Arezzo, il racconto del
Questore
"Due spari in aria...
colpito il giovane"
Surreale conferenza
stampa senza domande con il
portavoce della Polizia, Sgalla.
Gli agenti della stradale sono
intervenuti attirati dal rumore
di una rissa.
AREZZO - Una conferenza
stampa surreale, con il
portavoce della Polizia Roberto
Sgalla (lo stesso del G8 di
Genova) che chiede ai cronisti
di non fare domande e il
questore di Arezzo Vincenzo
Giacobbe che racconta una storia
in cui un poliziotto della
stradale ("un ottimo elemento
che di solito opera benissimo")
spara due colpi in aria ma
colpisce un giovane tifoso
laziale seduto sul sedile
posteriore della Megane Scenic
che stava lasciando l'area di
servizio di Badia al Pino. Poco
prima delle 18, la sala è piena
di cronisti. Sgalla chiarisce
subito che non si potranno fare
domande perché l'indagine è in
corso e il questore può solo
fornire dati oggettivi. Ecco i
dati oggettivi letti dal dottor
Giacobbe: questa mattina alle 9
e 10, due pattuglie della
Stradale di Arezzo (sottosezione
di Battifolle) erano all'interno
dell'area di servizio direzione
Sud e "procedevano" ad alcuni
accertamenti su due auto.
All'improvviso hanno sentito
forti rumori e urla provenienti
dall'altro lato della stessa
area di servizio, quello in
direzione Nord. Gli agenti "si
portavano" sull'orlo della
carreggiata per cercare di
capire cosa stava accadendo
rendendosi conto che c'erano gli
occupanti di tre auto coinvolti
in una rissa. A quel punto
"decidevano di azionare le
sirene dell'auto" pensando così
di far smettere il tafferuglio.
Ma il suono "non causava
effetti". "Allora - continua il
Questore - uno degli agenti, da
60-70 metri di distanza, ha
pensato di sparare due colpi in
aria...". Le auto coinvolte nel
tafferuglio "si sono però
spostate verso nord" e la Megane
con i 5 giovani a bordo ha
proseguito verso il casello dove
è stata raggiunta e fermata
dalla volante. Lungo il tragitto
gli occupanti si sono accorti
che Gabriele Sandri era stato
"attinto al collo". L'intervento
dell'ambulanza del 118, subito
chiamata, serviva solo a
constatare il decesso del
ragazzo. Fin qui, con la
terminologia ufficiale, il
racconto del questore. Lo stesso
dottor Giacobbe, forse, si è
reso conto che nelle sue parole
non sembrava esserci
collegamento tra i colpi sparati
in aria dall'agente e il
ferimento di Gabriele Sandri. A
questo punto il questore, mentre
Sgalla lo richiamava a non
rispondere e a lasciare la sala,
ha precisato meglio che
"ovviamente", il colpo c'è stato
e il giovane è stato colpito
stabilendo, a denti stretti, un
rapporto di causa-effetto tra i
due fatti. Giacobbe ha aggiunto
che il proiettile non è stato
trovato, che sul corpo del
ragazzo c'è solo il foro
d'entrata e che le indagini
dovranno spiegare come è andata.
Poi, il questore e Sgalla hanno
lasciato la sala mentre i
cronisti presenti cercavano
inutilmente di fare domande.
11 novembre 2007
Fonte: Repubblica.it
(Testo © Fotografia)
Cosa rischia il
poliziotto
Da 5 anni alla "non
punibilità"
ROMA - Le indagini sulla
morte del tifoso laziale
Gabriele Sandri dovranno
innanzitutto accertare se il
poliziotto che ha sparato ha
fatto un uso legittimo delle
armi, cioè ha usato la pistola
costretto dalla necessità di
respingere una violenza o perché
ricorreva un'altra delle ipotesi
tassative previste dal codice
penale. Diversamente per
l'agente potrebbe scattare
l'accusa di omicidio colposo o
addirittura quella di omicidio
volontario con dolo eventuale.
Una differenza non da poco anche
sul piano delle relative
sanzioni, visto che l'omicidio
colposo è punito con la
reclusione sino a 5 anni, mentre
per quello volontario si può
arrivare sino a 21 anni.
Prioritaria sarà dunque la
verifica se per l'agente
ricorrono le condizioni previste
dall'articolo 53 del codice
penale, che esclude la
punibilità del pubblico
ufficiale se ha fatto un uso
legittimo delle armi. Tra queste
- ma non è questo il caso - c'è
la necessità di impedire che
vengano compiuti gravi reati; ma
giustificano l'uso delle armi
anche l'esigenza di respingere
una violenza o di vincere una
resistenza. Se il poliziotto
fosse andato al di là di questi
limiti, si tratterebbe di un
eccesso colposo nell'uso delle
armi, che farebbe scattare per
lui l'accusa di omicidio
colposo; omicidio commesso
dunque non volontariamente, ma
per imprudenza, imperizia o
negligenza. La terza possibilità
in astratto è che si possa
contestare l'omicidio volontario
con dolo eventuale: ma in questo
caso il poliziotto dovrebbe aver
sparato deliberatamente ad
altezza d'uomo e su un
assembramento, mettendo in conto
che poteva colpire qualcuno. Se
non sarà esclusa la punibilità
dell'agente e dunque se gli si
contesterà l'omicidio, comunque
sembra difficile che possa
essere sottoposto a misure di
custodia cautelare, per le quali
il codice richiede che vi sia il
pericolo di fuga, o di
inquinamento delle prove o di
reiterazione del reato.
11 novembre 2007
Fonte: Repubblica.it
Il ministro Amato
"Tragico errore" Interrogato
l’agente
di Stefano Boldrini
Ha 30 anni, è tiratore
scelto ed è sposato con
un’infermiera. Il questore:
"Ottimo elemento. Ha sparato 2
colpi in aria".
Dal nostro inviato.
AREZZO - Il questore di Arezzo
Vincenzo Giacobbe prima di
leggere le 32 righe del
comunicato ufficiale incrocia un
cronista e fa: "E’ il nostro
lavoro, ci sono giornate belle e
altre brutte". Questa domenica
appartiene sicuramente alla
seconda categoria. Giornata
bruttissima, con gli ultrà di
mezza Italia in guerra e la
consapevolezza che il "tragico
errore", come viene definito dal
ministro degli Interni Amato,
dell’agente della Polstrada di
Arezzo-Battifolle, possa avere
ripercussioni pesanti non solo
dal punto di vista dell’ordine
pubblico, ma persino su quello
politico. In serata, mentre a
Roma infuria ancora la
guerriglia attorno allo stadio
Olimpico, il capo della Polizia,
Antonio Manganelli, dichiara:
"Quanto è accaduto m' inquieta.
Una morte assurda. Mi sento di
assicurare che la polizia saprà
assumersi le proprie
responsabilità e senza reticenze
fornirà massima collaborazione
alla magistratura incaricata
dell’accertamento dei fatti".
LE INDAGINI - Nella
Questura di Arezzo proseguono
fino alla tarda serata gli
interrogatori dei quattro
ragazzi che erano in auto con
Gabriele Sandri: Marco - il
diciannovenne romano alla guida
della Renault Scenic - Federico,
Francesco e Simone. Anche il
poliziotto della Polstrada viene
ascoltato a lungo dagli
inquirenti. Giuseppe Ledda è il
magistrato al quale è stata
affidata l’inchiesta. Alle 20,
dalla questura trapela questa
dichiarazione: "Non ci sono
indagati. Il poliziotto che
avrebbe sparato i due colpi è
allo stato attuale persona
informata sui fatti". La fase
iniziale delle indagini sta
procedendo su tre direzioni:
ricostruire l’esatta dinamica
dei fatti, accertare se nella
zona dove ci sarebbe stata la
rissa tra laziali e juventini ci
siano oggetti contundenti o
armi, individuare la traiettoria
del proiettile che ha ucciso
Gabriele Sandri, sparato da una
Beretta calibro 9, l’arma di
ordinanza della Polizia. In
serata, filtrano altri due
elementi. Nel parcheggio
dell’area di servizio di Badia
del Pino sarebbero stati
ritrovati un paio di coltelli.
Il secondo elemento è che il
proiettile potrebbe essere stato
deviato da un oggetto prima di
colpire a morte Gabriele Sandri.
IL PROFILO DELL' AGENTE -Il
questore Giacobbe, in carica ad
Arezzo dall' inizio dell’anno, è
teso quando legge il comunicato:
"Alle ore 9.10 due pattuglie
della sottosezione polizia
stradale di Battifolle che
operavano all' interno dell’area
di servizio di Badia del Pino,
direzione Sud, venivano attratte
da urla e rumori provenienti
dall' area di servizio in
direzione Nord. Resisi conto che
era in atto una violenta rissa
tra gli occupanti di almeno tre
autovetture, gli agenti
intervenivano azionando il
dispositivo acustico di
emergenza. Uno degli agenti, uno
dei nostri elementi più esperti,
al fine di indurre a desistere i
partecipanti alla rissa,
esplodeva due colpi di arma da
fuoco in aria. Una delle
autovetture, con a bordo 5
giovani, proseguiva la marcia
fino al casello autostradale di
Arezzo, dove veniva richiesto
l’intervento del 118". Non è
stato ancora trovato il
proiettile che ha colpito
Sandri. La versione dei colpi
sparati in aria veniva poi
corretta con "due colpi con
l’arma di ordinanza". In serata
trapela l’identikit dell’agente
che ha sparato i due colpi di
pistola. Si chiama Paolo S., ha
30 anni, da 10 è agente scelto.
È sposato con un’infermiera,
vive ad Arezzo da diverso tempo
e ha ottime note nel curriculum.
È descritto come un uomo
estremamente equilibrato che non
ha mai dato problemi. Fino a
ieri.
12 novembre 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Il questore: "Per ora è
omicidio colposo
Ha sparato un colpo ad
altezza uomo"
Vincenzo Giacobbe fa il
punto delle indagini: "Il reato
potrebbe essere più grave".
L'agente: "Mi è partito un colpo
mentre correvo", ma un teste
accusa: "Aveva le braccia tese".
AREZZO - Per ora è solo
"colposo" ma il questore di
Arezzo Vincenzo Giacobbe non ha
escluso che l'imputazione contro
Luigi Spaccarotella, l'agente
che ha ucciso Gabriele Sandri
sparando sull'A1, possa
trasformarsi in qualcosa di
peggio: omicidio
preterintenzionale o volontario.
Infatti un testimone sostiene di
aver visto l'agente impugnare la
Beretta 92S di ordinanza a due
mani e fare fuoco "con le
braccia tese". L'agente con la
sua deposizione cerca di
attenuare la propria posizione.
"Non ho mirato a nessuno -
spiega il poliziotto - ho
sparato un colpo in aria e poi
mi è partito un secondo colpo
mentre correvo". Il questore
difende il suo uomo e scarta
l'ipotesi della volontarietà:
''Escludo l'idea che un
poliziotto normalmente idoneo al
servizio e all'uso delle armi
spari volontariamente per
ammazzare uno''. Quanto alla
possibilità che l'agente abbia
creato un danno più grande di
quanto volesse il capo della
polizia aretina prova a
spiegare: "Ammesso che non
avesse voluto sparare in aria e
sia scivolato o chissà che cosa,
nel caso in cui avesse voluto
sparare alle gomme o al
motore...''. E dopo la strana
ricostruzione per cui due colpi
sparati in aria uccidevano un
giovane uomo dentro un'auto
Giacobbe finalmente ammette:
"Almeno uno dei due colpi è
stato sparato ad altezza
d'uomo". Sembra dunque uscire di
scena la versione dei colpi
sparati in aria accreditata per
diverse ore, anche perché nelle
ultime ore è spuntato fuori un
testimone. Un agente di
commercio che si trovava
all'area di servizio da cui
l'agente della Polstrada ha
fatto fuoco e che, una volta
giunto a Roma, ha verbalizzato
parole chiare: "Ho visto il
poliziotto sparare con l'arma
impugnata a due mani e braccia
tese". Da domani le cose
dovrebbero essere un po' più
chiare: ancora ventiquattro ore
e sul tavolo del magistrato
"arriveranno i primi risultati
delle analisi scientifiche".
Un'ogiva, quella che il medico
legale ha trovato nel collo del
tifoso, è stata recuperata.
Manca ancora il secondo
proiettile sparato, ma la
scientifica lo cerca e non è
escluso che presto lo troverà.
Ciò che è importante resta
l'analisi sul proiettile che ha
ucciso il tifoso laziale. Per
ora non è neppure certo se la
rissa che ha giustificato
l'intervento del poliziotto
fosse scoppiata per motivi
legati al calcio. Il questore ha
fatto un appello per
rintracciare chi era a bordo
dell'auto dei rivali di
Gabriele: "Chi sedeva sulla
Mercedes classe A scura si
faccia avanti. È importante".
12 novembre 2007
Fonte: Repubblica.it
Bottigliata e ombrellate
Così è iniziata la rissa tra
juventini e laziali
di Stefano Boldrini
Giampiero Timossi
Dagli insulti alle vie
di fatto: "Uno ci ha guardato
male e allora noi gli abbiamo
detto: "Che cazzo guardi"...".
Dai nostri inviati.
AREZZO - Uno sguardo storto, una
bottigliata, un paio di
ombrellate, qualche insulto.
