Per non dimenticare
Gabriele Sandri
di Lorenzo de Silvestri
Adesso che i riflettori vanno
via via spegnendosi, adesso che
l’assenza di Gabriele comincia a
diventare un macigno
insostenibile per la sua
famiglia e mentre la giustizia
fa, farà il suo corso secondo i
suoi tempi. Adesso che siamo
tutti qui ancora a chiederci
perché, con questo magone che
non va più via. Adesso non
dimentichiamolo. Facciamo
qualcosa affinché Gabriele, il
suo sorriso solare, la sua gioia
di vivere, tutto quello che ha
rappresentato per noi che gli
volevamo bene e anche per chi
non lo conosceva, restino un po’
con noi, con tutti noi. A farci
compagnia e a dare carezze ai
suoi familiari, scioccati e
quasi stupiti da questo vuoto
ingombrante, angoscioso che si
va materializzando di giorno in
giorno dopo l’adrenalina delle
prime ore. Ora che l’inesorabile
legge dei media declassa questa
assurda tragedia dalla prima
all’ultima pagina, dai titoli
d’apertura a un veloce flash
d'agenzia. Io ho deciso di fare
qualcosa e spero che tutti
quelli che hanno a cuore
Gabriele inventino a loro volta
e secondo la loro fantasia
piccole e grandi cose che
possano alleviare il dolore di
questa famiglia. Basterà poco
penso io. E sarà tanto,
tantissimo. Passare in negozio
per fare due chiacchiere col
papà, andare insieme al cimitero
e portare dei fiori, scrivere il
suo nome su una maglietta, anche
solo parlarne. Tra un mese, tra
un anno e anche oltre. Vivere
con questo amico accanto nella
quotidianità, nella semplicità
che ha sempre contraddistinto
anche il suo carattere. Io
intanto ho fatto una piccola
cosa, ho fatto scrivere sulla
linguetta dei miei scarpini il
nome di Gabriele. Da oggi in poi
quando darò un calcio al pallone
sarà come averlo dato in due. E
quei pochi gol (perché io ne
segno pochi) che realizzerò li
avremo segnati insieme. Penso
che per Gabriele ci saranno
iniziative sicuramente più
grandi, per onorarne la memoria
e per non dimenticarlo, ma io
parto dalle piccole cose, quelle
che ogni giorno me lo fanno
sentire ancora così vicino. E
domenica vorrei portare dei
fiori sotto la Nord e
condividere con i tifosi questa
tempesta di emozioni che ha
infuriato sulle nostre teste
negli ultimi giorni. Gabriele
era un ultrà molto atipico,
tranquillo, educato, rispettoso.
L’avevo conosciuto più di un
anno e mezzo fa e da allora
siamo stati sempre grandi amici.
Mai una parola in più, una
forzatura, il tifoso
ingombrante, pressante. Mai.
Un’amicizia vera, che viaggiava
sulle note della musica di cui
eravamo appassionati e di questa
bandiera biancazzurra che ora ci
sventola nel cuore. Uno che per
la Lazio non andava a dormire.
Che per venirci a vedere
rinunciava a tutto. Un ultrà che
va oltre con la testa e con il
cuore nell’innamoramento per la
sua squadra. Mai violento.
Quelli che hanno messo a ferro e
fuoco i quartieri di Roma
intorno all’Olimpico non sono
ultrà. Quelli sono delinquenti.
Il termine "terrorismo" per loro
è più che appropriato. Non si
assaltano caserme e
commissariati. E con la
scomparsa di Gabriele questa
gente non c’entrava niente. Così
come non c’entravano niente
quelli della curva di Bergamo.
No, per come l’intendo io un
ultrà è tutta un’altra cosa. È
un tifoso che sa amare più degli
altri. Nel rispetto degli altri.
