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GABRIELE SANDRI
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Gabriele Sandri 11.11.2007 Le Indagini
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Arezzo, il racconto del Questore

"Due spari in aria... colpito il giovane"

Surreale conferenza stampa senza domande con il portavoce della Polizia, Sgalla. Gli agenti della stradale sono intervenuti attirati dal rumore di una rissa.

AREZZO - Una conferenza stampa surreale, con il portavoce della Polizia Roberto Sgalla (lo stesso del G8 di Genova) che chiede ai cronisti di non fare domande e il questore di Arezzo Vincenzo Giacobbe che racconta una storia in cui un poliziotto della stradale ("un ottimo elemento che di solito opera benissimo") spara due colpi in aria ma colpisce un giovane tifoso laziale seduto sul sedile posteriore della Megane Scenic che stava lasciando l'area di servizio di Badia al Pino. Poco prima delle 18, la sala è piena di cronisti. Sgalla chiarisce subito che non si potranno fare domande perché l'indagine è in corso e il questore può solo fornire dati oggettivi. Ecco i dati oggettivi letti dal dottor Giacobbe: questa mattina alle 9 e 10, due pattuglie della Stradale di Arezzo (sottosezione di Battifolle) erano all'interno dell'area di servizio direzione Sud e "procedevano" ad alcuni accertamenti su due auto. All'improvviso hanno sentito forti rumori e urla provenienti dall'altro lato della stessa area di servizio, quello in direzione Nord. Gli agenti "si portavano" sull'orlo della carreggiata per cercare di capire cosa stava accadendo rendendosi conto che c'erano gli occupanti di tre auto coinvolti in una rissa. A quel punto "decidevano di azionare le sirene dell'auto" pensando così di far smettere il tafferuglio. Ma il suono "non causava effetti". "Allora - continua il Questore - uno degli agenti, da 60-70 metri di distanza, ha pensato di sparare due colpi in aria...". Le auto coinvolte nel tafferuglio "si sono però spostate verso nord" e la Megane con i 5 giovani a bordo ha proseguito verso il casello dove è stata raggiunta e fermata dalla volante. Lungo il tragitto gli occupanti si sono accorti che Gabriele Sandri era stato "attinto al collo". L'intervento dell'ambulanza del 118, subito chiamata, serviva solo a constatare il decesso del ragazzo. Fin qui, con la terminologia ufficiale, il racconto del questore. Lo stesso dottor Giacobbe, forse, si è reso conto che nelle sue parole non sembrava esserci collegamento tra i colpi sparati in aria dall'agente e il ferimento di Gabriele Sandri. A questo punto il questore, mentre Sgalla lo richiamava a non rispondere e a lasciare la sala, ha precisato meglio che "ovviamente", il colpo c'è stato e il giovane è stato colpito stabilendo, a denti stretti, un rapporto di causa-effetto tra i due fatti. Giacobbe ha aggiunto che il proiettile non è stato trovato, che sul corpo del ragazzo c'è solo il foro d'entrata e che le indagini dovranno spiegare come è andata. Poi, il questore e Sgalla hanno lasciato la sala mentre i cronisti presenti cercavano inutilmente di fare domande.

11 novembre 2007

Fonte: Repubblica.it (Testo © Fotografia)

Cosa rischia il poliziotto

Da 5 anni alla "non punibilità"

ROMA - Le indagini sulla morte del tifoso laziale Gabriele Sandri dovranno innanzitutto accertare se il poliziotto che ha sparato ha fatto un uso legittimo delle armi, cioè ha usato la pistola costretto dalla necessità di respingere una violenza o perché ricorreva un'altra delle ipotesi tassative previste dal codice penale. Diversamente per l'agente potrebbe scattare l'accusa di omicidio colposo o addirittura quella di omicidio volontario con dolo eventuale. Una differenza non da poco anche sul piano delle relative sanzioni, visto che l'omicidio colposo è punito con la reclusione sino a 5 anni, mentre per quello volontario si può arrivare sino a 21 anni.  Prioritaria sarà dunque la verifica se per l'agente ricorrono le condizioni previste dall'articolo 53 del codice penale, che esclude la punibilità del pubblico ufficiale se ha fatto un uso legittimo delle armi. Tra queste - ma non è questo il caso - c'è la necessità di impedire che vengano compiuti gravi reati; ma giustificano l'uso delle armi anche l'esigenza di respingere una violenza o di vincere una resistenza. Se il poliziotto fosse andato al di là di questi limiti, si tratterebbe di un eccesso colposo nell'uso delle armi, che farebbe scattare per lui l'accusa di omicidio colposo; omicidio commesso dunque non volontariamente, ma per imprudenza, imperizia o negligenza. La terza possibilità in astratto è che si possa contestare l'omicidio volontario con dolo eventuale: ma in questo caso il poliziotto dovrebbe aver sparato deliberatamente ad altezza d'uomo e su un assembramento, mettendo in conto che poteva colpire qualcuno. Se non sarà esclusa la punibilità dell'agente e dunque se gli si contesterà l'omicidio, comunque sembra difficile che possa essere sottoposto a misure di custodia cautelare, per le quali il codice richiede che vi sia il pericolo di fuga, o di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato.

11 novembre 2007

Fonte: Repubblica.it

Il ministro Amato "Tragico errore" Interrogato l’agente

di Stefano Boldrini

Ha 30 anni, è tiratore scelto ed è sposato con un’infermiera. Il questore: "Ottimo elemento. Ha sparato 2 colpi in aria".

Dal nostro inviato. AREZZO - Il questore di Arezzo Vincenzo Giacobbe prima di leggere le 32 righe del comunicato ufficiale incrocia un cronista e fa: "E’ il nostro lavoro, ci sono giornate belle e altre brutte". Questa domenica appartiene sicuramente alla seconda categoria. Giornata bruttissima, con gli ultrà di mezza Italia in guerra e la consapevolezza che il "tragico errore", come viene definito dal ministro degli Interni Amato, dell’agente della Polstrada di Arezzo-Battifolle, possa avere ripercussioni pesanti non solo dal punto di vista dell’ordine pubblico, ma persino su quello politico. In serata, mentre a Roma infuria ancora la guerriglia attorno allo stadio Olimpico, il capo della Polizia, Antonio Manganelli, dichiara: "Quanto è accaduto m' inquieta. Una morte assurda. Mi sento di assicurare che la polizia saprà assumersi le proprie responsabilità e senza reticenze fornirà massima collaborazione alla magistratura incaricata dell’accertamento dei fatti".

LE INDAGINI - Nella Questura di Arezzo proseguono fino alla tarda serata gli interrogatori dei quattro ragazzi che erano in auto con Gabriele Sandri: Marco - il diciannovenne romano alla guida della Renault Scenic - Federico, Francesco e Simone. Anche il poliziotto della Polstrada viene ascoltato a lungo dagli inquirenti. Giuseppe Ledda è il magistrato al quale è stata affidata l’inchiesta. Alle 20, dalla questura trapela questa dichiarazione: "Non ci sono indagati. Il poliziotto che avrebbe sparato i due colpi è allo stato attuale persona informata sui fatti". La fase iniziale delle indagini sta procedendo su tre direzioni: ricostruire l’esatta dinamica dei fatti, accertare se nella zona dove ci sarebbe stata la rissa tra laziali e juventini ci siano oggetti contundenti o armi, individuare la traiettoria del proiettile che ha ucciso Gabriele Sandri, sparato da una Beretta calibro 9, l’arma di ordinanza della Polizia. In serata, filtrano altri due elementi. Nel parcheggio dell’area di servizio di Badia del Pino sarebbero stati ritrovati un paio di coltelli. Il secondo elemento è che il proiettile potrebbe essere stato deviato da un oggetto prima di colpire a morte Gabriele Sandri. IL PROFILO DELL' AGENTE -Il questore Giacobbe, in carica ad Arezzo dall' inizio dell’anno, è teso quando legge il comunicato: "Alle ore 9.10 due pattuglie della sottosezione polizia stradale di Battifolle che operavano all' interno dell’area di servizio di Badia del Pino, direzione Sud, venivano attratte da urla e rumori provenienti dall' area di servizio in direzione Nord. Resisi conto che era in atto una violenta rissa tra gli occupanti di almeno tre autovetture, gli agenti intervenivano azionando il dispositivo acustico di emergenza. Uno degli agenti, uno dei nostri elementi più esperti, al fine di indurre a desistere i partecipanti alla rissa, esplodeva due colpi di arma da fuoco in aria. Una delle autovetture, con a bordo 5 giovani, proseguiva la marcia fino al casello autostradale di Arezzo, dove veniva richiesto l’intervento del 118". Non è stato ancora trovato il proiettile che ha colpito Sandri. La versione dei colpi sparati in aria veniva poi corretta con "due colpi con l’arma di ordinanza". In serata trapela l’identikit dell’agente che ha sparato i due colpi di pistola. Si chiama Paolo S., ha 30 anni, da 10 è agente scelto. È sposato con un’infermiera, vive ad Arezzo da diverso tempo e ha ottime note nel curriculum. È descritto come un uomo estremamente equilibrato che non ha mai dato problemi. Fino a ieri.

12 novembre 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Il questore: "Per ora è omicidio colposo

Ha sparato un colpo ad altezza uomo"

Vincenzo Giacobbe fa il punto delle indagini: "Il reato potrebbe essere più grave". L'agente: "Mi è partito un colpo mentre correvo", ma un teste accusa: "Aveva le braccia tese".

AREZZO - Per ora è solo "colposo" ma il questore di Arezzo Vincenzo Giacobbe non ha escluso che l'imputazione contro Luigi Spaccarotella, l'agente che ha ucciso Gabriele Sandri sparando sull'A1, possa trasformarsi in qualcosa di peggio: omicidio preterintenzionale o volontario. Infatti un testimone sostiene di aver visto l'agente impugnare la Beretta 92S di ordinanza a due mani e fare fuoco "con le braccia tese". L'agente con la sua deposizione cerca di attenuare la propria posizione. "Non ho mirato a nessuno - spiega il poliziotto - ho sparato un colpo in aria e poi mi è partito un secondo colpo mentre correvo". Il questore difende il suo uomo e scarta l'ipotesi della volontarietà: ''Escludo l'idea che un poliziotto normalmente idoneo al servizio e all'uso delle armi spari volontariamente per ammazzare uno''. Quanto alla possibilità che l'agente abbia creato un danno più grande di quanto volesse il capo della polizia aretina prova a spiegare: "Ammesso che non avesse voluto sparare in aria e sia scivolato o chissà che cosa, nel caso in cui avesse voluto sparare alle gomme o al motore...''. E dopo la strana ricostruzione per cui due colpi sparati in aria uccidevano un giovane uomo dentro un'auto Giacobbe finalmente ammette: "Almeno uno dei due colpi è stato sparato ad altezza d'uomo". Sembra dunque uscire di scena la versione dei colpi sparati in aria accreditata per diverse ore, anche perché nelle ultime ore è spuntato fuori un testimone. Un agente di commercio che si trovava all'area di servizio da cui l'agente della Polstrada ha fatto fuoco e che, una volta giunto a Roma, ha verbalizzato parole chiare: "Ho visto il poliziotto sparare con l'arma impugnata a due mani e braccia tese". Da domani le cose dovrebbero essere un po' più chiare: ancora ventiquattro ore e sul tavolo del magistrato "arriveranno i primi risultati delle analisi scientifiche". Un'ogiva, quella che il medico legale ha trovato nel collo del tifoso, è stata recuperata. Manca ancora il secondo proiettile sparato, ma la scientifica lo cerca e non è escluso che presto lo troverà. Ciò che è importante resta l'analisi sul proiettile che ha ucciso il tifoso laziale. Per ora non è neppure certo se la rissa che ha giustificato l'intervento del poliziotto fosse scoppiata per motivi legati al calcio. Il questore ha fatto un appello per rintracciare chi era a bordo dell'auto dei rivali di Gabriele: "Chi sedeva sulla Mercedes classe A scura si faccia avanti. È importante".

12 novembre 2007

Fonte: Repubblica.it

Bottigliata e ombrellate

Così è iniziata la rissa tra juventini e laziali

di Stefano Boldrini Giampiero Timossi

Dagli insulti alle vie di fatto: "Uno ci ha guardato male e allora noi gli abbiamo detto: "Che cazzo guardi"...".