Sarebbe stata questa la dinamica
della rissa tra tifosi scoppiata
alle 9 di domenica mattina nell'
area di servizio di Badia al
Pino, dove pochi minuti dopo è
morto Gabriele Sandri.
Francesco, Federico, Marco e
Simone, gli amici che
viaggiavano insieme con Gabriele
Sandri, sono arrivati a Roma
all' alba di lunedì. Ieri
pomeriggio, alcuni di loro si
sono ritrovati in un bar non
lontano da piazza Vescovio,
punto di ritrovo storico dei
tifosi della Lazio. I quattro
compagni di viaggio di Gabriele
ufficialmente non vogliono e non
possono parlare: sono indagati
per "tentate lesioni aggravate".
La polizia sta riesaminando le
immagini registrate dalle
telecamere dell’area di
servizio, sequestrate pochi
minuti dopo il "fattaccio".
RICOSTRUZIONE - Attraverso la
voce di un amico, ecco la
ricostruzione da parte di
Francesco: "Con gli juventini
non c’è stata una vera rissa.
Uno di loro ci ha guardato male.
Gli abbiamo detto "che cazzo ti
guardi" e quello ha risposto
mollandomi una bottigliata a un
braccio. Noi abbiamo reagito e
sono partite un paio di
ombrellate. All' improvviso,
abbiamo sentito il suono della
sirena e siamo tutti scappati
verso le auto. Gli juventini
sono stati più svelti e
ripartendo hanno investito,
seppure in modo leggero, Marco.
Io ho raggiunto per primo l’auto
e ho cercato di farla ripartire,
ma non conoscevo bene i comandi
e a quel punto si è messo alla
guida Marco, nonostante il
dolore per la botta al fianco.
Siamo schizzati via e abbiamo
sentito un solo sparo: quello
che ha colpito Gabriele. Ormai
avevamo imboccato l’autostrada e
abbiamo raggiunto di corsa il
casello per chiedere aiuto. Noi
non chiediamo punizioni
esemplari. Chiediamo soltanto
che sia fatta giustizia perché
un ragazzo innocente non può
morire in questo modo. Gabbo era
uno tranquillo, uno pulito. Non
è vero che aveva ricevuto il
Daspo (il divieto a frequentare
gli stadi con obbligo di firma
durante le partite, ndr). Non
aveva mai fatto niente di male".
LA MORTE DI GABBO - "Prima la
polizia l’avevamo vista, ma
delle sirene non mi ricordo e
neppure degli spari. Stavamo
andando via, la macchina degli
altri era già partita. C’era
ancora un po' di casino e quando
c’è casino a certe cose non fai
caso. Poi ho sentito quel colpo,
solo un colpo, come quando ti
tirano una pietra sull' auto.
Gabbo non ha neppure urlato,
sembrava che non riuscisse a
respirare. Stava seduto dietro,
vicino a me. Ho visto il sangue,
siamo arrivati al casello,
quello subito dopo l’autogrill.
Niente, Gabriele era già morto.
Cazzo, morto così e noi siamo
qui, sconvolti e non siamo gente
che si sconvolge tanto
facilmente, conosciamo la vita,
sappiamo quello che succede nel
mondo". Il "Messicano" ha 27
anni, un lavoro, una passione
per la Lazio. Domenica mattina
stava in macchina, pure lui,
seduto dietro, a fianco di
Gabriele Sandri, sulla Renault
Scenic. Pure lui ora è indagato
per "tentate lesioni aggravate",
vuol conoscere la verità e
sapere quando Gabbo potrà avere
il suo funerale. "Noi siamo
ultrà, siamo della Lazio, tifosi
della curva Nord, di quale
gruppo non importa. Noi
conosciamo la vita". E la morte
di un amico.
13 novembre 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
La collinetta dalla
quale è partito il proiettile.
Ecco un elemento chiave
di Giampiero Timossi
Spaccarotella era in un
punto più alto di circa 6-7
metri rispetto a Sandri: ha
usato una Beretta 92 calibro 9.
Le traiettorie. Buchi, che sono
domande in cerca di una
risposta.
1) Il proiettile che ha
ucciso Gabriele Sandri è stato
sparato da una distanza di circa
66 metri, ha superato quattro
corsie autostradali e due corsie
d'emergenza. Non si è fermato
neppure contro la recinzione
posta sopra il new jersey che
divide i due sensi di marcia.
Come è stato possibile che prima
non abbia trovato ostacoli sulla
sua traiettoria ? Il colpo è
stato sparato da una posizione
sopraelevata. Questa è l’unica
spiegazione. L’agente
Spaccarotella sarebbe salito su
una "collinetta" costituita da
alcuni materiali di riporto e da
lì avrebbe esploso un colpo che
ha avuto una traiettoria
orizzontale. Sulla sommità della
collinetta resta ancora un
escavatore, nell' area di
servizio ci sono alcuni lavori
in corso. Da questa posizione,
l’agente avrebbe esploso il
colpo mortale, circostanza
confermata da più di una
testimonianza. E proprio su
quella collinetta si è
concentrata, anche ieri,
l’attenzione della polizia
scientifica. Inoltre, tra l’area
da dove è partito lo sparo e
quella dove transitava la
vittima, ci sono alcuni metri di
dislivello. Complessivamente si
può calcolare un dislivello di
6-7 metri.
2) Come si è accorta la
pattuglia della Polstrada che
nell' area di servizio opposta
stava accadendo qualcosa ? Su
questa domanda ci sono diverse
interpretazioni. Gli agenti
interrogati avrebbero dichiarato
di aver sentito delle grida.
Grida evidentemente forti,
capaci di superare il rumore
delle auto in transito (la
domenica mattina la circolazione
dei Tir è vietata) anche a una
distanza di circa 66 metri.
Sempre gli agenti avrebbero poi
aggiunto di aver visto una
colluttazione in corso e di aver
pensato subito a una rapina.
3) Perché Luigi
Spaccarotella, l’agente della
Polstrada che ha ucciso Gabriele
Sandri, è stata iscritto nel
registro degli indagati solo il
giorno dopo l’omicidio ?
Tecnicamente non c’è una
risposta plausibile. Durante il
primo interrogatorio il
magistrato deve aver accertato
subito che a sparare i due colpi
è stata la pistola di servizio
di Spaccarotella. Circostanza
che sarebbe stata ammessa dallo
stesso poliziotto. A quel punto,
l’uomo doveva essere iscritto
nel registro degli indagati e
sottoposto a un nuovo
interrogatorio. Alla presenza di
un avvocato difensore. Domenica
l’agente è stato invece
ascoltato ancora come persona
informata sui fatti. Un faccia a
faccia tra magistrato e
poliziotto. Per circa 10 ore.
4) Il proiettile che ha
ucciso Gabriele Sandri
presenterebbe una leggera
deformazione dell’ogiva. Cosa ha
provocato la deformazione: il
vetro dell’auto, una vertebra
della vittima, il contatto con
l’asfalto o un altro oggetto
ancora presente sulla scena
dell’omicidio ? Questa risposta
verrà data soltanto dagli esami
balistici. L' arma in dotazione
alla polizia stradale è una
Beretta 92, calibro nove. Ha
proiettili camiciati: un’anima
di piombo, rivestita da una lega
di ottone. Questi proiettili
hanno più forza perforante che
devastante. Se il proiettile di
questo tipo colpisce un muro o
l’asfalto, tende a rimbalzare.
Se il proiettile non è invece
camiciato, il piombo tende a
schiacciarsi e fermarsi subito
sulla superficie colpita. Per
capire cosa possa aver deformato
il proiettile che ha ucciso
Gabriele Sandri, sarà ora
indispensabile analizzare gli
eventuali materiali (tracce di
vetro, asfalto, frammenti ossei)
presenti sull' ogiva estratta.
13 novembre 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Accusa di omicidio
colposo per l’agente che ha
sparato
di Stefano Boldrini
Il poliziotto indagato
avrebbe mirato da 66 metri alle
gomme dell’auto, ma la
traiettoria è stata deviata ad
altezza uomo: la posizione può
aggravarsi.
Dal nostro inviato.
AREZZO - Luigi Spaccarotella
avrebbe sparato da 66 metri per
colpire le gomme della Renault
Megane Scenic dove domenica
mattina viaggiava il tifoso
laziale Gabriele Sandri, ma un
dislivello del terreno e una
probabile deviazione della
traiettoria del proiettile hanno
spostato la mira della
pallottola, uccidendo il ragazzo
romano. È questa, dopo aver
torchiato l’agente e gli altri
componenti delle due pattuglie
della Polstrada, la versione più
accreditata della morte di
Gabriele. Lo scenario è emerso
dopo i rilievi effettuati anche
ieri dalla scientifica, dalle
deposizioni dei poliziotti, che
hanno firmato pagine e pagine di
verbali, e dalle testimonianze.
OMICIDIO COLPOSO - La posizione
dell’agente Luigi Spaccarotella,
32 anni, nato a Varese ma di
origini calabresi, si è
aggravata. Il questore di
Arezzo, Vincenzo Giacobbe, ha
spiegato: "Dal materiale
investigativo che abbiamo a
disposizione si può ora
ipotizzare il reato di omicidio
colposo, ma la posizione
potrebbe ulteriormente
peggiorare. Uno dei due colpi
sembra aver avuto una
traiettoria orizzontale. Abbiamo
trovato un solo bossolo. Stiamo
ancora cercando il secondo". SI
CERCA LA SPIEGAZIONE - Ma perché
Spaccarotella, che il questore
ha definito ieri "un povero
poliziotto", che fino a due
giorni fa aveva "un ottimo
profilo professionale", ha
sparato ad altezza d'uomo ? "L'
agente non sapeva che cosa
stesse accadendo nell' area di
servizio opposta. Non sapeva che
si trattasse di una semplice
rissa. Poteva essere una rapina,
o un altro episodio di
delinquenza". Resta il fatto che
sparare in quel modo poteva
provocare una strage. Il
questore a denti stretti
ammette: "Se ci fosse stata la
volontà di sparare in quel modo,
l’agente si sarebbe preso una
responsabilità enorme. Una
gravissima imprudenza".
Spaccarotella avrebbe ammesso di
aver pensato ad una rapina, ma
di non aver voluto sparare ad
altezza uomo. Fino a ieri sera,
non erano stati presi
provvedimenti nei confronti del
poliziotto. Il questore ha
confermato che nell' area di
servizio sarebbero stati
ritrovati un paio di coltelli e
un ombrello. Altro particolare
importante: le auto dei tifosi
individuate al momento della
rissa sarebbero tre e non due.
L' AUTOPSIA - Ieri pomeriggio,
all' obitorio dell’ospedale San
Donato di Arezzo, è stata
effettuata l’autopsia, affidata
al medico legale Angelo Stamile,
senese. Giorgio e Cristiano
Sandri, papà e fratello di
Gabriele, sono arrivati alle
16.30, accompagnati dall'
avvocato Luigi Conti. Cristiano
Sandri ha detto: "Non abbiamo
niente da dire. Vi chiedo di
rispettare il nostro dolore e di
evitare strumentalizzazioni". L'
esame autoptico è terminato alle
21.15. È stato estratto il
proiettile e non sono emersi
elementi nuovi. Il medico legale
e i periti non hanno rilasciato
dichiarazioni. Il magistrato che
conduce l’inchiesta, Giuseppe
Ledda, ha dato l’assenso al
trasferimento della salma. Il
carro funebre con il corpo di
Gabriele Sandri è partito alle
22.30 per Roma. Il papà di
Gabriele ha dato un bacio alla
macchina prima di vederlo andar
via. I FUNERALI - Il vescovo di
Arezzo Gualtiero Bassetti ha
detto: "È il sacrificio di un
innocente". Il sindaco Giuseppe
Fanfani è stato di poche parole:
"Ho portato alla famiglia Sandri
le condoglianze della nostra
civilissima città". Oggi sarà
allestita la camera ardente. I
funerali di Gabriele si terranno
domani a Roma alla chiesa di Pio
X alla Balduina.
13 novembre 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Manganelli Ecco la
verità su quello sparo
di Giuseppe D'Avanzo
Dice il capo della
polizia che "non ci sono parole
per accostarsi al dolore dei
familiari di Gabriele Sandri, al
loro lutto. Le puoi anche
scegliere tra le più oneste, tra
le più amichevoli parole che
conosci, non saranno mai così
appropriate da essere di
conforto. Non ci può essere
conforto se perdi un figlio, un
fratello. Quell' assenza è
incolmabile. Allora, mi sono
detto che io, personalmente, e
la polizia come istituzione
avevamo un solo dovere:
assicurare alla famiglia Sandri
la verità sui fatti che hanno
deciso della vita di Gabriele".
Antonio Manganelli siede sul
divano nella grande stanza, al
secondo piano del palazzo del
Viminale. Tace ora, come per
riflettere tra sé. Forse per
cercare, una ad una, le parole
del suo discorso. C’è un lungo
silenzio della stessa grana del
silenzio che sempre, nei giorni
buoni come nei giorni cattivi,
contrassegna il piano nobile del
palazzo. Non si ode mai una
voce, un rumore qualsiasi, una
penna che cade, una porta che
cigola, in quel corridoio sempre
vuoto e deserto, se si esclude
il commesso che ti accompagna. È
un’immobilità che deve essere
l’unica possibile regola per
affrontare, con autocontrollo,
senza alcuna agitazione o
frenesia, la tensione che ogni
giorno attende i custodi
dell’ordine pubblico.
