CRONACA - Il racconto
della testimone dell'omicidio
del tifoso laziale, ucciso sulla
A1. "Puntò la pistola verso
quell'auto. La teneva con
entrambe le mani. Poi sparò".
Sandri, la superteste
giapponese
"L'agente mirò per 10
secondi"
di Marino Bisso
AREZZO - "Quel
poliziotto prima di sparare
puntò l'arma e prese la mira per
dieci secondi...". È l'accusa
della supertestimone
dell'omicidio di Gabriele
Sandri. Ma non solo: cinque
giorni prima aveva superato con
giudizio positivo
l'addestramento al poligono di
tiro. Era il 6 novembre 2006,
qualche giorno dopo, domenica
11, l'agente della polstrada
Luigi Spaccarotella estrasse la
pistola d'ordinanza e sparò
contro l'auto con a bordo
Gabriele Sandri uccidendo il
28enne tifoso della Lazio. "Non
fu un colpo accidentale.
Quell'agente mirò prima di
premere il grilletto" hanno
sempre sostenuto i famigliari di
Sandri, assistiti dall'avvocato
Michele Monaco. Una
ricostruzione fatta propria dal
pm Giuseppe Ledda che, a
chiusura dell’indagine, ha
confermato l'imputazione di
"omicidio volontario". Una
conclusione basata su alcune
dichiarazioni. Ad accusare il
giovane poliziotto sono due
donne e in particolare
un'operatrice turistica
giapponese che per caso quella
domenica si trovava nell'area di
servizio di Badia al Pino
sull'A1, vicino ad Arezzo. Keiko
H, 42 anni, è la supertestimone
dell'inchiesta sull'uccisione di
"Gabbo". Il 15 novembre ha
raccontato la sua verità agli
investigatori della guardia di
finanza e ora le sue
dichiarazioni sono finite tra le
migliaia di pagine depositate
dalla Procura di Arezzo. "Dopo
aver fatto colazione - si legge
sul verbale - uscivo
dall'autogrill per fumare una
sigaretta nel piazzale
antistante. All'improvviso
sentii uno sparo. Ma non capivo
la provenienza. Vidi allora dei
ragazzi, dall'altra parte
dell'autostrada, scappare e
correre verso delle autovetture.
Successivamente vidi i due
poliziotti correre verso di me e
in particolare uno dirigersi
verso l'estremità del piazzale
mentre dall'altra parte i
ragazzi salivano su
un'autovettura di colore chiaro.
Il poliziotto dopo essersi
fermato puntava una pistola
tenendola con entrambe le mani
protese in direzione
dell'autovettura e dopo circa
dieci secondi sparava. Ricordo
bene il momento dello sparo:
l'autovettura era in movimento e
anche dopo proseguiva la marcia.
A quel punto, impaurita, mi sono
recata verso il pullman sul
quale viaggiavo". La versione
della giovane giapponese trova
conferma anche dal racconto di
una cassiera dell'autogrill. La
donna però riferisce di aver
sentito uno solo sparo.
"All'interno del market un mio
collega aiutava a fare delle
fotocopie, dopo alcuni minuti
l'agente è uscito. Dopo un
quarto d'ora udivo il suono di
una sirena. Allora uscivo dal
locale e vidi che c'erano due
auto della polizia. Nell'area di
servizio opposta vedevo delle
persone correre con in mano dei
bastoni o qualcosa di simile e
raggiungere un'autovettura e
saliti a bordo partire in
direzione nord". La dipendente
dell'autogrill racconta poi il
momento dello sparo. "In
quell'istante uno dei poliziotti
mi è passato davanti. Giunto
alla fine del guardrail,
all'altezza di un cumulo di
terra smossa, ha disteso
entrambe le mani impugnando la
pistola. Ha aspettato che
quell'auto imboccasse la rampa
che dà accesso all'autostrada e
poi ho udito un colpo di
pistola. E mentre l'auto
continuava il suo viaggio, il
poliziotto è tornato sui suoi
passi, sempre correndo, e ha
raggiunto i suoi colleghi". E
ancora: "Non ho notato
assolutamente se il poliziotto
durante la corsa, sia all'andata
che al ritorno, avesse in mano
una pistola che, ripeto, gli ho
visto impugnare solo poco prima
della sparo".
11 marzo 2008
Fonte: Repubblica.it
© Fotografia: Freeforumzone.com
Rinviato per un vizio di
procedura l'inizio del
dibattimento. Due mesi per
stabilire una nuova data. Il
poliziotto Spaccarotella deve
rispondere dello sparo che l'11
novembre uccise il tifoso
laziale.
Omicidio Sandri,
processo al via ma l'udienza
viene annullata
L'imputato non era
presente in aula per paura di
possibili ritorsioni degli
ultras.
AREZZO - Il processo per
l'omicidio di Gabriele Sandri si
ferma prima ancora di
cominciare. L'udienza
preliminare di oggi è stata
annullata per decisione del Gup
Simone Salcerini, che ha accolto
un'eccezione della difesa. Per
stabilire una nuova data
bisognerà attendere circa due
mesi. Alla fase preliminare del
processo non aveva preso parte
l'imputato Luigi Spaccarotella,
l'agente della Polstrada di
Arezzo accusato di omicidio
volontario, per timore di
ritorsioni della tifoseria
laziale. Increduli i presenti,
composta la reazione dei
famigliari di Gabriele Sandri:
"Spero - ha detto la madre - che
questo sia l'ultimo alibi, che
la prossima volta si possa
andare avanti fino in fondo". Il
rinvio - La decisione del
giudice dell'udienza preliminare
ha accolto l'eccezione avanzata
da uno dei legali di
Spaccarotella, a cui non è stato
trasmesso l'atto di chiusura
dell'indagine preliminare.
"Hanno mandato l'avviso a un
numero di fax sbagliato e,
quindi, in un luogo che non era
il mio ufficio - ha detto Renzo
- ed hanno contestato la mia
correttezza". Adesso si dovrà
procedere a riformulare l'atto e
notificarlo nuovamente, un
lavoro che richiederà un tempo
stimato tra il mese e mezzo e i
due mesi. Michele Monaco, legale
della famiglia Sandri, ha però
annunciato provvedimenti. "Il
consiglio dell'ordine degli
avvocati dovrà verificare se si
tratta di un comportamento
deontologicamente corretto, si
dubita che l'avvocato Renzo
abbia ricevuto la notifica al
numero di fax che era stato
comunicato alla cancelleria del
Tribunale". Sulla decisione del
giudice Monaco si è però detto
d’accordo. "Non ci aspettavamo
il rinvio, comunque il Gup ha
fatto bene ad accogliere
l'eccezione, se no rischiavamo
di veder travolgere il processo
e la Cassazione avrebbe potuto
annullarlo". Le minacce - Prima
della notizia del rinvio, il
legale di Spaccarotella aveva
spiegato di temere per
l'incolumità dell'assistito,
motivata dalla presenza di
gruppi di ultras davanti al
tribunale. Spaccarotella nei
giorni scorsi avrebbe ricevuto
inoltre una serie di segnali
"che possono far pensare a un
pericolo concreto". L'avvocato
Giampiero Renzo si è rifiutato
però di chiarire se il
poliziotto abbia ricevuto
minacce dirette. "Non lo posso
dire - ha risposto - ma basta
vedere i manifesti e le scritte
che ci sono a Roma. Comunque noi
non abbiamo presentato denunce".
Renzo ha poi aggiunto di essere
rattristato per l'assenza
dell'agente in aula "perché
speravo che il giudice potesse
vederlo in faccia, potesse
vedere il suo sguardo che
dall'11 novembre non è più lo
stesso". Tesi sostenuta anche
dall'altro legale, Francesco
Molino per il quale il suo
cliente è "distrutto da una
serie di cavolate che si sono
dette come l'accusa di omicidio
intenzionale". Fino ad oggi
nessuna immagine di
Spaccarotella, neppure
d'archivio, è stata mai diffusa
o pubblicata da stampa e tv. Il
processo - Prima
dell'annullamento i legali
dell'imputato avevano annunciato
l'intenzione di chiedere il rito
abbreviato condizionato ad una
perizia di parte che avesse
verificato la posizione dei
testimoni. Le dichiarazioni di
chi ha visto lo svolgersi della
vicenda non convincono infatti
la difesa. "I testimoni sono
totalmente inaffidabili - ha
dichiarato Renzo - Ci sono
persone che vogliono far credere
che la luna non esiste. Fuori
dal tribunale sono sicurissimi
di aver visto qualcosa e poi
quando vengono sentiti tutto
cambia". La famiglia - La
famiglia Sandri, presente in
aula, aveva manifestato
ottimismo sullo svolgimento
dell'udienza. "Sappiamo che è un
processo limpido e non abbiamo
paura di nessuna sorpresa" ha
dichiarato il fratello
Cristiano. La signora Daniela,
madre di Gabriele, tra le
lacrime ha invece commentato
l'assenza di Spaccarotella: "Non
ha importanza, anche se gli
danno 100 anni mio figlio non
torna". Il padre ha detto di
avere una sola speranza nella
vita: poter vedere in faccia
almeno una volta l'uomo che gli
ha ucciso il figlio: "Ormai lo
chiamo l'uomo invisibile, ma
prima o poi lo incontrerò". I
tifosi - Fuori dall'aula sono
radunati una ventina tra tifosi
laziali, amici e conoscenti
della vittima che hanno esposto
due striscioni in cui si chiede
"Giustizia per Gabriele".
L'omicidio - I fatti al centro
dell'udienza preliminare
risalgono allo scorso 11
novembre. Spaccarotella, con
altri agenti, intervenne per
sedare una rissa tra tifosi
della Lazio e della Juventus
scoppiata all'autogrill Badia al
Pino. Il poliziotto esplose dei
colpi di pistola dalla
carreggiata dell'Autosole
opposta a quella sulla quale
Gabriele Sandri e i suoi amici
stavano fuggendo dopo la
scaramuccia. Uno dei proiettili
colpì il ragazzo al collo,
uccidendolo.
25 settembre 2008
Fonte: Repubblica.it
Sandri, la giustizia
assurda
di Massimo Razzi
Prima ci hanno fatto
vedere le immagini della madre
di Gabriele Sandri,
dignitosissima, che entrava
piangendo nell'aula del
tribunale di Arezzo dove doveva
svolgersi l'udienza preliminare
del processo all'agente di
polizia Luigi Spaccarotella.
Un'ora dopo, arriva la notizia
che la stessa udienza è stata
annullata per un vizio di forma.
Vizio gravissimo, si dirà, vista
l'attesa, il dolore e
l'assurdità di una vicenda che
aspetta sia fatta seriamente
giustizia. Il vizio, invece,
consiste nel fatto che a uno dei
due avvocati dell'imputato non
sarebbe stato notificato
l'avviso di chiusura delle
indagini. Vizio che più banale e
formale non si può, vizio
sanabilissimo, ci pare, visto
che l'avvocato sapeva della
chiusura delle indagini (il suo
collega, quantomeno, lo avrà
informato) ed era presente oggi
in aula anche se ha sostenuto
che il tribunale aveva sbagliato
il numero di fax. Basterebbe
consegnargli oggi, al massimo
domani, vogliamo esagerare, fra
una settimana, una fotocopia
della notifica stessa rifissando
a strettissimo giro una nuova
udienza. Invece,
tranquillamente, la giustizia
italiana ci fa sapere che ci
vorrà un mese e mezzo, forse
due, per stabilire un'altra data
in cui le parti potranno
rivedersi davanti al Gup. Ci
sembra un eccezionale argomento
a sostegno di chi sostiene che
non si può avere fiducia in
questa giustizia, un duro colpo
alla credibilità dei magistrati
e dell'intero sistema che
amministra sanzioni, delitti e
pene. È inammissibile perché è
impossibile che non ci sia (in
questo e in tanti altri casi) un
altro modo giusto e tecnicamente
regolare di risolvere il
problema, perché un gup, o
meglio, il sistema giudiziario
non può e non deve più dare
questo tipo di risposte sempre
incredibilmente dilatorie.
Diranno: questi sono i tempi
della legge, ci sono i processi,
i calendari, le carenze di
personale. Vero, verissimo, ma
non c'è un pomeriggio vuoto, un
qualsiasi sabato o una domenica
in cui il signor Gup possa
fissare l'udienza prima di due
mesi ? Se non altro per rispetto
di quel dolore, per chiedere
scusa di un errore tanto banale
quanto stupido.
25 settembre 2008
Fonte: Repubblica.it
Su blog e siti cresce
l'indignazione: "Udienza
rimandata, che schifo".
Preoccupazioni in Polizia: "Per
il segno violento del tifo in
quell'aula si giudica lo Stato".
Sandri, slitta il
processo
Su Internet la rabbia
degli ultrà
di Carlo Bonini
ROMA - Undici mesi non
sono serviti a nulla. Nonostante
le parole e il contegno della
famiglia Sandri ("Chiediamo solo
giustizia. Sappiamo che sarà un
processo limpido"), l’omicidio
di Gabriele, "Gabbo", resta
prigioniero di un grumo di odio
e rancore. Il giudizio al suo
assassino, l’agente di polizia
Luigi Spaccarotella, si annuncia
come un’ordalia, anche in
ragione dello sciatto e
sconcertante "errore di
notifica" che ne ha
neutralizzato l’udienza
preliminare. Si legge in alcuni
dei post che ieri pomeriggio si
sono rovesciati sul sito
dedicato al dj: "Gabry, ancora
una volta, coloro che dovrebbero
condannare quell’essere, senza
nessun processo, commettono
l’errore che una segretaria non
dovrebbe fare. Quindi mi viene
da pensare che ancora una volta
vogliono dare a 'sto "maledetto"
la possibilità di circolare
liberamente ancora per un mese e
mezzo", firmato "una mamma". "Ha
ragione quella madre. Anche per
me non dovrebbe esserci processo
per quell’essere"; "Udienza
rimandata, che schifo ! Ha detto
bene chi dice che quell’animale
doveva essere condannato senza
processo". E ancora, in un luogo
comune che vuole sbirri e
cronisti facce di una stessa
medaglia, cinghie di
trasmissione di una stessa
disinformazione: "Alcuni media
preparano un clima di odio per
favorire Spaccarotella ?". Al
Dipartimento di Pubblica
Sicurezza si raccoglie una
qualche preoccupazione. Non per
la regolarità del processo o la
serenità del contesto in cui si
celebrerà, ma "per quello che
l’omicidio di Gabriele Sandri è
diventato". Dice un alto
dirigente della Polizia di
prevenzione: "Da tempo, il segno
violento del tifo si era
coagulato intorno a una parola
d' ordine che potremmo definire
la "ribellione al furto di
identità". Lo Stato e la Lega
calcio, vale a dire gli sbirri e
i padroni dell’industria del
pallone, erano indicati come i
responsabili dell’annichilimento
delle curve. Niente più
striscioni, niente più "colore",
trasferte vietate. Bene, con la
sua morte Gabriele Sandri è
diventato il veicolo simbolico
di questa rabbia. E dunque il
processo a Spaccarotella e il
suo esito, quale che sia, non
saranno vissuti come il giudizio
alle responsabilità di un agente
di polizia, ma a quelle dello
Stato". Con una postilla, non
irrilevante: "Se la condanna
dovesse riconoscere la
volontarietà dell’omicidio,
questo suonerà come la conferma
di un disegno di repressione
violenta. Se dovesse concludere
per la semplice negligenza, a
maggior ragione questo sarà
vissuto come un’intollerabile
autoassoluzione di istituzioni
colpevoli". L’analisi trova una
sua corrispondenza nelle
discussioni e nei lunghi
documenti che affollano uno dei
siti principali e più completi
della "contro-informazione"
ultras, www. asromaultras. org.
Si legge: "Cosa è uno Stato di
Polizia (nel quale ancora non
siamo, ma al quale stiamo
avvicinandoci, partendo dagli
stadi), se non quello dove gli
apparati militari e polizieschi
sono accusatori e giudici ? Che
cos' è, se non un organo da
Stato di polizia, l’Osservatorio
sulle manifestazioni sportive?
(...) La verità è una sola e
sarebbe onesto prenderne atto:
la violenza non è eliminabile.
Nel calcio e nella vita.
Chiudete gli stadi ? Si
scontreranno negli autogrill.
Chiudete gli autogrill ? Si
scontreranno nei boschi. Che
farete allora ? Disboscherete i
boschi ? Si scontreranno nel
deserto. Lo diceva già
Giovenale, ammesso e non
concesso che sappiano chi sia:
panem et circenses. Pane e
giochi del circo. Questo è
sufficiente a tenere a bada il
popolo. Il sistema attuale è
quasi non rovesciabile, ma
almeno vedevo li giochi der
circo. Ma se me levi pure li
giochi der circo, allora me
'ncazzo de brutto". Ci vorranno
almeno due mesi perché il
processo Spaccarotella ritorni
nell’aula del giudice
dell’udienza preliminare di
Arezzo. E il tempo continuerà a
non essere "amico". Perché per
effetto dell’errore di
"cancelleria" che ha chiuso il
procedimento prima ancora che si
aprisse, ad essere giudicati per
primi per i fatti di domenica 11
novembre 2007 saranno a questo
punto i 19 tifosi romanisti e
laziali (oggi ancora detenuti)
arrestati per l’assalto notturno
alle caserme di carabinieri e
polizia. Il 20 ottobre, un gip
di Roma deciderà infatti del
loro rinvio a giudizio o si
pronuncerà direttamente
nell’eventualità di giudizi
abbreviati o patteggiamenti. Un
capovolgimento di calendario
"simbolico" che, non è difficile
prevederlo, aggiungerà a rancore
altro rancore.