Spero che la giustizia faccia il
suo corso. Siamo ancora qui a
chiederci cosa sia successo
veramente quella maledetta
mattina di novembre. Forse
perché c’è di mezzo un
poliziotto la verità viene a
galla con più difficoltà, con
più lentezza. Ma la legge è
uguale per tutti e la famiglia
di Gabriele chiede giustizia,
non vendetta. Sono rimasto
scosso dalle parole che mi ha
detto la sua mamma l’altro
giorno nella camera ardente,
davanti al suo viso sereno,
quasi stesse dormendo. Mi ha
ricordato quanto fossi
importante per suo figlio, di
quanto vestisse con orgoglio
nelle partite di calcetto la
maglia che gli avevo regalato,
di come la nostra amicizia fosse
un bene prezioso per la sua
vita. No, non dimentichiamocelo
Gabriele. Mettiamoci il suo
sorriso e la sua spensierata
voglia di vivere nelle nostre
corse dietro a un pallone e ai
nostri sogni, alla ricerca di
uno spicchio di felicità".
Fonte: Fondazione
Gabriele Sandri
© Fotografia: Americaoggi.info.it
Gabriele, due passioni:
Lazio e musica
L'amico: "Non era un
tifoso violento"
Dj, romano di 26 anni,
era conosciuto anche dai
giocatori biancocelesti. Sul suo
blog la rabbia e il cordoglio di
chi l'aveva incontrato. Il
fratello: "Me l'hanno
ammazzato".
AREZZO
- "Gabbo non era un tifoso
violento", dice un amico. Aveva
due grandi passioni Gabriele
Sandri: la musica e la Lazio.
Seguiva la squadra in tutte le
sue trasferte. Lo conoscevano
pure i giocatori. Recentemente
aveva partecipato ad una festa
con il difensore Lorenzo De
Silvestri. Romano, Gabriele
gestiva un negozio di
abbigliamento alla Balduina ma
la sera indossava i panni di dj.
Ieri era al Piper di Roma.
Walter Valloni, un manager
amico, ha la voce rotta dalla
commozione: "Lo conoscevo bene:
non era un violento. Ho
trascorso con lui tutta l'estate
nel mio locale di Porto Rotondo,
Em Club. Faceva il dj resident.
A Roma lavorava spesso nella
discoteca La Cabala". "Me lo
hanno ammazzato a 28 anni con
una pistola. Ora le istituzioni
facciano la loro parte".
Cristiano Sandri è il fratello
di Gabriele. Esce dalla caserma
della polizia stradale di Arezzo
che indaga sull'omicidio di
questo pomeriggio e si abbraccia
a lungo con il padre in lacrime.
Nel suo blog, Gabriele si
presenta così: "Commerciante,
nato a Roma, inizia a coltivare
la sua passione per la musica in
piena era rave. Il suo primo
disco lo compra a 13 anni. I
suoi vinili comincia a farli
girare nei sabati pomeriggio
della capitale. Nel 2002, la
prima stagione estiva in Costa
Smeralda". Fino a ieri, il blob
era utilizzato per organizzare
la trasferta a Milano ("Chi è
rimasto a piedi, è il benvenuto.
Siamo in 3 in macchina"), ma da
qualche ora, all'indirizzo di
Gabriele su MySpace si riversa
la rabbia e il dolore degli
amici e dei tifosi
biancocelesti. Sotto le immagini
del suo volto sorridente, con le
cuffie in testa, si sommano
commenti arrabbiati: "Non si può
morire in questo modo..." scrive
Federico. "Ke mondo de merda…"
commenta Mack. E poi tante
scritte di dolore: "Mi sembra
ieri il giorno in cui ci siamo
conosciuti all'Heaven di Porto
Rotondo - ricorda Andrea -
quando tu hai messo Ragazzo
fortunato... Oggi accendo la tv
e parlano di un colpo che ti ha
ucciso. Non riesco a crederci...
Addio Gabbo !". "Solo un grande
vuoto in fondo al cuore". E poi
il saluto di un collega: "Lassù
non dimenticarti la borsa dei
dischi... Non riuscirei a
pensarti senza. Un abbraccio",
dj Gabriele Imbimbo.