Lei dice: bisogna
assicurare la verità dei fatti
accaduti a Badia al Pino. Qual è
questa verità ? "L' abbiamo
sufficientemente ricostruita con
altre testimonianze e riscontri
tecnici e affidata alla
magistratura. Abbiamo recuperato
l’ogiva del proiettile che ha
ucciso Gabriele e il perito, già
in possesso del bossolo, potrà
ora ricostruire, dopo
l’autopsia, la possibile
traiettoria del colpo. Non c’è
dubbio che a sparare sia stato
il nostro agente. Non c’è dubbio
che, dopo un primo colpo sparato
in aria, il secondo è stato
esploso con il braccio teso in
avanti. Per una casualità o per
una consapevole decisione, non
sta a me dirlo".
Si sarà fatta però
un’idea. "Ho una mia idea,
naturalmente, ma è di nessuno
interesse o valore. È più
importante che dica come sono
andate le cose, secondo le prime
conclusioni dell’indagine. La
volante vede da lontano, dalla
carreggiata sud, il tafferuglio
nell' area di servizio in
carreggiata nord. Nessuno è in
grado di capire che sia una
rissa tra tifosi. Non ci sono
vessilli, non ci sono bandiere,
non ci sono slogan. C’è soltanto
un gruppo di ragazzi che si
picchiano. L' iniziativa
migliore è dell’agente che
attiva la sirena: in genere, è
sufficiente per convincerli a
chiuderla lì. E infatti i
ragazzi smettono e si
allontanano in fretta. L' altro
agente, però, crede di essere
testimone di un delitto più
grave di una rissa e, da
lontano, spara in aria e spara
una seconda volta. Ripeto, con
il braccio teso, in un’azione
che ho definito maldestra".
Maldestro non le appare
un aggettivo, in questo caso,
inappropriato ? "Non è il solo a
pensarlo. C’è chi me lo ha
rimproverato perché non è
sufficientemente drammatico. Le
ripeto, dobbiamo alla famiglia
Sandri la verità e definire il
gesto di un agente di polizia
maldestro, cioè di un’imperizia
dannosa e pericolosa, è
drammatico ed è soprattutto la
verità".
Per lunghe ore,
domenica, si è avuto la
sensazione che il vuoto di
informazione coincidesse con il
tentativo di alleggerire le
responsabilità dell’agente. In
molti abbiamo pensato che
negando l’errore di valutazione
dell’agente e indicando la causa
del suo intervento nella
violenza dei tifosi si volessero
cambiare le carte in tavola,
manipolare l’accaduto. "Io
capisco che i media devono
offrire ricostruzioni coerenti,
senza smagliature e falle e
capisco anche che, per il
frammento di verità che avevate
sotto gli occhi, non potevate
fare altro che giungere a quella
conclusione. In realtà, soltanto
a poco a poco noi abbiamo messo
insieme quei frammenti che ci
hanno fatto capire che cosa era
successo".
Non ci avete messo
troppo tempo ? "No. Anch' io ho
avuto la tentazione di mettere
sotto pressione il capo della
squadra mobile di Arezzo, Marco
Dal Piazza, ma ha avuto la
ragione lui a prendersi il tempo
necessario, e ne sono contento.
Si è comportato con molta
correttezza. Non ha interrogato
subito gli amici di Gabriele.
Per evitare equivoci, li ha
separati e atteso il magistrato.
Ha "congelato" la scena del
crimine, come è doveroso fare.
Sono iniziative scrupolose, ma
prendono tempo. Così soltanto
intorno alle 12,30 abbiamo avuto
un quadro apprezzabile della
situazione".
A quel punto, lei ha
deciso di non fermare il
campionato in contrasto con i
vertici del mondo del calcio. È
stata la scelta giusta ? "Guardi,
le potrei dire che le cose sono
andate come lei dice. Ne
ricaverei l’immagine del capo
della polizia decisionista che
impone le sue scelte anche se
non condivise. Ma le cose non
sono andate così. Si è detto
addirittura che, a questo
proposito, avrei avuto uno
scontro con il ministro Amato.
La verità è che nessuno mi ha
opposto alcuna perplessità. Le
aggiungo che penso ancora che
bisognasse giocare, ma la realtà
è che quella decisione non è
stata virtuosa. È stata soltanto
necessaria, obbligata. Erano,
più o meno, le tredici. Gli
stadi andavano affollandosi. I
tifosi erano nei dintorni dello
stadio. Nelle stazioni
ferroviarie. In viaggio lungo le
autostrade. Fermare a quell' ora
la macchina - i campionati di A,
B, e C - semplicemente non era
possibile. Ogni tentativo
sarebbe stato inefficace e, quel
che è peggio, controproducente".
Non crede che il mancato
stop sia stato un moltiplicatore
di violenze ? "Credo il
contrario. Il gioco ha favorito
il contenimento delle violenze.
Se si esclude quanto è accaduto
a Bergamo, si può dire che è
stata una ordinaria domenica di
calcio, del nostro calcio".
Se si esclude Roma ?
"No, anche a Roma abbiamo pagato
il prezzo minore tra quelli
probabili. Ho apprezzato molto
la decisione di rinviare la
partita. Giocarla avrebbe voluto
dire coinvolgere, in uno spazio
chiuso, decine di migliaia di
tifosi pacifici nelle violenze
che, con determinazione e
lucidità, già erano state
programmate dagli ultras
facinorosi. Evitare che
l’incontro si svolgesse ha
significato che i romani
pacifici se ne sono tornati a
casa e in strada a fare danni
sono rimasti soltanto in
duecento".
Rifarebbe anche la
scelta di non presidiare il
territorio ? "Guardi, dopo la
morte di Gabriele Sandri, il
peggio poteva accadere proprio a
Roma, se le forze dell’ordine
avessero voluto ripulire il
quartiere Flaminio e i dintorni
dell’Olimpico. Ho chiesto ai
miei uomini e ai carabinieri di
avere pazienza, di non
intervenire. Quattro funzionari
sono stati feriti, eppure non
hanno dato ai propri uomini
l’ordine di replicare. Non siamo
stati però con le mani in mano.
Abbiamo predisposto un servizio
di videosorveglianza per
identificare i violenti. Con il
tempo necessario, avranno
notizie di noi appena li
identificheremo e già sappiamo
chi sono i primi dieci. Se
avessi deciso altrimenti, chi
poteva assicurare che gli
scontri - quel che gli ultras
volevano ad ogni costo - non
sarebbero degenerati ? Facile
discutere qui in poltrona, ma in
strada ci vanno uomini in carne
e ossa, che possono essere messi
a mal partito e avere paura e
quando si ha paura e si perde il
controllo, c’è anche chi può
fare la mossa peggiore. Lei
riesce a immaginare che cosa
sarebbe accaduto se ci fosse
stato un altro morto a sera,
domenica, a Roma ?".
Lei ha parlato di
neofascisti infiltrati nei
gruppi più violenti di tifosi.
Ci sono nuove evidenze ? "Le
posso dire che abbiamo
dimostrazione evidenti di come
l’area di estrema destra abbia
occupato le curve degli ultras".
Lei concorda con la
procura di Roma che intende
contestare l’aggravante del
terrorismo agli arrestati di
domenica ? "Quale debba essere
il reato contestato agli
indagati non è affare della
polizia, ma del pubblico
ministero. Rilevo che nessuno
ricorda in questo palazzo
l’assalto a una caserma della
polizia. Credo di poter dire,
con Pierluigi Vigna, che quell'
aggressione è un atto eversivo".
Ora si teme che, alla
ripresa del campionato, si
scatenerà un conflitto
permanente tra ultras e polizia.
Lei che cosa prevede ? "Le dico
che cosa faremo, non che cosa
prevedo. La nostra risposta sarà
intransigente e rigorosa. Se non
ci saranno le condizioni per
giocare - e tra le condizioni
c’è un clima sereno, non
aggressivo per le forze
dell’ordine - semplicemente non
si giocherà".
Non crede che questo
rigore creerà una maggiore
coesione tra i violenti ? "Al
contrario. Il nostro progetto
prevede di dimostrare a chi non
è un facinoroso pur essendo
ultras - e intendo con questa
parola un tifoso entusiasta e
irriducibile, ma non
necessariamente violento - che
il calcio conviene goderselo
senza risse e scontri. Che chi è
violento spesso lo è per un
interesse personale. Confido di
aprire con gli ultras non
violenti un canale di dialogo e
sono pronto a raccogliere anche
i loro suggerimenti. Con i
facinorosi è inutile ogni
discussione. La nostra pressione
sta ridimensionando il loro
peso. E, dal loro peso nel mondo
del calcio, ricavavano denaro e
un prestigio e una visibilità
che altrimenti potevano soltanto
sognare. Per troppo tempo hanno
avuto in ostaggio le società di
calcio".
Le società complici ? "A
volte complici, a volte vittime.
Come per le estorsioni, è
difficile separare il confine
tra la complicità e
l’oppressione. Certo, per troppo
tempo, acquiescenti".
È aumentata la
collaborazione delle società ?
"Diciamo che abbiamo cominciato
insieme un percorso, ma la
strada da fare è ancora lunga.
Abbiamo un programma e lo
porteremo fino in fondo. Entro
il 1 marzo negli stadi ci
saranno soltanto gli steward e
non più la polizia. È una data
che vogliamo rispettare. Se le
società non si adegueranno
giocheranno con gli spalti
vuoti".
Mi sembra
insospettabilmente sereno.
Sbaglio ? "Come posso essere
sereno dopo la morte
irragionevole di Gabriele Sandri
? Ma se si riferisce al mio
lavoro, sì, sono sereno. Forse
non ho grandi qualità, ma so
come non perdere mai la testa".
13 novembre 2007
Fonte: La Repubblica
(Testo © Fotografia)
L’agente ha sparato a
braccia tese
di Maurizio Bologni e
Laura Montanari
AREZZO - Lo hanno visto
mirare e sparare ad altezza d'uomo, Luigi Spaccarotella, il
poliziotto di 31 anni che
domenica ha ucciso il tifoso
della Lazio Gabriele Sandri, 28
anni, nell' area di servizio di
Badia Al Pino (Arezzo), corsia
nord dell’Autosole. Un agente di
commercio romano, che domenica
era nella stessa piazzola vicino
ai poliziotti, ieri si è
presentato in un commissariato
della capitale. "Ha sparato
impugnando la pistola con
entrambe le mani e le braccia
erano tese. Non mi sembra
sparasse in aria, anzi..." ha
raccontato il rappresentante in
un verbale che è stato inviato
alla procura di Arezzo. "Non so
perché ho sparato, non ricordo"
ha detto invece Spaccarotella,
confuso e ancora sotto choc. Gli
investigatori hanno a
disposizione i filmati
registrati dalle telecamere
dell’area di servizio. E quella
dell’agente di commercio non è,
probabilmente, l’unica
testimonianza che aggrava la
posizione del poliziotto. "Gli
atti sono in mano alla procura -
ha glissato, a proposito della
versione data dagli altri tre
agenti, il questore di Arezzo
Vincenzo Giacobbe - ma elementi
confluenti, tecnici e
testimoniali, ci fanno ritenere
che la rubricazione del reato
contestato al poliziotto possa
avere un’evoluzione. Oggi gli è
stato contestato l’omicidio
colposo. Potrebbe diventare
omicidio volontario. Ha sparato
uno dei due colpi in linea
orizzontale rispetto al terreno.
Forse mirava alle gomme
dell’auto" ha aggiunto il
questore. "Sono sconcertato,
domenica la polizia ha parlato
di due colpi esplosi in aria,
oggi ammette che uno è stato
esploso ad altezza d'uomo" si è
limitato a dire l’avvocato
romano Michele Monaco, che
assiste la famiglia della
vittima. Confermato che
Spaccarotella e i tre colleghi
si trovavano nell' autogrill
sulla corsia sud della Sole,
mentre la Megane Scenic sulla
quale Gabriele Sandri viaggiava
con quattro amici era nell' area
di servizio sulla corsia
opposta. Spaccarotella ha
sparato due colpi, il primo in
aria mentre si trovava più a
valle, il secondo a una distanza
di oltre sessanta metri dal
giovane che ha centrato. L'
ogiva è stata ritrovata tra gli
abiti indossati da Sandri. "Gli
agenti si rendevano conto che
nella piazzola dell’altro
autogrill era in corso un fatto
delinquenziale, ma non sapevano
se si trattasse di una rapina,
una violenza o uno scontro tra
tifosi" ha detto il questore di
Arezzo, smentito però da una
testimonianza secondo la quale
le volanti erano state inviate
sul posto per la segnalazione di
incidenti tra tifosi. "Rivolgo
un appello" ha aggiunto il
questore. "Cerchiamo gli
occupanti di una Mercedes Classe
A di colore scuro, una delle tre
vetture che risultano coinvolte
negli scontri tra tifosi e che
non siamo riusciti a
rintracciare". Ciò che invece la
polizia ha ritrovato subito, nel
piazzale dove è stato colpito
Sandri, sono ombrelli, coltelli,
qualche biglia, sassi e una
cintura chiodata recuperata
accanto a un cestino dei
rifiuti. Ieri pomeriggio, nell'
obitorio dell’ospedale di
Arezzo, l’autopsia sul corpo del
giovane tifoso laziale: è
iniziata alle cinque, è
terminata quattro ore dopo. Poi
la salma è partita per Roma.