26 settembre 2008
Fonte: Repubblica.it
La mamma di Gabbo:
"Volevo vedere in faccia chi lo
ha ucciso"
di Paolo G. Brera
È finita in latinorum:
"Vizio procedurale", spiegano
gli avvocati. Un cavillo,
insomma, e l’udienza preliminare
del processo per l’omicidio di
Gabriele Sandri si trasforma in
un supplemento di dolore e di
rabbia. L’agente Luigi
Spaccarotella non c’era, non è
venuto. "Ci sarà al 99 per
cento", avevano anticipato i
suoi avvocati. Invece è prevalso
l’un per cento, ed è un altro
boccone amaro da digerire. "Lo
avrei voluto guardare in faccia,
l’assassino di mio figlio. Non
gli avrei neanche parlato, mi
sarebbe bastato guardarlo negli
occhi per capire cosa gli è
saltato in testa. Come ha potuto
sparare da una parte all’altra
dell’autostrada ? È
inaccettabile. Sono arrabbiata.
È inammissibile". Daniela, la
mamma di Gabbo, stringe in mano
la felpa nera di suo figlio,
quella che indossava la sera
prima di essere ucciso da un
maledetto proiettile nell’area
di servizio sulla A1. "In dieci
mesi - si sfoga Giorgio, il papà
- non ho ancora conosciuto
l’assassino di mio figlio. È una
vergogna. Faccia l’uomo, la
smetta di nascondersi". C' è
un’aria triste ed elettrica
davanti al piccolo tribunale di
Arezzo che celebra l’atto primo
di un processo così tormentato,
così inevitabilmente difficile.
"Gli atti sono limpidi,
attendiamo fiduciosi - dice il
fratello Cristiano - e terremo i
denti stretti fino alla
conclusione". Sulla collinetta
accanto all’ingresso ci sono gli
amici di Gabbo, un gruppo di
tifosi della Lazio con i soliti
atteggiamenti da duri. Espongono
uno striscione che chiede
giustizia ma rifiutano di
parlare con i giornalisti,
tengono a distanza le telecamere
alle quali mostrano il loro
disprezzo, fanno il saluto del
camerata alla famiglia che va
via. Ci sono anche gli amici di
Giorgio e Daniela, ad
accompagnare i Sandri. Sono loro
a fare da tramite con i tifosi,
a chiedere che non ci siano
incidenti, che tutto fili
liscio. Sarà così. Ma è per
loro, per gli ultras assiepati
lì accanto che Spaccarotella ha
deciso di non venire
all’appuntamento con la
giustizia. "Ha paura. È
distrutto da una serie di
cavolate che sono state dette:
si è visto accusare di omicidio
intenzionale - dice l’avvocato
Giampiero Renzo, il legale che
ha presentato l’eccezione che ha
annullato l’udienza - e ha paura
di ricevere minacce dagli
ultras". Daniela è arrivata in
lacrime e se n' è andata
"arrabbiata" e triste: "Sono una
mamma, la vendetta non la
pratico ma voglio che sia fatta
giustizia per Gabriele. Se ha
una coscienza, Spaccarotella
deve riconoscere le sue colpe".
L’avvocato Renzo dice che
l’agente non è più lo stesso
uomo, da quando gli è partito
quel proiettile omicida. Dice
che avrebbe voluto fare le
condoglianze alla famiglia ma i
tempi non erano maturi, e "non è
il nostro stile farlo sui
giornali o nei talk show". "Mi
stupirebbe se ora si facesse
vivo: sono trascorsi dieci mesi
- replica Cristiano - e non
siamo mai stati contattati da
nessuno. Ho sentito che il
difensore dice che i tempi ora
sono maturi, ma il frutto è
bello e caduto. E non mi è
piaciuto neanche il giochetto
stucchevole delle minacce che
subirebbe... Da chi le subisce ?
Probabilmente dai servizi
segreti, visto che la
magistratura non gli ha neppure
comunicato la data d' inizio
dell’udienza perché al domicilio
che ha eletto non l’hanno
trovato". Impossibile
dimenticare, e impossibile anche
perdonare "l’uomo invisibile",
come lo chiama papà Giorgio:
"Non sono assolutamente disposto
a farlo", taglia corto. Tra due
mesi, cavilli permettendo si
ricomincerà. "È stato un
espediente meschino", dice
Cristiano. Ma a Giorgio non
interessa più di tanto, "sono
cose che succedono all’inizio di
un processo". A lui interessa la
fine, la giustizia che si
attende giusta. Le due linee
processuali sono molto distanti.
Per la difesa è stato omicidio
colposo, e se la loro tesi
passasse senza aggravanti non ci
sarebbe nemmeno un giorno di
carcere per Spaccarotella.
Sostiene che quel colpo fu
accidentale, esploso nella foga
della corsa dopo un altro colpo
in aria. Quel primo colpo sì che
è stato invece tirato
volontariamente: servì, dice la
difesa, a sedare l’aggressione
di un gruppo di tifosi
incappucciati della Lazio contro
uno juventino. Il processo per
lesioni a quel tifoso è caduto ?
Solo perché i tifosi non hanno
sporto querela, e non lo fanno
mai, spiega la difesa. E
sostiene che i testimoni
dell’accusa siano inattendibili,
e la perizia nitida nel
dimostrare che il colpo subì una
deviazione decisiva. L’accusa ?
Lontana anni luce. Omicidio
volontario, e stop.
26 settembre 2008
Fonte: La Repubblica
Omicidio Sandri, subito
stop al processo
di Michele Bocci e Paolo
G. Brera
AREZZO - "Pure se gli
danno cent' anni di prigione, il
mio Gabriele non c' è più".
Daniela, la mamma di Gabriele
Sandri, fende la folla di
cronisti parlando a bassa voce,
come se volesse ripeterlo a sé
stessa. Insieme all’altro
figlio, Cristiano, e al marito
Giorgio si infila nell’aula del
giudice per l’udienza
preliminare di Arezzo che deve
decidere se rinviare a giudizio
- e con quale accusa - l’agente
Luigi Spaccarotella, che l’11
novembre scorso ha sparato al
tifoso della Lazio nell’area di
servizio Badia al Pino. Vuole
finalmente guardare quel
poliziotto, assistere all’avvio
del percorso giudiziario che
porterà alla sua condanna.
Nessuno dei due desideri si
avvererà: Spaccarotella ha paura
e non si presenta; e un problema
di notifica a uno dei suoi
difensori (inviata a un fax
sbagliato) costringe il gup a
rinviare tutto, l’udienza
preliminare si rifarà tra un
paio di mesi. I legali
dell’agente, Francesco Molino e
Giampiero Renzo, chiederanno il
rito abbreviato a condizione di
un nuovo sopralluogo nell’area
di servizio, e di nuove analisi
delle perizie di parte. Si
batteranno contro l’ipotesi di
omicidio volontario: "Ha sparato
un colpo in aria mentre un
gruppo di incappucciati
aggrediva un tifoso juventino -
dice Renzo - poi nella corsa è
partito un colpo accidentale,
che oltretutto ha subito una
deviazione decisiva". "Ma quali
incappucciati... Comunque è un
processo limpido - replica
Cristiano Sandri - e non abbiamo
paura di sorprese". "Giustizia
per Gabriele", chiede lo
striscione di un gruppetto di
ultrà amici di "Gabbo". "Non ci
filmate - gridano agli operatori
dei tg - riprendete il
poliziotto. Alla fine loro sono
sempre i buoni, e noi i
cattivi". Prima di arrivare ad
Arezzo, sono passati tutti in
quella maledetta area di
servizio sulla A1. Hanno
lasciato le sciarpe e un collage
con le foto di una vita, e ci
hanno posato sopra 27 rose
bianche: gli anni che avrebbe
appena compiuto. Nel tribunale
di Arezzo l’accusato era
annunciato presente: "Ci ho
parlato ieri sera - racconta
Renzo - e non se la sentiva più.
Troppa tensione, ha paura,
riceve telefonate anonime. E poi
quei manifesti, e le scritte sui
muri di Roma... Peccato, il
giudice avrebbe visto il suo
sguardo, distrutto dall’11
novembre". L’avvocato dei
Sandri, Michele Monaco, ha
segnalato all’Ordine la vicenda
del fax "per verificare se è
stato deontologicamente
corretto". Polemiche in
un’atmosfera già tesa: "Voglio
vedere in volto chi ha ucciso
mio figlio - ripete il papà di
Gabbo. Faccia l’uomo, non ci ha
contattati neanche per chiedere
scusa". E la mamma: "Mi sarebbe
bastato guardarlo negli occhi".
"Ci aspettiamo condanne
esemplari", dice ora il sindaco
di Roma, Gianni Alemanno,
riferendosi anche al processo
Reggiani. Ricordando invece le
pene lievi per i disordini di
Roma-Napoli, Alfredo Mantovano
attacca: "L’anello debole della
catena è l’autorità giudiziaria,
o una parte di essa".
26 settembre 2008
Fonte: La Repubblica
Parla l'agente accusato
della morte del tifoso laziale
sull'autostrada: "Il mio colpo è
stato deviato, non ho mirato
all'auto. L'omicidio volontario
è troppo".
Spaccarotella chiede
perdono "Non volevo uccidere
Gabriele"
Ma la famiglia non ci
sta: "Richiesta falsa, adesso è
tardi".
ROMA - Chiede perdono ai
familiari di Gabriele Sandri.
Dopo mesi di silenzio. Luigi
Spaccarotella fa sentire la sua
voce. Intervistato dall'Ansa,
l'agente accusato di aver ucciso
con un colpo di pistola il
tifoso laziale, si rivolge ai
familiari di Gabriele: "Ho
ucciso il loro figlio: dire che
mi dispiace, che non volevo, non
può essere sufficiente. Vorrei
incontrarli, anche se so che non
sarebbe facile". Una richiesta
che, però, cade nel vuoto. "Il
perdono ? È tardi. La richiesta
arriva con una tempistica
processuale ineccepibile, che fa
sorgere qualche perplessità. Non
suona come vera" replica
Cristiano, il fratello di
Gabriele. Parole che arrivano
dopo il rinvio della prima
udienza del processo dove
l'agente non si era presentato.
Spaccarotella torna ai fatti
dell'11 novembre scorso quando
dalla sua pistola partì il colpo
che uccise Gabriele Sandri che
era dall'altra parte
dell'autostrada. "Correvo -
racconta l'agente - il colpo è
partito accidentalmente, poi è
stato deviato. Non ho mirato
all'auto: come si può pensare
che abbia voluto uccidere
qualcuno ? Voglio pagare per
quel che ho fatto, ma pensare
che sia stato un omicidio
volontario è troppo". L'opposto
di quello che pensano i genitori
di Sandri. E di quello che
dicono alcuni testimoni che,
quel giorno, erano nell'area di
servizio. "In assenza di
un'ammissione di responsabilità
- commenta Michele Monaco,
legale dei Sandri - è difficile
pensare di perdonare chi ha
ucciso Gabriele". "Quel
maledetto 11 novembre - racconta
Spaccarotella - è morta anche
una parte di me. Pochi giorni
dopo, chiesi al vescovo di
Arezzo di far arrivare ai Sandri
il mio cordoglio. Lui si mise in
contatto con persone vicine alla
famiglia di Gabriele ma, non so
perché, gli fu risposto che i
tempi non erano maturi".
"Rimettermi la divisa, quando
sono tornato al lavoro, non è
stato facile - conclude l'agente
- non ho più voluto impugnare
una pistola, né salire su
un'auto della polizia".
29 settembre 2008
Fonte: Repubblica.it
Tifoso ucciso, l’agente
chiede perdono. La famiglia: è
tardi
di Michele Bocci
FIRENZE - "Ai familiari
di Gabriele Sandri chiedo
perdono ma non trovo le parole.
Ho ucciso il loro figlio: dire
che mi dispiace, che non volevo,
non può essere sufficiente.
Vorrei incontrarli, anche se so
che non sarebbe facile". Decide
di parlare Luigi Spaccarotella,
il poliziotto che l’11 novembre
dell’anno scorso sparò il colpo
di pistola che uccise il tifoso
della Lazio Gabriele Sandri
nell’area di servizio Badia Al
Pino ad Arezzo. L’agente, che
ora è alla polfer di Firenze da
dove sarà trasferito, ieri
mattina ha parlato con l’agenzia
Ansa, raccontando la sua
versione. "Correvo, il colpo è
partito accidentalmente, poi è
stato deviato. Non ho mirato
all’auto: come si può pensare
che abbia voluto uccidere ?
Voglio pagare ma pensare che sia
stato un omicidio volontario è
troppo. Rimettermi la divisa non
è stato facile, non ho più
voluto impugnare una pistola o
salire su un’auto della
polizia". Giovedì scorso doveva
svolgersi l’udienza preliminare
del processo per omicidio
volontario. In quell’occasione i
familiari di Gabriele Sandri si
sono lamentati di non aver
ricevuto le scuse di
Spaccarotella, che non era
all’udienza. "So di scritte
minacciose contro di me - ha
spiegato l’agente - un clima
ostile che comprendo ma non
posso non temere. Quel maledetto
11 novembre è morta anche una
parte di me. Pochi giorni dopo
chiesi al vescovo di Arezzo di
far arrivare ai Sandri il mio
cordoglio. Persone vicine alla
famiglia, non so perché, gli
risposero che i tempi non erano
maturi". Per i Sandri è passato
troppo tempo. "Il perdono ? È
tardi - dice il fratello di
Gabriele, Cristiano - La
richiesta arriva con una
tempistica processuale
ineccepibile, che fa sorgere
qualche perplessità. Ormai
sarebbe difficile fare
l’incontro. In dieci mesi non
abbiamo mai sentito le sue
parole, né direttamente né
indirettamente". Qualche tempo
fa, l’agente è tornato da solo a
Badia Al Pino. "C' era silenzio
malgrado le auto. Guardavo, ma
non riuscivo a pensare".
30 settembre 2008
Fonte: La Repubblica
Un anno fa il tifoso
laziale veniva ucciso da un
proiettile sparato dall'agente
Luigi Spaccarotella. Il capo
della Polizia: "Una tragedia
causata dall'avventatezza".
Omicidio Sandri,
Manganelli: "Mi assumo la
responsabilità"
ROMA - "Davanti all'uso
della pistola per sedare una
rissa non si può non parlare di
avventatezza. Dissi che mi
assumevo la responsabilità di
questa morte e lo confermo oggi.
Da parte nostra c'è stata piena
collaborazione per fare
chiarezza. In tempi
ragionevolmente brevi siamo
arrivati al rinvio a giudizio.
Confidiamo di arrivare a una
assoluta verità da parte della
magistratura". A un anno dalla
morte di Gabriele Sandri, ucciso
da un colpo di pistola sparato
dall'agente Luigi Spaccarotella
nell'area di servizio di Badia
al Pino Est della A1, il capo
della polizia Antonio Manganelli
torna su una vicenda che si
porta dietro dolore, polemiche e
una richiesta, ancora inevasa,
di giustizia. Una vicenda che,
dopo un primo rinvio, tornerà in
un'aula giudiziaria il 16
gennaio. Allora, davanti al gup
di Arezzo, i legali di
Spaccarotella (di cui non si
conosce il volto e che non si è
presentato alla prima udienza
parlando di presunti rischi per
la sua incolumità) chiederanno
il rito abbreviato, formula che
consente la riduzione di un
terzo della pena. Nel frattempo
l'agente, che era in servizio
alla polizia stradale di
Battifolle, è stato trasferito
prima alla polizia ferroviaria
di Firenze, con mansioni
d'ufficio, e successivamente
all'ufficio interprovinciale
tecnico logistico di Firenze,
sempre con compiti d'ufficio.
Una scelta che il fratello di
Gabriele Sandri, Cristiano, non
condivide: "Il fatto che non sia
stato aperto nessun procedimento
disciplinare nei confronti
dell'agente Spaccarotella è un
fatto che ci lascia perplessi.
Mi auguro che ci sia data al più
presto una risposta". Lo stesso
interrogativo che si trova in
un'interrogazione presentata da
alcuni deputati del Pdl. Ma oggi
è il giorno della memoria. Dei
fiori nel luogo della morte,
della fiaccolata e della messa
per Gabriele organizzata a Roma.
E del via ufficiale della
fondazione che prende il suo
nome. "Il compito - dice
Cristiano Sandri - sarà quello
di contribuire allo studio della
violenza non solo nel calcio ma
in una società che talora sembra
impazzita". Un'iniziativa
"soprattutto destinata ai
giovani, ai ragazzi". Ragazzi
come Gabriele colpito da una
pallottola sparata con
"avventatezza". Che a un ragazzo
di 28 anni è costata la vita.
11 novembre 2008
Fonte: Repubblica.it
Un filmato della procura
ricostruisce l'omicidio del
tifoso laziale. La dinamica
secondo i testi: sparò
stringendo l'arma con due mani.
