ALESSANDRO
Buonasera,
vi scrivo queste poche righe x rappresentarvi la mia più
profonda tristezza per quella terribile serata ! Nel 1985 ero un
bimbo di nove anni e come molti altri aspettavo quella finale.
Non sono e non ero simpatizzante bianconero ma visto che sono
italiano (in quella situazione) non potevo che simpatizzare per
la Juventus !! Ed inoltre tifando quasi tutta la classe la
Juventus, aspettavo anche io quella serata !!! Invece... Una
delle serate più tristi in assoluto !! Una festa trasformata in
tragedia !! Una volta accesa la TV le immagini furono delle più
raccapriccianti e tristi !! Mi ricordo il commento del
telecronista, ancora oggi ho nella mente quelle immagini di
sangue !! Per molto tempo ho odiato gli inglesi, pensare che
nell'estate successiva mia mamma mi ha fatto fare un corso
estivo d'inglese a Cortona con insegnanti inglesi ed io non
volevo impararlo perché pensavo agli inglesi come ai tifosi del
Liverpool ! Ma come è stato possibile ? Ancor oggi a ripensare
all'Heysel mi prende un profondo sconforto ed una grande
amarezza !!
Entro spesso nel vostro sito
e sono sempre molto amareggiato ! Grazie per il vostro impegno !
Grazie per i vostri sforzi ! Tutti devono conoscere ! Tutti
devono sapere ! Mi ricordo che, essendo della provincia di
Arezzo, quando incontravo il sig. Otello alla Figc di Arezzo mi
parlava sempre del suo Roberto e del suo gesto eroico nel
cercare di rianimare un giovane !! Vi ringrazio x lo sforzo che
fate x non dimenticare ! Non conosco di persona Andrea ma gli
sono molto vicino in questo giorno tristissimo !! A lui come a
tutti i familiari delle vittime !! X non dimenticare !
29 maggio 2015
Fonte:
Saladellamemoriaheysel.it
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ANONIMO
Così rintracciai due genovesi
all'Heysel
Alla soglia dei cinquant'anni - dopo
aver girato l'Italia raccontando dal Tg5 serial killers,
alluvioni, fatti di costume e grandi avvenimenti come quelli
legati al G8 di Genova - ricordo ancora la prima grande vera
emozione regalatami dal giornalismo. E la devo a il Giornale.
Quell'esperienza mi è tornata in mente nei giorni scorsi, nel
vedere negli uffici della redazione genovese una delle macchine
da scrivere - ancora funzionante anche se ormai quasi mandata in
pensione dal computer - sulle quali lavoravamo noi giovani
collaboratori. Era il 30 maggio del 1985, la sera precedente
c'era stata la più tragica delle finali di Coppa dei campioni:
quella fra Juventus e Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles.
Nella grande confusione seguita agli scontri e al crollo del
muro della gradinata c'era una sola certezza: fra le vittime e i
dispersi c'erano anche diversi genovesi. La redazione de il
Giornale guidata da Massimo Zamorani si mobilitò immediatamente
mettendo in campo tutte le risorse disponibili. Anche i
collaboratori
esterni come me. Mi toccò di andare a trovare una
delle famiglie. Abitavano nei dintorni di Sestri Ponente.
Aprirono la porta con grande disponibilità e molta disperazione.
Secondo le poche informazioni che arrivavano da Bruxelles i loro
cari, marito e moglie, erano l'uno deceduto e l'altra dispersa.
Avevano una serie di numeri di telefono da chiamare ma, anche
per le difficoltà di lingua, non c'era verso di avere notizie
più precise. Decidemmo di provare insieme, tentai di parlare in
inglese al centralinista dell'ospedale, ma non ci capimmo.
Chiesi se ci fosse qualcuno che parlava italiano, dicendo il
cognome della coppia che stavamo cercando. Il centralinista,
finalmente, mi passò un uomo che parlava italiano. Mi spiegai
"vorrei aver notizie dei signori"... Un attimo di silenzio e poi
la risposta: "sono io". Nella confusione il nome di quel signore
era stato inserito nella lista
dei morti, ma non era vero: era
solo ferito ! Sopraffatto dall'emozione, mi affrettai a
passargli i parenti che avevo davanti. Furono
momenti di gioia,
anche se rimaneva la grande ombra dell'incertezza sulla sorte
della moglie. Sono passati quasi venticinque anni ed ero molto
giovane, quindi mi scuso con i protagonisti se il ricordo dei
fatti non è preciso ma ricordo perfettamente l'emozione che ho
provato e l'orgoglio di aver contribuito ad allontanare un
dolore. Massimo Zamorani, uno di quei giornalisti davvero capaci
di insegnare il mestiere ai giovani, mi raccomandò di raccontare
bene quel che era accaduto, dall'incertezza al sollievo, e
cercai di farlo. Qualche mese dopo partii per il servizio
militare, poi andai a lavorare altrove: nelle tv locali, poi in
Mediaset al Tg5, inizialmente a Milano e finalmente come
corrispondente da Genova. Ma di quei giorni negli uffici di
piazza Savonarola, prima, e di via De Amicis, poi, non posso
dimenticare l'entusiasmo con il quale seguivo le piccole vicende
dei consigli di quartiere ("raccontare una seduta della
circoscrizione - mi spiegava Zamorani - non è diverso dal
descrivere una seduta del parlamento, cambiano gli argomenti ma
non il modo di riportarli"), le serate a cercare notizie durante
i consigli comunali, e la volta - l’unica volta in vita mia - in
cui a sorpresa incontrai per pochi minuti Indro Montanelli in
visita alla redazione. Ma questa, come direbbe Kipling, è
un’altra storia, cioè un'altra emozione.
22 gennaio 2010
Fonte: Ilgiornale.it
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