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Figlio di
Pierangelo Bertoli
(Cantautore
Italiano 1942-2002)
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Intervista esclusiva ad
Alberto Bertoli, artista figlio di un grandissimo
artista
Di padre in figlio
di Domenico Laudadio
Alberto carissimo, è un onore per
me, ma anche per l'intero forum di vecchiasignora.com
parlare proprio con te di tuo padre. È capitato alla
maggior parte di noi, soprattutto a quelli nati tra gli
anni '60 e '70, di emozionarsi ascoltando la musica e la
poesia dei testi di Pierangelo, ricca di "parole di
rabbia", ma allo stesso tempo di "pensieri d'amore". Non
lo dimenticheremo mai. Questa intervista, grazie alla
tua autorizzazione, verrà pubblicata in esclusiva sul
nostro forum e nel mio sito
www.saladellamemoriaheysel.it protetta da una licenza
creative commons. Comunque, se vorrai, potrai cederla o
pubblicarla anche tu liberamente su altri siti internet
e blog che riguardino te o tuo padre. Ti propongo, ora,
le domande e le curiosità mie e di alcuni utenti del
forum vecchiasignora.com alle quali puoi rispondere con
la massima sincerità ed occupando tutto lo spazio che
vorrai.
PINO 1897: Vorrei chiedergli cosa
suo padre gli raccontava della Juve, quando lui era
piccolo, ed attraverso lui inviare un affettuoso
pensiero al Grande Pierangelo, che tantissime volte ho
ascoltato con ammirazione e commozione. Un grazie
infinito per l'inno. Ti ha mai raccontato come mai ha
scelto di tifare proprio per la Vecchia Signora, la
squadra più amata e più odiata del calcio italiano ?
ALBERTO BERTOLI: "Innanzi tutto
ciao a tutto il mondo juventino… E grazie di essere
ancora qui !!! Vorrei ringraziare di cuore il webmaster
e tutti quelli che hanno partecipato a questa intervista
con domande e curiosità, parlare di mio padre per me è
molto bello e molte volte divertente. Allora iniziamo:
Ciao Pino. Ricordo che mio padre teneva un libro con
tutta la storia della Juventus dall'esordio fino al 1987
e questo libro riposava perennemente sulla sua
scrivania. A volte non era nel suo studio e allora io mi
sedevo sulla sua poltrona facendo finta di fare lui.
Giocavo con le penne, scrivevo roba indecente, fino a
quando un giorno aprii il fatidico libro !!! Incuriosito
da non ricordo più cosa, ma penso fosse la storia del
magico Toro e del maledetto volo, chiesi a mio padre
come era successo che avesse incominciato a tenere la
"vecia goba". Fu penso l’errore più grosso della mia
vita: incominciò a dirmi che da bambini non si sa mai
cosa tenere e che lui non avendo un padre (morì quando
Pierangelo aveva solo 12 anni, non aveva neanche modo di
trovare un confronto per farsi un’idea. Un giorno beccò
sua sorella più piccola che scriveva con il gesso sul
muro W TORO, perché era innamorata di un calciatore, e
mi disse "insomma quando ho visto così era chiaro: io
dovevo tenere la Juventus, poi sono sempre stato uno che
doveva aver qualcosa da dire". Poi il racconto partì,
erano le due e mezzo del pomeriggio forse le tre, beh,
amici, il discorso finì dopo cena perché forse c’era una
partita, e io quasi non proferì verbo. Praticamente
citava tutte le formazioni complete di miglior giocatore
e idolo dell’epoca e successivo rimpiazzo, per citare
tutto e tutti… Beh, direi, estenuante !!! Anche se
adesso lo ricordo con affetto".
ROBERTO V: Gent.mo Sig. Alberto,
lei ritiene, oltre ad essere il figlio di uno dei più
grandi cantautori della storia della musica italiana e
non, di essere anche il figlio di uno dei più grandi
tifosi della Juventus ? Personalmente ricordo tanti
episodi letti ed ascoltati che legano il Maestro alla
nostra magica squadra, ma vorrei che Lei ci raccontasse
qualche aneddoto ancora sconosciuto ! Con grande stima.
ALBERTO BERTOLI: "Ciao Roberto.
Sicuramente e non lo dico perché sono suo figlio, era il
più grande tifoso che abbia mai conosciuto, ti racconto
un aneddoto divertente: proprio di fianco al librone
c’era una sua agenda, al suo interno c’erano scritti
nomi e cognomi delle ultime tre formazioni, altezza,
peso, data di nascita, squadra di provenienza, anni
giocati nella Juve, gol fatti, premi vinti… Un elenco
interminabile, da vero maniaco. Io credo che
un’ossessione del genere si possa vedere raramente.
