Bruxelles e
l'incubo della tragedia '85
Risse, incidenti e paura per la
finale dell'Heysel
Un bar incendiato, sessanta
arresti poi il Paris SG vince la Coppa Coppe.
BRUXELLES - Ieri notte all'Heysel, lo
stadio in cui undici anni fa si consumò la tragedia che costò la
vita a 39 spettatori nella finale di Coppa Campioni tra Juventus
e Liverpool, a sollevare la Coppa delle Coppe è stato il Paris
Saint Germain di Fernandez, il tecnico che ha deciso di lasciare
il calcio perché logorato da stress. Ed è la prima volta che un
club transalpino si aggiudica una Coppa Europea. Ma per alcuni
terribili momenti, più che al calcio giocato, si è tornati a
pensare alla tragedia di quella notte. Le ore prima
dell'incontro sono state infatti turbate da gravissimi
incidenti. Evidentemente i tifosi francesi e austriaci dalla
memoria corta hanno dimenticato, cancellato un passato che
sicuramente non li aveva toccati così da vicino come invece era
accaduto agli italiani. Mancavano ancora alcune ore all'inizio
della finale e fino a quel momento si era registrato soltanto
qualche sporadico incidente, limitato a estemporanee esuberanze
di ubriachi, e i pochi arresti effettuati erano stati motivati
dal possesso di droga o di armi improprie. Poi improvvisamente
un bar veniva devastato e incendiato sulla Grand Place, nel
centro di Bruxelles, e quando la polizia ha cominciato a
caricare i teppisti (circa quattrocento persone che affollavano
la piazza) "i due clan hanno cominciato ad unirsi per lanciare
pietre e mortaretti contro gli agenti" ha spiegato il portavoce
delle forze dell'ordine, il tenente Michael Jonniaux.
Scoppiavano altre risse e la polizia effettuava 60 arresti: 40
tifosi francesi e 20 austriaci. Un intervento deciso che serviva
a calmare gli animi, così non si registravano più incidenti
attorno e dentro l'Heysel, sorvegliato da 1700 agenti e gremito
di 13.500 parigini e altrettanti viennesi, accuratamente
separati, stavolta. L'incontro poteva così svolgersi senza
problemi e i francesi meritavano il successo (1-0), anche se
ottenuto su autogol di Schottel. Equilibrio per 20', fin quando
la cocciuta aggressività del Rapid impediva al Psg di ragionare
e fruire di una maggior tecnica. Partita povera di azioni
profonde, le marcature strangolanti frantumavano il gioco e
polverizzavano gli schemi. Molti contrasti e ne faceva le spese
Rai, colpito duro al 12': fuori per qualche minuto prima di
essere sostituito da Dely Valdes, l'ex cagliaritano un po' in
decadenza dopo un inizio sfavillante di stagione. Bene nel Psg
il gioiellino Djorkaeff, il volpino Bravo (futuro parmense) e
Guerin; fra gli austriaci il generoso Stoger, il rapido Marasek
e Khubauer. Al 20' era proprio il beniamino francese Djorkaeff,
sempre delizioso, a calciare con violenza da posizione angolata:
Konsel deviava in corner. Al 29' il gol: punizione da lunga
distanza, batteva fortissimo N'Gotty, il portiere Konsel
sembrava poter arrivare sulla traiettoria che però veniva
deviata dal compagno di squadra Schottel. Il primo tempo si
concludeva con una ingenuità di Loko che cercava Valdes invece
di calciare direttamente a rete. Nel secondo tempo ancora in
evidenza il fantasista Djorkaeff, un campioncino che deliziava
il pubblico. Ma (5') Dely Valdes s'impappinava davanti alla
porta difesa da Konsel. Trascorrevano 8' ed era sempre Diorkaeff
a mettersi in vetrina con uno show concluso con un destro che
toccava il palo, alla sinistra di Konsel. Al 19' un risveglio
del Rapid: un colpo di testa di Heraf, servito bene da Marasek,
costringeva Lama a rimediare una precedente titubanza. La
partita procedeva ben diretta dall'arbitro italiano Pairetto,
costretto però a spezzettare continuamente il gioco. Ma non si
vedevano più prodezze e Guerin, gran corridore, si mangiava un
gol fatto al 40'. Nel finale Lama usciva in modo tempestivo e
redditizio sul solito Jancker e poi su Ivanov. Brividi francesi,
ma i giochi erano fatti anche se il Rapid spendeva ogni energia
residua. (r. e.)