11 novembre 2007
Fonte: Repubblica.it
(Testo e Foto)
"Con le note di Gabbo
abbiamo ballato fino alle
quattro"
di Cecilia Cirinei e
Maria Elena Vincenzi
"Ci ha salutato alle quattro e
mezza - racconta Davide Bornigia
del Piper - sono sicuro che in
quella macchina dormiva. Lo
conosco da dieci anni. È
cresciuto qui da noi e in altri
dei migliori club della
capitale. È stata una tragedia,
tutti gli amici in comune che ho
sentito stanno piangendo".
Quella di sabato per Gabbo Dj o
anche "Le Gabriel", nomi d' arte
di Gabriele Sandri, è stata
l’ultima notte di lavoro come dj
al Piper con tutto il pubblico
che ballava con le mani alzate
sotto la consolle. Un sabato
sera divertente come tanti altri
ai piatti della discoteca, come
sempre, insieme al dj Chicco
Allotta. Nessuno avrebbe mai
pensato che non ce ne sarebbe
più stato un altro. Tante le
testimonianze degli amici e
compagni di lavoro del giovane
morto ad Arezzo durante gli
scontri con la polizia. Gabbo si
trovava in macchina. Era partito
da Roma sabato alle 4.30 per
andare a vedere la partita in
trasferta della sua squadra del
cuore, la Lazio. "Conoscevo bene
il ragazzo - dice Giancarlo
Bornigia, storico patron della
discoteca di via Tagliamento -
era sempre sorridente, un punto
di riferimento per tanti
giovani. Uno lontano dalle
droghe". E nel blog di Gabriele
su MySpace ieri si leggeva la
testimonianza dell’altro dj
Chicco Allotta: "Come ogni
sabato abbiamo fatto alzare a
tutti le mani nella pista da
ballo, io aprivo la serata, poi
arrivavi tu e davi il giusto
sound. Non scorderò mai quando
nel mezzo della notte mettevi
Gianna Nannini e fermavi la
musica con tutti che cantavano
"Meravigliosa creatura", brano
che adesso noi dedichiamo a te".
Ma Gabbo Dj aveva mixato la sua
musica in tanti club della
città, dal Goa all' Alien, dal
Gilda al Tattou. E questa
stagione avrebbe dovuto essere
il giovedì a La Maison e il
venerdì a La Cabala. "Aveva solo
due passioni: la musica e la
Lazio" - racconta Fabio
Lucarelli, amico e manager
musicale, che ha abitato con lui
a Porto Rotondo e che sabato
notte ha ricevuto un sms per una
serata da fare in discoteca a
Sassari - facevamo sempre
colazione con la pizza invece
che con i cornetti". Sconvolto
Luca Ciambella, che aveva ideato
una marca di abbigliamento per
giovani in vendita nel negozio
dei genitori di Gabriele: "E'
morto con il nostro cappellino -
dice - aveva fatto una traccia
per un suo disco "House of
love", che doveva uscire nei
prossimi mesi. Non ci sono
parole: l’ho visto sabato
pomeriggio. Era un ragazzo
solare con dei valori forti come
la famiglia, l’amicizia e
l’onore".
12 novembre 2007
Fonte: La Repubblica
© Fotografia: Ilgiornale.it
Lazio e musica I grandi
amori del dj Gabriele
di Paolo Butturini
Il 26enne romano ha
lavorato sino alle 5 e poi è
partito per Milano dopo aver
trovato un passaggio all' ultimo
sul blog Il messaggio struggente
della fidanzata.