Dalle 10.30 di oggi sarà
allestita la camera ardente
nella Sala Santa Rita in piazza
Campitelli, domani il funerale
di Sandri nella parrocchia di
San Pio X sempre a Roma.
13 novembre 2007
Fonte: La Repubblica
"Lo sparo è stato un
gesto di follia"
di Giampiero Timossi
L’agente insiste: "Ho
tirato in aria". Ma l’accusa
rischia di diventare omicidio
volontario. Indagati i 4 amici
di Gabriele.
Dal nostro inviato.
AREZZO - Dietro al totem, alle
sciarpe e alle foto, dietro al
luogo della memoria, spuntano
tre ragazzi. Scivolano giù,
verso la paratia di metallo che
divide l’asfalto dalla terra dei
campi. "Polizia merda", ecco
quello che scrivono. E la
polizia resta a guardare, sta
dall' altra parte
dell’autostrada, su quella
piazzola dove il poliziotto
Luigi Spaccarotella ha sparato
il colpo che ha ucciso Gabriele
Sandri. Le scritte le hanno
fatte anche qui, all' area di
servizio di Badia al Pino, dove
la A1 corre verso Roma. LA
RICOSTRUZIONE - Sulla piazzola
arriva anche il magistrato,
Giuseppe Ledda, il pm d'Arezzo
titolare dell’inchiesta. Un
primo sopralluogo, il pubblico
ministero lo ha fatto in
mattina. Ma quando torna, alle
cinque del pomeriggio, sulla sua
auto c’è anche un uomo con la
testa nascosta sotto un
cappuccio. La polizia chiede
agli operatori di spegnere le
telecamere. Perché sotto quel
cappuccio potrebbe esserci
l’uomo accusato di aver ucciso
un ragazzo di 28 anni. Perché
bisogna capire, ricostruire: le
versioni non coincidono. C’è
l’interrogatorio dell’agente
indagato e quelli dei quattro
tifosi laziali che viaggiavano
in auto con Gabriele. Sono
indagati pure loro, per "tentate
lesioni aggravate". E c’è il
super testimone, un geometra che
dice: "L’agente ha sparato ad
altezza uomo", dice il
testimone. PARLA IL POLIZIOTTO -
Mentre lui, l’agente
Spaccarotella continua a
ripetere: "Ho sparato in aria,
non ho sparato ad altezza d'uomo". Lo dice pure a Gerardo
Papacena, il segretario
provinciale del suo sindacato di
polizia. Spaccarotella è
iscritto al Silp per la Cgil,
organizzazione di sinistra.
Questo ripete il poliziotto,
chiuso nel suo appartamento, in
un quartiere di case basse e
nuove, alla periferia di Arezzo.
"Ho sparato in aria", sostiene,
ma le sue parole contraddicono
pure le dichiarazioni rilasciate
il giorno prima da Vincenzo
Giacobbe, il questore di Arezzo:
"L’agente ha sparato un colpo ad
altezza d'uomo". E ieri il
questore, ai microfoni di Radio
24, aggiunge: "Era meglio non
tirare fuori la pistola". Ah,
c’è pure il ministro
dell’Interno, Giuliano Amato,
che davanti a un’aula
semideserta ribadisce: "Si è
trattato di uno sparo a braccia
tese". E ieri il procuratore
capo di Arezzo Ennio Di Cicco ha
rincarato la dose: "Non si
spara, la pistola è l’estrema
ratio, è stato un gesto di
follia. Per adesso è omicidio
colposo, ma potrebbe diventare
volontario. Ci sono due
testimoni chiave ed entrambi
escludono che l’agente sia
inciampato". Il poliziotto
Spaccarotella non ci sta, lo
dice anche al collega del
sindacato: "Ho sparato in aria".
Macché, "l’autopsia conferma che
il colpo è stato sparato ad
altezza d'uomo e ha ucciso
Gabriele e dagli stessi esami
emergeranno elementi che
modificheranno l’accusa in
omicidio volontario". Questo
spiega Michele Monaco, legale
della famiglia di Gabriele
Sandri. Nel pomeriggio è attesa
la prima dichiarazione ufficiale
dell’agente Spaccarotella. Ieri
sera il poliziotto resta chiuso
in casa. Poco lontano, davanti
alla questura, un gruppo di
tifosi dell’Arezzo, la Fossa
1991, alza uno striscione: "La
morte è uguale per tutti.
Giustizia per Gabriele".
14 novembre 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
ANNOZERO:
"Gabriele
Sandri aveva pietre in tasca
I laziali hanno
aggredito gli juventini"
AREZZO (15 novembre) - È
accusato di omicidio volontario
l'agente di polizia Luigi
Spaccarotella, indagato per la
morte del tifoso laziale
Gabriele Sandri, avvenuta
domenica mattina sull' A1 vicino
ad Arezzo. Lo ha detto
l'avvocato Francesco Molino,
difensore dell'agente. Agguato
agli juventini. Gli
investigatori e il magistrato
inquirente intanto hanno fatto
luce sulle fasi che portarono
domenica scorsa all'uccisione
del giovane tifoso laziale. Sono
stati ricostruiti dalle indagini
i momenti di quello che viene
considerato dagli inquirenti
come un vero e proprio agguato
teso dal gruppo di tifosi
laziali agli juventini, in
transito sullo stesso tratto
autostradale. Gli sviluppi
sarebbero stati resi possibili
grazie alle numerose
testimonianze rese non solo dai
protagonisti, ma anche dai
presenti poco dopo le 9 del
mattino di domenica alla
stazione di servizio di Badia al
Pino. Almeno otto tifosi laziali
con il volto coperto avrebbero
atteso l'arrivo della Mercedes
alla stazione di Badia al Pino e
con cinghie, biglie e ombrelli
si sarebbero scagliati contro
gli juventini (sul luogo la
polizia scientifica ha trovato
anche due coltelli a
serramanico). Sandri aveva sassi
nelle tasche - Nelle tasche del
tifoso laziale ucciso, al
momento dell'ispezione del corpo
prima dell'autopsia, sono state
trovate delle pietre. Lo ha
affermato Sandro Ruotolo,
fornendo questo inedito elemento
a sostegno della ricostruzione
che ha fatto durante la
trasmissione "Annozero" di quel
che è accaduto domenica mattina
sulla piazzola dell'A1. Più che
una rissa, un agguato, fatto da
Sandri ed i suoi quattro
compagni e da altri cinque
tifosi laziali che viaggiavano
su una Clio (tra loro anche una
donna). I nove, sempre secondo
la ricostruzione data da
Annozero, viaggiavano insieme e
nello stesso momento hanno
parcheggiato su quella piazzola,
distante dal bar davanti al
quale si era fermata la Mercedes
con cinque tifosi juventini,
probabilmente già individuati
lungo la strada per giubbotti ed
altri segni distintivi della
loro squadra del cuore. I nove
laziali, i volti coperti da
sciarpe e cappucci, avrebbero
atteso fuori dal bar gli
juventini e quando tre di loro
sono usciti li avrebbero
aggrediti. La pattuglia della
stradale - sempre secondo questa
ricostruzione - era sulla
piazzola dal lato opposto
dell'autostrada e stava
verbalizzando alcuni esponenti
di un centro sociale. Sentendo
le grida gli agenti hanno acceso
la sirena della loro auto. I tre
juventini sarebbero risaliti in
macchina mentre gli aggressori
continuavano a tempestare l'auto
con sassi, colpi di ombrello...
Gli altri due juventini
sarebbero usciti dal bar e
saliti in auto e la Mercedes si
sarebbe allontanata. Subito dopo
sarebbe ripartita la Clio con
alcuni tifosi laziali. Infine
sarebbero risaliti in auto anche
Sandri ed i suoi compagni. Nel
frattempo - sempre secondo
quanto ricostruito da Annozero -
l'agente avrebbe sparato il
primo colpo (in aria o forse a
terra, è stato detto) e quindi
il secondo che ha raggiunto ed
ucciso Sandri. Ruotolo ha
ricordato che sul luogo sono
stati recuperati coltelli,
ombrelli spaccati, sassi e
biglie. Nelle tasche di
Gabriele, ormai morto, due
sassi. Il procuratore: i
coltelli erano degli amici di
Sandri - "I coltelli, gli
ombrelli e il mezzo ombrello
rotto" trovati nell'area di
servizio dove domenica scorsa è
morto Gabriele "erano degli
occupanti della macchina della
vittima". Lo ha spiegato il
procuratore capo di Arezzo,
Ennio Di Cicco in una conferenza
stampa con i giornalisti in cui
ha fornito alcuni elementi
dell'indagine. Di Cicco ha
spiegato che i quattro tifosi
laziali che domenica erano
assieme a Sandri sono accusati
di porto d'oggetti atti a
offendere "ed eventualmente
lesioni, ma questo lo devo
ancora verificare". Di Cicco ha
poi spiegato che nell'area di
servizio c'erano tre auto e due
gruppi di tifosi, uno laziale e
l'altro juventino. A chi gli
chiedeva se durante la zuffa le
vittime siano stati gli
juventini, il procuratore ha
risposto: "sembrerebbe". Di
Cicco ha quindi spiegato che i
tifosi della Juventus - che sono
stati o che saranno identificati
- erano arrivati a bordo di una
Clio e di una Mercedes, mentre i
tifosi della Lazio si trovavano
sulla Megane. "Hanno colluttato
fra di loro - ha spiegato il
procuratore - questo è un dato
di fatto". Quindi, rispondendo
ai giornalisti, ha detto di non
sapere se Gabriele abbia
"partecipato alla zuffa. E anche
in quel caso, che importanza
avrebbe ?". Di Cicco ha quindi
spiegato che quello relativo
alla zuffa è un filone di
indagine "che potrebbe essere
stralciato. Sono episodi
collaterali: una cosa è
l'omicidio, una cosa sono le
colluttazioni fra i tifosi". "Ha
sparato ad altezza d'uomo, atto
imperdonabile". "Le esigenze di
custodia cautelare non
sussistono. Dove sta il pericolo
di reiterazione e il pericolo di
fuga ?". Con queste parole il
procuratore capo di Arezzo ha
poi escluso la possibilità
dell'arresto Spaccarotella. Il
poliziotto "ha sparato un colpo
ad altezza d'uomo, questo è un
dato di fatto - ha sottolineato
Di Cicco. Non so il motivo, ma è
un atto imperdonabile: a meno
che non sei minacciato, che non
ti puntino la pistola addosso,
non lo puoi fare". Commentando
la testimonianza resa
dall'agente indagato, Di Cicco
ha confermato che Spaccarotella
"ha dichiarato che è inciampato,
ma non mi sembra che sia
inciampato. Ha fatto qualcosa
più grande di lui". Di Cicco ha
poi detto che "per avere la
perizia balistica serviranno
50-60 giorni". L'agente: fatto
accidentale - "È stato un fatto
del tutto accidentale, l'agente
nega di aver sparato
direttamente, cioè mirando alla
persona", ha dichiarato Molino
riferendosi al colpo di pistola
con cui l'agente in una stazione
di servizio dell'autostrada
vicino a Arezzo ha ucciso
Gabriele. "Questo è quello che
ho sentito dire da lui
direttamente - ha aggiunto
Molino - dei particolari non
sono ancora a conoscenza". "Ci
difenderemo a denti stretti, c'è
qualcosa che non torna", ha
continuato Molino che insieme a
Giampiero Renzo difende l'agente
della Polstrada. Ai giornalisti
che gli chiedevano la versione
dell'agente, l'avvocato Renzo
spiega che Spaccarotella "ha
rilasciato una testimonianza
precisa sull'andamento dei fatti
con una sola versione che non è
mai stata cambiata". E cioè che
il colpo è partito in maniera
"accidentale", e che il
poliziotto non ha "mai mirato
alla persona". Comunque,
sottolineano i due avvocati,
"sarà un lavoro lungo e
complesso" e "il dottor Ledda,
titolare dell'inchiesta, dà
grandi garanzie". "Noi siamo
convinti dell'innocenza, almeno
rispetto all'accusa più grave,
del nostro assistito", ha
sottolineato l'avvocato Renzo.
Parlando con i giornalisti, il
legale ha spiegato di avere
elementi per dimostrare che non
si tratta di omicidio
volontario: "Lavoreremo per far
emergere la verità, giustizia
sarà fatta per tutti". Quindi
commentando le indagini, il
legale ha detto che si tratterà
di "un'attività lunga e
complessa con risvolti anche
importanti". Nuovi testimoni.
Mercoledì, nel giorno dei
funerali di Gabriele, gli
investigatori avevano trovato la
Mercedes che domenica era
nell'area di servizio dove è
stato ucciso il tifoso laziale.
Uno degli occupanti si sarebbe
presentato spontaneamente ed è
stato ascoltato in Procura ad
Arezzo. Ascoltati anche tre
occupanti di una Clio che hanno
assistito all'accaduto.
15 Novembre 2007
Fonte: Ilmessaggero.it
Uno degli juventini all'
autogrill: "Niente rissa"
di Giampiero Timossi
Dal nostro inviato.
AREZZO - C’è il funerale di
Gabbo e ci sono quelli della
Mercedes scura che si fanno
vivi, tre giorni dopo. Perché
domenica mattina, sull' area di
servizio di Badia al Pino c’era
anche una Classe A. E a bordo
viaggiavano quattro tifosi della
Juventus. Erano partiti da
Rieti, stavano raggiungendo
Parma, per andare alla partita.
