Maurizio Alberti
("Mau")
È
il 24 Gennaio del 1999. Lo Stadio Alberto Picco,
a La Spezia, è chiamato ad ospitare circa tremila
sostenitori pisani. Troppi, per un settore ospiti
posizionato in gradinata e a contatto con i locali.
Le autorità decidono di sistemare i pisani nella
Curva Nord, sede storica del tifo spezzino, relegando
tra gradinata e tribuna i padroni di casa. D’altronde
le squadre vivono momenti diversi, i bianconeri
non se la passano bene, i neroazzurri, guidati in
panchina da Francesco D’Arrigo, volano verso la
promozione in C/1. Il corteo neroazzurro affronta
il passaggio dalla stazione ferroviaria allo stadio
senza alcuna difficoltà. Il clima fuori dallo stadio
non si presenta particolarmente teso, nonostante
una massiccia presenza di reparti mobili e ogni
altro corpo militare e non; i precedenti inquietano,
nelle due gare della stagione 1997/98 si sono registrati
incidenti sia a Pisa che a La Spezia. La calma,
però, è solo apparente e dura pochi minuti. Gli
ultras di casa, nell’imminenza del fischio d’inizio,
mettono in piedi una specie di assalto nei confronti
della propria Curva, come a volersene riappropriare
simbolicamente. Volano oggetti di ogni tipo e sassi.
I pisani, in superiorità numerica schiacciante,
rispondono al fuoco. Sono momenti di grandissima
tensione, situazioni che non si sa che piega possano
prendere, anche per la presenza dei reparti della
Celere, imprevedibili nei modi e nei comportamenti.
Le ostilità cessano d’improvviso con il fischio
d’inizio della gara, ma solo per rivolgersi verso
il campo di gioco. Gli ultras dello Spezia, in gradinata,
distano pochissimi metri dalla linea laterale, e
non ci sono barriere. Un guardalinee viene abbattuto
dopo qualche minuto di tiro al bersaglio. Gara sospesa.
È il caos più completo, e anche per i più "anziani",
per chi gira tutti gli stadi anno dopo anno, sono
momenti in cui il cuore batte all’impazzata. Così
è anche per Maurizio Alberti, tifosissimo neroazzurro,
appartenente al gruppo Rangers 1979. Maurizio è
ovunque giochi il Pisa, negli anni precedenti ha
anche raggiunto l’Inghilterra, al seguito della
squadra, pertanto figuriamoci se non si presenta
a La Spezia per il derby, costi quel che costi.
La sua posizione è defilata, rispetto agli eventi.
Mau resta al centro della Curva, seduto sulla balaustra,
con l’inseparabile tamburo davanti. È perfettamente
lucido. Non partecipa al caos tra il settore laterale
della Curva e la Gradinata spezzina. Ad un certo
punto, uno dei suoi amici più cari sente il peso
di Maurizio su di sé. Pensa stia scherzando. Quando
si sposta, per girarsi, Maurizio scivola a terra.
È privo di conoscenza. Classico svenimento da Curva.
Sole, qualche vizio, stanchezza. Non la pensano
così gli amici più stretti, quelli del gruppo, che
sono tutti lì attorno a lui. Sanno che Maurizio
soffre di problemi cardiaci ed ha un bypass impiantato.
Viene chiamata l’ambulanza. Nessun punto di soccorso
è presente in Curva. L’ambulanza, senza medico a
bordo, è parcheggiata fuori. I soccorritori fanno
anche fatica a muoversi perché la polizia, dato
lo stato di tensione estrema, controlla con apprensione
le uscite. Portano via Maurizio. Un caro amico chiede
di salire sull’ambulanza, parla con i soccorritori,
e descrive le patologie di cui è a conoscenza. Ma
il medico a bordo non c’è. Il referto parla chiaramente
di "criticità media" e "perdita di conoscenza/svenimento".
Maurizio in realtà è in arresto cardiaco. Ma sull’ambulanza
non c’è nessuno in grado di riconoscerlo. La superficialità
della diagnosi è senz’altro influenzata dal pregiudizio:
quale male potrà mai affliggere un ultras in trasferta
dentro un settore ospiti, se non qualcosa correlato
all’abuso di alcool o stupefacenti ? Non viene somministrato
ossigeno, tanto meno praticato un massaggio cardiaco,
e questo si rivelerà decisivo per l’esito tragico
della vicenda. I medici del Pronto Soccorso, una
volta ricevuto e accolto il paziente, si accorgono
subito che qualcosa non va. Lo rianimano ma Maurizio
ormai è entrato in stato comatoso, a causa dei minuti
su minuti passati in arresto cardiaco e senza afflusso
di ossigeno al cervello.
