Roberto Bani, uno di noi
!
Sono
passati ormai 11 anni da quella
tragica trasferta, ma ricordo
ancora molto bene la
disperazione di quei cinquanta
ragazzi che avevano raggiunto
Salerno pieni di gioia, fierezza
ed orgoglio bresciano. La
maggior parte arrivò in treno,
qualcun altro in macchina (non
c'era ancora la netta
contrapposizione di Mentalità e
di settori che esiste oggi, ma
la situazione non era comunque
delle migliori). L'accoglienza
da parte degli Ultras
Salernitana fu pacata e
rispettosa. L'amicizia che oggi
ci lega alla loro Curva non era
ancora nata, ma il rispetto era
forte e reciproco. Non ci fu
quindi nessun problema o
tensione con loro. Quello che
successe all'interno del settore
ospiti, durante la partita, fu
semplicemente una disgrazia che
colpì duramente la nostra Curva.
Un banale spintone che,
tragicamente, fece cadere
Roberto all'indietro. Su quegli
scalini di cemento, si spense di
colpo la felicità che ci aveva
accompagnato fino a quel momento
(nonostante si perdesse due a
zero) e fu sostituita dalla
disperazione, dallo sgomento ed
in seguito dalla rabbia.
Infatti, ci rendemmo conto
immediatamente della gravità di
quel gesto tanto assurdo quanto
involontario. Chi per primo
soccorse Roberto Bani, capì
immediatamente che soltanto un
miracolo lo avrebbe risvegliato.
Io me ne resi conto molto più
tardi, forse perché non volevo o
non potevo accettare un simile
destino. La partita, inutile
dirlo, per noi finì in quel
momento. Ripiegammo lo
striscione ed uscimmo dal
settore. Qualcun altro restò
fino alla fine e, al termine
della partita, ''invase" il
rettangolo di gioco, sfogando
tutta la sua rabbia contro chi,
all'oscuro di tutto, aveva
continuato comunque a
''giocare". Sicuramente i
giocatori non potevano rendersi
conto di quanto era successo,
anche se la partita fu sospesa
per qualche minuto per
consentire l'intervento dal
campo dei medici. Chi invece
ebbe delle gravi responsabilità
in questa vicenda, anche se non
vorrei neanche nominarla, fu
proprio la nostra società che,
forse per paura di essere
coinvolta e quindi penalizzata,
si guardò bene dall'interessarsi
dei suoi tifosi (il lupo perde
il pelo ma non il vizio !). Al
contrario, la città ed il grande
pubblico di Salerno si
interessarono alla vicenda,
stringendosi intorno alla
famiglia di Roberto durante gli
ultimi giorni della sua vita e
rimediando alle mancanze, ai
doveri ed alle responsabilità
della nostra società. Purtroppo,
tutta la solidarietà e l'affetto
dei salernitani non bastarono a
far rivivere Roberto. Neanche i
tentativi dei ragazzi del gruppo
"Sezione" (che si erano fermati
a Salerno per non lasciarlo
solo) di risvegliarlo dal coma
servirono a molto. La notizia
della sua morte me la diede
proprio uno di loro mentre,
insieme ad un amico, stavo
ritornando a Salerno per poterlo
salutare. Fu una botta tremenda.
Quando giungemmo a destinazione
l'ospedale era ormai chiuso,
quindi non potemmo dargli
neanche l'ultimo saluto.
