Una vera emergenza
nazionale
di Candido Cannavò
La vita è un bene assoluto e
quindi il primo pensiero va a
quel povero ragazzo romano
ucciso per nulla: a lui, che non
era un esagitato, un violento,
ma un giovane che lavorava con
la musica e amava la Lazio. E
ancor più alla sua desolata
famiglia. Gabriele Sandri non
andava alla guerra, voleva solo
vedersi la partita di San Siro e
si è trovato in mezzo a un
episodio rissoso dei tanti e
soprattutto sulla traiettoria di
una sconsiderata pallottola
partita dalla pistola di un
poliziotto. Tragedia tutta da
chiarire con un’inchiesta, ma
nella quale la casualità assume
un aspetto crudele. E tuttavia è
una casualità da tempi ruvidi e
perniciosi, tempi di violenza e
di guerriglia. Il calcio vi è
immerso sino al collo. Si vive
male, si vive col fiato sospeso.
E quale serbatoio di delinquenza
quasi terroristica ci sia ai
margini del calcio, si è visto
al di là del lutto: prima a
Bergamo, poi nelle incredibili
sequenze della sera romana,
dominata dall' odio contro la
polizia e ogni ordine
costituito. La guerriglia ha
addirittura bloccato il traffico
attorno al palazzo del Coni per
procedere a un assalto in piena
regola. Immagini agghiaccianti
di un’Italia fuori controllo,
che faranno, ahimè, il giro del
mondo. L' allarme viene dal
calcio, ma l’emergenza sconfina:
diventa nazionale. Ci si abitua
a tutto, ma ogni tanto bisogna
chiedersi: che senso ha tutto
questo ? In quale caverna è
finita una passione degli
italiani ? Raciti e Sandri, in
situazioni diverse, sono vittime
di un calcio che ha coltivato
strati di sottocultura dei quali
si è a lungo servito, favorendo
una deleteria confusione di
ruoli. Sottocultura che, al
primo soffio di vento contrario,
è diventata ricatto,
sopraffazione, violenza
programmata. Malediciamo quell'
inconcepibile colpo di pistola
partito per spaventare non certo
per uccidere, ma non possiamo
dimenticare la devastazione
settimanale di tanti autogrill e
gli appuntamenti di sfida che in
quei luoghi di transito e
ristoro si sono date bande di
cosiddetti tifosi a volto
coperto. Che il calcio,
nonostante la campagna di
repressione in atto, sia ancora
sotto ricatto lo conferma quanto
è avvenuto a Bergamo dove non
più di cinquanta teppisti hanno
imposto, ripeto imposto, alle
squadre, alla polizia, al
prefetto, la sospensione della
partita Atalanta-Milan. La legge
e l’ordine pubblico sono stati
sbriciolati. Nessuna meraviglia:
in un derby romano di tre anni
fa era avvenuto di peggio. I
prepotenti furono tre: soltanto
tre contro prefetto, questore,
Lega calcio e uno stadio pieno.
Il derby fu vergognosamente
sospeso. C' è chi sostiene che
ieri, dopo la morte di quel
ragazzo, sarebbe stato saggio
sospendere tutto il campionato:
certo una resa, ma forse anche
un atto estremo di precauzione.
Una volta deciso, però, soltanto
l’inevitabile rinvio di
Inter-Lazio, la legge andava
rispettata. Lo è stata in tutti
i campi meno che a Bergamo (e a
Taranto in C1), come se quello
stadio fosse una repubblica
degli ultrà. I gravissimi fatti
di Roma, dove ieri sera non si è
giocato, dimostrano comunque che
la violenza si sarebbe scatenata
lo stesso. Siamo sgomenti
dinanzi a una così lugubre
domenica. La vita umana vale più
di tutte le farneticazioni
calcistiche messe insieme. Pietà
e onore per quel ragazzo
innocente. Ma se il calcio deve
essere restituito allo sport e
al piacere che sa regalarci,
guai a mollare la presa. I tempi
dell’emergenza sono duri. Se
però tutto l’ambiente collabora,
prima o poi finiscono. Se si
allenta la morsa, il male
ritorna più forte di prima.
