Un tifoso di Ascoli sta
morendo
di Domenico Corradetti
ASCOLI - Un uomo di 32
anni è in fin di vita: quel fumo
nero l’aveva, forse, annunciato
che la giornata sarebbe finita
male. Il fumo sprigionatosi dal
materasso per il salto in alto,
completamente bruciato da uno
dei tanti petardi lanciati per
salutare l’inizio del
campionato. E la festa si è
trasformata in dramma, lasciando
la città a meditare su un altro
atto d’inutile violenza. Il
risultato della partita (il 3 a
1 a favore dell’Inter) è passato
subito in secondo piano e gli
ascolani alla moviola hanno
preferito i gelidi bollettini
medici dell’ospedale Umberto I
di Ancona. Prognosi
riservatissima. Le speranze che
sopravviva sono minime, hanno
ribadito, di ora in ora i
sanitari, del nosocomio
regionale. Nazzareno Filippini
per gli amici Reno è entrato in
coma profondo dopo aver varcato
la soglia del Mazzoni di Ascoli.
È riuscito a parlare con i
medici del pronto soccorso,
lamentando un forte dolore alla
parte destra del capo. Durante
gli accertamenti ha perso
conoscenza. Quindi, la corsa
verso Ancona con
un’autoambulanza a sirene
spiegate. Ed alle 22,30
l’intervento chirurgico
d’urgenza. Abbiamo rimosso
dicono i sanitari un grosso
ematoma, riscontrando una
pesante compromissione
cerebrale. Il giovane presenta
al volto contusioni e fratture
parietali. Le sue condizioni
sono disperate. Un colpo. Un
colpo violento al capo inferto
con una pietra. Su questo, non
c’è dubbio. L’incontro
Ascoli-Inter è appena terminato.
Le forze dell’ordine fanno
defluire dalla Curva Nord dello
stadio Del Duca i tifosi
neroazzurri, che vengono
incolonnati ed avviati verso i
cinque pullman parcheggiati in
via delle Zeppelle. Ma non si è
a conoscenza del fatto che altri
due mezzi sono stati lasciati
nei pressi della stazione
ferroviaria: il secondo gruppo
di ultras si dirige alla meta,
passando davanti agli ingressi
della tribuna coperta ed ecco
avvicinarsi il dramma sotto la
Curva Sud, feudo del tifo
bianconero. All’indirizzo degli
interisti inizia un fitto lancio
di pietre, lattine ed altri
oggetti. È il fuggi fuggi
generale. Nazzareno Filippini
resta coinvolto nella ressa. Ad
un certo punto si accascia al
suolo, con il volto
completamente coperto di sangue.
Verrà soccorso qualche minuto
più tardi e tra le mani che si
tendono per aiutarlo ci sono
anche quelle di Antonio,
diciannovenne, impaurito di
quanto sta accadendo. Quando si
avvicina non sa ancora che il
corpo martoriato è di suo
fratello ! Nazzareno arriva
all’ospedale con un’altra decina
di persone, tra cui due agenti
di Ps ed un carabiniere
(soltanto lesioni guaribili in
pochi giorni). La madre di
Nazzareno ha reso noto ieri sera
che la propria famiglia
denuncerà all’autorità
giudiziaria gli agenti di
polizia ed i carabinieri in
servizio durante l’incontro di
calcio. Responsabili secondo
Maria Onori di aver aggredito a
manganellate il figlio. Il
Questore Mansi si limita ad
affermare che non sarà impresa
facile individuare gli autori
dell’aggressione e delle
violenze avvenute al di fuori
dello stadio, quando i tifosi si
disperdono in mille rivoli... La
Onori non sembra intenzionata,
invece, a denunciare il
personale medico presente al
pronto soccorso domenica sera,
come annunciato in un primo
momento di sconforto. Giornata
nera. Annunciata dal fumo,
proseguita con quel risultato
storto per l’Ascoli e terminata
con il sangue sull’asfalto.
Giornata che ha visto anche
un’aggressione al telecronista
Tonino Carino all’uscita dello
stadio. Costantino Rozzi lascia
in disparte la sua aria
allegro-scaramantica (È il
tredicesimo campionato ed io
resto del parere che il tredici
porta fortuna, aveva detto
soltanto sabato) e con rabbia
sommessa esclama: "Il risultato
? Come pensarci... In città non
sono mai accaduti fatti così
gravi. Il nostro calcio, ancora
una volta, ne esce mortificato.
Questi assassini, che la
domenica indossano la maschera
da tifosi, vanno individuati e
condannati una volta per tutte".
Presidente... "Non chiedetemi
niente... Sono vicino a
Nazzareno...". E scappa
continuando a meditare come
tanti altri su un campionato
iniziato nel peggiore dei modi.
Una meditazione collettiva che
il sindaco Amedeo Ciccanti
renderà pubblica nel corso del
consiglio comunale, soltanto
ventiquattro ore dopo. Nazzareno
Filippini, a soli 32 anni,
continua la sua lotta con la
morte in un letto d' ospedale.
Orfano di padre (l’anziana madre
è insegnante elementare) ha
frequentato solo per qualche
anno l’Isef ad Urbino,
scegliendo poi di lavorare per
la Casa Editrice Fabbri.
Ascolano purosangue,
conosciutissimo in città, molto
vicino al mondo sportivo,
avrebbe coronato (e, purtroppo,
il condizionale diventa d'
obbligo) il suo lungo sogno d'
amore con Elisabetta De
Benedittis proprio sabato
prossimo.
11 ottobre 1988
Fonte: La Repubblica
Ascoli, un tifoso in fin
di vita
La violenza negli stadi
mette nuovamente a soqquadro il
mondo del calcio - I famigliari
della vittima accusano le forze
dell'ordine - Matarrese:
"Episodi senza giustificazione".
Ancora violenza nel
calcio, già alla prima giornata
di campionato. Gravi incidenti
sono scoppiati durante ed al
termine di diverse partite e
segnatamente ad Ascoli, Pescara
e Milano. Tafferugli, risse,
aggressioni, incidenti, con il
servizio d'ordine costretto ad
intervenire più volte. Molte
persone all'ospedale, compresi
alcuni agenti di polizia.
L'episodio più grave è avvenuto
ad Ascoli dopo la partita fra i
bianconeri di Rozzi e l'Inter.
Un tifoso è ricoverato
all'ospedale di Ancona in
condizioni gravissime. Nazzareno
Filippini, ascolano, 32 anni, è
in pericolo di vita, e rischia
comunque danni cerebrali
permanenti. Il giovane, che
nella nottata di lunedì è stato
sottoposto nell'ospedale
"Umberto I" di Ancona a un
intervento chirurgico per
l'asportazione di un grosso
ematoma all'esterno delle
meningi, è tuttora nello stato
di coma profondo in cui è caduto
mentre si trovava in
osservazione, subito dopo gli
incidenti, nel pronto soccorso
dell'ospedale di Ascoli Piceno.
Secondo il questore di Ascoli,
dott. Giuseppe Mansi, Nazzareno
Filippini, caduto a terra dopo
essere stato spinto, sarebbe
stato colpito alla testa con
calci. "Dobbiamo accertare se i
colpi sono stati sferrati
volutamente o se il tifoso è
stato colpito da gente che
scappava per allontanarsi dalla
zona dei tafferugli. Non sarà
impresa facile individuare gli
autori dell'aggressione,
avvenuta al di fuori dello
stadio". I familiari del giovane
però non sono d'accordo. La
madre del Filippini, Maria
Onori, ha detto che denuncerà
all’autorità giudiziaria gli
agenti di polizia e i
carabinieri in servizio
d'ordine, responsabili - a suo
avviso - di aver "aggredito a
manganellate" il figlio. La
signora ha intenzione di
denunciare anche il personale
medico che ha assistito il
figlio nel pronto soccorso
dell'ospedale di Ascoli Piceno
per avere ritardato il
trasferimento del ferito. Degli
incidenti è rimasto vittima
anche il giornalista della sede
Rai di Ancona, Tonino Carino,
che, avvicinato da una decina di
facinorosi, sarebbe stato
colpito alla testa e minacciato
con un coltello: "Ti
ammazziamo". II presidente della
Federcalcio, Matarrese, ha
diffuso una nota: "Ancora una
volta, gruppi di delinquenti in
azione dentro e fuori alcuni
stadi hanno rovinato una
domenica di calcio, turbando la
festa di decine di migliaia di
sportivi che in tutta Italia
hanno seguito con passione
l'avvio del campionato di serie
A. Quello che ci allarma ancora
di più e richiede riflessioni
ampie ma altrettanto severe è
che gli incidenti non hanno
avuto nessun appiglio nei
comportamenti tenuti sui terreni
di gioco. Questo ci impone di
tenere sempre alta la guardia e
di intervenire in tutti i modi
possibili per combattere la
violenza: il ministro
dell'Interno, Cava, ha
affrontato ieri pomeriggio con
il capo della polizia Parisi il
problema della violenza negli
stadi. Nell'incontro sono state
confermate le misure decise alla
vigilia della ripresa del
campionato ed è stata data
indicazione ai prefetti ed ai
responsabili dell'ordine
pubblico nelle varie città di
seguire il "clima" delle
tifoserie, segnalare il numero
di tifosi in partenza al seguito
delle squadre, in modo che al
loro arrivo, le forze di polizia
siano adeguatamente preparate.
a. a.
11 ottobre 1988
Fonte: La Stampa
La rissa si scatenò per
i parcheggi sbagliati
di Andrea Ferretti
Mentre il tifoso
ascolano è sempre in coma, viene
a galla la meccanica degli
incidenti. La rissa si scatenò
per i parcheggi sbagliati.
ASCOLI - Permangono
stazionarie ma estremamente
gravi le condizioni di Nazzareno
Filippini, il tifoso ascolano di
32 anni ricoverato al reparto
rianimazione dell'ospedale
regionale "Umberto I" di Ancona.
Filippini è stato operato alla
testa per l'asportazione di un
vasto "ematoma extradurale" che
premeva sulla massa cerebrale.
Ha riportato inoltre la frattura
del maxillo facciale e altre
fratture allo zigomo sinistro
con lesione di entrambe le
cavità orbitali. In serata
Filippini è stato trasferito
improvvisamente all'ospedale
"Torrette" di Ancona, per essere
sottoposto ad un nuovo
intervento al cervello da parte
del professor Giuseppe Caroselli
e della sua equipe chirurgica.