Nonostante la disperazione,
passammo comunque una serata in
compagnia di ragazzi
straordinari, che ci fecero
sentire come fossimo a casa
nostra. Questo ci risollevò
molto, anche perché ci rendemmo
conto che la famiglia di Roberto
non era stata lasciata sola da
tutti durante quella tragica
settimana. Ripartimmo da Salerno
prima di mezzanotte, anche
perché il giorno dopo si giocava
col Genoa e, assolutamente, non
volevamo mancare alla prima
partita con Roberto che ci
seguiva dall'alto. Nel primo
tempo si decise di restare in
silenzio e tutti rispettarono
questa decisione (non crediate
che fosse così facile e
scontato, allora la Curva non
era così unita, ''rispettosa'' e
matura). Poi, oltre ai cori
potenti per Roberto, ci furono
dure contestazioni nei confronti
della società, rea appunto di
essersi comportata con molta
leggerezza. Oggi, molti di
quelli che allora sfogarono
violentemente la loro rabbia
hanno già dimenticato e sono
persino giunti a premiare il
presidente che si macchiò di
tanta ''infamia''. Noi no ! Noi
non dimentichiamo ! E quando
facciamo il coro per Roby Bani
un po’ di rabbia da quel coro
esce ancora.
Fonte: Dal libro ''C'è
baruffa nell'aria'' degli Ultras
1911 Curva Nord (Brescia)
Ultras uniti nel ricordo
di tanti tifosi che non ci sono
più e di Roberto Bani
Dalla tragedia al
gemellaggio: sabato festa
all'Arechi
di Gaetano Ferraiuolo
Non
sempre disordini o sfottò tra
tifoserie avversarie, per
fortuna ci sono le amicizie e i
gemellaggi che durano anche nel
tempo. Se con Bari e Reggina i
rapporti di fratellanza durano
ormai da decenni e si sono
consolidati con il tempo anche
grazie alla "relativa" vicinanza
geografia che permetteva alle
curve di garantire presenza
sugli spalti quasi tutte le
settimane, con il Brescia, si
sta rinsaldando quotidianamente
una bella e sincera amicizia,
merce rara tra piazze del Nord e
del Sud che, per antonomasia,
sono spesso rivali. Tutto è
cambiato all'improvviso e
purtroppo in seguito ad una
tragedia che ancora oggi
rappresenta una ferita aperta
nel cuore di tutti, precisamente
dopo che il 4 maggio 1997 in un
Brescia-Salernitana, Roberto
Bani, tifoso delle rondinelle
nell'intervallo di gara cade e
batte la testa violentemente sui
gradoni dell'Arechi con epilogo
fatale dopo sei giorni di
ricovero all'Ospedale San
Leonardo di Salerno. Proprio in
quella circostanza l'intera
tifoseria granata seppe
stringersi al fianco della
famiglia e della torcida
biancazzurra con grande cuore e
senso di responsabilità, un
gesto che non passò inosservato
e che diede vita ad un
gemellaggio proprio in onore di
chi aveva perso la vita
all'Arechi per seguire la
squadra del cuore in una delle
tante trasferte con gli amici di
sempre e che mai avrebbero
pensato che per Roberto sarebbe
stato l'ultimo viaggio.
Dilungarci in troppe parole
sembrerebbe retorico, dunque
preferiamo raccontare del
rapporto tra bresciani e
salernitani attraverso una nota
ripresa dal blog "La Tifoseria
Bresciana" pubblicata un anno e
mezzo fa in occasione di
un'amichevole di beneficenza
denominata "Tutti uniti per
Francesco", quando fu indetta
un'amichevole Darfo-Brescia per
raccogliere fondi, un po' come
accadde per Armandino:
"Brescia-Salernitana: un
gemellaggio che si rafforza ogni
anno !