9
maggio 1996
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA MAGGIO
1996
Boniperti e la coppa maledetta
di Maurizio Crosetti
TORINO - Due anni di silenzio, di
lontananza assoluta dal calcio che è stato tutta la sua vita e
pure di più. Un vuoto di parole che adesso Giampiero Boniperti
riempie con una verità un po' triste: "Per la Juve non soffro
più. Le voglio bene, certo, e talvolta provo una passione
intensa: Ma la sofferenza anche fisica era un'altra cosa".
L'uomo delle mezze partite, delle grandi fughe, l'uomo delle
domande per rispondere ad altre domande ha ricordi vivi e
pensieri dolenti. Il demone del passato è in agguato, figurarsi
se non chiede spazio in attesa di Juve-Ajax, figurarsi se non fa
l'appello delle memorie lontane: l'altro Ajax, Belgrado e Cruyff, Magath e Atene, l'Heysel. Con l'orgoglio che non
invecchia e le ferite ancora aperte. Se le dicono Ajax lei
penserà a Johnny Rep, non a Van Gaal. "Ma guardate che non c'è
dolore, nel '73 erano i più forti del mondo, la squadra che
cambiò il calcio. Cruyff, Neeskens, Rep, Krol. Gente così non è
nata più. Il nostro fu un sogno, anzi l'ipotesi di un sogno, una
cosa solo da immaginare. Durò quattro minuti". La Coppa
maledetta: per i morti di Bruxelles, non per le sconfitte. "Ma
basta. Non si dica che quella Coppa è sporca di sangue, non è
vero. La tragedia è una cosa, la partita un'altra. E fu una gara
vera, chiedete a Rush, a quelli del Liverpool. Andarono in campo
per vincere e noi con loro. Bisogna ringraziare Tacconi per
quelle parate". Nel frattempo, 39 cadaveri erano già distesi
sull'asfalto. "Non sapevamo quasi niente. Non i giocatori,
almeno. Negli spogliatoi non c'era mica la tv. Ci riunimmo io,
il presidente del Liverpool, il presidente dell'Uefa e quello
della Figc, il capo della gendarmeria belga e decidemmo di
giocare. All'unanimità. Per ragioni di ordine pubblico ma anche
di ordine sportivo, questo lo ricordo bene e lo difendo. Non fu
uno scandalo, è d' accordo anche l'Avvocato". Platini disse: è
come al circo, quando muore il trapezista entrano i clown. Non
le sembra un po' troppo ? "Proprio non riesco a vergognarmi di
quella Coppa. Il dolore vero lo tengo per me. Ho negli occhi due
immagini: i cadaveri all'ospedale, con la faccia nera dei
soffocati, e un padre e un figlio morti insieme, si chiamavano
Casula, erano sardi". Il calcio quella sera non ebbe il coraggio
di fermarsi. "Per evitare una strage più grande, e perché lo
spettacolo continua. E' triste ma è così. Incidenti, purtroppo,
ne accadono sempre. Quello fu solo più grave, molto più grave
degli altri. Ma non per colpa del calcio, dello sport: la
responsabilità fu delle forze dell'ordine, degli agenti che non
c'erano, arrivati in pochi e in ritardo". Dicono: vincere a Roma
per dimenticare Bruxelles. "Questo no, mai. Ricordare significa
evitare che accada di nuovo". Quando l'Amburgo sconfisse la
Juve, qualcuno diede una medaglia a Magath e fondò un club in
suo onore. "Non lo scorderò mai, conservo nomi e cognomi".
Perché perdeste ? "Perché il calcio è così. Il calcio è la Juve
che perde contro l'Amburgo, non il contrario. E' la possibilità
di stravolgere un pronostico. Rigiocandola dieci volte, non
perderemmo più. Ma l'unica che contava l'abbiamo buttata via". A
Belgrado, la finale durò quattro minuti. Ad Atene, sette. "Fu la
sconfitta dei fuoriclasse. Aspettavamo Platini e Platini non
venne, scomparso. I migliori furono Bonini e Brio, i gregari.
