VIKINGO BIANCONERO
HEYSEL, 29 MAGGIO 1985
Non
avevo ancora 13 anni. Li avrei compiuti poco più di un mese
dopo. La Juventus era già "La Mia Juve". Ricordo l'eccitazione
dell'attesa. E ricordo le tante lacrime versate due anni prima
per la sconfitta della "Mia Juve" nella finale di Atene contro
l'Amburgo. Troppe lacrime per quella che era "solo" una partita.
Ma ero un bambino cercate di capirmi. Due finali di Coppa dei
Campioni e due sconfitte. Nel 1973 a Belgrado contro
l'invincibile Ajax di Cruijff e, appunto, nel 1983. Una vittoria
in Coppa U.E.F.A. nel 1977 contro l'Atletico Bilbao e una in
Coppa delle Coppe, giusto l'anno prima, a Basilea contro il
Porto. Ebbene sì, la Juventus che, secondo qualche genio, in
Europa non era competitiva, si stava giocando la terza finale
consecutiva. A metà anni '90 fece pure di meglio con quattro
finali di fila (una di Coppa U.E.F.A. e tre di Champions
League). Questo a ulteriore testimonianza del fatto che la Juve
è grande anche in Europa e non solo in Italia (quella del 6
giugno prossimo a Berlino sarà l'ottava finale di Champions
disputata dalla squadra bianconera, per dire). Quel 29 maggio
del 1985 non c'erano dubbi. Anche la Coppa dei Campioni,
finalmente, sarebbe stata nostra. In fondo il Liverpool aveva
vinto il trofeo l'anno prima (a Roma contro la Roma) e questa
volta toccava a noi. Solo quattro mesi prima avevamo affrontato
e battuto gli inglesi con un secco 2-0 (doppietta di Boniek)
nella finale di Supercoppa Europea dimostrando una netta
superiorità. Insomma c'era tanto ottimismo. Dopo un pomeriggio
intero passato a giocare a calcio in cortile (anche per non
consumarmi nell'attesa), aspettavo la chiamata di papà per
l'inizio dell'incontro. Mi sembrava che l'ora fosse ormai
arrivata ma papà non chiamava. Strano. I minuti passavano e
ancora niente. A un certo punto mi decido e rientro in casa.
Quasi arrabbiato; convinto che la finale fosse iniziata e papà
si fosse dimenticato di me. Non era così. In casa un silenzio
irreale e sullo schermo della TV immagini di guerriglia. Il
motivo mi fu subito spiegato. Da papà. E da Bruno Pizzul che
faceva la telecronaca per la Rai. I "tifosi" inglesi (i
famigerati hooligans) avevano assaltato un settore (l'ormai
tristemente famoso "Settore Z") occupato da supporters
bianconeri. L'assalto provocò un fuggi fuggi generale sulle
gradinate e gli incidenti causarono centinaia di feriti e decine
di morti (alla fine della mattanza le vittime furono 39). In
quel momento la società Juventus e i suoi giocatori chiesero di
cancellare la partita. Ma su ordine delle autorità
(IN)competenti, dell'U.E.F.A. e di tutte le istituzioni presenti
allo stadio, la squadra fu obbligata a scendere in campo.
Giocare, dissero i responsabili della decisione, avrebbe
permesso alle forze dell'ordine di gestire al meglio le due
tifoserie. E forse fu davvero così. Cosa sarebbe successo tra i
violenti tifosi inglesi e gli inferociti tifosi italiani in
cerca di vendetta e "giustizia", se la finale non si fosse
giocata ? Non ci voglio pensare. La partita iniziò con più di
un'ora di ritardo e si disputò regolarmente. La Juventus vinse
1-0 grazie ad un rigore (inesistente) trasformato da Michel
Platini.
Finalmente la "Coppa dalle grandi
orecchie" era nostra. Ma a quale prezzo ? A distanza di
trent'anni è accertato che le colpe di quello scempio furono: 1)
degli hooligans inglesi che, ubriachi fin dal mattino e violenti
come pochi, attaccarono il settore occupato da tifosi juventini;
2) delle autorità belghe che sottovalutarono il pericolo e non
fecero nulla per prevenire ed evitare possibili incidenti tra le
tifoserie; 3) dell'U.E.F.A. che organizzò una partita di tale
importanza in uno stadio vecchio e fatiscente. La capienza
ufficiale dello stadio Heysel era di 50.000 spettatori. Si
calcola che quella sera furono venduti quasi 60.000 biglietti. E
che, almeno, 5.000 tifosi inglesi entrarono senza biglietto. In
tutto questo, l'unica a non avere colpe fu la Juventus. Eppure
dopo tutti questi anni ci sono ancora delle bestie (mi scuso con
gli animali ma non trovo termine più adeguato per definire certi
soggetti) che vomitano di tutto contro la Juve e i suoi tifosi.
Offendono la memoria di quei 39 angeli caduti, con cori e
insulti aberranti. Ancora oggi, l'odio per la Juventus porta dei
mentecatti a sperare in un'altra Heysel per i colori bianconeri.
Sono gli stessi che se la ridono per la morte di un Campione e
gentiluomo come Gaetano Scirea (emblema della Juve per classe,
eleganza e serietà). Gli stessi che fanno cori beceri sul povero
Andrea Fortunato (giocatore juventino morto di leucemia a
neanche 24 anni, per quei pochi che non lo sapessero). E sono
gli stessi che intonano canzoncine demenziali su Pessotto (il
nostro "Pessottino") per il suo "incidente" nel 2006. E io
dovrei vergognarmi per quella Coppa ? Vergognatevi voi, Bestie !
E questo, vorrei essere chiaro, vale anche per quei poveracci
(non li chiamo tifosi perché non lo sono) che cantano divertiti
per la sciagura di Superga o per la morte di Giacinto Facchetti.
Ci dicono che la dovremmo restituire quella coppa. Fesserie.
Come se fosse della Juve la colpa di quello che successe quella
notte terribile. A questo proposito riporto le parole di un
grande scrittore come Mario Soldati pronunciate, in un
intervista a La Repubblica, qualche giorno dopo il dramma: "La
Juve si è comportata in maniera perfetta. Chi condanna il
tripudio dei giocatori sul campo dell'Heysel, dimentica forse
che loro non potevano conoscere l'esatta dimensione del dramma.
E non sa che, una volta in campo, una squadra che abbia orgoglio
e carattere gioca con animo, dimentica ogni condizionamento
esterno, pensa a battere l'avversario e basta. Restituire la
coppa sarebbe come punire la Juventus. E' assurdo. Bisognerebbe
piuttosto ricompensarla per le condizioni in cui ha saputo
ottenerla". Parole forti, certo, ma nette e inequivocabili. La
Juventus e i suoi innocenti tifosi pagarono un prezzo altissimo
quella sera. Evitiamo pene aggiuntive e senza senso alcuno. Con
l'avvicinarsi dell'anniversario ho letto due libri belli e
interessanti sul tema Heysel. Ne approfitto per citarli e per
ringraziare i due autori. "Quella notte all'Heysel" di Emilio
Targia - Sperling & Kupfer e "La notte dell'innocenza" di Mario
Desiati – Rizzoli. Mi sembra doveroso ricordare le vittime di
quella sera orribile. I nostri 39 angeli. (Omissis Lista Caduti)
28 maggio 2015
Fonte:
Vikingobianconero.blogspot.it
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