Dai nostri inviati. AREZZO - Uno sguardo storto, una bottigliata, un paio di ombrellate, qualche insulto. Sarebbe stata questa la dinamica della rissa tra tifosi scoppiata alle 9 di domenica mattina nell' area di servizio di Badia al Pino, dove pochi minuti dopo è morto Gabriele Sandri. Francesco, Federico, Marco e Simone, gli amici che viaggiavano insieme con Gabriele Sandri, sono arrivati a Roma all' alba di lunedì. Ieri pomeriggio, alcuni di loro si sono ritrovati in un bar non lontano da piazza Vescovio, punto di ritrovo storico dei tifosi della Lazio. I quattro compagni di viaggio di Gabriele ufficialmente non vogliono e non possono parlare: sono indagati per "tentate lesioni aggravate". La polizia sta riesaminando le immagini registrate dalle telecamere dell’area di servizio, sequestrate pochi minuti dopo il "fattaccio". RICOSTRUZIONE - Attraverso la voce di un amico, ecco la ricostruzione da parte di Francesco: "Con gli juventini non c’è stata una vera rissa. Uno di loro ci ha guardato male. Gli abbiamo detto "che cazzo ti guardi" e quello ha risposto mollandomi una bottigliata a un braccio. Noi abbiamo reagito e sono partite un paio di ombrellate. All' improvviso, abbiamo sentito il suono della sirena e siamo tutti scappati verso le auto. Gli juventini sono stati più svelti e ripartendo hanno investito, seppure in modo leggero, Marco. Io ho raggiunto per primo l’auto e ho cercato di farla ripartire, ma non conoscevo bene i comandi e a quel punto si è messo alla guida Marco, nonostante il dolore per la botta al fianco. Siamo schizzati via e abbiamo sentito un solo sparo: quello che ha colpito Gabriele. Ormai avevamo imboccato l’autostrada e abbiamo raggiunto di corsa il casello per chiedere aiuto. Noi non chiediamo punizioni esemplari. Chiediamo soltanto che sia fatta giustizia perché un ragazzo innocente non può morire in questo modo. Gabbo era uno tranquillo, uno pulito. Non è vero che aveva ricevuto il Daspo (il divieto a frequentare gli stadi con obbligo di firma durante le partite, ndr). Non aveva mai fatto niente di male". LA MORTE DI GABBO - "Prima la polizia l’avevamo vista, ma delle sirene non mi ricordo e neppure degli spari. Stavamo andando via, la macchina degli altri era già partita. C’era ancora un po' di casino e quando c’è casino a certe cose non fai caso. Poi ho sentito quel colpo, solo un colpo, come quando ti tirano una pietra sull' auto. Gabbo non ha neppure urlato, sembrava che non riuscisse a respirare. Stava seduto dietro, vicino a me. Ho visto il sangue, siamo arrivati al casello, quello subito dopo l’autogrill. Niente, Gabriele era già morto. Cazzo, morto così e noi siamo qui, sconvolti e non siamo gente che si sconvolge tanto facilmente, conosciamo la vita, sappiamo quello che succede nel mondo". Il "Messicano" ha 27 anni, un lavoro, una passione per la Lazio. Domenica mattina stava in macchina, pure lui, seduto dietro, a fianco di Gabriele Sandri, sulla Renault Scenic. Pure lui ora è indagato per "tentate lesioni aggravate", vuol conoscere la verità e sapere quando Gabbo potrà avere il suo funerale. "Noi siamo ultrà, siamo della Lazio, tifosi della curva Nord, di quale gruppo non importa. Noi conosciamo la vita". E la morte di un amico.

13 novembre 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

La collinetta dalla quale è partito il proiettile.

Ecco un elemento chiave

di Giampiero Timossi

Spaccarotella era in un punto più alto di circa 6-7 metri rispetto a Sandri: ha usato una Beretta 92 calibro 9. Le traiettorie. Buchi, che sono domande in cerca di una risposta.

1) Il proiettile che ha ucciso Gabriele Sandri è stato sparato da una distanza di circa 66 metri, ha superato quattro corsie autostradali e due corsie d'emergenza. Non si è fermato neppure contro la recinzione posta sopra il new jersey che divide i due sensi di marcia. Come è stato possibile che prima non abbia trovato ostacoli sulla sua traiettoria ? Il colpo è stato sparato da una posizione sopraelevata. Questa è l’unica spiegazione. L’agente Spaccarotella sarebbe salito su una "collinetta" costituita da alcuni materiali di riporto e da lì avrebbe esploso un colpo che ha avuto una traiettoria orizzontale. Sulla sommità della collinetta resta ancora un escavatore, nell' area di servizio ci sono alcuni lavori in corso. Da questa posizione, l’agente avrebbe esploso il colpo mortale, circostanza confermata da più di una testimonianza. E proprio su quella collinetta si è concentrata, anche ieri, l’attenzione della polizia scientifica. Inoltre, tra l’area da dove è partito lo sparo e quella dove transitava la vittima, ci sono alcuni metri di dislivello. Complessivamente si può calcolare un dislivello di 6-7 metri.

2) Come si è accorta la pattuglia della Polstrada che nell' area di servizio opposta stava accadendo qualcosa ? Su questa domanda ci sono diverse interpretazioni. Gli agenti interrogati avrebbero dichiarato di aver sentito delle grida. Grida evidentemente forti, capaci di superare il rumore delle auto in transito (la domenica mattina la circolazione dei Tir è vietata) anche a una distanza di circa 66 metri. Sempre gli agenti avrebbero poi aggiunto di aver visto una colluttazione in corso e di aver pensato subito a una rapina.

3) Perché Luigi Spaccarotella, l’agente della Polstrada che ha ucciso Gabriele Sandri, è stata iscritto nel registro degli indagati solo il giorno dopo l’omicidio ? Tecnicamente non c’è una risposta plausibile. Durante il primo interrogatorio il magistrato deve aver accertato subito che a sparare i due colpi è stata la pistola di servizio di Spaccarotella. Circostanza che sarebbe stata ammessa dallo stesso poliziotto. A quel punto, l’uomo doveva essere iscritto nel registro degli indagati e sottoposto a un nuovo interrogatorio. Alla presenza di un avvocato difensore. Domenica l’agente è stato invece ascoltato ancora come persona informata sui fatti. Un faccia a faccia tra magistrato e poliziotto. Per circa 10 ore.

4) Il proiettile che ha ucciso Gabriele Sandri presenterebbe una leggera deformazione dell’ogiva. Cosa ha provocato la deformazione: il vetro dell’auto, una vertebra della vittima, il contatto con l’asfalto o un altro oggetto ancora presente sulla scena dell’omicidio ? Questa risposta verrà data soltanto dagli esami balistici. L' arma in dotazione alla polizia stradale è una Beretta 92, calibro nove. Ha proiettili camiciati: un’anima di piombo, rivestita da una lega di ottone. Questi proiettili hanno più forza perforante che devastante. Se il proiettile di questo tipo colpisce un muro o l’asfalto, tende a rimbalzare. Se il proiettile non è invece camiciato, il piombo tende a schiacciarsi e fermarsi subito sulla superficie colpita. Per capire cosa possa aver deformato il proiettile che ha ucciso Gabriele Sandri, sarà ora indispensabile analizzare gli eventuali materiali (tracce di vetro, asfalto, frammenti ossei) presenti sull' ogiva estratta.

13 novembre 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Accusa di omicidio colposo per l’agente che ha sparato

di Stefano Boldrini

Il poliziotto indagato avrebbe mirato da 66 metri alle gomme dell’auto, ma la traiettoria è stata deviata ad altezza uomo: la posizione può aggravarsi.

Dal nostro inviato. AREZZO - Luigi Spaccarotella avrebbe sparato da 66 metri per colpire le gomme della Renault Megane Scenic dove domenica mattina viaggiava il tifoso laziale Gabriele Sandri, ma un dislivello del terreno e una probabile deviazione della traiettoria del proiettile hanno spostato la mira della pallottola, uccidendo il ragazzo romano. È questa, dopo aver torchiato l’agente e gli altri componenti delle due pattuglie della Polstrada, la versione più accreditata della morte di Gabriele. Lo scenario è emerso dopo i rilievi effettuati anche ieri dalla scientifica, dalle deposizioni dei poliziotti, che hanno firmato pagine e pagine di verbali, e dalle testimonianze. OMICIDIO COLPOSO - La posizione dell’agente Luigi Spaccarotella, 32 anni, nato a Varese ma di origini calabresi, si è aggravata. Il questore di Arezzo, Vincenzo Giacobbe, ha spiegato: "Dal materiale investigativo che abbiamo a disposizione si può ora ipotizzare il reato di omicidio colposo, ma la posizione potrebbe ulteriormente peggiorare. Uno dei due colpi sembra aver avuto una traiettoria orizzontale. Abbiamo trovato un solo bossolo. Stiamo ancora cercando il secondo". SI CERCA LA SPIEGAZIONE - Ma perché Spaccarotella, che il questore ha definito ieri "un povero poliziotto", che fino a due giorni fa aveva "un ottimo profilo professionale", ha sparato ad altezza d'uomo ? "L' agente non sapeva che cosa stesse accadendo nell' area di servizio opposta. Non sapeva che si trattasse di una semplice rissa. Poteva essere una rapina, o un altro episodio di delinquenza". Resta il fatto che sparare in quel modo poteva provocare una strage. Il questore a denti stretti ammette: "Se ci fosse stata la volontà di sparare in quel modo, l’agente si sarebbe preso una responsabilità enorme. Una gravissima imprudenza". Spaccarotella avrebbe ammesso di aver pensato ad una rapina, ma di non aver voluto sparare ad altezza uomo. Fino a ieri sera, non erano stati presi provvedimenti nei confronti del poliziotto. Il questore ha confermato che nell' area di servizio sarebbero stati ritrovati un paio di coltelli e un ombrello. Altro particolare importante: le auto dei tifosi individuate al momento della rissa sarebbero tre e non due. L' AUTOPSIA - Ieri pomeriggio, all' obitorio dell’ospedale San Donato di Arezzo, è stata effettuata l’autopsia, affidata al medico legale Angelo Stamile, senese. Giorgio e Cristiano Sandri, papà e fratello di Gabriele, sono arrivati alle 16.30, accompagnati dall' avvocato Luigi Conti. Cristiano Sandri ha detto: "Non abbiamo niente da dire. Vi chiedo di rispettare il nostro dolore e di evitare strumentalizzazioni". L' esame autoptico è terminato alle 21.15. È stato estratto il proiettile e non sono emersi elementi nuovi. Il medico legale e i periti non hanno rilasciato dichiarazioni. Il magistrato che conduce l’inchiesta, Giuseppe Ledda, ha dato l’assenso al trasferimento della salma. Il carro funebre con il corpo di Gabriele Sandri è partito alle 22.30 per Roma. Il papà di Gabriele ha dato un bacio alla macchina prima di vederlo andar via. I FUNERALI - Il vescovo di Arezzo Gualtiero Bassetti ha detto: "È il sacrificio di un innocente". Il sindaco Giuseppe Fanfani è stato di poche parole: "Ho portato alla famiglia Sandri le condoglianze della nostra civilissima città". Oggi sarà allestita la camera ardente. I funerali di Gabriele si terranno domani a Roma alla chiesa di Pio X alla Balduina.

13 novembre 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Manganelli Ecco la verità su quello sparo

di Giuseppe D'Avanzo

Dice il capo della polizia che "non ci sono parole per accostarsi al dolore dei familiari di Gabriele Sandri, al loro lutto. Le puoi anche scegliere tra le più oneste, tra le più amichevoli parole che conosci, non saranno mai così appropriate da essere di conforto. Non ci può essere conforto se perdi un figlio, un fratello. Quell' assenza è incolmabile. Allora, mi sono detto che io, personalmente, e la polizia come istituzione avevamo un solo dovere: assicurare alla famiglia Sandri la verità sui fatti che hanno deciso della vita di Gabriele". Antonio Manganelli siede sul divano nella grande stanza, al secondo piano del palazzo del Viminale. Tace ora, come per riflettere tra sé. Forse per cercare, una ad una, le parole del suo discorso. C’è un lungo silenzio della stessa grana del silenzio che sempre, nei giorni buoni come nei giorni cattivi, contrassegna il piano nobile del palazzo. Non si ode mai una voce, un rumore qualsiasi, una penna che cade, una porta che cigola, in quel corridoio sempre vuoto e deserto, se si esclude il commesso che ti accompagna. È un’immobilità che deve essere l’unica possibile regola per affrontare, con autocontrollo, senza alcuna agitazione o frenesia, la tensione che ogni giorno attende i custodi dell’ordine pubblico.