Anche le formazioni scriveva, e poi bestemmiava
l’allenatore se non era d’accordo e gli diceva di andare
al Milan. In una partita, ricordo come fosse ieri, c’era
uno dei più grandi allenatori che ci sia mai stato nella
Juve, non sta bene dire il nome, ma ve lo farò intuire:
vecchia guardia, amante del catenaccio, che non si
capisce niente quando parla; beh ricordo eravamo davanti
alla TV e vincevamo 1 - 0, ma la tattica del suddetto
era "facciamo un goal poi tutti in difesa che abbiamo
vinto", cosa che mio padre non ha mai sopportato (e
infatti amava Lippi con tutto il cuore). L’altra squadra
era all’assalto e ci rifilò un paio di goal nel giro di
pochi minuti, al ché mio padre sdraiato sul suo letto si
tirò su urlando "ecco vecchio stronzo ce l’hai fatta a
farci perdere, te l‘ho già detto fai le valige e vai al
Milan", come se potesse sentire… Ahahahaha…
DOMENICO LAUDADIO: Quale vittoria
della Juve ha vissuto con più gioia e quale sconfitta l'ha amareggiato profondamente ?
ALBERTO BERTOLI:
"Sinceramente
penso non facesse molta differenza, ma l’anno in cui
tornò a vincere uno scudetto dopo anni di digiuno, penso
fosse il 94 (NdR: Campionato Italiano 1994-95), mi
ricordo che mi disse andiamo in giardino poi sorridendo
stette a sentire tutto il casino dei festeggiamenti. Le
partite perse in coppa dei campioni soprattutto nelle
finali o semifinali lo facevano incazzare di brutto.
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DOMENICO LAUDADIO: Qual è il
calciatore della Juventus che ha amato di più ? E nel
calcio in generale ?
ALBERTO BERTOLI: "Direi che
principalmente gli amori verso i calciatori fossero
amori legati al calcio in generale, ma soprattutto
legati alla Juve e al momento che viveva. Sivori e
Charles li nominava sempre, Tardelli, Zoff… Ma quello
che ricordo io contemporaneo che amò sicuramente di più
era Alex Del Piero, anche quando giocava male, era
ingiustificabile, una buona parola per lui c’era
sempre".
DOMENICO LAUDADIO: A quale delle
formazioni della Juventus era più legato ed a quale
allenatore o Presidente ?
Sicuramente quella con Sivori e
Charles ne parlava sempre, ma anche qua dipendeva molto
dal momento vissuto: le formazioni di Lippi lui diceva
che erano le più forti e poi argomentava anche
tecnicamente".
DOMENICO LAUDADIO: Come esultava
solitamente ad un nostro goal ?
ALBERTO BERTOLI: "Non era uno di
quelli che urlava, prima del goal magari diceva "DAI DAI
DAI" ma non aveva simpatia per chi era esagerava,
ricordo che gli piaceva molto il modo di Trezeguet.
DOMENICO LAUDADIO: Ricordi qualcosa
della genesi di "Juvecentus" ?
ALBERTO BERTOLI: "Ricordo che
eravamo allo stadio invitati da Romi Gai, e fu lui a
dirgli "Perché non facciamo un cd per il centenario
della Juventus", e mio padre subito "certo". Appena
arrivò a casa chiamo Marco Dieci (suo collaboratore da
sempre) e disse ce l‘hai un inno ? Dobbiamo scriverlo
per la Juventus", a ripensarci mi vengono i brividi".
DOMENICO LAUDADIO: Molti di noi lo
ritengono senza voler far dispetto all'amico Paolo
Belli, il vero inno della Juventus. Cosa ne pensi, da
musicista ?
ALBERTO BERTOLI: "Beh, anche da
musicista non ci sono dubbi: quello di mio padre sembra
un inno nazionale, di quelli che si chiama il cantante
famoso a cantarla, perché o che hai una gran voce o ti
tocca stare fermo. Senza nulla togliere a Paolo che è
simpaticissimo e bravissimo c’è differenza di
importanza: quando lo senti ti viene da metterti una
mano sul cuore".
DOMENICO LAUDADIO: Eri con lui quel
pomeriggio della festa per il centenario al Delle Alpi
quando la cantò per la prima volta davanti ai suoi e
nostri tifosi ? Credo fosse molto felice ed emozionato.
Che ti ricordi di quella giornata e come la ricordava,
invece, papà ?
ALBERTO BERTOLI: "Certo e mi
piacerebbe avere quelle immagini, di un omone che nella
maglia di Ferrara, che aveva voluto a tutti i costi che
si mettesse ad ogni costo, vedeva di aver contribuito
alla storia del calcio italiano era veramente fiero ed
emozionato, poche volte l'ho visto emozionato così, era
difficile che si lasciasse prendere. Ma dopo il suo
racconto era: "Oh, Ciro non mi ha permesso di scendere
in campo se non mi fossi messo la sua maglia" come un
bambino.