ROMA - Se lo sentiva Gabriele
Sandri. La giornata di ieri si
annunciava faticosa, ma non
poteva immaginare diventasse
mortale. Se lo sentiva tant' è
che, fino all' ultimo, era stato
incerto sul partire o meno per
Milano. "Con tutte le assenze
della Lazio - aveva confessato
al dj Massimo Allotta con cui
aveva messo dischi fino a tarda
notte al Piper - che ci andiamo
a fare. L' Inter vince di
sicuro". Era persino rimasto a
piedi, costretto ad accettare un
passaggio dell’ultimo momento,
offertogli sul suo blog da un
gruppo di tifosi laziali, il
Jollywhite: "Siamo in tre, c' è
posto per chi è rimasto a
terra". Ma se lo sentiva anche
mamma Daniela che a una vicina
di casa, la signora Collenza,
aveva confidato: "Chissà. Sono
un po' preoccupata. Prima la
nottata in discoteca, poi la
sveglia all' alba, quel viaggio
fino a Milano in macchina, e poi
quella partita di calcio", non
poteva immaginare quanto sarebbe
accaduto. DOVE VIVEVA - Regna il
silenzio nella palazzina di via
Rodriguez Pereira, quartiere
Balduina, ex zona chic, comunque
abitata dalla buona borghesia
romana, commercianti,
professionisti, artigiani.
Gabbo, come si faceva chiamare
Gabriele, viveva in casa coi
genitori, di giorno lavorava col
padre, Giorgio, nel negozio di
abbigliamento Harrison di via
Friggeri, a due passi dall'
abitazione. Di notte si
scatenava come dj. Bravo, nel
suo lavoro notturno: "Era uno
che sapeva animare le serate -
racconta Marco Bornigia,
titolare del Piper - spesso
veniva richiesto per compleanni,
feste private. Un ragazzo
davvero serio, col sorriso sulle
labbra". SUONARE ALLA CONSOLLE -
La musica, quella house in
particolare, era una delle sue
passioni: "Veniva spesso nel mio
negozio - ricorda Cristiano
Colaizzi, titolare di un
esercizio che vende cd per dj -
Salutava, si informava sulle
ultime novità, comprava sempre
qualcosa. No, di calcio non
parlavamo, sono romanista,
giusto qualche battuta". Era
fidanzato, Gabriele, con
Lucrezia che davanti a casa dei
Sandri lascia uno struggente
messaggio: "Grazie per aver
messo al mondo un angelo, un
angelo che da sei mesi era la
mia metà". Ma anche l’ex è
disperata, Francesca piange, si
erano lasciati per divergenze
politiche. "Troppo di destra",
diceva lei, alludendo a un
tatuaggio che Gabbo portava sul
corpo. Poi entrambe si sono
dirette verso piazza Euclide,
luogo di ritrovo dei giovani di
Roma Nord, nel quale si sono
dati appuntamento amici e tifosi
della Lazio per una fiaccolata
che la pioggia ha impedito. Già,
la Lazio, ecco un’altra delle
grandi passioni di Gabriele. Ma
anche in questo caso Sandri non
amava l’esagerazione: abbonato
in Tribuna Tevere, non un
"curvarolo". Un tifoso che
seguiva la squadra in trasferta,
l’ultima volta era stato a
Brema, per la gara di Champions
col Werder. Milano purtroppo non
è riuscito a raggiungerla. L'
ULTIMA VOLTA - Ieri Gabriele
Sandri è tornato a casa verso le
cinque del mattino. Il tempo di
schiacciare un pisolino, di fare
una doccia e poi appuntamento a
piazza Vescovio con la piccola
comitiva che l’avrebbe portato a
Milano. Appena uscito dalla
discoteca aveva mandato un sms
al suo grande amico Lorenzo De
Silvestri: "Daje, Lo, ho appena
finito di suonare e ora sto per
partire per portarvi alla
vittoria. Sempre con voi".
Quella col giocatore della Lazio
era un’amicizia di vecchia data.
Gabbo aveva fatto il dj alla
festa per il 18 compleanno del
difensore, ma era in confidenza
anche con altri due
biancocelesti, il terzo portiere
Berni e col centrocampista
Firmani. Quei colori, un giorno
di novembre, gli sono costati la
vita.