(Video
tratto dagli archivi di pisanellastoria.it
risalente al novembre 1993, quando il Pisa
si recò in Inghilterra per disputare il
torneo Anglo-Italiano contro il Notts County,
con una breve intervista a tre tifosi neroazzurri
fra cui c’è Maurizio Alberti. Era arrivato
a Nottingham insieme agli altri, senza biglietto,
ma Romeo Anconetani si attivò per farli
entrare tutti e tre allo stadio, spacciandoli
per addetti ai lavori della società) |
Allo stadio, intanto, la partita non riprende.
I tifosi pisani sciamano alla Stazione e tornano
a casa. Maurizio resta ricoverato all’ospedale
di La Spezia. In pochi al momento conoscono
la reale dinamica della vicenda ma come un tam
tam la voce si diffonde e già in serata Pisa
apprende la notizia. Da quella stessa notte
è un viavai di persone da Pisa a La Spezia e
ritorno. A parte i familiari, il padre, la madre,
e la sorella, ci sono gli amici del gruppo,
al capezzale, e quotidianamente si fanno tentativi
per far uscire Maurizio dal coma, sia con audiocassette,
su cui sono registrati cori della curva, sia
con interventi fisici di tante persone che entrano
nella sua stanza e provano a parlargli. Tra
questi, alcuni giocatori e rappresentanti del
Pisa Calcio. Ogni tentativo è vano. Dopo quindici
giorni Maurizio, nel frattempo trasferito a
Pisa, al Santa Chiara, si spegne. È il giorno
8 Febbraio. Immediatamente, al lutto di tutta
la città si accompagna la rabbia per l’inefficienza
dei soccorsi. La famiglia, appoggiata dalla
Curva Nord, intraprende una battaglia per accertare
la verità. Le evidenze sono schiaccianti, si
raccolgono numerose testimonianze e queste vanno
tutte in un senso: superficialità dei soccorritori,
quando non pregiudizio, e alla base un sistema
di prevenzione da quarto mondo, con migliaia
di persone lasciate in balia di sé stesse nei
settori dello stadio meno "nobili". La battaglia
della famiglia e degli amici diventa la battaglia
di tutto il mondo delle tifoserie. In tantissime,
anche rivali, quando non nemiche, si presentano
a Pisa con striscioni di solidarietà. Questo
però non smuove istituzioni e "giustizia": dopo
un lungo e costoso iter processuale la conclusione
è la solita italiana, "insufficienza di prove".
La fatica e gli sforzi, però, non sono vani.
Nasce una inedita sensibilità sul tema del soccorso
negli stadi. Posti di "primo soccorso" iniziano
a sorgere nelle Curve e non solo in Tribuna
Coperta, dove, come recitava una formula provocatoria
della Nord ai tempi del processo, "ci si può
permettere di avere un infarto". Il tema diventa
di dominio pubblico e rimbalza in tutte le piazze
di Italia, al pari della repressione, del caro
biglietti e di altre tematiche care al mondo
degli ultras. Nell’amarezza per il mancato riconoscimento
nei tribunali, rimane la soddisfazione per i
risultati tangibili e concreti ottenuti dentro
gli stadi e non solo a Pisa. Ma gli sforzi del
gruppo Rangers e della Nord per ricordare Mau
non si limitano alla battaglia giudiziaria.
La Curva Nord viene intitolata a lui, e una
targa, regalata dai ragazzi di Carrara, è affissa
all’entrata del settore centrale della stessa.
Nello stesso periodo, viene realizzato uno striscione
con i colori di Pisa, la croce armena e i guerrieri
della Repubblica pisana: sopra campeggia la
scritta Mau Ovunque. Appeso in un primo momento
sopra lo striscione del gruppo Rangers, viene
poi spostato al centro della Nord rappresentandola
nella sua interezza.