"Non tutti sanno che questo
gemellaggio è da ricondurre
sostanzialmente al 4 Maggio del
1997 (anche se l’amicizia è nata
già prima), tredicesima giornata
del campionato di Serie B, la
Salernitana ospita le rondinelle
che alla fine della prima
frazione di gioco sono sotto per
3-0. Durante l’intervallo nel
settore ospiti accade la
tragedia: Roberto Bani (ultrà
del Brescia) batte in maniera
violenta con la testa sui
gradoni dell’Arechi. Dopo 6
giorni all’Ospedale di Salerno,
Roberto volò in cielo. I
salernitani sconvolti
dall’accaduto raccolgono
contributi per aiutare la
famiglia di Roberto, stessa cosa
ovviamente fanno i supporter
bresciani. I sostenitori campani
cercarono di stare vicini alla
famiglia di Roberto nei giorni
della sofferenza, con ospitalità
e solidarietà. Negli anni si
susseguono tanti striscioni:
"Roby-Salerno. Uniti nel cuore:
grazie" il messaggio dei
bresciani, "Roberto Bani: un
ultras non si dimentica", il
messaggio dei campani. Negli
ultimi anni la tifoseria granata
non ha mai fatto mancare la sua
vicinanza alla tifoseria
bresciana soprattutto dopo la
morte di Andrea Toninelli,
tifoso bresciano morto dopo
l’incidente di ritorno dalla
trasferta di Livorno. "Da Ciro a
Vincenzo, da Simone a Giuseppe,
da Aldo fino al Siberiano.
Rendiamo omaggio all’Amico
Salernitano". Questo lo
striscione invece esposto nella
Curva Nord del Brescia
all’ingresso in campo delle
squadre a settembre. Un
messaggio che è stato accolto
dagli applausi dei sostenitori
del "cavalluccio". Non importa
quale sarà il risultato, di
sicuro anche questa volta sarà
una festa sugli spalti".
Inutile
aggiungere altre parole: Brescia
e Salerno hanno già vinto...
25 aprile 2018
Fonte: Ottopagine.it
Roberto Bani, il ricordo
del fratello: le lacrime
e l’orgoglio per il
gemellaggio Brescia-Salerno
di Dario Cioffi
Roberto
Bani era un ultrà del Brescia.
Un lavoratore, che nella vita
faceva il fabbro. Un ragazzo di
28 anni. Si spense in un’età in
cui dovrebbe esser vietato
morire, mentre tifava per la sua
squadra. In una trasferta
all’Arechi. I suoi ultimi
gradoni, prima del Paradiso. Era
la primavera del 1997. Roby
macinò quasi 800 chilometri per
esser al fianco della Leonessa,
e incitarla nella partita contro
la Salernitana. Fu il tragico
capolinea di un’esistenza troppo
breve. L’incidente sugli spalti,
il trasporto in ospedale, il
coma, l’angoscia, la speranza,
le preghiere e infine le
lacrime. Che neppure il tempo,
vent’anni dopo, stavolta ha
asciugato. Non sul volto di
Federico Bani, suo fratello
maggiore. "È tutta colpa mia.
Gli ho trasmesso, fin da
quand’era piccolo, la passione
per il calcio e l’amore per la
maglia", racconta singhiozzando
e viaggiando con la mente nei
ricordi di un’infanzia vissuta
insieme, con la testa nel
pallone, respirando l’odore acre
dei fumogeni e saltellando su
quei gradoni ch’erano la loro
seconda casa. "Sono cresciuto
con gli ultras del Brescia da
quando avevo 16 anni, oggi ne ho
54. Roberto, ch’era più piccolo,
mi ha seguito. Era una persona
speciale, un amico di tutti. E
se qualcuno pensa che siano le
"solite frasi fatte", invito a
riflettere sul perché, vent’anni
dopo la sua morte, il ricordo
sia ancora così forte", spiega
Federico che quel giorno, nello
stadio con il nome da principe,
non c’era. "Avevo un impegno
familiare, era un periodo in cui
cominciavo a viaggiare un po’
meno. Mio fratello no, lui
andava ovunque. Lo raggiunsi a
