Morto a Milano tifoso
accoltellato dopo la partita
MILANO - Marco
Fonghessi, il tifoso ventunenne
della Cremonese accoltellato
domenica pomeriggio in via
Capecelatro a Milano dopo una
lite con alcuni tifosi
milanisti, è morto ieri mattina
alle quattro nell’ospedale San
Carlo dove era stato ricoverato.
A nulla è servito il lungo
intervento chirurgico al quale
era stato sottoposto domenica
sera. Le condizioni del giovane,
del resto, erano apparse
gravissime fin dal primo
momento. Il referto parlava di
"choc emorragico acuto da ferita
da arma bianca all’addome,
lesione dell’aorta, della cava e
del piano rachideo, perforazione
duodenale e lesione del
pancreas". Fonghessi, operaio
tornitore a Castelleone in
provincia di Cremona, si era
attardato domenica pomeriggio
con alcuni amici in via
Capecelatro commentando la
partita da poco terminata.
Improvvisamente si sono
avvicinati alcuni tifosi
rossoneri che gli hanno
strappato di mano lo stendardo
grigiorosso della sua squadra.
Durante la discussione è
spuntato un coltello e il
giovane si è accasciato al
suolo. A vibrare il colpo,
secondo le testimonianze
raccolte dalla polizia tra gli
amici di Fonghessi, sarebbe
stato un giovane alto 1,80, di
circa 19 anni, capelli biondi
lunghi probabilmente tinti e
sulla base dell’identikit
ricavato da questa descrizione
la polizia sta effettuando le
sue ricerche. "Possono bastare -
si chiedeva ieri l’Osservatore
Romano - le solite condanne
formali, le dichiarazioni da
parte degli autentici tifosi di
isolare e denunciare i teppisti
o non sarebbe forse il caso di
adottare provvedimenti concreti
di altro genere che prevedano la
chiusura almeno temporanea di
quegli stadi presso i quali o
nei quali si registrano episodi
tanto gravi ?". L’organo
vaticano rileva poi come
domenica vi siano stati altri
episodi di violenza in diverse
città italiane in concomitanza
di partite di calcio. Durissime
anche le reazioni del sindaco di
Milano Carlo Tognoli. "Il
rafforzamento delle misure di
sicurezza dentro lo stadio e
nelle immediate vicinanze non è
bastato. Le numerose iniziative
del comune e delle forze
dell’ordine, pur avendo ottenuto
il consenso della grandissima
maggioranza dei cittadini e
degli sportivi, è rimasto
lettera morta per alcuni sparuti
gruppi di delinquenti. Se non si
riescono a ottenere risultati
con il convincimento e la
ragione, allora bisogna
intervenire con la mano pesante
e misure severe". "E' una cosa
spaventosa che getta Un’ombra su
tutta quella festa sportiva che
è la domenica di calcio. È
frutto di pura bestialità
dell’irrazionalità, solo che si
pensi ad un possibile movente.
Naturalmente cerchiamo di fare
tutto il possibile ma non si
possono perquisire 50 mila
persone all’ingresso di uno
stadio. Metteremo a fuoco il
problema, ma la cosa più
importante è l’esecrazione
morale della collettività" - ha
detto il presidente del
Consiglio Bettino Craxi. Sul
problema della violenza dentro e
fuori gli stadi era già stato
indetto un convegno dalla
Fondazione Onesti per il 12
novembre. "Anche se questo fatto
addolora e allarma - ha detto
ieri il presidente del Coni
Carraro - esso è avvenuto fuori
dallo stadio e la violenza fuori
dallo stadio non è cosa che
dipenda dalla organizzazione
sportiva. Quello che noi
possiamo fare è aumentare il
senso di responsabilità di chi è
nello sport affinché con
dichiarazioni e atteggiamenti
non fornisca esca a questa
logica perversa. Questa violenza
è un problema della società, non
dello sport". Anche il
Commissario tecnico azzurro,
Bearzot, ha affrontato ieri
l’argomento. "E' un caso di una
gravità incredibile - ha detto
Bearzot - bisogna individuare i
gruppi di tifosi violenti perché
questi finiscono per uccidere
anche il calcio: nessun padre si
porta i figli allo stadio quando
succedono fatti come questo".
Tra gli altri episodi violenti
della domenica calcistica quello
di Verona dove uno studente di
16 anni, Andrea Zanini è stato
colpito da una coltellata poco
prima che iniziasse la partita
Verona-Udinese. La coltellata
gli ha sfiorato il polmone e il
ragazzo guarirà in 15 giorni.
Nel corso della stessa partita
altri due giovani sono stati
medicati per ustioni da
fumogeni. Da ricordare che pochi
giorni fa un giovane milanese,
Rodolfo Ratti di 27 anni, aveva
confessato di aver accoltellato
il 7 dicembre dello scorso anno
al termine della partita
Inter-Austria Vienna il tifoso
austriaco Gerhard Wanninger
rimasto per parecchi giorni in
fin di vita. Per lo stesso
episodio si trovano tuttora in
carcere altri due tifosi
interisti.
2 ottobre 1984
Fonte: La Repubblica
Milano, breve agonia
all'ospedale del giovane
aggredito da teppisti-tifosi
all'uscita dallo stadio Meazza
Muore a 21 anni,
accoltellato per un gol
di Franco Giliberto
DAL NOSTRO INVIATO
CASTELLEONE (Cremona) - Era un
tifoso del Milan, non della
Cremonese, Marco Fonghessi, 21
anni, il giovane assassinato con
una coltellata domenica
pomeriggio presso lo stadio
Meazza, alla fine della partita.
A tragedia consumata, questa
notizia ha un sapore amaro, di
beffa. Perché già era
difficilissimo pensare alla pur
minima giustificazione nei
confronti dell'omicida: i
tecnici sportivi sostengono che
il Milan aveva vinto
limpidamente, che la Cremonese
aveva giocato una assai
onorevole gara, che l'assenza di
tensione e polemiche non avrebbe
dovuto attizzare l'ira nemmeno
di un demente. Ma ora, nel dire
che l'ucciso era "di fede
rossonera", non c'è da lasciar
sbigottito anche chi ha vibrato
la coltellata mortale, ammesso
che sia un individuo in grado
"di intendere e di volere" ?
Polizia e carabinieri
accerteranno ufficialmente
questo risvolto, ma già i
cronisti hanno avuto
testimonianza della sua
veridicità. Gabriele Fonghessi,
fratello maggiore di Marco,
conferma che il ragazzo era un
"patito" del Milan. E che
l'equivoco destinato a generare
la tragedia potrebbe essere
avvenuto perché Marco teneva in
mano un piccolo cuscino a
strisce rossonere. I suoi
aggressori, una decina,
avrebbero creduto a una specie
di gesto di sfregio, a uno
sberleffo: "Come ? Stai salendo
su un'auto targata Cremona con i
nostri colori in mano ?". Così
la scintilla. Poi la contusione
della rissa, le rapidissime
sequenze che hanno preceduto
l'assassinio. Giorgio, Vito,
Alberto, tre giovani amici di
Marco, ieri pomeriggio a
Castelleone (bella cittadina a
trenta chilometri da Cremona:
non conosce gravi vicende di
cronaca nera da decenni)
rievocavano quei momenti,
controllati a vista dai genitori
che raccomandavano: "Non mettete
i loro cognomi sul giornale, non
si sa mai. L'assassino potrebbe
fare qualche ritorsione,
potrebbe venire qui a
minacciarli o peggio". I tre
ragazzi domenica erano andati a
Milano con Marco, sulla stessa
vettura. Avevano parcheggiato
non lontano dallo stadio, in via
Capecelatro. "Quando la partita
è finita, siamo ritornati alla
macchina. Eravamo già saliti. Ci
hanno costretto a scendere. Con
una coltellata avevano bucato
una ruota posteriore della
nostra "131". Marco non era un
violento; era un ragazzo
calmissimo, che andava a vedere
le partite di tanto in tanto:
forse era la seconda volta in
vita sua che metteva piede al
Meazza. Mentre volavano insulti
e spintoni si è fatto largo tra
chi ci aggrediva, dicendo di
lasciarci in pace, di darci
indietro il cuscino che un
attimo prima gli avevano
strappato di mano. È stato
allora che qualcuno gli ha
piantato il coltello nel
petto...". All'ospedale milanese
San Carlo un'equipe di chirurghi
ha lavorato fino a tarda notte
attorno al corpo esanime di
Marco. La lama del coltello,
spinta dal basso verso l’alto
con grande forza, aveva
provocato una ferita orribile,
venti centimetri, lesionando
visceri, polmoni e aorta.