La madre del Filippini, signora
Maria Onori, un'insegnante
elementare vedova, ha dichiarato
che intende denunciare sia i
sanitari dell'ospedale ascolano
che domenica sera non hanno
compreso in tempi brevi la
gravità delle lesioni del
figlio, ritardandone il
trasferimento al nosocomio
regionale, meglio attrezzato per
la rianimazione, sia le forze
dell'ordine che a suo dire non
sarebbero intervenute
tempestivamente a sedare i
disordini nei quali il figlio è
rimasto gravemente ferito.
Intanto ad Ascoli proseguono le
indagini per ricostruire la
dinamica degli incidenti
avvenuti in margine alla partita
con l'Inter e arrivare ai
responsabili dell'aggressione.
Le forze dell'ordine hanno
effettuato un sopralluogo nella
zona retrostante la curva Sud,
il punto dove si sono verificati
gli scontri più violenti fra
ultras di opposte fazioni. Ieri
mattina sono stati ascoltati
alcuni tifosi ascolani in grado
di fornire qualche testimonianza
sull'accaduto. Le indagini sono
coperte dal massimo riserbo
vista la delicatezza del caso.
Il questore Giuseppe Mansi, in
una conferenza stampa, dopo aver
categoricamente escluso
l'ipotesi che sia stata la
polizia a colpire Filippini
("Non abbiamo neppure fatto
delle cariche", ha detto), ha
parlato di tragica fatalità:
normalmente infatti i pullman
dei tifosi ospiti sono
indirizzati su una strada
periferica che porta verso la
circonvallazione, in modo che
dopo la gara possano andarsene
senza attraversare la città;
domenica invece, per motivi
sconosciuti, due pullman
interisti sono stati
parcheggiati nel piazzale della
stazione così, usciti dalla
curva Nord, i tifosi dell'Inter
sono dovuti passare sotto la
curva Sud da cui uscivano gli
ultras ascolani. Dagli insulti
si è passati alle prime
aggressioni, pare da parte degli
ascolani, alle quali i
nerazzurri avrebbero reagito con
altrettanta prontezza e
decisione. Enzo Tarli, l'altro
ascolano di 58 anni rimasto
ferito prima dell'inizio della
partita (ha riportato una
lesione al timpano dell'orecchio
destro), è ricoverato
all'ospedale "Mazzoni" di Ascoli
ma le sue condizioni non destano
preoccupazione. È stato colpito
con un violento pugno da un
anconetano tifoso interista
giunto dal capoluogo dorico
insieme ad altri per sostenere
la squadra nerazzurra. Ad
accendere la miccia della
violenza, già durante la partita
(scontri in curva Nord con
intervento di carabinieri e
polizia) sarebbero stati proprio
i tifosi marchigiani dell'Inter.
È nota la rivalità che divide i
tifosi dell'Ascoli dai "cugini"
della regione che, invece,
sostengono le grandi squadre
metropolitane cui sono legati da
antica passione. Non destano
preoccupazione le condizioni di
Giampietro Denti (35 anni), il
tifoso interista di Cremona,
terzo ricoverato dopo la
guerriglia di domenica scorsa.
12 ottobre 1988
Fonte: La Stampa
"Sappiamo chi sono, li
prenderemo"
Per Filippini una
piccola speranza
di Eugenio Capodacqua
ASCOLI - Sono sempre
gravissime le condizioni di
Nazzareno Filippini, l’ultrà
ascolano trentaduenne ferito
alla testa domenica scorsa
durante i violenti tafferugli
fra tifosi al termine di
Ascoli-Inter. Il giovane è in
coma, nel reparto rianimazione
dell’ospedale Umberto I di
Ancona, e il quadro clinico,
dicono i medici, non è
sostanzialmente variato dal
momento del ricovero; anche dopo
il secondo intervento chirurgico
subito l’altra sera dai
professori Caruselli e
Occhipinti. Intanto le indagini
sui tafferugli sono ad una
svolta. Il questore di Ascoli,
Giuseppe Mansi sostiene che ci
sono buone prospettive di
arrivare a identificare gli
autori del pestaggio. La novità
è data dalla testimonianza di
alcuni tifosi ascolani, che si
sono presentati volontariamente
in questura, accogliendo
l’invito di Mansi, il giorno
prima. Testimonianza raccolta
dal procuratore della repubblica
Mario Mandrelli incaricato
dell’indagine. Sulla base di
essa è possibile una
ricostruzione, sia pure
parziale, dei fatti. Il nodo
della vicenda è tutto nei due
pullman targati Macerata
posteggiati nel piazzale della
stazione, invece che nella zona
(presso la curva nord),
tradizionalmente riservata agli
ospiti. E qui c'è da chiedersi
chi fra vigili urbani o altre
forze dell’ordine abbia
suggerito tale soluzione senza
prevedere - com'era abbastanza
facile - che all’uscita gli
occupanti di quei bus sarebbero
dovuti passare per forza sotto
la curva sud, occupata dagli
ascolani, innescando gli
incidenti che sono puntualmente
avvenuti e contro i quali, la
polizia all’oscuro di tutto e
presa di sorpresa ben poco ha
potuto. Il Filippini si sarebbe
trovato nella mischia, sarebbe
stato colpito e avrebbe battuto
la testa sul marciapiede
cadendo. Gli inquirenti non
escludono che gli aggressori
abbiano poi infierito su
Filippini già a terra. Il
giovane è ora in uno stato di
incoscienza, al limite del coma
profondo, ma il cervello
mantiene l’attività elettrica,
che è quella di una persona che
ha patito un trauma gravissimo.
L’evoluzione è sempre molto
incerta e imprevedibile. La
situazione, dicono i medici,
potrebbe evolvere positivamente,
oppure perdurare a questo
livello di incoscienza anche per
qualche mese, oppure ancora
portare ad uno stato vegetativo
permanente. Quanto alla causa
del trauma i medici si
trincerano dietro un secco c'è
materiale radiografico e clinico
a sufficienza per tutte le
valutazioni medico-legali del
caso, ma aggiungono che un
ematoma extradurale, come quello
del Filippini, è sempre prodotto
da un impatto con un corpo
rigido, molto difficilmente da
un oggetto elastico come un
manganello o un bastone. Tesi
che scagionerebbe
definitivamente le forze
dell’ordine, chiamate in causa
dalla madre del Filippini nelle
ore immediatamente successive
all’incidente.
13 ottobre 1988
Fonte: La Repubblica
Ascoli, vietati gli
striscioni c'è un altro
testimone
ANCONA - Rimangono
estremamente gravi, nel reparto
rianimazione dell’ospedale
Umberto I di Ancona, le
condizioni di Nazzareno
Filippini, il tifoso ascolano di
32 anni che domenica scorsa ad
Ascoli ha riportato un trauma
cranico negli incidenti avvenuti
al termine dell’incontro con
l’Inter. La polizia intanto ha
ascoltato una testimonianza:
Dante Loreti, tifoso ascolano,
ha detto di aver visto cadere
Filippini e sbattere la testa su
un marciapiede. Poi è stato
preso a calci da una quindicina
di tifosi interisti. La questura
intanto ha stabilito per le
prossime partite più severe
misure anti-violenza. Solo il 26
per cento dei tifosi italiani
ritiene molto o abbastanza
efficace la proposta di
Berlusconi di riservare gli
stadi solo ai tifosi della
squadra di casa. Questo il
risultato di un sondaggio di
Forza Italia, la trasmissione di
Odeon tv condotta da Walter
Zenga.
14 ottobre 1988
Fonte: La Repubblica
Ad Ascoli nuove misure
di sicurezza
ASCOLI - Potrebbe
restare ancora a lungo nello
stato di incoscienza in cui
versa da domenica scorsa il
tifoso ascolano ferito alla
testa al termine di
Ascoli-Inter. Nonostante i due
interventi chirurgici subiti, il
trentaduenne Nazzareno Filippini
non mostra segni di
miglioramento e i medici
dell’ospedale Umberto I di
Ancona definiscono le sue
condizioni gravissime e
stazionarie. Continuano intanto
le polemiche sulle cause e le
responsabilità dei tafferugli
dopo la partita di Ascoli. La
città, sta preparando misure
eccezionali per prevenire la
violenza nello stadio. Le
proposte, attualmente allo
studio delle forze dell’ordine
vanno dal divieto di vendere
alcolici 5 ore prima e due ore
dopo il match, alla rimozione
delle bancarelle attorno allo
stadio, alla proibizione di
qualunque striscione, al
rinforzo delle reti di divisione
fra tifoserie. Nei casi estremi
si potrebbe arrivare anche al
fermo preventivo per i tifosi
con precedenti, ben noti alla
polizia. Ieri, la madre di
Filippini ha annunciato che si
costituirà parte civile. Caduta
del tutto l’ipotesi che
Filippini sia stato manganellato
dalla polizia, le indagini si
concentrano adesso sui due
pullman (a targa milanese e
ascolana), posteggiati davanti
alla stazione, dal lato opposto
dello stadio dove solitamente
vengono accolti i tifosi ospiti.
Gli incidenti, come si
ricorderà, avvennero proprio nel
momento in cui gli occupanti di
quei due pullman, tutti
interisti, passarono in gruppo
sotto la curva sud dello stadio,
gremita di tifosi ascolani. e.c.
15 ottobre 1988
Fonte: La Repubblica
Morto ieri Nazzareno
Filippini, il giovane colpito il
9 ottobre dopo Ascoli-Inter
"Presi gli assassini del
tifoso"
di Andrea Ferretti
Due persone arrestate a
Milano - L'annuncio del
direttore del servizio d'ordine
della polizia - I precedenti:
Paparelli e Fonghessi, uccisi a
Roma e a S. Siro.
ASCOLI - Dopo sette
giorni di coma profondo, ieri
mattina poco dopo le 7, è
deceduto Nazzareno Filippini, il
tifoso dell'Ascoli rimasto
colpito nei violenti incidenti
avvenuti allo stadio Del Duca al
termine di Ascoli-Inter, prima
di campionato. In serata a Roma,
il dott. Gustavo Capuccio,
direttore dei servizi ordine
pubblico del ministero
dell'Interno, ha comunicato che
la polizia a Milano ha arrestato
due persone ritenute presunte
responsabili dell'omicidio. Il
Filippini aveva 32 anni e si
doveva sposare sabato scorso con
una ragazza di S. Benedetto.
