Scontri nella zona
intorno all'Olimpico fino a
Ponte Milvio
Centinaia di tifosi
attaccano le sedi di polizia e
carabinieri
Roma, scoppia la
guerriglia ultrà assalti alle
caserme, Coni devastato.
ROMA - Un assalto in
piena regola, un blitz di
centinaia tifosi contro una
caserma della polizia in via
Guido Reni a Roma, la caserma
delle volanti nella zona del
Flaminio. Un altro assalto al
commissariato di polizia di
Porta del Popolo, messo sotto
assedio da decine di teppisti
con spranghe, tondini di ferro e
sanpietrini. Un altro contro i
poliziotti barricati nello
stadio Olimpico e nella sede del
Coni. E poi, come in una marcia
forzata dall'Olimpico verso
Ponte Milvio e Tor di Quinto, un
intero quartiere ostaggio della
violenza. È il caos. È il
prepartita e il dopo partita
della partita che non ci sarà.
Roma-Cagliari è stata rinviata a
data da definirsi come altre due
partite di oggi. Non ci sono le
condizioni per giocare dopo la
morte di Gabriele Sandri, 28
anni, tifoso laziale ucciso da
un colpo di pistola sparato da
un agente della Polstrada in un
autogrill vicino ad Arezzo. La
decisione di sospendere la gara,
dopo una domenica all'insegna
della tensione in tutti gli
stadi d'Italia, è arrivata nel
tardo pomeriggio. Ma i tifosi
sono andati comunque allo stadio
e poco dopo le 18 sono
incominciati gli scontri. Ma gli
autori non sono solo romanisti.
Ci sono anche i laziali: un
fronte unito contro un nemico
comune, le forze dell'ordine. La
caserma - In via Guido Reni c'è
la caserma delle volanti. La
polizia, in tenuta antisommossa,
cerca di contenere l'assalto.
Due giovani vengono arrestati.
Secondo le prime informazioni
sarebbero due giovani ultras, un
ragazzo ed una ragazza. Avevano
i volti coperti da bandane ed
erano armati di bastoni. Lì
vicino, a terra, resti di
mattoni, cassette di legno,
mazze. Davanti alla caserma,
alcuni cassonetti divelti. Tre
sono stati rovesciati in terra
sul lungotevere Flaminio. È
stato incendiato anche un bus.
Alcuni poliziotti parlano di
"danni ingentissimi". Sul posto
inoltre si è appreso che
l'assalto è avvenuto poco dopo
le 18, ma è stato bloccato e
disperso. Abitanti della strada
hanno riferito che gli ultras
hanno rovesciato fioriere,
rivoltato cassonetti e
ciclomotori, prima di essere
caricati dalla polizia. "Ci
hanno attaccato, erano almeno
400 persone. Non sono riusciti
ad entrare per un pelo",
racconta uno dei poliziotti. "Mi
hanno tirato una pietra di
grossa dimensione sulla
costola", ha detto Antonio
Soluri, un funzionario di
polizia ferito, "hanno sfondato
un vetro antiproiettile. Hanno
lanciato di tutto". Il
commissariato - In via Fuga a
Porta del Popolo dove c'è un
commissariato presidio di
polizia, la scena non è diversa.
Distrutto e dato alle fiamme il
portone, distrutte piante e
infranti vetri, incendiato un
bus della polizia. I due agenti
che si trovavano all'interno si
sono messi in salvo. Lo stadio -
Ma è vicino all'Olimpico che la
guerriglia si organizza e tiene
in scacco polizia e carabinieri.
Centinaia di tifosi assaltano la
sede del Coni lì vicino. Le
guardie di sorveglianza, non
armate, barricate all'interno
dell'edificio, mentre gli ultras
devastano le aree interne della
sede. È una manovra per attirare
le forze dell'ordine che
stazionano nell'area dello
stadio e ingaggiare uno scontro
organizzato. Quando i poliziotti
lo capiscono, tornano indietro
ma alcuni restano feriti. Gli
uffici del Coni vengono
devastati. I tifosi lanciano una
bomba carta all'interno
dell'atrio danneggiando i marmi.