Salerno solo dopo aver saputo
ch’era stato ricoverato in
ospedale. E versava in
condizioni gravissime". Roby
Bani lottò - invano - contro la
morte per qualche giorno, in un
letto del Ruggi, dove il popolo
granata si mobilitò nella
speranza che il destino non
mostrasse il suo volto più
crudele. "I salernitani furono
grandi. Straordinari. Di quei
momenti drammatici ho ricordi
sbiaditi, confusi, non riuscirei
oggi a focalizzare i volti delle
persone che ci ritrovammo al
nostro fianco. Ma di sicuro
c’era tanta gente, con un cuore
immenso", è la memoria ancora
viva di Federico, con i tormenti
nella testa e però pure con un
sorriso nell’anima. "Tra le due
tifoserie c’era già rispetto
(fin dall’alba degli anni
Novanta, ndr). Il gemellaggio
che è nato in nome di mio
fratello, a seguito della
solidarietà che la mia famiglia
e gli ultras bresciani
ricevettero in occasione di
quella tragedia, è un motivo
d’orgoglio". Sì, perché gli
ultimi giorni di Roberto furono
i primi di un’amicizia poi
diventata fratellanza, un
rapporto autentico e più forte
del fuoco. Arde da un ventennio,
e s’alimenterà ancora, in un
altro Brescia-Salernitana che è
prima di tutto l’incrocio e
l’abbraccio di due torcide che
s’ammirano ("Guardo sempre con
piacere i video della Curva Sud
Siberiano - ancora Federico - Un
grande spettacolo"). Sempre nel
segno e nel ricordo di Roby.
"Custodisco ancora la sua
sciarpa, avrà quarant’anni
adesso. Gliela regalai io, e mio
fratello l’aveva con sé, stretta
al collo, pure quel giorno
all’Arechi". La sua ultima
trasferta. I gradoni prima del
Paradiso.
1 dicembre 2017
Fonte:
Macchiedinkiostro.com
Salernitana-Brescia,
Federico Bani ricorda
il fratello Roberto:
morì dopo una gara all’Arechi
di Dario Cioffi
Il decesso del 28enne
ultrà lombardo, nel ‘97, fece
nascere il gemellaggio tra le
due tifoserie.
SALERNO
- I ricordi sono cicatrici
nell’anima, però pure il
sollievo di "chi resta",
racchiuso in simboli che hanno
un cuore. Quello di Roberto Bani
è tutto in una sciarpa "vecchio
stampo", la prima che fu
realizzata dagli ultras del
Brescia. Un cimelio d’epoca
pioneristica che al fratello
maggiore Federico, 54 anni,
serve per sentire ancora il suo
battito. "Glielo regalai io,
quel vessillo. Era la sciarpa
che Roberto aveva con sé
all’Arechi. Nella sua ultima
partita", racconta singhiozzando
mentre nella mente ritorna il
sorriso del fratello a
riempirgli gli occhi, assai più
nitido d’una fotografia
sgualcita dal tempo, che
custodisce nel portafogli. Era
un ragazzo 28enne, Roby Bani,
quando il 4 maggio del 1997
raggiunse Salerno per sostenere
il suo Brescia. Come faceva
sempre. Ovunque. "È tutta colpa
mia - dice Federico con un riso
amaro e commosso. Gli ho
trasmesso, fin da quand’era
piccolo, la passione per il
calcio e l’amore per la maglia".
Non è un rimpianto, ovviamente.
È soltanto un viaggio nel tempo,
in un’infanzia vissuta insieme,
con la testa nel pallone,
respirando l’odore acre dei
fumogeni e saltellando su quei
gradoni ch’erano la loro seconda
casa. "Sono cresciuto con gli
ultras del Brescia, da quando
avevo 16 anni. Roberto, ch’era
più piccolo, mi ha seguito. Era
una persona speciale, un amico
di tutti. E se qualcuno pensa
che siano le "solite frasi
fatte", invito a riflettere sul
perché, vent’anni dopo la sua
morte, il ricordo sia ancora
così forte", spiega Federico che
quel giorno, nello stadio con il
nome da principe, non c’era.