Viveva ad Ascoli con la madre
Maria Onori, insegnante
elementare, e il fratello
diciannovenne Antonio. Il padre
è morto qualche anno fa e le due
sorelle maggiori sono entrambe
sposate. Il giovane, dopo aver
conseguito il diploma di
maturità scientifica, si era
iscritto all’Isef di Urbino
senza concludere il corso di
studi. Attualmente lavorava come
rappresentante per una casa
editrice. Grande appassionato di
calcio, fin da ragazzino
Nazzareno Filippini aveva
giocato nelle giovanili
dell'Ascoli, poi era passato in
una squadra dilettanti della
città. Giocava da
centrocampista. Da qualche anno
aveva smesso con l'attività
agonistica ma era rimasto sempre
molto legato all'ambiente
calcistico. Gran sostenitore
dell'Ascoli, era un fedelissimo
della curva Sud. È rimasto
colpito alla testa nel corso
degli scontri avvenuti fuori
dello stadio Del Duca. La
questura di Ascoli, che conduce
le indagini per identificare i
responsabili della cruenta
aggressione, sta cercando di
ricostruire la dinamica del
pestaggio con l'aiuto di alcune
testimonianze: molti i volontari
che si sono presentati in
questura a raccontare quanto
visto in quel tumultuoso,
drammatico dopo-partita. Il
Filippini probabilmente è caduto
a terra mentre correva per
allontanarsi dal luogo degli
scontri e ha battuto la testa:
raggiunto dai tifosi interisti
che lo inseguivano deve essere
stato nuovamente colpito con
calci e pugni alla testa. Tra i
primi soccorritori anche il
fratello Antonio che lo ha
accompagnato al pronto soccorso
dell'ospedale "Mazzoni" di
Ascoli. Nazzareno Filippini
aveva riportato diverse fratture
alle ossa del viso ma in un
primo momento le sue condizioni
non erano apparse così gravi. In
serata, invece, l'improvviso
aggravamento e il disperato
trasferimento, in ambulanza, al
reparto rianimazione
dell'ospedale regionale "Umberto
I" di Ancona dove nel corso
della notte è stato sottoposto a
un primo intervento chirurgico
alla testa. I sanitari gli hanno
ridotto l'ematoma che comprimeva
la massa cerebrale ma 24 ore
dopo è stato necessario un
secondo intervento all'ospedale
di Torrette di Ancona. Nazzareno
Filippini è caduto in uno stato
di coma profondo dal quale non
si è più ripreso. E ieri
mattina, alle 7.11, il decesso
per arresto cardiocircolatorio.
La salma è stata composta
nell'obitorio dell'ospedale
regionale marchigiano a
disposizione della Procura della
Repubblica di Ancona. Questa
mattina verrà eseguita
l'autopsia. I funerali
dovrebbero aver luogo domani.
Intanto, con il tragico epilogo
di ieri, i responsabili della
mortale aggressione dovranno
rispondere di omicidio
preterintenzionale mentre prima
del decesso il reato era quello
di lesioni personali gravi.
18 ottobre 1988
Fonte: La Stampa
È morto il tifoso di
Ascoli
ANCONA - Nazzareno
Filippini, 32 anni, il tifoso
dell’Ascoli Calcio rimasto
coinvolto negli incidenti del
dopopartita fra la sua squadra e
l’Inter nella prima giornata di
campionato, ha perduto la sua
lotta contro la morte. È
deceduto ieri mattina alle 7,
nella sala di rianimazione
dell’ospedale Umberto I, dopo
otto giorni di coma. Ed è stato
proprio l’aggravarsi del coma a
provocare l’arresto
cardiocircolatorio che lo ha
portato alla morte. Ieri sera a
Milano la Digos ha arrestato due
presunti responsabili
dell’assassinio del tifoso
ascolano. Verso le 20 il primo
fermo, alle 23 il secondo. In
nottata agenti di polizia hanno
condotto un lungo appostamento
sotto l’abitazione di una terza
persona indiziata per
l’omicidio. Solo oggi sarà resa
nota l’identità degli arrestati:
la notizia è stata data in
diretta, a mezzanotte, nel corso
del Processo del Lunedì, la
trasmissione sportiva di Rai 3,
da Gustavo Cappuccio, direttore
del servizio per l’ordine
pubblico del ministero
dell’interno. Il dirigente
prendeva parte in quel momento
ad un dibattito sulla violenza
negli stadi con la presenza dei
giornalisti e del presidente del
Milan, Berlusconi. Stando a
quanto ricostruito dagli
inquirenti, Filippini,
rappresentante di commercio,
domenica 9 ottobre stava
correndo per sottrarsi ai
tafferugli scoppiati fra i
tifosi delle due squadre quando
è caduto a terra battendo la
testa sul marciapiede. Su di
lui, ancora a terra, avrebbero
poi infierito i sostenitori
dell’Inter riducendolo in fin di
vita.
Di contenuto ben
differente rispetto alla
versione della polizia è la tesi
sostenuta dalla famiglia. Il
giorno dopo l’aggressione, la
madre di Filippini sostenne in
una dichiarazione che il figlio
era stato colpito dalle forze
dell’ordine. In ogni caso, ieri
la famiglia ha reso noto di aver
nominato un perito di parte, un
medico legale di Ascoli Piceno,
Guido Marcolini. Subito dopo
l’incidente, Nazzareno Filippini
venne trasportato prima
all’ospedale di Ascoli Piceno e
poi trasferito al nosocomio di
Ancona nella tarda serata e
sottoposto a Tac, la tomografia
assiale computerizzata. Le sue
condizioni apparvero subito
gravi tanto che i sanitari del
reparto neurochirurgico lo
sottoposero a un intervento alla
testa per rimuovere un grosso
ematoma. Filippini subì in
seguito un secondo intervento
chirurgico per l’asportazione
dei residui emorragici. Il
giovane non è mai però uscito
dal coma profondo in cui era
caduto tanto che i medici sono
stati sempre pessimisti sul suo
recupero: difficilmente, in caso
di sopravvivenza, avrebbe potuto
stando sempre alle dichiarazioni
degli addetti ai lavori
riprendere le piene facoltà
fisiche. A fare temere la sua
fine imminente è stato, nelle
ultime ore, il responso di
un'ennesima Tac. Com'è prassi
dopo un esame del genere, era
stato chiamato un neurochirurgo
per un parere; questi però non
aveva rilevato alcuna nuova
lesione tale da giustificare un
nuovo intervento chirurgico.
Qualcosa di poco convincente,
qualche leggerissimo segno
d'allarme aveva indotto i medici
a fare il controllo: forse la
modificazione della pupilla, un
po' più dilatata. Ma nei casi
come quello di Nazzareno
Filippini il confine tra una
situazione già gravissima e la
morte è impercettibile, labile
come il tracciato di un
encefalogramma o di un
elettrocardiogramma. D'altronde
le radiografie della scatola
cranica dell’uomo mostravano un
cervello ridotto in poltiglia,
coi ventricoli e le anse
irriconoscibili, sformati da
colpi che indicano una ferocia
inaudita. Il decesso di
Filippini, ha affermato il
dottor Walter Grilli del
servizio rianimazione
dell’ospedale di Ancona, è
avvenuto alle 7 e 11 minuti per
arresto cardiocircolatorio
conseguente al progressivo
deterioramento avvenuto nelle
ultime ore delle condizioni
cerebrali che già erano
gravissime. Il sanitario ha
aggiunto che l’ulteriore
aggravamento è avvenuto nella
serata di ieri quando è stato
ripetuto l’esame della Tac.
Nazzareno Filippini lascia la
madre Maria Onori, insegnante
elementare, due sorelle sposate
ed un fratello, Antonio, di 18
anni, il più piccolo della
famiglia. Nazzareno era un
sostenitore convinto dell’Ascoli
Calcio e non perdeva occasione
per seguire la squadra del
cuore. In gioventù fu anche
giocatore di calcio. Diplomatosi
al liceo scientifico, si era
iscritto all’Isef di Urbino
senza tuttavia portare a termine
gli studi. Intraprese allora la
carriera di rappresentante di
commercio e, nei giorni scorsi,
si sarebbe dovuto sposare a
Grottammare con Elisabetta De
Benedittis. Agli amici erano già
pervenute le partecipazioni di
nozze. I familiari di Filippini
sono arrivati a mezzogiorno alla
camera mortuaria dell’Umberto I.
Erano partiti da Ascoli Piceno
intorno alle 9. Poche parole
soltanto dalla sorella di
Filippini, Odilia, che ha
consegnato al personale
paramedico dell’obitorio una
busta di cellophane contenente i
pochi effetti personali del
fratello e un pallone che verrà
deposto nella bara, in ricordo
della passione sportiva del
giovane. Le spoglie del
Filippini sono a disposizione
del magistrato per gli
adempimenti di legge.
18 ottobre 1988
Fonte: La Repubblica
L’Inter si difende "non
è colpa nostra"
di Licia Granello
MILANO - Un comunicato
lungo, asettico, partorito dopo
una lunga riunione pomeridiana.
A seguito della drammatica morte
di Nazzareno Filippini,
conseguente agli incidenti
verificatisi al termine
dell’incontro Ascoli-Inter, il
Football Club Internazionale
esprime la propria costernazione
e la totale condanna di ogni
atto di intolleranza e di
violenza ed esterna alla
famiglia dello scomparso il più
sentito cordoglio. L’Inter
ribadisce la totale estraneità
del proprio centro di
coordinamento ai suddetti
incidenti. Dichiara inoltre che
dopo aver cercato nei confronti
delle frange più oltranziste del
tifo un rapporto persuasivo,
educativo e non ghettizzante e
dopo aver compiuto il proprio
dovere nella collaborazione con
le forze dell’ordine per
l’individuazione dei
responsabili degli incidenti di
Ascoli, continuerà ad offrire il
proprio più fattivo contributo
per ricercare, insieme alle
autorità competenti, alle
istituzioni calcistiche e a
tutte le società, le misure
idonee a prevenire e combattere
la piaga della violenza.
Inizialmente, e per buona parte
della giornata, negli uffici di
piazza Duse l’idea di una
qualche presa di posizione
ufficiale era stata
violentemente scartata. Non
vogliamo fare comunicati perché
non ci sentiamo minimamente
responsabili di quanto accaduto,
dicevano i funzionari. Eppure,
sembra appurato che nelle maglie
difensive della società sono
riusciti a passare ancora una
volta gli ultras più scatenati.
Dice Valberto Miliani, capo
ufficio stampa dell’Inter:
Conosciamo i capi della curva,
sin dall’inizio della presidenza
Pellegrini, abbiamo tentato di
convincerli a stare tranquilli.