Eppure allora il francese era il numero uno al mondo". Una
finale si perde prima nella testa e poi in campo ? "Vero. Forse
contro l'Ajax e l'Amburgo facemmo dei ritiri troppo lunghi. Ci
scaricarono". Se il calcio, come dice lei, è il più debole che
batte il più forte, allora a Roma non ci saranno problemi.
"L'Ajax è favorito, è campione d' Europa e del mondo. Ma i
nostri ragazzi possono farcela, ormai hanno una buona esperienza
internazionale. In Coppa hanno travolto tutti, davvero un
cammino magnifico". Lei lo ha seguito da tifoso o da ex
presidente ? "Da tifoso, per carità. E neanche troppo fedele:
gli impegni politici mi tengono lontano". Quanti suoi colleghi
al parlamento europeo le hanno chiesto biglietti per l'Olimpico
? "Veramente, lo sanno tutti che non c'entro più. Semmai spero
di vederla io, questa partita. Il 22 sarò a Strasburgo, dovrò
correre per arrivare in tempo". Sport ed Europa: a che punto
siamo ? "Inseriremo questa parola, sport appunto, nel trattato
di Maastricht. Il minimo. E dire che non figura neanche nella
Costituzione italiana". Qual è stata la Juve europea più forte ?
"Forse quella di Bilbao '77, tutta italiana. E la Coppa Uefa è
più difficile della Coppa dei Campioni, anche oggi". In
Champions League saranno ammessi i non vincitori: la Coppa dei
non campioni... "Ai miei tempi bastava perdere una volta di
brutto e si usciva. Invece il Milan, l'anno scorso, si è giocato
il trofeo dopo due sconfitte contro l'Ajax". Proprio nessuna
nostalgia ? "Ho sofferto e vinto per cinquant'anni. Mi pare che
basti".
15
maggio 1996
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA MAGGIO
1996
Lippi:
"Una coppa pulita per ricordare l'Heysel"
di Maurizio Crosetti
TORINO - Marcello Lippi la chiama
ombra. "Si è posata sulla Juventus quella maledetta sera a
Bruxelles e non è andata più via. L'ombra di una tristezza
immensa, di una Coppa macchiata dal dolore. Da due anni la gente
mi ripete "dovete vincere una finale pulita". E' quello che
vogliamo a Roma. Ma non per dimenticare l'Heysel, proprio il
contrario". Ricordare, testimoniare, impegnarsi perché non
succeda mai più. Il calcio è anche questo, però serve coraggio.
Dopo undici anni, Giampiero Boniperti ha invece difeso con
un'intervista a Repubblica il suo passato: "Fu giusto giocare e
vincere una partita vera, non una Coppa sporca di sangue". In
tanti hanno provato a rimuovere: ricordi, pesi sulla coscienza,
colpe. Ma chi è rimasto, chi a Bruxelles ha perso mariti e figli
e nipoti, chi porta addosso, cuore o corpo non fa differenza,
quell'incubo cerca altre parole, altre risposte. Si continua a
discutere e Lippi ricorda quella sera: "Vidi la partita in tv,
come tutti. Credo che si giocò solo per ragioni di ordine
pubblico". Poi un pensiero ancora più netto: "La Juventus ha
vinto ventitré scudetti, ma posso dire che questa sarebbe la sua
prima vera Coppa dei Campioni". Per provare a vincerla, il
tecnico toscano potrà contare anche su Ravanelli, ormai guarito
dalla tendinite, e su Peruzzi. Invece si lamenta l'allenatore
dell'Ajax, Van Gaal: "Kluivert e Frank De Boer stanno ancora
male. Il centravanti potrà partire al massimo in panchina, e ho
appena undici giocatori in forma". Eppure, come ha detto ieri
Umberto Agnelli, "gli olandesi sono favoriti. Anche se nelle
finali è meglio non esserlo". Infine una precisazione su
Gianluca Vialli: "Di lui si sta parlando troppo. Ma una cosa
dev'essere chiara: i nostri programmi non dipendono dal
risultato dell'Olimpico". Si sapeva, ormai il pelato è un ex.
Sarà rimpianto ?
16 maggio 1996
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA MAGGIO
1996
"All'
Heysel senza rimorsi voi non potete giudicare"
di Maurizio Crosetti
ROMA - Fu giusto perdere ad Atene, fu
giusto giocare a Bruxelles. Marco Tardelli corre ancora nella
Juve con la sua faccia cattiva. Per dire cose forti e scomode.