Completamente distrutto
l'orologio con il count down
verso le Olimpiadi di Pechino
2008, tutte le vetrate rivolte
al lato di Lungotevere e i
computer della reception. Poi i
tifosi bloccano il ponte duca
d'Aosta con transenne e isolano
l'area dello stadio. Un
fotografo collaboratore
dell'Ansa viene picchiato e
derubato, un cameraman
aggredito. La violenza si sposta
a Ponte Milvio: un centinaio di
persone lancia una sassaiola
contro una caserma dei
carabinieri e una delle loro
auto viene incendiata. Intorno
alle 22, arrivano una decina di
camionette di polizia e
carabinieri e mettono in fuga il
gruppo di ultras. Resta il
ricordo del loro passaggio:
cassonetti divelti, vetri e
mazze abbandonate per terra,
pezzi di marciapiedi divelti.
"Hanno spaccato tutto - racconta
spaventato il gestore di un
ristorante sulla piazza - erano
una cinquantina di ragazzi,
tutti vestiti in nero, sono
venuti con le mazze e hanno
assalito anche alcuni negozi".
Restano tre fermati (i due del
commissariato più uno a Ponte
Milvio) e decine di carabinieri
e poliziotti feriti.
11 novembre 2007
Fonte: Repubblica.it
© Fotografia:Unionesarda.it
Battaglia a Roma,
assalto alle caserme
di Gabriele Isman e Laura
Mari
ROMA - Ore 18, le fiamme
cominciano ad alzarsi davanti
all'Olimpico. Bottiglie, caschi,
spranghe, bastoni lanciati
contro gli agenti di polizia e
carabinieri. Al grido di
"Assassini". Inizia così, appena
arriva la notizia del rinvio
della partita della Roma contro
il Cagliari, una serata di
scontri e di guerriglia urbana,
con caserme assaltate, agenti
asserragliati, macchine date
alle fiamme, la sede del Coni
devastata. È la risposta degli
ultras giallorossi e
biancocelesti all'uccisione di
Gabriele Sandri. Le frange
estreme delle due squadre si
sono coalizzate e cercano
vendetta. Alla fine si
conteranno almeno 15 tra
poliziotti e carabinieri feriti,
6 tra i vigili urbani, e anche
tre arrestati tra gli assalitori
della caserma di via Reni e
della sede Coni. Aggrediti
intorno allo stadio anche tre
fotografi, tra cui il
collaboratore di Repubblica
Paulo Siqueira; altri due sono
stati malmenati e rapinati delle
macchine fotografiche. Alle 17,
quando ormai la notizia della
morte di Sandri aveva fatto il
giro d' Italia, davanti
all'Olimpico una delegazione di
tifosi giallorossi incontra le
forze dell’ordine e concorda una
manifestazione pacifica davanti
allo stadio in memoria della
vittima. Poi il rinvio del
match, richiesto anche dall'
amministratore delegato
giallorosso Rossella Sensi che
più volte ha sentito al telefono
il sindaco Veltroni (in visita
ad Auschwitz con gli studenti
romani). Ed è a questo punto che
cominciano gli scontri. Si
inizia con l’aggressione a due
pattuglie dei vigili urbani, in
pochi minuti si passa dai
cassonetti rovesciati su
Lungotevere Flaminio alla rissa
armata a volti coperti degli
ultras contro polizia e
carabinieri, con le fiamme all'
Olimpico. In tutta la serata
solo ambulanze e mezzi dei
vigili del fuoco passeranno
indenni nella zona dello stadio:
anche i vigili ricevono l’ordine
di intervenire soltanto per casi
gravi e infortunistica stradale.
Alle 18 sono almeno 400 gli
ultras all' Olimpico contro le
forze dell’Ordine: bombe carta e
petardi da una parte,
lacrimogeni dall' altra per
almeno novanta minuti di
guerriglia in cui almeno tre
mezzi delle forze dell’ordine
vengono dati alle fiamme. All'
assalto dei tifosi - nessun
tratto di appartenenza sportiva,
ma per tutti volti coperti e
molte spranghe - la polizia
risponde con le cariche, fino a
quando gli ultras si dividono.