L'intervento chirurgico è durato
sei ore, tra innumerevoli
trasfusioni di sangue, ma
all'alba di ieri Marco non ha
più retto. Nel piccolo salotto
di casa Fonghessi, a
Castelleone, ieri pomeriggio
c'erano la madre, signora
Antonia, i figli Gabriele e
Carla, la nonna paterna, altri
parenti e amici. Tante persone
inconsuetamente composte,
un'atmosfera rassegnata, come se
tutte le lacrime fossero già
state versate, come se tutti
avessero il pudore di non
abbandonarsi a scene patetiche
davanti agli estranei. "Tanto,
chi me lo può dare indietro il
mio Marco ? - sussurrava la
signora Fonghessi. Che cosa mi
importa se è già stato fatto un
identikit di chi lo ha
accoltellato ?". (L'assassino,
secondo gli inquirenti, sarebbe
un giovane sui 17 anni, biondo,
riccioluto, non robusto). Mentre
la donna ricorda suo figlio, la
sua mitezza, il suo lavoro di
meccanico tornitore, la sua
innocente allegria, da una radio
accesa nella stanza accanto un
notiziario locale, diceva che il
sindaco Carlo Tognoli ha
definito gli assassini di Marco
"delinquenti che infangano il
mondo dello sport e la
civilissima Milano". Antonia
Fonghessi si è scossa, ha
manifestato una sua
preoccupazione: "Stamattina ho
sentito dire che qualche tifoso
ha parlato del Milan, di quando
la squadra verrà a giocare a
Cremona, gridando "gliela faremo
pagare !". Per carità, no, non
deve succedere assolutamente.
L’ho detto anche all'allenatore
Mondonico, poco fa, quando è
venuto a trovarmi per le
condoglianze. Prego tutti,
nessuna vendetta assurda". Già,
ma come fare appello al buon
senso di chi non ne possiede ?
In questo triste salotto di casa
Fonghessi, Monica, giovane
cugina di Marco, senza sapere di
lanciare una proposta
rivoluzionaria, forse destinata
a non essere accettata mai,
dice: "Come minimo, io
sospenderei il campionato,
finché non ci fosse la garanzia
di avere eliminato ogni
violenza. Come minimo, io farei
togliere con una legge tutti i
posti allo stadio che ora sono
destinali agli ultras, ai loro
cori volgari, ai loro striscioni
imbecilli...".
2 ottobre 1984
Fonte: La Stampa
Cento agenti alla caccia
dell'ultrà rossonero
Alto, biondo, con
l'orecchino l'omicida del tifoso
a Milano
MILANO - Alto circa un
metro e ottanta, capelli biondi
e riccioluti, età intorno ai 17
anni, con un orecchino al lobo
sinistro: questa è la
descrizione del giovane che
domenica ha accoltellato a morte
il ventunenne Marco Fonghessi,
cremonese tifoso del Milan,
fuori dello stadio "Meazza". La
polizia ha diffuso l'identikit
dell'omicida, nella cui ricerca
sono impegnati un centinaio di
agenti in questura, si dice che
l'identificazione e la cattura
potrebbero essere una questione
di
ore, perché il giovane, con
ogni probabilità, dovrebbe
essere ben conosciuto negli
ambienti degli ultras milanisti.
Sono stati frattanto ricostruiti
esattamente i fatti. Marco
Fonghessi (tornitore di
Castelleone in provincia di
Cremona, dove abitava con i
genitori e i fratelli Gabriele,
28 anni, e Carla, diciottenne)
era sceso a Milano per la
partita Milan-Cremonese. Era
arrivato in auto con quattro
amici, tifosi della Cremonese.
Allo stadio si erano separati,
per ritrovarsi dopo l'incontro
al parcheggio di via
Capecelatro. Appena risaliti in
auto, i cinque giovani sono
stati circondati da una
quindicina di tifosi rossoneri,
che ne impedivano la partenza e
li dileggiavano. I ragazzi di
Cremona sono scesi dalla
macchina, quando uno dell'altro
gruppo, con un coltello a
serramanico, ha squarciato un
pneumatico della vettura. Marco
Fonghessi si è parato contro gli
aggressori ed è stato colpito
violentemente con il coltello
all'addome, dal basso verso
l'alto. Mentre i milanisti,
spaventati dall'accaduto,
fuggivano, gli amici di Marco
chiamavano un'ambulanza con la
quale il ferito era trasportato
all'ospedale San Carlo. Erano le
18,30 di domenica: sottoposto ad
immediato intervento chirurgico,
Marco Fonghessi usciva dalla
sala operatoria otto ore e mezzo
dopo, in condizioni che
continuavano a rimanere
disperate. È spirato alle 4 di
ieri mattina in sala
rianimazione.
2 ottobre 1984
Fonte: Stampa Sera
Tragica domenica a San
Siro: assassinato tifoso
grigiorosso
Quella di domenica è
stata una giornata tragica: un
ragazzo, un nostro ragazzo
castelleonese, è stato
accoltellato dopo l'incontro
della Cremonese a S. Siro col
Milan ed è morto. Di fronte ad
avvenimenti di questo genere,
così incredibili, così assurdi,
così crudeli, non si sa come
reagire. Il vocabolario non
contiene parole adatte ad
esprimere lo sgomento che ci
pervade. La voglia è quella di
chinare il capo e di piangere;
la voglia è quella di mandare
tutto alla malora e fuggire da
questa società che per molti
versi ormai sembra impazzita; ma
la voglia è anche quella di
capire. Capire perché si possa
giungere al delitto per quella
che ipocritamente viene definita
passione, ma che invece sempre
più spesso diventa follia,
follia criminale. Lo sport,
questo sport che pure reca in sé
tanti grandi valori, quando
viene portato al parossismo
diventa un eccitante mortale;
diventa droga, e fa comportare
la gente come i drogati; diventa
il rifugio di tutti gli istinti
repressi, delle ambizioni
frustrate, degli affetti
desiderati e non avuti, detta
rabbia che la vita (anche la più
tranquilla) ci propone giorno
dopo giorno, dell'inconscia
aggressività che ognuno di noi
ha dentro di sé. Non è più,
dunque, lo sport che sublima, ma
lo sport che diventa ricettacolo
di tutti gli istinti di
violenza. Qualcuno dirà che
domenica 30 settembre è una data
da dimenticare: noi crediamo che
sia, invece, una data da
ricordare, dolorosamente da
ricordare. Ce ne dobbiamo
ricordare noi giornalisti,
quando, magari trascinati
dall'entusiasmo, enfatizziamo
troppo gli avvenimenti
calcistici, dando ad essi il
tono di un'epopea; se ne devono
ricordare le società, che
impegnano un capitale ormai
mostruoso nell'industria della
pedata, e che per salvaguardare
questo capitale non esitano ad
aizzare la piazza, passando dal
lamento all'accusa,
all'invettiva, tutto è buono per
scaldare gli animi e creare il
cosiddetto "ambiente caldo"
intorno alla squadra, senza
avere il coraggio di emarginare
quelle frange dove il tifo
trascende puntualmente nel
teppismo; se ne devono ricordare
i giocatori, che troppo spesso
con le loro ignobili manfrine
surriscaldano gli animi dei
tifosi meno provveduti (che sono
spesso anche i più violenti); se
ne ricordi, soprattutto la
gente, che per lo sport (e
specialmente per il catch) in
troppe occasioni perde il lume
del buon senso, nelle parole e
nei comportamenti. Non ce la
sentiamo di fare un processo
sommario al catch, perché anche
il calcio è, a suo modo,
specchio del tempo. Ma
certamente è uno specchio che
sta diventando deformante, per
sé stesso e per chi gravita
nella sua orbita, come attore o
come spettatore. Insieme al
dolore che in questo momento ci
accomuna ai parenti della
ventunenne vittima
castelleonese, proviamo anche un
senso di paura: la paura che
scatti la molla della vendetta.
