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Tifoso
F.C. Juventus
(Nel Settore Z allo Stadio Heysel il 29.05.1985) |
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ESCLUSIVA
Parla un testimone dell’Heysel: "In
quell’inferno la polizia
poi si accanì contro i tifosi Juve
invece di contenere gli inglesi".
Bianconeri Live (Tribuna.com) ha
intervistato in esclusiva Nicola Luigini, tifoso
Juventino di Modena, che ai tempi della tragedia
compiva 26 anni. Di seguito il suo racconto in
prima persona dell’incubo consumatosi in quella
notte di follia.
Cosa ti portava all’Heysel per quella
finale di Champions ?
"C’era una Juve forte, speravamo di vincere la
Champions League. Eravamo andati anche a seguire
le semifinali, ci credevamo…".
Che cosa è successo quel giorno ?
"Già nel pomeriggio del giorno precedente la
finale c’erano stati un po’ di tafferugli, molte
attività erano rimaste chiuse. Il giorno del
match però sembrava tutto tranquillo, i pullman
ci portarono allo stadio, una lunga coda
all’ingresso, ma nulla di che. C’era un settore
per i tifosi italiani, uno per gli inglesi. Poi
si diffuse la voce che i posti in cui si consumò
la tragedia non dovevano essere venduti agli
inglesi. La divisoria era una rete da giardino,
persino un bambino avrebbe potuto tirarla giù.
Appena entrati sulle gradinate ci rendemmo conto
dello stato di fatiscenza in cui versava lo
stadio, una situazione che non poteva essere
considerata normale nemmeno per gli standard di
quegli anni. Il pomeriggio iniziò con una
partitella fra settori giovanili in vista della
grande finale. Già in quelle ore però si
vedevano strani movimenti sul lato della
tifoseria inglese e mancava un vero e proprio
cordone di polizia in quella zona: gli uomini in
divisa che c’erano visibilmente non erano in
numero sufficiente per monitorare la situazione.
Quando accadde l’irreparabile, i tifosi inglesi
si riversarono nella zona in cui sedevano tifosi
misti che cercavano di proteggersi. Si vedevano
corpi cadere… Nel frattempo gli ultras della
Juve a loro volta erano riusciti a varcare le
barriere e a riversarsi in campo in cerca di una
via di fuga. Molti di noi andarono dalla polizia
che stava a presidiare il settore Juve per dire
di andare a dare manforte ai colleghi poliziotti
che non riuscivano a presidiare la situazione
nel settore inglese. In tutta risposta la
polizia caricò i tifosi della Juve. Vidi gente
uscire in barella e a braccia, ma mai avrei
immaginato che ci fossero stati dei morti. Solo
dopo mi resi conti di quanto fosse grave la
situazione".
È stato giusto giocare ugualmente quella
partita ?
"So che molti non saranno d’accordo con quello
che sto per dire, ma io credo di sì. Le persone
all’interno dello stadio non si erano rese conto
della gravità dell’accaduto, e in un certo senso
questo fu un bene. Tenendo conto
dell’inefficienza totale delle misure di
sicurezza, se la gente fosse uscita e avesse
scoperto che c’erano stati dei morti, sarebbe
scoppiata una guerriglia e i morti avrebbero
potuto essere molti di più. Le violenze si erano
estese anche lontano dallo stadio: io e i miei
amici fummo aggrediti dai tifosi inglesi al
rientro in albergo. Erano sotto l’effetto di
alcol, noi riuscimmo a difenderci, ma eravamo
sopraffatti dalla tristezza. Festeggiammo la
vittoria con poca voglia di farlo, solo tempo
dopo ci rendemmo conto che quel rigore non
esisteva e quella giornata, che doveva essere di
festa, non aveva più alcun valore. Non ci
facevano nemmeno più entrare ai ristoranti
perché la gente credeva che la colpa fosse degli
italiani: c’era una confusione generale".
Come fu il rientro ?
"Ci fermammo un giorno in più per aspettare i
feriti dimessi dagli ospedali, in
quell’occasione sentii racconti orrendi da parte
delle vittime rispetto a quello che avevano
subito. Per me nulla fu più lo stesso: non andai
più in trasferta, non seguii più la squadra allo
stesso modo. Avrei molte altre cose da
raccontare, ricordi da condividere che si
confondono nella testa, ma forse può già bastare
questo".
Un grazie di cuore a Nicola Luigini da parte
della redazione per la disponibilità e la
gentilezza dimostrati in occasione
dell’intervista.
31 maggio 2019
Fonte: Tribuna.com
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