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Calciatore
F.C. Juventus
(In
campo allo Stadio Heysel il
29.05.1985) |
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ESCLUSIVA BONINI:
"Nell’inferno dell’Heysel non ci accorgemmo di
nulla…"
di Fabio Marzano
L’ex giocatore
bianconero ha rilasciato delle dichiarazioni in
esclusiva alla nostra redazione.
TORINO -
(Omissis) … Cosa pensa delle scritte di Firenze
?
MASSIMO
BONINI: "Come si fa a pensare.
Purtroppo c’è gente che non conosce la vergogna,
questo non è calcio. Offendere delle persone che
purtroppo hanno perso la vita per sfortuna. Non
voglio parlare di Gaetano giocatore ma dell’uomo
che era, era un esempio sotto tutti gli aspetti.
Questa è gente che non merita rispetto e non
bisogna nemmeno parlarne altrimenti gli daremmo
valore. Questa è gente che non ha nemmeno senso
parlarne. Forse non hanno conosciuto Gaetano
Scirea o dei tifosi che hanno perso la vita per
andare a vedere una partita senza mai più fare
ritorno. Persone che scappavano non per scontri
tra tifosi ma per i lanci di oggetti che vi
erano da una tifoseria all’altra. Lanciavano
sassi, se c’erano i veri tifosi forse con gli
scontri ci sarebbero stati meno morti, invece
scappando via si è scatenato l’inferno. Non
erano i veri tifosi juventini che nelle
provocazioni vai a cercare lo scontro fisico,
qui scappavano via, non erano neanche tifosi.
Era gente tranquilla che si è trovata nel posto
sbagliato al momento sbagliato. Lo stadio non
era sicuramente a norma".
Vi eravate
accorti della gravità della situazione prima del
match ?
MASSIMO
BONINI: "Non sapevamo niente.
C’era gente che arrivava negli spogliatoi e ci
dicevano che c’erano 50/100 morti, non si capiva
nulla. Noi eravamo negli spogliatoi vicino alla
curva della Juve e quindi dalla parte opposta, e
i tifosi di quella curva non sapevano nulla
quindi figurati se riuscivamo a saperlo noi. Ci
sono stati alcuni tifosi che vedevano tutto
quello che stava succedendo ma noi eravamo
chiusi all’interno degli spogliatoi. Ce ne siamo
accorti soltanto quando è finita la partita che
siamo andati in albergo e abbiamo visto i
filmati in televisione di tutto quello che era
successo".
Neanche durante
il giro di campo a fine partita avete captato
qualcosa ?
MASSIMO
BONINI: "No assolutamente no,
altrimenti non vai a festeggiare quella Coppa.
Non sapevamo assolutamente nulla, non si può
festeggiare una Coppa dove sono morte 40
persone. Per fortuna abbiamo giocato sennò
succedeva veramente il finimondo con molti più
morti di quanti ce ne sono stati. I tifosi
dell’altra curva non sapevano nulla, se venivano
a sapere che la partita non si sarebbe giocata
perché c’erano state tutte queste vittime,
poteva succedere veramente qualcosa di ancora
più grande". (omissis)
6 dicembre 2018
Fonte: Juvenews.eu
Intervista a Massimo Bonini:
"Impossibile dimenticare l’Heysel"
di Eric Malatesta
29
maggio 1985. Una data funesta per il calcio. Un
giorno in cui questo sport morì per davvero
assieme alle sue 39 vittime. Juventus-Liverpool
è la finale dell’allora Coppa dei Campioni che
si gioca allo stadio Heysel di Bruxelles: i
bianconeri vogliono portare per la prima volta
nella loro storia quel trofeo a Torino. Tra di
loro c’è anche Massimo Bonini. Il biondo di San
Marino è uno dei tre "stranieri" di una
formazione fortissima che recita: Tacconi,
Favero, Cabrini, Bonini, Brio, Scirea, Briaschi,
Tardelli, Rossi, Platini, Boniek. Di fronte i
Reds che schierano gente come Rush, Dalglish e
il portiere para-rigori Grobbelaar, incubo della
Roma appena un anno prima. Ci sono tutti gli
ingredienti per una partita fantastica. Che però
non fu. Come ricorda lo stesso Bonini, raggiunto
in occasione di una partita di beneficienza
svoltasi a Martorano di Cesena, dove per
l’occorrenza è tornato ad indossare la maglia
bianconera del Cesena, lui che in fondo è un
"romagnolo del Titano".
MASSIMO
BONINI: "Quando una persona
perde la vita per una partita di calcio è
difficile trovare le parole - attacca l’ex
numero 4 juventino - è stato qualcosa di
terribile che ha sconvolto il mondo del calcio".
In breve: gli hooligans inglesi, tra cui molti
ubriachi, fanno incursione nel settore Z dello
stadio, caricando la parte più tranquilla del
tifo juventino. Ne scaturisce un fuggi-fuggi
generale che porta al crollo di un muretto di
recinzione. Nella ressa, muoiono soffocati 39
tifosi, di cui 32 italiani.
MASSIMO
BONINI: "Quel giorno - prosegue
nel racconto Bonini, - poco prima della partita,
eravamo allo stadio Heysel concentrati sulla
gara che poi abbiamo giocato. Io avevo già perso
la finale di Atene contro l’Amburgo, e ci tenevo
tantissimo a vincere quel trofeo. Già quando
eravamo arrivati ci aveva colpito lo stato in
cui si trovava lo stadio. Una struttura
fatiscente, che nulla aveva a che vedere con i
criteri per una finale di Coppa dei Campioni.