Alcuni restano a presidiare
l’Olimpico, devastando l’esterno
della sede Coni del Foro Italico
e spaccando pezzi di marmo alla
base dell’obelisco con la
scritta Mussolini. Altri si
dirigono verso via Guido Reni
dove in 200 assaltano il
commissariato con lacrimogeni,
petardi e bombe carta, mentre il
tricolore viene portato via come
un trofeo di guerra e la scritta
"Polizia 113" distrutta. Al
commissariato di via Fuga un
gruppo di 80 ultras riesce ad
arrivare fino all' ingresso.
Intanto su ponte Duca d' Aosta,
che porta all' Olimpico, 50
persone per lato si dispongono
ancora a volto coperto per
tirare sassi, bottiglie, lattine
contro i mezzi delle forze
dell’ordine che cercano la
ritirata. Finito il passaggio di
auto e camionette, gli stessi
ultras transennano il ponte e
sorvegliano gli accessi dal
Tevere. Intorno alle 20 isolano
l’area dello stadio e incendiano
i cassonetti: è una lotta per la
conquista del territorio urbano,
i tifosi gridano "vendetta" e in
100 tentano l’assalto al
commissariato di Ponte Milvio,
dove un’auto della polizia viene
data alle fiamme fino a quando
gli agenti caricano sul ponte
dei lucchetti dell’amore di
Moccia. Nel frattempo anche
piazza del Popolo si riempie di
mezzi della polizia, perché è
qui che gli ultras avrebbero
voluto concentrarsi in dopo la
partita Roma-Cagliari. Alle
23.30 il ritorno da Milano dei
treni con a bordo i tifosi della
Lazio. Con il calare della notte
il clima in città resta di pura
tensione.
12 novembre 2007
Fonte: La Repubblica
Olimpico: assalti,
fiamme e feriti
di Gabriele Isman e Laura
Mari
Una giornata di
guerriglia urbana. Non è bastato
il rinvio di Roma-Cagliari -
deciso dalla Federazione gioco
calcio per motivi di "civiltà"
su richiesta della società
giallorossa - a stemperare le
tensioni dopo l’uccisione del
tifoso biancoceleste Gabriele
Sandri. Scontri in varie parti
della città, dallo Stadio
Olimpico all' area
dell’Auditorium al Centro, con
un unico obiettivo: le forze
dell’ordine. Prima gli scontri
attorno all' Olimpico - "sei
vigili urbani feriti, e due auto
distrutte" dirà Gabriele Di
Bella, segretario aggiunto della
Cisl Polizia municipale - poi la
sassaiola di almeno 50 persone
contro i mezzi di polizia e
carabinieri che passavano sul
Ponte Duca D' Aosta e poi
l’assalto di 200 ultras a volto
coperto alla caserma della
polizia in via Guido Reni,
mentre altre volanti
presidiavano piazza del Popolo.
Alla fine almeno 15 feriti tra
gli agenti delle forze
dell’ordine. Appena si è diffusa
la notizia della morte del
giovane romano, via Internet si
è scatenata la rabbia che ha
accomunato tifosi biancocelesti
e giallorossi. Gli ultimi erano
anche pronti a disertare la
curva Sud - se il match
dell’Olimpico si fosse giocato -
in segno di lutto e solidarietà
con i supporter della Lazio. Vi
era stato anche un incontro tra
una delegazione di tifosi e le
forze dell’ordine per una
manifestazione pacifica davanti
all' Olimpico. Poi l’annuncio
del rinvio di Roma-Cagliari -
richiesto anche dall' ad della
società giallorossa, Rossella
Sensi, che aveva parlato più
volte al telefono con il sindaco
Walter Veltroni - è stato il
segnale che ha scatenato la
rabbia degli ultras: prima gli
amici di Sandri si erano dati
appuntamento via Internet a
piazza Euclide per una
fiaccolata in memoria del tifoso
ucciso sull' A1. Erano accorsi
in 300: "Non vogliamo ultras.
Gabbo (il soprannome del
ragazzo, ndr) non era solo un
tifoso della Lazio, ma anche un
deejay e, soprattutto, un bravo
ragazzo". Proprio a piazza
Euclide Sandri era passato anche
sabato sera: al raduno degli
amici tanta rabbia per quanto
accaduto in mattinata. "Perché
quel poliziotto ha sparato se
ormai era già finito tutto ?",
"Deve farsi almeno trent' anni
di galera" dicevano in tanti.
