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Figlio
di
Pierangelo Bertoli
(Cantautore
Italiano, Autore dell'inno "Juvecentus")
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Intervista
esclusiva ad Alberto Bertoli, artista figlio di
un grandissimo artista
Di padre in figlio
A cura di Domenico Laudadio
Alberto carissimo, è un onore per me, ma
anche per l'intero forum di
vecchiasignora.com
parlare proprio con te di tuo padre. È capitato
alla maggior parte di noi, soprattutto a quelli
nati tra gli anni '60 e '70, di emozionarsi
ascoltando la musica e la poesia dei testi di
Pierangelo, ricca di "parole di rabbia", ma allo
stesso tempo di "pensieri d'amore". Non lo
dimenticheremo mai. Questa intervista, grazie
alla tua autorizzazione, verrà pubblicata in
esclusiva sul nostro forum e nel mio sito
www.saladellamemoriaheysel.it protetta da una
licenza creative commons. Comunque, se vorrai,
potrai cederla o pubblicarla anche tu
liberamente su altri siti internet e blog che
riguardino te o tuo padre. Ti propongo, ora, le
domande e le curiosità mie e di alcuni utenti
del forum vecchiasignora.com alle quali puoi
rispondere con la massima sincerità ed occupando
tutto lo spazio che vorrai.
PINO 1897: Vorrei chiedergli cosa suo
padre gli raccontava della Juve, quando lui era
piccolo, ed attraverso lui inviare un affettuoso
pensiero al Grande Pierangelo, che tantissime
volte ho ascoltato con ammirazione e commozione.
Un grazie infinito per l'inno. Ti ha mai
raccontato come mai ha scelto di tifare proprio
per la Vecchia Signora, la squadra più amata e
più odiata del calcio italiano ?
ALBERTO BERTOLI: "Innanzi tutto ciao a tutto il
mondo juventino… E grazie di essere ancora
qui !!! Vorrei ringraziare di cuore il webmaster
e tutti quelli che hanno partecipato a questa
intervista con domande e curiosità, parlare di
mio padre per me è molto bello e molte volte
divertente. Allora iniziamo: Ciao Pino. Ricordo
che mio padre teneva un libro con tutta la
storia della Juventus dall'esordio fino al 1987
e questo libro riposava perennemente sulla sua
scrivania. A volte non era nel suo studio e
allora io mi sedevo sulla sua poltrona facendo
finta di fare lui. Giocavo con le penne,
scrivevo roba indecente, fino a quando un giorno
aprii il fatidico libro !!! Incuriosito da non
ricordo più cosa, ma penso fosse la storia del
magico Toro e del maledetto volo, chiesi a mio
padre come era successo che avesse incominciato
a tenere la "vecia goba". Fu penso l’errore più
grosso della mia vita: incominciò a dirmi che da
bambini non si sa mai cosa tenere e che lui non
avendo un padre (morì quando Pierangelo aveva
solo 12 anni, non aveva neanche modo di trovare
un confronto per farsi un’idea. Un giorno beccò
sua sorella più piccola che scriveva con il
gesso sul muro W TORO, perché era innamorata di
un calciatore, e mi disse "insomma quando ho
visto così era chiaro: io dovevo tenere la
Juventus, poi sono sempre stato uno che doveva
aver qualcosa da dire". Poi il racconto partì,
erano le due e mezzo del pomeriggio forse le
tre, beh, amici, il discorso finì dopo cena
perché forse c’era una partita, e io quasi non
proferì verbo. Praticamente citava tutte le
formazioni complete di miglior giocatore e idolo
dell’epoca e successivo rimpiazzo, per citare
tutto e tutti… Beh, direi, estenuante !!! Anche
se adesso lo ricordo con affetto".
ROBERTO V: Gent.mo Sig. Alberto, lei
ritiene, oltre ad essere il figlio di uno dei
più grandi cantautori della storia della musica
italiana e non, di essere anche il figlio di uno
dei più grandi tifosi della Juventus ?
Personalmente ricordo tanti episodi letti ed
ascoltati che legano il Maestro alla nostra
magica squadra, ma vorrei che Lei ci raccontasse
qualche aneddoto ancora sconosciuto ! Con grande
stima.
