Malines - Milan
Protestano i familiari
delle vittime dell’Heysel
di Enrico Conti
L'associazione delle famiglie
delle vittime allo stadio di Bruxelles è "indignata" per
la concessione da parte dell’Uefa dello stadio Heysel per
la partita di coppa dei Campioni tra Malines e Milan. L'associazione,
in una nota, denuncia all'opinione pubblica "l’assoluta
mancanza di sensibilità e di buon gusto dell'Uefa verso
la memoria dei morti e di rispetto verso le loro famiglie
proprio in concomitanza del quinto anniversario della tragedia".
Secondo il presidente dell’associazione, Otello Lorentini,
"appare sintomatico il fatto che la concessione dello stadio
avvenga nel momento in cui comincia il processo di appello
davanti al tribunale di Bruxelles che avrà luogo il 12 marzo
prossimo e che vede imputati l’Uefa e la Federazione calcio
belga".
14 febbraio 1990
Fonte: L'Unità
ARTICOLI STAMPA
FEBBRAIO
1990
Col Malines, a pochi giorni dall'appello per
la tragedia di 5 anni fa
Milan all'Heysel, c'è paura
Mobilitati 1300 agenti,
stadio dimezzato.
di Fabio Galvano
BRUXELLES. DAL NOSTRO
CORRISPONDENTE - Per l'appuntamento calcistico di mercoledì
prossimo allo stadio dell'Heysel, che cade a una settimana
dal processo d'appello per la tragedia di cinque anni
fa, le autorità belghe non hanno lesinato le misure
di sicurezza. Il ricordo di quel 29 maggio e delle sue
39 vittime è ancora troppo vivo; e l'incontro di Coppa
dei Campioni fra Malines e Milan, prima ricomparsa di
una squadra italiana nello stadio della morte, viene
ufficialmente classificato come "match a rischio". Paradossalmente,
la decisione di giocare allo Heysel anziché allo stadio
del Malines risponde proprio a criteri di sicurezza.
Il piccolo impianto della città fiamminga, con i suoi
14 mila posti, "non è conforme alle norme di sicurezza
- ha spiegato Paul Courant, manager della squadra -
fissate per un incontro di questo calibro". All'Heysel,
allora, ma senza correre rischi. Limitando il numero
dei posti a 36.500 (contro i 60 mila disponibili). La
sera della partita 1300 agenti saranno di servizio:
allo stadio 600 poliziotti della città di Bruxelles,
sui convogli della metropolitana 50 agenti di altri
Comuni dell'agglomerato brussellese, mentre 650 gendarmi
(esclusi questa volta dallo stadio) saranno impiegati
per controllare l'arrivo e gli spostamenti delle tre
tifoserie. Già, perché ai fans belgi e italiani si affiancano
questa volta anche gli olandesi, attratti dalla presenza
in campo di mezza nazionale dei tulipani (Rijkaard e
Van Basten nelle file del Milan, Bosman, Rutjes ed Erwin
Koeman in quelle del Malines; e non c'è Gullit). Attorno
allo stadio, per scortare i tifosi nell'ultima fase
del tragitto, ci saranno i gendarmi a cavallo. La prevendita
di tutti i biglietti dovrebbe assicurare una netta divisione
dei tifosi. Anche perché i 36.500 posti (per i due terzi
seduti) sono stati attribuiti soltanto su presentazione
di un documento d'identità. In teoria le forze dell'ordine
dovrebbero essere in grado di identificare ognuno dei
tifosi dal posto che occupa. Più di un terzo dei biglietti
sono per gli italiani, che occuperanno tre delle quattro
tribune Sud: 4500 distribuiti dal Milan e 9 mila venduti
agli italiani in Belgio. Altri tremila biglietti sono
stati venduti agli olandesi, che saranno sistemati accanto
agli italiani. I tifosi belgi, cui si aggiungono ben
quattromila inviti fatti dal Malines, saranno invece
nelle tribune Nord. Ma non basta: prima dell'ingresso
nello stadio tutti i tifosi saranno perquisiti. Allo
Heysel, infatti, saranno proibite tutte le possibili