"Venni a Salerno solo dopo aver
saputo che mio fratello era
stato ricoverato in ospedale. E
versava in condizioni
gravissime". Roby cadde nella
tribuna dell’Arechi, dov’erano
sistemati i tifosi ospiti. Fu
trasportato al Ruggi e lì lottò
- invano - contro la morte per
qualche giorno, tra l’angoscia
di familiari e amici. Però con
il sostegno del popolo granata.
"I salernitani furono grandi.
Straordinari. Di quei momenti
drammatici ho ricordi sbiaditi,
confusi, non riuscirei oggi a
focalizzare i volti delle
persone che ci ritrovammo al
nostro fianco. Ma di sicuro
c’era tanta gente, con un cuore
immenso", spiega Federico che da
allora è tornato più d’una volta
a Salerno. "Tra le due tifoserie
c’era già rispetto, fin
dall’inizio degli anni Novanta.
Il gemellaggio ch’è nato in
memoria di mio fratello, a
seguito della solidarietà che la
mia famiglia e gli ultras
bresciani ricevettero in
occasione di quella tragedia, è
un motivo d’orgoglio". Già,
perché quest’amicizia poi
diventata "fratellanza" si
cementò proprio nel segno di
Roberto Bani. Il giovane, ch’era
amico di tutti nella torcida
della Leonessa. Il lavoratore,
che per una settimana intera
faceva il fabbro. L’ultrà, che
ogni domenica (allora si giocava
il sabato solo per l’anticipo su
Tele+2) viveva la sua passione
sugli spalti. Il simbolo, Roby,
d’un rapporto che domani sarà
rinnovato prima e dopo
Brescia-Salernitana del
Rigamonti. Per Bani è una gioia
che si mischia al pianto.
"Guardo sempre con piacere i
video della Curva Sud Siberiano.
Un grande spettacolo", chiosa
Federico, garantendo che "ci
sarò anch’io a dare il benvenuto
ai granata, ché certe cose non
si dimenticano". Pure se sono
cicatrici nell’anima…
1 dicembre 2017
Fonte:
Lacittadisalerno.it
Morì sui gradoni
dell’Arechi
Salernitana e Brescia
nel segno di Roberto Bani
di Tommaso D'Angelo
Le
rivalità che si fermano, si
bloccano, di fronte a tragedie
che ti segnano per sempre. Ne
sanno qualcosa gli ultras di
Brescia e Salernitana che, ormai
quasi vent’anni fa, diedero vita
ad una forte amicizia dopo la
morte di "uno di loro". Il segno
di Roberto Bani è ancora
tangibile. La curva lombarda lo
ricorda costantemente, come se
quel loro "fratello" fosse
ancora in mezzo a loro.
Maledetta fu la trasferta
all’Arechi del maggio 1996,
quando Roberto, per motivi
futili, cadde sui gradoni della
Curva Nord. La corsa in ospedale
e il ricovero furono inutili. Il
giovane tifoso bresciano spirò
dopo alcuni giorni di agonia al
Ruggi, nonostante i tentativi
incessanti dei medici del
nosocomio salernitano di
salvarlo. I tifosi della
Salernitana, compresa subito la
gravità della situazione, misero
da parte ogni tipo di rivalità,
mettendo a disposizione ogni
mezzo per permettere agli amici
di Roberto e alla sua famiglia
di stargli vicino nelle
drammatiche ore che seguirono
quell’incidente e dando tutto il
sostegno possibile in momenti
concitati in cui anche la
carezza di uno sconosciuto è
servita a lenire un dolore
incredibile. Un comportamento da
"veri ultras" che Brescia e la
sua tifoseria non ha mai
dimenticato: da allora, infatti,
è nata una forte amicizia fra le
due città nel segno dello
sfortunato supporter delle
Rondinelle, rinnovato ogni qual
volta le due squadre si sono
affrontate sul terreno di gioco.
Sicuramente, così come
all’andata, in occasione del
match di venerdì sera verrà
dedicato un pensiero a Roberto
Bani. Un comportamento nobile
all’epoca quello degli ultras
granata che fece fermare ogni
rivalità di fronte a una
tragedia che ha segnato per
sempre la tifoseria bresciana.
