Mauro e l'Heysel
Tratto dal libro di Mauro Papa "Se Dio non
esiste" (Storie e riflessioni sul dramma dell'amianto a
Monfalcone) il brano che riguarda la memoria infantile
dell'autore sulla strage dello Stadio "Heysel" di
Bruxelles nel 1985.
Il
sabato pomeriggio d'estate spesso andavo con i miei
genitori in campagna a casa di Adelchi, il fratello di
un grande centrocampista dal piede educato, e non solo.
Il profumo della griglia, le partite di calcio con i
fratelli della mia amica del cuore, l'anguria gigante
messa inutilmente per ore sotto il rubinetto della vasca
da bagno a raffreddarsi. E arrivava la sera. Il canto
delle cicale risuonava ovunque, respiravo felicità fino
ad inebriarmi di emozione. La mia angoscia in quegli
anni era rivolta alla difficile risalita della mia
squadra dopo la fine dell'epopea bonipertiana, e le
discussioni a tavola vertevano sulle difficoltà di
competere con i nuovi ricchi del calcio. La mia passione
era talmente atavica e profonda che, dopo molte
insistenze, costrinsi papà a portarmi a vedere la mia
Juventus allo stadio, a poca distanza da casa. I giorni
precedenti ebbi un febbrone da zebra, e la tensione mi
consumava a tal punto che cercai di simulare ora dopo
ora una repentina guarigione, con i miei che, pur un po’
preoccupati, mi assecondarono. "Ti vidi la prima volta
dei colori della Tua città vestita, nel giallo e blu di
un novembre in cui più di cent' anni fa sei nata.
Elegante, irraggiungibile e indomita, come uscita da un
sogno in bianco e nero. Emozione eterna per quei colori,
oggi come allora, da quella Panchina al Mondo intero,
che ti guarda, spesso con invidia, perché vorrebbe
essere come Te, mia Vecchia Signora".
Ben presto capii che anche quel mondo era bacato, perché
appena entrato allo stadio e sedutomi al mio posto, con
il cuore palpitante ed in preda alla trepidazione, non
potei non notare uno striscione enorme che capeggiava il
settore dei tifosi di casa con su scritto "29.5.1985:
Grazie Liverpool". Mi porto ancora nella mente ben
impresse quelle parole e quell'immagine, nonostante mio
padre, vedendomi scosso, cercò di liquidare da subito la
questione evidenziandomi la pochezza degli autori di
quel gesto. Non ci riuscì affatto. Nonostante fossi
molto giovane, ciò che era accaduto nel Settore Z quella
notte di maggio me lo ricordavo bene, tanto che ero
stato fino a tardi davanti alla televisione, in preda
allo sconforto. Con il tempo scoprii che la pochezza di
quei tifosi era un sentimento inaspettatamente diffuso
nei vari strati della società. Tramandato da generazioni
non solo negli stadi o nelle adiacenze di essi. Ricordo
con nettezza che quel giorno un vecchio in giacca e
cravatta seduto dietro a noi, e con cui mi ero
improvvidamente messo a parlare di calcio, trascesa un
po’ la discussione sul piano tecnico ed infastidito
dalla stessa, mi disse "L'avete vinta solo coi morti".
Avevo 9 anni. Il germe del pregiudizio,
dell'intolleranza e della cieca acrimonia è latente
nella società, e viene celato, da alcuni, attraverso il
perbenismo e il moralismo davanti a episodi di violenza,
che loro stessi hanno contribuito, in modo indiretto, ad
alimentare. E allora quella tragedia diventa il pretesto
per sputare ancora fiele: "Non dovevate festeggiarla" -
"Restituitela" - "Ve l'hanno regalata". Mi è capitato
più volte di leggere degli articoli su quella notte
maledetta in cui l'autore indispettito per l'eccidio
perpetrato, per la follia di un gruppo e per
l'inefficienza organizzativa, finisse per pontificare
sulla mancata restituzione della coppa e
sull'inopportunità di alcuni comportamenti dei giocatori
e della società. "Mezzi delinquenti", "Ladri", "Dopati",
"Mafiosi", "-39", ho udito in più stadi, ma ho anche
letto, sentito dire e subito: "Anche una lacrima è scesa
per l'Heysel: Juventini, ma italiani". Quel pomeriggio
il bambino non si lasciò sopraffare da quella violenza,
e dopo un primo momento di smarrimento, inquietudine e
rabbia, si abbandonò al gioco, l'emozione e l'orgoglio.
Le sole vittime di quella follia sono i familiari dei 39
caduti, condannati per l'eternità dalle miserie umane.
Morì anche un bambino, Andrea, che aveva la mia stessa
età, in quel tardo pomeriggio in cui vidi, per la prima
volta, fin dove poteva spingersi la perversione umana.
"L'uomo è l'unico animale che arrossisce, ma è l'unico
ad averne bisogno ?" (Mark Twain). I familiari dei
caduti attendono ancora giustizia.
(NdR: si ringrazia cordialemente Mauro Papa per l’amichevole ed esclusiva
concessione del brano tratto dal suo libro "Se Dio non
esiste". È severamente vietato diffondere e/o riprodurre
a terzi questo testo).
Fonte:
Etabeta © 27 novembre 2019
Fotografie: Mauro Papa
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