Trovo incomprensibili, pertanto,
le parole pronunciate ieri in tv
dal presidente Abete contro
alcune misure d' emergenza, tra
le quali il divieto dei tifosi
in trasferta. Forse sarebbe bene
allargarlo a tutti ed estenderlo
all' intera stagione nella
speranza che questa spaventosa
crisi si plachi. Abete sogna che
il calcio guarisca da solo per
un avvento di cultura nuova.
Anche noi vorremmo sognare con
lui. Ma poi sono arrivate le
immagini truci di Bergamo e
della guerriglia romana.
Violenza più vergogna, dopo le
lacrime.
12 novembre 2007
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
© Fotografia:
Forzaroma.info
Lettera alla famiglia di
Gabriele Sandri
Mi chiamo Patrizia Moretti, sono
la mamma di Aldro. Il 25
settembre 2005 mio figlio
Federico di 18 anni moriva a
Ferrara sotto i calci e le
manganellate di quattro agenti
di polizia mentre invocava
aiuto. Mi rivolgo alla famiglia
di Gabriele Sandri. Voglio
esprimere il dolore mio e di mio
marito per la perdita del loro
figlio Gabriele. Voglio dire
loro che so, purtroppo, cosa
stanno provando in questo
momento e che cosa proveranno in
futuro. Dalla perdita del
proprio figlio impossibile, io
credo, riprendersi, e sempre
difficile dominare la rabbia che
diventa, insieme al dolore,
costante e invadente compagna di
vita. Voglio rivolgermi per
soprattutto a tutti gli amici di
Gabriele e a tutti i ragazzi che
sono rimasti colpiti dalla sua
morte. In questi due anni di
vita trascorsa senza più
Federico ho incontrato tanti,
tanti ragazzi nei centri
sociali, nei palazzetti dello
sport e negli stadi. Ci hanno
scaldato il cuore perché ci
hanno impedito di sentirci da
soli, io e Lino, nella nostra
battaglia per la verità e nel
nostro dolore. Li consideriamo
tutti amici di Federico e della
sua memoria. Il loro
atteggiamento civile, discreto e
composto di pubblica
partecipazione è stato
determinante, insieme a tanti
altri eventi, a mettere sempre
più in grave imbarazzo coloro
che volevano nascondere la
verità ed infangare la sua
memoria. Amici di Gabriele !
Fate come loro ! Non date spazio
alla violenza neppure verbale e
isolate coloro che, con i loro
comportamenti criminali,
consentono di far passare in
secondo piano la tragedia di
Gabriele in favore del
danneggiamento dei cassonetti
dell’immondizia. Vi prego,
rispettate la famiglia e
Gabriele, che ha bisogno di voi,
della vostra schietta e calda
umanità. Solo questo potrà
aiutarli ad ottenere giustizia e
verità. Fate come quei tifosi
della Fortitudo Basket di
Bologna e dell’Avellino, che
durante la partita si sono
presentati tutti insieme con una
maglietta che chiedeva giustizia
e verità per Federico. Fate come
loro che quando gli è stato
imposto dalle forze dell’ordine,
in modo tanto insensato quanto
immotivato di rovesciarla, uno
per uno, per nasconderne il
messaggio, essi tutti hanno
civilmente ubbidito. A tutti
questi ragazzi io voglio bene, e
auguro a Gabriele e la sua
famiglia che ci accada anche per
loro, perché quanto purtroppo si
è visto nei telegiornali io
credo che uccida due volte
Gabriele Sandri.
Con profondo affetto e
partecipazione.
Patrizia Moretti (Madre
di Federico Aldrovandi)
14 Novembre 2007
Fonte:
Osservatorioantigone.it
© Fotografia:Gazzettadimantova.gelocal.it
Il padre del tifoso
laziale ucciso
"Andrò al derby in curva
sud"
Giorgio Sandri, papà di
Gabbo, l'ultrà laziale ammazzato
da un poliziotto sulla A1.
"Tornerò all'Olimpico per vedere
Roma-Lazio con i tifosi
giallorossi".