ALBERTO BERTOLI: "Ciao Roberto. Sicuramente e
non lo dico perché sono suo figlio, era il più
grande tifoso che abbia mai conosciuto, ti
racconto un aneddoto divertente: proprio di
fianco al librone c’era una sua agenda, al suo
interno c’erano scritti nomi e cognomi delle
ultime tre formazioni, altezza, peso, data di
nascita, squadra di provenienza, anni giocati
nella Juve, gol fatti, premi vinti… Un elenco
interminabile, da vero maniaco. Io credo che
un’ossessione del genere si possa vedere
raramente. Anche le formazioni scriveva, e poi
bestemmiava l’allenatore se non era d’accordo e
gli diceva di andare al Milan. In una partita,
ricordo come fosse ieri, c’era uno dei più
grandi allenatori che ci sia mai stato nella
Juve, non sta bene dire il nome, ma ve lo farò
intuire: vecchia guardia, amante del catenaccio,
che non si capisce niente quando parla; beh
ricordo eravamo davanti alla TV e vincevamo 1 -
0, ma la tattica del suddetto era "facciamo un
goal poi tutti in difesa che abbiamo vinto",
cosa che mio padre non ha mai sopportato (e
infatti amava Lippi con tutto il cuore). L’altra
squadra era all’assalto e ci rifilò un paio di
goal nel giro di pochi minuti, al ché mio padre
sdraiato sul suo letto si tirò su urlando "ecco
vecchio stronzo ce l’hai fatta a farci perdere,
te l‘ho già detto fai le valige e vai al Milan",
come se potesse sentire… Ahahahaha…
DOMENICO LAUDADIO: Quale vittoria della
Juve ha vissuto con più gioia e quale sconfitta
lo ha amareggiato profondamente ?
ALBERTO BERTOLI: "Sinceramente penso non facesse
molta differenza, ma l’anno in cui tornò a
vincere uno scudetto dopo anni di digiuno, penso
fosse il 94 (NDR: Campionato Italiano 1994-95),
mi ricordo che mi disse andiamo in giardino poi
sorridendo stette a sentire tutto il casino dei
festeggiamenti. Le partite perse in coppa dei
campioni soprattutto nelle finali o semifinali
lo facevano incazzare di brutto.
DOMENICO LAUDADIO: Qual è il calciatore
della Juventus che ha amato di più ? E nel
calcio in generale ?
ALBERTO BERTOLI: "Direi che principalmente gli
amori verso i calciatori fossero amori legati al
calcio in generale, ma soprattutto legati alla
Juve e al momento che viveva. Sivori e Charles
li nominava sempre, Tardelli, Zoff… Ma quello
che ricordo io contemporaneo che amò sicuramente
di più era Alex Del Piero, anche quando giocava
male, era ingiustificabile, una buona parola per
lui c’era sempre".
DOMENICO LAUDADIO: A quale delle
formazioni della Juventus era più legato ed a
quale allenatore o Presidente ?
Sicuramente quella con Sivori e Charles ne
parlava sempre, ma anche qua dipendeva molto dal
momento vissuto: le formazioni di Lippi lui
diceva che erano le più forti e poi argomentava
anche tecnicamente".
DOMENICO LAUDADIO: Come esultava
solitamente ad un nostro goal ?
ALBERTO BERTOLI: "Non era uno di quelli che
urlava, prima del goal magari diceva "DAI DAI
DAI" ma non aveva simpatia per chi era
esagerava, ricordo che gli piaceva molto il modo
di Trezeguet.
DOMENICO LAUDADIO: Ricordi qualcosa
della genesi di "Juvecentus" ?
ALBERTO BERTOLI: "Ricordo che eravamo allo
stadio invitati da Romi Gai, e fu lui a dirgli
"Perché non facciamo un cd per il centenario
della Juventus", e mio padre subito "certo".
Appena arrivò a casa chiamo Marco Dieci (suo
collaboratore da sempre) e disse ce l‘hai un
inno ? Dobbiamo scriverlo per la Juventus", a
ripensarci mi vengono i brividi".
DOMENICO LAUDADIO: Molti di noi lo
ritengono senza voler far dispetto all'amico
Paolo Belli, il vero inno della Juventus. Cosa
ne pensi, da musicista ?
ALBERTO BERTOLI: "Beh, anche da musicista non ci
sono dubbi: quello di mio padre sembra un inno
nazionale, di quelli che si chiama il cantante
famoso a cantarla, perché o che hai una gran
voce o ti tocca stare fermo. Senza nulla
togliere a Paolo che è simpaticissimo e
bravissimo c’è differenza di importanza: quando
lo senti ti viene da metterti una mano sul
cuore".
DOMENICO LAUDADIO: Eri con lui quel
pomeriggio della festa per il centenario al
Delle Alpi quando la cantò per la prima volta
davanti ai suoi e nostri tifosi ? Credo fosse
molto felice ed emozionato. Che ti ricordi di
quella giornata e come la ricordava, invece,
papà ?
ALBERTO BERTOLI: "Certo e mi piacerebbe avere
quelle immagini, di un omone che nella maglia di
Ferrara, che aveva voluto a tutti i costi che si
mettesse ad ogni costo, vedeva di aver
contribuito alla storia del calcio italiano era
veramente fiero ed emozionato, poche volte l'ho
visto emozionato così, era difficile che si
lasciasse prendere. Ma dopo il suo racconto era:
"Oh, Ciro non mi ha permesso di scendere in
campo se non mi fossi messo la sua maglia" come
un bambino.