Lei è tra quelli che non si sono mai pentiti dell' Heysel.
Perché ? "Perché sarebbe assurdo, ingiusto. Parlo per me, non
entro nella testa dei miei compagni di allora. Quella partita
l'ho giocata e vinta davvero, come deve fare un professionista.
Il resto è retorica. E non è corretto pontificare dopo undici
anni". Ma voi sapevate dei morti ? "Io sapevo di due o tre
vittime. Andai sotto la curva per calmare la nostra gente, e
sono assolutamente sicuro che se non si fosse giocato, sarebbe
stata una carneficina. I tifosi juventini avrebbero dato la
caccia a quelli del Liverpool, sarebbero andati a cercarli uno
per uno. E noi porteremmo dentro un rimorso vero, oggi, altro
che quella partita. Ma non ho dimenticato". E il giro di campo
con il trofeo in mano ? "Un pretesto per parlare male della
Juventus. Vi assicuro che furono festeggiamenti assai relativi".
Scollegare il cervello, il cuore: si può ? "Io ci sono riuscito
e non giudico nessuno. Ma altre volte ci sono stati morti allo
stadio e il calcio non si è fermato. Per esempio Paparelli". A
Marassi, per Vincenzo Spagnolo, non è andata così. "Ed è stato
giusto. Però il giudizio va applicato alle circostanze. All'
Heysel, chi c'era la pensa come me". La Juve coi campioni del
mondo che perde con l'Amburgo: perché ? "Perché sono stati più
bravi loro. Non erano affatto una squadra debole, c'erano
campioni come Hrubesch, Kaltz, Magath". Ma voi l'avete persa
prima di cominciare. "Perché la troppa sicurezza dell'ambiente
ci contagiò. Non eravamo sicuri di vincere, invece sembrava per
tutti una formalità. Quella situazione ci paralizzò".
Ajax-Juventus: come finisce ? "Vinciamo noi, è una certezza. Una
sensazione fortissima che non ho nessuna voglia di spiegare.
Sono sicuro e basta". Poi se ne andrà Vialli. "Credo che abbia
sbagliato scelta. Leggo che vuole un contratto triennale, ma con
le nuove regole sullo svincolo è meglio legarsi per una sola
stagione, così si resta sempre liberi. Anche perché Vialli non è
tipo da fare questioni di soldi". Lei che farebbe ? "Trovandomi
bene alla Juve, rimarrei per un'altra stagione". Per Van Gaal,
tecnico dell'Ajax, il calcio italiano è vecchio. "Non giudico
mai le parole dei colleghi". Eppure lei è stato un vincente in
un calcio che qualcuno definisce preistorico. "Ma guardate che
conta solo il risultato. Presidenti, tifosi, giocatori, tutti
vogliono solo vincere, va bene pure un'autorete a tempo scaduto.
L'unico schema bello è quello che batte l'avversario". Pensa che
l'Ajax sia davvero il modello del calcio europeo ? "Lo ripeto,
io credo ai risultati più che ai modelli. Certo gli olandesi
hanno anticipato i tempi, hanno cambiato la storia di questo
sport, eppure non sono mai riusciti a portarsi a casa la Coppa
del mondo. Starò con Cruyff tutta la vita, però quella volta a
Monaco vinse Overath". Ma lei non è tecnico zonaiolo. "Luogo
comune. Gioco a zona più di altri, però non metto i manifesti.
Prima vengono i giocatori, poi il modulo. Una squadra si fa con
quel che si ha". Platini dice che potrebbe tornare alla Juve, ma
solo con l'Avvocato. "Non vedo perché non dovrebbe. Michel ha
tutto per guidare la Juventus". E magari ritornerà pure lei.
"Sto bene a Cesena. Nel calcio, il futuro è sempre troppo
lontano per poterci pensare davvero".
21 maggio 1996
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA MAGGIO
1996
di Guido Boffo
TORINO - Nereo Ferlat all'Heysel
(accanto, una foto degli incidenti) si salvò due volte. "Sono
stato l'ultimo a saltare giù dal muretto prima del crollo". A
undici anni di distanza, ha assistito a Juve-Ajax in tv. E
allora ? "Allora non ho visto un'immagine sull' Heysel, una
sola. Ho girato ogni canale, niente. Credo che i reduci e i
familiari delle vittime non si siano sentiti rappresentati. So
di striscioni, però le telecamere non li hanno ripresi. Sento
dire che con questa vittoria l'Heysel è stato cancellato.