armi improprie: aste di bandiere, mortaretti, recipienti
di vetro o di metallo. Al bando qualsiasi tipo di bevanda
alcolica, di cui sarà impedita la vendita nelle vicinanze
dello stadio. La polizia giudiziaria disporrà di telecamere
per filmare gli spalti e facilitare in questo modo un
rapido intervento. Per i responsabili di eventuali disordini
è già stato preparato un centro di raccolta al commissariato
dell'avenue Houba de Strooper, dove saranno fotografati
e interrogati. Detto questo, non è che il Belgio preveda
una serata d'incidenti. Il tifo è caldo, ma la partita
è attesa non in toni conflittuali bensì con la passione
riservata ai grandi appuntamenti sportivi: "Una serata
di football che si vorrebbe non finisse mai", scriveva
nei giorni scorsi il quotidiano Le Soir. Le misure di
sicurezza, dicono i responsabili, sono solo una precauzione:
proprio perché la grande festa del calcio non debba
essere guastata. La piccola cerimonia di ricordo per
i 39 morti dell'Heysel, in programma prima del calcio
d'avvio, dovrebbe essere un monito più che sufficiente.
3 marzo 1990
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA
MARZO
1990
1300 agenti presidieranno lo stadio della morte
L'Heysel in un bunker
Riprende contro il Malines
la marcia di un Milan travolgente
di Giorgio Gandolfi
DAL NOSTRO INVIATO. BRUXELLES
- Riprende l'avventura dei rossoneri in Coppa dei campioni.
Stavolta è il Belgio la tappa della squadra di Sacchi, il
Malines, una specie di multinazionale visto che la compongono
elementi di Belgio, Olanda e Israele. Batterli non sarà
facile anche se mancherà l'uomo più rappresentativo, Koeman,
fratello del libero del Barcellona. Appianato l'ultimo problema,
rappresentato dall'ultima "discussione" tra Sacchi e Berlusconi,
il Milan si appresta a giocare all'Heysel, lo stadio tristemente
noto per le gesta degli "hooligans" che portarono lutto
fra i tifosi juventini. Con le misure di sicurezza predisposte
dalle forze dell'ordine belghe (1300 agenti), non dovrebbero
esserci problemi anche perché solo 3500 tifosi si muoveranno
dall'Italia. Altri 9 mila italiani arriveranno dal Belgio,
dunque sono di casa e si intendono con i loro avversari.
Il Milan ha dovuto restituire 1000 tagliandi, il costo della
trasferta è stato ritenuto troppo caro. Se la vedranno in
tv, sebbene in differita e con i soliti spot omaggiati dal
loro presidente Berlusconi. Il quale continua con la battaglia
personale con Sacchi: appena questi commette un errore,
gli indirizza strali velenosi. Non lo perdona mai, magari
sono frecciate che partono dal subconscio però escono dalla
sua bocca. Poi le smentisce, ma domenica, un giornalista
dell'Unità ha accuratamente riprodotto con un piccolo registratore
le parole del presidente. Si sente benissimo quando parla
di "formazione scompaginata", di Tassotti "che è sprecato
in zona centrale e che rende meglio come terzino d'attacco",
e così continuando con questo tono. Anche i mega-presidenti
qualche volta sbagliano. Però di questo passo vediamo bene
Sacchi con altri colori, quelli bianconeri ad esempio. Prima
o poi Berlusconi farà fuori l'unico personaggio che nel
Milan gli fa ombra: non potendo liquidare Van Basten, perché
fa i gol o Baresi perché impedisce di farli, meglio cambiare
la panchina, non vi pare ? Ma ora parliamo del presente,
del Milan che gioca in Belgio mentre Gullit domani saprà
se tornerà a giocare o no. Il fantasista sfortunato è fiducioso,
ma l'ultima parola spetta al medico che l'ha operato, Mertens,
che lo attende oggi a Lovanio per un ulteriore controllo.
