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Tifoso
F.C. Juventus
(Nel Settore Z allo Stadio Heysel il 29.05.1985) |
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La strage dell’Heysel ? Una vendetta
premeditata, attuata
contro gli italiani per gli
accoltellamenti di Roma-Liverpool
di Max Cannalire
Intervista a Maurizio Torrioli, nostro
collega che fu testimone oculare della Strage
dello Stadio Heysel di Bruxelles.
L’argomento non è dei più semplici. Maurizio
Torrioli, padre del nostro collega Matteo, ha
vissuto una bruttissima avventura, in occasione
della finale della Coppa dei Campioni, in quel
brutto 1985. Nessuno avrebbe ipotizzato quanto
accaduto.
Eri partito come tanti appassionati per
cercare di vivere una serata sportiva,
indipendentemente dal risultato: quando abbiamo
visto le immagini abbiamo capito la gravità
dell’accaduto e di ciò che stava accadendo. Tu
sei genitore di un nostro collega, ma eri
partito come semplice sportivo. Una gravità
inaudita.
"Hai parlato di Matteo, che aveva 3 anni, quando
sono stato a Bruxelles, e questa è una cosa che
mi ha colpito molto, nel corso di questi 33 anni
che sono passati. Sono molto restio, a parlare
di quella serata, di quella esperienza perché
ancora oggi mi rifiuto di vedere le immagini in
quanto mi sono trovato coinvolto e ho riportato
delle ferite. Mi sono trovato schiacciato non
fortunatamente nella parte bassa della Curva Z,
dove c’erano le reti, ma dalla parte del muro,
che siccome era fatiscente, e crollò fu quella,
la nostra salvezza perché quando il muro crollò
fui catapultato dalla spinta degli altri sulla
pista di atletica, e ho sbattuto la testa, ho
avuto qualche escoriazione ma, tutto sommato, me
la sono cavata bene. I ricordi sono questi,
allucinanti, di una serata che doveva essere una
festa e invece è stata una tragedia".
Quante volte ci hai ripensato, tutti
questi anni ?
"Non sono quasi più andato allo stadio, in tutti
questi anni. Non me la sono sentita, di andare a
vedere le partite. Ho paura anche dei posti
affollati, sono diventato claustrofobico. Ho
anche risentito, da questo punto di vista. Di
quella sera ho dei ricordi non molto nitidi nel
senso che quando caddi vagavo per il campo come
un fantasma, e mi sono ritrovato addirittura
sotto, negli spogliatoi, dove stavano i
calciatori, perché la partita stava per
cominciare. E da solo vagavo per Bruxelles per
cercare di chiamare casa. All’epoca non c’erano
i telefonini e io cercavo un posto per avvisare
i miei familiari. Sono riuscito a salire su
un’ambulanza, poi dal posto di pronto soccorso
chiamai, e tutti erano in apprensione,
tranquillizzando mia moglie, papà, mamma. Anche
se devo dire che Pizzul non drammatizzò molto la
questione, fu molto bravo. La notizia dei 39
morti non fu data nell’immediato, il conteggio
delle vittime".
Che arrivò durante la partita,
effettivamente.
"Riuscii a chiamare, mi feci curare le ferite
che avevo poi firmai e andai via. Ero scalzo,
avevo perso le scarpe, la borsa con tutti i
documenti. Andavo in giro per Bruxelles con
tutti i vestiti strappati, e con i gendarmi che
ci cacciavano via perché pensavano fossimo stati
noi Italiani, a causare tutta quella tragedia".
Come hai fatto, a rientrare ?
Non so come ho ritrovato i miei compagni, sul
pullman che ci aveva portato allo stadio. Mi
sono messo dentro all’automezzo e non ho visto
nemmeno la partita: ho aspettato che finisse la
partita, che rientrassero i miei compagni. In
quattro eravamo rimasti feriti e gli altri
cinque non avevano subìto danni. E da lì ci
hanno riportato in aeroporto e siamo tornati a
casa".
Tu, sempre senza scarpe ?
"Sì, senza scarpe, privo di documenti. Quando
sono arrivato all’aeroporto davo l’immagine di
un disperso, a Ciampino, fu una mattinata
particolare. Con i familiari che arrivarono a
prendermi: tutti, mia moglie, i miei genitori,
quando mi videro rimasero impressionati dallo
stato in cui versavo. Anche se avevo riportato a
casa la pelle, che era già una grande cosa".
Quale spiegazione ti sei dato, negli
anni, cioè come è possibile che Polizia belga e
UEFA abbiano sottovalutato il pericolo che si
conosceva bene, degli hooligans ?
(Maurizio
Torrioli precisa) ..."Poi ti
dirò perché è successa quella carneficina.
Partiamo dall’inizio. Quando siamo arrivati ci
fecero scendere a Ostenda perché a Bruxelles
arrivavano aerei da tutte le parti, perché
arrivano tifosi da ogni dove, soprattutto gli
Juventini, perché per gli Inglesi era più
semplice, attraversando la Manica. Ed erano più
controllabili, da questo punto di vista. Noi
avevamo prenotato con un’agenzia di viaggi, i
nostri biglietti erano delle tribune. Poi ci
comunicarono che avessero, all’arrivo, solo
la
disponibilità della Curva Z, che sono quelli
dove andranno i tifosi neutrali, ci dissero. I
Belgi, sarebbero andati lì. Abbiamo detto "Va
bene, visto che siamo qui cosa facciamo ?