Se vi comportate bene, vi diamo
cento biglietti, e cose del
genere. Con il presidente
Pellegrini e l’amministratore
delegato Giuliani che si sono
trincerati ieri dietro
improvvisi impegni, è stato
Miliani a inalberarsi per conto
dei suoi dirigenti: i nostri
ottocento club sparsi per
l’Italia sono frequentati e
diretti da persone degnissime:
avvocati, dirigenti,
giornalisti. Possiamo dare di
tutti nome, cognome e
indirizzo... Boys, Vikings,
Skins ? Loro non fanno parte
degli Inter Club. Siamo
d'accordo, la piaga delle curve
esiste. Noi cosa ci possiamo
fare ? Intanto, c’è chi dice che
il capo del centro coordinamento
Inter club, Saverio Guette, è
affiancato - anche se non
ufficialmente - da ex capipopolo
ben noti alla polizia. Matrice,
destra estrema. Gente
identificata durante i raid
contro i venditori di colore,
appesa orgogliosa a striscioni
antisemiti o modello Droga e
terroni, piaghe d'Italia. Gente
coinvolta in processi per atti
di violenza e ancora e sempre al
seguito della squadra, in Italia
e all’estero... Qualcuno ricorda
che quest'anno, per coprire le
asce bipenne su alcuni lenzuoli
nerazzurri, sono stati applicati
degli scudetti tricolore. Ma la
sostanza non sembra granché
cambiata. La trasferta di Ascoli
è stata preparata come cento
altre: l’Inter ha chiesto un
certo quantitativo di tagliandi
(100), che ha prontamente girato
al centro coordinamento Inter
club. Ma chi ha fatto i
controlli ? Chiunque può
comprare un biglietto da noi,
mica chiediamo la carta
d'identità rispondono nella sede
di via Poerio. Quindi, in
teoria, nessuna possibilità di
verifica sulle generalità dei
partecipanti alla gita. Ma in
realtà Paolo Giuliani, braccio
destro di Pellegrini, avrebbe
dato un apporto importante al
riconoscimento dei quattro
teppisti.
19 ottobre 1988
Fonte: La Repubblica
Come la polizia è giunta
all'arresto di due aggressori
del tifoso ascolano
Inchiodati da film e
testimoni
di Nino Sormani
Appartengono a club
interisti - In casa di uno di
loro coltelli e mazze -
Ricercati altri due teppisti -
L'Inter si dissocia dai fans
violenti.
MILANO - Le numerose
fotografie e le riprese
televisive a circuito chiuso
effettuate dalla polizia
scientifica di Ascoli durante e
dopo la gara con l'Inter, nonché
le testimonianze rese dai
presenti, sono state
determinanti per consentire agli
inquirenti di giungere
all'identificazione e al fermo
di due degli aggressori di
Nazzareno Filippini, il tifoso
ascolano morto lunedì dopo otto
giorni di coma per le percosse
subite fuori dallo stadio. I due
fermati, che dopo
l’interrogatorio del magistrato
milanese Francesca Marcelli sono
stati arrestati con l'accusa di
omicidio, sono (Omissis), 30
anni, originario di
Torremaggiore, provincia di
Foggia, ma da molto tempo
residente a Milano In via
(omissis), posteggiatore nei
pressi della centrale piazza
Cavour, incensurato, e (Omissis), 23 anni, milanese,
residente con la famiglia in via
(omissis), autotrasportatore,
pure incensurato, che fanno
parte rispettivamente dei "Boys"
e degli "Skin", due dei maggiori
gruppi del tifo organizzato
interista. Il secondo gruppo si
ispira agli "Skins Heads"
londinesi, teppisti
violentemente razzisti che hanno
come obiettivo principale di
spaccare la testa ai
terzomondisti. In casa del
(Omissis) sono stati sequestrati
dieci coltelli a serramanico,
alcune grosse mazze, una pistola
scacciacani e un bilancino di
precisione di quelli che vengono
usati dagli spacciatori di droga
per misurare le dosi di
stupefacenti. Il (Omissis)
risulta infatti essere un
frequentatore del parco Lambro,
noto ritrovo di
tossicodipendenti. I due, che
secondo un funzionario della
questura milanese erano già noti
per alcuni episodi di violenza
maturati all'interno dei club
interisti, sono stati
riconosciuti da numerosi
interisti presenti ad Ascoli che
si sono presentati
volontariamente alla polizia, su
invito della società nerazzurra.
Tra costoro era andato in
questura martedì anche il
(Omissis),
che è stato subito fermato, il
(Omissis), invece, è stato
bloccato davanti alla sua
abitazione. Le forze dell'ordine
sono giunte all'identificazione
tramite il controllo dei
biglietti distribuiti dal centro
di coordinamento degli Inter
club. Ad Ascoli erano andati un
300 tifosi, la maggior parte su
auto private e 90 su due pullman
che erano stati parcheggiati nei
pressi della stazione. Fra i 90
vi erano esponenti di alcuni dei
più accesi club che già durante
la gara avevano creato
disordini. Dopo la partita,
mentre la maggior parte dei 90
tifosi si stava dirigendo ai
pullman, dal gruppo si
staccavano in quattro o cinque
che sollecitati dal (Omissis)
aggredivano il Filippini.
Quest'ultimo aveva avuto il
torto di indicare il (Omissis) come
l'autore del lancio di sassi
durante l'incontro, un gruppetto
aggrediva il giovane a calci,
pugni, pietre allo stomaco e
alla testa, abbandonandolo in
fin di vita. Altri due
aggressori, fra cui uno
studente, in passato già
coinvolto e arrestato por
episodi di violenza, sono già
stati identificati e sono
attivamente ricercati. Intanto
la società ha emesso un
comunicato per esprimere "la
totale condanna di ogni atto di
intolleranza" ed esternare alla
famiglia di Filippini "il più
sentito cordoglio". L'Inter si
dichiara estranea ai fatti
precisando che il suo centro di
coordinamento si limita a
vendere i biglietti delle gare
esterne a chi ne fa richiesta e
che farà di tutto per
collaborare con le forze
dell'ordine per l'individuazione
dei responsabili di atti di
violenza tentando nel contempo
nei confronti di questi gruppi
oltranzisti di stabilire un
rapporto persuasivo, educativo e
non ghettizzante. Ciò contrasta
però con quanto affermato ieri
da un dirigente interista,
secondo cui a questi gruppi di
oltranzisti molte volte i
biglietti vengono dati in
omaggio, come premio se non
hanno creato disordini nelle
ultime partite.
19 ottobre 1988
Fonte: La Stampa
Allo stadio, pronti ad
uccidere
di Piero Colaprico
MILANO - Si chiamano
Viking e Skin Heads: c'erano
anche i ragazzi di queste bande
metropolitane, due domeniche fa,
a far tifo per l’Inter. E,
secondo la polizia, sarebbe
stato proprio uno di loro a
colpire Nazzareno Filippini, 32
anni, il tifoso dell’Ascoli
massacrato a calci, pugni e
pietrate e morto l’altro ieri
mattina, ad Ancona, in sala
rianimazione, dopo otto giorni
di coma. Il manipolo dei suoi
assalitori era composto da
quattro giovani: per due di loro
è già scattata l’accusa di
omicidio. È un mondo sommerso e
selvaggio, questo degli
Hooligans. Solo per ricostruirne
la mappa, in cerca di chi ha
ucciso, la Digos ha lavorato una
settimana. E se gli
investigatori sono convinti di
aver isolato i picchiatori, non
sarebbe solo grazie ai filmati
della polizia scientifica di
Ascoli e a una serie di
interrogatori, ma - si dice -
grazie anche alla collaborazione
di qualcuno degli stessi ultras.
Un pentito che conosce
dall’interno il mondo dei
violenti e che ha contatti
frequenti e diretti con la
società di piazza Duse. Le vite
dei ragazzi arrestati non
sembrano nascondere segreti. Il
primo ultras a finire in manette
è stato (Omissis), 30 anni. Si
proclama innocente e si è
presentato spontaneamente in
questura lunedì alle 18. Un
amico gli aveva fatto sapere che
lo cercavano. Da allora
(Omissis)
non è più uscito da via
Fatebenefratelli. Di mestiere fa
il parcheggiatore in via Manin,
di fronte all’atelier di Krizia,
anche se per cinque anni è stato
comproprietario di un bar
ritrovo dei tifosi della curva
nord. Ha sposato una
fotomodella, figlia di un
avvocato, ha un figlio piccolo,
vive a Porta Venezia. È uno dei
capi dei Boys, e cioè
dell’organizzazione dei tifosi
interisti più accesi: Il suo
ruolo è fare in modo che non
succedano incidenti, lo difende
il suocero, e noi sappiamo che è
un bravo ragazzo. Cinque ore più
tardi, gli agenti hanno bloccato
(Omissis), 23 anni,
soprannominato Metallica. È uno Skin Head - che letteralmente
significa teste rasate - alto un
metro e 80, panciuto e
muscoloso, che tutta la
settimana lavora come fattorino
insieme al padre. Nella sua casa
di periferia, davanti al suo
letto, c’è una coccarda
tricolore di 40 centimetri di
diametro. Il papà nella camera
matrimoniale ha invece appeso un
ritratto di Mussolini. Ha come
hobby la palestra e la musica
metallara: i poliziotti gli
hanno sequestrato una dozzina di
coltelli, la maggior parte a
scatto, e due bastoni.
Nell’armadio conserva un corredo
di sciarpe di altre squadre,
conquistate sugli spalti o fuori
dallo stadio, ai danni di tifosi
avversari. Questi due ultras
sono stati interrogati, ieri
dopo mezzogiorno, dal sostituto
procuratore Francesca Marcelli,
che ha convalidato il fermo in
arresto, con l’accusa di
omicidio. In realtà, sarebbe già
finito in camera di sicurezza
anche un terzo giovane milanese,
uno studente, del quale la Digos
non ha diffuso il nome. Si
tratterebbe di un ragazzo già
stato condannato nei mesi scorsi
perché, durante lo scorso
campionato, ha partecipato a un
pestaggio organizzato di tifosi
del Como. Infine, secondo
indiscrezioni, un quarto
indiziato sarebbe già stato
accompagnato nelle Marche: la
Squadra mobile lo avrebbe
trattenuto per una serie di
confronti all’americana con
alcuni tifosi ascolani. Questa
operazione, ha detto ieri il
questore di Milano Umberto
Improta, dimostra, anche se non
sta a me dirlo, che sappiamo
fare il nostro lavoro.
Accettiamo i suggerimenti, come
quelli dell’altra sera al
Processo del Lunedì, ma non su
come svolgere le indagini.