È mercoledì mattina e alla
procura d'Arezzo, nell' ufficio
del pubblico ministero Giuseppe
Ledda, arriva un ragazzo,
studente, maggiorenne, volto
sereno, capelli scuri, occhi
chiari, un piumino con il collo
di pelliccia. Ad accompagnarlo
l’avvocato Pietro Carotti, noto
penalista con studio legale a
Rieti e Roma. "Sono qui solo per
offrire la mia assistenza
legale, non c’è altro da
aggiungere". Si può solo
aggiungere che "non c’è stata
alcuna rissa, siamo ripartiti
subito. Gli spari ? No, non li
ho sentiti", questo dice il
ragazzo, prima di entrare nell'
ufficio del pm Ledda. Eppure
ieri sera trapela dalla Questura
la presenza di due coltelli
ritrovati già domenica sulla
piazzola di sosta. Circostanza
smentita categoricamente dal
legale di uno dei tifosi laziali
indagati. Stop, riecco
l’avvocato dello juventino: "È
un momento delicatissimo. Credo
che il mio assistito abbia
compiuto un gesto importante, di
grande sensibilità". Poi dal
legale ancora un consiglio al
suo assistito: "Devi solo dire
tutto quello che sai". NUOVI
TESTIMONI - Raccontare quello
che è successo prima, l’episodio
che avrebbe originato quella
maledetta domenica. E per
raccontare tutto quello che sa
al tifoso della Mercedes servono
quasi tre ore di interrogatorio.
Il testimone non sarebbe
indagato e non è certo che anche
gli altri passeggeri della
Mercedes si siano spontaneamente
presentati al magistrato. Un'
altra cosa è certa: la Classe A
è stata (finalmente) ritrovata.
Insomma, per gli inquirenti
un’altra giornata tosta. Intanto
il pm Ledda continua a lavorare:
è un pubblico ministero
sorridente quanto silenzioso.
Beh, per fortuna c’è il loquace
procuratore capo di Arezzo,
Ennio Di Cicco. Che ieri, il
giorno dopo aver rilasciato
un’intervista fiume a Tele
Etruria, spiega: "Il testimone
sentito questa mattina era sull'
altra macchina, la Mercedes. Se
n' erano già andati, non hanno
sentito gli spari". LA DIFESA
DELL' AGENTE - Il procuratore Di
Cicco parla, gli altri no. Ma
intanto l’agente Luigi
Spaccarotella ha scelto i legali
che lo assisteranno. Per ora è
indagato per omicidio colposo,
ma la sua posizione potrebbe
aggravarsi, con l’accusa di
omicidio volontario. Questa
ipotesi peraltro era già stata
avanzata dal procuratore capo,
che spiega: "La rubricazione del
reato è rimasta invariata. Può
cambiare, è chiaro che dal meno
si va al più e non dal più al
meno". Chiaro. Però l’agente
della Polstrada la sua versione
al magistrato l’ha già
raccontata domenica. Ha spiegato
che c’era una situazione di
grave pericolo e che l’unico
modo di intervenire era "sparare
un colpo in aria". Sparare un
colpo, mentre l’altro sarebbe
partito "inavvertitamente". E
avrebbe anche aggiunto che "solo
dopo il primo sparo la rissa si
sarebbe conclusa". E poi c’è la
dinamica dell’omicidio, con
alcune conferme. L’agente ha
sparato dalla collinetta di
detriti, vicino alla ruspa,
dall' area di servizio di Badia
al Pino in direzione Roma. L'
auto stava nella direzione
opposta. Quando il proiettile ha
colpito Gabriele Sandri, la
Megane Scenic aveva già superato
il distributore, stava per
uscire dall' area di servizio.
Ecco un dettaglio sul quale si
concentrerà la difesa. Da quella
posizione la traiettoria verso
l’auto diventa obliqua. Dalla
collinetta si vedeva solo il
portellone posteriore della
Scenic. Se il poliziotto avesse
sparato verso l’auto il
proiettile avrebbe dovuto
colpire il lunotto posteriore.
L' APPELLO ALLA FAMIGLIA - Anche
questo sosterrà la difesa,
cercando nei risultati balistici
altri elementi che possano
confermare una tesi: il secondo
proiettile è rimbalzato verso
l’auto. Questa la difesa del
poliziotto Spaccarotella, un
agente della Polstrada, dieci
anni di lavoro senza una sola
nota disciplinare. Un agente già
in servizio alle volanti di
Palermo, con un encomio per
avere salvato la vita a un
tossicodipendente. Un uomo che
ha deciso di chiedere perdono
alla famiglia di Gabriele. Lo ha
fatto con un messaggio privato,
affidato a un sacerdote amico.
15 novembre 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
C' erano sassi nelle
tasche di Gabriele
in autogrill
i laziali fecero un agguato
di Carlo Bonini
ROMA - Sostiene il
Dipartimento della Pubblica
sicurezza che, alle 9.15 di
domenica mattina, alla stazione
di servizio Badia al Pino est,
l’agente Luigi Spaccarotella ha
volontariamente indirizzato il
tiro della sua pistola di
ordinanza sulla Renault Scenic
su cui viaggiava Gabriele
Sandri. Sostiene il Dipartimento
della Pubblica sicurezza che i
tifosi della Lazio che con
Sandri viaggiavano hanno
raccontato una storia monca,
almeno ad uso pubblico. Erano in
nove - otto uomini e una donna -
su due macchine. Non in cinque,
su una sola auto. E quando il
colpo assassino è partito,
"Gabbo" non stava dormendo.
Perché dai suoi indumenti, nell'
obitorio di Arezzo, sarebbero
saltati fuori due sassi
"verosimilmente" caricati alla
partenza da Roma. Con i suoi
compagni - sostiene ancora il
Dipartimento - aveva appena
perso la "preda" di quegli
istanti. Cinque romani, tifosi
della Juventus diretti a Parma,
circondati e aggrediti con
coltelli, fibbie, biglie, sassi,
ombrelli. Inseguiti fin nell'
abitacolo della Mercedes nera
classe A con cui erano arrivati
all' autogrill seguendo lo
stesso tratto di autostrada
delle due macchine di laziali.
Una Renault Scenic (su cui
viaggiava Sandri) e una Renault
Clio. Ieri, al capo della
Polizia Antonio Manganelli è
stata dunque consegnata da chi,
tra i suoi funzionari, ha
lavorato all' indagine, quella
che viene proposta come "la
ricostruzione definitiva" dei
fatti che sono costati la vita a
Gabriele Sandri. E se è una
ricostruzione corretta, l’intera
sequenza di quel mattino va
riscritta. Per l’omicidio, resta
ferma la sola e inescusabile
responsabilità di chi ha
cancellato una vita, sparando ad
altezza d'uomo. L’agente
Spaccarotella. Al contrario,
vanno raccontate da capo le
mosse di tutti gli altri
protagonisti di quel mattino.
Otto uomini e una donna, si
diceva, gli identificati dalla
polizia. Gabriele Sandri, la
vittima. E, con lui, Marco
Turchetti, Francesco Giacca,
Francesco Negri, Simone Putzulu,
Valentino Ciccarelli, Carlo
Maria Bravo, Marco Timperi,
Francesca Montesanti. Partono da
Roma alle 6.30 del mattino di
domenica, con appuntamento in
piazza Vescovio, dove, non più
tardi del 22 settembre, un’altra
trasferta è stata interrotta
dalla polizia. Quella di 60
laziali verso Bergamo, con un
borsone carico di coltelli,
accette, machete. Non è la prima
trasferta che i nove fanno. Con
la storia di Bergamo non hanno
nulla a che vedere. Le loro
identità nulla dicono agli
archivi della polizia. Con due
sole eccezioni. Quella di
Gabriele Sandri (identificato
nel 2002 a Milano insieme a una
ventina di tifosi armati di
cacciavite) e di Marco
Turchetti, denunciato il 9
aprile dello scorso anno quando
viene pizzicato in un
Siena-Lazio armato di coltello.
Anche quella domenica mattina,
alcuni dei nove viaggiano con
"lame", sassi, biglie, fibbie.
Armi buone per il corpo a corpo,
che verranno ritrovate in terra,
dopo le 9.15, sull' asfalto
dell’autogrill Badia al Pino est
e che a loro vengono attribuite
dalla polizia sulla base delle
impronte digitali. Le macchine
sono due. Una Renault Scenic
guidata da Marco Turchetti su
cui viaggiano in cinque (e a
bordo della quale è Sandri). Una
Renault Clio, su cui prendono
posto in quattro. Alle 9, le due
macchine entrano nell' area di
servizio Badia Al Pino est e si
parcheggiano in un punto
riparato, vicino alle pompe di
benzina. In sosta è anche una
Mercedes nera classe A su cui
viaggiano cinque ragazzi romani,
dello "Juventus club Roma".
Vanno a Parma, probabilmente non
da soli, dal momento che la
polizia sta cercando una seconda
macchina (che comunque non si
fermerà all' autogrill di Badia
Al Pino). I laziali sostengono a
verbale di riconoscerli come
tali perché uno di loro ha una
felpa con su scritto Juventus.
Un altro perché li sente parlare
tra loro di calcio ("Speriamo
che oggi la Lazio ci faccia un
favore battendo l’Inter"). Sono
ora all' incirca le 9 e, sempre
a stare alla ricostruzione della
polizia, i 5 juventini
(identificati e ascoltati in
questi giorni), entrano nell'
autogrill per un caffè. Fuori, i
nove laziali si travisano, si
armano e si preparano a quello
che il Viminale definisce un
"agguato". Che scatta quando dal
bar escono i primi tre dei
cinque juventini. Nove contro
tre. Nove armati, contro tre
disarmati. La colluttazione dura
pochi istanti. I tre fuggono
verso la Mercedes, raggiunti
dagli altri due che abbandonano
precipitosamente il bar. La
furia dei laziali si abbatte
sulla Mercedes. Quando la
polizia fermerà la macchina
(circostanza volutamente taciuta
in questi giorni di indagine),
ne trova i segni. Il lunotto
anteriore è sfondato, come
quello posteriore destro. La
carrozzeria rientrata in più
punti. Sull' altra corsia, nella
stazione di servizio che fa
specchio a Badia al Pino,
l’agente Spaccarotella,
richiamato dal rumore e dalle
grida, intercetta la sequenza
mentre sta controllando i
documenti di tre ragazzi
sorpresi in possesso di
coltelli. Non sono tifosi, ma
frequentatori di centri sociali
(che, come gli altri presenti,
testimonieranno su quegli
istanti). La sirena azionata da
uno dei colleghi di
Spaccarotella, interrompe la
furia dei laziali. Dice di
"essersi messo a correre" per
avere una visuale migliore sulla
rampa di uscita dall' autogrill
sul lato opposto. Vede
allontanarsi prima la Mercedes,
quindi la Renault Clio. Forse
spara allora il primo colpo in
aria. Quindi, decide di puntare
l’arma verso l’ultima macchina
che si sta allontanando, la
Scenic con a bordo Sandri.
Spaccarotella sostiene di aver
"brandeggiato" l’arma in
direzione dell’auto intimando
l’alt e, in quel momento, di
aver sentito partire il colpo
("Avevo il braccio destro teso e
la mimica di chi vuole fermare
qualcuno in fuga"). Il
Dipartimento non gli crede. Non
crede al "brandeggiamento"
dell’arma. Crede al
cortocircuito di chi vede
sfuggire l’ultimo dei bersagli e
tenta di arrestarne la corsa con
un colpo impossibile. Che
diventa volontario e omicida.
16 novembre 2007
Fonte: La Repubblica
Il mistero delle pietre
in tasca a Sandri
di Giampiero Timossi
AREZZO - Più che una
rissa, un agguato. Nove laziali,
con i volti coperti da sciarpe e
cappucci, che avrebbero atteso
fuori dall' autogrill di Badia
al Pino quattro juventini. Tra i
nove laziali, domenica mattina,
ci sarebbe stato anche Gabriele
Sandri, ucciso pochi minuti dopo
da un colpo sparato dall' agente
Spaccarotella. Un agguato, è
quando sostiene la ricostruzione
fatta ieri sera dalla
trasmissione Annozero, condotta
da Michele Santoro. C' ERANO
SASSI ? - Nuovi dettagli: oltre
ai cinque laziali che
viaggiavano a bordo della
Renault Scenic con la vittima,
quella mattina parteciparono
all' episodio altri quattro
tifosi biancoazzurri. Loro
viaggiavano su una Renault Clio:
tre uomini e una donna. E,
sempre secondo quanto sostiene
Annozero, nelle tasche di
Gabriele Sandri, al momento
dell’ispezione del corpo prima
dell’autopsia, sarebbero state
trovate delle pietre. Nuovi
dettagli e ricostruzione di
quanto accaduto prima
dell’omicidio di Sandri,
respinta subito e
categoricamente dall' avvocato
Lorenzo Contucci, legale di uno
dei quattro tifosi indagati.
16 novembre 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Il legale della
famiglia, Michele Monaco: "Solo
microformazioni calcaree". Nella
conferenza stampa, il fratello
chiede di evitare
"strumentalizzazioni".