Gullit ha già cominciato ad allenarsi, ma per due mesi ancora
dovrà lavorare in modo blando al punto che spera di potere
giocare ad agosto. In tempo utile per essere ancora del
Milan. Attendiamo il responso dei medici, mentre il Milan
farà di tutto per realizzare il proprio programma ambizioso.
Certe assenze, tipo quelle di Tassotti (squalificato), Donadoni
e Gullit si fanno puntualmente sentire. Donadoni conta di
farcela domenica prossima con la Juventus: "Almeno un tempo"
ha detto. Ma se entra lui uscirà Rijkaard per il quale domani
scatterà la squalifica proprio a causa dell'espulsione rimediata
con la stessa Juventus in Coppa Italia. Domani la linea
difensiva sarà diversa rispetto al campionato, proprio perché
Costacurta farà il terzino al posto di Tassotti e Rijkaard
lo stopper, dovendosi prendere cura niente di meno che di
Bosman, che nel gioco di testa è uno dei più forti attaccanti
d'Europa. Poi, domenica a Torino, Costacurta tornerà stopper
in tandem con Franco Baresi e Tassotti riprenderà il suo
posto di terzino in tandem con Maldini. Come si vede, l'intercambiabilità
nel Milan è all'ordine del giorno e si spiega perché Berlusconi
faceva l'occhiolino a Borsano: gli avrebbe portato via volentieri
Benedetti, difensore ideale per questo Milan. Ma il presidente
del Torino, almeno per ora, gli ha risposto negativamente.
Più avanti si vedrà, tutto è possibile nel calcio. Specie
se il Milan dovesse vincere la Coppa dei Campioni e lo scudetto,
lasciando alla Juventus la Coppa Italia: in questo caso,
Berlusconi si supererebbe, preso dalla mania della vittoria,
metterebbe in campo davvero due squadre, capaci di competere
l'una con l'altra. E' il suo sogno, ci sia o no Sacchi in
panchina.
6 marzo 1990
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA
MARZO
1990
di Gianni Cerasuolo
Otello Lorentini e gli
altri familiari delle vittime proprio non riescono a mandare
giù quest'ultimo boccone amaro. Vogliono dimostrare che
l'Heysel è uno stadio sicuro e che quelle morti di cinque
anni fa furono dovute a pura fatalità, al caso. E il 12
c'è il processo d'appello. Quale occasione migliore per
sfruttare la partita di domani sera ? E' la rabbia, un dolore
sempre vivo a dettare lo sdegno di Lorentini, presidente
dell'associazione dei familiari delle vittime: loro si sentono
abbandonati. Una sensazione che ha provato altra gente,
altri cittadini che hanno chiesto giustizia ricevendo in
risposta soltanto menzogne e facce di circostanza nelle
commemorazioni ufficiali. Di stragi è pieno il nostro paese.
L'Heysel fu una strage lontana, un mattatoio quasi annunciato
e aggravato dall'ignavia e dall'incompetenza dell'autorità
belghe e dell'Uefa. Oggi la sensazione è che, facendo giocare
domani sera il Milan in quello stadio che è rimasto inadeguato
e angusto, il calcio e i suoi patron vogliano passare la
spugna su tutto quanto successe in quella serata di cinque
anni fa, il 29 maggio: 39 persone furono schiacciate, maciullate
dalla furia degli hooligans. Ma non solo da quella. Lorentini
e gli altri non mandano giù soprattutto l'atteggiamento
del Milan, spiegata dal clan rossonero come una decisione
subita. In realtà è un fatto di cassetta. Più posti a disposizione
rispetto allo stadio del Malines, più pubblicità da piazzare
ai bordi del campo, maggiore incasso. Sta bene a tutte e
due le società. E di conseguenza riesce insopportabile la
proposta di parte milanista di una messa in suffragio di
quei morti. In questi cinque anni nessuno si è mai fatto
vivo con noi, qualche telefonata dalla Federcalcio e basta.