12 novembre 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
© Fotografia: Ilmessaggero.it
Dj, blogger e tifoso le
vite stroncate di Gabbo il buono
di Alessandra Retico
ROMA
- Bella faccia, pulita da bravo
ragazzo. È morto forse mentre
dormiva Gabriele Sandri, e
adesso sembra un "io non c'
entro" quel sonno in cui se n' è
andato. Ricci rossi, pelle
chiara, gli occhi dolci e il
sorriso sempre. Un angelo per
gli amici, "anche se faceva lo
sbruffone era tutta scena perché
aveva il cuore tenero". Gabbo lo
chiamavano, nome tondo, nome da
bambino. Non una testa calda,
mai una droga e mai qualcosa di
storto. Aveva 26 anni, una
famiglia per bene, un diploma
allo scientifico. Non aveva
continuato gli studi, gli
piaceva la musica, il suo primo
disco a 13 anni e non aveva da
allora più smesso. Si è fatto
strada nell' ambiente dei
locali, era dj nelle discoteche
più in voga a Roma e Fregene, d'
estate in Sardegna per fare la
stagione all' Heaven di Porto
Rotondo. Stava per uscire un suo
cd, In the House of love, nella
casa dell’amore. Mica delle
pistole. Nel suo blog su MySpace
ci sono certe foto che fanno
capire tutto: le cuffione sui
capelli arruffati, le risate,
gli amici sempre attorno. Gli
hanno scritto in tanti, Faber
per esempio: "So solo che non
riusciamo a farcene una
ragione... addio amico". GABBODJ
- Aka Le Gabriel il suo nome d'
arte, quello da star della
consolle, il marchio cool della
notte, il vestito da sera. Di
giorno lavorava al negozio di
abbigliamento del padre a via
Friggeri, nel quartiere romano
della Balduina, dove era nato e
viveva, quartiere di palazzine
vicino Monte Mario, famoso negli
anni '70 perché era "nero", ci
militavano i missini. Adesso ci
si fa lo shopping per lo più,
anche Gabriele si è inventato
una linea per giovani, "Dandy
Hotel", insieme all' amico Luca
Ciambelli e altri. Aveva un
cappellino con la sua griffe
quando gli hanno sparato.
Giorno-notte. Ma non era doppio
Gabriele, il visino pulito da
figlio di papà e poi le
sprangate allo stadio. Era
militante di Forza Italia, ieri
il vice coordinatore Fabrizio
Cicchitto l’ha ricordato facendo
le condoglianze alla famiglia.
Però a Gabriele interessava più
la Lazio, la sua passione
insieme alla techno e al funky.
Tifoso e tanto, ma non un
violento. Era amico di Lorenzo
De Silvestri, il giocatore
biancoceleste, aveva suonato
alla sua festa dei 18 anni. A
lui ha mandato un sms proprio
nella notte di sabato: "Mi
diceva che dopo aver lavorato si
sarebbe messo in viaggio per
venirci a vedere". "Se n' è
andato un familiare" ha detto
Claudio Lotito il presidente. Ed
è vero che non c’era domenica
che non andasse allo stadio, non
si perdeva una trasferta anche
quando rimaneva alla consolle
fino a notte. Come sabato sera.
Era stato al Piper, faceva il
resident come si dice in gergo,
dj fisso di una serata. Era
arrivato alle 23, puntuale come
al solito. All' 1 nel momento
"caldo", è salito sulla scena,
disco dopo disco fino alle 4.30.
Davide Bornigia è il figlio di
Giancarlo, storico patròn del
locale romano che rese celebre
Patty Pravo negli anni '60, dice
che "Gabriele era una persona
garbata, sempre con il sorriso.