Intanto gli ultras organizzavano
la loro rabbia: negli ambienti
più caldi delle curve era
circolata l’idea di riversarsi
in Centro al termine della
partita, e per questo era stato
deciso di triplicare il numero
di agenti di polizia e
carabinieri in servizio allo
stadio. Poi dalle parole degli
amici ai fatti degli ultras,
dopo l’annuncio del rinvio.
Nell' ora e mezzo di follia
davanti all' Olimpico, dalle 18
alle 19.30, 400 tifosi a volto
coperto, senza sciarpe di Roma o
Lazio, armati di spranghe e
mattoni hanno dato la caccia
alle forze dell’ordine tra bombe
carta da una parte e lacrimogeni
dall' altra. Nella furia degli
ultras finiva anche la sede del
Coni, con le vetrate devastate.
Poi in 200 l’assalto alla
caserma Giglio di via Guido
Reni, con lacrimogeni tirati
dall' esterno contro i
poliziotti e anche un pulmino
incendiato: "Mi hanno tirato una
pietra di grossa dimensione
sulla costola. Hanno sfondato un
vetro antiproiettile. Hanno
lanciato di tutto", racconterà
sull' ambulanza Antonio Soluri,
funzionario di polizia ferito in
via Reni dove sono stati
arrestati un ragazzo e una
ragazza. Altre 80 persone hanno
assaltato il posto fisso di
polizia di via Fuga, un
centinaio ha tentato di
assaltare il commissariato di
Ponte Milvio, incendiando al
proprio passaggio i cassonetti.
Gli scontri sono poi proseguiti
davanti allo stadio con 500
ultras armati di spranghe ad
accogliere le camionette di
polizia e carabinieri che hanno
potuto soltanto ritirarsi. "Una
giornata terrificante" dice un
poliziotto con 20 anni di
carriera alle spalle: "Mai visto
nulla di simile". (ha
collaborato Silvia Scotti)
12 novembre 2007
Fonte: La Repubblica
Assalti, fiamme, feriti:
Roma sott'assedio
di Gabriele Isman e Laura
Mari
Una giornata di
guerriglia urbana: fiamme,
paura, feriti, arrestati. Una
città sotto assedio, tra la
violenza degli ultras e scontri
con polizia e carabinieri. E poi
la devastazione: dai marmi della
base dell'obelisco del Foro
italico alla bomba carta nella
sede del Coni alle auto e
motorini danneggiati. Dai
cassonetti bruciati alle insegne
rovinate, dagli dell'Olimpico
alla polizia schierata a piazza
del Popolo, davanti al
Parlamento e al Quirinale.
Romani e turisti in fuga. Non è
bastato il rinvio di
Roma-Cagliari a stemperare le
tensioni dopo l'uccisione di
Gabriele Sandri. Scontri in
varie parti della città, dalle
caserme del Flaminio ai
commissariati, con un unico
obiettivo nel mirino degli
ultras: le forze dell'ordine.
Prima gli assalti intorno
all'Olimpico, in cui vengono
anche divelti pezzi di marmo
dalla base dell'obelisco. E si
contano già 6 vigili urbani
feriti e 2 auto distrutte. Poi
la sassaiola di un centinaio di
tifosi contro mezzi di polizia e
carabinieri che passavano sul
Ponte Duca d'Aosta e, a seguire,
l'assalto di 200 ultras alla
caserma del reparto volanti
della polizia in via Reni,
mentre le camionette
presidiavano piazza del Popolo.
Alla fine almeno 15 feriti tra
gli agenti. Appena si diffonde
la notizia della morte di
Sandri, via Internet si scatena
la rabbia che unisce tifosi
biancocelesti e giallorossi.
Questi ultimi erano anche pronti
a disertare la curva Sud - se il
match dell'Olimpico si fosse
giocato - in segno di
solidarietà con i supporter
della Lazio. L'annuncio del
rinvio di Roma-Cagliari è il
segnale che scatena la rabbia
degli ultras: negli ambienti più
caldi delle curve coalizzate era
circolata l'idea di riversarsi
in Centro al termine della
partita, mentre allo stadio era
stato deciso di triplicare il
numero di agenti in servizio.