La storia di Maurizio viene
fatta propria da ogni tifoso, da ogni gruppo, e
con approvazione unanime lo striscione bianco-rosso
finisce per indentificare tutto il movimento ultras
pisano. Girerà tutta l’Italia, al seguito del Pisa,
come avrebbe fatto Maurizio. Tra le varie iniziative,
al di là di quanto accade ad ogni triste ricorrenza
della scomparsa, ricordata con striscioni e cori
non solo dalla Curva ma da tutto lo Stadio, c’è
il Trofeo Mau Ovunque, una manifestazione nata già
nell’estate del 1999, al campo Abetone, e poi migrata
subito sui terreni della Polisportiva Bellani. Le
varie anime della Curva, in tre giorni all’insegna
dell’amicizia e del ricordo, si sfidano a calcio
in ricordo di Maurizio, con la presenza di calciatori,
allenatori, vere o presunte personalità, tifoserie
amiche. A Maurizio vengono inoltre dedicate tutta
una serie di iniziative sociali e di intervento
in situazioni limite, progetti in cui la Nord si
spende cercando appoggio su altre realtà cittadine
e coinvolgendo decine di ragazzi e ragazze. Il Chiapas,
l’Uganda, la Palestina, la voglia di ricordare un
amico aiutando gli altri non conosce confini e adesso,
dopo iniziative di minore impatto, torna a coinvolgere
Pisa con il progetto del Parco.
Mau Ovunque
Fonte: Ilparcoditutti.it
Maurizio Alberti,
in memoria del tifoso nerazzurro un parco a Pisa
Nascerà un parco accessibile
in memoria del tifoso Maurizio Alberti, morto a
febbraio del 1999 dopo due settimane di agonia in
seguito a un arresto cardiaco che lo ha colpito
durante la partita Spezia-Pisa. Il progetto, cofinanziato
da tifosi e Comune, verrà presentato domani, venerdì
20 gennaio, al Centro Espositivo SMS, Sala Convegni.
Interverranno Paolo Ghezzi, vice sindaco di Pisa,
Paola Senatore, architetto del Comune di Pisa, Antonietta
Scognamiglio, Presidente Coordinamento Etico Caregivers
di Pisa e i rappresentanti dell’associazione dei
tifosi del Pisa che hanno raccolto le offerte.
19 gennaio 2017
Fonte: Gonews.it
Dieci anni fa la
morte di Maurizio Alberti
8 febbraio 1999
- 8 febbraio 2009: il ricordo della Curva Nord
8/02/1999 - 8/02/2009:
MAU sempre con noi !
"Sono
passati già 10 anni da quel maledetto giorno a Spezia,
eppure sembra ieri. Tante cose sono successe da
allora, eppure, pensando a Maurizio, ci sembra un
giorno fa che andavamo insieme in trasferta in tutti
gli stadi italiani. Abbiamo fatto tante iniziative
in questi 10 anni per rendergli giustizia, invano
purtroppo, tante cose per ricordarlo e per incidere
il suo nome nella storia del Pisa. La Curva Nord
porta il suo nome, progetti di collaborazione e
solidarietà in tutto il mondo sono a lui intitolati,
e poi striscioni, coreografie, ed il torneo Mau
Ovunque che quest'anno giungerà alla decima edizione:
tutto questo è certo un modo per ricordare e provare
a riempire un vuoto incolmabile, ma ci è servito
anche per sentire un po' meno la sua mancanza. Cosa
impossibile certo, ma parlare di lui e dedicargli
tutto quello che gli abbiamo dedicato è stata una
maniera per sentirlo ancora presente fra di noi
ed è servito a noi tutti per andare avanti, pensando
e costruendo insieme dei progetti importanti, degni
di portare il suo nome. Per anni abbiamo atteso
invano verità e giustizia, tutta Italia conosce
ormai la sua vicenda come dimostrano i numerosi
striscioni esibiti a Pisa, e non solo, da varie
tifoserie avversarie. Tutti chiedevano che si facesse
luce sull'accaduto (chi era a Spezia accanto a lui
sa benissimo come si sono svolti i "soccorsi").
Tutti ci hanno espresso solidarietà. Tutti tranne
la Magistratura, che ha pensato bene, nonostante
anni di lotte, di non aprire nemmeno il processo
e di archiviare il caso di Maurizio come se niente
fosse accaduto. Abbiamo chiesto giustizia e verità,
e abbiamo cercato di sensibilizzare l'opinione pubblica
sul problema della sicurezza legata ai soccorsi
negli stadi. Lo abbiamo urlato a squarciagola che
negli stadi italiani e in particolare nelle curve
i soccorsi sono inadeguati, privi di dottori e di
strumenti idonei. Ma niente. Nessuno dei "potenti"
ci ha voluto ascoltare. Negli ultimi anni abbiamo
addirittura assistito alla trasformazione degli
stadi in lager con tornelli, telecamere e gabbionate:
tutti soldi buttati via nel falso nome della sicurezza.