Lei dice: bisogna assicurare la verità dei fatti accaduti a Badia al Pino. Qual è questa verità ? "L' abbiamo sufficientemente ricostruita con altre testimonianze e riscontri tecnici e affidata alla magistratura. Abbiamo recuperato l’ogiva del proiettile che ha ucciso Gabriele e il perito, già in possesso del bossolo, potrà ora ricostruire, dopo l’autopsia, la possibile traiettoria del colpo. Non c’è dubbio che a sparare sia stato il nostro agente. Non c’è dubbio che, dopo un primo colpo sparato in aria, il secondo è stato esploso con il braccio teso in avanti. Per una casualità o per una consapevole decisione, non sta a me dirlo".

Si sarà fatta però un’idea. "Ho una mia idea, naturalmente, ma è di nessuno interesse o valore. È più importante che dica come sono andate le cose, secondo le prime conclusioni dell’indagine. La volante vede da lontano, dalla carreggiata sud, il tafferuglio nell' area di servizio in carreggiata nord. Nessuno è in grado di capire che sia una rissa tra tifosi. Non ci sono vessilli, non ci sono bandiere, non ci sono slogan. C’è soltanto un gruppo di ragazzi che si picchiano. L' iniziativa migliore è dell’agente che attiva la sirena: in genere, è sufficiente per convincerli a chiuderla lì. E infatti i ragazzi smettono e si allontanano in fretta. L' altro agente, però, crede di essere testimone di un delitto più grave di una rissa e, da lontano, spara in aria e spara una seconda volta. Ripeto, con il braccio teso, in un’azione che ho definito maldestra".

Maldestro non le appare un aggettivo, in questo caso, inappropriato ? "Non è il solo a pensarlo. C’è chi me lo ha rimproverato perché non è sufficientemente drammatico. Le ripeto, dobbiamo alla famiglia Sandri la verità e definire il gesto di un agente di polizia maldestro, cioè di un’imperizia dannosa e pericolosa, è drammatico ed è soprattutto la verità".

Per lunghe ore, domenica, si è avuto la sensazione che il vuoto di informazione coincidesse con il tentativo di alleggerire le responsabilità dell’agente. In molti abbiamo pensato che negando l’errore di valutazione dell’agente e indicando la causa del suo intervento nella violenza dei tifosi si volessero cambiare le carte in tavola, manipolare l’accaduto. "Io capisco che i media devono offrire ricostruzioni coerenti, senza smagliature e falle e capisco anche che, per il frammento di verità che avevate sotto gli occhi, non potevate fare altro che giungere a quella conclusione. In realtà, soltanto a poco a poco noi abbiamo messo insieme quei frammenti che ci hanno fatto capire che cosa era successo".

Non ci avete messo troppo tempo ? "No. Anch' io ho avuto la tentazione di mettere sotto pressione il capo della squadra mobile di Arezzo, Marco Dal Piazza, ma ha avuto la ragione lui a prendersi il tempo necessario, e ne sono contento. Si è comportato con molta correttezza. Non ha interrogato subito gli amici di Gabriele. Per evitare equivoci, li ha separati e atteso il magistrato. Ha "congelato" la scena del crimine, come è doveroso fare. Sono iniziative scrupolose, ma prendono tempo. Così soltanto intorno alle 12,30 abbiamo avuto un quadro apprezzabile della situazione".

A quel punto, lei ha deciso di non fermare il campionato in contrasto con i vertici del mondo del calcio. È stata la scelta giusta ? "Guardi, le potrei dire che le cose sono andate come lei dice. Ne ricaverei l’immagine del capo della polizia decisionista che impone le sue scelte anche se non condivise. Ma le cose non sono andate così. Si è detto addirittura che, a questo proposito, avrei avuto uno scontro con il ministro Amato. La verità è che nessuno mi ha opposto alcuna perplessità. Le aggiungo che penso ancora che bisognasse giocare, ma la realtà è che quella decisione non è stata virtuosa. È stata soltanto necessaria, obbligata. Erano, più o meno, le tredici. Gli stadi andavano affollandosi. I tifosi erano nei dintorni dello stadio. Nelle stazioni ferroviarie. In viaggio lungo le autostrade. Fermare a quell' ora la macchina - i campionati di A, B, e C - semplicemente non era possibile. Ogni tentativo sarebbe stato inefficace e, quel che è peggio, controproducente".

Non crede che il mancato stop sia stato un moltiplicatore di violenze ? "Credo il contrario. Il gioco ha favorito il contenimento delle violenze. Se si esclude quanto è accaduto a Bergamo, si può dire che è stata una ordinaria domenica di calcio, del nostro calcio".

Se si esclude Roma ? "No, anche a Roma abbiamo pagato il prezzo minore tra quelli probabili. Ho apprezzato molto la decisione di rinviare la partita. Giocarla avrebbe voluto dire coinvolgere, in uno spazio chiuso, decine di migliaia di tifosi pacifici nelle violenze che, con determinazione e lucidità, già erano state programmate dagli ultras facinorosi. Evitare che l’incontro si svolgesse ha significato che i romani pacifici se ne sono tornati a casa e in strada a fare danni sono rimasti soltanto in duecento".

Rifarebbe anche la scelta di non presidiare il territorio ? "Guardi, dopo la morte di Gabriele Sandri, il peggio poteva accadere proprio a Roma, se le forze dell’ordine avessero voluto ripulire il quartiere Flaminio e i dintorni dell’Olimpico. Ho chiesto ai miei uomini e ai carabinieri di avere pazienza, di non intervenire. Quattro funzionari sono stati feriti, eppure non hanno dato ai propri uomini l’ordine di replicare. Non siamo stati però con le mani in mano. Abbiamo predisposto un servizio di videosorveglianza per identificare i violenti. Con il tempo necessario, avranno notizie di noi appena li identificheremo e già sappiamo chi sono i primi dieci. Se avessi deciso altrimenti, chi poteva assicurare che gli scontri - quel che gli ultras volevano ad ogni costo - non sarebbero degenerati ? Facile discutere qui in poltrona, ma in strada ci vanno uomini in carne e ossa, che possono essere messi a mal partito e avere paura e quando si ha paura e si perde il controllo, c’è anche chi può fare la mossa peggiore. Lei riesce a immaginare che cosa sarebbe accaduto se ci fosse stato un altro morto a sera, domenica, a Roma ?".

Lei ha parlato di neofascisti infiltrati nei gruppi più violenti di tifosi. Ci sono nuove evidenze ? "Le posso dire che abbiamo dimostrazione evidenti di come l’area di estrema destra abbia occupato le curve degli ultras".

Lei concorda con la procura di Roma che intende contestare l’aggravante del terrorismo agli arrestati di domenica ? "Quale debba essere il reato contestato agli indagati non è affare della polizia, ma del pubblico ministero. Rilevo che nessuno ricorda in questo palazzo l’assalto a una caserma della polizia. Credo di poter dire, con Pierluigi Vigna, che quell' aggressione è un atto eversivo".

Ora si teme che, alla ripresa del campionato, si scatenerà un conflitto permanente tra ultras e polizia. Lei che cosa prevede ? "Le dico che cosa faremo, non che cosa prevedo. La nostra risposta sarà intransigente e rigorosa. Se non ci saranno le condizioni per giocare - e tra le condizioni c’è un clima sereno, non aggressivo per le forze dell’ordine - semplicemente non si giocherà".

Non crede che questo rigore creerà una maggiore coesione tra i violenti ? "Al contrario. Il nostro progetto prevede di dimostrare a chi non è un facinoroso pur essendo ultras - e intendo con questa parola un tifoso entusiasta e irriducibile, ma non necessariamente violento - che il calcio conviene goderselo senza risse e scontri. Che chi è violento spesso lo è per un interesse personale. Confido di aprire con gli ultras non violenti un canale di dialogo e sono pronto a raccogliere anche i loro suggerimenti. Con i facinorosi è inutile ogni discussione. La nostra pressione sta ridimensionando il loro peso. E, dal loro peso nel mondo del calcio, ricavavano denaro e un prestigio e una visibilità che altrimenti potevano soltanto sognare. Per troppo tempo hanno avuto in ostaggio le società di calcio".

Le società complici ? "A volte complici, a volte vittime. Come per le estorsioni, è difficile separare il confine tra la complicità e l’oppressione. Certo, per troppo tempo, acquiescenti".

È aumentata la collaborazione delle società ? "Diciamo che abbiamo cominciato insieme un percorso, ma la strada da fare è ancora lunga. Abbiamo un programma e lo porteremo fino in fondo. Entro il 1 marzo negli stadi ci saranno soltanto gli steward e non più la polizia. È una data che vogliamo rispettare. Se le società non si adegueranno giocheranno con gli spalti vuoti".

Mi sembra insospettabilmente sereno. Sbaglio ? "Come posso essere sereno dopo la morte irragionevole di Gabriele Sandri ? Ma se si riferisce al mio lavoro, sì, sono sereno. Forse non ho grandi qualità, ma so come non perdere mai la testa".

13 novembre 2007

Fonte: La Repubblica (Testo © Fotografia)

L’agente ha sparato a braccia tese

di Maurizio Bologni e Laura Montanari

AREZZO - Lo hanno visto mirare e sparare ad altezza d'uomo, Luigi Spaccarotella, il poliziotto di 31 anni che domenica ha ucciso il tifoso della Lazio Gabriele Sandri, 28 anni, nell' area di servizio di Badia Al Pino (Arezzo), corsia nord dell’Autosole. Un agente di commercio romano, che domenica era nella stessa piazzola vicino ai poliziotti, ieri si è presentato in un commissariato della capitale. "Ha sparato impugnando la pistola con entrambe le mani e le braccia erano tese. Non mi sembra sparasse in aria, anzi..." ha raccontato il rappresentante in un verbale che è stato inviato alla procura di Arezzo. "Non so perché ho sparato, non ricordo" ha detto invece Spaccarotella, confuso e ancora sotto choc. Gli investigatori hanno a disposizione i filmati registrati dalle telecamere dell’area di servizio. E quella dell’agente di commercio non è, probabilmente, l’unica testimonianza che aggrava la posizione del poliziotto. "Gli atti sono in mano alla procura - ha glissato, a proposito della versione data dagli altri tre agenti, il questore di Arezzo Vincenzo Giacobbe - ma elementi confluenti, tecnici e testimoniali, ci fanno ritenere che la rubricazione del reato contestato al poliziotto possa avere un’evoluzione. Oggi gli è stato contestato l’omicidio colposo. Potrebbe diventare omicidio volontario. Ha sparato uno dei due colpi in linea orizzontale rispetto al terreno. Forse mirava alle gomme dell’auto" ha aggiunto il questore. "Sono sconcertato, domenica la polizia ha parlato di due colpi esplosi in aria, oggi ammette che uno è stato esploso ad altezza d'uomo" si è limitato a dire l’avvocato romano Michele Monaco, che assiste la famiglia della vittima. Confermato che Spaccarotella e i tre colleghi si trovavano nell' autogrill sulla corsia sud della Sole, mentre la Megane Scenic sulla quale Gabriele Sandri viaggiava con quattro amici era nell' area di servizio sulla corsia opposta. Spaccarotella ha sparato due colpi, il primo in aria mentre si trovava più a valle, il secondo a una distanza di oltre sessanta metri dal giovane che ha centrato. L' ogiva è stata ritrovata tra gli abiti indossati da Sandri. "Gli agenti si rendevano conto che nella piazzola dell’altro autogrill era in corso un fatto delinquenziale, ma non sapevano se si trattasse di una rapina, una violenza o uno scontro tra tifosi" ha detto il questore di Arezzo, smentito però da una testimonianza secondo la quale le volanti erano state inviate sul posto per la segnalazione di incidenti tra tifosi. "Rivolgo un appello" ha aggiunto il questore. "Cerchiamo gli occupanti di una Mercedes Classe A di colore scuro, una delle tre vetture che risultano coinvolte negli scontri tra tifosi e che non siamo riusciti a rintracciare". Ciò che invece la polizia ha ritrovato subito, nel piazzale dove è stato colpito Sandri, sono ombrelli, coltelli, qualche biglia, sassi e una cintura chiodata recuperata accanto a un cestino dei rifiuti. Ieri pomeriggio, nell' obitorio dell’ospedale di Arezzo, l’autopsia sul corpo del giovane tifoso laziale: è iniziata alle cinque, è terminata quattro ore dopo. Poi la salma è partita per Roma. Dalle 10.30 di oggi sarà allestita la camera ardente nella Sala Santa Rita in piazza Campitelli, domani il funerale di Sandri nella parrocchia di San Pio X sempre a Roma.

