Cobolli:
Ricordo Heysel è vivo in tutti noi
"Il ricordo della tragedia è presente in
tutti noi ed è un monito a continuare a vivere il calcio con serenità
e nel solco dei valori della lealtà sportiva". Così il presidente
della Juventus, Giovanni Cobolli Gigli, ricorda i 23 anni dalla
tragedia dell'Heysel in cui persero la vita 39 persone, tifosi juventini
e inglesi* che erano all'interno
dello stadio di Bruxelles per assistere alla finale di Coppa dei
Campioni tra i bianconeri e il Liverpool. La Juventus, "con tutti
i suoi tifosi, ventitré anni dopo quella tragedia, ricorda commossa
le vittime dell'Heysel", si legge sul sito ufficiale del club.
29 maggio 2008
Fonte: La Repubblica
* N.D.R. Nessun inglese è morto all'Heysel, ma oltre
ai 32 italiani: 4 belgi, 2 francesi e 1 nordirlandese cittadino
di Bruxelles.
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO 2008
Io, Juventino, osteggiato per
aver osato scrivere un libro sull’Heysel
di Francesco Caremani
Aston Villa-Juventus e Juventus-Bordeaux.
Sono questi i miei ricordi più forti e più intensi del mio tifo
bianconero. Anni Ottanta, io ragazzino e quella che allora consideravo
la mia Juventus, capace di vincere in Inghilterra contro i campioni
d'Europa in carica e a Torino contro i francesi guidati da Tigana,
stracciati 3-0. Due partite a due anni di distanza, sempre in Coppa
Campioni, per noi la coppa più agognata, ricordo mio padre quando
al gol di Briaschi contro i transalpini voleva misurarmi la pressione.
Poi c'è stato l'Heysel, dovevo andarci anch'io, dovevo essere lì
come premio scolastico, ma un 5 a latino mi fregò o forse mi regalò
un destino diverso. Sarei andato con la famiglia Lorentini, sarei
andato nella curva Z, Roberto, amico e collega di mio padre, è morto
quel giorno e da allora molte cose sono cambiate. Nel 2003 ho pubblicato
"le verità sull'Heysel - cronaca di una strage annunciata", un libro
importante per me, o almeno così speravo, che raccontava, dopo 18
anni di silenzi, tutto quello che era accaduto il 29 maggio 1985
e dopo, tra il processo e le promesse mancate, anche quelle della
Juventus. Scoprì così un primo assioma: lo stile Juve non esiste
e non è mai esistito. I tifosi (?) juventini non l'hanno gradito,
alcune presentazioni sono state disdette perché nessuno voleva sentir
parlare di restituzione della coppa o di vittoria dimezzata. Ambienti
vicini alla società si sono, addirittura, preoccupati che in un
eventuale processo di restituzione io non figurassi per non darmi
ragione, di cosa ? Io ho scritto un libro per raccontare non per
dimostrare. A me bastano due cose: 1) che la sorella di Andrea Casula,
la vittima più piccola, l'abbia indicato come la sua personale Bibbia;
2) che Paolo Rossi, davanti a Giorgio Porrà e Otello Lorentini,
a "Lo sciagurato Egidio", abbia ammesso che i giocatori sapevano
dei morti prima di scendere in campo. Aggiungo il silenzio imbarazzato
di coloro che si erano riempiti la bocca con quell'ignobile canzone
irridente le vittime dell'Heysel, d'altra parte come non esiste
lo stile Juve non esiste nemmeno uno stile Milan, Inter, Fiorentina,
Roma, Lazio, Torino, Atalanta, ecc. Dopo tutto questo e dopo Calciopoli
mi sono chiesto più volte che senso avesse tenere per la Juventus,
ma il tifo non è una cosa razionale, si decide di tifare e non si
cambia più, anzi il vero tifoso si vede nei momenti più difficili,
dagli scudetti tolti alla serie B. Perché la storia di questa squadra
l'hanno fatta giocatori come Scirea e Zoff, mica i Moggi e i Giraudo.
La vita è fatta di scelte e tra essere giornalista o tifoso io ho
scelto la prima, perché bastano a se stessi tutti i giornalisti
tifosi che continuano a creare l'humus dove prosperano i Luciano
Moggi e i suoi eredi e non parlo dei processi in corso, parlo del
modo di pensare e fare calcio che a me non piace e che Moggi si
è portato dietro da altre società prima di arrivare alla Juventus.
A me la vittoria per la vittoria non piace, mi piace vincere perché
si è superiori, più forti, più belli, più spettacolari, mi piace
vincere soffrendo e dando tutto in quei novanta minuti. Mi piace
pensare a un calcio dove anche il Chievo un giorno possa vincere
lo scudetto, perché se non fosse così e se questo fosse pacificamente
accettato da tutti allora non avrebbe più senso andare allo stadio.
Basta scegliere, o facciamo un passo in avanti sulla falsariga degli
sport americani, con regole ferree e le franchigie, oppure ci teniamo
la possibilità che anche la Juventus possa finire in B e l'Inter
perdere uno scudetto già vinto. In entrambi i casi non credo ci
sia spazio per dirigenti come Luciano Moggi. In questo paese ci
sono verità processuali e verità contestuali e ognuno è libero di
credere in quella che preferisce, questo è un paese dove la prescrizione
viene venduta come innocenza, vedi processo doping, facendo un torto
anche alla lingua italiana. In questo paese ci sono diversi modi
di essere juventino e io ho scelto il mio: forza Juve, abbasso Moggi.
29 ottobre 2008
Fonte:
Il Riformista
ARTICOLI STAMPA e WEB OTTOBRE 2008
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