Diciamo fin da ora alla gente,
alla nostra gente che conosciamo
così bene, che la memoria di chi
è morto non potrà essere onorata
con altra violenza, ma con un
comportamento leale, onesto, che
sia di esempio a tutti affinché
i luttuosi fatti di Milano non
debbano ripetersi. Sono parole
forse difficili da digerire in
un momento, come questo, in cui
molti, specialmente i più
giovani, possono essere portati
al "gliela faremo pagare". Però
è necessario dirle. Teniamo
presente che oltretutto, la
storia insegna, sono quasi
sempre gli innocenti a pagare
per i manigoldi. Bandiere
abbrunate, dunque. Non solo le
bandiere grigiorosse, non solo
le bandiere sportive: ma le
bandiere della civiltà.
2 ottobre 1984
Fonte: La Provincia
(Quotidiano di Cremona)
Tragico epilogo di una
domenica che avrebbe dovuto
essere rallegrata dallo
spettacolo sportivo.
Morto il tifoso
grigiorosso accoltellato a S.
Siro
di Vittorio Tiberi
L'assassinio è stato
commesso a sangue freddo da
giovani che portavano le sciarpe
rossonere del Milan - Si sono
avvicinati all'auto cremonese,
hanno bucato una gomma, hanno
rubato un cuscinetto grigiorosso
e, alle rimostranze del
ventunenne castelleonese Marco
Fonghessi, hanno colpito il
giovane - Vani gli interventi
dei sanitari dell'ospedale S.
Carlo - La vittima lavorava come
operaio ed era stato iscritto al
Milan Club - Sgomento e
cordoglio a Castelleone e in
tutta la provincia.
È la terza volta, nel
giro di tre mesi, che la campana
della parrocchiale suona lugubri
rintocchi per annunciare la
tragica morte di giovani. È
dell'alba di ieri l’ultima
ferale notizia. La vittima è
Marco Fonghessi, 21 anni,
operaio ucciso da una coltellata
inferta da alcuni teppisti nella
area del parcheggio posto
innanzi allo stadio milanese di
San Siro. La notizia ha avuto il
potere di gettare l'opinione
pubblica nel più profondo
sgomento unito ad un senso di
rabbia, di ribellione contro i
criminali che macchiano lo sport
con azioni, ignominiose. Marco
Fonghessi (che abitava in via
Fratelli Gioia (omissis), con il
padre Carlo, muratore; la madre
Luigina Rossi, operaia al
Maglificio Castelleonese; il
fratello Gabriele di anni 25
operaio meccanico; la sorella
Carla di anni 20 interna
infermiera presso l'ospedale
maggiore di Cremona) era un
bravo operaio, lavorava presso
l'officina Pini e Brusa di
Castelleone. Era un ragazzo
dolce che divideva la giornata
tra il lavoro, il bar,
l'oratorio e gli hobby del
calcio, della pesca e
dell'automobilismo. Una vita
semplice con gli amici di
sempre, appartenenti al mondo
dello sport locale, che si
dividevano solo per il primo
tifo tra le varie squadre di
quello che si dice essere il più
bel campionato del mondo. "Marco
prima del servizio militare era
iscritto al Milan Club di
Castelleone", così ci ha
affermato il presidente del
Milan Club Alessandro Sali: "al
ritorno dal servizio di leva due
anni fa, non aveva più rinnovato la tessera". Un bravo ragazzo,
tanto che a lui e ad un altro
suo amico proponemmo di entrare
a far parte del consiglio
direttivo del club. Ma loro
risposero che erano giovani...".
Ha aggiunto Sali: "erano tutti
ragazzi che si conoscevano
dall'infanzia, scherzavano sulle
loro simpatie calcistiche, non
c'era rivalità anche perché la
Cremonese è appena da quest'anno
in serie "A". Un ragazzo di qui
mi ha detto di averlo incontrato
all'uscita, ieri: Marco,
conoscendolo come un tifosissimo
della Cremonese, gli ha detto in
dialetto: "Cosa ci vuoi fare. È
andata così. Andrà meglio la
prossima volta". Qualche minuto
dopo è successa quella cosa
incredibile". Quando la
Cremonese aveva preso le ali per
la serie A aveva diviso la sua
passione fra i rossoneri e i
grigiorossi. Domenica, dopo
colazione, unitamente a quattro
amici tutti ventiduenni (non ne
facciamo il nome su invito degli
inquirenti, ed anche per evitare
possibili ritorsioni da parte
dei teppisti assassini), operai
residenti a Castelleone, a bordo
di una 131 Fiat si è diretto a
Milano per assistere alla
partita Milan-Cremonese. Prima
di entrare nello stadio cinque
si sono divisi per poter fare il
tifo ognuno per la squadra del
cuore; Marco con due compagni di
viaggio è andato con il clan
della Cremonese, mentre gli
altri due hanno raggiunto quello
dei milanisti. L'appuntamento di
fine partita era il parcheggio
ove avevano lasciate l'auto, in
via Capecelatro, la stessa
strada dove il 7 dicembre 1983,
al termine dell'incontro
Inter-Austria Vienna, era stato
accoltellato un tifoso
austriaco. Tutto è filato per il
verso giusto sino alla fine
dell'incontro. Ritrovatisi
davanti alla Fiat 131 vi sono
saliti. A questo punto ha avuto
inizio il fatto poi sfociato in
tragedia, che riportiamo secondo
il racconto dei diretti
testimoni. Una decina di
giovinastri, bardati di sciarpe
rossonere (al collo ed in vita)
si è fatta attorno all'auto,
bucando dapprima con un coltello
la gomma posteriore destra. I
castelleonesi sono scesi
dall'auto per constatare il
danno, chiedendo al gruppo di
sconosciuti cosa stessero
facendo. Per tutta risposta uno
di essi introduceva un braccio
nell'auto prelevando dal lunotto
un cuscino grigiorosso. Marco ne
chiedeva la restituzione,
ricevendo per tutta risposta,
una coltellata all'addome, che
lo faceva accasciare subito.
Riusciva solo a mormorare agli
amici: "svengo, svengo". Sono
state le sue ultime parole e
prima di cadere a terra privo di
sensi, perdendo sangue dalla
vasta ferita. La lama penetrando
nell'addome appena sotto le
costole gli aveva trapassato la
milza, leso l'aorta e la spina
dorsale, fuoriuscendo
posteriormente. La ferita è
apparsa subito gravissima ai
lettighieri di una autombulanza
di passaggio. Corsa
sfrenata
all'ospedale San Carlo, ove il
ferito veniva sottoposto ad un
delicato intervento chirurgico
durato oltre un'ora, con
ininterrotte trasfusioni.