"Non c'erano sassi nelle
tasche di Gabriele"
L'avvocato dei Sandri
smentisce la polizia
Quanto alla diffida "il
pm ha chiesto l'archiviazione,
disposta poi dal gip di Milano".
Ma fonti giudiziarie confermano:
"Nei pantaloni aveva due pietre
atte ad offendere".
ROMA - Smentisce tutto
la famiglia Sandri. I sassi che
secondo la polizia sono stati
trovati nelle tasche di
Gabriele, le parole del questore
di Arezzo e la diffida contro il
tifoso laziale ucciso domenica
scorsa. E lanciano un appello ai
media: "Non strumentalizzate la
vicenda". Ma fonti giudiziarie
confermano la presenza dei
sassi. Niente sassi. ''Di sassi
non ne sono stati trovati, ma
solo microformazioni calcaree''.
Michele Monaco, l'avvocato della
famiglia Sandri e il fratello di
"Gabbo", Cristiano, nel corso di
una conferenza stampa hanno
smentito nettamente che nelle
tasche del ragazzo ucciso in un
autogrill nei pressi di Arezzo
domenica scorsa, ci fossero vere
e proprie pietre o ''sassi in
termini offensivi''. L'avvocato
inoltre ha sgombrato il campo da
ogni dubbio, affermando che
''anche se fosse stato trovato
qualcosa, dal momento in cui è
stato sparato un colpo di
pistola, non c'è più nulla''. Ma
fonti giudiziarie confermano. La
polemica, però, non sembra
destinata a chiudersi. Ambienti
delle indagini di Arezzo, fanno
infatti sapere che nei pantaloni
di Gabriele sono stati ritrovati
"due sassi e non delle
microformazioni calcaree come
dichiarato dal legale di
famiglia". Uno "è delle
dimensioni di 8X6 cm e 3
centimetri di spessore, e
l'altra di 4X4cm e 3 centimetri
di spessore, sassi atti ad
offendere". Nessuna diffida. Una
smentita è arrivata anche sulla
diffida che nel 2002 aveva
colpito Gabriele: "Era stato
diffidato per due mesi - spiega
Cristiano -, ma non gli è mai
stata comminata: il pm ha
chiesto l'archiviazione,
disposta poi dal gip di Milano.
La memoria di mio fratello non
deve essere infangata". "Non
esiste - ha continuato - che
vengano pubblicati articoli che
infangano il nome di mio
fratello che era una persona
meravigliosa, come invece
successo. Un giornalista - ha
continuato - ha indicato che
Gabriele è stato diffidato,
processato nel 2002 e assolto
con uno stratagemma e che poi è
stato combinato un Daspo. Questa
- ha concluso - è tutta una
farneticazione". Non infangate
Gabriele - "Non infangate il
nome di Gabriele", ha aggiunto
rivolto ai media Cristiano
Sandri. "Non strumentalizzate la
vicenda perché niente può
cambiare quello che è avvenuto:
e cioè che un poliziotto ha
assassinato un uomo innocente,
mio fratello. Non mi stancherò
mai di ripetere che questa
vicenda non ha nulla a che
vedere con il calcio, gli ultras
e il tifo violento", ha
sottolineato Cristiano Sandri.
Il fratello di "Gabbo" non vuole
parlare delle ultime
indiscrezioni provenienti da
Arezzo secondo cui i tifosi
laziali, fra cui Gabriele,
avrebbero teso un vero e proprio
agguato, con tanto di coltelli,
pietre e ombrelli, ai cinque
tifosi juventini presenti sulla
Mercedes. "Non parliamo di
questo - dice Cristiano - e
comunque il fatto non rende meno
grave l'accaduto. Domenica è
successo qualcosa che in uno
stato civile non dovrebbe
accadere. Un poliziotto ha
puntato l'arma e colpito un
innocente senza capire che cosa
stava o era successo". "Il
questore ha mentito" - Il legale
della famiglia Sandri ha poi
attaccato il questore di Arezzo,
Vincenzo Giacobbe: "Alle 18 di
domenica scorsa, ancora parlava
di due colpi di pistola sparati
in aria. Sembrava che il ragazzo
fosse stato ucciso da qualcun
altro. Giacobbe ha mentito
sapendo di mentire, e per giunta
davanti alle telecamere, così
come ha fatto il poliziotto che
ha sparato. Molte e gravi bugie
sono state dette su questa
storia". "Per la famiglia - ha
continuato l'avvocato - quando
ha sentito queste affermazioni,
è come se Gabriele fosse stato
ucciso una seconda volta".
Secondo il legale già dalle 9,30
di mattina si sapeva con
esattezza la traiettoria del
colpo. Affermazione confermata
anche da Luigi Conti, l'avvocato
che nel corso della conferenza
stampa ha detto di aver
assistito al rilievo della
polizia scientifica, la quale ha
riscontrato che il colpo è stato
sparato "in orizzontale e
parallelo alla strada". Veltroni
e Napolitano - Da Cristiano
Sandri sono poi arrivate parole
di riconoscenza nei confronti
del sindaco di Roma e del capo
dello Stato che hanno mostrato
la loro vicinanza e solidarietà
alla famiglia. Napolitano, poi,
"si è mostrato sbigottito,
assolutamente inerme di fronte
ad una situazione del genere: un
agente della polizia che impugna
una pistola e spara ad altezza
uomo". Cristiano Sandri ha anche
ringraziato il capo della mobile
di Arezzo "che è stato una
persona squisita". Critiche,
invece, verso il questore
Giacobbe che "non si è fatto
vivo neanche per portare il
doloroso cordoglio". E ha
aggiunto: "Mi aspettavo una
chiamata dal ministro
dell'Interno o della Giustizia,
evidentemente sono sufficienti i
telegrammi". Infine Cristiano ha
ripreso le parole di don Paolo
Tammi, che due giorni fa ha
celebrato i funerali del
fratello: "Ci sarà un tempo del
perdono".
16 novembre 2007
Fonte: Repubblica.it
Il poliziotto è accusato
di omicidio volontario
di Giampiero Timossi
Cambia l’imputazione per
la morte di Sandri. L’agente si
difende e spiega che si è
trattato di uno sparo
accidentale. Coltelli in
possesso dei laziali ? È giallo.
Dal nostro inviato.
AREZZO - Il primo interrogatorio
inizia quasi sette ore dopo
l’omicidio. Domenica pomeriggio,
quando l’agente della Polstrada
Luigi Spaccarotella lascia
l’ufficio del pubblico ministero
Giuseppe Ledda è già indagato
per "omicidio colposo". Da ieri
mattina la sua posizione si è
aggravata, il poliziotto è
accusato di "omicidio
volontario". Lo fa capire Ennio
Di Cicco, il procuratore capo di
Arezzo. Spiega in mattinata il
magistrato: "L' omicidio
volontario è solo questione di
tempo". Tempo scaduto, lo
confermano poco dopo i legati
dell’indagato, gli avvocati
Gianpiero Renzo e Francesco. "L'
accusa è ora di omicidio
volontario", dice Renzo.
Articolo 575, pena prevista non
inferiore ai 21 anni. "Allo
stato attuale non c’è nessun
elemento per l’arresto
dell’agente", rilancia il
procuratore. Spaccarotella resta
nella sua casa alla periferia di
Arezzo, con la moglie e i due
figli. Aspetta di sapere quando
verrà sospeso dal servizio. L'
INTERROGATORIO - "Voglio
collaborare", è quello che
l’agente dice al magistrato,
prima ancora che il suo
interrogatorio abbia inizio. È
domenica pomeriggio. Sono le ore
15.58, si può verbalizzare. Il
verbale verrà chiuso alle ore
17. Questa è la prima e unica
volta che l’indagato è stato
ascoltato dal pm. È la sua
versione, è quello che lui
racconta di quella domenica
mattina, sull' autostrada A1,
poco distante dal casello di
Arezzo, nell' area di servizio
di Badia al Pino. È la sua
versione, raccolta in tre pagine
di verbali. "Eravamo fermi in
autostrada, in corsia Sud,
eravamo due pattuglie della
stradale. Stavamo controllando
un’auto. Al suo interno avevamo
trovato del materiale
propagandistico di stampo
estremista". Ma all' improvviso
l’attenzione si sposta sull'
altra piazzola di servizio, in
direzione Nord, verso Arezzo. Le
auto della polizia sono
parcheggiate verso il limite
della stazione di servizio,
sempre in direzione Roma. In
mezzo quattro corsie di
un’autostrada. Cosa attira
l’attenzione di Spaccarotella e
dei suoi colleghi ? "Ho sentito
le urla, ma abbiamo visto anche
che stava succedendo qualcosa di
grave. Vedo un oggetto grosso e
nero. Un mio collega attiva la
sirena". Non basta, questo
sostiene l’agente. "Sparo un
colpo in aria a quel punto
quattro - cinque ragazzi
scappano verso un’auto". Uno
resta a terra, sarebbe uno dei
tifosi juventini aggrediti. "Ma
io non sapevo, non potevo
immaginare, che si trattasse di
tifosi". I quattro - cinque
ragazzi corrono verso una
Renault Scenic, parcheggiata
dopo il distributore, all'
altezza di un cancello di
servizio. Spaccarotella corre
nella stessa direzione, dalla
parte opposta dell’autostrada.
Corre anche un suo collega, ma
dopo un centinaio di metri si
ferma. Spaccarotella continua,
stringe in mano la sua pistola.
Corre, perché "volevo prendere
il numero di targa". I ragazzi
arrivano all' auto, "credo non
trovassero le chiavi, quello che
sta sul fianco destro lancia
qualcosa al conducente". Le
chiavi, forse. IL SECONDO COLPO
- Intanto l’agente corre, si
sporge, parte un secondo colpo.
"Il colpo è partito
accidentalmente, me ne accorgo
solo dal botto". Poi ripete:
"Non ho mirato all' auto".
Intanto la Renault lascia l’area
di servizio, entra in
autostrada. Spaccarotella sale
sull' autopattuglia. Scrive
sulla mano un numero di targa,
lo farà anche vedere al
magistrato. Saprà dalla radio
che è stato chiesto l’intervento
di un’ambulanza, saprà più tardi
che quel secondo colpo ha
ucciso. IL GIALLO DEI COLTELLI -
Quel colpo uccide Gabriele
Sandri, un ragazzo di 28 anni,
un tifoso della Lazio. I quattro
ragazzi che erano in auto con
lui sono indagati per "lesioni
tentate aggravate in danni di
ignoti". C’è la ricostruzione di
uno scontro, contro quattro
tifosi juventini. Ieri, il
procuratore capo di Arezzo,
parla anche di alcuni coltelli
ritrovati all' autogrill.
Spuntano i coltelli, spunta una
segnalazione per il conducente
dell’auto: il 9 aprile 2006, a
Siena, era stato segnalato per
porto abusivo di coltello.
L’avvocato Lorenzo Contucci,
legale di uno dei laziali
indagati, attacca: "Il mio
assistito non aveva nessun
coltello e neppure c' erano
coltelli sull' auto. Non solo,
non c’è neppure una denuncia per
porto d'oggetti atti a
offendere, ma per tentate
lesioni aggravate a danno di
ignoti". È la battaglia legale,
in attesa degli esiti
dell’autopsia e della perizia
balistica. L’agente
Spaccarotella ora è indagato per
"omicidio volontario". Ieri ha
rifiutato l’assistenza legale
del Silp per la Cgil, il suo
sindacato di polizia. Ha
rifiutato un contributo di 5
mila euro. Spaccarotella è un
poliziotto di sinistra,
cresciuto in una famiglia di
sinistra. La tifoseria della
Lazio è, tendenzialmente,
connotata a destra. Forse la
difesa vuole evitare altre
strumentalizzazioni. Ma quello
che si doveva davvero evitare è
già accaduto: la morte di un
ragazzo.
16 novembre 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
C' erano altri juventini
nell' autogrill
È vero, i laziali ci
hanno aggredito
di Emilio Radice e Maria
Elena Vincenzi
ROMA - "Ho visto quello
che è successo a Badia al Pino,
c' ero anche io. Ma non ero a
bordo della Mercedes classe A,
ero su un’altra macchina. Quale
tipo ? Mi spiace, non lo dico".
A raccontare i concitati minuti
che hanno preceduto l’omicidio
di Gabriele Sandri, è uno dei
tifosi juventini non ancora
sentiti dalla procura di Arezzo.
Un racconto che conferma
l’ipotesi che le vetture
coinvolte nella vicenda fossero
quattro e non tre. La Megane
Scenic su cui viaggiava "Gabbo",
la Renault Clio, la Mercedes e
la vettura del nostro testimone.
Un racconto che dà forza all'
ipotesi dell’aggressione
compiuta dai tifosi della Lazio
contro i "rivali" della Juve. Un
racconto fatto di stupore. Di
sorpresa. Di incredulità di
essere parte di una vicenda così
importante. E di paura. "Ma - ci
dice il testimone, un giovane
professionista incensurato - una
premessa è d'obbligo: la
condanna dell’omicidio di
Gabriele, a cui mi associo.
Credo che le armi da fuoco
dovrebbero essere usate come
estrema ratio. È una cosa che ci
tengo a precisare prima di
raccontare quello che è successo
domenica scorsa".