13 novembre 2007

Fonte: La Repubblica

"Lo sparo è stato un gesto di follia"

di Giampiero Timossi

L’agente insiste: "Ho tirato in aria". Ma l’accusa rischia di diventare omicidio volontario. Indagati i 4 amici di Gabriele.

Dal nostro inviato. AREZZO - Dietro al totem, alle sciarpe e alle foto, dietro al luogo della memoria, spuntano tre ragazzi. Scivolano giù, verso la paratia di metallo che divide l’asfalto dalla terra dei campi. "Polizia merda", ecco quello che scrivono. E la polizia resta a guardare, sta dall' altra parte dell’autostrada, su quella piazzola dove il poliziotto Luigi Spaccarotella ha sparato il colpo che ha ucciso Gabriele Sandri. Le scritte le hanno fatte anche qui, all' area di servizio di Badia al Pino, dove la A1 corre verso Roma. LA RICOSTRUZIONE - Sulla piazzola arriva anche il magistrato, Giuseppe Ledda, il pm d'Arezzo titolare dell’inchiesta. Un primo sopralluogo, il pubblico ministero lo ha fatto in mattina. Ma quando torna, alle cinque del pomeriggio, sulla sua auto c’è anche un uomo con la testa nascosta sotto un cappuccio. La polizia chiede agli operatori di spegnere le telecamere. Perché sotto quel cappuccio potrebbe esserci l’uomo accusato di aver ucciso un ragazzo di 28 anni. Perché bisogna capire, ricostruire: le versioni non coincidono. C’è l’interrogatorio dell’agente indagato e quelli dei quattro tifosi laziali che viaggiavano in auto con Gabriele. Sono indagati pure loro, per "tentate lesioni aggravate". E c’è il super testimone, un geometra che dice: "L’agente ha sparato ad altezza uomo", dice il testimone. PARLA IL POLIZIOTTO - Mentre lui, l’agente Spaccarotella continua a ripetere: "Ho sparato in aria, non ho sparato ad altezza d'uomo". Lo dice pure a Gerardo Papacena, il segretario provinciale del suo sindacato di polizia. Spaccarotella è iscritto al Silp per la Cgil, organizzazione di sinistra. Questo ripete il poliziotto, chiuso nel suo appartamento, in un quartiere di case basse e nuove, alla periferia di Arezzo. "Ho sparato in aria", sostiene, ma le sue parole contraddicono pure le dichiarazioni rilasciate il giorno prima da Vincenzo Giacobbe, il questore di Arezzo: "L’agente ha sparato un colpo ad altezza d'uomo". E ieri il questore, ai microfoni di Radio 24, aggiunge: "Era meglio non tirare fuori la pistola". Ah, c’è pure il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, che davanti a un’aula semideserta ribadisce: "Si è trattato di uno sparo a braccia tese". E ieri il procuratore capo di Arezzo Ennio Di Cicco ha rincarato la dose: "Non si spara, la pistola è l’estrema ratio, è stato un gesto di follia. Per adesso è omicidio colposo, ma potrebbe diventare volontario. Ci sono due testimoni chiave ed entrambi escludono che l’agente sia inciampato". Il poliziotto Spaccarotella non ci sta, lo dice anche al collega del sindacato: "Ho sparato in aria". Macché, "l’autopsia conferma che il colpo è stato sparato ad altezza d'uomo e ha ucciso Gabriele e dagli stessi esami emergeranno elementi che modificheranno l’accusa in omicidio volontario". Questo spiega Michele Monaco, legale della famiglia di Gabriele Sandri. Nel pomeriggio è attesa la prima dichiarazione ufficiale dell’agente Spaccarotella. Ieri sera il poliziotto resta chiuso in casa. Poco lontano, davanti alla questura, un gruppo di tifosi dell’Arezzo, la Fossa 1991, alza uno striscione: "La morte è uguale per tutti. Giustizia per Gabriele".

14 novembre 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

ANNOZERO:

"Gabriele Sandri aveva pietre in tasca

I laziali hanno aggredito gli juventini"

AREZZO (15 novembre) - È accusato di omicidio volontario l'agente di polizia Luigi Spaccarotella, indagato per la morte del tifoso laziale Gabriele Sandri, avvenuta domenica mattina sull' A1 vicino ad Arezzo. Lo ha detto l'avvocato Francesco Molino, difensore dell'agente. Agguato agli juventini. Gli investigatori e il magistrato inquirente intanto hanno fatto luce sulle fasi che portarono domenica scorsa all'uccisione del giovane tifoso laziale. Sono stati ricostruiti dalle indagini i momenti di quello che viene considerato dagli inquirenti come un vero e proprio agguato teso dal gruppo di tifosi laziali agli juventini, in transito sullo stesso tratto autostradale. Gli sviluppi sarebbero stati resi possibili grazie alle numerose testimonianze rese non solo dai protagonisti, ma anche dai presenti poco dopo le 9 del mattino di domenica alla stazione di servizio di Badia al Pino. Almeno otto tifosi laziali con il volto coperto avrebbero atteso l'arrivo della Mercedes alla stazione di Badia al Pino e con cinghie, biglie e ombrelli si sarebbero scagliati contro gli juventini (sul luogo la polizia scientifica ha trovato anche due coltelli a serramanico). Sandri aveva sassi nelle tasche - Nelle tasche del tifoso laziale ucciso, al momento dell'ispezione del corpo prima dell'autopsia, sono state trovate delle pietre. Lo ha affermato Sandro Ruotolo, fornendo questo inedito elemento a sostegno della ricostruzione che ha fatto durante la trasmissione "Annozero" di quel che è accaduto domenica mattina sulla piazzola dell'A1. Più che una rissa, un agguato, fatto da Sandri ed i suoi quattro compagni e da altri cinque tifosi laziali che viaggiavano su una Clio (tra loro anche una donna). I nove, sempre secondo la ricostruzione data da Annozero, viaggiavano insieme e nello stesso momento hanno parcheggiato su quella piazzola, distante dal bar davanti al quale si era fermata la Mercedes con cinque tifosi juventini, probabilmente già individuati lungo la strada per giubbotti ed altri segni distintivi della loro squadra del cuore. I nove laziali, i volti coperti da sciarpe e cappucci, avrebbero atteso fuori dal bar gli juventini e quando tre di loro sono usciti li avrebbero aggrediti. La pattuglia della stradale - sempre secondo questa ricostruzione - era sulla piazzola dal lato opposto dell'autostrada e stava verbalizzando alcuni esponenti di un centro sociale. Sentendo le grida gli agenti hanno acceso la sirena della loro auto. I tre juventini sarebbero risaliti in macchina mentre gli aggressori continuavano a tempestare l'auto con sassi, colpi di ombrello... Gli altri due juventini sarebbero usciti dal bar e saliti in auto e la Mercedes si sarebbe allontanata. Subito dopo sarebbe ripartita la Clio con alcuni tifosi laziali. Infine sarebbero risaliti in auto anche Sandri ed i suoi compagni. Nel frattempo - sempre secondo quanto ricostruito da Annozero - l'agente avrebbe sparato il primo colpo (in aria o forse a terra, è stato detto) e quindi il secondo che ha raggiunto ed ucciso Sandri. Ruotolo ha ricordato che sul luogo sono stati recuperati coltelli, ombrelli spaccati, sassi e biglie. Nelle tasche di Gabriele, ormai morto, due sassi. Il procuratore: i coltelli erano degli amici di Sandri - "I coltelli, gli ombrelli e il mezzo ombrello rotto" trovati nell'area di servizio dove domenica scorsa è morto Gabriele "erano degli occupanti della macchina della vittima". Lo ha spiegato il procuratore capo di Arezzo, Ennio Di Cicco in una conferenza stampa con i giornalisti in cui ha fornito alcuni elementi dell'indagine. Di Cicco ha spiegato che i quattro tifosi laziali che domenica erano assieme a Sandri sono accusati di porto d'oggetti atti a offendere "ed eventualmente lesioni, ma questo lo devo ancora verificare". Di Cicco ha poi spiegato che nell'area di servizio c'erano tre auto e due gruppi di tifosi, uno laziale e l'altro juventino. A chi gli chiedeva se durante la zuffa le vittime siano stati gli juventini, il procuratore ha risposto: "sembrerebbe". Di Cicco ha quindi spiegato che i tifosi della Juventus - che sono stati o che saranno identificati - erano arrivati a bordo di una Clio e di una Mercedes, mentre i tifosi della Lazio si trovavano sulla Megane. "Hanno colluttato fra di loro - ha spiegato il procuratore - questo è un dato di fatto". Quindi, rispondendo ai giornalisti, ha detto di non sapere se Gabriele abbia "partecipato alla zuffa. E anche in quel caso, che importanza avrebbe ?". Di Cicco ha quindi spiegato che quello relativo alla zuffa è un filone di indagine "che potrebbe essere stralciato. Sono episodi collaterali: una cosa è l'omicidio, una cosa sono le colluttazioni fra i tifosi". "Ha sparato ad altezza d'uomo, atto imperdonabile". "Le esigenze di custodia cautelare non sussistono. Dove sta il pericolo di reiterazione e il pericolo di fuga ?". Con queste parole il procuratore capo di Arezzo ha poi escluso la possibilità dell'arresto Spaccarotella. Il poliziotto "ha sparato un colpo ad altezza d'uomo, questo è un dato di fatto - ha sottolineato Di Cicco. Non so il motivo, ma è un atto imperdonabile: a meno che non sei minacciato, che non ti puntino la pistola addosso, non lo puoi fare". Commentando la testimonianza resa dall'agente indagato, Di Cicco ha confermato che Spaccarotella "ha dichiarato che è inciampato, ma non mi sembra che sia inciampato. Ha fatto qualcosa più grande di lui". Di Cicco ha poi detto che "per avere la perizia balistica serviranno 50-60 giorni". L'agente: fatto accidentale - "È stato un fatto del tutto accidentale, l'agente nega di aver sparato direttamente, cioè mirando alla persona", ha dichiarato Molino riferendosi al colpo di pistola con cui l'agente in una stazione di servizio dell'autostrada vicino a Arezzo ha ucciso Gabriele. "Questo è quello che ho sentito dire da lui direttamente - ha aggiunto Molino - dei particolari non sono ancora a conoscenza". "Ci difenderemo a denti stretti, c'è qualcosa che non torna", ha continuato Molino che insieme a Giampiero Renzo difende l'agente della Polstrada. Ai giornalisti che gli chiedevano la versione dell'agente, l'avvocato Renzo spiega che Spaccarotella "ha rilasciato una testimonianza precisa sull'andamento dei fatti con una sola versione che non è mai stata cambiata". E cioè che il colpo è partito in maniera "accidentale", e che il poliziotto non ha "mai mirato alla persona". Comunque, sottolineano i due avvocati, "sarà un lavoro lungo e complesso" e "il dottor Ledda, titolare dell'inchiesta, dà grandi garanzie". "Noi siamo convinti dell'innocenza, almeno rispetto all'accusa più grave, del nostro assistito", ha sottolineato l'avvocato Renzo. Parlando con i giornalisti, il legale ha spiegato di avere elementi per dimostrare che non si tratta di omicidio volontario: "Lavoreremo per far emergere la verità, giustizia sarà fatta per tutti". Quindi commentando le indagini, il legale ha detto che si tratterà di "un'attività lunga e complessa con risvolti anche importanti". Nuovi testimoni. Mercoledì, nel giorno dei funerali di Gabriele, gli investigatori avevano trovato la Mercedes che domenica era nell'area di servizio dove è stato ucciso il tifoso laziale. Uno degli occupanti si sarebbe presentato spontaneamente ed è stato ascoltato in Procura ad Arezzo. Ascoltati anche tre occupanti di una Clio che hanno assistito all'accaduto.