Mentre siamo stati noi a dotare l'Arena - forse
l'unico stadio italiano - di defibrillatori poiché
ne era sprovvisto. Un mucchio di soldi buttati in
decreti, forze dell'ordine, steward, quando di ambulanze
equipaggiate e con dottori a bordo nemmeno l'ombra.
A Spezia sarebbe bastato un dottore che si rendesse
conto della gravità del malore di Maurizio per salvargli
la vita. Oramai gli stadi sono stati spogliati di
tutto il loro colore, il posto degli striscioni
lo hanno preso gli innumerevoli divieti e la repressione
fa da padrone. Purtroppo, Maurizio, l'Arena non
è più la stessa Arena che tu conoscevi, e il calcio
di oggi non è più il "nostro" calcio, il calcio
di quando, insieme a te, con il tuo tamburo, lo
striscione e i megafoni ce ne andavamo liberamente
in tutta Italia. Il calcio di quando si potevano
ancora esprimere liberamente le proprie opinioni
con gli striscioni e ingegnarci in coreografie strabilianti,
il calcio dei derby infuocati... Quanti derby abbiamo
vissuto insieme a te, quanti sabato notte trascorsi
in bianco a ultimare le coreografie e gli striscioni
col magone e l'ansia nello stomaco per la partita
del giorno seguente, in cui avremmo trovato di fronte
gli "acerrimi nemici". Anche questo, caro Mau, ci
hanno tolto. Oggi il derby è solo una partita per
gli abbonati, e a noi, che abbonati lo siamo, quel
giorno, simbolo della morte del calcio, avremmo
voglia di strapparlo l'abbonamento".
Curva Nord Maurizio
Alberti
8 febbraio 2009
Fonte: Pisanotizie.it
|
I
tifosi feriscono un giocatore del Pisa e
un guardalinee: gara sospesa dopo 10'
Spezia,
follia in campo
di Rino
Capellazzi
Dopo
una vigilia molto tesa (il prefetto
aveva fatto cedere la curva dei tifosi
liguri a quelli toscani), la reazione è
stata allucinante e vergognosa: adesso
lo Spezia rischia grosso - Ricoverati
due tifosi del Pisa.
LA
SPEZIA - Spezia-Pisa è durata solo 10’:
una punizione per lo Spezia (5'), un
salvataggio sulla linea di porta del
Pisa, ed è divampata la contestazione
spezzina. Il terzino toscano Marcato
viene colpito da alcuni pezzi di
seggiolini sradicati dai tifosi di casa,
mentre batte il fallo laterale e quasi
in contemporanea crolla a terra il
guardalinee Marino Ratti, 38 anni, di
Monza, centrato da una scatola di carta
igienica. Il guardalinee, portato negli
spogliatoi e poi in ospedale, veniva
dimesso subito dopo. Intanto nella curva
dei sostenitori pisani un tifoso di 28
anni, di professione macellaio, il cui
nome non è stato diffuso per il rispetto
della privacy, veniva colpito da infarto
e finiva in rianimazione nel nosocomio
ligure, ma già in serata veniva
dichiarato fuori pericolo. (NDR:
Maurizio Alberti !) Un'altra anziana
sportiva toscana, conosciuta tra i
tifosi con il solo nome Rina, scivolava
sui gradoni e riportava la frattura di
un piede. Entrambi gli episodi non sono
da ascrivere ad azioni teppistiche, ma
solo all'atmosfera che si era creata.