L’indagine si è
conclusa
rapidamente anche grazie ai
dossier che la Digos ha
accumulato negli anni a carico
degli interisti della curva
nord. Decine di neofascisti
avevano approfittato del tifo
per esporre striscioni con
svastiche, asce bipenni, e
scrivere slogan razzisti,
come
Milanisti ebrei, stessa razza
stessa fine, in occasione del
derby di due anni fa. Dopo le
inchieste, non era scattato
alcun provvedimento. Ma questa
volta gli agenti, coordinati da
Achille Serra, sono andati sino
in fondo. In pochi giorni hanno
messo sotto controllo
un’ottantina di case, un paio di
bar, interrogato un centinaio di
tifosi. L’Ascoli aveva messo a
disposizione dei nerazzurri
mille biglietti, ha spiegato
ieri Serra, e ne sono stati
acquistati solo 350. Di questi,
90 sono stati venduti agli
ultras che avevano affittato due
autobus. La Squadra mobile di
Ascoli ha accertato che proprio
questi tifosi, a fine partita,
sono stati bersagliati da
pietre, bottiglie, pezzi di
ghiaccio dei contenitori frigo,
lanciati dagli spalti dei tifosi
ascolani. E proprio quando gli
interisti venivano scortati
fuori, agli autobus, un gruppo
di una quarantina si è
sganciato. Tra questi, conclude
il capo della Digos, cinque o
sei, hanno raggiunto Filippini.
Uno lo ha indicato, un altro lo
ha atterrato, gli altri lo hanno
massacrato di botte. Qualcuno lo
ha colpito alla testa con un
bastone, altri lo hanno finito a
calci e pugni. I testimoni, a
quanto pare, non mancano.
(Omissis), il cranio rasato,
grande e grosso, non poteva
passare inosservato. Non è
cambiato per nulla da quella
foto, scattata a San Siro, che
lo riprende seduto sugli spalti,
accanto a un camerata che fa il
saluto romano al fotografo della
polizia. Secondo gli amici del
quartiere, però, Metallica non
si era mai occupato di politica.
È l’unico Skin Head della sua
zona popolare, via (omissis),
vicino a corso Sempione. Non ha
mai pestato nessuno, in palestra
andava soprattutto per
dimagrire, ha provato a salire
sul ring ma al primo incontro
l’hanno steso. Se non ha fatto
il paninaro, taglia corto un
ragazzo, è perché con il suo
fisico non poteva certo mettersi
il piumino e andar dietro alle
ragazze. Ma forse nessuno
conosce bene Metallica, neanche
i suoi familiari. Dal suo
armadio, per esempio, è saltato
fuori un bilancino di
precisione: Mai visto prima
questo aggeggio, dice la madre.
E invece, sempre secondo la
polizia, il ragazzone, stivali
anfibi e giubbotto con le
borchie, si faceva vedere di
sera al Parco Lambro, uno dei
mercati a cielo aperto
dell’eroina. Noi sappiamo che è
un tifoso dell’Inter, dice suo
padre Umberto, 60 anni, sappiamo
che è andato ad Amsterdam a
farsi tatuare. Cose da ragazzi.
Noi lavoriamo insieme. Tutto il
giorno. Abbiamo comprato un
furgone e paghiamo 700mila lire
al mese. È un bravo ragazzo. I
coltelli sono miei, davvero. E
quei bastoni, non li portava
fuori casa da una vita. Quando
esce lo perquisisco... La
domenica della partita con
l’Ascoli, dice la madre
Pietrina, 53 anni, è tornato a
casa un po' mogio. Ma, se fosse
stato lui, avrebbe parlato.
Pensa a me, gli dicevo, se fossi
stato tu a finire in coma,
invece di quell’altro
poveretto... Sai, può capitare a
tutti, mi aveva risposto.
19 ottobre 1988
Fonte: La Repubblica
"Con un bastone gli
sfondò il cranio"
di Piero Colaprico
MILANO - Il pentito
degli ultras interisti ha paura.
Nessuno sa chi sia, la polizia
lo protegge. È sparito dalla
circolazione. E così hanno fatto
anche quelli che contano fra gli
skin heads, la banda dei crani
rasati dei quali faceva parte
(Omissis), detto
Metallica, uno dei due ultras
già arrestati con l’accusa di
omicidio. Basta una frase del
capo della Digos - che ieri ha
annunciato di aver arrestato
altri due giovani - per
comprendere la pericolosità
degli hoolingans milanesi: Sì,
qualcuno ha visto e ci ha
riferito, conferma Achille
Serra. Ma non fate il suo nome,
per carità. Se si sapesse che ha
parlato, rischierebbe di essere
ammazzato. Il racconto
dall’interno della Curva Nord
che fa il pentito è dettagliato
e sofferto, coinciderebbe con le
testimonianze, le descrizioni, i
particolari forniti dai tifosi
dell’Ascoli. E perciò si capisce
quanto le sue parole, messe a
verbale, siano fondamentali
nella ricostruzione dell’agguato
a Nazzareno Filippini, Reno, il
tifoso massacrato di botte
all’uscita dallo stadio ascolano
e morto dopo otto giorni di
coma, e abbiano facilitato
l’arresto per omicidio di
quattro ultras. Ieri, in base a
queste rivelazioni, il sostituto
procuratore Francesca Marcelli
ha così convalidato il fermo di
altri due ultras. Oltre a
(Omissis), 30 anni, uno del
quadrumvirato da anni a capo dei
Boys (lo zoccolo duro della
curva), e a (Omissis), il
massiccio skin head di 23 anni,
sono finiti in camera di
sicurezza altri due interisti:
hanno 19 anni, si chiamano
(Omissis), del gruppo Viking, e
(Omissis), dei Boys.
Oggi i quattro saranno
trasferiti da San Vittore al
carcere di Ascoli, per
l’inchiesta giudiziaria. La
posizione di un quinto tifoso,
identificato e ascoltato dalla
polizia milanese che non ha però
ritenuto esistessero a suo
carico sufficienti indizi, verrà
vagliata dai giudici
marchigiani. Secondo l’accusa,
questa la precisa ricostruzione
dell’omicidio. La partita è
finita, i tifosi dell’Inter
escono dallo stadio e, dagli
spalti, vengono bombardati di
pezzi di cemento, lastre di
ghiaccio dei contenitori frigo,
bottiglie e sassi scagliati dai
tifosi ascolani di Settembre
Bianconero. Una provocazione da
vendicare subito. E dai 90
interisti che marciano verso i
due autobus, si stacca un
manipolo di commandos. Tra
questi, sostengono in questura,
c’è (Omissis). È lui che indica agli
altri Filippini, forse è lui che
per primo lo afferra per un
braccio. È questione di secondi.
Irrompe qualcuno (Omissis), per
la polizia), armato di un
bastone, che centra alla testa
il ragazzo. Poi, ecco i due
nuovi arrestati, dei quali, dice
la Digos, non abbiamo ancora
accertato il ruolo. Qualcuno,
però, afferra un pezzo di
cemento, centra Filippini prima
alla testa, poi allo stomaco. Un
altro interista gli sferra un
paio di calci in faccia. Infine
la fuga, verso gli autobus,
mischiandosi nel gruppo più
folto dei tifosi. Una scena
usuale, negli scontri tra
estremisti del tifo, ma questa
volta il nemico, il tifoso
dell’Ascoli, resta sull’asfalto.
Se ne saranno accorti i suoi
killer ? Gli interisti, tornando
a casa, fanno bisboccia come se
niente fosse accaduto.
Saccheggiano un autogrill, e uno
dei capi, dopo la razzia di
salami, birre e caramelle, si
presenta alla cassa e dà 200mila
lire, di tasca sua, come per
dimostrare almeno la buona fede.
Più tardi si saprà che il tifoso
bianconero è in coma e che, come
ha dimostrato l’autopsia, è
stato colpito non una volta
sola, ma ha riportato una serie
di lesioni al corpo e al capo.
Non è stata una morte
accidentale, quella del tifoso.
E questa ricostruzione peserà
nel prosieguo dell’inchiesta:
l’omicidio preterintenzionale,
che cioè va al di là delle
intenzioni di chi lo compie, è
meno grave, e comporta una
detenzione meno lunga,
dell’omicidio volontario,
compiuto quando si cerca
veramente la morte
dell’avversario, del nemico. Ma
sono davvero i quattro ultras
arrestati i protagonisti di
questa scena ? Non ci sono zone
d'ombra nella ricostruzione
della Digos ? I quattro ragazzi
negano tutto. Metallica, durante
gli interrogatori, è stato il
più freddo. Un comportamento da
inglese, scherza un avvocato.
(Omissis) ha spiegato che lui, come
capo dei boys, non partecipa ai
pestaggi ma, all’opposto, il suo
compito è frenarli. E
(Omissis), in lacrime,
disperato, balbettando, ha
fornito un alibi. Sì, ho fatto
casino ad Ascoli, ma non c'entro
con Filippini. Ero più lontano,
ne stavo pestando un altro...
Ieri, nella sua casa al piano
rialzato di un casermone di
Quarto Oggiaro, alla periferia
della città, sono sfilati un
paio di amici. Hanno
tranquillizzato la mamma. No
signora, (Omissis) non c’entra. Era
con noi. E la signora Carmela ha
avuto una conferma, dice,
dell’innocenza del ragazzo.
Mostra gli album del figlio, le
sue foto nuove nuove con Zenga, Brehme, Matthaus. La sua
collezione di fotografie a
colori, ricche di fumogeni e
sciarpe alzate, tutte scattate
sulla Curva Nord. Non volevo che
andasse allo stadio, a far tifo,
perché lui finisce sempre in
mezzo. Ma lui mi rispondeva:
mamma, meglio lo sport che la
droga. E questo è un quartiere
difficile, il ragazzo doveva
distrarsi. Ma è buono, pensi che
la scorsa estate ha fatto sempre
il volontario sulle
autombulanze, per guadagnarsi le
200mila lire... (Omissis),
comunque, era stato già
arrestato in passato allo stadio
di Como per il possesso di armi
improprie. Di (Omissis), il
quarto arrestato, si sa poco.
(Omissis), figlio del proprietario
di una discoteca, frequenta il
primo anno di Economia e
commercio. Intanto, ad Ascoli
Piceno circa duemila persone,
con la squadra di calcio, hanno
partecipato ieri ai funerali di
Nazzareno Filippini.
20 ottobre 1988
Fonte: La Repubblica
A Milano altri due
arresti
di Nino Sormani
Quattro i giovani in
carcere per il pestaggio a morte
dopo Ascoli-Inter - Sono stati
riconosciuti da altri tifosi.