A che ora siete partiti
? "Intorno alle 7 del mattino da
Roma per andare a vedere
Parma-Juve: ci capita spesso di
seguire la Juventus, ma non
siamo ultrà. Siamo ragazzi
normali che ogni tanto fanno una
gita fuori porta. Verso le 9 ci
siamo fermati all' autogrill per
fare colazione: eravamo
stanchissimi, avevamo bisogno di
un caffè".
Avete notato qualcosa di
strano durante la sosta alla
stazione di servizio ?
"Assolutamente nulla:
l’autogrill era deserto. Poi,
durante la colazione, si è un
po' riempito. Ma non ci siamo
accorti di niente, eravamo
indaffarati a fare colazione e
leggere i giornali".
Qualcuno di voi era
riconoscibile come tifoso
bianconero ? "Uno indossava una
felpa della Juve, gli altri
erano tutti "in borghese". Ma
durante la colazione discutevamo
sulla possibile formazione dei
bianconeri. Forse quello può
aver rivelato al nostra fede
calcistica".
Poi cosa è successo ?
"Siamo usciti e ci siamo
separati: le macchine non erano
parcheggiate vicine. La mia
stava circa cinquanta metri più
indietro. Da lontano ho visto un
gruppo di ragazzi, alcuni con il
cappuccio in testa, altri con il
cappellino, che si avvicinavano
ai miei amici. Non ricordo in
modo nitido, sono stati attimi
concitati. Non saprei
riconoscere i volti degli
aggressori, né indicare quali
"armi" tenessero in mano. Credo
fossero ombrelli, aste di
bandiera e cinture. Si sono
buttati sulla Classe A. Alcuni
dei miei amici erano già seduti
in macchina, altri sono riusciti
a ripararsi in fretta. I laziali
si sono avventati sull' auto. A
quel punto, per cercare di
distoglierli, sono passato a
tutta velocità accanto alla
Mercedes e li ho messi in fuga".
Solo allora siete
scappati. "A tutta velocità:
abbiamo proseguito fino a Parma
senza fermarci. Senza avere idea
di quello che avevamo lasciato
alle nostre spalle".
Non avete sentito gli
spari ? "Sono stati attimi di
terrore, pensavamo solo a
scappare. Tanto che, prima di
chiamare un numero di emergenza,
non ricordo nemmeno se il 112 o
il 113, sono passati 10 minuti.
Probabilmente l’omicidio era già
avvenuto".
Ma voi ancora non lo
sapevate ? "Lo abbiamo sentito
per radio verso l’una, eravamo
già a Parma. Ma che fossimo
coinvolti in quello che era
successo lo abbiamo capito solo
il giorno dopo".
E avete parlato con la
magistratura ? "Noi non siamo
stati contattati, ma parleremo
nel momento in cui la
magistratura ci dovesse
chiamare. Tuttavia credo che non
potremmo aggiungere nulla di
nuovo rispetto alla
ricostruzione dei fatti che già
è stata fatta".
17 novembre 2007
Fonte: La Repubblica
Nominati i periti che
dovranno ricostruire la tragedia
AREZZO - Si sono svolti
nel pomeriggio di ieri i primi
accertamenti dei periti
balistico e topografico alla
Renault Megane Scenic sulla
quale viaggiava Gabriele Sandri,
il tifoso laziale ucciso
domenica 11 novembre in un’area
di servizio autostradale ad
Arezzo. L' auto è custodita in
un magazzino della polizia
aretina. Ieri mattina, il
magistrato aretino Giuseppe
Ledda, che coordina le indagini,
ha nominato i due tecnici
incaricati di eseguire le
perizie. All' affidamento degli
incarichi erano presenti il
fratello della vittima,
Cristiano Sandri, il legale di
famiglia Michele Monaco, i
difensori del poliziotto
indagato per l’omicidio, gli
avvocati Gianpiero Renzo e
Francesco Molino, e il capo
della squadra mobile di Arezzo,
Marco dal Piaz. Gli accertamenti
disposti dal magistrato sono
stati affidati al professor
Domenico Compagnini
dell’Università di Catania, che
eseguirà la perizia balistica
(si è già occupato in passato
della strage di Capaci e della
morte di Calipari), e al
professor Paolo Russo
dell’Università di Ferrara, che
si occuperà della perizia
topografica. Per le due perizie,
il legale della famiglia Sandri
ha nominato un proprio
consulente, Vero Vagnozzi,
mentre i difensori dell’agente
accusato dell’omicidio, Luigi
Spaccarotella, hanno indicato
Paride Minervini. DINAMICA - I
risultati sono attesi per
febbraio 2008. Gli accertamenti
serviranno a ricostruire la
dinamica della vicenda: da dove
è partito il colpo, quanti ne
sono stati esplosi e la
traiettoria del proiettile. Già
ieri i periti hanno effettuato
un primo sopralluogo nel luogo
dove Sandri è stato colpito a
morte. In tutto, i sopralluoghi
all' area di servizio saranno
27. Ad alcuni di questi
parteciperà anche l’agente
Spaccarotella.
20 novembre 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
© Fotografia:
Laziowiki.org
Il legale della
famiglia: "La perizia chimica
dimostra che il colpo non ha
urtato contro pietre o maglie di
rete metallica prima di
raggiungere il giovane".
"Il proiettile che ha
ucciso Sandri non ha subito
alcuna deviazione"
La difesa del poliziotto
contesta: "Esame parziale,
quello che conta è la perizia
balistica".
ROMA - Il processo per
la morte di Gabriele Sandri è
ancora lontano, ma tra difesa e
parti civili è già battaglia sui
risultati delle perizie. Stando
alle prime analisi chimiche
effettuate sul proiettile che lo
scorso 11 novembre ha ucciso il
tifoso laziale diretto a Milano,
il colpo sparato dall'agente
della Polstrada Luigi
Spaccarotella prima di andare a
bersaglio non sarebbe stato
deviato da nessun urto. La
perizia, eseguita dai tecnici
del Cnr, doveva servire a
stabilire appunto se la
pallottola prima di colpire il
giovane aveva urtato contro
qualcosa (ad esempio la rete
metallica dell'autostrada) in
grado di cambiarne il tragitto.
In questo caso, infatti, sarebbe
stato possibile trovare tracce
dell'oggetto in questione. "Il
proiettile - ha spiegato
l'avvocato Luigi Conti, uno dei
legali che assistono la famiglia
Sandri - non ha subito
deviazioni visto che non sono
state trovate molecole
riconducibili a reti metalliche,
vetri o pietre". Ma queste
conclusioni sono contestate
dalla difesa del poliziotto. "E'
una fantasia - ha replicato
l'avvocato Gianpiero Renzo -
Quella depositata dagli esperti
del Cnr di Roma è un esame
parziale con osservazioni al
microscopio perché la perizia
balistica del professor Domenico
Compagnini sarà depositata solo
a fine febbraio". "E' un esame
parziale - aggiunge - che è
stato depositato 20/30 giorni
fa. Parziale perché il Cnr non
ha potuto, ad esempio,
effettuare ricerche sotto i
residui di sangue che si trovano
sull'ogiva: si tratta di un
esame non ripetibile". "In ogni
modo - prosegue il legale -
questo risultato, da solo, non è
in grado di fornire elementi
certi, in assenza degli
importantissimi risultati che
dovranno emergere dalla perizia
balistica". Renzo cita quindi
l'esito di una verifica, priva
al momento di qualsiasi valore
processuale, fatta fare sulla
perizia chimica al geologo Pino
Aurea. "Mi ha confermato - ha
affermato il difensore - la
presenza di una sostanza
estranea, non compatibile con il
vetro, la collanina e
quant'altro potrebbe essere
ricollegabile all'auto e al
giovane". Ma un altro difensore
della famiglia Sandri,
l'avvocato Michele Monaco, nega
con fermezza questa versione.
"Le conclusioni degli esami
chimici - ha spiegato - sono a
prova di qualsiasi dubbio e le
uniche sostanze che vengono
individuate (silicio e altre)
sono quelle ricollegabili
all'urto con il finestrino
dell'auto dove viaggiava
Gabriele, unitamente al cadmio
contenuto nell'argento della
catenina". "Su questo punto - ha
concluso - la perizia è talmente
precisa da specificare che si
tratta di un materiale che ormai
viene usato solo nell'argenteria
prodotta nei paesi arabi, come
quella che indossava Gabriele,
perché altrove il cadmio è stato
messo al bando in quanto
tossico". Il risultato degli
accertamenti chimici è stato
commentato anche da Cristiano
Sandri, il fratello della
vittima. "Non mi aspettavo nulla
di diverso - ha detto ai
microfoni di Radio R101 -
Abbiamo subito dichiarato il
nostro convincimento di un colpo
diretto sparato sulla macchina e
questo sembra accertare quanto
noi sosteniamo".
19 dicembre 2007
Fonte: Repubblica.it
Tifoso ucciso, la
perizia accusa: il proiettile
non fu deviato
di Massimo Lugli
ROMA - "Il proiettile
che ha ucciso Gabriele Sandri
non è stato deviato, l’agente ha
sparato per colpire l’auto dove
si trovava "Gabbo". Chiediamo
che si proceda per omicidio
volontario". È battaglia legale
sulle analisi disposte dal pm
sulla pallottola che, l’11
novembre scorso, stroncò la vita
del tifoso laziale nell' area di
servizio "Badia del Pino" vicino
Arezzo. Alle certezze della
famiglia della vittima si
contrappongono quelle,
diametralmente opposte,
dell’avvocato Giampiero Renzo,
che difende Luigi Spaccarotella,
il poliziotto della stradale che
ha fatto fuoco. "La perizia -
sostiene il legale - evidenzia
invece che sull' ogiva c’è un
elemento estraneo non
riconducibile al vetro della
macchina né alla catenina del
ragazzo. E questo conferma che
il proiettile ha urtato un
oggetto che potrebbe averne
deviato la traiettoria in modo
determinante". Nell' indagine
sulla tragedia dell’11 novembre,
che provocò durissimi scontri a
Roma e in altre città d'Italia
e un nuovo giro di vite sul tifo
ultrà, stabilire l’esatta
traiettoria del colpo è
determinante. Il poliziotto ha
sempre sostenuto di non aver
fatto fuoco verso la macchina
dei tifosi laziali e, se dovesse
emergere che il proiettile ha
urtato contro un ostacolo,
questa versione sarebbe, in
qualche modo, confermata. Ma il
fratello del giovane ucciso e i
suoi legali sembrano molto
sicuri del fatto loro. "Non mi
aspettavo nulla di diverso dalla
perizia - spiega Cristiano
Sandri, da sempre voce della
famiglia - attendiamo l’esito di
tutte le perizie ma per noi la
pallottola non è stata deviata.
Alle 9.18 mio fratello è morto e
alle 9.30 la dinamica era già
chiara ma per due giorni è stata
sostenuta la tesi ignobile dei
colpi sparati in aria. In base a
questi importanti elementi ci
aspettiamo che si proceda con
l’omicidio volontario".
Cristiano Sandri ha anche
aggiunto che la famiglia "ha
apprezzato la presa di
responsabilità del capo della
polizia Antonio Manganelli". Ma
l’avvocato del poliziotto
capovolge la situazione. "Si
tratta di pure fantasie, quello
depositata dagli esperti del Cnr
è un esame parziale con
osservazioni al microscopio
perché la perizia balistica del
professor Domenico Compagnini
arriverà solo a fine febbraio e
ha rilevato una sostanza
estranea". Accusa e difesa sono
già ai ferri corti molto prima
dell’inizio del processo.
20 dicembre 2007
Fonte: La Repubblica
Morte Sandri, il legale
dell'agente
"Colpo deviato secondo
la perizia"
Il difensore dell'agente
indagato per la morte del tifoso
laziale: la deviazione del
proiettile dovuta all'impatto
con la rete metallica che divide
le corsie dell'autostrada.
ROMA - La perizia
balistica sul proiettile che ha
ucciso il tifoso laziale
Gabriele Sandri conferma che il
colpo di pistola è stato
deviato. Lo rende noto
l'avvocato Francesco Molino, che
difende l'agente della Polstrada
Luigi Spaccarotella, indagato
per l'omicidio del giovane
tifoso della Lazio, morto lo
scorso 11 novembre nell'area di
servizio di Badia al Pino ad
Arezzo. A determinare la
deviazione sarebbe stato
l'impatto fra il proiettile e la
rete metallica che divide le
corsie dell'autostrada. Subito
si è riaperto lo scontro fra i
difensori dell'agente e il
legale della famiglia Sandri. "È
stato dimostrato che il
proiettile non impattò sulla
rete di divisione e non venne
deviato" è la replica del legale
della famiglia Sandri,
l'avvocato Michele Monaco. "Non
ho letto la perizia - spiega il
legale - e lo farò probabilmente
lunedì. Mi riservo quindi di
prendere visione del documento
prima di esprimere un parere".
La perizia balistica, affidata
dalla procura aretina al
professor Domenico Compagnini, è
stata depositata nella tarda
serata di ieri. È racchiusa in
cinque tomi contenenti dettagli
dei reperti recuperati, studi
sulla traiettoria e studi di
natura chimica sul proiettile.