In un video la morte di
Sandri
"Così il poliziotto ha
ucciso Gabbo"
di Marino Bisso
AREZZO - L'omicidio del
tifoso della Lazio, Gabriele
Sandri, "Gabbo", in un filmato
della Procura. In un video, i
consulenti dei pm aretini hanno
riprodotto al computer quanto
accadde l'11 novembre del 2007
nell'area di servizio di Badia
del Pino quando l'agente della
stradale Luigi Spaccarotella
sparò e uccise il giovane. Nella
ricostruzione, il poliziotto,
tenendo con due mani la pistola
d'ordinanza, mira e spara contro
l'auto degli ultrà
biancocelesti. Il proiettile
dopo aver urtato contro una rete
metallica colpì, prima, il
finestrino anteriore della
Scenic e, poi, mortalmente, il
ventottenne romano. La
simulazione, elaborata dai
professor Domenico Compagnini e
Paolo Russo, è alla base
dell'imputazione di omicidio
volontario contestata dal pm
Giuseppe Ledda all'agente che,
venerdì, comparirà davanti al
gup di Arezzo. Il giudice dovrà
decidere se confermare l'accusa
nei suoi confronti. Il filmato,
della durata di 1 minuto e 37
secondi, è stato realizzato in
base alle dichiarazioni di
quattro testimoni. La
ricostruzione mostra le varie
fasi dell'omicidio: la sirena
della pattuglia della stradale
viene azionata mentre gli otto
tifosi (cinque della Lazio e tre
della Juventus) urlano e si
azzuffano vicino a un'auto ferma
davanti all'autogrill. Poi,
scappano. Dalla carreggiata
opposta Spaccarotella in divisa,
con la pistola in mano, intima:
"Fermi. Che fate...", poi spara
in aria. Dopo il colpo, i
giovani scappano verso la loro
auto, l'agente corre anche lui,
li insegue dall'altra parte
della carreggiata per quasi un
minuto, non può attraversare le
quattro corsie dell'autostrada
delimitata da una griglia
metallica. Poi, il secondo
avvertimento: "Fermi... Dove
andate...". Il poliziotto
impugnando la calibro 9 corre
ancora 30 secondi, intanto i
cinque giovani salgono a bordo
della Scenic e mettono in moto.
L'auto imbocca l'uscita
dall'area di servizio, l'agente
impugna la pistola, questa volta
con due mani, prende la mira e
preme il grilletto. Il
proiettile oltrepassa la prima
rete metallica e le due corsie
dell'autostrada poi colpisce la
griglia che divide le due
carreggiate, il proiettile viene
deviato a sinistra e centra il
lunotto laterale posteriore
della Scenic con a bordo i
tifosi. Sandri è seduto al
centro, tra i due passeggeri. Il
proiettile lo colpisce
mortalmente alla base del collo.
Un secondo video della procura è
costruito, invece, in base alla
versione di Spaccarotella che ha
sempre affermato di non aver
mirato all'auto dei tifosi ma di
aver sparato accidentalmente
impugnando la pistola con una
sola mano. Una spiegazione alla
quale il pm non ha creduto. I
legali dell'agente, Francesco
Molino e Giampiero Renzo, hanno
intenzione di chiedere un nuovo
sopralluogo nell'area di
servizio e nuove perizie,
convinti di poter demolire
l'accusa di omicidio volontario:
"Spaccarotella ha sparato in
aria mentre un gruppo di
incappucciati aggrediva uno
juventino - hanno ribadito i
difensori - poi nella corsa è
partito un colpo accidentale,
che oltretutto ha subito una
deviazione decisiva". "Quattro
testimoni affermano il contrario
- incalza l'avvocato della
famiglia Sandri, Michele Monaco
- La verità è che Spaccarotella
mirò e sparò ad altezza d'uomo".
Monaco contesta la ricostruzione
per cui il colpo sarebbe stato
deviato dalla rete, come
sostengono i consulenti del pm.
"Il proiettile semmai ha deviato
per l'impatto con il vetro
dell'auto. Se avesse colpito la
rete sarebbero state trovate
tracce di zinco lasciate dal
rivestimento del proiettile. Ma
non è avvenuto".
13 gennaio 2009
Fonte: Repubblica.it
(Testo © Fotografia)
"Quei video rendono
giustizia a Gabriele"
di Stefano Carina
Signor Sandri, una
ricostruzione, quella attraverso
il filmato della Procura, che fa
chiarezza sull’accaduto.
"Finalmente. È una ricostruzione
che avevamo già fatto noi a suo
tempo nel momento della
presentazione del libro su mio
figlio, con delle tavole. È
quello che sosteniamo da
sempre". La difesa continua a
sostenere che l’agente ha
sparato prima in aria e poi
nella corsa è partito un colpo
accidentale, che oltretutto ha
subito una deviazione decisiva.
"Stupidaggini, per fortuna è un
processo che si basa sulle
testimonianze. Ci sono 4-5
testimoni che affermano le
stesse cose nonostante si
trovassero in posizioni
differenti. Non credo che queste
persone siano impazzite
all’improvviso e abbiano visto
lucciole per lanterne. È chiaro
che l’avvocato della difesa sta
facendo il suo lavoro. Purtroppo
per lui, Spaccarotella è
indifendibile ed è giusto che
paghi. Se ne stanno rendendo
conto tutti". Venerdì ad Arezzo
ci sarà l’udienza preliminare.
"Sono 14 mesi che Gabriele non
c' è più e con la mia famiglia
sto ancora aspettando giustizia.
Spero che il processo sia il più
veloce possibile. Lo vogliamo
noi ma penso anche gli italiani,
visto le centinaia di
testimonianze che continuiamo a
ricevere giornalmente". Pensa
che Spaccarotella sarà presente
in aula ? "Io ci sarò
certamente, con la speranza di
guardarlo negli occhi anche se
ho poche speranze che questo
possa accadere. Parliamo di un
individuo che non si è mai
degnato di fare una telefonata,
di instaurare un rapporto con
noi in maniera diretta e
chiedere scusa. Io al suo posto
lo avrei fatto". Ottenere
giustizia potrebbe aiutare lei e
la sua famiglia a ripartire?
"Purtroppo, soprattutto per mia
moglie, credo che sia molto
difficile che possa riprendersi.
Lei è morta con Gabriele. Dalla
scomparsa del figlio va avanti a
psicofarmaci, sedute con il
neurologo, con lo psichiatra e
lo psicologo. È diventata
un’altra persona anche
fisicamente. Non ci si può
capacitare a perdere un figlio
in questo modo. Io e Cristiano
(il fratello di Gabbo, ndr)
soffriamo, stiamo male però ci
tiene su la forza di andare
avanti comunque e di combattere.
Per mia moglie invece, sembra
tutto finito".
14 gennaio 2009
Fonte: La Repubblica
Il poliziotto sparò al
tifoso laziale in un'area di
servizio sulla A1, nel novembre
2007. Il gup stamattina ha
respinto la richiesta di rito
abbreviato avanzata dai
difensori.
Omicidio Sandri,
l'agente Spaccarotella
rinviato
a giudizio per omicidio
volontario
Oggi non si è presentato
in aula. I familiari: "Non ha il
coraggio di guardarci negli
occhi".
AREZZO - L'agente di
polizia Luigi Spaccarotella è
stato rinviato a giudizio: è
accusato di omicidio volontario,
per aver sparato l'11 novembre
del 2007 al giovane tifoso
laziale Gabriele Sandri. Lo ha
deciso il gup di Arezzo Luciana
Cicerchia, che ha fissato la
prima udienza di fronte alla
Corte d'Assise per il 20 di
marzo. La decisione è stata
accolta con commozione dai
familiari del ragazzo ucciso.
"Aspetterò magari un anno, un
anno e mezzo, mi auguro di meno,
ma voglio che questo individuo
paghi per quello che ha fatto",
ha detto il padre, Giorgio
Sandri. E ha pianto Daniela, la
madre, che ha ribadito:
"Gabriele non c'è più e non
posso perdonare". Ora i Sandri
si auspicano che "quantomeno
venga preso un provvedimento
disciplinare e che Spaccarotella
venga allontanato dalla
Polizia". Stamattina il giudice
ha respinto la richiesta di rito
abbreviato avanzata dai legali
dell'agente della Polstrada,
Francesco Molino e Federico
Bagattini. "Un rito abbreviato -
aveva spiegato Bagattini prima
di entrare in aula -
condizionato all'approfondimento
del tema della deviazione del
proiettile con una richiesta di
sopralluogo nell'area di
servizio di Badia Al Pino".
L'altra richiesta dei difensori
era il confronto dei periti
sulla perizia balistica. Il
pubblico ministero Giuseppe
Ledda si era opposto al
sopralluogo, ma non al confronto
fra i periti. Mentre la famiglia
di Sandri, assistita
dall'avvocato Michele Monaco, si
era detta contraria a entrambi
gli accertamenti. La deviazione
del proiettile sarà un elemento
decisivo del processo. Ne è
convinto il legale: "Se verrà
confermata l'ipotesi del video è
evidente come la traiettoria
originaria fosse lontanissima
dalla macchina e se era così non
c'era alcuna volontà di
uccidere". La procura ha
ricostruito con il computer in
una serie di filmati la dinamica
dell'accaduto. Ma, se per
l'accusa Spaccarotella ha
sparato dalla parte opposta
della carreggiata in direzione
di Sandri, la difesa sostiene
che il proiettile ha colpito il
tifoso dopo essere stato deviato
da una rete metallica. Oggi
l'agente ha deciso di non
comparire in aula perché, come
ha spiegato l'avvocato
Bagattini, "è una persona che
sta soffrendo, sa perfettamente
che ha causato la morte di un
giovane e questo gli procura una
enorme sofferenza e poi ci sono
anche problemi di carattere
familiare". "Verrà in aula", ha
assicurato l'altro difensore,
Molino, dopo il rinvio a
giudizio. E poi ha precisato che
il gup non è entrato "nel merito
del dolo eventuale o del
colposo". L'assenza
dell'indagato ha provocato la
rabbia della famiglia di Sandri.
"Evidentemente non ha il
coraggio di guardarci negli
occhi e sa bene che quello che
ha fatto lo ha fatto non perché
è inciampato'', ha commentato il
padre, entrando in tribunale.
"Voglio vedere in faccia
l'assassino di mio figlio - si è
sfogato poi l'uomo - Spero
soltanto che la prossima volta
lo vedrò, a meno che non abbia
paura degli Ufo. La prima volta
erano le minacce da Roma, la
seconda l'effetto mediatico, la
terza saranno gli Ufo".
Sarcastiche le parole del
fratello della vittima,
Cristiano: "Spaccarotella non
c'è ? Avrà incontrato qualche
problema sull'autostrada''. Il
ragazzo, infatti, fu colpito
mentre si trovava nell'area di
servizio di Badia al Pino,
sull'autostrada A1. In mattinata
i familiari e gli amici di
Sandri si sono fermati nell'area
di servizio per deporre un mazzo
di rose e il padre ha notato con
amarezza come sia stato tolto il
palo a cui i tifosi attaccavano
i ricordi per Gabriele. Davanti
al tribunale c'erano anche
alcuni tifosi della Lazio con
gli striscioni: ''E' ora che sia
fatta giustizia per Gabriele'',
recitava una scritta. ''Per
sempre con noi'', il messaggio
per "Gabbo".
16 gennaio 2009
Fonte: Repubblica.it
Gabbo, l’agente a
giudizio per omicidio volontario
di Maurizio Bologni
AREZZO - La lunga
mattinata di rancore non si
stempera nelle lacrime e negli
abbracci. Il giudice
dell’udienza preliminare di
Arezzo Luciana Cicerchia ha
appena deciso che il 20 marzo
prossimo la corte d' assise di
Arezzo processerà per omicidio
volontario Luigi Spaccarotella,
l’agente di polizia che l’11
novembre 2007 uccise il tifoso
della Lazio Gabriele Sandri
sparando da un’area di servizio
all’altra a Badia al Pinto,
autostrada del Sole, zona di
Arezzo. Familiari e amici di
Gabbo si abbracciano ma
l’ordinanza del gip non
addolcisce il loro dolore aspro.
"Spaccarotella non godrà di
sconti, spero abbia una condanna
esemplare, ma intanto devono
allontanarlo dalla polizia"
commentano il papà e il fratello
di Gabbo, Giorgio e Cristiano.
"Lui sa com' è andata, lui sa
che ha sparato per uccidere, non
ha il coraggio di incrociare i
nostri sguardi e neppure oggi è
venuto all’udienza". Ora che il
rinvio a giudizio è pronunciato,
parla anche la mamma di Gabbo,
Daniela, che ha trascorso le sei
ore dell’udienza fuori dall’aula
sfogliando un album di foto del
figlio e stringendo una felpa
nera del suo ragazzo.
"Spaccarotella non lo perdono"
dice con gli occhi lucidi. La
chiusura della giornata, alle
tre del pomeriggio, è il gesto
dell’ultimo dei tifosi laziali
che lascia il tribunale e che
con una manata rabbiosa
appiccica un adesivo su un
cartello stradale: c' è stampato
un insulto al poliziotto. Era
cominciata in modo diverso, con
una sosta di familiari e amici
di Gabbo nell’area di servizio
per lasciare un mazzo di rose.
"Hanno tolto il palo con le
sciarpe e i biglietti in memoria
di mio figlio, vogliono
rimuovere il ricordo" si rabbuia
subito il padre. Poi una
gigantografia di Gabbo e
striscioni che chiedono
giustizia vengono stesi su un
terrapieno verde davanti al
tribunale di Arezzo da una
trentina di tifosi, molti coi
cappellini della curva dedicati
a Gabbo. Alle 9 è fissato
l’inizio dell’udienza. Avvocati
e parenti si chiudono col
giudice e il pm Ledda in un’aula
al piano terreno. I difensori di
Spaccarotella, Francesco Molino
e Federico Bagattini, per oggi
giocano soltanto una carta.
Chiedono al gip il rito
abbreviato - che garantirebbe
all’imputato uno sconto di pena
e riservatezza ma che impone una
riduzione delle attività
processuali - a condizione che
il giudice acconsenta ad un
nuovo sopralluogo nell’area di
servizio di Badia al Pino o
comunque un confronto tra i
consulenti balistici. Il giudice
si chiude per oltre un’ora in
camera di consiglio e boccia la
richiesta. Si va al processo coi
giudici popolari, quello nel
quale Spaccarotella dovrà
deporre pubblicamente per
respingere l’accusa che poggia
anche su cinque testimonianze -
una particolarmente convinta e
convincente di una cittadina
giapponese - che dicono di
averlo osservato sparare a mani
giunte come nei film. "Al
processo l’imputato ci sarà"
dicono i suoi difensori che
rinviano al dibattimento
l’assalto per tentare di
derubricare il reato da omicidio
volontario a colposo: sostengono
che il colpo è partito
accidentalmente mentre il
poliziotto correva. La parte
civile, con l’avvocato Michele
Monaco, mostra però sicurezza:
"L’impianto accusatorio è
solidissimo. Terrà".
17 gennaio 2009
Fonte: La Repubblica
L'annuncio del
sottosegretario Mantovano
durante una trasmissione tv. Uno
degli avvocati del poliziotto:
"Posso assicurare che non è
arrivato niente".
Sandri, sospeso l'agente
Spaccarotella
Il legale: "Non è stato
notificato niente"
Soddisfatta la famiglia
del tifoso ucciso nel novembre
del 2007.
ROMA - È stato sospeso
dal servizio l'agente di polizia
Luigi Spaccarotella, rinviato a
giudizio per l'omicidio del
tifoso laziale Gabriele Sandri,
l'11 novembre 2007, nell'area di
servizio Badia del Pino sulla
A1. Lo ha detto il
sottosegretario all'Interno,
Alfredo Mantovano, nel corso
della registrazione della
trasmissione Otto e mezzo su
La7. Ma uno dei legali del
poliziotto ha affermato che al
suo assistito non è arrivato
nessun provvedimento di
sospensione. Mantovano ha detto
che la sospensione dal servizio
dell'agente risale a due giorni
fa. "Non è stato possibile
tecnicamente farlo prima - ha
spiegato - in quanto, sulla base
di una consolidata
giurisprudenza del Consiglio di
Stato, basta che sia iniziato un
procedimento giudiziario perché
non sia possibile intervenire
con un provvedimento
disciplinare". "Ora - ha
aggiunto il sottosegretario - le
indagini sono chiuse, è stato
disposto il rinvio a giudizio
dell'agente per un reato grave e
ciò ha permesso al dipartimento
di pubblica sicurezza di
disporre la sospensione dal
servizio di Spaccarotella". Uno
dei legali di Spaccarotella,
l'avvocato Francesco Molino, ha
però affermato che al suo
assistito non è stato notificato
nessun provvedimento di
sospensione dal servizio. "Lo
posso assicurare - ha detto -
non è arrivato ancora nulla al
mio assistito, e mi meraviglio
che queste cose siano messe in
circolazione". "Se arriverà un
provvedimento vedremo con il mio
collega - ha precisato Molino,
riferendosi all'altro legale di
Spaccarotella, Federico
Bagattini - se ci saranno gli
estremi per l'impugnazione. Il
rinvio a giudizio può aver
indotto qualcuno a sollecitare
questo provvedimento". "E' molto
grave che una notizia di questa
importanza venga appresa
dall'interessato attraverso i
media. Se la circostanza
corrisponde al vero, senz'altro
il provvedimento, che si
considera ingiusto, verrà
impugnato nelle sedi opportune",
hanno commentato Bagattini e
Molino. Il fratello del tifoso
ucciso, Cristiano, ha invece
accolto con soddisfazione
l'annuncio di Mantovano: "Meglio
tardi che mai. La mia famiglia
non è né contenta né felice di
questo provvedimento che
considera un atto dovuto. La
sospensione dal servizio di un
agente di polizia che utilizza
un'arma in modo scellerato
doveva essere immediata". I
familiari di Gabriele Sandri
chiedevano da tempo che l'agente
venisse sospeso. Il 16 gennaio,
al termine dell'udienza
preliminare, davanti al
tribunale di Arezzo, il padre di
Gabriele, Giorgio, disse di
auspicare "che quanto meno venga
preso un provvedimento
disciplinare su Spaccarotella e
venga allontanato dalla
polizia". Il figlio Cristiano
spiegò che "non è una questione
automatica, ma una questione
tecnica. Sarebbe ora che
aprissero almeno un procedimento
di sospensione. A giugno scorso
è stata fatta un'interrogazione
e non ho avuto risposta.