MILANO - Altri due
giovani ultrà interisti sono
stati arrestati ieri nell'ambito
dell'inchiesta condotta dalla
Digos di Milano e Ascoli dopo
l'uccisione di Nazzareno
Filippini, il tifoso ascolano
morto lunedì dopo il "pestaggio"
subito alla fine di Ascoli-Inter
(gara giocata domenica 9
ottobre). Si tratta di (Omissis), 19 anni, milanese,
aiuto panettiere, che abita con
i genitori in via (omissis); e
di (Omissis), 19 anni,
studente di economia e
commercio, residente a Milano in
via (omissis), figlio di "ottima
famiglia", come l'ha definito il
capo della Digos milanese Serra,
che ieri ha tenuto una
conferenza stampa per illustrare
gli sviluppi delle indagini. I
due ragazzi hanno già dei
precedenti: (Omissis), che fa
parte dei "Viking", è stato
arrestato il 20 settembre '87 a
Como perché il gruppo con cui
stava entrando allo stadio (10
persone) per Como-Inter aveva
addosso arnesi non consentiti.
Su (Omissis), aderente agli
"Ultras" è pendente, invece, una
denuncia della polizia stradale
di Savona per un furto messo a
segno nel marzo scorso. I due,
dopo l'interrogatorio del
sostituto procuratore Francesca
Marcelli, sono stati arrestati
per concorso in omicidio e
rinchiusi a San Vittore. Oggi,
assieme a (Omissis) e Ferrazza (gli
altri due arrestati) saranno
portati ad Ancona e messi a
disposizione della magistratura
locale, competente per
territorio. I magistrati di
Ancona potrebbero sentire anche
una quinta persona, fermata ieri
dalla polizia, interrogata per
un paio d'ore e alla fine
rilasciata. Si tratta di un
giovane studente. Per la Digos,
sarebbe a conoscenza di altri
particolari. "Una aggressione -
ha sottolineato ancora una volta
Serra - di inaudita violenza,
dove sono chiari finora i ruoli
di (Omissis) e Ferrazza, mentre sono
in via di accertamento quelli
degli altri. (Omissis) è l'uomo che
indicò agli altri il Filippini,
e lo gettò a terra. Poi
intervenne Ferrazza (nella sua
casa è stato sequestrato anche
un tubo per aspirare hashish), e
colpì il ragazzo di Ascoli a
bastonate. Gli altri, che
facevano senz'altro parte del
gruppo degli aggressori, non
sappiamo ancora con che cosa
l'hanno colpito". Sia (Omissis)
che (Omissis) hanno negato ogni
addebito sostenendo di essersi
trovati sul posto
dell'aggressione, ma di non aver
partecipato al "pestaggio", il
primo ha anche aggiunto che in
quel momento si stava azzuffando
con un altro tifoso ascolano. Il
capo della Digos ha spiegato che
per arrivare a identificare i
quattro sono state determinanti
le indicazioni fornite da chi ha
assistito all'aggressione e dal
gruppo di 90 tifosi giunti ad
Ascoli assieme ai quattro
arrestati. "Di questi non
possiamo dire nulla - ha
precisato Serra - perché se
trapelasse il minimo indizio
queste persone correrebbero
grossi rischi per la loro
incolumità fisica".
20 ottobre 1988
Fonte: La Stampa
Gli ultras accusati di
omicidio
MILANO - Omicidio
volontario, articolo 575 del
codice penale: questo il reato
ipotizzato dagli ordini di
arresto firmati dal sostituto
procuratore Francesca Marcelli,
e trasmessi ieri mattina alla
Procura di Ancona. Ordini di
arresto che riguardano tutti e
quattro gli interisti bloccati
nei giorni scorsi dalla Digos di
Milano e dalla Squadra Mobile di
Ascoli. Dopo i primi
interrogatori, il giudice
milanese ha definito
l’aggressione al tifoso
dell’Ascoli, morto dopo otto
giorni di coma, un atto cercato
e voluto. Nazzareno Filippini,
in altri termini, sarebbe stato
inseguito, raggiunto e pestato
dai teppisti nerazzurri a calci
e colpi di pietra, con la
precisa intenzione di uccidere.
E se i magistrati di Ancona,
competenti dell’inchiesta,
arriveranno alla stessa
conclusione, il rinvio a
giudizio potrebbe essere dunque
per omicidio volontario, e non
preterintenzionale. Oggi i
tifosi saranno trasferiti da San
Vittore al carcere di Ascoli.
Con il passare dei giorni,
insomma, la posizione dei
quattro sembra peggiorare.
Sull’inchiesta c’è uno stretto
riserbo, ma sembra che un
ultras, interrogato dal
magistrato, abbia ammesso di
aver partecipato
all’inseguimento di Reno
Filippini. L’ho solo inseguito,
ma non pestato, avrebbe detto.
Pensava forse di dimostrare la
sua innocenza, in realtà il
tifoso nerazzurro avrebbe
aggravato la sua posizione e
quella degli altri: avrebbe
ammesso di essersi comportato
proprio come avevano già
raccontato alla polizia alcuni
giovani di Ascoli e il pentito
nerazzurro. In pratica, così
facendo, l’ultras ha finito per
avvalorare le testimonianze più
sfavorevoli e dar ragione alla
polizia. L’inchiesta non si
ferma qui, ha aggiunto ieri
Achille Serra, capo della Digos.
Siamo ormai a buon punto per
identificare tutto il gruppo,
tra le 25 e le 30 persone, che
si è staccato dai 90 tifosi
interisti scortati fuori dallo
stadio ed è andato
all’inseguimento degli
avversari. È un lavoro che ci
potrebbe tornare utile dal punto
di vista della prevenzione.
Anche se, è bene ribadirlo, la
polizia da tempo ha identificato
i facinorosi. Ufficialmente,
infatti, in questura negano che
ci siano schede e fotografie sui
tifosi più estremisti. Eppure,
nel caso di (Omissis),
23 anni, detto Metallica,
proprio la Digos ha diffuso una
fotografia scattata sugli spalti
(accanto a lui c’è un altro
nerazzurro che fa il saluto
romano). E, per quanto riguarda
gli Skin Heads, la banda delle
teste rasate, esiste sicuramente
un rapporto riservato, scritto
dalla squadra politica nel
dicembre '87, e cioè
all’indomani di alcuni
striscioni razzisti (per
esempio: Droga e terroni le
piaghe d'Italia e Milanisti
ebrei stessa razza stessa fine).
Gli investigatori hanno comunque
sempre escluso che, tra di loro,
ci fossero militanti di rilievo
della destra neofascista. p.c.
21 ottobre 1988
Fonte: La Repubblica
Arrestato un quinto
ultrà
È un diciannovenne
milanese. Avrebbe fatto parte
del gruppo che aggredì
Filippini. L'accusa:
associazione per delinquere.
MILANO - Un altro
giovane di Milano, Massimo
Bertaglia, è stato arrestato per
associazione a delinquere. Lo ha
deciso il sostituto procuratore
della Repubblica di Ancona,
Vincenzo Miranda, che indaga
sull'uccisione del tifoso
ascolano Nazzareno Filippini,
aggredito il 9 ottobre ad Ascoli
Piceno, al termine dell'incontro
di calcio Ascoli-Inter e morto
otto giorni dopo nell'ospedale
di Ancona. Salgono così a cinque
gli arresti in seguito
all’episodio. Il giovane
arrestato è già stato trasferito
ad Ancona e rinchiuso nel
carcere di Montacuto. Bertaglia
è stato arrestato nella sua
abitazione di via (omissis), nel
quartiere della Bovisa. Come ha
reso noto il dirigente della
Mobile Walter Tosti, l'imputato,
che è stato interrogato nella
questura ascolana prima di
essere tradotto nel carcere di
Montacuto, ha dichiarato di
voler chiarire la propria
posizione al magistrato.
Bertaglia, che vende
abitualmente adesivi e bandiere
dell'Inter, aderisce al club di
tifosi "Viking" ed è amico di
(Omissis). Secondo il capo
della squadra mobile, faceva
parte del gruppo di sostenitori
dell'Inter che, all’uscita dallo
stadio, ha aggredito Nazzareno
Filippini. Altri ordini di
arresto per associazione per
delinquere erano stati emessi
dal giudice Miranda nei riguardi
dei quattro tifosi interisti già
colpiti, nell'ambito della
stessa inchiesta, da mandato di
cattura per omicidio volontario,
i milanesi (Omissis), di
23 anni, (Omissis), di 30,
(Omissis) e (Omissis), entrambi di 10. Il
magistrato - che probabilmente
trasferirà gli atti relativi
all'associazione per delinquere
alla procura della Repubblica
milanese, ritenuta competente
per territorio - ha affermato
che l'accusa per tale reato, mai
avanzata in Italia a proposito
della violenza negli stadi, può
essere riferita, tra l'altro,
anche all’estorsione che alcuni
gruppi di tifosi metterebbero in
atto nei riguardi delle società
di calcio, "lucrando
abbonamenti, biglietti gratuiti
e trasferte in cambio della
promessa di comportarsi bene
durante le partite". Già da oggi
il giudice Miranda dovrebbe
incominciare a interrogare i
cinque arrestati, che si trovano
tutti nel carcere di Montacuto.
Agli interrogatori prenderà
parte, oltre ai difensori degli
imputati, anche l'avvocato della
famiglia Filippini, costituitasi
parte civile nel procedimento
penale".
26 ottobre 1988
Fonte: Stampa Sera
Ascoli, arresti in casa
per uno degli ultrà
ANCONA - Massimo
Bertaglia, milanese di 19 anni,
il quinto dei tifosi dell’Inter
arrestato a seguito degli
incidenti fra i sostenitori
dell’Ascoli e della squadra
lombarda avvenuti al termine
della partita del 9 ottobre
scorso nel corso dei quali venne
pestato a morte Nazzareno
Filippini, ha ottenuto gli
arresti domiciliari. La
decisione è stata presa dal
sostituto procuratore, Vincenzo
Miranda, il giudice titolare del
caso, al termine della prima
tornata di interrogatori.