Lavorando di sera di gente ne ho
conosciuta e lui vi assicuro era
veramente speciale, mai fuori
posto, uno tranquillo. Gli amici
lo stanno piangendo tutti". Non
un ragazzo triste, "uno
benvoluto da tutti, uno che non
esagerava mai" racconta Fabio
Lucarelli amico e manager. Il
fratello Cristiano dice "me
l’hanno ammazzato", la sua
ultima fidanzata Lucrezia ha
portato sei rose, tre bianche e
tre rosse e un biglietto ai
genitori: "Sentendomi morire
insieme a voi vi voglio
ringraziare per aver messo al
mondo un angelo che da sei mesi
era la mia metà". Ma pure
Stefania che è un’anziana
signora vicina di casa in via
Romeo Rodriguez Pereira si sente
mancare un pezzo: "Garbato, mi
lasciava sempre il passo". Ci
giocavano nel quartiere con la
sua "fissa" laziale, lo
prendevano in giro perché sul
campanello i tasti sono
biancocelesti. Il massimo della
rivalità tifosa era quando
tirava giù dal balcone la
bandiera con l’Aquila e il
vicino romanista di sotto gliela
bloccava con le mollette. "Non
una testa calda", sabato all'
alba si è messo in macchina
direzione Milano. Forse si è
addormentato in auto, all'
autogrill. Non si è svegliato
più.
12 novembre 2007
Fonte: La Repubblica
(Testo e Foto)
Il pianto dell’amico
calciatore
Era un ragazzo generoso
ROMA
- Quando l’ha saputo, Lorenzo De
Silvestri è scoppiato a
piangere. Perché il giovane
difensore della Lazio era un
grande amico di Gabriele Sandri.
"Era stato il dj della mia festa
dei 18 anni, nel maggio 2006. E
io gli avevo regalato la mia
maglietta con dedica. L’ho
conosciuto quel giorno, da
allora è nata una profonda
amicizia. Ci vedevamo spesso per
l’aperitivo, uscivamo insieme la
sera. Era un ragazzo generoso.
Sono distrutto, non riesco a
credere che sia morto". De
Silvestri ha appreso la notizia
da un tifoso laziale, ieri
mattina, nell' hotel che
ospitava la squadra. "E quasi
cadevo per terra. Appena
sveglio, avevo ricevuto un sms
di Gabriele: "Sono in partenza,
vi porterò fino alla vittoria",
diceva. Assurdo perdere la vita
a 26 anni, mentre si va a vedere
una partita di pallone",
sussurra con la voce affranta.
"Basta, basta, basta", ripete il
giocatore. Fatica a trovare le
parole. E poi: "Il calcio ha
bisogno di tifosi, non di
martiri. Non si può andare
avanti così, bisogna cambiare le
cose affinché certe tragedie non
si ripetano più". L' immagine
che resta: "Il suo sorriso. Era
un tifoso tranquillo, ma
innamorato della Lazio: quando
mi vedeva si illuminava. Giusto
che la nostra partita con
l’Inter non si sia giocata, era
impossibile. Anche il resto
della squadra è scossa, è un
dolore grande per tutti".
12 novembre 2007
Fonte: La Repubblica
© Fotografia: Lalaziosiamonoi.it
De Silvestri: "Era mio
amico, è un martire"
di Stefano Cieri e Luca
Taidelli
"Gabriele mi aveva
appena mandato un sms". Lotito:
"Morto uno di noi". La scelta di
non giocare.
MILANO - Lorenzo De Silvestri
non scorderà mai questo
maledetto 11 novembre. Aveva
conosciuto Gabriele Sandri un
anno e mezzo fa e i due erano
diventati grandi amici.
"Gabriele aveva suonato alla mia
festa per i 18 anni - racconta
il terzino della Lazio - e da
allora uscivamo spesso la sera,
malgrado lui avesse 7 anni più
di me. Mi aveva invitato al suo
compleanno, dopo Lazio-Cagliari
gli ho regalato la mia
maglietta, mi diceva sempre che
ero un simbolo della Lazio.
Rimarrà per sempre nel mio
cuore. Se a Milano ci avessero
fatto giocare, io mi sarei
rifiutato". UNDER COMUNQUE - De
Silvestri è tra i convocati
dell’Under 21 di Casiraghi.