I belgi ci hanno impedito persino di deporre dei fiori in
quella curva maledetta, un atto di pietà elementare. E adesso
vogliono dir messa. No, io mi ribello a queste ipocrisie
! Cita, Lorentini, una lettera inviatagli dalla signora
Tiziana Fecchio, vedova Russo, che così gli ha scritto:
"l'Uefa ha dimenticato i nostri morti mentre io non so che
cosa rispondere a un bambino di quattro anni quando mi chiede
dov'è suo padre". Questo bambino nacque qualche mese dopo
la tragedia. Nessuno o quasi ha pagato. Tranne quei quattordici
imputati inglesi colpiti peraltro con pene abbastanza lievi
e comunque mandati liberi che erano la catena più debole
nella catena delle responsabilità. Il sindaco di Bruxelles
Hervé Brouhon è ancora lì al suo posto, i responsabili del
servizio d'ordine se la sono cavata con un po' di multe.
Quelli dell'Uefa erano e sono degli intoccabili. Sicuramente
il Milan non poteva rifiutarsi di giocare: ma dopo l'Heysel,
il calcio ha bisogno anche di gesti clamorosi, di sensibilità
più spessa per non continuare ad alimentare lo stillicidio
di violenza che pervade gli stadi di tutto il mondo, a cominciare
dai nostri. Invece chi prova ad andare controcorrente, e
ce n'è gente che lo fa (Sacchi, per dirne uno, quando ha
detto di voler fermare il campionato di fronte all'infamia
degli striscioni), viene preso per un folle, un originale.
Così deve sembrare una persona come Otello Lorentini, un
rompiscatole. Il quale fa sapere che probabilmente i familiari
delle vittime dell'Heysel non potranno sostenere la causa
civile. I milioni che servirebbero non ci sono.
6 marzo 1990
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA
MARZO
1990
Voglia di cancellare
di Licia Granello
BRUXELLES - Milletrecento
agenti mobilitati, la capienza dello stadio dimezzata, un
interminabile carteggio fra Milan e ministero degli Interni
belga, una messa in memoria celebrata nel cuore della città.
Il tutto, con la consueta, ottusa sovrintendenza delle autorità
locali. Sono passati poco meno di cinque anni dalla tragedia
dell'Heysel, fra sei giorni appena comincerà il processo
d'appello contro i responsabili materiali del massacro.
Quelli morali sono tutti rimasti a coprire i rispettivi
incarichi. Così, la partita di questa sera è una sorta di
appuntamento con la memoria, che da queste parti si sta
cercando di rendere il più piatto e asettico possibile.
La cronaca registra la bocciatura del piano di ristrutturazione
radicale dello Heysel. Il consiglio regionale ha stimato
eccessivo il costo di un miliardo di franchi, circa 36 miliardi
di lire. I dirigenti del Milan hanno cercato di saldare
il debito organizzando tutto l'organizzabile. Il governo
belga, attraverso i vertici della polizia, ha negato in
rapida successione il permesso a qualsivoglia celebrazione.
Rifiutata la richiesta di lasciare vuoto il famigerato settore
Z (a cui è stato semplicemente mutato il nome in TA e che
questa sera verrà regolarmente occupato da spettatori belgi).
Niente fiori da deporre sul muretto sbrecciato, niente omaggi
da rendere ai piedi della curva, niente lutto al braccio.
In forse perfino l'appello alla non violenza da recitare
attraverso l'altoparlante prima della gara. Resta la funzione
religiosa che verrà celebrata questa mattina alle 8.30 presso
la chiesa Notre Dame de Secours dal reverendo De Mot. Saranno
presenti le delegazioni delle due squadre (i dirigenti del
Malines parteciperanno come invitati, in quanto la polizia
ha proibito loro di muoversi autonomamente). E' atteso anche
un rappresentante della Juventus, alla quale Paolo Taveggia
lunedì ha inviato un telex. I 4500 tifosi al seguito del
Milan sono stati tutti segnalati alla polizia belga (ma
pare che mille biglietti non siano stati venduti). Un treno,
due aerei e 60 pullman li faranno arrivare in mattinata.
