La guerra del Salento 70
anni fa infiammò Supersano e
Ruffano
di Massimiliano Ancona
La rivalità fra i due
Paesi, divisi da 10 chilometri,
sfociò in violenza dopo una
partita di calcio. A cavallo fra
1948 e '49 si combatté una
battaglia con spranghe, sassi,
mazze.
Cadde a terra. Senza un
lamento. La sua vita finì quel
giorno di 70 anni fa. Era il 29
marzo '49. Un colpo di pistola,
soffocato da quelli dei mitra
sparati in aria dai carabinieri
per disperdere la folla, gli
trafisse il collo. Senza dargli
scampo. Antonio Prete aveva 19
anni. E aveva vissuto l'epoca
fascista e la tragedia della
seconda guerra mondiale. Che
anche a Supersano (Lecce), dove
abitava, aveva provocato miseria
e lutti. Eppure non aveva
prostrato i salentini, in grado
di accogliere fino a due anni
prima - nei dintorni della
vicina Nardò - migliaia di ebrei
sopravvissuti alla Shoah, tra
cui Golda Meir, Ben Gurion e
Moshe Dayan, futuri leader dello
Stato d'Israele.
VICENDA - La morte di
Antonio pose fine alla "Grande
Guerra del Salento", titolo del
romanzo (ed. Panda) di Bruno
Contini che ha riesumato la
vicenda. Una vicenda che mise di
fronte due paesi confinanti:
Supersano e Ruttano, 10mila
abitanti in tutto. Divisi da
un'antica rivalità. Sfociata in
violenza dopo una partita di
pallone. Già, perché il calcio
provocò la "guerra". Una guerra
combattuta per quasi tre giorni
con spranghe, sassi e mazze.
Armi improvvisate, armi... di
contadini, quali erano la
maggior parte degli abitanti dei
due paesi. Fino alla
pistolettata fatale. All'arresto
del colpevole, condannato a 15
anni di carcere. E alla pace del
2 aprile con le condoglianze dei
ruffanesi alla famiglia Prete.
L'ANDATA - Tutto iniziò
il 5 dicembre ‘48. Il Ruffano
ospitò il Supersano nell'andata
del torneo di II Divisione
Pugliese (Girone H), la D
attuale. Finì 1-1. Ma i tifosi
di casa, scontenti per la
direzione di gara, tesero
all'arbitro un agguato, sventato
da Aldo Frisullo, generale
dell'esercito in pensione,
presidente del Ruffano, che
aveva così abbandonato il
brindisi offerto nel suo studio
a giocatori e dirigenti. In sua
assenza tra le delegazioni era
volata qualche parola di troppo.
Sino allo schiaffo di un
dirigente di casa a uno ospite.
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IL RITORNO - Quel gesto
violento arricchì di tensione la
gara di ritorno che si giocò a
Supersano il 27 marzo 1949. Il
primo tempo si chiuse senza gol.
Ma accadde di tutto. Un tifoso
ruffanese tentò di colpire
l'arbitro con un sasso, che fu
raccolto e dato a un
carabiniere. Altri tifosi
giunsero sul punto d'invadere il
terreno di gioco. Frisullo scese
in campo e, per placare gli
animi, invitò il direttore di
gara a essere più... corretto.
Ma fu riaccompagnato in tribuna
da un carabiniere e da Ernesto
Manfredini, imprenditore
agricolo e patron del Supersano,
che prese per un braccio il
collega. Il gesto sarebbe voluto
essere distensivo, ma fu
interpretato male dai ruffanesi.
Nella ripresa, il terzino
Martinese risolse la contesa a
favore del Supersano. Dalla fine
della gara e per i due giorni
seguenti fu solo guerriglia
urbana. Una guerriglia finita
con la morte di Antonio Prete,
prima vittima della violenza nel
calcio pugliese.
26 marzo 2019
Fonte: La Gazzetta dello
Sport
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