell’Avellino calcio, Marco Puglise e l’addetto stampa del Napoli soccer Baldari. Il padre del tifoso scomparso in quel tragico 20 settembre 2003 in occasione del derby tra Avellino e Napoli di serie B ha rilasciato dichiarazioni amare. Presente alla gara di ritorno del campionato svoltasi al Partenio tra i due club campani, Maurizio Ercolano fa sapere che questa volta non ci sarà, anche perché "non ho ricevuto nessun invito" ma ammette che non sarebbe intervenuto in ogni caso. "Per me è finito il tempo dei derby tra Avellino e Napoli - afferma - È finito il tempo delle gare di questo genere. I due club hanno solo strumentalizzato quello che è successo a mio figlio. Tante promesse, tante parole ma nessuna è stata mantenuta. L’unico segnale è venuto dall’Amministrazione Comunale di Avellino con queste borse di studio in onore di Sergio. Riguardo alla gara dico che è un incontro importante che vale la serie B. Non voglio dire chi sia favorito o meno. Voglio solo invitare i tifosi a non creare disordini ma solo a divertirsi al di là di chi vince e chi perde. Lo sconfitto dovrà applaudire il vincitore, questo sarà un modo per onorare mio figlio". Parole, che scaturiscono da un dolore che non ha mai accennato a diminuire. Da un ricordo che non potrà mai essere cancellato. E da tante parole, che hanno continuato a rimanere solo tali.

15 giugno 2005

Fonte: Irpinianews.it

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