Il fuoriclasse polacco
conquistò il rigore che decise la sfida
Boniek: giocammo solo per
evitare una guerra civile
di Roberto Beccantini
"Noi sapevamo tutto e non
volevamo scendere in campo. Ce lo ordinò l'UEFA. Ci
disse: molti sugli spalti non hanno idea di quanto è
successo, se vi rifiutate lo capiranno e sarà peggio.
Poi fu una gara triste ma vera".
Zibì Boniek, prima o poi doveva succedere. Cosa
ricorda ?
"Ricordo che, col Liverpool, ho giocato due volte. A
Torino, nella neve, per la Supercoppa d'Europa: e fu un
trionfo, 2-0, doppietta del sottoscritto. All'Heysel, in
finale, e fu una tragedia".
Il 29 maggio saranno
vent'anni.
"Per rispetto delle vittime,
mi sforzo di non pensarci più. Io, quella coppa, non
l'ho mai sollevata".
Boniperti avrebbe
dovuto restituirla...
"Restituirla a chi ? Forse
all'UEFA, dopo tutto quello che, sul piano
organizzativo, aveva combinato ? Non scherziamo".
Non mi dirai che la partita è stata vera ?
"E' stata una partita di cui nessuno può e deve
vantarsi".
Eravate al corrente ?
"Non dar retta a chi finge che, in quel casino,
orientarsi fosse difficile, e conoscere l'esatta entità
del dramma ancora di più. Al 99,9 per cento sapevamo
tutto: dei morti, della dinamica, della cappa esplosiva
che gravava sullo stadio. Ripeto: tutto".
Era proprio
indispensabile giocare ?
"Noi non volevamo. E il Liverpool neppure. Ce lo
ordinarono. Ci dissero che, se non fossimo scesi in
campo, sarebbe stato peggio. I telefonini non
esistevano, e molti degli juventini sugli spalti, loro
sì, non avevano idea di quante fossero le persone morte
ammazzate nel settore Z. Uno dell'Uefa mi fece: se vi
rifiutate, lo impareranno".
Con che spirito hai
giocato ?
"Per vincere. Se uno ti dice:
se non giochi, è peggio, tu, che sei un uomo, giochi. E
una volta dentro, ti dai da fare. Quelli del Liverpool
si comportarono esattamente come noi. Non a caso, il
migliore fu Tacconi".
Fallo di Gillespie su di te: due metri buoni
fuori area, eppure Daina diede il rigore.
"Un abbaglio clamoroso, lo so.
L'arbitro avrebbe dovuto fischiare la punizione dal
limite. Con uno come Michel, sarebbe stato comunque un
mezzo rigore".
Al suo posto avresti esultato ?
"E' facile suggerire, adesso, quello che avremmo dovuto
fare, allora. Siamo uomini, ognuno reagì come gli
dettavano i suoi sentimenti. Osceno e tragico fu il
''prima'', non il ''dopo".
Mettiti per un attimo
dalla parte dei parenti delle vittime: per loro, non si
doveva giocare e il trofeo andava riconsegnato.
"Nel mio piccolo, rinunciai al premio partita e lo girai
proprio ai parenti. Non sono un santo, e tanto meno lo
fui all'Heysel, però rivendico le attenuanti che si
devono a colui e a coloro che, precettati per
contendersi ''semplicemente'' una coppa, non importa se
dei Campioni, si ritrovano, all'improvviso, al centro di
una guerra".
Che si poteva evitare.
"Molto di più: si doveva.
Ecco, a questo sì che penso spesso, al fatto che scatenò
l'apocalisse. Mica ultras contro ultras, o scontri
omicidi nei paraggi dello stadio. Mai, una carneficina
così devastante ebbe origine da cause così banali e così
facilmente aggirabili, gli hooligans finiti nella curva
sbagliata, le strutture vecchie e fatiscenti dello
stadio, gli juventini che, spaventati, scappano e
trovano muri di cemento, la polizia belga del tutto
inadeguata a gestire e sbrogliare una simile emergenza".
Quella sera, morì anche il calcio.
"Quella sera, sono morte
trentanove persone. Il calcio no, non poteva morire e,
anzi, rinacque proprio da lì, da quel sangue. Hai
presente Anfield o Old Trafford ? Sono gioielli, e chi
sgarra, finisce dentro. L'Heysel era una schifezza, ma
in tutto il mondo avrebbero evitato, comunque, la
tragedia. In tutto il mondo, tranne che a Bruxelles".
Fonte: La
Stampa
© 19 marzo 2005
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