"Ero all'Heysel quella
sera di venticinque anni fa"
di Marco Guggiari
Aldo Ferraris, segretario dello Juventus Club di
Maslianico: "Vidi portare via i morti".
È
trascorso un quarto di secolo, ma il 29 maggio 1985 è
una ferita sempre aperta nella mente e nel cuore di Aldo
Ferraris. Sessantotto anni ben portati, sposato e con
due figli, residente a Cernobbio, era allo stadio Heysel
di Bruxelles la sera della strage. Segretario da una
vita dello Juventus Club di Maslianico, ha assistito a
quella che doveva essere una festa di tifo e di sport,
la finale di Coppa dei Campioni tra i bianconeri di
Torino e il Liverpool, e si è invece trasformata in una
tragedia senza precedenti. Alla fine si contarono 39
morti, 32 dei quali italiani, e quasi 600 feriti. Fu
questo l’orrendo bilancio della furia manifestata da
orde di ultras inglesi ubriachi. Le vittime, tutte nel
settore "Zeta" dello stadio belga divenuto sinistramente
famoso, furono calpestate e schiacciate sugli spalti di
quell’impianto fatiscente e privo di adeguate misure di
sicurezza, ancor prima che iniziasse la partita. "Mi dà
fastidio parlarne...", è l’esordio, confermato durante
il nostro colloquio da un passaggio difficile in cui
prevale la commozione.
Signor Ferraris,
quanti eravate all’Heysel dal Comasco ?
"Come Juventus Club avevamo
organizzato due pullman, quindi un centinaio di persone.
Avevamo viaggiato di notte. Tutto era bello e
all’insegna dell’allegria. Avevamo prenotato il
pernottamento in un hotel fuori Bruxelles. All’ingresso
in città le prime avvisaglie. Gli inglesi, già ubriachi,
avevano compiuto vandalismi. Avevamo rinunciato a
visitare la capitale proprio per evitare situazioni
spiacevoli".
Ma avevate sentore che
potesse accadere qualcosa di grave ?
"Sarebbe stato strano se non
fosse accaduto. Il percorso che ci hanno fatto compiere
era in mezzo a ultras inglesi che sputavano e davano
calci e pugni ai pullman. La stessa polizia belga ne era
intimidita. Fuori dal settore "Zeta" c’erano cumuli di
terra utilizzati dai sostenitori del Liverpool per
agevolare il passaggio di casse di birra... Si entrava
allo stadio da una porticina e si veniva affrontati dai
cavalli aizzati dai poliziotti belgi".
Quando avete avuto la
piena consapevolezza di quanto avveniva ?
"Eravamo nella curva di
fronte; io e qualcun altro in tribuna. C’era continuo
afflusso di persone, una massa enorme. Si vedevano
paurosi ondeggiamenti tra la folla. Quando è crollato il
muro sono intervenute truppe a cavallo, protagoniste di
una "parata" del tutto fuori luogo sotto la tribuna per
schierarsi. Poi è uscito un nostro giocatore, Nicola
Caricola. Ha indicato "4" con una mano, facendo con
l’altra la croce. Capimmo che c’erano dei morti, che
vedemmo poi portare via issati su improvvisate barelle".
Fu giusto o sbagliato
giocare quella partita ?
"Per certi versi fu giusto
perché si era in una situazione di guerra. È stato il
male minore. Non sarebbe stato possibile fronteggiare
ulteriori disordini. Intanto erano iniziati gli appelli.
Diedero un microfono a Gaetano Scirea, che proprio oggi,
25 maggio, avrebbe compiuto gli anni se non fosse morto
in un tragico incidente d’auto in Polonia. Ero suo
amico. Vado ogni anno a fargli visita al cimitero...".
Come tranquillizzaste
i vostri familiari ?
"Non esistevano i telefoni
cellulari. Io volli uscire dallo stadio per comunicare
in Italia che noi stavamo tutti bene. La zona
tutt’intorno allo stadio era deserta, immersa in un
clima surreale. Non c’era un locale aperto, una persona
per strada. Non c’erano cabine del telefono. Dopo un
chilometro vidi una signora affacciata a una finestra.
Chiesi se mi faceva la cortesia di poter usare il suo
telefono. Mi fece salire in casa e lì, davanti alla tv,
compresi le vere dimensioni del disastro. Avvisai la
sede dello Juventus Club di Maslianico. Poi tornai
indietro dal nostro presidente che avevo lasciato in
tribuna. Insieme abbandonammo lo stadio e raggiungemmo
il nostro pullman. Non abbiamo visto la partita, né mai
in seguito io l’ho vista...".
Com’è stato il ritorno
?
"A Maslianico venne ad
accoglierci il parroco e ci ringraziò perché avevamo
portato a casa tutti. Per anni celebrammo una messa in
ricordo di quei poveri morti".
Cosa è mancato perché
si evitasse quella tragedia ?
"Gli organizzatori non
avrebbero dovuto assegnare la finale a una struttura
così inadeguata. Dal canto loro, le forze della polizia
belga si sono mostrate assolutamente impreparate. C’è
stata una sottovalutazione totale dell’evento".
Fonte:
Corrierecomo.it
© 25 maggio 2010
Fotografie:
Aldo Ferraris ©
GETTY IMAGES
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