ROMA - "Sono intenzionato ad
andare nella curva romanista in
occasione del derby. I tifosi
certe volte sono descritte come
chissà cosa, quando invece sono
semplici cittadini che hanno un
cuore, una testa e dei
sentimenti. Io in Curva Sud ci
vado volentieri. Tornerò allo
stadio Olimpico, perché, come ho
detto, è mia intenzione andare
al derby con i tifosi della
Roma". A dire queste parole,
intervistato dall'emittente
SuperNova Tv, è Giorgio Sandri,
padre di Gabriele detto "Gabbo",
l'ultrà della Lazio ucciso in
un'area di servizio di
autostrada mentre andava,
assieme ad alcuni amici, a
seguire una partita in trasferta
della sua squadra. Papà Sandri
intende ora fare un gesto
"forte" per pacificare gli animi
e dare un segnale, nel frattempo
racconta tutto il proprio
dolore. "Sono passati oltre due
mesi dalla morte di Gabriele -
dice - e il tempo, certamente,
non può cancellare il dolore per
la perdita di un figlio. Non
sarà sufficiente tutta la vita,
il dolore è sempre più grande e
con il tempo cresce. Ho sentito
cose molto brutte e infatti,
oltre a non perdonare
l'individuo che ha assassinato
mio figlio, non perdono neanche
questa gente. Perché è stato
fatto di tutto e di più". Dopo
aver ribadito che per lui in
questa vicenda il calcio non
c'entra ("in quell'automobile
potevo esserci io che allo
stadio non ci vado da diverso
tempo. Potevo andare a fare una
gita, ad un teatro o magari a
Firenze, il calcio non c'entra
nulla in questa storia. Mio
figlio è stato ucciso su
un'autostrada e basta"), Sandri
sottolinea il fatto che di tutto
ciò si stia parlando sempre
meno: "Della vicenda Sandri non
se ne parla più perché,
ovviamente, sono coinvolte le
istituzioni e di conseguenza dà
fastidio. Mi rendo conto che
anche parte della stampa, delle
tv sono assoggettate a questa
situazione. Però la gente ci dà
coraggio e forza, ci rendiamo
conto che abbiamo la nazione al
nostro fianco".
5 febbraio 2008
Fonte: Repubblica.it
(Testo e Foto)
Derby per Gabbo
"Io, tra ragazzi della
Sud li ringrazio per Gabriele"
di Stefano Carina
Domani manterrà la
promessa. Giorgio Sandri, padre
di Gabriele, il tifoso laziale
ucciso l’11 novembre scorso dal
colpo di pistola sparato dall'
agente Spaccarotella sull'
autostrada per Firenze,
assisterà al primo tempo del
derby in Curva Sud.
Signor Sandri, si è
immaginato cosa accadrà ?
"Sarà senz' altro un’emozione
molto forte. Ho deciso di
esserci quando, nei primi giorni
dopo la tragedia, ho sentito
parlare dei tifosi delle curve
in maniera deprecabile. Dal
canto mio, invece, ricevevo in
quelle ore affetto e solidarietà
da quegli stessi ragazzi. E
allora ho sentito il dovere di
esser loro vicino. E poi, sarà
il derby di mio figlio, di
Gabriele"
Primo tempo in Sud, il
secondo in Nord.
"Sarebbe il mio
desiderio. Sicuramente andrò in
Curva Sud a vedere il primo
tempo. Spero che non ci siano
problemi, poi, a cambiare posto
durante l’intervallo anche se a
quel punto dovrò vedere come mi
sentirò".
Gabriele Paparelli,
figlio di Vincenzo ucciso all'
Olimpico il 28 ottobre 1979, ha
chiesto di assistere al derby
vicino a lei. "È
una cosa che mi fa molto
piacere".
Come viveva il derby suo
figlio ? "La
preparazione era sempre la
solita: si incontrava con gli
amici dello stadio, andavano a
mangiare "fuori porta", in
attesa dell’inizio della gara.
L' ultimo derby visto da
Gabriele è stato quello di
andata, ci andò con Cristiano,
l’altro mio figlio".
La prima volta allo
stadio lo accompagnò lei ?