Purtroppo tutto è stato inutile;
il giovane ha agonizzato sino
alle quattro di lunedì notte poi
è sopravvenuta la morte. Al
momento del ricovero in sala di
rianimazione il referto parlava
di "choc emorragico acuto da
ferita da arma bianca
all'addome, condizionante
lesione dell'aorta, della cava e
del piano rachideo, perforazione
duodenale e lesione del
pancreas". Alle 23 era giunto al
capezzale il padre, accompagnato
dall'altro figlio Gabriele;
quest'ultimo ritornava a Milano
dopo essere rientrato a
Castelleone verso le 18; anch'
esso aveva assistito alla
partita Milan-Cremonese: mentre
Marco aveva raggiunto lo stadio
in auto con gli amici lui aveva
preferito prendere posto sul
pullman del Club Grigiorosso. Al
rientro, sulla statale
castelleonese, aveva avuto
sentore che qualcosa fosse
accaduto ad un tifoso
concittadino. Un'auto di
Soresina si era infatti
affiancata al pullman per
avvisare che un castelleonese
era stato ferito. Gabriele non
aveva immaginato che quel ferito
fosse il fratello visto poco
prima all'uscita e che Io aveva
avvertito di stare tranquillo
perché avrebbe tardato a
rincasare, essendo intenzionato
ad andare con gli amici a
mangiare la pizza. Verso le 20,
però, a casa Fonghessi è giunta
la notizia della tragedia,
rimbalzata dalla Questura alla
Croce Verde di Castelleone,
dall'Oratorio ai locali
pubblici. A tarda sera la Giunta
Municipale di Castelleone ha
emesso il seguente comunicato:
"L'Amministrazione del Comune di
Castelleone interpretando il
senso di vivo sgomento e di
commozione di tutta la
cittadinanza per l'efferata
aggressione che ha stroncato la
giovane vita del nostro
concittadino Fonghessi Marco in
Milano domenica 30 settembre
1984 - al termine della partita
di calcio Milan-Cremonese
esprime alla famiglia il più
accorato cordoglio, condanna una
violenza ingiustificata che non
deve essere tollerata in una
società che dovrebbe essere
civile e rispettosa di ogni
uomo".
2 ottobre 1984
Fonte: La Provincia
(Quotidiano di Cremona)
Non è bastato perdere
di Giuseppe Ghisani
Domenica pomeriggio,
stadio di San Siro, settore
distinti parterre. Sono molti i
tifosi cremonesi, proprio dietro
la panchina dove siedono
Mondonico, Miglioli ed il resto
della "troupe" grigiorossa. Sono
tanti ma tutt'attorno li
circondano i supporters
milanisti. Tra i cremonesi non
mancano i ragazzi. Il tifo è
sempre tifo, si sa, ma qui è
contenuto, "distinto". La
Cremonese gioca bene, mette in
difficoltà il Milan. Uno
spettatore si rivolge ad uno dei
ragazzini cremonesi: "Tu sei di
Cremona ?". Avuta risposta
affermativa, prosegue: "Allora
perché non fai il tifo per la
Cremonese ?". "Perché ho paura",
risponde il ragazzo. "Ma va là -
gli fa di rimando l'uomo - qui
puoi tifare tranquillamente, non
siamo mica lassù..." ed indica
l'alto anello dei popolari
presidiato dalle "Brigate
rossonere" e dalla "Fossa dei
leoni". Poi quello spettatore
racconta di essere cremonese,
però lavora ed abita da dieci
anni a Milano, tuttavia non ha
dimenticato la squadra
grigiorossa ed oggi è venuto a
tifare per lei. Quelli "lassù"
soffrono perché il Milan soffre
ed inveiscono contro i "Red Grey
Supporters" grigiorossi
sistemati dall'altra parte
dell'anello, proprio di fronte.
"Contadini" gridano. Poco dopo
Nicoletti inventa il gol che
mette sotto i rossoneri ed il
tifo delle "Brigate rosse" e
della "Fossa dei leoni" si
tramuta in ira: si alza un coro
che promette e minaccia:
"Tremate, tremate, arrivano le
coltellate". E colui che dirige
questo lugubre canto, stando in
piedi sulla ringhiera che dà sul
campo, si rivolge verso i "Red
Grey Supporters" e, mimando
quanto gli altri stanno ritmando
con tamburi e voce, si passa
sulla gola la mano come fosse la
lama di un coltello. Finisce il
primo tempo e la soddisfazione
per l'inaspettato ma meritato
vantaggio è stampata sui volti
dei
cremonesi. Comincia il
secondo tempo e la musica
cambia. Adesso soffre la
Cremonese, Mondonico in piedi,
davanti alla sua panchina,
strapazza il pullover che tiene
sulle spalle e dà disposizioni
ai suoi. Il suo atteggiamento
non è gradito da un tifoso
milanista che dal parterre
inveisce contro di lui. Altri
milanisti, però, disapprovano il
suo comportamento. Pareggia il
Milan. Sulla curva a destra dei
distinti si accende una baruffa,
volano cazzotti, la mischia si
cheta dopo parecchio tempo. Al
termine della partita una bionda
tifosa cremonese racconta: "Ho
visto un giovane con la faccia
piena di sangue e mentre quelli
si davano botte c'era chi rubava
il borsetto al suo vicino...
Basta, la Cremonese vado a
vederla solo quando gioca a
Cremona". Il Milan fa il 2-1 e
dalle "Brigate rossonere" e
dalla "Fossa dei leoni", a parte
qualche isolato "Serie B", si
alzano solo incitamenti alla
squadra rossonera. Finisce tra
gli applausi, anche per la
Cremonese. Commenta amaramente,
lasciando lo stadio, un tifoso
grigiorosso: "Ci applaudono
perché abbiamo perso, se
avessimo vinto ci
picchierebbero". "Se avessimo
vinto - interviene, quasi
rispondendogli, un altro
cremonese - avrei lasciato nello
stadio il mio cuscino
grigiorosso". Nel parcheggio
delle auto due ragazzini di
Cremona, mangiano un panino
seduti sul paraurti posteriore
della macchina del loro papà. Si
avvicina vociante un gruppo di
giovani con bandiera e sciarpe
rossonere. I due ragazzi, come
mossi dallo stesso ordine, si
spostano insieme fino a coprire
con le loro schiene la targa
dell'auto. E mentre, come
formiche, le auto lasciano a
passo d'uomo il parcheggio di S.
Siro, l'aria densa dei fumi dei
tubi di scarico è lacerata
dall'ululato di una sirena. La
lugubre promessa è sfata
mantenuta, la vendetta
consumata. Però abbiamo perso...
Perché, allora ?
2 ottobre 1984
Fonte: La Provincia
(Quotidiano di Cremona)
Lo sgomento del mondo
sportivo
RIVERA - "La verità vera
è che adesso ci troviamo di
fronte ad un morto accoltellato.
Episodi come questo di cui è
rimasto vittima il giovane
cremonese succedono ormai ogni
settimana anche se non con
conseguenze fatali come invece è
avvenuto ieri. È un rischio
davanti al quale siamo
impotenti". Così Gianni Rivera,
vicepresidente del Milan, ha
commentato l'uccisione di Marco
Fonghessi; il giovane di Cremona
accoltellato a morte all'uscita
dallo stadio di San Siro da un
giovane staccatosi da un gruppo
di "tifosi" rossoneri. "Certo,
uno può essere tifoso di una
squadra ma chi può dire cosa poi
gli passa per la testa e nel
cuore - ha aggiunto Rivera. Tra
l'altro gente così è davvero
difficile definirli tifosi. Così
come è difficile pensare a come
fermarli".
CARRARO - "E' un fatto
che addolora e allarma ma è
avvenuto fuori dallo stadio. Noi
abbiamo già un progetto per
affrontare il problema della
violenza negli e fuori degli
stadi con il convegno fissato
per il 12 novembre per la
fondazione Onesti. La violenza
fuori dallo stadio non è
comunque cosa che dipenda
dall'organizzazione sportiva:
quello che possiamo fare è
aumentare il senso di
responsabilità di chi è nello
sport perché con dichiarazioni e
atteggiamenti non fornisca esca
a questa logica perversa. Questa
violenza è un problema della
società, non dello sport". Così
ha commentato il presidente del
Coni Franco Carraro.