Poi ci avevano anche detto che durante la
giornata c’erano state delle tensioni tra tifosi
nel centro di Bruxelles, ma nulla immaginavamo
di quanto realmente stesse accadendo. Poi c’è
stato il messaggio all’altoparlante di Scirea e
del capitano del Liverpool. Lì avevamo capito
che la situazione era di difficile gestione a
livello di ordine pubblico, ma non sapevamo di
gente che era morta. Nelle vicinanze degli
spogliatoi si susseguivano persone che
scendevano a farsi medicare, dunque sapevamo di
feriti, ma mai di tanti morti come poi fu".
Giocare o non giocare, in tanti si sono
pronunciati sull’argomento. Massimo Bonini la
pensa così:
MASSIMO
BONINI: "Credo che giocare sia
stata in ogni caso la scelta più opportuna. La
cosa si sarebbe sicuramente aggravata in caso
contrario. Io, così come i miei compagni, siamo
scesi in campo concentrati per giocare la
partita. Non sapevamo delle proporzioni di
quella che sarebbe poi stata una tragedia. Alla
fine abbiamo vinto una coppa che non sa di nulla
per me. E’ stata una vittoria vanificata da
tutto quello che è successo, e io non posso
certo festeggiare una vittoria ottenuta in quel
contesto. Non me la sento".
Per la cronaca la partita viene decisa da un
rigore di Platini per fallo ai danni di Boniek
almeno un metro e mezzo fuori dall’area, mentre
l’arbitro svizzero Daina nega un evidente
penalty al Liverpool per un’entrata di Bonini
sull’irlandese Whelan. Il diretto interessato
ammette:
MASSIMO
BONINI: "Il mio fallo da rigore
era nettissimo, quello su Boniek visto dalla mia
posizione sembrava altrettanto netto. C’è stato
un lancio lunghissimo di Platini a pescare
Boniek e poi l’ho visto andar giù. Le immagini
invece dicono chiaramente che il fallo era fuori
dall’area. Al di là di questo non penso che
l’arbitro abbia voluto di proposito danneggiare
gli inglesi".
Un
emozionato Bruno Pizzul commentò quella gara con
tono dimesso e quasi contro voglia, mentre la tv
tedesca si rifiutò addirittura di trasmetterla.
Quella austriaca invece scelse il silenzio, con
le immagini prive di audio che venivano
accompagnate dalla scritta: "quella che state
vedendo non è una partita di calcio". Dopo la
tragedia dell’Heysel, il Liverpool, quasi come
per un macabro gioco del destino, ha subito
quella di Sheffield nel 1989, dove in una
semifinale di FA Cup contro il Nottingham Forest,
all’Hillsborough morirono schiacciate contro le
recinzioni 96 persone. Di lì in poi però in
Inghilterra si è lavorato duro per risolvere il
problema stadi e hooligans. Niente recinzioni e
dure sanzioni per chi trasgredisce. In Italia
siamo ancora lontani. Bonini la pensa così:
MASSIMO
BONINI: "Da noi mancano gli
stadi adeguati, durante Italia 90 si è persa una
grossa occasione per costruire strutture
adeguate e confortevoli. In Inghilterra ci sono
riusciti, mentre in Italia solo la Juve si è
attrezzata in questo senso. Devo dire che anche
il Cesena ha fatto un bel passo togliendo in
parte le barriere dal Manuzzi. E’ già un buon
esempio ed è questa la strada da seguire se
vogliamo che la gente e soprattutto le famiglie
si avvicinino al calcio. La cosa più bella per
un calciatore è giocare in questi contesti.
Questo sport non deve più essere territorio di
teppisti e violenti. E’ sulla cultura che
bisogna lavorare e questo bisogna iniziare a
farlo nelle scuole e nelle scuole calcio: va
insegnato ad essere migliori non più furbi".
Massimo Bonini ha vinto quasi tutto: 3 scudetti,
una Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe,
una Coppa Intercontinentale. Eppure una delle
cose che ricorda con più passione è quello che
ha visto con la nazionale sanmarinese.
MASSIMO
BONINI: "Ero in Olanda e lo
stadio era pieno di bambini come non ne avevo
mai visti. Sono cose che dovrebbero vedersi
dappertutto. Nel calcio girano troppi interessi
e si sta esagerando, ora dilaga anche il
calcio-scommesse".
A proposito di interessi, un ex compagno di
squadra del 53enne sanmarinese, come Michel
Platini sta lottando per il fair-play
finanziario. Ai tempi in cui i due erano in
squadra insieme e il francese amava fumare,
Bonini divenne famoso per una nota battuta di
"Le Roi": "L’importante è che non fumi Bonini".
L’ex centrocampista è d’accordo sulla linea
tracciata dal presidente dell’Uefa:
MASSIMO
BONINI: "E’ giusto e Michel fa
bene a portare avanti questa causa. E’ un punto
di partenza. Ci sono troppe squadre che si
indebitano per comprarsi giocatori che mai
riuscirebbero ad avere. Si deve ridimensionare
un po’ tutto".
Infine un pensiero sul mestiere di allenatore e
il suo ruolo.
MASSIMO
BONINI: "Credo che allenare sia
una cosa bellissima e di grande responsabilità.
Il primo compito di un allenatore, soprattutto a
livello di settore giovanile, deve essere quello
di educare. Tutti noi dobbiamo essere di esempio
ai più giovani. Ho fatto 20 anni di giovanili,
ora mi piacerebbe proseguire anche con i
grandi".
29 maggio 2012
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