Proprio martedì deve presentarsi
con i compagni a Fermo, per le
gare di qualificazione all'
Europeo 2009 contro Azerbaigian
e Far Oer. "In ritiro ci andrò,
anche perché è quello che
avrebbe voluto Gabriele, ma
chiederò ai dirigenti il
permesso per partecipare ai
funerali. Visto che per la prima
sfida (venerdì 16, ndr) sono
pure squalificato, spero che mi
diano il permesso". MARTIRI,
FIORI E SMS - Ragazzo speciale
non solo perché parla cinque
lingue e si è iscritto a
giurisprudenza, Lorenzo non si
dà pace. "Devono spiegarci cosa
è successo. È possibile che il
calcio abbia bisogno di questi
martiri ? Bisogna fare qualcosa
di forte, andare avanti così non
ha senso. Quando giocheremo all'
Olimpico voglio deporre dei
fiori sotto la nostra curva.
Gabriele era un generoso, uno
tranquillo. Mi ha appena
chiamato il suo miglior amico.
Era sconvolto". Davanti alle
telecamere il terzino della
Lazio poi ha letto un sms
ricevuto ieri mattina da
Gabriele: "Dopo aver messo
musica sino alle 5 del mattino,
mi ha scritto: "Daje Lo, che
siamo in partenza per Milano per
portarvi un’altra volta alla
vittoria". Lo sport non c' entra
nulla con tutto questo. Ci si
ammazza per sport ?". IL
CORDOGLIO DI LOTITO - De
Silvestri ha appreso la notizia
in tarda mattinata nell' albergo
che ospitava la Lazio a Milano.
Ed è subito scoppiato a
piangere, incredulo e inerme di
fronte ad una notizia così
assurda. Lo hanno confortato
subito i compagni di squadra,
anche loro sconvolti da una
notizia del genere. A riassumere
lo stato d' animo della comitiva
biancoceleste ha poi provveduto
il presidente Lotito. "Una
notizia terribile che ci turba
profondamente. Siamo vicini ai
familiari del ragazzo deceduto.
È un lutto che riguarda anche
noi, perché ha colpito la grande
famiglia laziale. Per questo
motivo è stato giusto fermarsi.
La Lazio non poteva scendere in
campo con un suo tifoso morto.
Ne ho parlato subito con Massimo
Moratti che si è come sempre
mostrato una persona
particolarmente sensibile. Poi
mi sono messo in contatto col
presidente della Lega Matarrese
e col capo della Polizia
Manganelli. Abbiamo tutti
convenuto che quella di non
giocare fosse la decisione
migliore". Ma Lotito ha tenuto
anche a fare una doverosa
precisazione: "Quanto accaduto
non va assolutamente annoverato
nell’ambito degli scontri tra
tifosi e polizia. È stato un
terribile incidente che col
calcio non ha nulla a che fare".
12 novembre 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
© Fotografia: Laziochannel.it
"Un gol per ricordare il
mio amico Gabriele"
di Andrea Elefante
De Silvestri racconta
forte legame con il tifoso
ucciso "Ho scritto il suo nome
sulla linguetta delle mie
scarpe".
Dal nostro inviato. TORSHAVN
(Far Oer) - Sono passati nove
giorni da quando Gabriele
Sandri, tifoso laziale, è morto
ucciso da un colpo di pistola
sparato da un poliziotto. Aveva
28 anni. Lorenzo De Silvestri,
giocatore laziale e della
Nazionale italiana under 21 che
domani giocherà a Torshvan
contro le Far Oer, di anni ne ha
19: di Gabriele Sandri era
amico, un grande amico. "Ci
siamo conosciuti per via di una
festa: doveva fare il dj per i
miei 18 anni. Da allora, da un
anno e mezzo, era nata
un’amicizia che era qualcosa di
più di un semplice rapporto fra
tifoso e giocatore. Perché lui -
e non lo dico perché oggi non c'
è più - era qualcosa di più di
un ultrà, era un ultrà atipico:
discreto, sapeva come parlare
con i giocatori, sapeva quando
si poteva scherzare o era meglio
essere seri, sapeva dire
grazie". Oggi che ha deciso di
far seguire al suo silenzio di
rabbia le parole che si porta
dentro da giorni, una delle cose
che Lollo De Silvestri chiede
alla propria vita, è che di
Gabriele perlomeno non muoia
anche il ricordo. E se
possibile, neppure la verità che
sta dietro alla sua morte. LA
FAMIGLIA DI GABBO - "Io per ora
conosco solo il mio dolore e
quello della famiglia di
Gabriele, so quello che posso
fare io, so quello che vorrei
che facesse chi deve. La faccia
della mamma di Gabbo dentro la
camera ardente - mentre mi
raccontava di suo figlio che
giocava a calcetto con la mia
maglia, del suo orgoglio per la
mia carriera - io non me la
scordo più per tutta la vita. E
per tutta la vita questa morte
sarà un segno indelebile, per
me. Ora di Gabriele parlano
tutti, ma fra un mese, due mesi,
un anno ? E la sua famiglia,
qualcuno penserà ancora a loro ?