LEGA CALCIO - "Il
presidente della Lega Nazionale
Calcio on. Antonio Matarrese -
informa una nota della Lega - di
fronte ai gravissimi episodi di
sangue verificatisi domenica 30
settembre in prossimità degli
stadi di Milano e Verona, ha
operato gli opportuni passi per
sollecitare ancora una volta, da
parte degli organi preposti
all'ordine pubblico, ogni sforzo
al fine di tutelare i cittadini
lungo i percorsi di accesso agli
stadi e di deflusso dagli stadi
stessi". "La barbara uccisione
del ventenne tifoso cremonese,
accoltellato nei pressi di San
Siro, e il grave ferimento del
sedicenne tifoso veronese
accoltellato nei pressi del
Bentegodi - ha dichiarato
Matarrese - ci lasciano allibiti
e costernati. A nome del mondo
del calcio esprimo le
condoglianze alla famiglia del
ragazzo cremonese, fatta
precipitare nel lutto più
assurdo dalle mani di un folle
omicida, e rivolgo al ragazzo di
Verona gli auguri di una pronta
guarigione".
IL PRESIDENTE DEI MILAN
CLUB - Per il presidente dei
Milan Club, Gianfranco Taccone,
questo episodio è una conferma
"dell'impressione che ci siano
dei gruppi che vanno in giro
esclusivamente per provocare
incidenti. Infatti ieri
all'interno dello stadio non era
successo niente che potesse in
qualche modo indurre i tifosi a
qualche scontro".
MIGLIOLI - Il
vice-presidente della Cremonese
(il presidente Luzzara è in
viaggio all'estero) ha
affermato: "Noi dirigenti di
società dobbiamo fare
autocritica, "montiamo" troppo
le partite e tendiamo a
nasconderci dietro gli errori
degli altri. In questo modo la
gente va allo stadio carica
d'ira, e negli elementi meno
stabili questo può portare al
delitto. È una lezione che noi
non dobbiamo mai dimenticare".
Miglioli ha poi annunciato che
la Cremonese presenzierà ai
funerali del giovane tifoso;
domenica la squadra porterà il
lutto al braccio, e prima del
via sarà osservato un minuto di
silenzio.
IL SINDACO DI MILANO -
"Ancora una vittima del teppismo
violento e assassino che si
muove ai margini e in occasione
delle partite di calcio. A poco
sono valse le esortazioni per
assicurare attorno agli
spettacoli sportivi la
necessaria serenità". Lo ha
detto il sindaco di Milano,
Carlo Tognoli, in una
dichiarazione fatta dopo aver
appreso la notizia della morte
di Marco Fonghessi. "Il
rafforzamento delle misure di
sicurezza "all'interno dello
stadio e nelle immediate
vicinanze - ha aggiunto, Tognoli
- non è bastato. Le numerose
iniziative assunte dal comune e
dalle forze dell'ordine contro
questa barbarie, pur avendo
ottenuto il consenso della
grandissima maggioranza dei
cittadini e degli sportivi, sono
rimaste lettera morta, per gli
sparuti gruppi di delinquenti
che infangano il mondo dello
sport e la civilissima Milano".
BEARZOT - Anche il CT
azzurro Bearzot ha affrontato
l'argomento, "E’ un caso di una
gravità incredibile - ha detto -
bisogna individuare i gruppi di
tifosi violenti, perché questi
finiscono per uccidere anche il
calcio: infatti nessun padre si
porta i figli allo stadio quando
succedono fatti come quello di
Milano".
MILAN - "La presidenza
del Consiglio di amministrazione
del Milan, appreso dalla stampa
- afferma un comunicato della
società - la tragica notizia
della morte del giovane Marco
Fonghessi, dovuta allo
sconsiderato e delittuoso
comportamento di ignoti dopo la
conclusione dell’incontro di
calcio Milan - Cremonese,
manifestano, insieme al più vivo
cordoglio e alle più sentite
condoglianze nei confronti dei
parenti del giovane, la loro
indignazione per l'inconcepibile
accaduto e si augurano che fatti
del genere, che disonorano lo
sport e costituiscono autentici
attentati al rispetto e alla
dignità umana, non debbano più
ripetersi".
CRAXI - La morte del
tifoso della Cremonese è stata
così commentata dal presidente
del Consiglio dei Ministri
Bettino Craxi nel corso della
cerimonia in onore degli azzurri
di Los Angeles e di Sarajevo:
"E' una cosa spaventosa che
getta un'ombra su tutta quella
festa sportiva che è la domenica
del calcio. È frutto di pura
bestialità, dell'irrazionalità,
solo che si pensi ad un
possibile movente. Naturalmente
cercheremo di fare tutto il
possibile, ma non si possono
perquisire 50 mila persone
all'ingresso di uno stadio.
Metteremo a fuoco il problema,
ma la cosa più importante è
l'esecrazione morale della
collettività".
2 ottobre 1984
Fonte: La Provincia
(Quotidiano di Cremona)
Rapidissima ed incisiva
l'azione delle forze dell'ordine
dopo il tragico fatto di San
Siro.
Arrestato un giovane: è
lui l'assassino ?
Si tratta di un
diciottenne, Giovanni Stefano
Centrone, nato in Germania ma
residente a Milano, ed aderente
a un club di "ultras" rossoneri
- L'accusa è estremamente
esplicita: omicidio volontario
del castelleonese Marco
Fonghessi - Ieri mattina gli
amici della vittima sono stati
convocati nel capoluogo lombardo
per il riconoscimento.
Un giovane di 18 anni è
stato arrestato dai carabinieri;
dovrebbe essere l'assassino di
Marco Fonghessi, il tifoso di
Castelleone assassinato domenica
nei pressi dello stadio Meazza
di Milano. Il presunto omicida
si chiama Giovanni Stefano
Centrone, è nato a Darmstadt in
Germania, ma da parecchio tempo
abita a Milano, in via Ogliari
(omissis). Vicenda conclusa o
quasi dal punto di vista
formale, ma ancora
all'attenzione non soltanto
degli inquirenti alla ricerca di
eventuali amici che domenica
erano con l'accusato, ma anche
dei sociologi, psicologi,
desiderosi di trovare una
risposta razionale all'assurdo
delitto. Sono state spese tante
parole, in questi giorni, ma a
Castelleone, ed anche a Cremona
vi è solo un sentimento di
profondo dolore per la scomparsa
di un ragazzo che tutti
stimavano, che sempre si era
tenuto lontano da qualsiasi
gruppo che accettasse o
praticasse la violenza. A Marco
piaceva lo sport, era tifoso ed
anche intenditore (dicono) di
calcio. Ha avuto il torto di
voler partecipare come
protagonista sugli spalti
all'incontro del suo Milan del
quale era tifoso, contro la
squadra di Cremona, il capoluogo
della sua provincia. Sono
rimasti tutti sgomenti per
l'assurdità dell'aggressione,
raccontata ormai con dovizia di
particolari come le sequenze di
un film del terrore ed a
Castelleone, gli amici di Marco,
non sanno ancora rendersi conto
dell'accaduto; la madre del
ragazzo non vuole accettare la
dura realtà; suo padre si è
sentito male; il fratello e la
sorella dell'assassinato
piangono in silenzio. Ai balconi
ancora tentano di resistere
alcune bandiere del Milan
accomunate con quelle della
Cremonese, in un disperato
tentativo di riportare
fraternità all'interno di uno
sport che ogni anno va sempre
più deteriorandosi, accerchiato
da troppi teppisti pronti alla
guerriglia. II pericolo quindi è
che risolto il caso torni il
silenzio, che il sacrificio di
Marco venga dimenticato senza
che si apportino alle vicende
calcistiche i correttivi
necessari per farlo tornare
spettacolo da vivere in
compagnia; anche con gli
avversari. Un capitolo dunque
che si chiude. Un giovane
ucciso, un altro che rischia
l'ergastolo. I carabinieri sono
riusciti a risalire al presunto
assassino in tempi brevissimi.