"Sì, lo portai io, sarà stata la
seconda metà degli anni '80. Mi
ricordo di questo bambino che
aveva un bandierone con il quale
dava fastidio a tutti perché
durante le partite lo sventolava
in continuazione. Alla fine,
però, era talmente piccino e
pieno di entusiasmo, che lo
lasciavano fare".
Avete assistito a
qualche derby vicini ?
"Si, soprattutto i primi, quando
lui era piccolo, andavamo in
tribuna. Poi crescendo ha voluto
seguire il fratello ed è andato
in curva".
Totti porterà un mazzo
di fiori sotto la Curva Nord.
"L’ho ringraziato più volte.
Avendolo conosciuto, però, non
avevo dubbi. È un ragazzo di
grande spessore e di umanità.
Non mi vergogno a dire che è
quasi diventato un mio idolo".
A proposito di idoli,
qual era quello di Gabriele ?
"Beppe Signori".
Ha parlato di Totti. Ma
la Lazio ancora non l’ha sentita
? "A parte la
Polisportiva, De Silvestri e
Firmani, che ci sono sempre
stati vicini, della Lazio e di
chi la gestisce non c' è
traccia. È stata una delusione
perché in fondo quando accadde
la tragedia il presidente disse
che Gabriele era uno della
famiglia. Poi, però, non abbiamo
avuto seguito a queste parole.
Non chiedevamo molto, sarebbe
bastata una telefonata".
Domani la Fondazione
Gabriele Sandri celebrerà la sua
prima iniziativa ufficiale.
"Si, è stata
acquistata una clown-ambulanza
per il trasporto pediatrico dei
bambini nelle strutture
ospedaliere. Spero che sia
qualcosa che può aiutare i
piccoli a farli rimanere
sereni".
Ieri il capo della
Polizia, Antonio Manganelli, ha
dichiarato che suo figlio era un
semplice tifoso che non
apparteneva al mondo
dell’estremismo eversivo.
"È la conferma di chi era
Gabriele".
Intanto le indagini
sulla morte di suo figlio vanno
avanti. "Dopo
questa nuova testimonianza,
della quale eravamo già a
conoscenza, continueremo a
chiedere giustizia. Chi sbaglia,
deve pagare, anche se indossa
una divisa".
18 marzo 2008
Fonte: La Repubblica
© Fotografie:
Repubblica.it - Fondazione
Gabriele Sandri
Il derby del padre di
Gabbo
"Non dimenticherò questa
serata"
di Stefano Carina
Accompagnato dal figlio
Cristiano, Giorgio Sandri arriva
allo stadio poco prima delle ore
20.30. In molti lo riconoscono
quando si incammina per
raggiungere velocemente la curva
Sud. Alcuni rappresentanti del
tifo giallorosso sono venuti a
prenderlo fuori dallo stadio e
lo scortano quasi fosse una star
del cinema. Giorgio, invece, è
solo un padre che ha perso un
figlio e che probabilmente
vorrebbe essere in qualsiasi
parte del mondo piuttosto che in
un teatro simile. Alle 20.37,
prima di entrare, vestito di un
giaccone scuro dove spicca una
vistosissima sciarpa
biancoazzurra, ci fa un cenno di
saluto. È provato dalla tensione
e dalla commozione: "Non ci sto
capendo nulla, sono emozionato,
ho pianto per diversi minuti,
non so come reagirò dentro. Già
qui fuori è difficile
trattenermi". Poche parole: i
suoi bodyguard occasionali lo
trascinano dentro mentre i
ragazzi in fila, cantano il coro
"Gabriele, uno di noi". Appena
entrato, lo accoglie l’applauso
di tutto lo stadio. Sono otto
anni che Giorgio manca dall'
Olimpico. Mentre scende le
scalette che verso la parte
bassa del settore, stringe la
mano di qualche tifoso che vuole
testimoniargli il suo affetto.