Poi il rinvio: nelle due ore di
follia all'Olimpico, dalle 18
alle 20, a volto coperto 400
tifosi, senza sciarpe di Roma o
Lazio, con spranghe, bulloni e
mattoni danno la caccia ai
poliziotti con molotov e bombe
carta. Gli altri rispondono con
i lacrimogeni. Nella furia degli
ultras finisce anche la sede del
Coni, con una bomba carta che ne
devasta le vetrate. Nemmeno
l'orologio del countdown verso
le Olimpiadi si salva.
"L'attacco al Coni è stato un
diversivo per attirare gli
agenti e attaccare poi i
commissariati ormai sguarniti "
dirà un funzionario dello stesso
comitato olimpico. Poi l'assalto
alla caserma Giglio di via Guido
Reni, con lacrimogeni lanciati
dall'esterno e un pullman
incendiato: "Mi hanno tirato una
grossa pietra sulle costole.
Hanno sfondato un vetro
antiproiettile. Hanno lanciato
di tutto", racconterà
sull'ambulanza Antonio Soluri,
funzionario di polizia ferito in
via Reni, dove sono arrestati un
ragazzo e una ragazza. Una terza
persona finirà in manette
davanti al Coni. Altri 80 ultras
assaltano il posto fisso di
polizia di via Fuga, un
centinaio tenta di attaccare il
commissariato di Ponte Milvio,
incendiando al proprio passaggio
i cassonetti e un'auto sulla
piazza, provocando cariche della
polizia sullo stesso ponte.
"Eravamo qui per l'aperitivo -
racconterà una cliente della
pasticceria Mondi - quando è
scoppiato il finimondo, ci siamo
dovuti barricare per mezz'ora
nell'androne di un palazzo".
Angelo Giuliani, vicecomandante
della polizia municipale, ordina
alle sue pattuglie: "Girate con
lampeggiante spento e
intervenite solo per emergenze e
infortunistica". Gli scontri
proseguono ancora davanti allo
stadio con 500 ultras armati di
spranghe ad accogliere le
camionette che possono soltanto
ritirarsi. "Una giornata
terrificante" dice un poliziotto
con 20 anni di carriera alle
spalle: "Mai visto nulla di
simile ". Alle 23.30 il rientro
a Termini di 47 tifosi
biancocelesti da Milano: "Hanno
ucciso uno di noi. Vogliamo
giustizia" avevano detto nel
pomeriggio. (hanno collaborato
Stefano Carina e Silvia Scotti)
12 novembre 2007
Fonte: La Repubblica
Gli ultrà attaccano Rai
e polizia
di Davide Carlucci e
Sandro De Riccardis
Una città in mano agli
ultrà per un’intera giornata.
Alla fine, la rabbia dei tifosi
dell’Inter e della Lazio per la
morte del tifoso Gabriele
Sandri, ucciso per un errore ad
Arezzo da un agente della
polizia stradale mentre stava
tentando di raggiungere Milano,
è stata contenuta da polizia e
carabinieri: la linea del
questore Vincenzo Indolfi è
stata quella della prudenza. Ma
fino a tarda sera, quando i
manifestanti sono stati
raggiunti in piazza Duomo da
quaranta Viking juventini di
ritorno da Parma, le
provocazioni sono state tante: i
tifosi hanno aggredito
giornalisti, cameraman,
automobilisti e persino un
dipendente dell’ATM che ha
cercato di opporsi all'
invasione in metrò. Hanno
danneggiato auto della polizia e
sfidato gli agenti in tenuta
antisommossa davanti alla Rai.
E, soprattutto, hanno preso d'
assalto il commissariato di
polizia di via Novara, lanciando
pietre, bottiglie e fumogeni.