Speriamo che ci sia una risposa
del ministero dell'Interno: mi
sembra incredibile che per un
fatto del genere non sia ancora
stato aperto un procedimento".
22 gennaio 2009
Fonte: Repubblica.it
Pochi giorni prima
dell'inizio del processo, Luigi
Spaccarotella rompe il silenzio.
Offre la sua versione
sull'uccisione di Gabriele
Sandri in un'area di servizio
nell'Aretino.
Tifoso ucciso, parla
l'agente "Sono fiducioso ma temo
gli ultras"
L'agente Luigi
Spaccarotella risponde alle
domande dei giornalisti.
ROMA - "I mass media mi
hanno già condannato ma io
aspetto l'esito del processo con
fiducia". Rompe il silenzio il
poliziotto che l'11 novembre di
due anni fa uccise il tifoso
laziale Gabriele Sandri lungo
l'autostrada A1 vicino ad
Arezzo. Luigi Spaccarotella
parla a pochi giorni dal
processo per ribadire che fu una
tragica fatalità: "Volevo sedare
una rissa. Correvo, ed è partito
un colpo". Vorrebbe incontrare
la famiglia di Gabbo "per dirgli
non so cosa, almeno per
porgergli il mio cordoglio", e
confida: "Temo per la mia
famiglia. Gli ultras potrebbero
colpirmi". Venerdì prossimo in
aula. Ai microfoni delle
televisioni racconta la sua
verità ma sfugge alle domande
quando il giornalista gli
ricorda che una testimone
raccontò di averlo visto sparare
ad altezza uomo: "Onestamente
parlando, il mio racconto e il
suo non sono molto differenti".
Il contradditorio Luigi
Spaccarotella lo affronterà
venerdì prossimo, nell'aula del
tribunale di Arezzo quando il
giudice gli chiederà di
rispondere di omicidio
volontario. Alle telecamere di
spalle. Vestito con un giubbotto
bianco, pantaloni sportivi e
cappello da baseball, l'agente
accoglie i giornalisti ad
Arezzo, in un'abitazione messa a
disposizione da uno dei suoi
legali. Preferisce non mostrare
il viso alle telecamere. Per
tutto il tempo dell'intervista
resta di spalle ma non smette di
stringere la mano della moglie e
si commuove quando parla della
solidarietà che gli ha mostrato
la sua famiglia fin dal giorno
dell'incidente. "Un colpo
accidentale". Luigi
Spaccarotella ripete che sparò
per riportare la calma
dall'altra parte
dell'autostrada: tra tifosi
juventini e laziali "era
scoppiata una rissa", spiega.
"Ho provato a farli ragionare
accendendo la sirena, sparando
un colpo in aria. Poi correndo
lungo la griglia dell'autostrada
è partito un colpo dalla mia
pistola". La griglia deviò il
colpo. Secondo i periti del pm
il poliziotto impugnò la calibro
9 mentre Sandri e quattro suoi
amici erano già saliti a bordo
della loro auto e si muovevano
verso l'uscita dall'area di
servizio di Badia del Pino. Il
proiettile oltrepassò la prima
rete metallica e le due corsie
dell'autostrada. Poi colpì la
griglia che divide le due
carreggiate, venne deviato a
sinistra e centrò il lunotto
laterale posteriore della Scenic
con a bordo i tifosi. Sandri era
seduto al centro, tra i due
passeggeri. Si accasciò colpito
mortalmente al collo. "Vorrei
incontrare i familiari di
Gabriele" - "Vorrei incontrare i
genitori di Gabriele Sandri",
ripete l'agente sospeso dal
servizio con ordine del capo
della Polizia. "Il giorno del
funerale provai a fargli avere
un messaggio di cordoglio, ma
per qualche motivo che non
conosco, il messaggio non
arrivò". Sandri: "Parole
stucchevoli" - La risposta della
famiglia Sandri non si è fatta
attendere e pieno di
risentimento Cristiano Sandri,
fratello di Gabriele, giudica
"stucchevoli" le dichiarazioni
di Spaccarotella: "Rimango
esterrefatto. Ad un anno e
quattro mesi di tempo, nel corso
dei quali non si è fatto mai
vivo, si presenta in televisione
quando è a ridosso delle udienze
processuali e questo denota la
statura del personaggio. La sua
- aggiunge Cristiano Sandri - è
una strategia difensiva. Nulla
di più".
12 marzo 2009
Fonte: Repubblica.it
Spaccarotella: Sandri,
una disgrazia. La famiglia:
Stucchevole
AREZZO - "C'era una
zuffa tra tifosi dall’altra
parte dell’autostrada, abbiamo
provato ad interromperla con le
sirene, poi ho tirato fuori la
pistola e ho sparato, è stato un
incidente, non volevo causare la
morte di Gabriele". Luigi
Spaccarotella, l’agente di
polizia che l’11 novembre 2007
uccise il tifoso della Lazio
Gabriele Sandri sparando da una
area di servizio all’altra
dell’autostrada del Sole presso
Arezzo, ha parlato per la prima
volta in pubblico, mano nella
mano della moglie, a tratti
commosso, cappello da baseball
in testa e spalle alla
telecamera. "Gli ultras sono
quello che sono, non c' è
bisogno che lo dica io - ha
spiegato - Che abbia paura di
ritorsioni mi sembra più che
logico. Sono una persona
normalissima. Ho famiglia e più
che per me ho paura per loro".
Spaccarotella ha ribadito di
aver cercato di entrare in
contatto con la famiglia Sandri.
"Ho scritto una lettera al
cardinale Tarciso Bertone,
segretario di Stato Vaticano.
Non so quale sia stato il motivo
che ha impedito al mio messaggio
di cordoglio di arrivare ai
Sandri. Sì, vorrei incontrarli,
anche se non saprei cosa dire.
Loro hanno perso un figlio".
Dura la risposta a distanza di
Cristiano Sandri, fratello di
Gabbo. "Sono dichiarazioni
stucchevoli, rimango
esterrefatto. Con noi non si è
mai fatto vivo e adesso si
presenta in televisione quando è
a ridosso delle udienze
processuali. Questo denota la
statura del personaggio".
13 marzo 2009
Fonte: La Repubblica
Arezzo, in Assise il
procedimento contro il
poliziotto accusato
dell'omicidio del tifoso
laziale. Per la prima volta
insieme ai genitori della
vittima. I legali: "Sta male, è
molto addolorato".
Sandri, in aula l'agente
che uccise
Neppure uno sguardo
verso i genitori
La madre: "Davanti ad
una donna a cui ha ucciso il
figlio, avrebbe dovuto
inginocchiarsi".
AREZZO - C'è anche
l'agente Luigi Spaccarotella
nell'aula di giustizia di Arezzo
al processo per l'omicidio di
Gabriele Sandri. È la prima
volta che il poliziotto della
Stradale partecipa alle udienze.
È entrato a testa bassa per
evitare lo sguardo dei genitori
del tifoso ucciso con un colpo
di pistola nell'area di servizio
Badia al Pino l'11 novembre del
2007. Non un'occhiata tra
l'imputato e i familiari di
Gabriele. Neppure una parola.
Quando l'agente è entrato in
aula tra due carabinieri, gli
occhi del pubblico puntati
addosso, nell'aula è sceso un
silenzio gelido. I genitori di
Gabriele e il fratello Cristiano
sono rimasti muti. Poi è
iniziato il dibattimento con
l'audizione di un teste, ma
niente telecamere e fotografi
come chiesto dall'imputato.
"Dopo un anno e mezzo, ho visto
in faccia l'assassino di mio
figlio", aveva detto il padre di
Gabriele, Giorgio Sandri, prima
dell'udienza. "Davanti ad una
donna a cui ha ucciso il figlio
- ha detto la madre - quell'uomo
avrebbe dovuto inginocchiarsi".
Accanto ai genitori, in aula,
anche Cristiano, il fratello
maggiore di Gabriele. Il
processo proseguirà con rito
ordinario. Tra una settimana
sarà ascoltata la turista
giapponese che disse di aver
visto l'agente sparare contro
l'auto di Sandri "ad altezza
uomo". Per ultimo, il 23 aprile,
toccherà all'imputato. I
difensori del poliziotto avevano
chiesto alla Corte d'assise che
il processo si svolgesse con
rito abbreviato e sconto di pena
ma la corte, dopo una lunga
camera di consiglio, ha respinto
la proposta come aveva già fatto
il giudice per le udienze
preliminari. "Come sta
Spaccarotella ?" ha chiesto un
giornalista ad uno dei difensori
del poliziotto: "Il suo dolore è
il dolore della famiglia di
Sandri. Sta male, come una
persona che è accusata di
omicidio volontario e che è un
membro della polizia".
20 marzo 2009
Fonte: Repubblica.it
Sandri, in aula l’agente
che sparò la madre: deve
chiedere perdono
di Michele Bocci
AREZZO - Siedono per
quasi tre ore a pochi metri di
distanza ma i loro sguardi non
si incontrano mai. Ci provano di
continuo il padre, la madre e il
fratello di Gabriele Sandri a
guardare negli occhi il
servitore dello Stato che ha
ucciso il loro Gabbo una
domenica mattina di novembre, ma
l’agente Luigi Spaccarotella non
si volta dalla loro parte. Resta
a sedere accanto ai suoi due
avvocati, lo sguardo basso, la
sedia girevole sempre in
movimento per la tensione. Il
poliziotto entra ed esce
dall’aula del tribunale di
Arezzo quasi strusciando contro
il muro, si capisce che essere
qui gli pesa in modo
insopportabile. Prima del suo
ingresso fotografi e cameraman
sono allontanati. Ieri mattina
si è celebrata la prima udienza
del processo per la morte del
giovane tifoso della Lazio
raggiunto da un colpo di pistola
l’11 novembre del 2007 mentre
era sull’auto di un amico
nell’area di servizio di Badia
al Pino sulla A1. È stato il
primo incontro tra la famiglia
di Gabriele Sandri e la persona
che ha sparato, accidentalmente
sostiene la difesa, mirando
controbattono accusa e parte
civile. Da sempre i Sandri
contestano a Spaccarotella di
non essersi fatto vivo per
chiedere scusa. "Alla prima
udienza ci sarò", aveva promesso
il poliziotto, attualmente
sospeso. "Bene, lo guarderò
negli occhi", aveva ribattuto il
padre di Gabriele. Solo la prima
delle previsioni si è avverata.
E appena il presidente della
Corte d' Assise di Arezzo Mauro
Bilancetti dichiara chiusa la
prima giornata di processo, i
Sandri soffiano parole di
rabbia. "Mi aspettavo che
venisse qui e si inginocchiasse
di fronte alla madre del ragazzo
che ha ucciso, invece niente.
Non desidero la sua morte,
vorrei che non fosse mai nato",
dice Daniela, la mamma di
Gabriele. Ha con sé la felpa
nera del figlio, in aula la
stringe contro la faccia, piange
spesso. I Sandri soffrono.
Mentre i colleghi di
Spaccarotella rievocano quello
che avvenne nell’area di
servizio si tormentano le mani,
serrano le mascelle, si perdono
nei loro pensieri. "Non ha
nemmeno alzato gli occhi per
guardarmi, lui che ha rovinato
la vita mia e della mia
famiglia", dice Giorgio, il
padre di Gabriele, che dopo
l’uscita dall’aula dell’agente
ha avuto un gesto di stizza,
peraltro piuttosto composto, nei
suoi confronti: "Doveva pentirsi
e fare l’uomo. Io sarò sempre
qui, assisterò a tutte le
udienze fino alla Cassazione".
Federico Bagattini, legale del
poliziotto con Francesco Molino,
chiede di abbassare la tensione.
"Capisco il padre di Gabriele,
ma se l’agente li avesse
guardati cosa avrebbe commentato
? È uno sguardo di sfida ? Mi ha
guardato ma non ha avuto il
coraggio di avvicinarsi ?". Il
padre del poliziotto ha
aggiunto: "Siamo distrutti, il
nostro silenzio è dovuto al
rispetto del dolore". Ieri
quattro agenti in servizio con
Spaccarotella l’11 novembre 2007
hanno raccontato che l’imputato
disse loro di aver sparato due
volte in aria per fermare la
rissa nell’area di servizio
dalla parte opposta della A1. E
quando uno di loro rivelò
all’agente che un giovane era
morto per uno di quei colpi,
Spaccarotella ebbe un
mancamento, cadde a terra per lo
shock. Oggi si svolge la seconda
udienza e l’imputato non sarà
presente. Vi sarà a fine aprile,
per il suo interrogatorio.
21 marzo 2009
Fonte: La Repubblica
L'agente che uccise il
tifoso laziale rivolge l'appello
alla famiglia della vittima.
"Lontano dai giornalisti, vorrei
dir loro quanto mi dispiace per
ciò che è accaduto".
Spaccarotella ai
genitori di Gabriele
"Voglio
chiedere scusa. Non volevo"
ROMA - Non si sente
colpevole perché non voleva
uccidere, ma alla famiglia
Sandri vuole chiedere scusa.
Incontrarla riservatamente per
"far loro capire che mi dispiace
veramente per quanto è
accaduto". A parlare, ai
microfoni del Giornale Radio
Uno, è l'agente Luigi
Spaccarotella, imputato di
omicidio volontario per la morte
del tifoso laziale Gabriele
Sandri, l'11 novembre del 2007,
in un'area di servizio sulla A1
vicino ad Arezzo. Il poliziotto
lancia quindi un appello alla
famiglia: "Sono pronto a
incontrarli domani stesso", ma
"in un posto privato lontano
dalle telecamere, lontano dai
microfoni o da che altro". E poi
aggiunge: "Da quel giorno la mia
vita si è fermata, vorrei far
capire loro il dolore che
provo". Spiega poi aver evitato
anche i loro sguardi in aula (il
processo è cominciato ad Arezzo
venerdì) per "paura di una loro
reazione". "Non lo so neanche
io", aggiunge subito dopo. "Non
è facile". Spaccarotella - che
dice di temere dalla famiglia
Sandri una "reazione di rabbia"-
conclude: "Quando in tribunale
mi si è aperta quella porta,
sapevo che li avrei trovati, ma
non sapevo come comportarmi; è
stata una reazione naturale
dovuta al disagio".
22 marzo 2009
Fonte: Repubblica.it
Sembra aggravarsi la
posizione di Spaccarotella. Solo
un teste modifica la sua
testimonianza
Sandri, i testimoni
dell'accusa "L'agente si fermò
per sparare"
La ricostruzione della
morte di Sandri.
AREZZO - Scontro tra
testi al processo per l'omicidio
di Gabriele Sandri: alla fine è
stata una giornata favorevole
all'accusa. Spaccarotella non
era in aula, i familiari del
tifoso laziale sì.
L'imprenditore Fabio Rossini
quell'11 novembre 2007 era
all'autogrill di Arezzo. Ha
detto ai giudici di aver visto
l'agente Luigi Spaccarotella
puntare la pistola "a braccia
tese, parallele al terreno. Ho
sentito lo sparo e poi ho visto
del fumo bianco". Un suo
dipendente, Fabrizio Galilei,
aggiunge: "Aveva le gambe
divaricate e le braccia
parallele al suolo. Teneva la
pistola con due mani". Diversa
invece la testimonianza di un
altro teste d'accusa, Emanuele
Fagioni. Nei giorni
immediatamente successivi
all'omicidio, aveva fatto
mettere a verbale che l'agente
impugnava la pistola con
entrambe le mani. In aula ha
offerto una ricostruzione dei
fatti diversa: "Spaccarotella
impugnava la pistola con il
braccio teso in avanti, ma non
con due mani - ha detto Fagioni.
Era una scena in movimento, è
stato un attimo. non ho visto la
fase dello sparo". Nel
ricostruire quegli attimi
drammatici nell'area di servizio
di Badia al Pino, il testimone
ha ribadito: "Il poliziotto
aveva la pistola in mano,
correva con la pistola tra le
mani ad altezza d'uomo, ma non
l'ho visto sparare, non l'ho
visto fermarsi". La
ricostruzione più attesa era
quella della guida turistica
giapponese, Keiko Horikoshi: "Ho
visto il poliziotto correre - ha
detto - poi ha puntato la
pistola con entrambe le mani.
Aveva le braccia tese e si è
fermato cinque secondi, poi ha
sparato", mirando l'auto su cui
viaggiava Sandri, nell'area di
servizio opposta. La teste ha
anche mimato la posizione delle
braccia e delle mani - unite -
dell'agente, precisando però che
si trovava alle sue spalle: "Non
ho visto la pistola".
27 marzo 2009
Fonte: Repubblica.it
Spaccarotella prese la
mira
Sandri, le accuse dei
testimoni
di Maurizio Bologni
AREZZO - "Vidi il
poliziotto spostarsi più volte
con le braccia tese per cercare
l’assestamento, poi il fumo
bianco dello sparo" ricorda
Fabio Rossini, che quel giorno
rientrava a Roma assieme a due
collaboratori da Milano. "Cercò
la mira per cinque secondi, poi
esplose il colpo verso l’auto in
movimento" aggiunge Keiko
Korihoshi, guida turistica
giapponese che viaggiava in
pullman con alcuni colleghi. "Si
posizionò per puntare, braccia
tese" insiste Maria Anania,
cassiera del market accanto al
distributore di benzina. Sono i
ricordi di uomini e donne le cui
vite si incrociarono, la mattina
di domenica 11 novembre 2007,
nell’area di servizio di Badia
al Pino, corsia sud
dell’Autosole, quando un colpo
partito dalla pistola del
poliziotto Luigi Spaccarotella
colpì e uccise il tifoso della
Lazio Gabriele Sandri. Uomini e
donne che, quando assistettero a
quella scena, non si resero
conto di cosa stesse accadendo,
ma più tardi, all’ascolto dei
tg, capirono e decisero di farsi
avanti. "Per questo loro senso
civico li ringraziamo", hanno
detto ieri i Sandri, padre,
mamma e fratello di Gabriele,
nell’aula del tribunale di
Arezzo dove hanno deposto i
testi. In tutto cinque. C' erano
anche Emanuele Fagioni e
Fabrizio Galilei, compagni di
viaggio di Rossini. Indeciso il
primo: "Impugnava la pistola con
il braccio teso in avanti ma non
con due mani, non ho visto lo
sparo". Sicuro, forse anche
troppo, il secondo: "Era fermo,
aveva le gambe divaricate, le
braccia tese, l’ho notato
puntare e sparare". Cinque
testimoni, appunto, incalzati
dai difensori di Spaccarotella,
Francesco Molino e Federico
Bagattini, che puntano a
dimostrare che il colpo di
pistola partì accidentalmente e
fu deviato. E che contestano
contraddizioni tra le
deposizioni dei mesi passati e
quelle di ieri.