Lui ringrazia, cercando di
abbozzare un sorriso, con il
solito garbo. In sottofondo
dagli altoparlanti dello stadio
ecco le note di "Meravigliosa
creatura", la canzone preferita
da Gabbo. Nemmeno il tempo di
rendersi conto di quello che sta
accadendo che Francesco Totti e
Tommaso Rocchi cominciano ad
incamminarsi verso la curva Nord
per deporre il mazzo di fiori
sotto l’immagine di Gabriele. Di
nuovo il coro: "Gabriele uno di
noi". È la prima volta che
Giorgio ascolta il nome del
figlio urlato da sessantamila
persone. Il suo derby forse
finisce lì. In mezzo a tanta
gente, si ritrova
improvvisamente solo con i suoi
pensieri. Accende una prima
sigaretta, poi velocemente una
seconda. Il destino a volte è
crudele: nel giorno della festa
del papà si ritrova a
commemorare suo figlio. La
partita inizia. Lui è
impassibile, nemmeno la traversa
colpita da Kolarov lo scuote
minimamente. Silente guarda la
partita. Ci vuole il gol della
Roma per farlo sorridere. Sì,
proprio il gol dei giallorossi:
il rinvio di Behrami che
colpisce Taddei e poi finisce in
rete, è troppo buffo per non
riderci su. In fondo è solo
calcio. Il pareggio di Pandev
gli regala un altro sorriso.
Alla fine del primo tempo si
incontra con Gabriele Paparelli
e poi lascia la curva Sud per
andare in Nord: "è stata una
sensazione incredibile,
difficilmente spiegabile.
Ringrazio tutti i ragazzi per
come mi hanno accolto, non lo
dimenticherò mai".
20 marzo 2008
Fonte: Repubblica.it
(Testo e Foto)
De Silvestri gara di
cuore pensando a Gabbo
di Stefano Carina
Quella di ieri non poteva essere
una partita come le altre. Per
tutti, ma soprattutto per lui,
romano e amico di Gabriele
Sandri. Per Lorenzo De Silvestri
è stato un derby unico e forse
irripetibile. Out Fabio Firmani,
è spettato a lui confrontarsi
con il trio giallorosso dei
romani doc composto da Totti, De
Rossi e Aquilani. Lorenzo è
sceso in campo con i soliti
scarpini che lo accompagnano
dalla partita successiva di quel
maledetto 11 novembre, il giorno
della tragedia alla stazione di
servizio di Badia al Pino est
sull' Autostrada del Sole. Il
nome di Gabbo sulle linguette
blu proprio sotto il numero 29,
quello della sua maglia, e il
ricordo del suo amico impresso
nel cuore. Che avrebbe giocato
lo aveva capito da sabato,
quando Delio Rossi per non
correre il rischio che gli
venisse comminata una
ammonizione che lo avrebbe
escluso dalla sfida con la Roma
(il calciatore era già
diffidato) lo ha lasciato in
panchina nella trasferta di
Udine. Per una volta, il giovane
difensore è stato felice
dell’esclusione. Ieri sera,
infatti, ha partecipato a un
derby diverso, unico nelle
emozioni, nel ricordo di
Gabriele. E lui stavolta non
poteva di certo mancare.
20 marzo 2008
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Calciatoripanini.it
Lazio Il papà di Sandri:
"Il ricordo di Gabriele è sempre
vivo"
Ad otto anni dalla morte
del tifoso della Lazio il padre
lo ricorda così: "Dopo otto anni
grazie al popolo di Roma. Il
tifo ? Stanno uccidendo la
passione, presto i tifosi
andranno al cinema".
ROMA - Otto anni. Oggi è l'11
novembre e per tutti i tifosi
della Lazio, ma anche per tutti
i tifosi in generale, d'Italia e
d'Europa, non può essere un
giorno normale. Quel giorno di
otto anni fa, nel 2007, fu
ucciso Gabriele Sandri, ragazzo
di soli 26 anni che fu colpito
da un colpo di pistola sparato
nei pressi dello svincolo
autostradale di Arezzo
(nell'area di sosta di Badia al
Pino est) dall'agente della
Polstrada Luigi Spaccarotella
(poi condannato dalla Corte di
Appello di Firenze ad una pena
di nove anni e 4 mesi per
omicidio volontario, confermata
in maniera definitiva in
Cassazione nel febbraio del
2012), che si trovava dall'altra
parte della carreggiata e la cui
attenzione era stata richiamata
da una rissa tra tifosi laziali
e juventini. Sandri morì colpito
da un proiettile al collo mentre
era seduto sul sedile posteriore
dell'automobile a bordo della
quale stava viaggiando in
direzione Milano per assistere
alla sfida dei biancocelesti
contro l'Inter.