Fino a quel momento era
presente, nel corteo, anche il
capogruppo di Alleanza nazionale
in consiglio comunale Carlo
Fidanza, che ammette: "Sì, ho
partecipato al corteo degli
ultrà dopo l’annuncio della
sospensione della partita. Ma
sono arrivato solo fino in via
Novara, davanti al
commissariato. E quando sono
iniziati gli atti di vandalismo
me ne sono andato. Condivido
parte delle ragioni della
protesta, ma condanno ogni atto
di violenza". Che l’obiettivo
del corteo fosse il
commissariato e che le
intenzioni non fossero
propriamente improntate alla
pacatezza era chiaro sin dall'
inizio della mattinata. "Gli
obiettivi siamo noi", confessava
un poliziotto poco prima che si
decidesse lo stop alla partita.
La sfilata degli ultrà è partita
intorno alle due del pomeriggio
quando davanti agli ingressi
allo stadio sono apparsi i
tifosi della curva del Varese
basket - reduci dal Datchforum
di Assago dove anche i tifosi
della Armani Jeans Milano hanno
abbandonato il palazzetto per
protesta - salutati subito con
il braccio teso dai tifosi
dell’Inter già presenti nello
stadio. Si erano dati
appuntamento lì con alcuni ultrà
militanti del gruppo di estrema
destra Cuore nero, che hanno
preso la testa del corteo,
aperto da due striscioni "Amato
dimettiti" e "Per Raciti fermate
il campionato ma la morte di un
tifoso non ha significato". La
tensione comincia a salire:
slogan contro la polizia -
"assassini" - e contro i
giornalisti. Cori rabbiosi -
"Gabriele sei uno di noi",
"Ultras liberi" e offese a
Filippo Raciti, il poliziotto
ucciso dai tifosi a Catania, e
alla moglie. C'è uno sparuto
gruppo di tifosi della Lazio, la
squadra contro la quale l’Inter
doveva giocare - le due
tifoserie sono gemellate - e per
la quale tifava Sandri: tirano
fuori la sciarpa biancazzurra e
ricevono applausi. Ma più che la
solidarietà si cercano obiettivi
contro cui sfogare la rabbia.
"Andiamo al campo rom - propone
un tifoso - no, andiamo a
distruggere il Conchetta". La
folla s' ingrossa, compaiono
ragazzi con le croci celtiche
sulla mimetica. C'è chi inneggia
al Duce, e chi commenta,
entusiasta: "Se continuiamo così
rivoltiamo Milano". Poliziotti e
carabinieri hanno infatti
lasciato lo stadio per evitare
che la situazione precipitasse.
E la marcia degli ultrà prosegue
indisturbata. Fino all' arrivo
al commissariato di via Novara,
dove ha sede il commissariato.
Ora i ragazzi urlano: "Uccidete
anche noi", "Bastardo spara
anche a noi". E accendono le
sterpaglie davanti all' entrata,
lanciano bottiglie e fumogeni
anche all' interno: le fiamme
rischiano di dar fuoco a
un’automobile. Più avanti
l’obiettivo diventano i
giornalisti: viene aggredito un
cameraman della Rai, poi tocca a
due giornalisti di Repubblica e
Giornale, presi a calci e pugni.
"Una brutta reazione, quella
degli ultrà", commenta il
prefetto Gian Valerio Lombardi.
"Una scorribanda intollerabile"
per Riccardo De Corato,
vicesindaco di Milano, mentre
Filippo Penati, presidente della
Provincia, esprime solidarietà
ai giornalisti aggrediti.
12 novembre 2007
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Laroma24.it
Battaglia per le strade
di Roma
Attacchi a caserme e al
Coni
di Imparato Gaetano
Nel pomeriggio la
decisione di non far giocare
Roma-Cagliari, ma gli ultrà si
radunano e in 200 danno il via
agli incidenti. Il bilancio: 20
feriti e 3 arresti.
ROMA - Doveva giocarsi
una partita di calcio, intorno
all' Olimpico è stata invece
guerriglia. La zona dello stadio
è finita ostaggio della follia,
della violenza, della vendetta.