30 ottobre 1988
Fonte: La Repubblica
Ascoli - Inter
scarcerati gli ultras accusati
di omicidio
ANCONA - Saranno nuove
indagini di polizia giudiziaria
a dover individuare chi
materialmente vibrò il colpo che
uccise il tifoso ascolano
Nazzareno Filippini, 32 anni,
morto nell’ospedale di Ancona il
17 ottobre dello scorso anno a
seguito delle lesioni riportate
il 9 ottobre durante i
tafferugli scoppiati al termine
della partita Ascoli-Inter. Il
giudice istruttore di Ancona
Dario Razzi, titolare
dell’inchiesta, ha infatti
disposto la scarcerazione per
mancanza di indizi dei cinque
ultras interisti del gruppo
Viking che erano stati arrestati
per l’omicidio volontario di
Filippini. (Omissis), 31 anni,
(Omissis), 24, (Omissis) e
(Omissis), 20, tutti di Milano,
e il ventiquattrenne di Reggio
Emilia (Omissis) restano imputati
a piede libero per il reato di
rissa aggravata. Alla decisione
di scarcerare i cinque il
giudice Razzi è arrivato sulla
base di risultati emersi dalle
perizie disposte e dalle
testimonianze raccolte. Sembra
che (Omissis) e (Omissis),
protagonisti di scontri fra le
opposte tifoserie, fossero
lontani dal luogo
dell’aggressione a Filippini
mentre, pur avendo partecipato
alla rissa, non furono (Omissis),
(Omissis) e (Omissis) a sferrare
con un oggetto il colpo che
uccise l’ascolano.
1 giugno 1989
Fonte: La Repubblica
Il PM di Ancona
"condannate i tifosi assassini"
ANCONA - Una condanna a
dieci anni di reclusione per
omicidio preterintenzionale e
rissa aggravata è stata chiesta
dal Pm alla Corte d' assise di
Ancona nei confronti di quattro
tifosi dell’Inter, rei di aver
fatto parte di un gruppo di
sostenitori che, al termine
della partita di calcio fra
l’Ascoli e l’Inter nella città
picena il 9 ottobre 1988,
picchiarono a morte Nazzareno
Filippini di 31 anni. Rinviati a
giudizio sono i milanesi
(Omissis), 33 anni, (Omissis), di 21, e
(Omissis), di 26, oltre a
(Omissis), 26 anni, di
Reggio Emilia. Un quinto
imputato, (Omissis), 22
anni, pure di Milano, deve
rispondere solo di rissa
aggravata.
23 gennaio 1991
Fonte: La Repubblica
Dalla morte di Reno
Filippini, allo striscione
"Ci siete tutti ?": le
infamie della tifoseria
interista
di Andrea Ferretti
Una delle pagine più
brutte della storia dell’Ascoli
Calcio è sicuramente quel 9
ottobre del 1988. Al Del Duca si
disputava la gara Ascoli-Inter,
prima giornata di campionato. Il
risultato finale fu di 1-3:
doppietta di Serena, Mandorlini
e Giovannelli, i marcatori. Al
termine della partita le forze
dell’ordine facevano defluire
dalla Curva Nord i numerosi
tifosi interisti giunti nelle
Marche, avviandoli verso i 5
pullman parcheggiati in via
delle Zeppelle. Tuttavia, due
mezzi, inspiegabilmente, vengono
lasciati vicino alla stazione
ferroviaria. Un gruppo di ultras
neroazzurro decide, quindi, di
dirigersi verso la Curva Sud.
Qui parte il putiferio. Tra un
fuggi fuggi generale resta
coinvolto Nazzareno Filippini,
per tutti "Reno", tra gli
esponenti principali della
tifoseria. Le condizioni
appaiono gravi sin da subito.
Viene traferito d’urgenza
all’Ospedale di Ancona. I
sanitari del reparto
neurochirurgico lo sottopongono
ad un intervento alla testa per
rimuovere un grosso ematoma.
Qualche giorno dopo Reno subisce
un secondo intervento chirurgico
per l’asportazione dei residui
emorragici, ma non c’è nulla da
fare. Il cuore di Reno cessa di
battere il 17 ottobre per
arresto cardiocircolatorio
conseguente al progressivo
deterioramento delle condizioni
cerebrali. A distanza di 26
anni, non si conoscono ancora i
colpevoli dell’omicidio.
Inizialmente ad esser condannati
sono stati (Omissis), (Omissis),
(Omissis),
(Omissis) e (Omissis). Ma nel giugno 1989 il
giudice istruttore di Ancona li
rimetterà in libertà per
mancanza di indizi. La tifoseria
interista si è ripetuta qualche
anno dopo, stagione 2006-07, in
occasione della gara di
campionato Inter-Ascoli. Nel
corso della partita, i supporter
interisti, dopo aver rivolto per
varie volte gli infamanti cori
"Uno di meno, voi siete uno di
meno", "Filippini dov’è ?,
esponevano uno striscione con la
scritta "Ci siete tutti ?". Un
gesto che macchierà per sempre
una tifoseria, se così si può
chiamare, che la parola
"rispetto" non sa neanche cosa
significhi. Domani gli "Ultras
1898", in occasione del 26°
anniversario della morte di Reno
Filippini, invitano tutti i
tifosi bianconeri venerdì 10
ottobre alle ore 19.00 davanti
all’ex rifornimento Agip in
Viale Indipendenza 65, per poi
recarsi tutti insieme verso la
lapide posizionata sul ponte
Rozzi dove verrà depositato un
mazzo di fiori a nome
dell’intera tifoseria".
9 ottobre 2014
Fonte: Ascolinews.it
Morta la madre di Reno
Filippini
La sua intervista nel
2008: "Mio figlio meritava
giustizia"
Maria Onori si è spenta
a 85 anni all’ospedale di
Sant’Omero. Ripubblichiamo i
suoi pensieri espressi nel
ventennale della scomparsa del
figlio.
Ascoli, 15 ottobre 2015
- Si è spenta a 85 anni
all’ospedale di Sant’Omero Maria
Onori, la madre di Reno
Filippini, il tifoso bianconero
morto nel 1988 dopo essere stato
aggredito da un gruppo di tifosi
interisti. E proprio sabato
ricorre il 27° anniversario del
giorno in cui Reno morì dopo
otto giorni di agonia. Il
funerale di Maria Onori si terrà
domani mattina (venerdì) alle 10
nella chiesa del Sacro Cuore.
Una vita segnata dal dolore per
quella morte così assurda e
senza giustizia. Il 9 ottobre
del 2008, in un’intervista al
Carlino, la donna raccontò la
sua sofferenza e i suoi ricordi
di quei drammatici giorni del
1988. La ripubblichiamo, in suo
omaggio e in omaggio al figlio
Reno: "Porterò un mazzo di fiori
freschi sul ponte dov’è stato
ucciso Reno. Di solito ci tengo
bei fiori finti, ma oggi è un
anniversario". A vent’anni dalla
morte di Nazzareno Filippini,
per tutti "Reno", negli stadi si
continua a morire. E per una
mamma come la signora Maria
Onori Filippini, il dolore è
ogni volta doppio. Vent’anni fa,
al termine della partita
Ascoli-Inter, Reno Filippini fu
aggredito e massacrato di botte
da un gruppo di ultrà
neroazzurri. Morì dopo otto
giorni in ospedale. Si sarebbe
dovuto sposare in quei giorni.
"Nella notte tra il sabato e la
domenica della tragedia -
racconta la signora Maria, come
se ancora vivesse quei momenti -
Elisabetta (la fidanzata di
Reno, ndr) sognò che le fedi si
spezzavano. Svegliò mio figlio
agitata per raccontargli la
visione e lui ne rimase scosso.
Dopo la morte di Reno ha
distrutto il suo abito da sposa.
Lo ha tagliato a brandelli". È
un dolore troppo grande, colmato
solo dal ricordo di quel ragazzo
splendido e sempre pieno di vita
che accarezza ritratto in una
foto: "Per tanti anni - dice
ancora la signora - sono stata
in lotta con Dio e con tutti.
Poi ho capito che tanta rabbia
serviva solo a farmi stare
peggio. E ho ritrovato la pace e
la forza di andare avanti".
Avanti, anche oltre le
ingiustizie, contro un sistema
giudiziario che funziona "alla
rovescia": "Sono andata avanti
tra avvocati e tribunali solo
perché volevo che fosse fatta
chiarezza - racconta in
riferimento al processo - ma
così non è stato. Quei cinque se
la sono cavata con il minimo
indispensabile e anzi, ci
avevano chiesto persino un
risarcimento di 19 milioni
perché, a detta loro, erano
stati ingiustamente incarcerati.
Ma ancora oggi chi non ha
giustizia è il mio Reno". Sul
tavolo sono raccolti centinaia
di ritagli di giornale. Ci sono
foto che ritraggono Nazareno nei
momenti felici, con la
fidanzata, in vacanza. E c’è una
piccola foto della Prima
Comunione attaccata su un
tesserino di una squadra di
calcio di quartiere: "Non mi
piaceva che Reno giocasse, ma
lui amava tutti gli sport e il
calcio per primo. E così attaccò
quella foto al tesserino di
nascosto da me e suo padre.
Voglio dire solo una cosa ai
ragazzi che vanno allo stadio:
il calcio è un mercato. E se
succedono queste cose le società
non fanno niente per voi".
15 ottobre 2015
Fonte:
Ilrestodelcarlino.it
Una targa "in acciaio
inossidabile e cornice
bianconera" per ricordare Reno
di Francesco Di
Silvestre
Il 9 ottobre del 1988,
al termine di Ascoli-Inter,
Nazzareno Filippini veniva
violentemente colpito al capo da
un gruppo di ultras interisti.
Morirà il successivo il 17
ottobre e il suo delitto resterà
impunito. Gli "Ultras 1898"
hanno realizzato una nuova targa
per ricordarlo.
Sono passati 29 anni da
quel maledetto 9 ottobre 1988,
una data indelebile per tutti i
tifosi bianconeri ma anche per
tutti gli ascolani. In quel
drammatico giorno la cronaca ci
svela in maniera cruda e
impietosa che certe tragedie,
certi inaccettabili episodi
violenti legati ad una partita
di calcio possono capitare anche
da noi, nel nostro tranquillo e
pacifico capoluogo di provincia.
Il 9 ottobre 1988 è il giorno in
cui viene ferito mortalmente da
alcuni ultras interisti
Nazzareno Filippini, "Reno" per
i tanti amici e conoscenti, un
ragazzo di poco più di 30 anni
da sempre grande tifoso
dell’Ascoli. Reno si spegnerà 8
giorni dopo, il 17 ottobre,
all’ospedale di Ancona dove era
stato trasferito la sera stessa
della tragedia dopo essere stato
prima trasportato d’urgenza
all’ospedale. La tragedia si
consuma al termine della prima
giornata di campionato che aveva
messo di fronte al Del Duca
Ascoli ed Inter (vittoria dei
neroazzurri per 3-1). Il clima è
tesissimo sia prima che durante
la partita e al termine le forze
dell’ordine scortano i tifosi
neroazzurri verso il parcheggio
in via delle Zeppelle dove sono
i pullman. Per come sono
organizzate le questioni
inerenti l’ordine pubblico
attualmente è inevitabile che
possa sembrare incredibile che
possa essere accaduto una cosa
del genere, ma allora il
problema nacque perché due
pullman di ultras dell’Inter
erano parcheggiati davanti alla
stazione. Così mentre quel
gruppo di ultras neroazzurri si
dirige senza alcuna scorta e
senza alcun controllo delle
forze dell’ordine verso i
pullman scoppia il caos. Che
esplode quando il gruppo passa
sotto la curva sud, il tempio
del tifo più caldo bianconero.