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DOMENICO LAUDADIO: "A muso
duro", uno dei capolavori di Pierangelo. Credi ci possa
essere un legame tra lo spirito di questa canzone e
l'atteggiamento in campo della Juventus nella sua storia
calcistica ?
ALBERTO BERTOLI: "Ma non so, quella
è una canzone molto personale, però il nesso c’è:
davanti a tutto quello che la gente può dire di te, di
come dovresti essere, tu vai avanti e non lasciarti
intimidire, vivi veramente, gioca veramente ed il resto
sono tutte chiacchiere, finisci anche in serie B, ma
continua ad essere te stessa e alla fine il coro si
alzerà".
DOMENICO LAUDADIO: Tuo padre
politicamente era molto attivo nella musica. Tra i
cantautori italiani famosi lo reputo uno dei pochi non
mercenari ed apertamente schierati. Un esempio di
civiltà del pensiero. Una lezione anche di umanità. Ti
farò una domanda scomoda che potrei avergli fatto di
persona, se l'avessi conosciuto, magari sorseggiando
insieme a lui un buon bicchiere di vino. Non pensi fosse
una contraddizione tifare proprio per la squadra della
famiglia Agnelli, il "padrone" dell'Italia degli anni
contemporanei alla sua importante crescita artistica ?
ALBERTO BERTOLI: "Intanto mi viene
da sorridere, avresti dovuto scrivere davanti a 6 piatti
di tortellini: non amava l’alcool, ma mangiare sì. Come
ho già detto in precedenza si incomincia a tifare una
squadra per motivi futili, poi ci si lega per affetto,
non per chi la dirige. Agnelli è stato un grande
industriale e diciamo monopolizzatore, ma per gli operai
ha sempre avuto un occhio di riguardo, e quello che
interessava a mio padre era che gli ultimi fossero
rispettati. Non ha gran senso avvicinare la squadra ad
un credo politico riferendosi ad un luogo comune: se sei
di sinistra chi tieni ? Sono tutti milionari, però vedi,
l’orientamento politico di Agnelli era verso sinistra,
forse anche questi due grossi raggruppamenti, sinistra
povera e anelante la libertà e destra ricca incatenante,
sono modelli sociali obsoleti.
DOMENICO LAUDADIO: Come pensi
avrebbe vissuto da Juventino "Calciopoli", papà ?
ALBERTO BERTOLI: "Penso che sia la
prima volta che dico che sono contento che sia morto
prima. Ci sarebbe stato molto male e sarebbe stato
ferito nella sua ossessione. Penso però che dopo un po’
avrebbe detto che ci si deve rialzare e migliorare
quello che di sbagliato c’è stato e c’è e sarebbe
tornato lo stesso tifoso di prima.
DOMENICO LAUDADIO: Qual è, invece,
il tuo rapporto con il calcio e la Juventus, Alberto ?
ALBERTO BERTOLI: "Fin quando mio
padre era in vita seguivo molto il calcio, ora molto
meno, ho molti impegni e i pochi spazi che mi rimangono
cerco di sfruttarli per riposarmi, però da lontano la
seguo ancora e vedere ancora Alex non più ragazzino
scorrazzare per i campi sotto gli occhi increduli di
tutti mi fa un grosso piacere".
DOMENICO LAUDADIO: Uscendo dal
percorso strettamente calcistico, puoi riassumere in
qualche concetto l'educazione ricevuta da tuo padre ?
Quali i fondamenti secondo te ? C'era una frase
emblematica che ti ripeteva spesso ?
ALBERTO BERTOLI: "Educazione alla
libertà penso che sia il termine che spieghi meglio
quello che lui e mia madre hanno cercato di insegnarci,
il rispetto per sé stessi e per gli altri. Una frase che
ripeteva spesso non era sua: "La tua libertà finisce
dove inizia la mia". Penso di essere stato molto
fortunato ad avere una famiglia del genere, unita
dall’amore e dal rispetto.
DOMENICO LAUDADIO: Esiste una
Fondazione Bertoli ?
ALBERTO BERTOLI: "Il sito www.bertolifansclub.org insieme alla famiglia sta
creando giusto in questi giorni una onlus che si
occuperà in prima istanza di divulgare le opere di mio
padre, poi successivamente di raccogliere anche fondi a
scopi benefici. Di questo andiamo particolarmente fieri
ed è una delle domande a cui ho risposto con maggior
entusiasmo".
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STEFANO: Caro Alberto, cosa si
prova a vedere che l'Italia d'oro descritta da papà non
è cambiata di una virgola nonostante la sua denuncia ed
anzi sta peggiorando sempre più ? Un abbraccio grande da
chi ha stimato tantissimo in vita tuo papà. A presto.