Dietro lo Stadio dei Marmi,
ultrà laziali e romanisti si
sono dati appuntamento - verso
le 18 - per "giocare" alla
guerra con polizia e
carabinieri. Il palazzo del Coni
è stato il bersaglio di
sassaiole e l’atrio è stato
devastato dall' esplosione d'
una bomba carta: vetri in
frantumi e custodi
asserragliati, terrorizzati, con
uffici messi a soqquadro. Nella
piazza dell’Obelisco è stato
aggredito un cameraman, poco
distante si tentava di appiccare
il fuoco ad un piccolo
commissariato per poi tentare
l’ambizioso assalto al reparto
della Mobile nella caserma
Giglio. Una ventina i feriti:
ben sei i vigili urbani oltre
tre fotografi (tra i quali una
donna). Tre gli arresti, c'è
anche una coppia che ha
partecipato all' assalto della
caserma. TEMPIO VIOLATO - Vedere
i busti, immacolati, dello
Stadio dei Marmi, sparire tra il
fumo dei lacrimogeni, mentre
circa 200 tifosi assalivano
prima un gruppo di steward, poi
la polizia che è accorsa, ha
stretto il cuore. È durato circa
mezzora il primo atto di
guerriglia urbana, con il
ministero degli esteri della
Farnesina sullo sfondo. Ultrà
con volti coperti, armati di
spranghe e mazze hanno
rovesciato moto, cassonetti,
divelto pali, caricato i
celerini lanciandogli contro una
ventina di bombe carta. Soliti
cori, vecchi slogan, antica
rabbia dirottata, poi, verso il
palazzo del Coni. Il tempio
dello sport italiano è stato
preso d' assalto. Non solo la
bomba carta, ma anche distrutti
alcuni uffici al piano terra.
Alla fine, lo scenario era da
passaggio d' una tromba d' aria.
SCUOLA DI POLIZIA - È stato
breve, poi, il tragitto per
raggiungere il piccolo
commissariato di Porta del
Popolo, travolgendo un
cameraman, e la sua telecamera,
reo di avere filmato i
protagonisti dell’assalto. Ma,
non paghi, i tifosi in assetto
di guerra hanno creato
scompiglio in via Reni, sede
della Caserma Giglio, il
quartiere generale della Celere
di servizio all' Olimpico, il
Reparto mobili davanti all'
Accademia di polizia. Vasi
divelti, un ciclone di rabbia
che ha travolto tutto ciò che
trovava a tiro. Altri 20 minuti
di ordinaria follia, con le
famiglie che abitano nei palazzi
prospicienti la caserma ad
assistere stupiti e
terrorizzati. L' arrivo, a
raffica, di circa 10 blindati a
sirene spiegate ha riportato la
calma, mentre gli esagitati si
sono spostati in zona stadio.
PONTE SBARRATO - Gli ultimi due
schiaffi all' ordine costituito
sono la chiusura del ponte Duca
d' Aosta con le balaustre
servite per indirizzare il
traffico e l’assalto a Ponte
Milvio. Gli ultrà sperano che
accorrano i celerini per
ridarsele di santa ragione. Ma
la rabbia scema, come se le
bravate realizzate avessero
appagato la vendetta. Dura una
mezzora il blocco, si chiude la
serata da teppisti con un raid a
Ponte Milvio: macchina
incendiata insieme a una
roulotte, vicinissima al
lampione coi catenacci
dell’amore. Per una sera, si
vedono solo spranghe e catene
dell’odio. GARA SOSPESA - E
pensare che l’acquazzone delle
sei del pomeriggio sembrava
avere gelato la smania di
vendetta. Da poco era divenuta
ufficiale la sospensione di
Roma-Cagliari, per lo sconforto
di quattro giapponesi che
mostravano i biglietti. Appena
saputo della tragedia, il
sindaco Veltroni aveva
telefonato a Rosella Sensi
consigliandole di spingere per
il rinvio della partita col
Cagliari. "È giusto non giocare"
commentava l’a.d. della Roma.
Del resto, il tam tam in città
prometteva nulla di buono: "Non
entriamo nello stadio, rimaniamo
fuori e guai se la polizia ci si
avvicina" trapelava tra gli
ultras della Sud. Rosella Sensi
contattava sia Abete che
Matarrese. "È giusto chiedere il
rinvio per solidarietà con la
tifoseria laziale e della città
di Roma colpita dal lutto per la
scomparsa del giovane tifoso
Gabriele Sandri" ha ripetuto a
tutti. E l’ha spuntata, con
l’aiuto dell’Osservatorio del
Viminale e la decisione finale
del prefetto.