Pare abbiano raccolto voci nel
quartiere confinante con porta
Vigentina, dove abita Stefano
Centrone. Probabilmente una
soffiata proveniente dal giro
della tifoseria milanista. In un
primo tempo sembrava una delle
tante indiscrezioni che girano
in casi del genere, poi indizi
più concreti fino al momento
della cattura. II giovane è
stato trovato in casa; secondo
quanto si è appreso non avrebbe
opposto alcuna resistenza;
sembrava anzi che tutto quanto
stava accadendo attorno a lui
non lo riguardasse. In casa i
carabinieri hanno rinvenuto
anche un coltello a scatto dalla
lama abbastanza lunga; si
presume sia quello usato per
l'omicidio; ma è stato lavato di
recente; non appariva quindi
sporco di sangue. Poi la
descrizione fisica: capelli
castano chiaro, senza
l'orecchino indicato dai
testimoni, ma con visibile il
foro nel lobo lasciato dal
monile. Si è quindi appreso che
faceva parte di
un'organizzazione di tifosi del
Milan, pare una frangia dei più
accesi. Una dimostrazione che
gli stessi organizzatori dei
club conoscono abbastanza bene i
"personaggi" che fanno parte
delle loro schiere, quindi sanno
delle loro tendenze o delle loro
predisposizioni alla violenza. I
carabinieri, secondo quanto
avrebbe dichiarato fo stesso
ufficiale della compagnia
Magenta che ha condotto le
indagini, erano già in possesso
di numerosi indizi nei confronti
del loro uomo; indizi
sufficienti per ottenere la
convalida del fermo, in arresto.
Ma hanno preferito completare
subito l'indagine lampo. Ieri
mattina, a Castelleone, sono
stati rintracciati i giovani
amici di Marco; sono stati
portati a Milano per il
drammatico confronto. Non sono
state fornite indicazioni sul
risultato, ma è da presumere che
sia stato positivo; infatti il
sostituto procuratore della
metropoli lombarda dottor
Filippo Grisolia, ieri sera ha
convalidato il fermo del
Centrone ed ha spiccato contro
di lui ordine di cattura per
omicidio volontario.
3 ottobre 1984
Fonte: La Provincia
(Quotidiano di Cremona)
Castelleone: il dolore
di tutto un paese
Oggi alle 15 si svolgerà
il funerale partendo da via
Fratelli Gioia.
Castelleone tutta è in
lutto, nell'incommensurabile
dolore della famiglia per la
tragica morte di Marco
Fonghessi; lo stanno a
dimostrare le numerose bandiere
grigiorosse e rossonere a
mezz’asta che appaiono alle
finestre e ai balconi di un
centro abitato immerso in un
sofferto silenzio. Tutto ciò sta
a testimoniare un senso di
fratellanza subentrato alla
prima ondata di rabbia e
costernazione dopo la notizia
dell'uccisione del giovane.
Questo senso di responsabilità è
indubbiamente scaturito da quel
gesto di avversione alla
violenza che lo stesso Marco ha
invocato al gruppo di teppisti
nel momento della aggressione
esclamando: "Cosa fate !".
L'appello veniva da colui che
aveva saputo unire in un
binomio, l'amore per due
squadre: Milan e Cremonese,
dando così un fulgido esempio di
come lo sport possa far
convivere il tifo per questa o
quella squadra bandendo ogni
rancore. La gente di Castelleone
è calata sempre più in un clima
di mestizia allorquando, ieri
mattina, sono stati affissi i
manifesti annuncianti la
scomparsa di Marco e, i
quotidiani, descrivevano con
ampi servizi il gesto criminale.
Unanimi testimonianze di
cordoglio e di condanna al gesto
criminoso, che li ha privati del
loro caro Marco, sono giunte
numerose ai familiari. La madre
del giovane non riesce ancora a
convincersi della scomparsa del
figlio, è quasi intontita dai
tranquillanti, chiede di essere
portata al suo capezzale. Il
padre è stato colpito da grave
malore e solo un tempestivo
intervento medico ha scongiurato
il peggio. Al fratello e alla
sorella, chiusi nel loro dolore,
spetta il triste compito di
sbrigare le ultime pratiche
burocratiche per le estreme
onoranze funebri. Eseguita
l'autopsia, l'autorità
giudiziaria ha dato il permesso
del trasporto della salma, che
giungerà stamane a Castelleone
ove, nella abitazione dei
genitori in via Fratelli Gioia
(omissis), sarà allestita la
camera ardente. Il funerale avrà
luogo nel pomeriggio alle ore
15. È prevista una grande
partecipazione; i vari club
sportivi hanno preannunciato il
loro arrivo da ogni parte
d'Italia per unirsi alla folla
di persone che seguiranno il
feretro unite dal dolore e dalla
unanime condanna della barbara
uccisione del giovane tifoso.
V.T.
3 ottobre 1984
Fonte: La Provincia
(Quotidiano di Cremona)
Milano, indagini
sull'aggressione davanti allo
stadio Meazza
Arrestato un diciottenne
per l'uccisione del tifoso
di Ornella Rota
È un giovane con
precedenti per furto - I tre
amici di Marco Fonghessi (la
vittima) lo avrebbero
riconosciuto – Il giudice lo
accusa di omicidio volontario.
MILANO - Diciotto anni,
capelli castani, tifoso di
calcio: un ragazzo come tanti. È
accusato di avere ucciso a
coltellate un altro tifoso. Si
chiama Giovanni Stefano
Centrone, abita a Milano in via
Ogliari (omissis), è nato a
Darmstadt, in Germania; tifava
per il Milan e domenica allo
stadio Meazza avrebbe aggredito
Marco Fonghessi, di 21 anni,
abitante a Cremona perché
credeva fosse un sostenitore
della Cremonese. In realtà anche
Fonghessi era tifoso del Milan,
tanto che teneva sulla sua auto
un cuscino con i colori di
questa squadra (rossoneri): però
la vettura era targata Cremona
(appunto la città nella quale il
giovane viveva) e così il suo
assassino ha pensato che
quell'oggetto fosse esibito in
segno di sfregio. Centrone è
stato fermato lunedì sera, in
casa sua; nella mattinata di
ieri. il sostituto procuratore
che conduce le indagini, dottor
Filippo Grisolia, ha tramutato
il fermo in arresto.
L'imputazione è di omicidio
volontario; l'accusato è stato
interrogato ieri fino a tarda
sera, in una camera di sicurezza
della caserma dei carabinieri in
via Moscova. Si è saputo solo
che ha mantenuto un
"atteggiamento freddo,
distaccato, addirittura
tranquillo". Se abbia o meno
ammesso, almeno in parte, le sue
presunte responsabilità, non è
stato possibile sapere. Ma gli
inquirenti si mostrano sicuri di
avere individuato l'autore
dell'assassinio. La domanda
principale, adesso, sembra
diventata un'altra: ha agito da
solo, Centrone, o è stato
aiutato da altri ? Furono
infatti almeno una decina i
ragazzi che circondarono la
macchina sulla quale viaggiavano
Marco Fonghessi e i suoi amici.
Qualcuno di loro s'impadronì di
quel "provocatorio" cuscino
(sembra sia stato proprio
Centrone) poi tutti insieme
costrinsero gli occupanti a
scendere, con una lama
tagliarono una gomma, Fonghessi
tentò di reagire ma fu colpito
all'addome. L'arma del delitto -
un coltello a scatto - è stata
ritrovata dai carabinieri: dove,
non è stato detto. Ma il
confronto fra Centrone e gli
amici della vittima sarebbe
stato particolarmente
drammatico: i tre ragazzi che
erano con Marco lo avrebbero
riconosciuto. Gli stessi hanno
fornito descrizioni precise dei
giovani che stavano in compagnia
dell'assassino. Gli inquirenti
li stanno cercando, alcuni sono
già stati individuati e saranno
ascoltati al più presto.