Negli anni si sono susseguiti
anche una serie di striscioni in
ricordo degli ultras scomparsi
da ambo le parti. L’ultimo
quello esposto a Brescia nella
curva nord del Rigamonti in
occasione della gara d’andata:
"Da Ciro a Vincenzo, da Simone a
Giuseppe, da Aldo fino al
Siberiano. Rendiamo omaggio
all’Amico Salernitano". Un
messaggio accolto tra gli
applausi dei tifosi granata al
seguito della squadra. Ora, per
agevolare la trasferta di tifosi
bresciani, la Salernitana ha
attivato l’iniziativa del Porta
due amici allo stadio. L’Arechi
apre così le porte ai
sostenitori lombardi attesi
dagli ultras granata per poter
rinnovare il gemellaggio anche a
Salerno. Spettacolo annunciato
sugli spalti per l’anticipo di
serie B.
20 gennaio 2016
Fonte:
Cronachesalerno.it
Quel gemellaggio che
resiste nel ricordo di Roby
di Paolo Giordano
La morte all’Arechi
dell’ultras lombardo Bani e la
solidarietà di quelli granata ha
unito le due.
SALERNO
- Ci sono tragedie che, a modo
loro, riescono a far nascere
rapporti indissolubili. È la
drammatica vicenda che accomuna
Salernitana e Brescia e quel
maledetto 4 Maggio del
lontanissimo 1997: tredicesima
giornata del campionato di Serie
B, la Salernitana ospita i
lombardi che dopo soli 45 minuti
sono sotto per 3-0. Ma il calcio
esce di scena ed entra in gioco,
a questo punto, il sentimento,
la solidarietà. Durante
l'intervallo accade
l'impensabile: Roberto Bani
batte in maniera violenta con la
testa sui gradoni dell'Arechi. A
far scaturire il terribile
incidente è un diverbio con
altri supporters di fede
bresciana. Sei giorni di agonia
e poi la notizia che nessuno
avrebbe mai voluto sentire:
Roberto non ce la fa e da qui,
da questo tristissimo epilogo,
nasce il forte sentimento di
solidarietà che lega le
tifoserie di Salernitana e
Brescia. Sud e Nord - almeno
stavolta - unite da un legame di
stima reciproca. I salernitani
non fecero mancare il loro
supporto ai bresciani: le
tifoserie si autotassano,
raccolgono contributi per
aiutare la famiglia Bani a
trascorrere le ultime ore vicine
al figlio e ci sono
rappresentanti dei sostenitori
granata che cercano di essere
sempre presenti, per non far
mancare nulla ai parenti di
Roberto. C'è dell'altro: perché
lo slancio degli ultras trova
collaborazione da parte di
dirigenza e degli altri tifosi
di fede granata che seguono con
apprensione la situazione. Il
Brescia stravince un campionato
che però nessuno riesce a
festeggiare come avrebbe voluto.
Retrocessione immediata l'anno
successivo e ritorno in
cadetteria. E non appena c'è la
possibilità di rincontrarsi con
la Salernitana e con i tifosi
granata, ecco che viene fuori il
legame. "Roby-Salerno. Uniti nel
cuore: grazie" è lo striscione
con il quale Brescia ed i
bresciani accolgono la gente di
Salerno. Che ringrazia e
risponde: "Roberto Bani: un
ultras non si dimentica".
L'ennesima testimonianza di un
gemellaggio destinato a durare
ancora per molto è dato dai
tifosi del Brescia che seguirono
all'Arechi la propria squadra il
6 Maggio del 2010: i lombardi
s'impongono per 3-1 ma al
fischio finale non esultano,
anzi. In segno d'amicizia e
soprattutto di rispetto dal
settore ospiti sale alto il
grido "Salerno, Salerno !".
10 settembre 2015
Fonte:
Lacittadisalerno.it
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