12 novembre 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
L' amico di Gabbo:
"Voglio giustizia"
di Stefano Boldrini e
Giampiero Timossi
Marco Turchetti ha 19
anni guidava l’auto all' uscita
dell’area di servizio Badia al
Pino Nord, vicino Arezzo, dove
l’11 novembre fu ucciso, con un
colpo di pistola sparato dall'
agente Luigi Spaccarotella il
tifoso laziale Gabriele Sandri.
Ieri, Marco è stato intervistato
dal Tg1. Marco ha ribadito le
dichiarazioni di 10 giorni fa:
"Stavamo ripartendo dall' area
di servizio. Ricordo un tonfo e
un respiro affannoso. Non
riuscivo a capire cosa fosse
successo. Quando ci siamo resi
conto, era troppo tardi. Siamo
arrivati di corsa al casello, ma
Gabriele era già morto. Ci è
morto tra le braccia, senza
motivo. Eravamo partiti da Roma
festosi. Mio padre per la prima
volta mi aveva prestato la
macchina. Ora spero che la
giustizia faccia il suo dovere,
che chi ha sbagliato si prenda
le sue responsabilità".
L'APPELLO DEI SANDRI - La
famiglia Sandri ha lanciato un
messaggio sui giornali romani
alla riapertura del campionato.
Un appello alla non violenza. Ad
Arezzo, proseguono le indagini.
Al professor Paolo Russo di
Ferrara è stata affidata la
ricostruzione computerizzata
dell’episodio. Attraverso un
sistema di scanner
tridimensionale, collocato nell'
area di servizio opposta, è
stata riprodotta l’auto - una
Renault Scenic - e la posizione
dei suoi occupanti: si sta
cercando di rivivere tutta la
scena dello sparo. Il luogo dove
è morto Gabriele Sandri continua
a essere meta di pellegrinaggio
di tifosi di tutte le squadre:
sciarpe, berretti e biglietti
non si contano più. Sempre ad
Arezzo, si è presentato ieri in
visita privata il capo della
polizia, Antonio Manganelli.
"Portiamo il peso sulla nostra
coscienza di quanto è accaduto
ad Arezzo", disse la scorsa
settimana. La famiglia Sandri
continua ad invocare giustizia e
si chiede: perché non è stato
arrestato l’agente Spaccarotella
? La risposta degli inquirenti è
che non ci sono le condizioni
che fanno scattare il
provvedimento (pericolo di fuga,
di reiterazione del reato o di
inquinamento delle prove).
24 novembre 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
Non perdono chi un mese
fa uccise Gabriele
ROMA - "Impossibile
perdonare. Potrei farlo solo se
tornasse mio fratello". A più di
un mese dall'omicidio di
Gabriele Sandri, il fratello
Cristiano non può ancora
accettare il destino tragico
della sua famiglia. Neanche una
parola di rassegnazione,
nell'intervista che andrà in
onda stasera in esclusiva alla
"Domenica sportiva". Il fratello
del tifoso laziale ucciso l’11
novembre scorso nell'area di
servizio di Badia al Pino ha
raccontato le ansie della
famiglia, prima fra tutte quella
che non sia fatta giustizia:
"Abbiamo paura che su questa
vicenda si stia mettendo un
silenziatore. Speriamo che la
giustizia faccia il suo corso
indipendentemente dall'attività
svolta da chi ha ucciso mio
fratello". Le perizie sul luogo
del delitto avrebbero stabilito
che il proiettile che ha colpito
Gabriele Sandri, in viaggio per
Milano per assistere a
Inter-Lazio, non sarebbe stato
deviato da nessun oggetto
incontrato sulla sua
traiettoria. Una conclusione su
cui litigano i legali dei Sandri
e dell’agente della Polstrada
Luigi Spaccarotella, che colpì
il giovane al collo. La famiglia
del dj romano punta a dimostrare
che si è trattato di "omicidio
volontario", ma teme una
conclusione della vicenda ben
diversa. (m.ch.)
23 dicembre 2007
Fonte: La Repubblica
© Fotografia: Unionesarda.it
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