DOMENICO LAUDADIO: "A muso duro", uno
dei capolavori di Pierangelo. Credi ci possa
essere un legame tra lo spirito di questa
canzone e l'atteggiamento in campo della
Juventus nella sua storia calcistica ?
ALBERTO BERTOLI: "Ma non so, quella è una
canzone molto personale, però il nesso c’è:
davanti a tutto quello che la gente può dire di
te, di come dovresti essere, tu vai avanti e non
lasciarti intimidire, vivi veramente, gioca
veramente ed il resto sono tutte chiacchiere,
finisci anche in serie B, ma continua ad essere
te stessa e alla fine il coro si alzerà".
DOMENICO LAUDADIO: Tuo padre
politicamente era molto attivo nella musica. Tra
i cantautori italiani famosi lo reputo uno dei
pochi non mercenari ed apertamente schierati. Un
esempio di civiltà del pensiero. Una lezione
anche di umanità. Ti farò una domanda scomoda
che potrei avergli fatto di persona, se l'avessi
conosciuto, magari sorseggiando insieme a lui un
buon bicchiere di vino. Non pensi fosse una
contraddizione tifare proprio per la squadra
della famiglia Agnelli, il "padrone" dell'Italia
degli anni contemporanei alla sua importante
crescita artistica ?
ALBERTO BERTOLI: "Intanto mi viene da sorridere,
avresti dovuto scrivere davanti a 6 piatti di
tortellini: non amava l’alcool, ma mangiare sì.
Come ho già detto in precedenza si incomincia a
tifare una squadra per motivi futili, poi ci si
lega per affetto, non per chi la dirige. Agnelli
è stato un grande industriale e diciamo
monopolizzatore, ma per gli operai ha sempre
avuto un occhio di riguardo, e quello che
interessava a mio padre era che gli ultimi
fossero rispettati. Non ha gran senso avvicinare
la squadra ad un credo politico riferendosi ad
un luogo comune: se sei di sinistra chi tieni ?
Sono tutti milionari, però vedi, l’orientamento
politico di Agnelli era verso sinistra, forse
anche questi due grossi raggruppamenti, sinistra
povera e anelante la libertà e destra ricca
incatenante, sono modelli sociali obsoleti.
DOMENICO LAUDADIO: Come pensi avrebbe
vissuto da Juventino "Calciopoli", papà ?
ALBERTO BERTOLI: "Penso che sia la prima volta
che dico che sono contento che sia morto prima.
Ci sarebbe stato molto male e sarebbe stato
ferito nella sua ossessione. Penso però che dopo
un po’ avrebbe detto che ci si deve rialzare e
migliorare quello che di sbagliato c’è stato e
c’è e sarebbe tornato lo stesso tifoso di prima.
DOMENICO LAUDADIO: Qual è, invece, il
tuo rapporto con il calcio e la Juventus,
Alberto ?
ALBERTO BERTOLI: "Fin quando mio padre era in
vita seguivo molto il calcio, ora molto meno, ho
molti impegni e i pochi spazi che mi rimangono
cerco di sfruttarli per riposarmi, però da
lontano la seguo ancora e vedere ancora Alex non
più ragazzino scorrazzare per i campi sotto gli
occhi increduli di tutti mi fa un grosso
piacere".
DOMENICO LAUDADIO: Uscendo dal percorso
strettamente calcistico, puoi riassumere in
qualche concetto l'educazione ricevuta da tuo
padre ? Quali i fondamenti secondo te ? C'era
una frase emblematica che ti ripeteva spesso ?
ALBERTO BERTOLI: "Educazione alla libertà penso
che sia il termine che spieghi meglio quello che
lui e mia madre hanno cercato di insegnarci, il
rispetto per sé stessi e per gli altri. Una
frase che ripeteva spesso non era sua: "La tua
libertà finisce dove inizia la mia". Penso di
essere stato molto fortunato ad avere una
famiglia del genere, unita dall’amore e dal
rispetto.
DOMENICO LAUDADIO: Esiste una Fondazione
Bertoli ?
ALBERTO BERTOLI: "Il sito
www.bertolifansclub.org insieme alla famiglia
sta creando giusto in questi giorni una onlus
che si occuperà in prima istanza di divulgare le
opere di mio padre, poi successivamente di
raccogliere anche fondi a scopi benefici. Di
questo andiamo particolarmente fieri ed è una
delle domande a cui ho risposto con maggior
entusiasmo".
STEFANO: Caro Alberto, cosa si prova a
vedere che l'Italia d'oro descritta da papà non
è cambiata di una virgola nonostante la sua
denuncia ed anzi sta peggiorando sempre più ? Un
abbraccio grande da chi ha stimato tantissimo in
vita tuo papà. A presto.