LE PAROLE DEL PADRE - Ad otto
anni da quel dramma il papà di
Sandri, Giorgio, dice la sua ai
microfoni de "La Lazio siamo
noi": "Otto anni dopo quel
maledetto 11 novembre, il vuoto,
la ferita, il dolore, la rabbia,
non sono passati e non
passeranno mai. Anzi. Grazie al
popolo di Roma, il popolo di
Gabriele, il ricordo di mio
figlio Gabbo è sempre vivo. Devo
ringraziare, voglio ringraziare
tutti coloro i quali ci sono
vicini e che ci sono sempre
stati. In tutta Italia,
addirittura anche in Europa, le
manifestazioni di affetto e di
solidarietà nei nostri confronti
si moltiplicano. Nonostante
tutto, cerchiamo di andare
avanti in nome di Gabriele, dei
suoi nipotini Gabriele e Greta,
nel nome della Fondazione
Gabriele Sandri che anche oggi
da Lecce a Milano con la
raccolta del sangue organizza
iniziative benefiche, di umanità
e utilità sociale. Spaccarotella
? Un pazzo criminale macchiatosi
di un omicidio volontario. In
questo momento dovrebbe trovarsi
nel carcere definito di lusso di
Santa Maria Capua Vetere, fra
qualche anno finirà di scontare
la sua pena, per lui non trovo
nemmeno più le parole, o forse
sì e me le tengo per me. La
Lazio ? Il presidente Lotito, su
sollecitazione, si è manifestato
circa un anno dopo. Forse nel
frattempo era stato mal
consigliato e soprattutto mal
informato. Ripeto, gli unici che
mi sento di ringraziare sono i
tifosi della Lazio, di Roma,
d'Italia".
SANDRI SUL TIFO - Sandri poi
aggiunge altre riflessioni ai
microfoni di Rete Sport: "La
cosa più importante è stato il
fatto di essere stati
accompagnati da tante persone
che ci hanno dato tanta la
propria solidarietà. La
vicinanza e l’affetto di tutta
questa gente, che io ho chiamato
"il popolo di Gabriele", erano
così evidenti e spontanei che mi
hanno dato la forza di andare
avanti, soprattutto durante il
processo. Il vuoto ed il dolore
rimangono nonostante passino gli
anni, nonostante succedano altre
tragedie simili. Gabriele non
viene mai dimenticato. A livello
di affetto io ho avuto la gente,
il popolo, i tifosi di tutte le
squadre. Le istituzioni ?
Inizialmente si è cercato di
nascondere quanto successo, far
passare Gabriele per quello che
non era e Spaccarotella per una
vittima. Così non era, così non
è stato. Ma questo non ci ridà
nostro figlio, ci manca tutti i
giorni. La sua vicenda - ha
puntualizzato Sandri - ha avuto
poco a che vedere con il calcio,
eppure grazie alla forza
mediatica del calcio credo si
sia ottenuta una giustizia
adeguata, di omicidio
volontario. Se non ci fosse
stato il mondo del calcio
probabilmente Gabriele non
avrebbe avuto giustizia. In
questo senso hanno fatto un
autogol quando parlarono di
scontri tra ultrà per cercare di
nascondere quanto successo".
Durante il suo intervento,
Sandri ha espresso la sua
opinione sulla situazione del
tifo e degli stadi: "Io credo
che il tifoso ormai venga
considerato poco o niente. Non
si vuole più il tifo allo stadio
ma sui divani di casa, si fa
tutto per cercare di allontanare
la gente dagli stadi perché
porta problemi, porta spese
riguardanti sicurezza. Io credo
che così si uccida la passione
del tifo, la passione per la
propria squadra. Se oggi si
riesce ad allontanare la gente
dallo stadio, domani la si
allontanerà anche dagli
abbonamenti televisivi e
probabilmente si ritornerà al
cinema".