"La conferma della deviazione
del proiettile - ha dichiarato
Molino - è un elemento
importante per la difesa. Adesso
leggerò attentamente la perizia
e poi, il 27 febbraio, il mio
cliente sarà sentito dal
magistrato. Ma ho già visto che
vengono valutate una serie di
ipotesi legate soprattutto alla
posizione dell'auto dei ragazzi
di Roma". Lo scontro fra i
legali di Spaccarotella e quelli
di Sandri si concentra sulla
traiettoria dello sparo. Per i
primi, il proiettile venne
deviato "in maniera importante"
dalla rete che divide le due
carreggiate. A dimostrarlo ci
sarebbero due perizie. La prima,
depositata a dicembre dal Cnr,
secondo i difensori dell'agente
evidenzia la presenza di tracce
di zinco e alluminio sull'ogiva
"dovute - spiega uno dei legali,
Gianpiero Renzo - all'impatto
con la rete". E dalla seconda,
quella balistica, arriverebbe la
"conferma della deviazione", ha
spiegato oggi l'altro difensore,
Francesco Molino. Per i
difensori di Spaccarotella,
Molino e Gianpiero Renzo,
l'agente non avrebbe mirato
verso l'auto dei tifosi laziali
e lo sparo sarebbe partito
accidentalmente, dopo un primo
colpo in aria per fermare una
rissa fra tifosi laziali e
juventini. In base ad alcune
testimonianze raccolte dalla
procura, invece, Spaccarotella
avrebbe sparato a braccia tese.
"Non so - sottolinea ancora
l'avvocato Molino - cosa abbiano
detto esattamente i testimoni,
ma soprattutto il racconto di
due di loro diventa fondamentale
per la corretta ricostruzione
dell'accaduto". Il magistrato
che coordina le indagini,
Giuseppe Ledda, non ha
commentato la perizia balistica.
Il 27 febbraio interrogherà di
nuovo l'agente. La chiusura
delle indagini è attesa per la
fine di questo mese.
15 febbraio 2008
Fonte: Repubblica.it
"L’agente ha sparato per
uccidere Gabbo"
di Stefano Carina
"Per noi non cambia
nulla". A parlare è Giorgio
Sandri. È passata qualche ora
dalle dichiarazioni di Francesco
Molino, l’avvocato dell’agente
Luigi Spaccarotella che nella
mattinata (di ieri, ndr) ha reso
noto come a seguito della
perizia balistica depositata
presso la Procura di Arezzo "c’è
la certezza inequivocabile che
la pallottola che colpì Gabriele
fu deviata dalla rete". Giorgio
è apparentemente calmo: "Non
sono stupito anche perché
qualcosa doveva pur dire. Questa
è l’unica via che ha per tentare
una flebile difesa del suo
assistito. Il fatto è che
deviazione o non deviazione,
questo signore secondo i
testimoni ha estratto la
pistola, ha mirato ad altezza
uomo e ha sparato. Poniamo anche
il caso che il proiettile abbia
toccato la rete, non cambia
assolutamente nulla". Né
l’avvocato della famiglia
Sandri, Michele Monaco, né la
famiglia stessa, ha ancora letto
la perizia. Qualora venissero
confermate le anticipazioni,
queste andrebbero comunque a
contrastare con gli accertamenti
iniziali effettuati sul
proiettile: "Lunedì ne entreremo
in possesso - spiega - ma
ripeto, se il proiettile ha
colpito un filo di una rete,
tutta la rete o quello che
volete voi, non cambia niente a
livello di responsabilità.
L’agente ha mirato verso l’auto
con il braccio teso. La nostra
convinzione è quella che ha
testimoniato il rappresentante
di commercio che ha assistito
alla scena. Il proiettile non ha
subito nessuna deviazione ed è
arrivato diretto sul finestrino
dell’auto, colpendo prima il
vetro e poi mio figlio. L’agente
ha sbagliato, ha estratto una
pistola, cosa che non doveva mai
fare se non per legittima difesa
o per difendere qualcuno e ha
sparato". Poi la precisazione:
"Aspettiamo, però, perché
comunque stiamo commentando le
dichiarazioni dell’avvocato di
Spaccarotella ed è chiaro che
sono di parte. Quella data da
Molino è un’interpretazione.
Vorrei ricordare come siamo in
presenza di un proiettile che
andava a 360 chilometri orari e
la traiettoria quindi era
quella. La deviazione si ha, se
per assurdo si spara un colpo in
aria e questo colpisce un
aeroplano che sta passando, non
quando si mira con il braccio
teso". Infine l’amara
constatazione: "Siamo
preoccupati, ma lo eravamo anche
prima, e coscienti che la
battaglia sarà dura perché
andiamo a toccare le
istituzioni. Nessuna sorpresa,
comunque, me lo aspettavo".
Dello stesso avviso Cristiano,
il fratello di Gabriele:
"L’avvocato dell’agente ha
chiamato i giornalisti per dar
loro una sua lettura della
vicenda, che però va a cozzare
con l’esito degli accertamenti
rinvenuti sul proiettile. In
quegli esami, infatti, le uniche
tracce sulla pallottola erano il
vetro dell’automobile dove
viaggiavano i ragazzi e la
collanina di mio fratello. Non
c’è stata quindi alcuna
deviazione e la posizione di
questa persona non cambia. Anche
se la perizia balistica dovesse
confermare che ha toccato un
filo della rete, la deviazione
poteva esser presa in
considerazione solo se lui
avesse sparato in alto. Avendolo
fatto invece a braccia tese,
verso il bersaglio che lui si
era prefissato di colpire, un
eventuale cambiamento di
traiettoria non ha alcuna
rilevanza. La sua responsabilità
non muta. La tesi dell’avvocato
della difesa è un abominio
giuridico, difficile da
sostenere e argomentare".
16 febbraio 2008
Fonte: La Repubblica
Tifoso ucciso,
l’avvocato del poliziotto: Il
colpo fu deviato
di Marino Bisso
ROMA - Sulla morte di
Gabriele Sandri è sempre più
guerra di perizie. Due mesi fa,
erano stati i legali della
famiglia del tifoso laziale ad
anticipare i risultati degli
esami sul proiettile per
escludere che lo sparo
dell’agente fosse stato deviato.
Ieri, invece, il difensore di
Luigi Spaccarotella, il
poliziotto accusato di omicidio
volontario per la morte di
Sandri, ha reso noto che perizia
balistica confermerebbe la
deviazione della pallottola che
l’11 novembre scorso ha ucciso
il ventottenne romano nell'
autogrill di Badia al Pino
vicino ad Arezzo. Secondo
l’avvocato Francesco Molino,
legale del poliziotto, a
determinare la deviazione
sarebbe stato l’impatto fra il
proiettile e la rete metallica
che divide le corsie
dell’autostrada. Gli esiti degli
esami, affidati dalla procura
aretina al professor Domenico
Compagnini, sono racchiusi in
cinque tomi, contenenti dettagli
dei reperti recuperati, studi
sulla traiettoria e studi di
natura chimica sul proiettile.
La relazione è stata depositata
giovedì sera. Ma dalla Procura
non arriva alcuna conferma.
"Dico solo che la prossima
settimana - spiega il pm
Giuseppe Ledda - interrogherò di
nuovo il poliziotto". L' ipotesi
di una deviazione sarebbe emersa
anche da una perizia svolta dal
Cnr e depositata a metà gennaio.
L' esame avrebbe riscontrato la
presenza sull' ogiva di tracce
di zinco e alluminio, metalli
presenti sul rivestimento della
rete che venne attraversata
dallo sparo esploso dalla
carreggiata opposta a quella
sulla quale si trovava l’auto
con a bordo Sandri. Ma l’ipotesi
che la pallottola sia stata
deviata prima di colpire
mortalmente il giovane viene
contestata dai legali della
famiglia Sandri che dal primo
momento hanno parlato di un
colpo di pistola mirato e
comunque sparato ad altezza d'uomo. "È stato dimostrato che il
proiettile esploso dall' agente
non impattò sulla rete di
divisione e non venne deviato",
replica il legale della famiglia
Sandri, l’avvocato Michele
Monaco alle anticipazioni
fornite sulla perizia balistica
diffuse dal difensore del
poliziotto. "Al momento l’unica
perizia a noi nota - ribadisce
l’avvocato Monaco - è quella del
professor Gabriel Maria Ingo
secondo cui non sono state
trovate molecole riconducibili a
reti metalliche, vetri o pietre
sul proiettile. Gli esami
chimici infatti avevano così
escluso che la traiettoria della
pallottola potesse essere stata
spostata prima di colpire al
collo Gabriele".
16 febbraio 2008
Fonte: La Repubblica
Ultrà ucciso, l’agente
si difende
di Maurizio Bologni
Ha ripetuto di aver
sparato per sbaglio, mentre
correva. E ha mostrato segni di
nervosa incredulità alla lettura
di quattro testimonianze che
affermano invece il contrario:
ovvero di averlo visto prendere
la mira e sparare a braccia tese
verso l’auto sulla quale
viaggiava Gabriele Sandri, il
tifoso della Lazio ucciso l’11
novembre scorso nell' area di
servizio di Badia al Pino nei
pressi di Arezzo. Luigi
Spaccarotella, l’agente della
polstrada indagato per omicidio
volontario, ha ripetuto ieri
mattina quello che aveva detto
nella prima deposizione subito
dopo il fatto. L'
interrogatorio, durato un’ora e
venti minuti e condotto dal pm
titolare dell’inchiesta Giuseppe
Ledda e dal procuratore capo
Ennio Di Cicco, precede di pochi
giorni - si dice non più di una
settimana - l’avviso di
conclusione indagini al quale
dovrebbe seguire dopo venti
giorni la molto probabile
richiesta di rinvio a giudizio
per omicidio volontario. L'
inchiesta sembra ormai
incanalata verso questo epilogo.
A segnare il destino processuale
di Spaccarotella, almeno fino al
rinvio a giudizio, sono dunque
quattro testimonianze. Tra
queste, oltre alla deposizione
nota fin dal primo momento di un
agente di commercio romano,
anche quella di una cittadina
giapponese che, come altri, in
quelle ore di domenica 11
novembre si trovò a sostare
nell' area di servizio di Badia
al Pino, corsia sud
dell’Autosole, dopo Arezzo. Da
lì partì il colpo che raggiunse
e uccise Sandri, che si trovava,
nell' area di servizio sull'
altra corsia, su un’auto di
tifosi laziali, appena risaliti
a bordo dopo uno scontro con
alcuni sostenitori della Juve.
Spaccarotella racconta che il
colpo gli sarebbe partito mentre
correva in parallelo alla
direzione di movimento dell’auto
dei laziali per tentare di
leggere e annotare il numero di
targa. I quattro testimoni
dicono altro: sostengono di
averlo visto puntare e sparare
verso la vettura, alcuni di loro
affermano persino di averlo
notato a braccia tese. "Non si
capisce come possano aver visto,
Spaccarotella dava loro le
spalle, le testimonianze sono
contraddittorie" ha detto ieri
Giampiero Renzo, che difende
l’agente di polizia assieme a
Francesco Molino. Secondo i due
legali Spaccarotella dovrebbe
invece essere scagionato sulla
base della perizia balistica
ordinata dal pm. "Dimostra che
lo sparo partì accidentalmente,
mentre il nostro assistito non
si trovava sulla stessa linea
dell’auto, e che il proiettile
subì una deviazione di 70
gradi". I legali della famiglia
Sandri danno un’altra lettura
della perizia e ritengono che la
deviazione del proiettile,
avvenuta su una rete metallica
di divisione delle corsie
autostradali, non abbia
modificato la traiettoria del
colpo. E così, per il rinvio a
giudizio di Spaccarotella per
omicidio volontario, saranno
decisive le testimonianze. Poi,
al processo, si vedrà. (ma. bo.)
28 febbraio 2008
Fonte: La Repubblica
Tifoso morto, indagini
chiuse confermato omicidio
volontario
AREZZO - Chiuse le
indagini preliminari per
l’omicidio del deejay e tifoso
della Lazio Gabriele Sandri
avvenuto l’11 novembre scorso
nell' area di servizio Badia al
Pino Est, in provincia di
Arezzo, sull' A1. Confermata
l’accusa di omicidio volontario
per l’agente di polizia Luigi
Spaccarotella. L' avviso è stato
firmato dagli inquirenti
mercoledì mattina, 10 minuti
dopo l’ultimo interrogatorio del
poliziotto. È stato poi
notificato al poliziotto e ai
legali sia della difesa
(Francesco Molino e Gianpiero
Renzo) che della parte offesa
(Fabio Monaco). Durante
l’interrogatorio di mercoledì,
l’agente - avevano riferito gli
avvocati della difesa - aveva
confermato punto per punto ciò
che aveva detto la prima volta,
contestando il fatto di aver
preso la mira per sparare: "Quel
colpo, che poi è risultato
essere fatale per Sandri è
partito accidentalmente mentre
il poliziotto correva".
1 marzo 2008
Fonte: La Repubblica
Manganelli: Sandri non
era un eversore
ROMA - Gabriele Sandri
era un tifoso "ma non
apparteneva al mondo
dell’estremismo eversivo". Lo ha
detto il capo della Polizia
Antonio Manganelli che ha
aggiunto: "Io ho grande rispetto
per il mondo delle tifoserie. È
un mondo di passioni, di colori,
di voglia di stare insieme.
Gabriele apparteneva a questo
mondo, non all' estremismo
eversivo". E domani "contro il
tifo violento" il papà di
Gabriele assisterà al derby con
Gabriele Paparelli, il cui padre
30 anni fa venne ucciso da un
razzo sparato dalla curva sud.
18 marzo 2008
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Lalaziosiamonoi.it
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