28 marzo 2009
Fonte: Repubblica.it
(Testo © Fotografia)
I colleghi di
Spaccarotella
"Quell’agente non
è Rambo"
AREZZO - Una persona
assennata, non un Rambo né un
appassionato di pistole. Così i
colleghi dell’agente Luigi
Spaccarotella accusato di
omicidio volontario per la morte
di Gabriele Sandri, hanno
descritto l’imputato
testimoniando ieri in Corte d'
assise ad Arezzo. Pasquale
Mastrota della Polstrada lo
descrive come uno che portava
pistole e divisa in maniera
"corretta".
29 marzo 2009
Fonte: La Repubblica
Autopsia su Gabriele
Sandri
Colpo forse deviato da
un vetro
Il colpo che ha ucciso
Gabriele Sandri, il tifoso
raggiunto da uno sparo l'11
novembre 2007 nell'area di
servizio Badia al Pino, potrebbe
essere stato deviato, forse dal
vetro. Inoltre quel giorno
Sandri aveva dei sassi nelle
tasche dei pantaloni e nel suo
sangue venne trovato alcool. È
quanto ha spiegato stamani in
Corte d'Assise ad Arezzo, Angelo
Stamile, consulente medico
legale del pm, che svolse
l'autopsia sul cadavere di
Sandri. IL MEDICO LEGALE - "Il
proiettile non è entrato di
punta, ma può essere stato
deviato - ha spiegato Stamile -
e il vetro può avere avuto una
valenza". Il medico stamani ha
proiettato delle foto dei fori
di ingresso e uscita del
proiettile nel collo di Gabriele
Sandri. La famiglia Sandri, a
parte Cristiano, è entrata dopo
la proiezione, mentre l'agente
Luigi Spaccarotella, accusato
dell'omicidio, era in aula.
Stamile ha spiegato che il colpo
è entrato da dietro e da
sinistra, uscendo avanti e a
destra, verso il basso rispetto
all'ingresso, e che ha rotto la
catenina che Gabriele portava al
collo. Rispondendo alle domande
del difensore di Spaccarotella,
Francesco Molino, ha spiegato
che nel sangue di Gabriele è
stato rilevato un tasso
alcolemico dell'1,5, definendolo
"abbastanza elevato". LA FAMIGLIA SANDRI - Il
fratello di Gabriele, Cristiano,
ha definito le foto
dell'autopsia "uno strazio"
mentre la madre Daniela ha detto
che avrebbe voluto entrare per
sapere se Gabriele avesse
sofferto ma che poi le è stato
consigliato di non partecipare. I LEGALI DEI SANDRI -
Per il difensore di
Spaccarotella, Federico
Bagattini, "la forma del foro
sull'auto e quella del foro sul
collo confermano la deviazione.
Se c'è ed è imponente non si
pone più il problema
dell'accidentalità perché la
deviazione del colpo era lontana
dall'auto". Ai giornalisti che
gli chiedevano dell'alcol
trovato nel sangue di Gabriele
durante l'autopsia e dei sassi
che gli vennero rinvenuti nei
pantaloni, l'avvocato della
famiglia Sandri, Michele Monaco,
ha detto: "Stavo pensando se si
può sparare ad una persona che
ha dei sassi in tasca che non si
vedono e un tasso alcolemico
dell'1,5 che non si vede.
Nessuno sparerebbe". Parlando
del processo, il padre di
Gabriele, Giorgio, ha detto:
"Speriamo che la sentenza sia
esemplare, sennò sarebbe una
cosa indecorosa". I LEGALI DI
SPACCAROTELLA - In apertura di
udienza i difensori di
Spaccarotella hanno detto che
rinunciano all'audizione del
capo della polizia Antonio
Manganelli come teste a difesa. DOMANI NUOVA UDIENZA -
Domani in aula si confronteranno
i periti balistici, l'udienza
successiva dovrebbe essere
quella del 6 maggio, quando
dovrebbe parlare l'imputato.
SPARO ACCIDENTALE - "L'evento
non può essere imputato alla
volontarietà ma ad una perdita
di controllo psicomotoria". Lo
ha detto Riccardo Fenici,
studioso di psicofisiologia
dello stress e docente
dell'Università Cattolica Sacro
Cuore, parlando dello sparo che
raggiunse Gabriele Sandri.
Fenici è stato ascoltato oggi
come consulente della difesa nel
processo che vede imputato
l'agente Luigi Spaccarotella di
omicidio volontario per la morte
di Gabriele Sandri. Secondo
Fenici "la capacità fisica di
sopportare lo stress da parte di
Spaccarotella è inferiore alla
norma". Il professore ha
aggiunto: "Mi dicono che
l'agente in 14 anni abbia svolto
8 sedute al poligono, e questo è
insufficiente", sottolineando
poi che il giorno della morte di
Sandri Spaccarotella fece "un
errore tecnico iniziale sparando
il primo colpo in aria e
mettendo fuori sicurezza la
pistola". I COMMENTI - L'avvocato
di parte civile Michele Monaco
ha definito a fine udienza
l'esposizione di Fenici "non una
consulenza, ma una lezione, e
nel processo si giudicano i
fatti". Mentre per uno dei
difensori di Spaccarotella,
Federico Bagattini, la
consulenza conferma che "in
quelle condizioni psicofisiche
l'accidentalità ha basi di
verosimiglianza scientifica". La
madre di Gabriele, Daniela, ha
detto: "So solo che Gabriele è
stato ucciso da uno sparo, che
sia stato sotto stress o no non
importa, quel colpo non doveva
esserci".
22 Aprile 2009
Fonte: Unionesarda.it
Omicidio Sandri il colpo
forse fu deviato
AREZZO - Il colpo che
uccise il tifoso laziale
Gabriele Sandri l’11 novembre
2007 presso Arezzo, "potrebbe
essere stato deviato dal vetro"
dell’auto. Lo ha spiegato in
Corte d' Assise ad Arezzo,
Angelo Stamile, consulente
medico legale del pm che svolse
l’autopsia sul corpo del
giovane. Secondo Stamile, "il
proiettile non è entrato di
punta, può essere stato deviato
e il vetro può avere avuto una
valenza".
23 aprile 2009
Fonte: La Repubblica
I periti al processo
contro Spaccarotella
Al processo per
l’omicidio di Gabriele Sandri,
ieri ad Arezzo, hanno deposto
due consulenti ("furono trovati
sassi in tasca al cadavere" ha
detto uno di loro suscitando la
reazione della parte civile per
l’irrilevanza della questione
rispetto all’omicidio) e sono
state proiettate le immagini
dell’autopsia, che la mamma
della vittima ha evitato di
vedere. In aula l’imputato Luigi
Spaccarotella.
23 aprile 2009
Fonte: La Repubblica
Il poliziotto accusato
dell'omicidio di Gabriele Sandri
ha rilasciato una dichiarazione.
spontanea. La famiglia del
tifoso contesta l'assenza di
interrogatorio.
Spaccarotella: "Non
volevo uccidere"
L'agente contestato in
aula: "Assassino"
AREZZO - "Non era mia
intenzione uccidere nessuno".
Luigi Spaccarotella lo ribadisce
in una dichiarazione spontanea
rilasciata in tribunale. Ma
l'assenza di contraddittorio e
di un interrogatorio delude sia
i familiari di Gabriele Sandri -
il giovane tifoso laziale ucciso
da un proiettile l'11 novembre
2007 all'area di servizio di
Badia al Pino, del cui omicidio
è accusato l'agente della
polstrada - che il pubblico in
aula. Quando l'agente smette di
parlare, al termine dell'udienza
in Corte d'Assise d'Appello ad
Arezzo, qualcuno urla:
"Vergognati, verme, assassino".
Questa mattina l'agente ha
ricostruito quanto accaduto quel
giorno, ribadendo la sua
versione: di aver agito cioè
dopo aver visto una rissa fra
tifosi nell'area di servizio
opposta, sparando prima un colpo
in aria per disperdere i
giovani. "Loro sono arrivati
prima di me all'autovettura - ha
spiegato - e io sono salito
sull'aiuola per vedere meglio,
avere qualche elemento in più.
Allora ho provato a fare un
gesto per farli fermare, il
gesto istintivo di alzare un
braccio, o tutti e due, non
ricordo; è passato un anno e
mezzo". Spaccarotella ha ammesso
di essersi reso conto del
secondo sparo soltanto quando lo
ha sentito: "Non so ben
precisare se lo sparo c'è stato
mentre correvo oppure a fine
corsa", ha aggiunto,
rivendicando ancora una volta le
sue buone intenzioni; "Non mi
sarei mai aspettato, nella mia
vita lavorativa, di causare la
morte di una persona. Ben lungi
da me: io ho sempre lavorato per
aiutare le persone". Secondo
l'agente "non c'era la volontà
di causare la morte di nessuno,
volevo solo fermare quello che
stava succedendo, e svolgere il
mio dovere di poliziotto al
meglio". Spaccarotella, parlando
del momento dello sparo, ha
affermato di essere arrivato in
affanno alla fine della corsa,
"anche per colpa dell'asma che
mi perseguita da quando avevo 16
anni": una volta esploso il
colpo, "l'auto è partita e ho
pensato "è andata bene", ha
concluso il poliziotto, dicendo
di aver riferito, al ritorno,
"di aver sparato un colpo in
aria, nel senso che non aveva
colpito niente e nessuno". In
aula non sono mancate le
contestazioni. Oltre alle grida
di "assassino", mentre
Spaccarotella parlava, una
persona del pubblico ha gridato:
"Dicci la verità", ma è stata
subito zittita dal presidente
della Corte Mauro Bilancetti,
che qualche minuto prima aveva
invitato ad uscire una persona
che stava mostrando una foto di
Gabriele Sandri. Davanti al
tribunale sono stati appoggiati
in terra tre striscioni con
scritto: "Bronchite asmatica +
stress = il vostro certificato
per uccidere. Vergognatevi".
Grande amarezza da parte della
famiglia di Gabriele Sandri, che
è uscita dall'aula quando il
medico legale di parte civile ha
mostrato le riprese
dell'autopsia sul ragazzo: "Sono
rimasta sconcertata a non
sentirlo interrogare. Se fosse
onesto direbbe: "Ho sbagliato,
pagò", ha detto la madre di
Gabriele, Daniela Sandri. Per il
padre, Giorgio, Spaccarotella
"ha voluto evitare di dire per
l'ennesima volta delle bugie. Se
io fossi innocente vorrei
affrontare il tribunale per far
capire che quello di cui sono
accusato non è vero. Invece lui
ha parlato di bronchite asmatica
e stress, come se con questo
fosse possibile difendersi".
Immediata la replica del legale
dell'agente: "E' una persona di
una grandissima fragilità
emotiva, e quindi probabilmente
non avrebbe retto il
controesame" ha detto Federico
Bagattini, uno dei due avvocati
che assiste Luigi Spaccarotella.
"Dal punto di vista tecnico,
secondo noi, il processo ha
offerto degli spunti davvero
utili e positivi per la difesa,
e non ci sembrava necessario
destabilizzarlo - ha concluso -
sottoponendo l'imputato al
controesame".
6 maggio 2009
Fonte: Repubblica.it
Il magistrato ha chiesto
una condanna a 14 anni: una pena
ridotta per il "carattere
istantaneo" e perché "ha
distrutto una vita ma anche la
sua". Una riduzione eccessiva
per la famiglia della vittima.
Morte Sandri, il pm
impugna un'arma e mima il gesto
dell'agente Spaccarotella
Durante la requisitoria
ha mostrato il modo in cui
avrebbe esploso il colpo che ha
ucciso il tifoso laziale.
AREZZO - Per mostrare
alla corte il modo in cui il
poliziotto Luigi Spaccarotella
avrebbe esploso il colpo che
l'11 novembre del 2007 uccise il
tifoso laziale Gabriele Sandri,
stamani il pm Giuseppe Ledda ha
portato in aula una Beretta,
come quelle in dotazione alla
polizia, e ha mimato il gesto
impugnandola a braccia tese. È
stato il momento culminante
della sua requisitoria al
termine della quale il
magistrato ha chiesto una
condanna a 14 anni di reclusione
per l'agente Spaccarotella,
accusato di omicidio volontario.
Pena ridotta di un terzo
rispetto ai 21 previsti perché,
ha sottolineato l'accusa, "ha
distrutto una vita umana, ma
anche la propria, e che paga
anche la sua famiglia". Una
precisazione che ha deluso e
amareggiato il padre e la madre
di Gabriele che ritengono
scorretto il "confronto con la
famiglia Spaccarotella. Non è la
stessa cosa, noi non abbiamo più
un figlio" ha detto Daniela
Sandri. Durante il suo
intervento in corte d'assise ad
Arezzo, Ledda ha ricostruito il
racconto di alcuni testimoni:
"Ci sono cinque persone che con
diversi angoli visivi hanno
visto la scena o parti
sostanziali di essa. Sono cinque
ricostruzioni sostanzialmente
concordanti: Spaccarotella si
ferma e punta l'arma verso
l'area di servizio". A quel
punto il magistrato ha impugnato
la pistola mimando il gesto.
Riferendosi ad alcune
discordanze fra le testimonianze
Ledda ha detto: "Un braccio era
teso, non ha rilevanza se
l'altra mano fosse sull'arma, o
sul polso". Poi Ledda impugnando
la Beretta con il braccio destro
teso e protraendo in avanti il
sinistro ha chiesto: "Se no, a
cosa serviva questa mano
sinistra ? Cos'era un saluto
romano ? Un saluto generico ? Ma
via sono scenari ridicoli". Il
magistrato ha poi messo a
confronto le dichiarazioni
rilasciate da Spaccarotella
nell'imminenza del fatto e
quelle successive, fra cui la
dichiarazione spontanea in aula.
Un cambio di versione "che
aggrava parecchio" la sua
posizione e "lo affossa
definitivamente" ha detto il pm.
Ledda ha ricordato infatti che,
all'indomani dell'accaduto,
Spaccarotella aveva sostenuto
che il colpo di pistola era
partito accidentalmente mentre
correva, mentre invece "dopo un
anno e mezzo c'è un cambio di
versione abborracciato che
aumenta il grado di
inverosimiglianza e arriva al
parossismo quando l'agente cerca
di ipotizzare un racconto che
concili la sua versione a quella
dei testi. Questo tentativo
maldestro lo affossa
definitivamente". Ledda si è
soffermato poi sulla scelta di
Spaccarotella di non sottoporsi
al contraddittorio in aula
davanti alla corte: "Lungi da me
dire che chi non si sottopone a
contraddittorio è colpevole,
però chi racconta una storia
costruita a tavolino ha paura
delle contestazioni".
Ripercorrendo le dichiarazioni
dell'agente, il magistrato ha
chiesto: "Come è possibile
credere ? Solo un folle avrebbe
potuto correre con il cane
armato e il dito sul grilletto.
Si sarebbe sparato addosso.
Quando si è fermato, l'agente ha
di nuovo messo il dito sul
grilletto". Nella requisitoria
il magistrato ha affermato che
l'agente aveva la
consapevolezza" del concreto
pericolo di centrare l'abitacolo
e cagionare la morte di qualcuno
degli occupanti", quindi "la
sanzione deve essere
corrispondente al grado del
dolo", e per l'omicidio
volontario sono previsti 21
anni. Però, ha aggiunto,
Spaccarotella è "meritevole di
riconoscimento delle attenuanti
generiche" spiegando "il
carattere istantaneo di questa
condotta: tutto l'evento si è
svolto nell'arco di pochissimi
minuti" e sottolineando che il
poliziotto "ha distrutto una
vita umana, ma anche la propria
e che paga anche la sua
famiglia". Per questo il pm ha
chiesto una riduzione di un
terzo della pena. Al termine
dell'udienza i genitori della
vittima hanno espresso delusione
e amarezza per la richiesta del
pm. Il padre, Giorgio, ha
annunciato che domani non
saranno in aula "perché per me è
troppo forte sentire ancora
parlare di tosse asmatica o
stress. Non ci sono attenuanti
generiche per una famiglia come
noi che soffre. Mi dispiace per
i figli e la moglie dell'agente
ma ci si deve ricordare che
dall'altra parte c'è una
famiglia che non può
riabbracciare un figlio. Ridurre
la pena di un terzo è troppo".