15 Novembre 2007

Fonte: Ilmessaggero.it

Uno degli juventini all' autogrill: "Niente rissa"

di Giampiero Timossi

Dal nostro inviato. AREZZO - C’è il funerale di Gabbo e ci sono quelli della Mercedes scura che si fanno vivi, tre giorni dopo. Perché domenica mattina, sull' area di servizio di Badia al Pino c’era anche una Classe A. E a bordo viaggiavano quattro tifosi della Juventus. Erano partiti da Rieti, stavano raggiungendo Parma, per andare alla partita. È mercoledì mattina e alla procura d'Arezzo, nell' ufficio del pubblico ministero Giuseppe Ledda, arriva un ragazzo, studente, maggiorenne, volto sereno, capelli scuri, occhi chiari, un piumino con il collo di pelliccia. Ad accompagnarlo l’avvocato Pietro Carotti, noto penalista con studio legale a Rieti e Roma. "Sono qui solo per offrire la mia assistenza legale, non c’è altro da aggiungere". Si può solo aggiungere che "non c’è stata alcuna rissa, siamo ripartiti subito. Gli spari ? No, non li ho sentiti", questo dice il ragazzo, prima di entrare nell' ufficio del pm Ledda. Eppure ieri sera trapela dalla Questura la presenza di due coltelli ritrovati già domenica sulla piazzola di sosta. Circostanza smentita categoricamente dal legale di uno dei tifosi laziali indagati. Stop, riecco l’avvocato dello juventino: "È un momento delicatissimo. Credo che il mio assistito abbia compiuto un gesto importante, di grande sensibilità". Poi dal legale ancora un consiglio al suo assistito: "Devi solo dire tutto quello che sai". NUOVI TESTIMONI - Raccontare quello che è successo prima, l’episodio che avrebbe originato quella maledetta domenica. E per raccontare tutto quello che sa al tifoso della Mercedes servono quasi tre ore di interrogatorio. Il testimone non sarebbe indagato e non è certo che anche gli altri passeggeri della Mercedes si siano spontaneamente presentati al magistrato. Un' altra cosa è certa: la Classe A è stata (finalmente) ritrovata. Insomma, per gli inquirenti un’altra giornata tosta. Intanto il pm Ledda continua a lavorare: è un pubblico ministero sorridente quanto silenzioso. Beh, per fortuna c’è il loquace procuratore capo di Arezzo, Ennio Di Cicco. Che ieri, il giorno dopo aver rilasciato un’intervista fiume a Tele Etruria, spiega: "Il testimone sentito questa mattina era sull' altra macchina, la Mercedes. Se n' erano già andati, non hanno sentito gli spari". LA DIFESA DELL' AGENTE - Il procuratore Di Cicco parla, gli altri no. Ma intanto l’agente Luigi Spaccarotella ha scelto i legali che lo assisteranno. Per ora è indagato per omicidio colposo, ma la sua posizione potrebbe aggravarsi, con l’accusa di omicidio volontario. Questa ipotesi peraltro era già stata avanzata dal procuratore capo, che spiega: "La rubricazione del reato è rimasta invariata. Può cambiare, è chiaro che dal meno si va al più e non dal più al meno". Chiaro. Però l’agente della Polstrada la sua versione al magistrato l’ha già raccontata domenica. Ha spiegato che c’era una situazione di grave pericolo e che l’unico modo di intervenire era "sparare un colpo in aria". Sparare un colpo, mentre l’altro sarebbe partito "inavvertitamente". E avrebbe anche aggiunto che "solo dopo il primo sparo la rissa si sarebbe conclusa". E poi c’è la dinamica dell’omicidio, con alcune conferme. L’agente ha sparato dalla collinetta di detriti, vicino alla ruspa, dall' area di servizio di Badia al Pino in direzione Roma. L' auto stava nella direzione opposta. Quando il proiettile ha colpito Gabriele Sandri, la Megane Scenic aveva già superato il distributore, stava per uscire dall' area di servizio. Ecco un dettaglio sul quale si concentrerà la difesa. Da quella posizione la traiettoria verso l’auto diventa obliqua. Dalla collinetta si vedeva solo il portellone posteriore della Scenic. Se il poliziotto avesse sparato verso l’auto il proiettile avrebbe dovuto colpire il lunotto posteriore. L' APPELLO ALLA FAMIGLIA - Anche questo sosterrà la difesa, cercando nei risultati balistici altri elementi che possano confermare una tesi: il secondo proiettile è rimbalzato verso l’auto. Questa la difesa del poliziotto Spaccarotella, un agente della Polstrada, dieci anni di lavoro senza una sola nota disciplinare. Un agente già in servizio alle volanti di Palermo, con un encomio per avere salvato la vita a un tossicodipendente. Un uomo che ha deciso di chiedere perdono alla famiglia di Gabriele. Lo ha fatto con un messaggio privato, affidato a un sacerdote amico.

15 novembre 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

C' erano sassi nelle tasche di Gabriele

in autogrill i laziali fecero un agguato

di Carlo Bonini

ROMA - Sostiene il Dipartimento della Pubblica sicurezza che, alle 9.15 di domenica mattina, alla stazione di servizio Badia al Pino est, l’agente Luigi Spaccarotella ha volontariamente indirizzato il tiro della sua pistola di ordinanza sulla Renault Scenic su cui viaggiava Gabriele Sandri. Sostiene il Dipartimento della Pubblica sicurezza che i tifosi della Lazio che con Sandri viaggiavano hanno raccontato una storia monca, almeno ad uso pubblico. Erano in nove - otto uomini e una donna - su due macchine. Non in cinque, su una sola auto. E quando il colpo assassino è partito, "Gabbo" non stava dormendo. Perché dai suoi indumenti, nell' obitorio di Arezzo, sarebbero saltati fuori due sassi "verosimilmente" caricati alla partenza da Roma. Con i suoi compagni - sostiene ancora il Dipartimento - aveva appena perso la "preda" di quegli istanti. Cinque romani, tifosi della Juventus diretti a Parma, circondati e aggrediti con coltelli, fibbie, biglie, sassi, ombrelli. Inseguiti fin nell' abitacolo della Mercedes nera classe A con cui erano arrivati all' autogrill seguendo lo stesso tratto di autostrada delle due macchine di laziali. Una Renault Scenic (su cui viaggiava Sandri) e una Renault Clio. Ieri, al capo della Polizia Antonio Manganelli è stata dunque consegnata da chi, tra i suoi funzionari, ha lavorato all' indagine, quella che viene proposta come "la ricostruzione definitiva" dei fatti che sono costati la vita a Gabriele Sandri. E se è una ricostruzione corretta, l’intera sequenza di quel mattino va riscritta. Per l’omicidio, resta ferma la sola e inescusabile responsabilità di chi ha cancellato una vita, sparando ad altezza d'uomo. L’agente Spaccarotella. Al contrario, vanno raccontate da capo le mosse di tutti gli altri protagonisti di quel mattino. Otto uomini e una donna, si diceva, gli identificati dalla polizia. Gabriele Sandri, la vittima. E, con lui, Marco Turchetti, Francesco Giacca, Francesco Negri, Simone Putzulu, Valentino Ciccarelli, Carlo Maria Bravo, Marco Timperi, Francesca Montesanti. Partono da Roma alle 6.30 del mattino di domenica, con appuntamento in piazza Vescovio, dove, non più tardi del 22 settembre, un’altra trasferta è stata interrotta dalla polizia. Quella di 60 laziali verso Bergamo, con un borsone carico di coltelli, accette, machete. Non è la prima trasferta che i nove fanno. Con la storia di Bergamo non hanno nulla a che vedere. Le loro identità nulla dicono agli archivi della polizia. Con due sole eccezioni. Quella di Gabriele Sandri (identificato nel 2002 a Milano insieme a una ventina di tifosi armati di cacciavite) e di Marco Turchetti, denunciato il 9 aprile dello scorso anno quando viene pizzicato in un Siena-Lazio armato di coltello. Anche quella domenica mattina, alcuni dei nove viaggiano con "lame", sassi, biglie, fibbie. Armi buone per il corpo a corpo, che verranno ritrovate in terra, dopo le 9.15, sull' asfalto dell’autogrill Badia al Pino est e che a loro vengono attribuite dalla polizia sulla base delle impronte digitali. Le macchine sono due. Una Renault Scenic guidata da Marco Turchetti su cui viaggiano in cinque (e a bordo della quale è Sandri). Una Renault Clio, su cui prendono posto in quattro. Alle 9, le due macchine entrano nell' area di servizio Badia Al Pino est e si parcheggiano in un punto riparato, vicino alle pompe di benzina. In sosta è anche una Mercedes nera classe A su cui viaggiano cinque ragazzi romani, dello "Juventus club Roma". Vanno a Parma, probabilmente non da soli, dal momento che la polizia sta cercando una seconda macchina (che comunque non si fermerà all' autogrill di Badia Al Pino). I laziali sostengono a verbale di riconoscerli come tali perché uno di loro ha una felpa con su scritto Juventus. Un altro perché li sente parlare tra loro di calcio ("Speriamo che oggi la Lazio ci faccia un favore battendo l’Inter"). Sono ora all' incirca le 9 e, sempre a stare alla ricostruzione della polizia, i 5 juventini (identificati e ascoltati in questi giorni), entrano nell' autogrill per un caffè. Fuori, i nove laziali si travisano, si armano e si preparano a quello che il Viminale definisce un "agguato". Che scatta quando dal bar escono i primi tre dei cinque juventini. Nove contro tre. Nove armati, contro tre disarmati. La colluttazione dura pochi istanti. I tre fuggono verso la Mercedes, raggiunti dagli altri due che abbandonano precipitosamente il bar. La furia dei laziali si abbatte sulla Mercedes. Quando la polizia fermerà la macchina (circostanza volutamente taciuta in questi giorni di indagine), ne trova i segni. Il lunotto anteriore è sfondato, come quello posteriore destro. La carrozzeria rientrata in più punti. Sull' altra corsia, nella stazione di servizio che fa specchio a Badia al Pino, l’agente Spaccarotella, richiamato dal rumore e dalle grida, intercetta la sequenza mentre sta controllando i documenti di tre ragazzi sorpresi in possesso di coltelli. Non sono tifosi, ma frequentatori di centri sociali (che, come gli altri presenti, testimonieranno su quegli istanti). La sirena azionata da uno dei colleghi di Spaccarotella, interrompe la furia dei laziali. Dice di "essersi messo a correre" per avere una visuale migliore sulla rampa di uscita dall' autogrill sul lato opposto. Vede allontanarsi prima la Mercedes, quindi la Renault Clio. Forse spara allora il primo colpo in aria. Quindi, decide di puntare l’arma verso l’ultima macchina che si sta allontanando, la Scenic con a bordo Sandri. Spaccarotella sostiene di aver "brandeggiato" l’arma in direzione dell’auto intimando l’alt e, in quel momento, di aver sentito partire il colpo ("Avevo il braccio destro teso e la mimica di chi vuole fermare qualcuno in fuga"). Il Dipartimento non gli crede. Non crede al "brandeggiamento" dell’arma. Crede al cortocircuito di chi vede sfuggire l’ultimo dei bersagli e tenta di arrestarne la corsa con un colpo impossibile. Che diventa volontario e omicida.

16 novembre 2007

Fonte: La Repubblica

Il mistero delle pietre in tasca a Sandri

di Giampiero Timossi

AREZZO - Più che una rissa, un agguato. Nove laziali, con i volti coperti da sciarpe e cappucci, che avrebbero atteso fuori dall' autogrill di Badia al Pino quattro juventini. Tra i nove laziali, domenica mattina, ci sarebbe stato anche Gabriele Sandri, ucciso pochi minuti dopo da un colpo sparato dall' agente Spaccarotella. Un agguato, è quando sostiene la ricostruzione fatta ieri sera dalla trasmissione Annozero, condotta da Michele Santoro. C' ERANO SASSI ? - Nuovi dettagli: oltre ai cinque laziali che viaggiavano a bordo della Renault Scenic con la vittima, quella mattina parteciparono all' episodio altri quattro tifosi biancoazzurri. Loro viaggiavano su una Renault Clio: tre uomini e una donna. E, sempre secondo quanto sostiene Annozero, nelle tasche di Gabriele Sandri, al momento dell’ispezione del corpo prima dell’autopsia, sarebbero state trovate delle pietre. Nuovi dettagli e ricostruzione di quanto accaduto prima dell’omicidio di Sandri, respinta subito e categoricamente dall' avvocato Lorenzo Contucci, legale di uno dei quattro tifosi indagati.

16 novembre 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Il legale della famiglia, Michele Monaco: "Solo microformazioni calcaree". Nella conferenza stampa, il fratello chiede di evitare "strumentalizzazioni".