Dopo circa mezz'ora, dagli spogliatoi
filtrava la notizia che la partita
sarebbe stata sospesa e che la squadra
pisana non avrebbe voluto rientrare in
campo. Inutili gli interventi del
proprietario dello Spezia Eros Polotti,
dell’allenatore Luciano Filippi e del
capitano Stefano Sottili, recatisi sotto
il settore degli spezzini. Nulla da
fare, fischi e improperi diretti al
prefetto della Spezia, Mario Spanu, che
aveva deciso di destinare la curva
spezzina ai sostenitori del Pisa. A
poche ore dall’inizio della gara il
presidente Sergio Borgo e il dirigente
addetto ai tifosi Federico La Valle
avevano rassegnato le dimissioni. I
fattacci si sono verificati, dopo un
inizio tranquillo, con i tifosi
impegnati a incitare le rispettive
formazioni. Gli ospiti hanno aperto le
ostilità, lanciando verso la tifoseria
avversaria una dozzina di razzi che, per
fortuna, non raggiungevano i sostenitori
locali. Poi, poco prima del fischio
d'inizio, gli stessi tifosi pisani hanno
gettato alcuni fumogeni che hanno
costretto l’arbitro ad allungare ancora
i tempi del via. Avvisaglie di simili
episodi si erano avuti per tutta la
settimana, ma nessuno poteva supporre
che la contestazione arrivasse
addirittura a colpire la propria
squadra, non permettendole di giocare
l'incontro. In mattinata la dirigenza
spezzina aveva inviato un fax alla
prefettura del capoluogo, chiedendo di
invertire i settori adibiti agli
spettatori, considerato che da Pisa non
erano arrivati più di 2 mila tifosi. Lo
Spezia aveva anche chiesto di iniziare
la gara con 10' di ritardo per
solidarietà con i tifosi locali. Ora le
conseguenze saranno gravi: oltre allo
0-2 a tavolino, si prevedono parecchie
giornate di squalifica del campo. La
risposta dell’attuale proprietario Eros
Polotti è stata drastica: "In settimana
studieremo l’opportunità di ritirare la
squadra dal campionato". Il Pisa per
precauzione ha presentato riserva
scritta, ma l’arbitro Palmieri ha fatto
firmare ai dirigenti delle due società
una dichiarazione, in cui si afferma che
non sussistevano le condizioni per
riprendere il gioco.
25
gennaio 1999
Fonte: La Gazzetta dello Sport
Comunicato Curva Nord Pisa "Maurizio
Alberti"
"Si
chiamava Maurizio Alberti ed è morto nel
febbraio del 1999 dopo due settimane di
agonia: era andato in coma in seguito ad
un arresto cardiaco accusato durante la
partita Spezia-Pisa e le palesi
inefficienze dei soccorsi avevano di
fatto cancellato ogni speranza di
sopravvivenza, sarebbe bastata una
somministrazione di ossigeno tempestiva
al posto delle mille domande sulle sue
condizioni ("Ha bevuto ? Ha fumato ?").
Se si fosse sentito male in un posto
"rispettabile", tra cittadini e non tra
"belve", avrebbe avuto diritto ad un
altro tipo di assistenza: ossigeno e
corsa a sirene spiegate verso
l’ospedale. Ma era un ultrà in un
settore ospiti e non ha avuto questa
fortuna. Abbiamo lottato nei tribunali
per tentare di veder riconosciute le
nostre ragioni, ma non per vendetta o
desiderio di giustizia sommaria: la
nostra intenzione era quella di
denunciare e smascherare la situazione
negli stadi, la mancanza di assistenza,
l’assenza di misure di sicurezza
destinate ai tifosi e non organizzate
contro questi. Non ci hanno neppure
consentito di andare al dibattimento,
nonostante le testimonianze. E negli
stadi si è continuato a cadere dalle
balaustre e a finire nei fossati (vedi
Genova, vedi San Benedetto del Tronto,
vedi ancora Pisa soltanto lo scorso
anno), sfiorando sempre la tragedia
finché questa non si è ripresentata
puntuale". Curva Nord Pisa "Maurizio
Alberti"
8
febbraio 2000
Fonte: Pisanellastoria.it
La
storia di Mau
Tratto
dal libro "Rangers, siamo Pisani
batteteci le mani"
Edito
da Mariposa e scritto da M.Grava e
M.Catastini
"Mentre
con svogliatezza e nervi a fior di pelle
mi apprestavo ad accendere il computer
per iniziare a scrivere questo capitolo
e quindi la storia di Mau, mi è passato
per la mente che tutto sommato potevo
dare questo incarico all'amico
Catastini, così da non dover ripensare a
quei tragici giorni e risparmiarmi
almeno per una volta arrabbiature. Ma
poi ripensandoci mi sono convertito
all'idea che la storia di Mau doveva
essere raccontata per filo e per segno,
e che quindi, seppur dolorosi, dovevo
recuperare quei ricordi perché su queste
pagine la storia di Mau fosse raccontata
nella sua interezza evitando così il
rischio che si perdesse. L'ultima che
vidi e che parlai con Maurizio fu sabato
23 gennaio 1999: erano circa le sei del
pomeriggio e mi recai allo stadio sotto
la tribuna coperta dove i Rangers
facevano la prevendita dei biglietti
della partita Spezia-Pisa. Lì, tra le
luci che illuminavano il piazzale c'era
un mucchio di gente e tra loro Mau.