9 luglio 2009
Fonte: Repubblica.it
Sandri, il pm simula lo
sparo
Condannate l’agente a 14
anni
di Maurizio Bologni
AREZZO - Il braccio
destro del pm Giuseppe Ledda è
teso, la sua mano impugna una
Beretta, facendo in modo che la
toga nera si apra a ventaglio
sotto la spalla. Scena dal
processo in corte d' assise, ad
Arezzo, contro Luigi
Spaccarotella, l’agente di
polizia accusato di omicidio
volontario per aver esploso il
colpo di pistola che l’11
novembre del 2007 uccise il
tifoso della Lazio Gabriele
Sandri nell’area di servizio
Badia al Pino sulla A1. Durante
la requisitoria, al termine
della quale chiederà la condanna
del poliziotto a 14 anni di
reclusione, il pm mima quella
che - secondo lui - fu l’azione
di Spaccarotella. Il magistrato
allunga anche la mano sinistra
all’altezza di quella che
impugna la Beretta, una
riproduzione fedele dell’arma in
dotazione alla polizia. "Cinque
testimoni - spiega il magistrato
- hanno visto la scena o parti
sostanziali di essa da
angolature diverse. E le cinque
ricostruzioni sono
sostanzialmente concordanti:
Spaccarotella si ferma e punta
l’arma verso l’area di
servizio". Ecco, proprio così,
mostra il magistrato alla corte
che gli è di fronte. "Anche
l’altro braccio era in avanti. A
cosa serviva ? Per un saluto
romano o un saluto generico ?"
ironizza il pm. Il magistrato è
duro con Spaccarotella.
Definisce "abborracciata" la sua
una versione, secondo la quale
il colpo sarebbe partito
accidentalmente mentre l’agente
correva in parallelo all’auto,
con Sandri a bordo, che si
trovava nell’area di servizio
sulla corsia opposta
dell’autostrada. Ledda spiega:
"Come è possibile credergli ?
Solo un folle avrebbe potuto
correre con il cane armato e il
dito sul grilletto. Si sarebbe
sparato addosso. Quando si è
fermato, l’agente ha di nuovo
messo il dito sul grilletto". Il
proiettile è stato deviato ? Per
il magistrato questo particolare
non cambia il quadro
accusatorio. "È dimostrato che
il proiettile fu deviato - dice
Ledda-, ma questo non muta di un
millimetro le nostre
conclusioni", quelle del dolo
eventuale, perché l’agente nel
momento in cui tende la mano e
spara si assume il rischio di
poter uccidere. Nonostante
questa ricostruzione severa, al
termine della requisitoria il pm
ritiene che Spaccarotella sia
"meritevole di riconoscimento
delle attenuanti generiche", con
riduzione di un terzo della pena
da 21 a 14 anni di reclusione,
per "il carattere istantaneo
della condotta" (l’evento si è
svolto nell’arco di pochissimo)
e perché l’agente "ha distrutto
una vita umana, ma anche quella
della sua famiglia". Parole,
queste, che amareggiano la
famiglia Sandri, per la quale
sono stati chiesti 500 mila euro
di provvisionale (una sorta di
acconto sul risarcimento danni
da stabilire in seguito). "Non
si può mettere sulla stesso
piano il dolore della famiglia
del poliziotto con il nostro che
abbiamo perso un figlio"
commenta a fine udienza la mamma
di Gabbo, Daniela. Per Giorgio
Sandri, il papà, "non ci sono
attenuanti generiche per noi che
soffriamo". Luigi Spaccarotella
non è in aula, ma attraverso i
suoi legali fa giungere il
proprio commento alla richiesta
di condanna del pm: "Me lo
aspettavo".
10 luglio 2009
Fonte: La Repubblica
Violente proteste in
aula. Il padre della vittima:
"Una vergogna per l'Italia".
Omicidio Sandri: 6 anni
a Spaccarotella
Dopo il verdetto urla
contro la Corte
Il pm aveva chiesto 14
anni di reclusione. Derubricato
il reato da omicidio volontario
a colposo.
AREZZO - La corte
d'Assise di Arezzo ha condannato
a sei anni di reclusione il
poliziotto Luigi Spaccarotella,
che l’11 novembre 2007,
nell'area di servizio Badia al
Pino, vicino ad Arezzo, uccise
con un colpo di pistola il
tifoso laziale Gabriele Sandri.
Il pm aveva chiesto una pena di
14 anni di reclusione. Ma la
corte ha derubricato il reato da
omicidio volontario a colposo.
Subito dopo la lettura del
dispositivo, vi sono state urla
in aula contro i giudici.
I
GENITORI - "Adesso me lo hanno
ammazzato una seconda volta.
Come fai a credere nella
giustizia ? Adesso non ci credi
più". Così Daniela Sandri, la
madre di Gabriele, tra le
lacrime, ha commentato la
sentenza del Tribunale di
Arezzo. "Quando stasera tornano
a casa, li avranno dei figli ? -
ha aggiunto. Come fanno a
guardarli negli occhi ? Gabriele
non me lo ridà nessuno, ma
questo è troppo, è una cosa
tremenda". "È una vergogna per
tutta l'Italia", ha urlato
Giorgio Sandri, padre di
Gabriele. "Hanno ammazzato mia
moglie un'altra volta, forse
adesso la portiamo via con
l'ambulanza, hanno ammazzato mio
figlio. Io consiglierei a tutti
i cittadini di non spendere più
i soldi per la giustizia perché
se la giustizia è questa sono
soldi buttati. Non sono bastati
cinque testimoni che hanno visto
quello che ha fatto l'individuo,
quando basta un pentito di mafia
per mandare gente all'ergastolo
per 30 anni. Evidentemente la
divisa ha il suo peso. Mi
vergogno di essere italiano, mi
vergogno di aver creduto nella
giustizia. Per fortuna che c'è
la giustizia divina che penserà
a Spaccarotella, a quella non
potrà sfuggire senz'altro".
Svenimenti, scene di panico e
parolacce sul piazzale
antistante il Tribunale di
Arezzo, dove si sono radunati
una trentina di amici di
Gabriele. La reazione alla
lettura della sentenza era stata
di grande rabbia, e alcuni
tifosi della Lazio amici di
Gabriele hanno inveito contro
Spaccarotella e contro i
giudici, ma dopo un po' il
fratello di "Gabbo", Cristiano
Sandri, li ha riportati alla
calma dicendo che così "si
uccide Gabriele per la terza
volta, fatela finita". Un'amica
di Gabriele, Cinzia,
dall'emozione ha accusato un
malore, è stata soccorsa dai
sanitari ed è stata portata via
in ambulanza. SPACCAROTELLA -
"Ho pianto di gioia. Ho fatto
bene a credere nella giustizia".
È felice Luigi Spaccarotella,
commentando al telefono con il
suo avvocato Federico Bagattini,
l'agente condannato oggi a sei
anni per omicidio colposo. "Sono
contento per Spaccarotella", ha
commentato l'avvocato Federico
Bagattini, che con il collega
Francesco Molino difende
l'agente. "È stato riconosciuto
quanto lui ha sempre detto, e
cioè di non aver voluto
ammazzare nessuno". "Ovviamente
la pena è molto gravosa, troppo
eccessiva, e su questo punto
faremo appello. Intanto usciamo
dall'omicidio volontario, che
evidentemente è il risultato al
quale tendevamo", ha aggiunto
Bagattini. Nonostante la
condanna l'agente di polizia per
ora non andrà in carcere: i suoi
difensori hanno, infatti,
annunciato appello, per cui, in
base alle previsioni del codice
di procedura penale, l'imputato
attenderà in libertà il processo
di secondo grado, che si
svolgerà probabilmente il
prossimo anno. Solo quando la
sentenza nei confronti di
Spaccarotella diventerà
irrevocabile sarà emesso il
provvedimento per l'esecuzione
della pena. COLPA COSCIENTE - Il
reato di omicidio colposo del
tifoso Gabriele Sandri, per il
quale il poliziotto Luigi
Spaccarotella è stato condannato
a sei anni di reclusione, è
stato commesso con l'aggravante
- riconosciuta dalla Corte
d'assise - della "colpa
cosciente", cioè della
previsione dell'evento. La colpa
cosciente - molto simile al dolo
eventuale - ricorre quando
l'agente ha previsto l'evento
senza però averlo voluto (a
differenza della colpa
incosciente, che è senza
previsione alcuna dell'evento):
in definitiva, l'agente
Spaccarotella avrebbe sparato
contro Sandri - secondo i
giudici - senza intenzione di
ucciderlo, ma accettando il
rischio che quell'evento potesse
verificarsi. L'omicidio colposo
è punito dal codice con una pena
massima di cinque anni: è quindi
verosimile - ma lo si saprà solo
quando la sentenza sarà
depositata - che i giudici
abbiano determinato la pena
sommando al massimo previsto per
l'omicidio colposo un altro anno
proprio in virtù dell'aggravante
della colpa cosciente. IL
PROCESSO - La sentenza di primo
grado arriva dopo quattro mesi
dall'apertura del processo, che
aveva preso il via lo scorso 20
marzo. La giuria si era riunita
in Camera di Consiglio alle
11.30, dopo le repliche e le
controrepliche della mattinata.
Il pubblico ministero, Giuseppe
Ledda, aveva chiesto 14 anni per
omicidio volontario con dolo
eventuale, con le attenuanti
generiche per lo sconto di un
terzo della pena. All'esterno
del tribunale di Arezzo si erano
radunati alcuni amici di Gabbo
con degli striscioni: "È ora che
sia fatta giustizia per
Gabriele", recitava uno.
L'omicidio avvenne l'11 novembre
2007 nell'area di servizio
dell'A1 di Badia al Pino, nei
pressi di Arezzo: il ragazzo fu
raggiunto da un colpo sparato
dal poliziotto. CONSIGLIERI PDL:
"INTERDETTI" - "Possiamo solo
lontanamente immaginare quanto
la famiglia di Gabriele stia
passando in questo momento e a
loro esprimiamo tutta la nostra
vicinanza e solidarietà. Quella
emessa dalla Corte di Assise di
Arezzo è una sentenza che ci
lascia tutti interdetti e
sgomenti". Lo dichiarano in una
nota i consiglieri comunali del
Pdl, Alessandro Cochi, Marco
Visconti, Federico Guidi, Ugo
Cassone, Luca Gramazio. ALEMANNO
- "Esprimo profonda
insoddisfazione per la sentenza
che ha condannato l'agente di
polizia Luigi Spaccarotella a
soli 6 anni di reclusione per
l'omicidio di Gabriele Sandri".
Lo afferma il sindaco di Roma,
Gianni Alemanno. "Pur
riservandomi di leggere le
motivazioni della sentenza, mi
pare non accettabile la
derubricazione del reato da
omicidio volontario a colposo.
In ogni caso, la pena risulta
troppo mite rispetto a un fatto
così grave che ha duramente
colpito non solo la famiglia ma
tutta la città. Mi auguro che il
Pubblico Ministero, data la
diversità fra le richieste e la
sentenza, ricorra in appello e,
in quella sede, la sentenza
possa essere rivista per non
lasciare in tutto il mondo degli
sportivi romani un senso di
profonda ingiustizia". LOTITO -
"È necessario attendere le
motivazioni della sentenza,
prima di esprimere qualunque
giudizio e confermare il
rispetto che si deve ai giudici
ed alle loro decisioni
nell'ambito di una vicenda
triste che ha colpito
profondamente la coscienza di
tutti noi" ha detto il
presidente della Lazio, Claudio
Lotito.
14 luglio 2009
Fonte: Corriere della
Sera
© Fotografia:
Repubblica.it
Ad Arezzo la sentenza
per la morte del tifoso della
Lazio. Spaccarotella non era in
aula. Urla contro i giudici:
"Buffoni". La mamma: "Ucciso di
nuovo". Il poliziotto: "Piango
di gioia".
Sandri, sei anni
all'agente: "Omicidio colposo"
Il padre: "Una vergona
per tutta l'Italia"
AREZZO - Non fu
volontario l'omicidio di
Gabriele Sandri. Dopo nove ore
di camera di consiglio, la Corte
d'assise d'Arezzo ha condannato
a sei anni l'agente della
Polstrada Luigi Spaccarotella
che l'11 novembre del 2007
uccise il tifoso della Lazio
Gabriele Sandri nell'area di
servizio Badia al Pino sulla A1.
"Fu omicidio colposo aggravato
dalla previsione dell'evento",
ha detto la giuria. Come dire
che Spaccarotella sparò contro
Sandri senza la volontà di
ucciderlo, ma "accettando il
rischio che quell'evento potesse
verificarsi". "Giudici, siete
dei buffoni". Un distinguo
giuridico che ha scatenato la
violenta reazione dei tifosi e
amici di Sandri presenti in
aula. Alla lettura della
sentenza hanno urlato contro i
giudici "Infami, buffoni,
vergogna". Il presidente della
Corte è stato costretto ad
allontanare il pubblico. Stretti
in un abbraccio di dolore, i
genitori di Gabriele hanno
pianto in aula. "Mi vergogno di
essere italiano - ha detto il
padre - Non sono bastati cinque
testimoni a dire cosa ha fatto
Spaccarotella. Evidentemente la
divisa paga. Non credo più nella
giustizia, non credo più in
niente. È una vergogna per tutta
l'Italia. Senz'altro faremo
appello: io Spaccarotella non lo
mollerò mai". Al termine della
lettura della sentenza, la
moglie si è sentita male: "Me
l'hanno ammazzato una seconda
volta. Ma i giudici, quando
arriveranno a casa, come faranno
a guardare i loro figli, con
quale coscienza hanno fatto una
cosa del genere ?". Allontanati
dall'aula - Gli amici di
Gabriele, allontanati dall'aula,
hanno proseguito la protesta
fuori dal Palazzo di giustizia:
ancora urla contro la corte e i
difensori dell'agente.
All'uscita dalla Corte d'Assise,
Federico Gattini, uno dei legali
di Spaccarotella, è stato
accolto da una pioggia di
insulti: "Verme, sei un verme".
Un'amica di Gabriele, Cinzia, ha
accusato un malore: è stata
soccorsa dai sanitari ed è stata
portata via in ambulanza.
L'appello del padre: "State
calmi". Cristiano Sandri,
fratello di Gabriele, e suo
padre, hanno invitato gli amici
alla calma. Temono che si
ripetano i disordini scoppiati
poche ore dopo l'omicidio in
autostrada: a Roma furono
assaltate caserme della polizia
e fu devastata la sede del Coni.
"Facciamola finita", ha
implorato il fratello di Gabbo.
"Non uccidiamo Gabriele per la
terza volta. La prima volta due
anni fa; oggi i giudici. Non
possiamo uccidere Gabbo per la
terza volta. Basta". L'agente:
"Ho pianto di gioia" - Luigi
Spaccarotella non era in aula.
Ha atteso la sentenza
"incrociando le dita e
pregando", come ha confidato ai
suoi legali. Una volta
conosciuto l'esito del processo
ha "pianto di gioia": "Ho fatto
bene a credere nella giustizia".
Una volta solo l'agente era
entrato in Corte d'assise e solo
per fare una breve dichiarazione
concordata con gli avvocati: "Ho
alzato istintivamente un
braccio, forse tutti e due -
aveva detto - ed è partito un
colpo di pistola. Non era mia
volontà uccidere". L'imputato
non ha mai voluto rispondere
alle domande dei giudici. Dopo
le prime dichiarazioni rese ai
colleghi all'indomani
dell'incidente, ha preferito
appellarsi al diritto di tacere.
Aveva parlato un'altra volta, ma
fuori dall'aula del processo,
quando il giudice lo aveva
chiamato per la prima udienza
preliminare. Attraverso le
agenzie di stampa Spaccarotella
aveva chiesto perdono ai
genitori di Gabriele: "Ho ucciso
il loro figlio: dire che mi
dispiace, che non volevo, non
può essere sufficiente. Vorrei
incontrarli". Gli striscioni:
"Gabbo sempre con noi". Sul
prato davanti al Palazzo di
giustizia di Arezzo, restano
abbandonati gli striscioni e le
foto di Gabbo che gli amici
hanno lasciato stamani. "E' ora
che sia fatta giustizia per
Gabriele" è scritto su un
lenzuolo. E accanto la
gigantografia del tifoso con
scritto: "Gabriele sempre con
noi". L'accusa aveva chiesto 14
anni. Contro l'agente della
Polizia stradale, il pm aveva
chiesto la condanna per omicidio
volontario, 21 anni ridotti a 14
con la riduzione di un terzo
della pena per la concessione
delle attenuanti generiche: "In
fondo - aveva detto il pm come
atto di comprensione verso il
poliziotto - l'agente ha
distrutto una vita umana ma ha
anche distrutto quella della sua
famiglia". Due anni fa
sull'autostrada. Quel mattino,
nell'area di servizio Badia al
Pino sulla A1, c'era stata una
scaramuccia tra tifosi laziali e
supporter juventini. L'agente
era dall'altra parte
dell'autostrada. Non poteva
intervenire direttamente. Si
affidò alla sirena dell'auto e a
un colpo sparato in aria. Poi
prese a correre lungo il bordo
della carreggiata per mettersi
di fronte ai tifosi. Ma Gabriele
e i suoi amici erano già
risaliti in macchina per
raggiungere Milano dove li
aspettava Inter-Lazio e dello
scontro con gli juventini non
parlavano più. Spaccarotella
sparò allora. Il pm: "Azione
folle quella dell'agente". In
aula, il pm ha mimato il gesto
stringendo anche lui le mani
attorno al calcio di una
pistola, riproduzione fedele
dell'arma di ordinanza
dell'agente. "Il fatto che il
proiettile fu deviato dalla
grata - ha detto il magistrato
dell'accusa durante la
requisitoria - non sposta di un
millimetro le conclusioni. Solo
un folle avrebbe potuto correre
con la pistola in pugno, il cane
armato e il dito sul grilletto".