Incredibile. Trentanove morti sono un prezzo troppo alto". Ha
esultato per la vittoria ? "No, non lo faccio più dal maggio
dell' 85. Sono stato contento per la mia squadra, un po' ho
anche sofferto, ma sempre con molta compostezza. Non mi sarei
mai sognato di scendere in strada per la seconda Coppa". Seconda
? "Certo, perché a Bruxelles non è stata una farsa. Tacconi fu
impegnato più di una volta. Dopo quello che era successo, mi
consentirono di guardare la partita dalla tribuna. Ovviamente lo
feci in maniera distaccata". Non ha pensato di essere capitato
nella finale sbagliata ? "A Bruxelles eravamo al centro della
Comunità europea. Ci sentivamo protetti. Juventus e Liverpool
rappresentavano il meglio. Ero convinto di trovarmi nella finale
giusta". E a Roma avrebbe voluto esserci ? "Sì, per paragonare
l'ordine pubblico di allora con quello di adesso, per
convincermi che si può disputare una finale di Coppa Campioni in
condizioni di sicurezza. E' da tanto tempo che inseguo questa
certezza". Ha chiesto biglietti alla Juve ? "Personalmente no.
Ho letto che altri l'hanno fatto, ma la società ha risposto
picche. Patetico. C'è gente che è tornata menomata da Bruxelles.
Sarebbe stato come tendergli una mano".
24
maggio 1996
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA MAGGIO
1996
La storia una ferita
mai chiusa "Ma io non posso gioire"
Parla una delle vedove
dell'Heysel.
Undici anni dopo Bruxelles, c'è chi non
riesce a festeggiare la vittoria bianconera in Coppa Campioni. I
parenti di Domenico Russo e Giovacchino Landini, i due torinesi
nell'elenco delle 36 vittime della strage all'Heysel, finale
1985 tra Juventus e Liverpool, non hanno dimenticato quella
notte di sangue, le immagini dello stadio devastato dagli
hooligan inglesi, la voce di Pizzul che commentava una partita
che nessuno aveva osato sospendere. E poi le telefonate della
polizia, la faccia triste del funzionario incaricato di dare il
"doloroso annuncio", mentre fuori i tifosi urlavano di gioia,
come se non fosse successo nulla. Tiziana Russo, la vedova di
Domenico, aveva 26 anni, e portava in grembo un figlio che a
settembre compirà 11 anni, e a cui è stato dato il nome di papà.
Dimenticare ? E come si fa ? "Questi - racconta nella sua casa
di Moncalieri, in via (omissis) - sono i giorni peggiori. Mi
rendo conto che questa tragedia ha cambiato la mia vita e quella
dei familiari delle altre vittime. Ma al mondo dello sport, al
Paese, in fondo non è mai importato più di tanto di noi. Passato
il primo mese in cui tutti venivano a portarmi le loro
condoglianze, e a promettere per mio figlio borse di studio che
devo ancora vedere, si è preferito dimenticare quei 39 morti. Ma
io non dimentico. E non posso perdonare. Non ci riesco". Al
processo, a Bruxelles, questa donna è stata "risarcita" con 100
milioni. Adesso fa la collaboratrice domestica, segue il figlio
a scuola e lo accompagna a karate. L'altra sera erano dagli zii,
lei e il piccolo Domenico: "Non volevano accendere la
televisione, ma io non ho voluto. La partita l'ha vista anche
Domenico, che non ama il calcio e comunque fa il tifo per il
Torino. Ormai questa tragedia appartiene solo a me, non voglio
che gli altri si sentano condizionati, non sarebbe giusto, il
mondo deve andare avanti". Anche lei l'ha vista, la partita. E
confessa che in fondo in fondo si aspettava qualcosa di più
dalla società. In che senso ? "Mi dicevo: adesso qualcuno prende
la Coppa e la dedica alla memoria di quelli morti nello stadio
Heysel". Non è successo, e Tiziana Russo non è stupita più di
tanto: "Anche 11 anni fa pensavo che il trofeo sarebbe stato
restituito". (g. a. p.)
24
maggio 1996
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA MAGGIO
1996
|