Quando lo vidi mi avvicinai e quindi
dopo esserci scambiati i rituali saluti
gli chiesi come stava, e lui, tirando su
le spalle mi rispose: come al solito.
Questo l'ultimo personale ricordo di
Mau, il resto è solo un calvario che
durò 16 lunghi giorni. Tutto iniziò
domenica 24 gennaio: la questura della
città di La Spezia, ove ci eravamo
recati per seguire l'incontro del Pisa,
dopo gli incidenti dell'anno precedente
e visto che verosimilmente il Pisa stava
vincendo il campionato e che quindi
avrebbe avuto al seguito un numero ben
più elevato di tifosi, decise di
disporre noi pisani nella curva in cui
abitualmente risiedono gli spezzini e di
spostare i tifosi bianconeri nel settore
di gradinata. Si capì subito che questo
tipo di risoluzione creava molti più
problemi che se ci fosse stata data
l'intera gradinata, ma questo
evidentemente alla tifoseria spezzina
interessò poco e così, visto che quel
che contava era il metodo in cui
contenere nel miglior modo possibile i
temuti tifosi pisani, si decise di
procedere con lo scambio dei settori. Ma
come diceva sempre mia nonna "alle idee
gli vanno messe le gambe", infatti, se
l'idea in linea di massima poteva essere
giusta, alla fine si rivelò non essere
tale perché i controlli che furono
effettuati nei confronti dei tifosi
bianconeri non furono dei migliori, così
che dopo circa cinque minuti che era
iniziato l'incontro questi sdraiarono il
guardialinee che ordinava al loro
cospetto con un rotolo di carta facendo
sospendere la partita, ed allora se a
quel punto le due tifoserie fossero
uscite dai loro settori ed entrate a
contatto tra loro a che cosa sarebbero
serviti tutti quegli spostamenti ?
Torniamo adesso a raccontare la storia
di Mau. Dopo qualche minuto che
l'incontro era stato sospeso Maurizio si
sentì male. Io ero in alto in una zona
lontana dal bocchettone centrale
d'entrata dove erano i Rangers e con
loro Mau. E quindi, vista la distanza,
mi resi conto che la barella che era
entrata in curva era stata introdotta
proprio per portar via il mio amico con
qualche minuto di ritardo. Resomi conto
di quello che realmente era accaduto mi
precipitai immediatamente nel punto in
cui i barellieri avevano attraversato il
cordone di Polizia per andare verso
l'ambulanza, ma ovviamente mi fu
impedito l'ingresso all'area in cui era
stato trasportato il mio amico. In quel
punto, intorno a me c'erano diversi
ragazzi dei Rangers e qualcuno, mi
sembra David, mi disse che Marco
spacciandosi per il cugino di Mau era
riuscito a salire sull'ambulanza e che
appena arrivati all'ospedale ci avrebbe
chiamato. Nel frattempo dalla zona di là
del cordone di Polizia vedemmo rientrare
un uomo che poi scoprimmo essere un
medico e che tentò di tranquillizzarci
visto che l'agitazione di tutti stava
salendo. A quel punto non potemmo far
altro che metterci a sedere ad attendere
quella maledetta telefonata
dall'ospedale che non arrivava mai. Dopo
un'altra ventina di minuti - nel
frattempo anche la Rina era caduta
rompendosi una gamba - arrivò la moglie
di un amico che a sua volta era stata
chiamata da una ragazza rintracciata a
casa dal
Marco dell'ambulanza. Le
notizie che stavano arrivando
dall'ospedale erano drammatiche, Mau
nonostante quel che c'era stato detto
era in condizioni gravissime. La prima
cosa che ci venne in mente fu quella di
chiamare a casa sua per informare i
familiari della situazione, ma lì non
rispondeva nessuno. Allora, visto che di
scorta avevamo anche la Polizia pisana,
andammo da chi conoscevamo perché
tramite i loro canali ci recuperassero
il numero di telefono del cellulare del
fratello di Mau, ma la Polizia spezzina
decise proprio in quel momento di far
rientrare i tifosi del Pisa verso la
stazione ferroviaria. Ed allora qualche
amico della questura pisana mi disse
"esci dal corteo e vai all'ospedale".
Avevo perso gli altri, non sapevo
dov'era quel maledetto ospedale e
nemmeno come arrivarci ed allora l'unica
cosa che mi venne in mente fu quella di
precedere il corteo e di arrivare alla
stazione prima degli altri, dove in
mezzo a tutti individuai qualche ragazzo
con il quale poi raggiunsi l'ospedale.