All'identificazione del presunto
responsabile dell'omicidio si
sarebbe giunti in seguito a
elementi forniti da altri tifosi
del Milan; alcuni abiterebbero
nella zona di Gratosoglio,
confinante con il quartiere
Vigentino, dove vive Centrone.
In altre parole a segnalare
l'eventuale responsabilità del
giovane, sarebbero stati alcuni
aderenti a club milanisti
disgustati da quanto successo.
Il mandato di cattura avrebbe
potuto essere emesso subito ma
gli inquirenti hanno preferito
aspettare per avere il massimo
di riscontri. Ulteriori atti
istruttori contenenti accuse
verso altre persone non sono
esclusi; non a caso infatti è
stato spiegato che "per non
pregiudicare accertamenti in
corso" la fotografia di Centrone
non è stata fornita ai giornali.
3 ottobre 1984
Fonte: La Stampa
Preso il killer dello
stadio
di Enrico Bonerandi
MILANO - Si è tagliato i
capelli da solo (lunedì i
barbieri erano chiusi) per non
assomigliare all’identikit, si è
levato anche l’orecchino al lobo
sinistro. Ma non ci sono molti
dubbi: a incastrarlo ci
sarebbero le testimonianze
concordi dei quattro amici della
vittima. Stefano Centrone, 18
anni compiuti lo scorso giugno,
un ragazzo che non studia né
lavora, con un precedente per
furto, sarebbe l’assassino di
Mario Fonghessi, il tifoso
cremonese ucciso domenica
pomeriggio all’uscita dallo
stadio di San Siro. Centrone,
che sarebbe iscritto a uno dei
numerosi club della tifoseria
milanista, è stato preso dai
carabinieri della compagnia
Magenta la sera di lunedì, poco
prima di mezzanotte. Era a casa
sua, in via Ogliari a porta
Vigentina, dove abita con i
genitori: stava andando a letto.
A sentire gli inquirenti, ha
tenuto un atteggiamento
"tranquillo, freddo e
distaccato". Sempre a casa sua,
pare, è stato trovato anche il
coltellaccio a serramanico con
il quale ha ucciso. A lui i
carabinieri sono arrivati
raccogliendo voci nei bar del
Gratosoglio, il quartiere che
Stefano Centrone frequentava
spesso e dove aveva molti amici.
L’identikit diffuso dalla
questura lunedì, e pubblicato
dai giornali del pomeriggio,
pare gli assomigli come una
goccia d'acqua: questo avrebbe
alimentato i primi mormorii. Già
nel pomeriggio di lunedì gli
inquirenti erano arrivati a
chiudere in una rosa di
quattro-cinque persone (tutti
tifosi rossoneri ultrà) il
possibile assassino. Sono stati
controllate circostanze e alibi,
poi, ricevute le prime conferme,
è arrivato l'ordine di bloccare
Centrone. Il fermo è stato
convalidato ieri dal magistrato,
il sostituto procuratore della
Repubblica Filippo Grisolia, che
in serata ha emesso nei
confronti di Centrone ordine di
cattura per "omicidio
volontario". A convincere il
magistrato che il ragazzo era
l'assassino di Marco Fonghessi,
pare sia stato il confronto,
avvenuto nella caserma dei
carabinieri di via Moscova, con
gli altri quattro tifosi
cremonesi che si trovavano sulla
"131" al momento
dell'aggressione. Lui, Stefano,
finora non avrebbe ammesso le
sue colpe, negando ogni cosa.
Col suo arresto, comunque,
l'inchiesta non è conclusa.
L’assassino ha agito da solo, ma
era spalleggiato da un gruppo di
una quindicina di ragazzi con
bandiere e sciarpe rossonere. Il
magistrato dovrà perciò appurare
se vi sono correità. Secondo il
capitano dei carabinieri che ha
condotto le operazioni, Stefano
Centrone farebbe parte di un
Milan club; l'ufficiale, però, è
stato volutamente generico nella
sua affermazione e da parte
della società sportiva ieri non
è stato possibile avere
conferme. Solo oggi si riuscirà
probabilmente a mettere a fuoco
con maggiore precisione la
personalità del ragazzo e il
contesto in cui è avvenuto
l’omicidio di domenica. Il
questore di Milano Antonio
Pirella ha nel frattempo deciso
di intensificare le misure di
controllo all’ingresso e
all’uscita dello stadio di San
Siro. Per rafforzare il numero
dei poliziotti che lo stesso
questore giudica insufficiente,
da domenica prossima saranno
aggiunti anche agenti della
Digos a pattugliare gli ingressi
del "Meazza" e le vie adiacenti,
dove si verificano la
maggioranza degli incidenti. Al
consiglio comunale di lunedì
sera, alcuni consiglieri
democristiani hanno presentato
al sindaco Carlo Tognoli
Un’interpellanza in cui si
chiede di chiarire le
circostanze che hanno permesso
la tragedia di domenica. I
democristiani chiedono un
aumento della presenza della
Pubblica sicurezza e la
proibizione all’interno e
all’esterno dello stadio di
bandiere e striscioni, in modo
che non vengano individuate le
differenti tifoserie. "La
Pubblica sicurezza potrebbe
controllare a campione
all’ingresso, con opportuni
impianti, se i frequentatori
dello stadio portano con sé
delle armi anche improprie",
chiedono i consiglieri dc, che
aggiungono: "E' evidente che non
migliorando il clima e
ripetendosi episodi così gravi
che a noi sono incomprensibili,
si dovrà giungere alla chiusura
dello stadio. Chiusura che da
noi viene proposta in almeno due
domeniche in segno di lutto". Su
questa proposta di chiusura, che
risulterebbe molto impopolare,
pare però che i democristiani
non intendano insistere:
"Sarebbe un gesto morale, ma la
sostanza non è tutta lì",
assicura il capogruppo Giuseppe
Zola. Un’altra interpellanza è
stata presentata anche da
Democrazia Proletaria. In
occasione delle prossime
partite, la Federazione
giovanile del Pci milanese e
cremonese distribuirà
all’interno dei due stadi un
volantino per ribadire il
"rispetto dello sport" e il
rifiuto della violenza. Dura
presa di posizione anche da
parte di Gianni Rivera: "Sarà il
caso - ha detto - che questi
signorini che la domenica
vengono allo stadio si mettano
in testa una sola cosa, e cioè
quella di fare del tifo in
maniera civile senza incidenti e
senza violenza facendo vivere ai
cittadini una giornata
tranquilla".
3 ottobre 1984
Fonte: La Repubblica
Tenta il suicidio il
giovane arrestato per
l'aggressione a Milano
L'ultras confessa: l'ho
ucciso io
di Susanna Marzolla
Non ha avuto complici -
Ieri si sono svolti a
Castelleone i funerali di Marco
Fonghessi.
MILANO - Un tentativo di
suicidio e poi la confessione:
Giovanni Stefano Centrone, 18
anni, ha ammesso di avere
accoltellato Marco Fonghessi. 21
anni, domenica allo Stadio
Meazza. Per quella coltellata
Marco è morto: la lama gli aveva
trapassato il duodeno, e il
pancreas e vano era stato il
lunghissimo intervento
chirurgico. Proprio ieri mentre
a Milano i carabinieri
annunciavano la confessione di
Centrone, tutta Castelleone
(Cremona) partecipava ai
funerali del giovane Fonghessi,
il giovane che domenica era
partito contento per andare a
vedere la sua squadra, il Milan.