ALBERTO BERTOLI: "Ciao Stefano. Ma in verità
quello che si dice nella canzone era un dipinto
di attualità: il nostro paese è messo male da
tempo e noi possiamo ribellarci, ma dobbiamo
farlo con le urla grosse altrimenti qui non ci
ascolta nessuno. Ricordo quando ero piccolo mio
padre diceva spesso che se non fosse cambiato
niente o fosse veramente diventato uno schifo
sarei dovuto emigrare in Australia… Ma cosa vuoi
mai a me piace stare qui".
PAOLO: La mia domanda in realtà è solo
una curiosità "folkoristica". Come nasce la
collaborazione con i Tazenda ? Il tuo papà amava
la Sardegna ? Un saluto ad Alberto figlio di un
grandissimo uomo che ha affrontato la vita a
muso duro.
ALBERTO BERTOLI: "Ciao Paolo. La canzone nacque
per puro caso: Mario Ragni direttore della
Ricordi del tempo, decise di comune accordo con
mio padre di andare a San Remo per un rilancio
artistico. In quel periodo Andrea Parodi andava
spesso nel suo studio e lui gli disse: "Sento
non è che hai un pezzo per Pierangelo ?" E lui,
"certo". Dopo tre giorni erano in sala di
incisione, dopo che mio padre aveva ricevuto il
pezzo, scritto il testo, cambiata una parte di
musica e rispedito a tempo di record.
DOMENICO LAUDADIO: Se ti va, caro
Alberto, puoi raccontarci qualcosa di te. Cosa
fai e cosa sogni di fare "da grande"...
ALBERTO BERTOLI: "Questa è la copertina del mio
Singolo in uscita tra poco spero che lo sentiate
e che richiediate il pezzo per radio, almeno ho
una possibilità di fare quello che ho sempre
sognato di fare. Qui potete sentirlo in
streaming:
http://www.deezer.com/it/music/alberto-bertoli/le-cose-cambiano-427846
Ora faccio di mestiere oltre al cantante e
insegnante di canto, il logopedista in una
scuola speciale di Mantova per bambini disabili
fateci un giro: www.casadelsole.org
DOMENICO LAUDADIO: Quanto pesa il nome
di un artista di questa grandezza morale per un
figlio che intraprende una carriera musicale ?
ALBERTO BERTOLI: "Inutile fare finta di niente
pesa a volte anche tanto, ma ha i suoi lati
positivi: la gente ti apre la porta più
volentieri, anche se dopo non vede l’ora di
sbolognarti perché in Italia i figli d’arte non
li vuole nessuno. Una volta mi hanno anche
proposto di prendere un nome d'arte, ovviamente
ho rifiutato: sono fiero del cognome che porto e
non sono intenzionato a mascherare la mia
provenienza.
DOMENICO LAUDADIO: "Eppure Soffia".
Credo che queste parole racchiudano la speranza
di trovare ancora un senso, ogni mattina, al
fatto di alzarci, di dare un bacio ai nostri
bambini e di andare a lavorare. È quasi un
messaggio laico di provvidenza della vita che
rifiorisce nonostante l'immondizia degli uomini.
Ed è anche il nostro commiato da te. Buona vita,
Alberto Bertoli. Grazie infinite del privilegio
che ci hai concesso, da parte mia e da tutto lo
staff del forum Vecchiasignora.com. Ti invitiamo
ufficialmente a farci visita e magari ad
iscriverti. Il forum è grande e vario per
argomenti. Sarebbe bello condividere con te non
soltanto la Juve, ma anche la tua musica, nel
nome di papà. La sua musica è uno scrigno
prezioso nel quale trovare tesori di poesia e di
coerenza per non arrendersi a chi vuole decidere
dove condurci. Un abbraccio forte, forte, da
tutti noi e per sempre Pierangelo, resterà uno
di noi.
ALBERTO BERTOLI: "Grazie a
tutti voi, un abbraccio fraterno, a presto e
"Sotto a chi tocca" mi raccomando !!!".
13 novembre 2009
Fonte: Vecchiasignora.com
Fonte Fotografie Alberto Bertoli: Pagina
Facebook Ufficiale - Ladige.it - Albertobertoli.it
Fonte Fotografie Pierangelo Bertoli:
Ragusatg.it
NDR:
Intervista in esclusiva concessa
amichevolmente da Alberto Bertoli a Saladellamemoriaheysel.it e
Vecchiasignora.com. Chiunque voglia utilizzarne
contenuti è pregato di citarne cortesemente
la fonte e di avvisare mediante mail
indirizzata a
postmaster@saladellamemoriaheysel.it |
"Io sono juventino, lo sanno
tutti..." Pierangelo Bertoli
(Sassuolo 5
novembre 1942 - Modena 7 ottobre 2002)
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