Andiamo a vedere la partita poi riparleremo con
le agenzie che hanno organizzato il viaggio". Quando arrivammo lì ci accorgemmo che fosse una
trappola, perché la curva Z perdeva pezzi, le
strutture erano ammaccate, era inadatto. Noi
Italiani siamo stati perquisiti. Verso le 7 meno
un quarto arrivarono gli hooligans, entrarono
travolgendo tutto, senza controlli, ricordo
nitidamente che parecchi di loro avevano i
sacchi neri, quelli della spazzatura, erano
pieni di birra. Una cosa vergognosa. Abbiamo
cominciato a temere, perché da quella parte
c’eravamo noi, con le famiglie, persone
tranquille, che non avevano nessuna intenzione
di fare la guerra agli hooligans. Verso le 7 e
mezza, erano colmi di birra, ubriachi; hanno
cominciato con le fionde a tirare biglie di
ferro. Corpi contundenti che hanno causato le
ferite ad alcuni. Poi hanno caricato perché
erano abituati a fare la guerra negli stadi.
Noi, da quella parte, anziché rispondere, non
eravamo abituati allo scontro, indietreggiavamo,
per scappare, verso la rete che delimitava il
campo, alcuni, chi, lateralmente, come me,
spinto verso il muro. Che sotto la spinta di
tutti i tifosi venne giù, e dico pure
fortunatamente, è crollato. Era talmente vecchio
che non ha resistito alla spinta della gente.
Sono caduto di sotto, da 3-4 metri sono caduto
giù e mi sono salvato da quell’eccidio, in cui
la gente è morta soffocata lì sotto, incastrata,
perché quelli che spingevano avevano paura degli
hooligans".
Maurizio, a distanza di anni, credi,
come tuo pensiero, che la partita dovesse essere
per forza giocata, in quelle condizioni ?
"Poi dirò una cosa. Quella partita, per me, non
è mai esistita. Credo che la Juventus, per
quanto mi riguarda, non ha mai vinto, quella
coppa. Perché non si può vincere una cosa
sportiva con quasi 40 morti. Io non me la sento.
Non so se la società, se Boniperti, abbiano
fatto bene o male. Non mi interessa. Io, da
sportivo, da tifoso, per me, quella coppa non mi
appartiene. Perché non si vince una coppa in
quella maniera. La cosa che mi ha fatto male è
che dovesse essere una giornata di festa, per
tutti quanti!".
Posso dirti che è stato il punto di non
ritorno della decenza, nel mondo del calcio e
che da lì c’è stato un lentissimo regredire
dell’etica, dei comportamenti, dell’importanza
della salute, dell’essere umano ?
"Sì
perché siamo andati sempre peggiorando. Il
risultato sportivo, sinceramente, non aveva
nessuna importanza. L’unica cosa che contava, e
che purtroppo è rimasta nel tempo, è il dolore
di quei familiari, di quei 39 angeli, che io
chiamo così, che hanno dovuto patire la perdita
di un caro, che era andato a vedere una partita.
E che invece si è ritrovato a tornare in Italia
dentro a una bara, in circostanze drammatiche".
Il pensiero va inevitabilmente a un
amico, un giovane radiocronista, che eri tu,
Maurizio Torrioli, e al tuo delfino, al tuo
successore, al collega Matteo, che è qui, di
fianco a noi, in redazione, Radio Cusano Campus,
e che lavora in altri settori…
"Fortunatamente", dice, sorridendo.
In base a ciò che è successo all’Heysel,
ti è mai venuta la tentazione, che sarebbe stata
umana, di sconsigliarlo, di fare il
radiocronista sportivo ?
"Guarda, io non l’ho indirizzato, Matteo: ha
fatto tutto da solo. È rimasto tifoso del
Monterotondo poi fortunatamente negli ultimi
anni fa cose diverse, che non riguardano il
mondo del Calcio. Ne sono molto contento anche
se a livello di Calcio dilettantistico, scrive
di Calcio; ma non è che quella esperienza mi
potesse suggerire di dirgli di non farle. Non me
la sono sentita perché era pure bravo, e
appassionato, già da quando era sedicenne".
(Maurizio
Torrioli conclude con una decisa precisazione)
..."Voglio dire una cosa, che è
passata sempre inosservata. La Strage di
Bruxelles, che io chiamo così, era premeditata.
Gli hooligans sono venuti lì per uccidere gli
Italiani. E lo dico con grande serenità, sono
certo, di questo. Perché non attaccavano gli
Juventini ma la caccia era agli Italiani. Dopo
ho scoperto, in un video su YouTube, perché
vollero vendicare gli accoltellamenti della
finale Roma-Liverpool. Questa è la verità che io
so, che nessuno dice, e contro la quale nessuno
mi convincerà del contrario. Altrimenti non si
spiega tutta quella ferocia nei confronti di
gente che era andata lì non per fare la guerra.
Avrei capito uno scontro tra ultrà, che sono
abituati. Hanno attaccato le famiglie, in modo
vigliacco. È stata una vendetta premeditata".
4 giugno 2018
Fonte: Tag24.it
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