"Non c'erano sassi nelle tasche di Gabriele"

L'avvocato dei Sandri smentisce la polizia

Quanto alla diffida "il pm ha chiesto l'archiviazione, disposta poi dal gip di Milano". Ma fonti giudiziarie confermano: "Nei pantaloni aveva due pietre atte ad offendere".

ROMA - Smentisce tutto la famiglia Sandri. I sassi che secondo la polizia sono stati trovati nelle tasche di Gabriele, le parole del questore di Arezzo e la diffida contro il tifoso laziale ucciso domenica scorsa. E lanciano un appello ai media: "Non strumentalizzate la vicenda". Ma fonti giudiziarie confermano la presenza dei sassi. Niente sassi. ''Di sassi non ne sono stati trovati, ma solo microformazioni calcaree''. Michele Monaco, l'avvocato della famiglia Sandri e il fratello di "Gabbo", Cristiano, nel corso di una conferenza stampa hanno smentito nettamente che nelle tasche del ragazzo ucciso in un autogrill nei pressi di Arezzo domenica scorsa, ci fossero vere e proprie pietre o ''sassi in termini offensivi''. L'avvocato inoltre ha sgombrato il campo da ogni dubbio, affermando che ''anche se fosse stato trovato qualcosa, dal momento in cui è stato sparato un colpo di pistola, non c'è più nulla''. Ma fonti giudiziarie confermano. La polemica, però, non sembra destinata a chiudersi. Ambienti delle indagini di Arezzo, fanno infatti sapere che nei pantaloni di Gabriele sono stati ritrovati "due sassi e non delle microformazioni calcaree come dichiarato dal legale di famiglia". Uno "è delle dimensioni di 8X6 cm e 3 centimetri di spessore, e l'altra di 4X4cm e 3 centimetri di spessore, sassi atti ad offendere". Nessuna diffida. Una smentita è arrivata anche sulla diffida che nel 2002 aveva colpito Gabriele: "Era stato diffidato per due mesi - spiega Cristiano -, ma non gli è mai stata comminata: il pm ha chiesto l'archiviazione, disposta poi dal gip di Milano. La memoria di mio fratello non deve essere infangata". "Non esiste - ha continuato - che vengano pubblicati articoli che infangano il nome di mio fratello che era una persona meravigliosa, come invece successo. Un giornalista - ha continuato - ha indicato che Gabriele è stato diffidato, processato nel 2002 e assolto con uno stratagemma e che poi è stato combinato un Daspo. Questa - ha concluso - è tutta una farneticazione". Non infangate Gabriele - "Non infangate il nome di Gabriele", ha aggiunto rivolto ai media Cristiano Sandri. "Non strumentalizzate la vicenda perché niente può cambiare quello che è avvenuto: e cioè che un poliziotto ha assassinato un uomo innocente, mio fratello. Non mi stancherò mai di ripetere che questa vicenda non ha nulla a che vedere con il calcio, gli ultras e il tifo violento", ha sottolineato Cristiano Sandri. Il fratello di "Gabbo" non vuole parlare delle ultime indiscrezioni provenienti da Arezzo secondo cui i tifosi laziali, fra cui Gabriele, avrebbero teso un vero e proprio agguato, con tanto di coltelli, pietre e ombrelli, ai cinque tifosi juventini presenti sulla Mercedes. "Non parliamo di questo - dice Cristiano - e comunque il fatto non rende meno grave l'accaduto. Domenica è successo qualcosa che in uno stato civile non dovrebbe accadere. Un poliziotto ha puntato l'arma e colpito un innocente senza capire che cosa stava o era successo". "Il questore ha mentito" - Il legale della famiglia Sandri ha poi attaccato il questore di Arezzo, Vincenzo Giacobbe: "Alle 18 di domenica scorsa, ancora parlava di due colpi di pistola sparati in aria. Sembrava che il ragazzo fosse stato ucciso da qualcun altro. Giacobbe ha mentito sapendo di mentire, e per giunta davanti alle telecamere, così come ha fatto il poliziotto che ha sparato. Molte e gravi bugie sono state dette su questa storia". "Per la famiglia - ha continuato l'avvocato - quando ha sentito queste affermazioni, è come se Gabriele fosse stato ucciso una seconda volta". Secondo il legale già dalle 9,30 di mattina si sapeva con esattezza la traiettoria del colpo. Affermazione confermata anche da Luigi Conti, l'avvocato che nel corso della conferenza stampa ha detto di aver assistito al rilievo della polizia scientifica, la quale ha riscontrato che il colpo è stato sparato "in orizzontale e parallelo alla strada". Veltroni e Napolitano - Da Cristiano Sandri sono poi arrivate parole di riconoscenza nei confronti del sindaco di Roma e del capo dello Stato che hanno mostrato la loro vicinanza e solidarietà alla famiglia. Napolitano, poi, "si è mostrato sbigottito, assolutamente inerme di fronte ad una situazione del genere: un agente della polizia che impugna una pistola e spara ad altezza uomo". Cristiano Sandri ha anche ringraziato il capo della mobile di Arezzo "che è stato una persona squisita". Critiche, invece, verso il questore Giacobbe che "non si è fatto vivo neanche per portare il doloroso cordoglio". E ha aggiunto: "Mi aspettavo una chiamata dal ministro dell'Interno o della Giustizia, evidentemente sono sufficienti i telegrammi". Infine Cristiano ha ripreso le parole di don Paolo Tammi, che due giorni fa ha celebrato i funerali del fratello: "Ci sarà un tempo del perdono".

16 novembre 2007

Fonte: Repubblica.it

Il poliziotto è accusato di omicidio volontario

di Giampiero Timossi

Cambia l’imputazione per la morte di Sandri. L’agente si difende e spiega che si è trattato di uno sparo accidentale. Coltelli in possesso dei laziali ? È giallo.

Dal nostro inviato. AREZZO - Il primo interrogatorio inizia quasi sette ore dopo l’omicidio. Domenica pomeriggio, quando l’agente della Polstrada Luigi Spaccarotella lascia l’ufficio del pubblico ministero Giuseppe Ledda è già indagato per "omicidio colposo". Da ieri mattina la sua posizione si è aggravata, il poliziotto è accusato di "omicidio volontario". Lo fa capire Ennio Di Cicco, il procuratore capo di Arezzo. Spiega in mattinata il magistrato: "L' omicidio volontario è solo questione di tempo". Tempo scaduto, lo confermano poco dopo i legati dell’indagato, gli avvocati Gianpiero Renzo e Francesco. "L' accusa è ora di omicidio volontario", dice Renzo. Articolo 575, pena prevista non inferiore ai 21 anni. "Allo stato attuale non c’è nessun elemento per l’arresto dell’agente", rilancia il procuratore. Spaccarotella resta nella sua casa alla periferia di Arezzo, con la moglie e i due figli. Aspetta di sapere quando verrà sospeso dal servizio. L' INTERROGATORIO - "Voglio collaborare", è quello che l’agente dice al magistrato, prima ancora che il suo interrogatorio abbia inizio. È domenica pomeriggio. Sono le ore 15.58, si può verbalizzare. Il verbale verrà chiuso alle ore 17. Questa è la prima e unica volta che l’indagato è stato ascoltato dal pm. È la sua versione, è quello che lui racconta di quella domenica mattina, sull' autostrada A1, poco distante dal casello di Arezzo, nell' area di servizio di Badia al Pino. È la sua versione, raccolta in tre pagine di verbali. "Eravamo fermi in autostrada, in corsia Sud, eravamo due pattuglie della stradale. Stavamo controllando un’auto. Al suo interno avevamo trovato del materiale propagandistico di stampo estremista". Ma all' improvviso l’attenzione si sposta sull' altra piazzola di servizio, in direzione Nord, verso Arezzo. Le auto della polizia sono parcheggiate verso il limite della stazione di servizio, sempre in direzione Roma. In mezzo quattro corsie di un’autostrada. Cosa attira l’attenzione di Spaccarotella e dei suoi colleghi ? "Ho sentito le urla, ma abbiamo visto anche che stava succedendo qualcosa di grave. Vedo un oggetto grosso e nero. Un mio collega attiva la sirena". Non basta, questo sostiene l’agente. "Sparo un colpo in aria a quel punto quattro - cinque ragazzi scappano verso un’auto". Uno resta a terra, sarebbe uno dei tifosi juventini aggrediti. "Ma io non sapevo, non potevo immaginare, che si trattasse di tifosi". I quattro - cinque ragazzi corrono verso una Renault Scenic, parcheggiata dopo il distributore, all' altezza di un cancello di servizio. Spaccarotella corre nella stessa direzione, dalla parte opposta dell’autostrada. Corre anche un suo collega, ma dopo un centinaio di metri si ferma. Spaccarotella continua, stringe in mano la sua pistola. Corre, perché "volevo prendere il numero di targa". I ragazzi arrivano all' auto, "credo non trovassero le chiavi, quello che sta sul fianco destro lancia qualcosa al conducente". Le chiavi, forse. IL SECONDO COLPO - Intanto l’agente corre, si sporge, parte un secondo colpo. "Il colpo è partito accidentalmente, me ne accorgo solo dal botto". Poi ripete: "Non ho mirato all' auto". Intanto la Renault lascia l’area di servizio, entra in autostrada. Spaccarotella sale sull' autopattuglia. Scrive sulla mano un numero di targa, lo farà anche vedere al magistrato. Saprà dalla radio che è stato chiesto l’intervento di un’ambulanza, saprà più tardi che quel secondo colpo ha ucciso. IL GIALLO DEI COLTELLI - Quel colpo uccide Gabriele Sandri, un ragazzo di 28 anni, un tifoso della Lazio. I quattro ragazzi che erano in auto con lui sono indagati per "lesioni tentate aggravate in danni di ignoti". C’è la ricostruzione di uno scontro, contro quattro tifosi juventini. Ieri, il procuratore capo di Arezzo, parla anche di alcuni coltelli ritrovati all' autogrill. Spuntano i coltelli, spunta una segnalazione per il conducente dell’auto: il 9 aprile 2006, a Siena, era stato segnalato per porto abusivo di coltello. L’avvocato Lorenzo Contucci, legale di uno dei laziali indagati, attacca: "Il mio assistito non aveva nessun coltello e neppure c' erano coltelli sull' auto. Non solo, non c’è neppure una denuncia per porto d'oggetti atti a offendere, ma per tentate lesioni aggravate a danno di ignoti". È la battaglia legale, in attesa degli esiti dell’autopsia e della perizia balistica. L’agente Spaccarotella ora è indagato per "omicidio volontario". Ieri ha rifiutato l’assistenza legale del Silp per la Cgil, il suo sindacato di polizia. Ha rifiutato un contributo di 5 mila euro. Spaccarotella è un poliziotto di sinistra, cresciuto in una famiglia di sinistra. La tifoseria della Lazio è, tendenzialmente, connotata a destra. Forse la difesa vuole evitare altre strumentalizzazioni. Ma quello che si doveva davvero evitare è già accaduto: la morte di un ragazzo.

16 novembre 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

C' erano altri juventini nell' autogrill

È vero, i laziali ci hanno aggredito

di Emilio Radice e Maria Elena Vincenzi

ROMA - "Ho visto quello che è successo a Badia al Pino, c' ero anche io. Ma non ero a bordo della Mercedes classe A, ero su un’altra macchina. Quale tipo ? Mi spiace, non lo dico". A raccontare i concitati minuti che hanno preceduto l’omicidio di Gabriele Sandri, è uno dei tifosi juventini non ancora sentiti dalla procura di Arezzo. Un racconto che conferma l’ipotesi che le vetture coinvolte nella vicenda fossero quattro e non tre. La Megane Scenic su cui viaggiava "Gabbo", la Renault Clio, la Mercedes e la vettura del nostro testimone. Un racconto che dà forza all' ipotesi dell’aggressione compiuta dai tifosi della Lazio contro i "rivali" della Juve. Un racconto fatto di stupore. Di sorpresa. Di incredulità di essere parte di una vicenda così importante. E di paura. "Ma - ci dice il testimone, un giovane professionista incensurato - una premessa è d'obbligo: la condanna dell’omicidio di Gabriele, a cui mi associo. Credo che le armi da fuoco dovrebbero essere usate come estrema ratio. È una cosa che ci tengo a precisare prima di raccontare quello che è successo domenica scorsa".

