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Calciatore
F.C.
Juventus
(In
campo allo Stadio Heysel il
29.05.1985) |
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Arriva il
Liverpool: Prandelli ricorda la tragedia
dell'Heysel
"Quella notte
la lezione più atroce, il calcio impari a
fermarsi"
di Benedetto
Ferrara
Prandelli, il
Liverpool e la memoria "Fate vedere l'Heysel
nelle scuole"
Cesare Prandelli ha il
Liverpool davanti agli occhi. Quella di domani,
per lui e per Firenze, sarà una notte di calcio
a cinque stelle in Champions League. Un grammo
di emozione, tre di tensione e poi una storia da
raccontare, anche se parla dell´altro secolo,
anche se la Fiorentina non c´entra e sembra
tutto così lontano. "Ma non è così. Perché
quella è una lezione da imparare a memoria.
Perché non deve più accadere. Ecco perché ne
voglio parlare". 29 maggio 1985: Bruxelles,
stadio dell´Heysel, Juventus-Liverpool, finale
di Coppa dei Campioni, 39 morti prima di una
partita senza senso che le due squadre
giocheranno lo stesso. Una tragedia. E paura,
ansia, dolore, polemiche, strane esultanze,
versioni non sempre concordi su ciò che accadde
prima, durante e dopo.
Prandelli, cosa
ricorda di quel giorno ?
"Tutto. Sono immagini
limpide. Impossibili da cancellare".
Ci porti dentro
quello spogliatoio.
"Manca un bel po’ al
via. Siamo concentrati. Quella Coppa è
importantissima. E´ ciò che manca alla Juve. C´è
silenzio".
E poi.
"Poi arriva Boniperti.
E´ sconvolto. Urla. Grida che non si gioca,
parla di morti, è fuori di sé. Noi non capiamo
cosa stia accadendo. Boniperti va via chiamato
dai dirigenti Uefa. Arriva il suo autista, uno
piccoletto, ci dice di aver visto dei cadaveri
sotto lenzuoli bianchi davanti allo stadio".
Voi non vi
eravate accorti di niente ?
"Dalla porta che dal
corridoio dello spogliatoio dava sul campo
vedevamo solo un pezzo di quella curva
maledetta. Avevo visto ondeggiare i tifosi del
Liverpool. Ma da lì non vedevo altro. Dopo si è
scatenato l´inferno: abbiamo visto la gente sul
terreno di gioco e quindi centinaia di persone
che scappavano terrorizzate passando davanti al
nostro spogliatoio, l´unica via di fuga.
Bambini, uomini, donne: urlavano "ci hanno
massacrati", parlavano di morti, volevano
trovare una via d´uscita".
E cosa avete
pensato ?
"C´era confusione.
Panico. Non si capiva bene. Poi arrivò qualcuno
a dirci che dovevamo andare in campo e giocare
per motivi di sicurezza. Era un ordine".
Non vi siete
opposti ?
"Nessuno di noi pensava
a giocare. Mi ricordo un silenzio surreale.
Occhi bassi. Io nel frattempo ero stato
incaricato di dire a tutti i nostri familiari
presenti di tornare assolutamente in albergo.
Giocammo quel primo tempo con la testa altrove.
Eravamo convinti di recitare una parte per
evitare ulteriori tragedie".
Poi però avete
giocato fino alla fine.
"Nell´intervallo il
delegato Uefa entrò nello spogliatoio e ci disse
con tono duro che quella finale non sarebbe
stata più rigiocata. Il messaggio era chiaro".
E poi quel gol
di Platini, la coppa vinta, l´esultanza.
"Io posso dire che
giocai sei minuti nel finale. Giocai e provai a
non pensare. L´istinto di un calciatore. Oggi se
ripasso con la mente quelle immagini sento solo
dolore e rabbia per la follia umana, per la
stupidità, per ciò si poteva e doveva evitare.
Non penso a quella Coppa, penso solo ai morti,
alle loro famiglie, alla tragedia".
Però si parlò
molto dei vostri festeggiamenti a fine partita.
"C´era uno stadio
blindato e una possibile caccia all´uomo. Ci
dissero: andate sotto la curva e tenete occupati
i vostri tifosi, qui può accadere di tutto.
Quando la sera in albergo abbiamo rivisto le
immagini nella stanza di Tardelli, siamo
sbiancati in faccia e abbiamo smesso di parlare
per un bel po’".
Poi siete
tornati tra le polemiche.
"Sì. C´è anche chi ha
detto e scritto che ci siamo tenuti il premio
per quella Coppa. Una falsità, una cattiveria
inutile, abbiamo devoluto tutto alle famiglie
delle vittime".
Prandelli, è
mai tornato in quello stadio ?
"Una volta col Parma.
Quando sono sceso negli spogliatoi ho sentito un
vuoto nello stomaco. Una specie di nausea. Come
quando mi capita di vedere una curva che
ondeggia. Ho paura. Sempre paura che accada
qualcosa".
Anche per
questo la storia di ciò che accadde in quello
stadio il 29 maggio del 1985 è sempre bene non
dimenticarla.
"I filmati dell´Heysel
andrebbero fatti vedere ai ragazzini nelle
scuole, insieme ai gesti tecnici dei grandi
campioni. Ecco le due facce del calcio: quale
dobbiamo scegliere secondo voi ? Perché una
scelta va fatta, una volta per tutte. Qui a
Firenze stiamo togliendo le barriere. A Udine
già si sono mossi. Servono coraggio e
decisione".
Poi però capita
che gli ultras lanciano bombe carta e in molti
stadi fischiano i giocatori di colore.
"Quando sento certi
cori provo imbarazzo a essere lì. Vorrei che un
giorno, dopo un coro razzista o comunque
offensivo, i giocatori smettessero di giocare e
la partita finisse lì. Non possiamo svegliarci
solo quando muore qualcuno. Altrimenti
diventiamo tutti complici. Piangere dopo non
serve a nessuno. Piangere dopo non cambia
niente. Ma non è così. Perché quella è una
lezione da imparare a memoria. Perché non deve
più accadere. Ecco perché ne voglio parlare".
28 settembre
2009
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