ALBERTO BERTOLI: "Ciao Stefano. Ma
in verità quello che si dice nella canzone era un
dipinto di attualità: il nostro paese è messo male da
tempo e noi possiamo ribellarci, ma dobbiamo farlo con
le urla grosse altrimenti qui non ci ascolta nessuno.
Ricordo quando ero piccolo mio padre diceva spesso che
se non fosse cambiato niente o fosse veramente diventato
uno schifo sarei dovuto emigrare in Australia… Ma cosa
vuoi mai a me piace stare qui".
PAOLO: La mia domanda in realtà è
solo una curiosità "folkoristica". Come nasce la
collaborazione con i Tazenda ? Il tuo papà amava la
Sardegna ? Un saluto ad Alberto figlio di un grandissimo
uomo che ha affrontato la vita a muso duro.
ALBERTO BERTOLI:
"Ciao Paolo. La
canzone nacque per puro caso: Mario Ragni direttore
della Ricordi del tempo, decise di comune accordo con
mio padre di andare a San Remo per un rilancio
artistico. In quel periodo Andrea Parodi andava spesso
nel suo studio e lui gli disse: "Sento non è che hai un
pezzo per Pierangelo ?" E lui, "certo". Dopo tre giorni
erano in sala di incisione, dopo che mio padre aveva
ricevuto il pezzo, scritto il testo, cambiata una parte
di musica e rispedito a tempo di record.
DOMENICO LAUDADIO: Se ti va, caro
Alberto, puoi raccontarci qualcosa di te. Cosa fai e
cosa sogni di fare "da grande"...
ALBERTO BERTOLI: "Questa è la
copertina del mio Singolo in uscita tra poco spero che
lo sentiate e che richiediate il pezzo per radio, almeno
ho una possibilità di fare quello che ho sempre sognato
di fare. Qui potete sentirlo in streaming: http://www.deezer.com/it/music/alberto-bertoli/le-cose-cambiano-427846
Ora faccio di mestiere oltre al cantante e insegnante di
canto, il logopedista in una scuola speciale di Mantova
per bambini disabili fateci un giro: www.casadelsole.org
DOMENICO LAUDADIO: Quanto pesa il
nome di un artista di questa grandezza morale per un
figlio che intraprende una carriera musicale ?
ALBERTO BERTOLI: "Inutile fare
finta di niente pesa a volte anche tanto, ma ha i suoi
lati positivi: la gente ti apre la porta più volentieri,
anche se dopo non vede l’ora di sbolognarti perché in
Italia i figli d’arte non li vuole nessuno. Una volta mi
hanno anche proposto di prendere un nome d'arte,
ovviamente ho rifiutato: sono fiero del cognome che
porto e non sono intenzionato a mascherare la mia
provenienza.
DOMENICO LAUDADIO: "Eppure Soffia".
Credo che queste parole racchiudano la speranza di
trovare ancora un senso, ogni mattina, al fatto di
alzarci, di dare un bacio ai nostri bambini e di andare
a lavorare. È quasi un messaggio laico di provvidenza
della vita che rifiorisce nonostante l'immondizia degli
uomini. Ed è anche il nostro commiato da te. Buona vita,
Alberto Bertoli. Grazie infinite del privilegio che ci
hai concesso, da parte mia e da tutto lo staff del forum
Vecchiasignora.com. Ti invitiamo ufficialmente a farci
visita e magari ad iscriverti. Il forum è grande e vario
per argomenti. Sarebbe bello condividere con te non
soltanto la Juve, ma anche la tua musica, nel nome di
papà. La sua musica è uno scrigno prezioso nel quale
trovare tesori di poesia e di coerenza per non
arrendersi a chi vuole decidere dove condurci. Un
abbraccio forte, forte, da tutti noi e per sempre
Pierangelo, resterà uno di noi.
ALBERTO BERTOLI: "Grazie a tutti
voi, un abbraccio fraterno, a presto e "Sotto a chi
tocca" mi raccomando !!!".
Fonte: Vecchiasignora.com
© 13 novembre 2009
Fotografie:
Alberto Bertoli ©
Ladige.it ©
Ragusatg.it
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Albertobertoli.it
Icone: Shutterstock.com
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Pngegg.com
© Gianni Valle
©
(NdR: Intervista in esclusiva
concessa amichevolmente da Alberto Bertoli a Saladellamemoriaheysel.it e Vecchiasignora.com. Chiunque
voglia utilizzarne contenuti è pregato di citarne
cortesemente la fonte e di avvisare mediante mail
indirizzata a postmaster@saladellamemoriaheysel.it)
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"Io sono juventino, lo sanno tutti..."
Pierangelo Bertoli
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