I testi: "Aveva le braccia
tese". Luigi Spaccarotella lo ha
fatto quel maledetto mezzogiorno
di due anni fa. Cinque testimoni
lo hanno detto sotto giuramento:
"Vedemmo il poliziotto con le
braccia tese che prendeva la
mira". Il proiettile partì dalla
Beretta calibro 9, attraversò
tre corsie, fu deviato dalla
grata che separa i due sensi di
marcia, proseguì ancora verso il
parcheggio a una trentina di
metri di distanza dal poliziotto
e si infilò nel collo di
Gabriele, seduto sul sedile
posteriore della Megane tra due
amici.
14 luglio 2009
Fonte: Repubblica.it
Sei anni all'agente che
sparò a Gabriele Sandri, nella
notte blitz a Roma. Bottiglie e
pietre contro la caserma dei
carabinieri. "Vergogna,
bastardi".
Il tribunale si
trasforma in una curva
"Gli ultras hanno voglia
di vendetta"
di Carlo Bonini
AREZZO - "Pezzi di
merdaaa". Alle 8 della sera, un
urlo spezza la voce del
presidente di Corte d'assise
Mauro Bilancetti e annuncia che
i demoni di "Badia al Pino" sono
di nuovo tra noi. Un urlo che,
tra braccia levate al cielo,
diventa tuono, mentre un cordone
di carabinieri ricaccia quella
furia fuori dall'aula. È
omicidio colposo, niente
assassinio volontario. Sei anni
di reclusione a Luigi
Spaccarotella, l'agente di
polizia che l'11 novembre 2007
sparò da un'area di servizio
all'altra dell'autostrada del
Sole e uccise il tifoso della
Lazio Gabriele Sandri, 26 anni.
Alle
otto della sera, dopo oltre otto
ore di camera di consiglio, a
metà lettura della sentenza la
voce del presidente della corte
d'assise di Arezzo, Mauro
Bilancetti, è sovrastata dalle
urla e dagli insulti che una
decina di giovani, tifosi della
Lazio ma soprattutto amici di
Gabriele, rivolgono alla corte.
"Vergogna", "buffoni, bastardi",
gridano. I carabinieri faticano
ad arginare la protesta. A
frenare gli scalmanati, a
spingerli fuori dall'aula. C'è
gente che piange di rabbia. La
mamma di Gabbo si accascia in
lacrime su una sedia. Un'amica,
Cinzia, è colta da malore.
Arrivano le ambulanze. È
l'epilogo amaro, per una
sentenza che non piace a
familiari e amici di Gabbo.
Cristiano Sandri, il fratello,
ha la voce rotta dall'emozione.
Commenta: "Un poliziotto che
cinque testimoni hanno visto
impugnare la pistola con due
mani, stendere le braccia,
mirare e sparare, è stato
condannato per omicidio colposo
come un qualsiasi sventurato
automobilista per un incidente
stradale. Vergogna. Ci sarà un
appello. Ci sarà giustizia".
Spaccarotella, che non andrà in
carcere in attesa dei prossimi
giudizi, era sotto processo per
omicidio volontario con dolo
eventuale: sparando dall'area di
servizio ovest di Badia al Pino
sull'A1 nei pressi di Arezzo
contro l'auto sulla quale
Gabriele si trovava nell'area di
servizio est, quella sulla
corsia opposta - è la tesi del
pm Giuseppe Ledda - ha accettato
il rischio di uccidere. L'accusa
aveva chiesto 14 anni di pena.
Ma la corte, nel verdetto,
derubrica il reato di omicidio
da volontario a colposo e trova
una via mediana. Porta a sei
anni di pena affibbiando a
Spaccarotella, al posto della
volontarietà, l'aggravante della
"colpa cosciente" che viene
giudicata prevalente sulle
attenuanti generiche. È come
dire: Spaccarotella non voleva
uccidere, ma era cosciente di
tenere un comportamento
pericolosamente colposo.
"Sentenza ottima", commenta uno
dei due difensori dell'agente,
Francesco Molino. Quella
domenica Sandri era in auto con
altri tifosi della Lazio diretti
in trasferta a Milano. Nell'area
di servizio est aggredirono un
gruppetto di tifosi della Juve.
Dall'altra area di servizio la
scena fu notata dall'equipaggio
della polizia stradale di cui
faceva parte Spaccarotella.
L'agente sparò un primo colpo in
aria. Poi prese a seguire in
parallelo i laziali che salirono
in auto e ripartirono. Infine il
colpo di pistola che, dopo aver
subito una deviazione, raggiunse
al collo e uccise Gabriele. La
sorte processuale di
Spaccarotella sembrava segnata
da cinque testimonianze al
processo. "Vidi il poliziotto
cercare la mira per cinque
secondi a braccia tese, poi
esplose il colpo verso l'auto in
movimento", la deposizione più
robusta, quella di Keiko
Korihoshi, guida turistica
giapponese. Omicidio volontario
? No, secondo la corte fu
colposo. "Me lo hanno ucciso per
la seconda volta, la mia vita
finisce qui" piange, piegata su
un muretto, la mamma di Gabbo.
"Vergogna, spero che gli amici
di Gabbo sappiano mantenere
sangue freddo e aspettare
l'appello, perché io
Spaccarotella non lo mollo. Ma
in questo momento comprendo la
rabbia degli amici", dice il
papà, Giorgio, mentre un gruppo
di giovani inveisce e preme
all'ingresso del palazzo di
giustizia per rientrare. Sulla
sentenza anche i dubbi del
sindaco di Roma, Gianni
Alemanno: "Assolutamente
insoddisfacente".
15 luglio 2009
Fonte: Repubblica.it
Gruppi di ultrà hanno
preso di mira un'auto della
polizia e un commissariato. Due
arresti. Giorgio Sandri: "Un
milione di persone in piazza per
esprimere sdegno". Appello alla
calma.
Sentenza Sandri,
violenze nella notte
Il padre: "Stato
assassino". Poi si scusa
Parla Spaccarotella:
"Sono un cretino non un Rambo".
ROMA - "Chiederò
spiegazioni ai ministri Maroni e
Alfano e al capo della polizia
Manganelli. Mio figlio è stato
assassinato dallo Stato e ora lo
Stato mi deve giustizia". Lo ha
detto il padre di Gabriele
Sandri, il tifoso ucciso l'11
novembre del 2007 nell'area di
servizio Badia al Pino.
Definisce "una vergogna per
l'Italia" la sentenza che ieri
ha condannato a sei anni
l'agente Luigi Spaccarotella per
omicidio colposo. In serata,
Giorgio Sandri rettifica le sue
dichiarazioni. "Sono stato
travolto dall'emotività, le mie
parole non servano da scuse per
la violenza. Devo anche dire che
il capo della Polizia Manganelli
mi è sempre stato vicino".
"Ragazzi, state calmi". Mentre a
Ponte Milvio, nella capitale,
gruppi di ultras protestavano
contro la polizia, il padre di
Gabriele è intervenuto alla
trasmissione radiofonica Talk
Radio - Voci nella notte. "E'
una vergogna - ha ribadito -
come per l'omicidio Aldovrandi a
Ferrara, non c'è giustizia.
Adesso però è il momento di
stare calmi, non dobbiamo
offrire il fianco passando dalla
parte del torto. Dico a tutti i
ragazzi di stare calmi. Capisco
la rabbia ma bisogna mantenere
la calma". "Penso ad una grande
manifestazione" - Giorgio Sandri
ha ringraziato il sindaco Gianni
Alemanno "per la sua
dichiarazione di solidarietà e
sdegno" e si è augurato "che
tale dichiarazione arrivi anche
dai ministri Maroni e Alfano.
Comunque - ha aggiunto - penso a
una grande manifestazione,
magari con un milione di
persone, con la quale esprimere
civilmente lo sdegno per questa
sentenza ingiusta". Firme a
Napolitano per rivedere la
sentenza. Nel frattempo, i
genitori dell'ex tifoso laziale
pensano ad "una raccolta di
firme in tutta Italia da portare
al presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano affinché sia
rivista la sentenza. Finora
abbiamo avuto solo pacche sulle
spalle dallo Stato, ricorreremo
in appello ma non credo più
nella giustizia", ha detto
Giorgio Sandri. Parla
Spaccarotella. L'agente ha
concesso un'intervista al
settimanale "Visto". "Sono un
cretino, non un Rambo. Sono solo
una persona che ha creduto di
fare il suo dovere. Non ho mai
preso la mira, lo ripeterò
sempre. Non sono un pazzo che
rischia di colpire un'auto di
passaggio: c'era un'autostrada
di mezzo. I giornali mi avevano
già condannato: in questo paese
non c'è giustizia. Sono i
prepotenti, i forti, quelli che
sanno parlare bene, sanno
raccontarti e rigirarti, ad
avere la meglio. Non gli
ignoranti morti di fame come me.
Le persone oneste che hanno
rispettato le leggi - sostiene -
non valgono niente. Antipatica
la mia voce, il mio accento
meridionale e anche il mio
cognome, Spaccarotella. Tutti
hanno visto in me l'uomo forte
che "spacca", che uccide. Invece
io sono un padre, un marito e un
figlio". I sindacati di polizia
criticano Sandri. "Possiamo
capire l'amarezza di Giorgio
Sandri, ma certe parole istigano
all'odio" scrive il un
comunicato il sindacato di
polizia Consap. E il Coisp: "Con
le sue dichiarazioni, rischia di
aizzare una folla che in certi
momenti rimane preda
dell'istinto e mai della
ragione". Scontri nella notte -
Intanto a esprimere sdegno e
rabbia, con momenti di tensione,
sono state nella notte alcune
decine di ultrà, che si erano
radunati a piazzale Ponte Milvio
e hanno lanciato sassi e
bottiglie contro un contingente
della polizia che passava in
quel momento. Lo stesso gruppo,
poco dopo, ha lanciato alcuni
petardi e altri sassi contro la
stazione dei carabinieri di
Ponte Milvio, a poca distanza
dal piazzale. Due arrestati. Uno
dei petardi ha danneggiato
un'auto e una moto parcheggiate
davanti alla caserma. Due
persone, di 28 e 23 anni, sono
state arrestate con l'accusa di
danneggiamento e resistenza:
nelle loro abitazioni sono state
trovate bandiere delle SS e con
il ritratto di Mussolini, mazze
e passamontagna. In mattinata, i
carabinieri hanno eseguito
numerose perquisizioni.
15 luglio 2009
Fonte: Repubblica.it
Curva nord in tribunale
di Carlo Bonini
Dal nostro inviato
"PEZZI di merdaaa". Alle 8 della
sera, un urlo spezza la voce del
presidente di Corte d' assise
Mauro Bilancetti e annuncia che
i demoni di "Badia al Pino" sono
di nuovo tra noi. Un urlo che,
tra braccia levate al cielo,
diventa tuono, mentre un cordone
di carabinieri ricaccia quella
furia fuori dall’aula. "Vermi
bastardi". "Devono morire i
vostri figli". "Infami
schifosi". Sono quindici, forse
venti ragazzi della curva Nord.
E uno di loro, Simone, è lì con
la madre, Cinzia, che si piega
sull’asfalto. Come fulminata.
Incosciente fino all’arrivo di
un’ambulanza. I numeri questa
volta non contano. Non importa
in quanti siano arrivati da Roma
(mai così pochi dall’inizio del
processo). Contano le facce
stravolte. Le parole. Gli occhi
rossi, gonfi di lacrime e
rabbia. Lo sguardo pietrificato
di chi - carabinieri,
vigilantes, finanzieri -
protegge il palazzo di
giustizia, quasi cosciente di un
secondo lutto che va rispettato.
Come un anziano maresciallo
dell’Arma che fronteggia un
ragazzo che gli potrebbe essere
figlio e non batte ciglio di
fronte alla domanda che quello
continua a urlargli a pochi
centimetri dal volto: "Dimmelo
stronzo, se adesso te sputo in
faccia, scommetti che me date
più de sei anni ? Scommetti,
stronzo ?". La sentenza riporta
indietro il tempo alla mattina
dell’11 novembre 2007. Dissolve
l’argine che la requisitoria del
pubblico ministero Giuseppe
Ledda aveva alzato a contenere
un fiume di risentimento che,
per due anni, era stato
governato dalle parole e i gesti
ragionevoli della famiglia
Sandri, dalle decisioni del capo
della polizia Antonio Manganelli
(la sospensione dal servizio
dell’agente Luigi
Spaccarotella), dalla
solidarietà bipartisan della
politica. L’immagine di un
magistrato della pubblica accusa
che, quasi fosse una catarsi
dovuta, brandisce una Beretta
nell’aula di corte di assise
simulando la volontarietà
dell’omicidio di un uomo in
divisa, aveva convinto tutti che
l’esito fosse scritto. Che la
testimonianza degli amici di
"Gabbo" dovesse solo
accompagnare una sentenza in sua
memoria. Che fossero dunque
sufficienti tre striscioni e un
tricolore distesi su un prato
bruciato dal caldo all’ingresso
del palazzo di giustizia per
salutare la fine di questa
storia nera. "E ora che sia
fatta giustizia per Gabriele".
"Gabriele sempre con noi".
"Gabbo vive". Anche per questo,
il risveglio dei demoni di Badia
al Pino è peggiore del sopore
cui erano stati convinti. E non
servono a nulla i distinguo che,
con saggezza, l’avvocato della
famiglia Sandri distribuisce a
sentenza pronunciata. Non frega
nulla a questi ragazzi dai
tatuaggi tribali e le magliette
della Lazio dedicate a Gabriele
("Banda Sandri") che differenza
sottile passa tra un "omicidio
colposo aggravato dalla
previsione dell’evento" e un
"omicidio volontario con dolo
eventuale". Che in un processo
di corte d' assise, quando il
confine si fa così labile,
l’intimo convincimento di una
giuria popolare (tre uomini e
tre donne) può essere governato
da considerazioni non
necessariamente tecniche. Che ci
sarà un processo di appello. Per
questi ragazzi conta quel numero
di anni - 6 - che dimezza le
richieste della pubblica accusa.
Quell’aggettivo - "colposo", che
scaccia l’altro, "volontario".
Lo gridano aggrappati alla
tensostruttura in acciaio del
palazzo di giustizia, quando
l’avvocato Federico Bagattini,
difensore di Spaccarotella,
prova a guadagnare inutilmente
l’uscita del Tribunale
("Maledetto, ti devono
sterminare la famiglia. E poi
dare sei anni agli assassini").
Lo ripetono quando il
turpiloquio e l’invettiva
personale lasciano il posto a un
argomento che torneremo ad
ascoltare presto nelle curve.
Uno di loro, corpulento nella
sua maglietta nera, accosta le
mani alla bocca, perché tutti
sentano: "La Grecia. Dobbiamo
imparare dalla Grecia. Lì le
guardie assassine le sbattono in
galera. Non come in questo Paese
di vermi, servi e pupazzi.
Vogliamo la Grecia". Annuiscono
in molti sulla spianata d'
asfalto che guarda il tribunale.
Annuiscono i curiosi. Annuisce
una delegazione della tifoseria
organizzata dell’Arezzo, "la
Fossa", arrivata qui con maglie
amaranto impreziosite
dall’acronimo A.c.a.b. (All cops
are bastards, tutti i poliziotti
sono bastardi). Sono in sei.
Abbracciano i laziali, piangono
con loro, ma soprattutto
chiedono: "Cosa si farà da
domani ?". Una domanda tutt'
altro che eccentrica, perché è
la stessa che dalle 8 e mezza di
ieri, frulla anche nei vertici
della nostra Polizia di
Prevenzione. Raggiunta al
telefono, una fonte qualificata
del Dipartimento di pubblica
sicurezza, spiega: "Se dicessimo
che non siamo preoccupati,
diremmo una bugia. Questa
sentenza sarà un problema.
Qualcosa dobbiamo aspettarci che
accada. Magari non subito. Non
domani. Ma presto. Appena le
tifoserie avranno ragionato su
quello che è accaduto e si
saranno parlate. In fondo, il
campionato ricomincia tra un
mese e mezzo. Che per le curve,
è come dire domani". Questa
volta, per altro, non sembra che
la famiglia Sandri abbia più la
voglia e la forza per mediare,
fare da cuscinetto. Cristiano
Sandri, avvocato penalista e
fratello di Gabriele, spiega che
"il progetto della fondazione
Gabriele Sandri, finisce qui.
Perché non ne possiamo più". Il
padre, Giorgio, si chiede, di
fronte a una siepe di microfoni,
con quale spirito, suo figlio
Cristiano, "possa rimettere
piede in un tribunale italiano",
invitando gli italiani a
riflettere che "i loro soldi
spesi per la giustizia, sono
buttati". E, come in un eco
contraria, sembra di riascoltare
le parole con cui l’avvocato
Federico Bagattini, difensore di
Spaccarotella, aveva atteso la
sentenza: "Non so come finirà.
Ma mi indigna sentire che a
Gabriele Sandri possano essere
intitolate delle piazze". I
demoni sono di nuovo tra noi.
15 luglio 2009
Fonte: La Repubblica
Le lacrime di gioia
dell’agente
Ora spero di rientrare
in servizio
Dal nostro inviato - "Ho
pianto di gioia. Ho fatto bene a
credere nella giustizia". Sono
le prime parole dell’agente
Luigi Spaccarotella dopo la
lettura della sentenza. Come ha
trascorso queste ore,
Spaccarotella ? "Con mia moglie
e con la mia bambina in
un’attesa snervante. Ho
preferito stare lontano da
Arezzo assieme alla mia
famiglia. Ho pregato tanto. Ho
pregato e incrociato le dita. La
notizia l’ho appresa dal tg. Poi
è passato un amico a portarci
fuori a prendere una boccata d'
aria dopo tanta tensione. Ne
avevamo bisogno". Si aspettava
questa sentenza ? "Abbiamo
lavorato, assieme agli avvocati
Francesco Molino e Federico
Bagattini, per arrivare a questo
risultato. Ma mentirei se
dicessi che me lo aspettavo. In
cuor mio ci speravo, nulla di
più. Sono un uomo delle
istituzioni, ho fiducia nella
giustizia". Cosa si sente di
dire in questo momento alla
famiglia Sandri ? "Che io non ho
mai voluto uccidere Gabriele.