IL RICORDO DELLA LAZIO - Anche
la Lazio, sul suo sito ufficiale
e sulla sua pagina facebook ha
voluto ricordare Gabriele: "La
S.S. Lazio, nell' ottavo
anniversario della scomparsa,
ricorda Gabriele Sandri,
scomparso tragicamente l'11
novembre del 2007. La S.S. Lazio
rinnova al papà Giorgio, al
fratello Cristiano ed a tutta la
famiglia Sandri il proprio
cordoglio".
11 novembre 2015
Fonte:
Corrieredellosport.it
© Fotografie:
Ilmessaggero.it - Repubblica.it
Papà Gabriele Sandri:
"Bello vedere tifoserie unite
sotto il nome di mio figlio"
Le parole di Giorgio
Sandri, padre di Gabriele,
tifoso rimasto ucciso nove anni
fa da un colpo di pistola a
Badia al Pino.
Nono anniversario della morte di
Gabriele Sandri, 11 novembre
2007 una data che nessun tifoso
scorderà facilmente. Il tifoso
laziale stava viaggiando verso
Milano, dove poche ore si
sarebbe giocata a "San Siro"
Inter-Lazio, ma la storia
racconta ben altro. Un
proiettile colpisce il giovane
tifoso biancoceleste che crolla
a terra (Ndr: era in macchina)
presso l’autogrill di Badia al
Pino, nulla da fare per lui.
Dopo nove anni resta vivo il
ricordo di "Gabbo", dai
giocatori amici come Lorenzo De
Silvestri ai tifosi di tutta
Italia, riuniti in amicizia
sotto il nome di Gabriele
Sandri. Intervistato da
Retesport Giorgio Sandri, padre
del tifoso laziale, ha
raccontato le sue idee e le
proprie emozioni alla ricorrenza
della morte de figlio: "La morte
di Gabriele non si può spiegare,
ma al tempo stesso è un
miracolo, ha unito tutte le
tifoserie d’Italia. Dopo nove
anni ancora si ricorda Gabriele
ogni domenica. Al suo posto
poteva esservi chiunque, la
facilità di immedesimarsi in
Gabriele riesce ad unire tanta
gente e tante tifoserie.
L’omicidio di Gabriele non ha
niente a che vedere con calcio e
tifoserie. È stato ucciso
lontano sia dallo stadio
Olimpico che da qualunque stadio
di calcio, chi ha fatto quel
gesto folle non sapeva neanche
chi fosse Gabriele. Quindi
lascerei il calcio da parte. Per
quanto riguarda cosa fatto in
questi anni io ho le mie idee.
Mi pare che il calcio voglia
allontanare dagli stadi i tifosi
come Gabriele e non solo. Vedo
gli stadi sempre più vuoti e mi
dispiace. Io ho vissuto la mia
vita allo stadio, in curva, dove
si andava insieme romanisti e
laziali. Era un belvedere tutte
le domeniche, quando c’era il
derby ma anche le tifoserie
ospiti che non venivano
confinate come fossero chissà
cosa. Erano spettacoli
folkloristici e oggi non è più
così". "La Fondazione ? È la
cosa più bella a cui tengo
molto, mi piace ricordare tutti
i gruppi di Donazione Sandri
nati in tutte le città d’Italia,
da Milano a Trieste, Roma,
Lecce, Bari. È la cosa più bella
donare il sangue, donare la vita
a qualcuno. Credo non ci sia
niente di più bello. La
fondazione purtroppo non è
sostenuta economicamente - ha
ammesso Sandri, siamo piccolini
e facciamo ciò che possiamo, non
facciamo nulla per
sponsorizzarci, non vogliamo
nulla e vorremmo solo più
attenzione da parte di qualcuno.
Fare un evento e ricordare tutti
questi gruppi che si riuniscono
4/5 volte all’anno sarebbe
bello".
11 novembre 2016
Fonte: Mediagol.it
© Fotografia:
Calcionow.it -
Repubblica.it
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