Si parte con un lancio di
oggetti e si scatena una
violenta rissa. Le versioni su
come Nazzareno finisca per
essere coinvolto nella rissa
sono sempre state contrastanti,
in molti sostengono che il
povero Reno non abbia avuto
alcuna responsabilità, che sia
stato una sfortunata vittima. In
ogni caso è lui ad avere la
peggio, si accascia al suolo con
il viso completamente coperto di
sangue. Quando arriva al pronto
soccorso dell’Ospedale di Ascoli
è ancora cosciente, parla con i
medici lamentando un forte
dolore alla parte destra della
testa. Nel corso degli
accertamenti perde conoscenza ed
entra in coma, viene trasportato
immediatamente ad Ancona dove la
tac conferma la gravità della
situazione. Le successive
radiografie della scatola
cranica mostreranno un cervello
ridotto in poltiglia
evidenziando l’estrema ferocia e
violenza con cui è stato
colpito. I medici lo
sottopongono ad un intervento
alla testa per rimuovere un
grosso ematoma, poi ad un
secondo intervento per asportare
dei residui emorragici. Reno non
si riprenderà più e il 17
ottobre muore per arresto
cardiocircolatorio conseguente
al progressivo deterioramento
delle condizioni cerebrali,
lasciando nello sconforto la
madre Maria, due sorelle, un
fratello e la compagna
Elisabetta che avrebbe dovuto
sposare proprio la settimana
successiva a quella dannata
domenica di ottobre.
|
Diversi
anni dopo la mamma Maria
racconterà che proprio
Elisabetta la notte tra il
sabato e la domenica della
partita aveva sognato le fedi
che si spezzavano. Per
l’uccisione di Nazzareno
Filippini dopo le indagini
furono arrestati 5 ultras
dell’Inter del gruppo Viking con
l’accusa di omicidio volontario.
Nel giugno del 1989, però, i 5
vennero rimessi in libertà per
mancanza di concrete prove.
Anzi, da alcune perizie e da
alcune testimonianze emerse che
due di loro erano lontani dal
luogo dell’aggressione, mentre
gli altri tre furono comunque
ritenuti estranei ai fatti che
portarono alla morte di Reno. Le
successive nuove indagini non
portarono a nulla e l’omicidio
di Nazzareno Filippini è restato
impunito. "Sono andata avanti
tra avvocati e tribunali solo
perché volevo che fosse fatta
chiarezza ma così non è stato"
dichiarava in un’intervista in
occasione del ventesimo
anniversario della morte del
figlio mamma Maria. Che, poi, è
deceduta due anni fa. Il ricordo
di Reno, però, è rimasto bene
impresso tra i tifosi
dell’Ascoli e tra gli ultras
bianconeri che ogni anno, in
occasione dell’anniversario di
quel drammatico 9 ottobre,
organizzano iniziative in suo
ricordo. Quest’anno, poi, il
gruppo "Ultras 1898" per
ricordare Reno ha realizzato una
nuova targa in "acciaio
inossidabile e cornice
bianconera". "L’abbiamo voluta così
la targa in Suo ricordo - si
legge in un post del gruppo -
perché restasse identica e non
si rovinasse col passare del
tempo. Inossidabile come il suo
ricordo. L’abbiamo realizzata
raccogliendo i fondi all’interno
della Sua curva, dove nessuno è
passato indifferente senza
buttare una monetina nel
bussolotto agli ingressi della
Curva Sud. È una targa diversa
dalle solite, che rapisce
l’occhio, non puoi non notarla.
Sta lì, sulla destra del ponte,
a ricordare ai giovani che si
avvicinano al Del Duca per la
prima volta, che la curva è
sacra anche perché bagnata dal
sangue. Sta lì, sempre identica,
a dirci che in Ascoli non si è
tifato per l’Inter e per le
grandi squadre ma ci si è
combattuto aspramente e anche
fisicamente.
È un
ricordo ma anche un monito. È
una targa silenziosa,
essenziale, che parla
nell’inconscio e ti dice: "Io
resto sempre uguale, non ho
avuto tempo per cambiare" e ti
mette un po’ in imbarazzo mentre
tu vai a fare il video della
curva per pubblicarlo su
facebook con l’occhio alla
Champions League (o almeno lo
speriamo). È a suo modo un
manifesto antimodernista,
un’allegoria del tifoso che
mentre tutto scorre, tutto
cambia, cambiano i giocatori, le
società, gli orari, i
regolamenti, gli arredi dello
stadio, i punti per la vittoria,
le squadre, il tifoso rimane
fermo, identico, inamovibile,
fedele, inossidabile,
passionale, irrazionale nel suo
spirito forgiato anche
dall’esempio e dal ricordo di
Nazzareno Filippini. E una volta
all’anno permetteteci di
dedicargli una partita, uno
striscione, un articolo e
dichiarare al mondo che
nell’animo non vogliamo
cambiare, glielo dobbiamo. È il
nostro modo per rendergli
tributo. Ciao Reno, grazie…".
9 0ttobre 2017
Fonte:
Francescodisilvestre.it
Ascoli, Filippini 30
anni dopo
Il fratello: "Non c'è
giustizia"
ASCOLI - Oggi ricorrono
trent’anni dalla morte del
tifoso dell’Ascoli, Nazzareno
Filippini. Al termine della
partita Ascoli-Inter vinta per 3
a 1 dai nerazzurri di Trapattoni
(che in quella stagione
conquistarono lo scudetto) si
verificarono gravi disordini
fuori dallo stadio Del Duca. Sul
ponte, oggi intitolato alla
memoria di Costantino Rozzi,
Nazzareno Filippini, 30 anni (si
sarebbe dovuto sposare la
settimana successiva), fu
accerchiato da cinque ultras del
gruppo Viking dell’Inter che lo
massacrarono di botte, con calci
e pietre. Dopo otto giorni di
agonia Nazzareno Filippini morì
ad Ancona.
L’inchiesta si chiuse senza un
colpevole. "Sono passati 30 anni
dalla morte di mio fratello -
ricorda Antonio Filippini - ma è
vivo ancora in me quella
domenica. Giustizia? Mai avuta
perché a mio avviso è stato un
processo tutto sballato dove gli
accusati avevano a loro difesa
avvocati penalisti migliori
d’Italia- afferma Antonio - se
devo prendere in esame il caso
di mio fratello e qualcuno mi
domandasse: "Credi nella
giustizia?" risponderei senza
esitare: no>. È prevista una
manifestazione in programma
questa sera alle 21,30 dove
verranno deposti fiori nel punto
in cui il tifoso dell’Ascoli fu
barbaramente aggredito.
9 Ottobre 2018
Fonte:
Corriereadriatico.i
Ascoli Calcio, sono
trascorsi 32 anni dalla
brutale aggressione a Reno
Filippini
Il 9 Ottobre 1988
rappresenta una delle date
più nefaste
nell'ultracentenaria storia
dell'Ascoli Calcio.
Esattamente 32 anni fa,
all'esterno dello stadio
"Cino e Lillo Del Duca",
venne brutalmente aggredito
da pseudo-sostenitori
dell'Inter il tifoso
bianconero Nazzareno
Filippini, per tutti "Reno".
Il suo cuore smise di
battere il 17 Ottobre a
causa delle gravi lesioni
subite, gettando tutta la
città nello sconforto. Si
sarebbe dovuto sposare dopo
appena una settimana. Sono
tantissimi i tifosi
bianconeri che stanno
ricordando "Reno" via social
e che anche oggi gli
renderanno omaggio con una
preghiera davanti alla targa
d'acciaio a lui dedicata sul
ponte "Costantino Rozzi",
dietro alla storica Curva
Sud. Ecco il comunicato
pubblicato oggi dagli Ultras
1898 attraverso i propri
profili social:
"Acciaio inossidabile e
cornice bianconera.
L'abbiamo voluta così la
targa in Suo ricordo. Perché
restasse identica e non si
rovinasse col passare del
tempo. Inossidabile come il
suo ricordo. L'abbiamo
realizzata raccogliendo i
fondi all'interno della Sua
curva, dove nessuno è
passato indifferente senza
buttare una monetina nel
bussolotto agli ingressi
della Curva Sud. È una targa
diversa dalle solite, che
rapisce l'occhio, non puoi
non notarla. Sta lì, sulla
destra del ponte, a
ricordare ai giovani che si
avvicinano al Del Duca per
la prima volta, che la curva
è sacra anche perché bagnata
dal sangue. Sta lì, sempre
identica, a dirci che in
Ascoli non si è tifato per
l'Inter e per le grandi
squadre ma ci si è
combattuto aspramente e
anche fisicamente. È un
ricordo ma anche un monito.
È una targa silenziosa,
essenziale, che parla
nell'inconscio e ti dice:
"Io resto sempre uguale, non
ho avuto tempo per cambiare"
e ti mette un po' in
imbarazzo mentre tu vai a
fare il video della curva
per pubblicarlo su Facebook
con l'occhio alla Champions
League (o almeno lo
speriamo). È a suo modo un
manifesto antimodernista,
un'allegoria del tifoso che
mentre tutto scorre, tutto
cambia, cambiano i
giocatori, le società, gli
orari, i regolamenti, gli
arredi dello stadio, i punti
per la vittoria, le squadre,
il tifoso rimane fermo,
identico, inamovibile,
fedele, inossidabile,
passionale, irrazionale nel
suo spirito forgiato anche
dall'esempio e dal ricordo
di Nazzareno Filippini. E
una volta all'anno
permetteteci di dedicargli
una partita, uno striscione,
un articolo e dichiarare al
mondo che nell'animo non
vogliamo cambiare, glielo
dobbiamo. È il nostro modo
per rendergli tributo. CIAO
RENO, GRAZIE...".
In serata poi gli stessi
Ultras 1898 hanno deposto
una corona di fiori al
fianco della targa dedicata
a Nazzareno Filippini sul
ponte "Costantino Rozzi "ed
hanno posizionato uno
striscione con su scritto:
"Un grido di rabbia. Reno
vive !".
9 ottobre 2020
Fonte: Picernotime.it (Testo © Fotografia)
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