Che mi dispiace tantissimo. Ciò
che è successo è una cosa
terribile che io, però, non ho
voluto. Se potessi tornare
indietro mi comporterei in modo
diverso, questo sì". Pensa che
sia stato eccessivo sospenderla
dal servizio ? "No, l’ho
accettato, fa parte del
mestiere. Ma adesso spero di
essere reintegrato presto nella
polizia". (m. b.)
15 luglio 2009
Fonte: La Repubblica
Così Gabbo muore due
volte esplode la rabbia dei
tifosi
di Stefano Carina e
Chiara Righetti
"Profonda
insoddisfazione". "Pena troppo
mite per un fatto che ha colpito
non solo la famiglia, ma tutta
la città. Speriamo
nell’appello". È la reazione del
sindaco Gianni Alemanno alla
notizia della condanna a sei
anni per l’agente Spaccarotella
che uccise Gabriele Sandri l’11
novembre 2007. Mentre i
consiglieri del Pdl si
definiscono "interdetti e
sgomenti", ma allo stesso tempo
fanno appello alla calma. Anche
Walter Verini, deputato Pd,
esprime l’auspicio "che le
ragioni della famiglia possano
trovare ascolto nei successivi
gradi della giustizia". Intanto
alla radio esplode la rabbia dei
tifosi: "È una vergogna, l’hanno
ammazzato un’altra volta". E
nella notte momenti di tensione
davanti alla caserma dei
carabinieri di Ponte Milvio
circondata da decine di ragazzi.
L’indignazione accomuna
romanisti e laziali. Guido
Zappavigna, storico leader
giallorosso, urla a Retesport:
"Questo è il Paese dove gente
condannata per Tangentopoli
viene rieletta alle europee". C'
è chi rimarca in diretta "la
dignità della famiglia" e chi
sottolinea che "il movimento
ultrà dovrebbe fare qualcosa".
Al momento però, spiega Gianluca
Tirone, portavoce degli
Irriducibili, non è stato deciso
nulla: "Valuteremo con la
famiglia qualsiasi iniziativa.
Mancava solo che dicessero che
si era suicidato". Anche i siti
Internet sono presi d' assalto.
Bereal: "Se fossi il fratello di
Gabriele riconsegnerei il
tesserino da avvocato". Dario:
"Se questa è la giustizia siamo
un popolo in serio pericolo".
Andujo: "Ho stretto forte il mio
bambino di 6 anni. Quasi per
dare un abbraccio anche alla
famiglia di Gabriele". Stesso
sgomento fra i ragazzi della
Balduina. "Non ci sono parole -
dice Alessandro Salvatori. Io
Gabriele lo conoscevo bene, e la
sentenza mi fa ancora più male".
E Simone Ferrucci:
"Spaccarotella la fa franca solo
perché è un poliziotto. Se fossi
stato io a sparare mi avrebbero
dato trent' anni, non voglio
pensare cosa sarebbe successo se
fosse stato un
extracomunitario". Mentre Eva
Carloni, titolare del bar
proprio di fronte al negozio del
papà di Gabriele, si trincera
dietro un: "È vergognoso. Dopo
aver perso un figlio non hanno
nemmeno la giustizia che
meriterebbero".
15 luglio 2009
Fonte: La Repubblica
Spaccarotella condannato
a 6 anni
Il padre di Sandri: Una
vergogna
di Maurizio Bologni
Dal nostro inviato.
Arezzo - È omicidio colposo,
niente assassinio volontario.
Sei anni di reclusione a Luigi
Spaccarotella, l’agente di
polizia che l’11 novembre 2007
sparò da un’area di servizio
all’altra dell’autostrada del
Sole e uccise il tifoso della
Lazio Gabriele Sandri, 26 anni.
Alle otto della sera, dopo oltre
otto ore di camera di consiglio,
a metà lettura della sentenza la
voce del presidente della corte
d' assise di Arezzo, Mauro
Bilancetti, è sovrastata dalle
urla e dagli insulti che una
decina di giovani, tifosi della
Lazio ma soprattutto amici di
Gabriele, rivolgono alla corte.
"Vergogna", "buffoni, bastardi",
gridano. I carabinieri faticano
ad arginare la protesta. A
frenare gli scalmanati, a
spingerli fuori dall’aula. C' è
gente che piange di rabbia. La
mamma di Gabbo si accascia in
lacrime su una sedia. Un' amica,
Cinzia, è colta da malore.
Arrivano le ambulanze. È
l’epilogo amaro, per una
sentenza che non piace a
familiari e amici di Gabbo.
Cristiano Sandri, il fratello,
ha la voce rotta dall’emozione.
Commenta: "Un poliziotto che
cinque testimoni hanno visto
impugnare la pistola con due
mani, stendere le braccia,
mirare e sparare, è stato
condannato per omicidio colposo
come un qualsiasi sventurato
automobilista per un incidente
stradale. Vergogna. Ci sarà un
appello. Ci sarà giustizia".
Spaccarotella, che non andrà in
carcere in attesa dei prossimi
giudizi, era sotto processo per
omicidio volontario con dolo
eventuale: sparando dall’area di
servizio ovest di Badia al Pino
sull’A1 nei pressi di Arezzo
contro l’auto sulla quale
Gabriele si trovava nell’area di
servizio est, quella sulla
corsia opposta - è la tesi del
pm Giuseppe Ledda - ha accettato
il rischio di uccidere. L’accusa
aveva chiesto 14 anni di pena.
Ma la corte, nel verdetto,
derubrica il reato di omicidio
da volontario a colposo e trova
una via mediana. Porta a sei
anni di pena affibbiando a
Spaccarotella, al posto della
volontarietà, l’aggravante della
"colpa cosciente" che viene
giudicata prevalente sulle
attenuanti generiche. È come
dire: Spaccarotella non voleva
uccidere, ma era cosciente di
tenere un comportamento
pericolosamente colposo.
"Sentenza ottima", commenta uno
dei due difensori dell’agente,
Francesco Molino. Quella
domenica Sandri era in auto con
altri tifosi della Lazio diretti
in trasferta a Milano. Nell’area
di servizio est aggredirono un
gruppetto di tifosi della Juve.
Dall’altra area di servizio la
scena fu notata dall’equipaggio
della polizia stradale di cui
faceva parte Spaccarotella.
L’agente sparò un primo colpo in
aria. Poi prese a seguire in
parallelo i laziali che salirono
in auto e ripartirono. Infine il
colpo di pistola che, dopo aver
subito una deviazione, raggiunse
al collo e uccise Gabriele. La
sorte processuale di
Spaccarotella sembrava segnata
da cinque testimonianze al
processo. "Vidi il poliziotto
cercare la mira per cinque
secondi a braccia tese, poi
esplose il colpo verso l’auto in
movimento", la deposizione più
robusta, quella di Keiko
Korihoshi, guida turistica
giapponese. Omicidio volontario?
No, secondo la corte fu colposo.
"Me lo hanno ucciso per la
seconda volta, la mia vita
finisce qui" piange, piegata su
un muretto, la mamma di Gabbo.
"Vergogna, spero che gli amici
di Gabbo sappiano mantenere
sangue freddo e aspettare
l’appello, perché io
Spaccarotella non lo mollo. Ma
in questo momento comprendo la
rabbia degli amici", dice il
papà, Giorgio, mentre un gruppo
di giovani inveisce e preme
all’ingresso del palazzo di
giustizia per rientrare. Sulla
sentenza anche i dubbi del
sindaco di Roma, Gianni
Alemanno: "Assolutamente
insoddisfacente".
15 luglio 2009
Fonte: La Repubblica
Lo sfogo dell’amico
calciatore
Si è salvato grazie alla
divisa
di Giulio Cardone
ROMA - La voce bassa,
ferita. "Sono arrabbiato,
amareggiato, soprattutto
indignato. È proprio vero che,
quando c' è di mezzo un
poliziotto, la giustizia non è
uguale per tutti". Lorenzo De
Silvestri, difensore della
Lazio, era uno dei migliori
amici di Gabriele Sandri. Ha
seguito il processo con fiducia,
la sentenza lo ha profondamente
deluso: "È brutto dirlo, ma ha
ragione il papà di Gabriele: la
divisa pesa. È pazzesco che dopo
quasi due anni i genitori non
abbiano avuto giustizia
nonostante la verità sia palese.
Tutti hanno capito com' è andata
veramente, quella maledetta
mattina". Lo sfogo prosegue:
"Per arrivare a questa condanna
così mite si è fatto passare per
colposo un omicidio volontario.
E pensare che mi sembravano
pochi i 14 anni chiesti dal pm.
Siamo tutti sconcertati, anche
se il presentimento che sarebbe
andata così c'era, in realtà. Ma
non volevo crederci, speravo
nella condanna esemplare e
invece niente, è arrivata
puntuale la conferma ai nostri
timori. Chissà se questi sei
anni di galera li sconterà
davvero, l’uomo che ha ucciso
Gabbo. Non ho avuto neanche il
coraggio di chiamare i genitori
o il fratello Cristiano. Ho solo
mandato un sms per testimoniare
la mia solidarietà. L’appello ?
Non bisogna mollare, certo, ma
ho paura che non cambierà
niente. Ho perso fiducia nella
giustizia".
15 luglio 2009
Fonte: La Repubblica
Noi, Irriducibili ci
sentiamo umiliati
di Stefano Carina
"Non riesco a digerire
che la morte di Gabbo sia stata
fatta passare per un incidente".
A dirlo è Gianluca Tirone,
portavoce degli Irriducibili. In
città, oltre all’indignazione,
sta montando la rabbia. "E cosa
ci si aspettava, che la gente
applaudisse ? C’era una grande
occasione per far vedere che chi
sbaglia, paga. Dopo questa
sentenza si è creato invece un
distacco sempre più grande fra i
giovani e le istituzioni, un
solco che, con la diffidenza e
la sfiducia, rischia di
diventare incolmabile". C' è il
timore che questa sentenza possa
creare delle tensioni simili a
quelle che si ebbero l’11
novembre del 2007. Già ieri sono
state arrestate due persone.
Cosa ne pensa ? "Quello che
accadde l’11 novembre fu una
reazione a caldo, difficilmente
si ripeterà. So che ci saranno
invece delle manifestazioni di
dissenso in tutta Italia.
Sfileranno più che i tifosi, i
cittadini, perché in questo caso
ci sentiamo tutti umiliati".
Avete già pensato quando ? "Non
ancora. Qualcosa si farà sempre
di concerto con la famiglia
Sandri". Lei è padre. Come
spiegherebbe a suo figlio quello
che è accaduto ? "Il Gianluca
papà, prova quotidianamente a
spiegare al figlio il
significato delle parole
giustizia e verità. In questo
caso sarà molto difficile, se
non impossibile". Anche se nel
caso di Gabriele conta poco, è
difficile essere un ultrà oggi ?
"A volte essere tifoso sembra
un’aggravante, come se
all’improvviso decadessero dei
diritti civili. Sei invece un
cittadino come gli altri, che
sottrae del tempo alla sua
famiglia in nome di una
passione. Le intemperanze ?
Fanno parte della società. Se
nella realtà quotidiana ci fosse
la violenza che c' è nel calcio,
ci sarebbe da mettere subito la
firma".
16 luglio 2009
Fonte: La Repubblica
Il padre parla con la
Aldrovandi
Abbraccio via etere tra
Giorgio Sandri e Patrizia
Moretti, mamma di Federico
Aldrovandi, lo studente di
Ferrara morto nel 2005 dopo
essere stato picchiato dagli
agenti di polizia. I due
genitori si sono "incontrati" su
Centro Suono Sport. "Sono
contenta di avere questa
occasione per parlarti - ha
detto Patrizia Moretti al papà
di Gabriele - Volevo dire che vi
siamo assolutamente vicini.
Quello che stiamo passando noi
non dovrebbe esistere
umanamente". Giorgio Sandri ha
ringraziato e ha aggiunto: "Ti
posso garantire che combatterò
per Gabriele, Federico e altre
ingiustizie fino a che ne avrò
le forze".
16 luglio 2009
Fonte: La Repubblica
Il mio Gabbo assassinato
dallo Stato
di Paolo G. Brera
ROMA - "Mio figlio è
stato assassinato dallo Stato".
Per quasi due anni, da quella
mattina in cui Gabriele fu
ucciso nell’autogrill, Giorgio
Sandri ha tirato le briglie alla
collera, ha giurato fiducia alla
giustizia e tenuto a bada gli
ultras. Ieri, per un giorno, la
delusione per la sentenza che in
cambio della vita di suo figlio
ha chiesto sei anni di galera
per l’agente Spaccarotella gli
ha fatto perdere la barra. "È
una sentenza preconfezionata. Se
al posto di Gabriele - si sfoga
- ci fosse stato il figlio del
capo della polizia o di
Berlusconi ? Chiederò
spiegazioni ai ministri Maroni e
Alfano, e a Manganelli. Penso a
una raccolta di firme da portare
a Napolitano: organizzeremo una
manifestazione con i tifosi, non
solo laziali. Magari un milione
di persone". Benzina, nel mondo
ultras che aveva schiumato
rabbia tutta notte assaltando
con sassate e petardi una
camionetta della polizia e la
stazione dei carabinieri di
Ponte Milvio. I militari
braccano casa per casa i più
esagitati, arrestandone due: tra
i memorabilia nazifascisti
avevano mazze, caschi e
passamontagna. Il quartiere dei
Sandri espone decine di
striscioni. "Parlerò coi
ministri di Giustizia e Interni
- dice il sindaco Alemanno - ed
esprimerò le mie perplessità
sulla sentenza. L’appello faccia
giustizia". Ai Sandri arriva un
Sms dalla mamma di Federico
Aldrovandi, ucciso dagli agenti
nel 2005: "Vi sono vicina nel
dolore. Vi voglio bene". Il
clima è teso: "Sono vicino alla
famiglia - smorza i toni il
ministro Alfano - e al senso di
ingiustizia che vive, che non va
commentato. Sarò lieto di
incontrare il signor Sandri, se
lo chiederà". Ma il dado è
tratto: "Certe parole istigano
all’odio. Le accuse gratuite
alla divisa - accusa il
sindacato di polizia Consap -
potrebbero essere recepite come
giustificazione per attaccare la
polizia. Giorgio Sandri dovrebbe
fare un passo indietro".
Arriverà in serata: "Il capo
della polizia, Manganelli - dice
Giorgio - ci è sempre stato
molto vicino. Ho parlato
sull’onda dell’emotività". E
Cristiano, il fratello di
"Gabbo": "Papà non sa come
ottenere la giustizia che ci è
stata negata, ma non
organizzeremo cortei né
raccoglieremo firme. Aspettiamo
la motivazione della sentenza e
ricorreremo in appello e in
Cassazione, se necessario".
Spaccarotella, intanto, si
descrive su "Visto": "Sono un
cretino, non un Rambo. In questo
Paese sono i prepotenti ad avere
la meglio, non gli ignoranti
morti di fame come me".
16 luglio 2009
Fonte: La Repubblica
Omicidio Sandri, le
motivazioni della sentenza
"L'agente sparò per
fermare l'auto"
Il documento dei giudici
che hanno emesso il verdetto sui
fatti del novembre 2007. "Il
colpo partì volontariamente, ma
è irragionevole ipotizzare un
fine diverso".
AREZZO - L'obiettivo di
Luigi Spaccarotella, l'agente
della polizia stradale dalla cui
pistola partì il colpo che
uccise Gabriele Sandri, l'11
novembre 2007 nell'area di
servizio di Badia al Pino
sull'A1, era quello di "fermare
il percorso dell'auto" e
"l'esplosione del colpo, e
quindi lo sparo, è stata
sicuramente volontaria". Lo
scrive la Corte d'assise di
Arezzo nelle motivazioni della
sentenza che il 14 luglio scorso
ha condannato l'agente a 6 anni
di reclusione per omicidio
colposo. Nelle motivazioni si
dice anche che Spaccarotella, ai
colleghi, "ha riferito, poi
ribadendolo reiteratamente, di
avere esploso anche il secondo
colpo in aria, circostanza
questa decisamente smentita
dall'istruttoria
dibattimentale". Ma la corte
giudica "irragionevole
ipotizzare" che l'agente possa
essere stato indotto "all'azione
per un fine diverso da quello di
fermare l'auto". I testimoni -
"L'oggettiva rilevanza della
distanza del punto di
osservazione" dei testimoni che
hanno detto in aula di aver
visto Luigi Spaccarotella "con
un braccio o le braccia tese in
posizione di tiro" rende -
sempre secondo la motivazione
del verdetto - "manifestamente
evidente l'impossibilità di una
concreta determinazione della
precisa angolazione del braccio
(o delle braccia) rispetto
all'asse del corpo, e quindi
della possibilità di desumere da
ciò se l'obiettivo preso di mira
fossero gli occupanti del
veicolo o la parte inferiore di
questo". Il colpo deviato. Il
colpo di pistola sparato
dall'agente "ha impattato contro
la rete in un punto collocabile
grossomodo in prossimità della
perpendicolare dell'asse
autostradale, rispetto alla sua
posizione, ed è stato deviato
sulla propria sinistra
attingendo la vettura che era
appena ripartita dal
parcheggio". Per la Corte,
inoltre, "il colpo era
direzionato, non diretto, si
badi bene, ma direzionato, verso
una parte della vettura
collocabile all'incirca non
oltre la metà della sua
altezza".
10 settembre 2009
Fonte: Repubblica.it
(Testo © Fotografia)
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