Quel giorno giocava, proprio
contro la Cremonese,
un'occasione per partire in
tanti da Castelleone, tifosi
dell'una e dell'altra squadra, e
discutere, commentare,
divertirsi. Ma questo sano tifo
di paese, fuori dalle porte di
San Siro, si è trovato di fronte
qualcosa di completamente
diverso: un misto di
intolleranza e teppismo che a
Marco è costato la vita. Una
violenza che il mondo sportivo
condanna, come dimostra la
partecipazione di Rivera, di
diversi giocatori del Milan e di
tutta la Cremonese alla
cerimonia di ieri a Castelleone.
Centrone è un "bulletto" di
periferia, con un coltello nella
tasca del giubbotto e una carica
di violenza sempre pronta a
esplodere. E la domenica allo
stadio, insulti minacce spintoni
si sprecano. I pretesti non
mancano mai, come domenica
scorsa quel gruppo di ragazzi
che saliva con un cuscino
rossonero su un'auto targata
Cremona, la provincia della
squadra avversaria. Centrone e i
suoi amici credono, o meglio
s'inventano, che sia un segno di
sfregio; circondano la vettura.
"Joe" tira fuori il coltello e
taglia una gomma. I ragazzi di
Castelleone un po’ impauriti
cercano di chiarire l'equivoco;
Marco Fonghessi chiede di essere
lasciato in pace e per tutta
risposta il coltello gli arriva
in pancia. Centrone all'inizio
crede di avere fatto una
"bravata" o poco più; tanto è
vero che nel suo quartiere, il
Gratosoglio, si vanta di avere
"colpito un avversarlo. Ma il
giorno dopo si rende conto che
la cosa è molto più seria:
Fonghessi è morto nella notte.
Così butta via il coltello (che
i carabinieri ritroveranno tra
le immondizie del suo
caseggiato, in via Ogliari
(omissis), si taglia i capelli
lunghi, biondi ossigenati, si
toglie l'orecchino che portava
sempre al lobo sinistro. Ma
proprio il particolare
dell'orecchino, descritto agli
inquirenti dagli amici di
Fonghessi, assieme alle voci che
girano nel quartiere e tra i
club dei tifosi, porta i
carabinieri sulle tracce di
Centrone. Ventiquattr'ore di
camera di sicurezza provocano il
crollo. Un carabiniere lo
sorprende mentre con una coperta
sta facendo una corda da
appendere al soffitto. Viene
chiamato subito il magistrato e
il ragazzo, nuovamente
interrogato, ammette di avere
tirato fuori il coltello e
colpito. Cerca di sfumare le
proprie responsabilità dicendo
che anche altri avevano
coltelli. Secondo gli inquirenti
però "non esistono
corresponsabilità per quanto
riguarda l'omicidio". Ma per
l'aggressione e la rissa sì, e
le indagini continuano.
4 ottobre 1984
Fonte: La Stampa
Confessa tra le lacrime
l'omicida di San Siro
di Enrico Bonerandi
MILANO - Dopo
l’interrogatorio di martedì
sera, gli sono saltati i nervi.
Chiuso in una cella di sicurezza
del comando dei carabinieri
della zona Magenta, ha
stracciato a striscioline una
coperta, le ha annodate e ha
tentato di farne un cappio per
impiccarsi. Ben difficilmente
Stefano "Joe" Centrone, il
ragazzo di 18 anni accusato
dell'omicidio del tifoso
cremonese Marco Fonghessi dopo
la partita di domenica a San
Siro, sarebbe riuscito a
suicidarsi. Sono comunque
intervenuti in tempo due
carabinieri. Subito dopo, il
ragazzo è "crollato",
confessando le sue colpe. "Piena
confessione", hanno annunciato
ieri pomeriggio i carabinieri.
Più guardingo l'avvocato Vito
Malcangi, difensore di Centrone:
"Il ragazzo ha ammesso di aver
usato il coltello, bucando prima
il pneumatico dell’automobile
dei cremonesi, poi rivolgendosi
verso il Fonghessi - ha detto il
legale. Non è però affatto
sicuro di essere stato lui a
uccidere. Afferma di aver tirato
il fendente, ma di non sapere se
ha colpito o no il tifoso
cremonese. Vicino a lui c'era
altra gente col coltello in
mano". Questa tesi - c'ero, ho
usato il coltello, ma forse
l’assassino non sono io - appare
come l’ultimo espediente per
salvarsi da un’accusa
gravissima, quella di omicidio
volontario aggravato. In realtà,
le indagini condotte da polizia
e carabinieri subito dopo il
fatto e le testimonianze
raccolte, concordano
nell’affermare che l’unico
giovane armato nel gruppo di
tifosi milanisti che avevano
circondato l'auto dei cremonesi,
fosse proprio Centrone. Sui
motivi dell’omicidio,
assolutamente nessuna
risposta:
"anche lui non sa spiegarsi il
perché", commenta l'avvocato
Malcangi. Prima di sapere che la
sua vittima era morta, però,
pare che Stefano Centrone si sia
vantato della propria bravata
con gli amici, girando nei bar
del Gratosoglio. Proprio da
questa smargiassata è nata la
pista che ha permesso ai
carabinieri di arrivare a tempo
di record a identificare
l’assassino. "Alcuni dicevano:
sì, è stato quel biondino coi
capelli lunghi e l’orecchino;
altri sapevano solo che si
chiamava Joe - racconta il
capitano dei carabinieri che ha
condotto le indagini. Non
abbiamo fatto molta fatica a identificarlo, ma prima di
prenderlo siamo andati dai suoi
amici, per raccogliere le loro
deposizioni, che si sono
trasformate in altrettante
accuse". Poi, nella serata di
lunedì, il fermo di Stefano
"Joe" Centrone a casa, in via
Ogliari al Vigentino, dove il
giovane abitava con la madre e
la sorella minore. Il coltello
dell’omicidio è stato recuperato
tra le immondizie del palazzo:
il ragazzo l’aveva buttato in un
sacco di plastica pieno dei
rifiuti di casa. Qualcuno della
famiglia, ignaro, era sceso in
cortile lasciandolo nel bidone
della nettezza urbana. Fino a
martedì sera, Centrone aveva
tenuto davanti al giudice un
atteggiamento di calma, quasi
indifferente. Poi, improvviso,
il tentativo di suicidio. Il
ragazzo ha avuto una crisi, ha
pianto, confortato dai
carabinieri, che lo hanno
convinto alla confessione. Il
sostituto Filippo Grisolio si
trovava ancora in zona, intento
a raccogliere le deposizioni dei
testimoni; è stato rintracciato
anche l’avvocato difensore e si
è quindi verbalizzato il
racconto di Centrone. Fatto
questo, il ragazzo è stato
spedito su un cellulare con
destinazione San Vittore. Da una
perquisizione in via Ogliari, è
saltata fuori una tessera
(scaduta) delle "Brigate
rossonere", l'organizzazione
ultrà più attiva negli stadi,
non riconosciuta dai
"Milan-club" e da molti
considerata come del tutto
incontrollabile. È quindi logico
pensare che il "commando" di
tifosi, che domenica scorsa ha
accerchiato l’auto dei cremonesi
e da cui è sbucato Stefano
Centrone col suo coltello a
serramanico, fosse composto da
aderenti alle "brigate". Gli
inquirenti, però, sono del
parere che per ora non siano
emerse responsabilità
collettive, e che l’assassino
abbia agito da solo, per sua
iniziativa, andando molto al di
là delle intenzioni dei suoi
amici, i quali probabilmente,
volevano solamente "fare un po'
di casino". L’inchiesta,
comunque, non è chiusa. I
carabinieri stanno cercando di
individuare i componenti il
"commando": finora pare che
tutti abbiano "collaborato", e
solo se cercheranno di coprire
il loro amico e di tacere
qualche particolare potranno
essere accusati di
"favoreggiamento". Se il
magistrato riterrà di avere in
mano tutti gli elementi
necessari nei tempi di legge,
Stefano Centrone potrebbe essere
processato per direttissima.
4 ottobre 1984
Fonte: La Repubblica
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