Quando arrivammo Mau era in coma,
ricoverato nel reparto di terapia
intensiva. Da allora in avanti tutti i
giorni ci recavamo nella città ligure,
per rimanere vicini al nostro amico ed
ai suoi familiari. Ad un certo punto
alcuni medici, che tutti i giorni si
trovavano addosso una trentina di noi,
fecero intuire che una carta che
potevamo provare a giocare era quella di
stimolare Mau con delle musicassette in
cui vi fossero registrate le nostre voci
o quelle di qualcosa di particolarmente
importante per il nostro amico. Ma dopo
un primo momento in cui Maurizio
sembrava reagire tutto si rivelò
inutile; per la verità le provammo
veramente di tutte: entrammo dentro la
sala di rianimazione, facemmo venire il
D.S. ed il capitano del Pisa, riuscimmo
anche a portare Romeo a La Spezia quando
dei proprietari del Pisa Calcio non si
faceva sentire nessuno. Purtroppo però
tutto quel che facevamo era inutile. A
distanza di qualche giorno venne a
trovarci anche l'amico Sergio Borgo che
ci mise a disposizione un appartamento
dello stesso A.C. Spezia, ed a quel
punto l'ennesimo attacco giornalistico
nei confronti dei presidenti del Pisa,
rei di non essersi degnati nemmeno di
fare una telefonata, indusse Posarelli a
venire in ospedale. Ricordo che per non
discutere, non era il luogo ed il posto,
mi allontanai per fare una passeggiata
ed al mio rientro qualcuno mi disse che
questi ci aveva dato la piena
disponibilità sua e dei suoi
collaboratori per qualsiasi cosa
avessimo avuto bisogno. E difatti come
si voleva dimostrare quando venne deciso
di provare l'ultima carta del
trasferimento di Mau all'ospedale di
Pisa, sicuramente meglio attrezzato di
quello di La Spezia, ricorremmo invano
"ai nostri" che ci avevano dato la loro
piena disponibilità. "Non vi
preoccupate, pensiamo a tutto noi,
vedrete: domani mattina faremo venire
un'ambulanza attrezzata a La Spezia e
portiamo via Maurizio", queste grosso
modo le promesse che ci furono fatte, ma
che non vennero mantenute. Quel famoso
"domano mattina" era sabato 6 febbraio,
ed invano attendemmo l'arrivo di
quell'ambulanza tra lo strazio della
madre e della sorella di Mau. Alla fine,
meno male, mi venne in mente di chiamare
Borgo, che come al solito con la
gentilezza che lo contraddistingue si
precipitò all'ospedale lasciando da
parte anche i suoi compiti di presidente
dello Spezia per aiutarci. Per prima
cosa Sergio andò a cercare il medico
sportivo della sua società, quindi con
questi andò direttamente a parlare con
il primario del reparto in cui era
ricoverato Mau ed infine riuscì a
convincerlo affinché ci accompagnasse a
Pisa. Fece per noi più Borgo in poche
ore che "i nostri" in qualche anno. Ma
le difficoltà non erano ancora
terminate; infatti, dai due ospedali di
Pisa c'era stato dato assenso negativo
al trasferimento di Mau, in qualche modo
dovevamo superare quell'ostacolo ed
allora Michele sfruttando le proprie
conoscenze chiamò alcuni responsabili
della Questura di Pisa, che tra l'altro
spesso sono stati fatti oggetto di
sberleffi e critiche, e tramite questa
via, ci chiamò per telefono anche lo
stesso Questore di Pisa, si riuscì a
liberare il campo da tutti i problemi.
