Il calcio storia di fedeltà
di Oreste del Buono
Egregio signor Del Buono, sono un reduce da
Bruxelles, ero là il 29 maggio 1985 all'Heysel per la finale di
Coppa Campioni fra Juventus e Liverpool. Visto che tutto è caduto
nel dimenticatoio, vorrei sapere se fosse possibile sollecitare
un qualsiasi Comune d'Italia ad intitolare una qualsiasi via, piazza,
corso o strada vicinale alle Vittime di Bruxelles. Quando inaugurarono
il "Delle Alpi" pensai che in quella selva di nuove strade aperte
alla Continassa potesse scapparne una con questa intestazione...
Massimo Piccone Albissola Marina
GENTILE signor Piccone, mi pare giusto pubblicare
la sua lettera accorata proprio oggi, la domenica in cui ricomincia
il campionato. Giustamente, lei osserva che molte nuove vie vengono
dedicate a Ciclamini, Gelsomini, Ginestre e, per non andar troppo
lontano, anche all'Arcobaleno. Lei non ha nulla da protestare in
proposito, ma trova che un ricordo per le vittime della passione
sportiva cadute durante la trasferta in Belgio per sostenere la
squadra del cuore potrebbe non risultare anacronistico o fuori posto
accanto al ricordo da tempo esistente dei campioni del Grande Torino,
stroncati dalla fatalità a Superga di ritorno da una trasferta in
Portogallo. Contribuirebbe a far riflettere che il calcio non è
solo quello spettacolo di cui da tempo si parla e straparla per
la sua disumanità, ma continua a essere anche qualcosa d'altro,
una storia di fedeltà. La passione sportiva viene chiamata tifo
è indicata come una malattia per cui non ci sono rimedi e insulti
sufficienti. Eppure è anche la manifestazione di una capacità di
emozionarsi, commuoversi, soffrire per un'idea (non c'è nulla di
più astratto di una società di calcio; per i colori di questa squadra
piuttosto che di quella) e della capacità di essere solidali tra
sostenitori di questa idea (di là dalle proprie opinioni personali
e condizioni sociali, una solidarietà forte come e più di un'amicizia).
Naturalmente ci sono eccessi, esasperazioni, emergenze intollerabili
che probabilmente finiranno per distruggere il gioco del calcio,
ma ancora questa domenica in tutta la Penisola (angariata dall'annuncio
governativo della miseria assoluta e turbata dell'accertamento della
corruzione generale) in stadi grandi e piccoli si radunano compagini
di giocatori di vari colori, arbitri aspiranti padreterni e folle
disposte a prender sul serio 90 minuti di calci al pallone (40 circa
di gioco effettivo).
6 settembre 1992
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA
SETTEMBRE 1992
Vittime
dell'Heysel, sciolto il comitato
AREZZO - "E' stata fatta giustizia, il nostro
compito è terminato. Ma quello che abbiamo perduto non potrà mai
esserci restituito". Con queste parole Otello Lorentini ha sciolto
il comitato dei parenti delle vittime dell'Heysel, lo stadio di
Bruxelles dove il 29 maggio del 1985 morirono 39 persone. Nelle
settimane scorse lo Stato e la federazione calcistica del Belgio,
oltre all'Uefa - ritenuti responsabili di gravi carenze organizzative
- hanno pagato gli indennizzi. "La sentenza che ci riguarda sta
già facendo giurisprudenza" ha detto Lorentini, che ha ringraziato
gli avvocati dell'Associazione. Purtroppo non sono mancate le storture
e qualche aberrazione. I giovani non lavoratori sono stati "valutati",
in sede di indennizzo, solo sette milioni, perché "non produttori
di reddito". E lo Stato italiano ha tassato le somme corrisposte
sulla base della nuova legge sui depositi bancari per una cifra
complessiva superiore agli otto milioni. "Ci hanno imposto anche
la tassa sul dolore" ha commentato Lorentini.
29 settembre 1992
Fonte: La Repubblica
Vicenda Heysel
"Tassato persino il dolore"
AREZZO - "E' stata fatta giustizia e quindi
il nostro compito adesso è terminato. Ma quello che abbiamo perduto
non potrà mai esserci restituito". Con queste parole Otello Lorentini
ha annunciato lo scioglimento del comitato dei parenti delle vittime
dell'Heysel, di cui è stato presidente per sette anni. Lo scioglimento
segue il pagamento degli indennizzi ai familiari ordinato dal tribunale
di Bruxelles che ha ritenuto l'Uefa, lo Stato e la federazione calcistica
belga "corresponsabili per carenze organizzative" della tragedia
avvenuta il 29 maggio 1985 nello stadio della capitale belga. Quella
notte persero la vita 39 persone, 32 delle quali italiane, presenti
all'Heysel per assistere alla finale di Coppa dei Campioni fra la
Juventus e il Liverpool. Una vicenda lunga e dolorosa, conclusasi
con i risarcimenti alle famiglie ma anche con una severa e addolorata
critica al fisco italiano che, in base ai recenti provvedimenti
sui depositi bancari, ha applicato sugli indennizzi ottenuti una
tassa complessiva di oltre otto milioni. "Ci hanno imposto anche
una tassa sul dolore" ha commentato Lorentini con molta amarezza.
La complessa e delicata lunga battaglia legale è arrivata a conclusione
solo domenica, quando Lorentini, nel corso di una breve cerimonia
a cui hanno partecipato tutte le 25 famiglie che avevano fondato
il comitato, ha consegnato gli indennizzi alle 95 persone che si
erano costituite parte civile. I risarcimenti, calcolati in base
ai parametri di reddito, oscillano fra i 7 e i 500 milioni di lire,
ed hanno dato luogo anche ad alcuni casi definiti "moralmente discutibili".
La morte di alcuni giovani studenti, per esempio, è stata "valutata"
secondo il minimo consentito dalla legge belga, circa 7 milioni
di lire, in quanto i ragazzi sono stati ritenuti "non produttori
di reddito". "Al di là dell'esiguità delle cifre ha detto Lorentini
devo ringraziare gli avvocati che ci hanno assistito in questi anni.
Per merito loro abbiamo ottenuto una sentenza che sta già facendo
giurisprudenza". (R. S.)
29 settembre 1992
Fonte: La Stampa
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