A che ora siete partiti ? "Intorno alle 7 del mattino da Roma per andare a vedere Parma-Juve: ci capita spesso di seguire la Juventus, ma non siamo ultrà. Siamo ragazzi normali che ogni tanto fanno una gita fuori porta. Verso le 9 ci siamo fermati all' autogrill per fare colazione: eravamo stanchissimi, avevamo bisogno di un caffè".

Avete notato qualcosa di strano durante la sosta alla stazione di servizio ? "Assolutamente nulla: l’autogrill era deserto. Poi, durante la colazione, si è un po' riempito. Ma non ci siamo accorti di niente, eravamo indaffarati a fare colazione e leggere i giornali".

Qualcuno di voi era riconoscibile come tifoso bianconero ? "Uno indossava una felpa della Juve, gli altri erano tutti "in borghese". Ma durante la colazione discutevamo sulla possibile formazione dei bianconeri. Forse quello può aver rivelato al nostra fede calcistica".

Poi cosa è successo ? "Siamo usciti e ci siamo separati: le macchine non erano parcheggiate vicine. La mia stava circa cinquanta metri più indietro. Da lontano ho visto un gruppo di ragazzi, alcuni con il cappuccio in testa, altri con il cappellino, che si avvicinavano ai miei amici. Non ricordo in modo nitido, sono stati attimi concitati. Non saprei riconoscere i volti degli aggressori, né indicare quali "armi" tenessero in mano. Credo fossero ombrelli, aste di bandiera e cinture. Si sono buttati sulla Classe A. Alcuni dei miei amici erano già seduti in macchina, altri sono riusciti a ripararsi in fretta. I laziali si sono avventati sull' auto. A quel punto, per cercare di distoglierli, sono passato a tutta velocità accanto alla Mercedes e li ho messi in fuga".

Solo allora siete scappati. "A tutta velocità: abbiamo proseguito fino a Parma senza fermarci. Senza avere idea di quello che avevamo lasciato alle nostre spalle".

Non avete sentito gli spari ? "Sono stati attimi di terrore, pensavamo solo a scappare. Tanto che, prima di chiamare un numero di emergenza, non ricordo nemmeno se il 112 o il 113, sono passati 10 minuti. Probabilmente l’omicidio era già avvenuto".

Ma voi ancora non lo sapevate ? "Lo abbiamo sentito per radio verso l’una, eravamo già a Parma. Ma che fossimo coinvolti in quello che era successo lo abbiamo capito solo il giorno dopo".

E avete parlato con la magistratura ? "Noi non siamo stati contattati, ma parleremo nel momento in cui la magistratura ci dovesse chiamare. Tuttavia credo che non potremmo aggiungere nulla di nuovo rispetto alla ricostruzione dei fatti che già è stata fatta".

17 novembre 2007

Fonte: La Repubblica

 

Nominati i periti che dovranno ricostruire la tragedia

AREZZO - Si sono svolti nel pomeriggio di ieri i primi accertamenti dei periti balistico e topografico alla Renault Megane Scenic sulla quale viaggiava Gabriele Sandri, il tifoso laziale ucciso domenica 11 novembre in un’area di servizio autostradale ad Arezzo. L' auto è custodita in un magazzino della polizia aretina. Ieri mattina, il magistrato aretino Giuseppe Ledda, che coordina le indagini, ha nominato i due tecnici incaricati di eseguire le perizie. All' affidamento degli incarichi erano presenti il fratello della vittima, Cristiano Sandri, il legale di famiglia Michele Monaco, i difensori del poliziotto indagato per l’omicidio, gli avvocati Gianpiero Renzo e Francesco Molino, e il capo della squadra mobile di Arezzo, Marco dal Piaz. Gli accertamenti disposti dal magistrato sono stati affidati al professor Domenico Compagnini dell’Università di Catania, che eseguirà la perizia balistica (si è già occupato in passato della strage di Capaci e della morte di Calipari), e al professor Paolo Russo dell’Università di Ferrara, che si occuperà della perizia topografica. Per le due perizie, il legale della famiglia Sandri ha nominato un proprio consulente, Vero Vagnozzi, mentre i difensori dell’agente accusato dell’omicidio, Luigi Spaccarotella, hanno indicato Paride Minervini. DINAMICA - I risultati sono attesi per febbraio 2008. Gli accertamenti serviranno a ricostruire la dinamica della vicenda: da dove è partito il colpo, quanti ne sono stati esplosi e la traiettoria del proiettile. Già ieri i periti hanno effettuato un primo sopralluogo nel luogo dove Sandri è stato colpito a morte. In tutto, i sopralluoghi all' area di servizio saranno 27. Ad alcuni di questi parteciperà anche l’agente Spaccarotella.

20 novembre 2007

Fonte: La Gazzetta dello Sport

© Fotografia: Laziowiki.org

Il legale della famiglia: "La perizia chimica dimostra che il colpo non ha urtato contro pietre o maglie di rete metallica prima di raggiungere il giovane".

"Il proiettile che ha ucciso Sandri non ha subito alcuna deviazione"

La difesa del poliziotto contesta: "Esame parziale, quello che conta è la perizia balistica".

ROMA - Il processo per la morte di Gabriele Sandri è ancora lontano, ma tra difesa e parti civili è già battaglia sui risultati delle perizie. Stando alle prime analisi chimiche effettuate sul proiettile che lo scorso 11 novembre ha ucciso il tifoso laziale diretto a Milano, il colpo sparato dall'agente della Polstrada Luigi Spaccarotella prima di andare a bersaglio non sarebbe stato deviato da nessun urto. La perizia, eseguita dai tecnici del Cnr, doveva servire a stabilire appunto se la pallottola prima di colpire il giovane aveva urtato contro qualcosa (ad esempio la rete metallica dell'autostrada) in grado di cambiarne il tragitto. In questo caso, infatti, sarebbe stato possibile trovare tracce dell'oggetto in questione. "Il proiettile - ha spiegato l'avvocato Luigi Conti, uno dei legali che assistono la famiglia Sandri - non ha subito deviazioni visto che non sono state trovate molecole riconducibili a reti metalliche, vetri o pietre". Ma queste conclusioni sono contestate dalla difesa del poliziotto. "E' una fantasia - ha replicato l'avvocato Gianpiero Renzo - Quella depositata dagli esperti del Cnr di Roma è un esame parziale con osservazioni al microscopio perché la perizia balistica del professor Domenico Compagnini sarà depositata solo a fine febbraio". "E' un esame parziale - aggiunge - che è stato depositato 20/30 giorni fa. Parziale perché il Cnr non ha potuto, ad esempio, effettuare ricerche sotto i residui di sangue che si trovano sull'ogiva: si tratta di un esame non ripetibile". "In ogni modo - prosegue il legale - questo risultato, da solo, non è in grado di fornire elementi certi, in assenza degli importantissimi risultati che dovranno emergere dalla perizia balistica". Renzo cita quindi l'esito di una verifica, priva al momento di qualsiasi valore processuale, fatta fare sulla perizia chimica al geologo Pino Aurea. "Mi ha confermato - ha affermato il difensore - la presenza di una sostanza estranea, non compatibile con il vetro, la collanina e quant'altro potrebbe essere ricollegabile all'auto e al giovane". Ma un altro difensore della famiglia Sandri, l'avvocato Michele Monaco, nega con fermezza questa versione. "Le conclusioni degli esami chimici - ha spiegato - sono a prova di qualsiasi dubbio e le uniche sostanze che vengono individuate (silicio e altre) sono quelle ricollegabili all'urto con il finestrino dell'auto dove viaggiava Gabriele, unitamente al cadmio contenuto nell'argento della catenina". "Su questo punto - ha concluso - la perizia è talmente precisa da specificare che si tratta di un materiale che ormai viene usato solo nell'argenteria prodotta nei paesi arabi, come quella che indossava Gabriele, perché altrove il cadmio è stato messo al bando in quanto tossico". Il risultato degli accertamenti chimici è stato commentato anche da Cristiano Sandri, il fratello della vittima. "Non mi aspettavo nulla di diverso - ha detto ai microfoni di Radio R101 - Abbiamo subito dichiarato il nostro convincimento di un colpo diretto sparato sulla macchina e questo sembra accertare quanto noi sosteniamo".

19 dicembre 2007

Fonte: Repubblica.it

Tifoso ucciso, la perizia accusa: il proiettile non fu deviato

di Massimo Lugli

ROMA - "Il proiettile che ha ucciso Gabriele Sandri non è stato deviato, l’agente ha sparato per colpire l’auto dove si trovava "Gabbo". Chiediamo che si proceda per omicidio volontario". È battaglia legale sulle analisi disposte dal pm sulla pallottola che, l’11 novembre scorso, stroncò la vita del tifoso laziale nell' area di servizio "Badia del Pino" vicino Arezzo. Alle certezze della famiglia della vittima si contrappongono quelle, diametralmente opposte, dell’avvocato Giampiero Renzo, che difende Luigi Spaccarotella, il poliziotto della stradale che ha fatto fuoco. "La perizia - sostiene il legale - evidenzia invece che sull' ogiva c’è un elemento estraneo non riconducibile al vetro della macchina né alla catenina del ragazzo. E questo conferma che il proiettile ha urtato un oggetto che potrebbe averne deviato la traiettoria in modo determinante". Nell' indagine sulla tragedia dell’11 novembre, che provocò durissimi scontri a Roma e in altre città d'Italia e un nuovo giro di vite sul tifo ultrà, stabilire l’esatta traiettoria del colpo è determinante. Il poliziotto ha sempre sostenuto di non aver fatto fuoco verso la macchina dei tifosi laziali e, se dovesse emergere che il proiettile ha urtato contro un ostacolo, questa versione sarebbe, in qualche modo, confermata. Ma il fratello del giovane ucciso e i suoi legali sembrano molto sicuri del fatto loro. "Non mi aspettavo nulla di diverso dalla perizia - spiega Cristiano Sandri, da sempre voce della famiglia - attendiamo l’esito di tutte le perizie ma per noi la pallottola non è stata deviata. Alle 9.18 mio fratello è morto e alle 9.30 la dinamica era già chiara ma per due giorni è stata sostenuta la tesi ignobile dei colpi sparati in aria. In base a questi importanti elementi ci aspettiamo che si proceda con l’omicidio volontario". Cristiano Sandri ha anche aggiunto che la famiglia "ha apprezzato la presa di responsabilità del capo della polizia Antonio Manganelli". Ma l’avvocato del poliziotto capovolge la situazione. "Si tratta di pure fantasie, quello depositata dagli esperti del Cnr è un esame parziale con osservazioni al microscopio perché la perizia balistica del professor Domenico Compagnini arriverà solo a fine febbraio e ha rilevato una sostanza estranea". Accusa e difesa sono già ai ferri corti molto prima dell’inizio del processo.

20 dicembre 2007

Fonte: La Repubblica

Morte Sandri, il legale dell'agente

"Colpo deviato secondo la perizia"

Il difensore dell'agente indagato per la morte del tifoso laziale: la deviazione del proiettile dovuta all'impatto con la rete metallica che divide le corsie dell'autostrada.

ROMA - La perizia balistica sul proiettile che ha ucciso il tifoso laziale Gabriele Sandri conferma che il colpo di pistola è stato deviato. Lo rende noto l'avvocato Francesco Molino, che difende l'agente della Polstrada Luigi Spaccarotella, indagato per l'omicidio del giovane tifoso della Lazio, morto lo scorso 11 novembre nell'area di servizio di Badia al Pino ad Arezzo. A determinare la deviazione sarebbe stato l'impatto fra il proiettile e la rete metallica che divide le corsie dell'autostrada. Subito si è riaperto lo scontro fra i difensori dell'agente e il legale della famiglia Sandri. "È stato dimostrato che il proiettile non impattò sulla rete di divisione e non venne deviato" è la replica del legale della famiglia Sandri, l'avvocato Michele Monaco. "Non ho letto la perizia - spiega il legale - e lo farò probabilmente lunedì. Mi riservo quindi di prendere visione del documento prima di esprimere un parere". La perizia balistica, affidata dalla procura aretina al professor Domenico Compagnini, è stata depositata nella tarda serata di ieri. È racchiusa in cinque tomi contenenti dettagli dei reperti recuperati, studi sulla traiettoria e studi di natura chimica sul proiettile. "La conferma della deviazione del proiettile - ha dichiarato Molino - è un elemento importante per la difesa. Adesso leggerò attentamente la perizia e poi, il 27 febbraio, il mio cliente sarà sentito dal magistrato. Ma ho già visto che vengono valutate una serie di ipotesi legate soprattutto alla posizione dell'auto dei ragazzi di Roma". Lo scontro fra i legali di Spaccarotella e quelli di Sandri si concentra sulla traiettoria dello sparo. Per i primi, il proiettile venne deviato "in maniera importante" dalla rete che divide le due carreggiate. A dimostrarlo ci sarebbero due perizie. La prima, depositata a dicembre dal Cnr, secondo i difensori dell'agente evidenzia la presenza di tracce di zinco e alluminio sull'ogiva "dovute - spiega uno dei legali, Gianpiero Renzo - all'impatto con la rete". E dalla seconda, quella balistica, arriverebbe la "conferma della deviazione", ha spiegato oggi l'altro difensore, Francesco Molino. Per i difensori di Spaccarotella, Molino e Gianpiero Renzo, l'agente non avrebbe mirato verso l'auto dei tifosi laziali e lo sparo sarebbe partito accidentalmente, dopo un primo colpo in aria per fermare una rissa fra tifosi laziali e juventini. In base ad alcune testimonianze raccolte dalla procura, invece, Spaccarotella avrebbe sparato a braccia tese. "Non so - sottolinea ancora l'avvocato Molino - cosa abbiano detto esattamente i testimoni, ma soprattutto il racconto di due di loro diventa fondamentale per la corretta ricostruzione dell'accaduto". Il magistrato che coordina le indagini, Giuseppe Ledda, non ha commentato la perizia balistica. Il 27 febbraio interrogherà di nuovo l'agente. La chiusura delle indagini è attesa per la fine di questo mese.