Nonostante tutti gli sforzi, la
situazione clinica di Mau era oramai
precipitata ed allora di lì a poco i
medici pisani comunicarono la morte
celebrale del nostro amico. Superati
rabbia e sbigottimento del primo momento
iniziammo a far filtrare la notizia
all'esterno. Ricordo le amare lacrime di
Romeo, la gente incredula che dentro e
fuori l'ospedale era venuta al capezzale
di Mau, la tensione palpabile di molti
ragazzi che si conteneva a stento. Alla
fine dopo quindici giorni, verso le
sette di sera, si fece vedere anche
l'altro proprietario del Pisa, Gerbi,
accompagnato dall'altro presidente,
mogli, figlioli ed un ex poliziotto
accompagnatore del Pisa. L'accoglienza a
Gerbi fu, - diciamo così - abbastanza
fredda, e probabilmente a qualcuno passò
per la mente qualche pensiero non certo
amichevole, tanto che venne anche
apostrofato in modo pesante e ci fu da
parte di qualcuno la voglia di avvicinarlo, e non per stringergli la
mano. Non accadde nulla, naturalmente,
ma la tensione di quei momenti toccò
punte davvero alte. Alla fine, forse
rendendosi conto di quel che stava
succedendo, tentò di dare la mano a
tutti per imbonirci un minimo. Il
funerale, i fiori, i messaggi di
cordoglio, tutta quella gente intorno,
facevano parte di un copione già
scritto, nulla di nuovo se non una forte
presa di posizione da parte di alcuni
Rangers che tra l'altro riuscirono ad
istruire una denuncia contro i
soccorritori di Mau, ed a far intitolare
la Curva Nord a Maurizio Alberti, un
Ultras del Pisa che era morto mentre era
al seguito del Pisa. Quella sera si
giocò la partita della Nazionale azzurra
contro quella della norvegese ed i
Rangers coerentemente con lo stato
d'animo che derivava dall'aver appena
dato l'ultimo saluto da un amico di
curva, si astennero dal tifare, mentre
altri preferirono assicurare il sostegno
agli azzurri".
Anno
2000
Fonte: Pisanellastoria.it
Maurizio Alberti, una tragedia
dimenticata ma anche nascosta
PISA -
Maurizio Alberti come Sergio Ercolano:
due morti scomodi, due tragedie simili
eppure così diverse. Lo scrivono Tommaso
Tintori ed Emiliano Paperini sul
"Manifesto", uno dei pochi giornali
nazionali che non hanno insabbiato (più
o meno inconsapevolmente) la vicenda del
tifoso nerazzurro morto a La Spezia. "La
scomparsa di Sergio Ercolano, il giovane
tifoso napoletano morto ad Avellino, è
soltanto l'ultimo caso di occultamento
della verità nel mondo degli stadi",
scrive il quotidiano. "La triste vicenda
di Sergio Ercolano ha molte analogie con
un altro drammatico avvenimento occorso
quattro anni e mezzo fa. Maurizio
Alberti era un grande tifoso del Pisa.
Un ultrà, uno di quelli per cui la
propria squadra del cuore veniva prima
di tutto. Forse prima anche di sé
stesso. Costretto a convivere con un
pacemaker, fu colpito da infarto sugli
spalti dello stadio Picco di La Spezia
il 24 gennaio 1999. Come ad Avellino e
come in molti altri casi, i soccorsi
tardarono ad arrivare. Dal referto del
118 risulta che il ragazzo fu scambiato
per un tossico solo perché portava
orecchino e capelli lunghi: i volontari
non credettero agli amici, convinti di
trovarsi di fronte a qualcuno sotto
l'effetto di alcool o droghe. Il
risultato fu che né allo stadio, né
durante il trasporto in ospedale,
Alberti ricevette un soccorso adeguato
al grave malore. Ben presto entrò in
coma per anossia e non si svegliò più
fino alla morte, avvenuta due settimane
dopo. Se Maurizio si fosse sentito male
in un posto "rispettabile", tra
cittadini comuni e non tra "animali",
avrebbe avuto diritto ad un altro tipo
di assistenza: ossigeno e corsa a sirene
spiegate verso l'ospedale. Ma era un
ultrà in un settore ospiti, per di più
nel contesto di una partita
caratterizzata da tafferugli e da una
tensione altissima. Spesso, a torto, si
sente dire che Mau (così era conosciuto
in curva) ha avuto la sola sfortuna di
sentirsi male nel posto sbagliato. Mau
non ha avuto sfortuna e il suo decesso
non è frutto del caso. Lo dimostra la
morte di Ercolano al Partenio e gli
altri mille casi, spesso passati sotto
completo silenzio, accaduti negli stadi
italiani negli ultimi vent'anni. Ma se
la morte di Mau è stata ignorata dai
media nazionali, forte è stato l'impegno
nella ricerca della verità di stampa e
tv locali, della sua curva Nord (che
adesso porta il suo nome), della
famiglia e delle istituzioni locali. Una
lotta che è passata dai tribunali nella
speranza di assistere ad una veritiera
ricostruzione dei fatti. Ma nonostante
le numerosissime testimonianze dei suoi
amici ultrà, non è stato neppure
possibile andare al dibattimento".
31
gennaio 2004
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