Si sentiranno soli, la loro casa
sarà più vuota, sarà più vuoto
il negozio: non è giusto che se
ne parli oggi e poi resti solo
silenzio. La vita continua,
certo, e si deve andare avanti,
ma vorrei che Gabriele fosse
ricordato anche più avanti,
appunto. Anche solo con piccoli
gesti: un abbraccio, una visita
al cimitero assieme ai suoi
familiari. UN GOL PER LUI - "Io
farò quello che posso, spero mi
aiuterà anche Cristiano, suo
fratello: mi dirà cosa posso
fare. Ho scritto Gabriele sulle
linguette delle scarpe con cui
andrò in campo, metterò una
maglia con il suo nome sotto la
maglia da gioco, domenica per
Lazio-Parma porterò dei fiori
sotto la curva. E poi, ogni gol
che farò, sarà per lui: ne
faccio così pochi, purtroppo...
Già qui alla Far Oer ? Non so se
avrò modo di giocare, ma sarebbe
bello: ricordo che nell' agosto
2006, quando morì Rossella,
un’amica di mia madre che per me
era come una seconda madre, due
o tre giorni dopo si giocò
Lazio-Rende di coppa Italia e
segnai: mi sembrò un destino, e
chissà che non succeda un’altra
volta. VORREI CAPIRE - "Vorrei
tanto questo gol, ma
soprattutto, visto che è morto
un mio amico, vorrei sapere come
è successo, e perché: chiedo
questa giustizia, la stessa che
chiede la sua famiglia. Dov' era
quel poliziotto quando ha
sparato ? Un colpo o due colpi ?
È partito un colpo oppure ha
mirato ? E se ci sono due
testimoni che parlano di colpo a
braccia tese, come si fa a dire
che non è stato volontario ? E
non è forse vero che si può
sparare solo in aria a scopo
intimidatorio oppure contro
qualcuno unicamente se c' è
grave pericolo per chi spara o
per le vite altrui ? E questo
grave pericolo dov' era, se
quella macchina se ne stava
andando ? Perché bisogna per
forza far passare Gabriele per
un ultrà cattivo - la storia
della rissa, i suoi coltelli, i
sassi in tasca - se lui quella
mattina era tranquillo in
macchina che dormiva ? Quello
che mi dà fastidio è che ancora
non capisco troppe cose: è come
se si stesse cercando di
nascondere la verità, magari di
mediare perché c' è di mezzo un
poliziotto. Ma la legge è uguale
per tutti, no ? ULTRA' E
TERRORISTI - "Uguale anche per i
tifosi che hanno fatto quel
casino a Bergamo, e poi la sera
della morte di Gabriele all'
Olimpico: quella è guerra
civile, quella è gente che non
c' entra nulla con Gabriele e il
suo stile di vita. Gli ultrà, i
veri ultrà, sono tali perché
amano la propria squadra, non
perché odiano qualcuno. Quello
invece - hanno detto bene - è
soltanto terrorismo". IL DOLORE
- Gabriele sapeva come parlare
con i giocatori, sapeva quando
si poteva scherzare e quando
invece era meglio essere seri.
20 novembre 2007
Fonte: La Gazzetta dello Sport
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