15 febbraio 2008

Fonte: Repubblica.it

"L’agente ha sparato per uccidere Gabbo"

di Stefano Carina

"Per noi non cambia nulla". A parlare è Giorgio Sandri. È passata qualche ora dalle dichiarazioni di Francesco Molino, l’avvocato dell’agente Luigi Spaccarotella che nella mattinata (di ieri, ndr) ha reso noto come a seguito della perizia balistica depositata presso la Procura di Arezzo "c’è la certezza inequivocabile che la pallottola che colpì Gabriele fu deviata dalla rete". Giorgio è apparentemente calmo: "Non sono stupito anche perché qualcosa doveva pur dire. Questa è l’unica via che ha per tentare una flebile difesa del suo assistito. Il fatto è che deviazione o non deviazione, questo signore secondo i testimoni ha estratto la pistola, ha mirato ad altezza uomo e ha sparato. Poniamo anche il caso che il proiettile abbia toccato la rete, non cambia assolutamente nulla". Né l’avvocato della famiglia Sandri, Michele Monaco, né la famiglia stessa, ha ancora letto la perizia. Qualora venissero confermate le anticipazioni, queste andrebbero comunque a contrastare con gli accertamenti iniziali effettuati sul proiettile: "Lunedì ne entreremo in possesso - spiega - ma ripeto, se il proiettile ha colpito un filo di una rete, tutta la rete o quello che volete voi, non cambia niente a livello di responsabilità. L’agente ha mirato verso l’auto con il braccio teso. La nostra convinzione è quella che ha testimoniato il rappresentante di commercio che ha assistito alla scena. Il proiettile non ha subito nessuna deviazione ed è arrivato diretto sul finestrino dell’auto, colpendo prima il vetro e poi mio figlio. L’agente ha sbagliato, ha estratto una pistola, cosa che non doveva mai fare se non per legittima difesa o per difendere qualcuno e ha sparato". Poi la precisazione: "Aspettiamo, però, perché comunque stiamo commentando le dichiarazioni dell’avvocato di Spaccarotella ed è chiaro che sono di parte. Quella data da Molino è un’interpretazione. Vorrei ricordare come siamo in presenza di un proiettile che andava a 360 chilometri orari e la traiettoria quindi era quella. La deviazione si ha, se per assurdo si spara un colpo in aria e questo colpisce un aeroplano che sta passando, non quando si mira con il braccio teso". Infine l’amara constatazione: "Siamo preoccupati, ma lo eravamo anche prima, e coscienti che la battaglia sarà dura perché andiamo a toccare le istituzioni. Nessuna sorpresa, comunque, me lo aspettavo". Dello stesso avviso Cristiano, il fratello di Gabriele: "L’avvocato dell’agente ha chiamato i giornalisti per dar loro una sua lettura della vicenda, che però va a cozzare con l’esito degli accertamenti rinvenuti sul proiettile. In quegli esami, infatti, le uniche tracce sulla pallottola erano il vetro dell’automobile dove viaggiavano i ragazzi e la collanina di mio fratello. Non c’è stata quindi alcuna deviazione e la posizione di questa persona non cambia. Anche se la perizia balistica dovesse confermare che ha toccato un filo della rete, la deviazione poteva esser presa in considerazione solo se lui avesse sparato in alto. Avendolo fatto invece a braccia tese, verso il bersaglio che lui si era prefissato di colpire, un eventuale cambiamento di traiettoria non ha alcuna rilevanza. La sua responsabilità non muta. La tesi dell’avvocato della difesa è un abominio giuridico, difficile da sostenere e argomentare".

16 febbraio 2008

Fonte: La Repubblica

Tifoso ucciso, l’avvocato del poliziotto: Il colpo fu deviato

di Marino Bisso

ROMA - Sulla morte di Gabriele Sandri è sempre più guerra di perizie. Due mesi fa, erano stati i legali della famiglia del tifoso laziale ad anticipare i risultati degli esami sul proiettile per escludere che lo sparo dell’agente fosse stato deviato. Ieri, invece, il difensore di Luigi Spaccarotella, il poliziotto accusato di omicidio volontario per la morte di Sandri, ha reso noto che perizia balistica confermerebbe la deviazione della pallottola che l’11 novembre scorso ha ucciso il ventottenne romano nell' autogrill di Badia al Pino vicino ad Arezzo. Secondo l’avvocato Francesco Molino, legale del poliziotto, a determinare la deviazione sarebbe stato l’impatto fra il proiettile e la rete metallica che divide le corsie dell’autostrada. Gli esiti degli esami, affidati dalla procura aretina al professor Domenico Compagnini, sono racchiusi in cinque tomi, contenenti dettagli dei reperti recuperati, studi sulla traiettoria e studi di natura chimica sul proiettile. La relazione è stata depositata giovedì sera. Ma dalla Procura non arriva alcuna conferma. "Dico solo che la prossima settimana - spiega il pm Giuseppe Ledda - interrogherò di nuovo il poliziotto". L' ipotesi di una deviazione sarebbe emersa anche da una perizia svolta dal Cnr e depositata a metà gennaio. L' esame avrebbe riscontrato la presenza sull' ogiva di tracce di zinco e alluminio, metalli presenti sul rivestimento della rete che venne attraversata dallo sparo esploso dalla carreggiata opposta a quella sulla quale si trovava l’auto con a bordo Sandri. Ma l’ipotesi che la pallottola sia stata deviata prima di colpire mortalmente il giovane viene contestata dai legali della famiglia Sandri che dal primo momento hanno parlato di un colpo di pistola mirato e comunque sparato ad altezza d'uomo. "È stato dimostrato che il proiettile esploso dall' agente non impattò sulla rete di divisione e non venne deviato", replica il legale della famiglia Sandri, l’avvocato Michele Monaco alle anticipazioni fornite sulla perizia balistica diffuse dal difensore del poliziotto. "Al momento l’unica perizia a noi nota - ribadisce l’avvocato Monaco - è quella del professor Gabriel Maria Ingo secondo cui non sono state trovate molecole riconducibili a reti metalliche, vetri o pietre sul proiettile. Gli esami chimici infatti avevano così escluso che la traiettoria della pallottola potesse essere stata spostata prima di colpire al collo Gabriele".

16 febbraio 2008

Fonte: La Repubblica

Ultrà ucciso, l’agente si difende

di Maurizio Bologni

Ha ripetuto di aver sparato per sbaglio, mentre correva. E ha mostrato segni di nervosa incredulità alla lettura di quattro testimonianze che affermano invece il contrario: ovvero di averlo visto prendere la mira e sparare a braccia tese verso l’auto sulla quale viaggiava Gabriele Sandri, il tifoso della Lazio ucciso l’11 novembre scorso nell' area di servizio di Badia al Pino nei pressi di Arezzo. Luigi Spaccarotella, l’agente della polstrada indagato per omicidio volontario, ha ripetuto ieri mattina quello che aveva detto nella prima deposizione subito dopo il fatto. L' interrogatorio, durato un’ora e venti minuti e condotto dal pm titolare dell’inchiesta Giuseppe Ledda e dal procuratore capo Ennio Di Cicco, precede di pochi giorni - si dice non più di una settimana - l’avviso di conclusione indagini al quale dovrebbe seguire dopo venti giorni la molto probabile richiesta di rinvio a giudizio per omicidio volontario. L' inchiesta sembra ormai incanalata verso questo epilogo. A segnare il destino processuale di Spaccarotella, almeno fino al rinvio a giudizio, sono dunque quattro testimonianze. Tra queste, oltre alla deposizione nota fin dal primo momento di un agente di commercio romano, anche quella di una cittadina giapponese che, come altri, in quelle ore di domenica 11 novembre si trovò a sostare nell' area di servizio di Badia al Pino, corsia sud dell’Autosole, dopo Arezzo. Da lì partì il colpo che raggiunse e uccise Sandri, che si trovava, nell' area di servizio sull' altra corsia, su un’auto di tifosi laziali, appena risaliti a bordo dopo uno scontro con alcuni sostenitori della Juve. Spaccarotella racconta che il colpo gli sarebbe partito mentre correva in parallelo alla direzione di movimento dell’auto dei laziali per tentare di leggere e annotare il numero di targa. I quattro testimoni dicono altro: sostengono di averlo visto puntare e sparare verso la vettura, alcuni di loro affermano persino di averlo notato a braccia tese. "Non si capisce come possano aver visto, Spaccarotella dava loro le spalle, le testimonianze sono contraddittorie" ha detto ieri Giampiero Renzo, che difende l’agente di polizia assieme a Francesco Molino. Secondo i due legali Spaccarotella dovrebbe invece essere scagionato sulla base della perizia balistica ordinata dal pm. "Dimostra che lo sparo partì accidentalmente, mentre il nostro assistito non si trovava sulla stessa linea dell’auto, e che il proiettile subì una deviazione di 70 gradi". I legali della famiglia Sandri danno un’altra lettura della perizia e ritengono che la deviazione del proiettile, avvenuta su una rete metallica di divisione delle corsie autostradali, non abbia modificato la traiettoria del colpo. E così, per il rinvio a giudizio di Spaccarotella per omicidio volontario, saranno decisive le testimonianze. Poi, al processo, si vedrà. (ma. bo.)

28 febbraio 2008

Fonte: La Repubblica

Tifoso morto, indagini chiuse confermato omicidio volontario

AREZZO - Chiuse le indagini preliminari per l’omicidio del deejay e tifoso della Lazio Gabriele Sandri avvenuto l’11 novembre scorso nell' area di servizio Badia al Pino Est, in provincia di Arezzo, sull' A1. Confermata l’accusa di omicidio volontario per l’agente di polizia Luigi Spaccarotella. L' avviso è stato firmato dagli inquirenti mercoledì mattina, 10 minuti dopo l’ultimo interrogatorio del poliziotto. È stato poi notificato al poliziotto e ai legali sia della difesa (Francesco Molino e Gianpiero Renzo) che della parte offesa (Fabio Monaco). Durante l’interrogatorio di mercoledì, l’agente - avevano riferito gli avvocati della difesa - aveva confermato punto per punto ciò che aveva detto la prima volta, contestando il fatto di aver preso la mira per sparare: "Quel colpo, che poi è risultato essere fatale per Sandri è partito accidentalmente mentre il poliziotto correva".

1 marzo 2008

Fonte: La Repubblica

Manganelli: Sandri non era un eversore

ROMA - Gabriele Sandri era un tifoso "ma non apparteneva al mondo dell’estremismo eversivo". Lo ha detto il capo della Polizia Antonio Manganelli che ha aggiunto: "Io ho grande rispetto per il mondo delle tifoserie. È un mondo di passioni, di colori, di voglia di stare insieme. Gabriele apparteneva a questo mondo, non all' estremismo eversivo". E domani "contro il tifo violento" il papà di Gabriele assisterà al derby con Gabriele Paparelli, il cui padre 30 anni fa venne ucciso da un razzo sparato dalla curva sud.

18 marzo 2008

Fonte: La Repubblica

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