Secondo le autorità il meccanismo di vendita dei biglietti
garantisce da ogni sorpresa al negativo: la vendita è stata
personalizzata, ad evitare ogni contatto tra tifosi delle
due squadre. Ma già qui i dati non coincidono. Quello ufficiale
dei 4500 (o 3500) italiani non collima con altre stime secondo
le quali potrebbero essercene 10mila. E non è chiaro quanti
saranno gli olandesi, che le autorità temono molto. Verrebbero
per vedere i loro nazionali, presenti in entrambe le squadre.
Nel pomeriggio gli spettatori italiani in arrivo con viaggio
organizzato verranno convogliati allo stadio dove occuperanno
la curva opposta alla Z. Qualche fermo c'è già stato, in
un'auto di Malines hanno trovato dei petardi, finora niente
di grave. Arrigo Sacchi ha voluto in qualche modo anticipare
quali saranno emozioni e sentimenti che accompagneranno
l'arrivo all'Heysel: "Sarà una cosa da brividi, nessuno
potrà scordare la cattiveria e la superficialità di quella
terribile sera. Saremo tutti col pensiero a quelle povere
vittime. Poi torneremo al calcio, che però deve trarre degli
insegnamenti. Da noi tecnici, che non dovremmo mai addivenire
a compromessi per vincere, ai giornali che non dovrebbero
alimentare polemiche assurde per vendere qualche copia in
più, agli spettatori che dovrebbero venire allo stadio con
un certo spirito. In questo mondo, sempre più cattivo e
violento, per preservare il calcio possiamo soltanto garantire
che quello di stasera avrà le caratteristiche di uno spettacolo
e non di un incontro di pugilato". Un tifoso rossonero,
infine, Sergio Dalma, 26 anni, nato a Pescara, ma residente
in Belgio, è stato pestato a sangue dalla polizia solo perché
voleva un autografo da Van Basten. Il dirigente milanista
Taveggia ha protestato energicamente con le forze dell'ordine
per questo intervento del tutto gratuito.
7 marzo 1990
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA
MARZO
1990
Diecimila tifosi italiani
tornano nello stadio dell'Heysel
Ricordare le vittime della strage ? Il sindaco
dice no al Milan
di Dario Ceccarelli
DAL NOSTRO INVIATO. BRUXELLES
- Ritorno all'Heysel. Cinque anni dopo. Una squadra italiana
- il Milan - gioca nello stadio che tutti avrebbero voluto
dimenticare. Trentanove spettatori, quasi tutti italiani,
morirono schiacciati e soffocati poco prima dell'inizio
della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool.
Stasera ci saranno più di 1300 agenti, ma le cose non sono
molto cambiate. Ieri sono stati fermati, vicino allo stadio,
cinque belgi che nascondevano mazze e bastoni. Anche due
italiani, che tentavano di scavalcare i cancelli, sono stati
bloccati e poi rilasciati. In serata un altro tifoso italiano,
Sergio Dalma, di 26 anni, è stato malmenato da un gendarme
che lo ha più volte scaraventato contro un muro procurandogli
una ferita alla testa. Di italiani, stasera, ce ne dovrebbero
essere quasi diecimila. L'Heysel, più o meno, è ancora uguale:
qualche corridoio allargato, una riverniciatina, neppure
una lapide per ricordare quella assurda mattanza. Anche
il sindaco, Hervé Brouhon, uno dei più cocciuti nel defilarsi
dalle responsabilità, è sempre lo stesso. I tifosi milanisti
verranno dislocati nella curva opposta a quella del famigerato
"Bloc Z", ma le autorità belghe hanno impedito, nonostante
le richieste del Milan, che fosse ricordata anche con dei
fiori quella maledetta sera del 29 maggio.
7 marzo 1990
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA
MARZO
1990
Una messa per le vittime
della strage e assurdi divieti
La "curva maledetta" resterà senza fiori
DAL NOSTRO INVIATO. BRUXELLES
- Dimenticare. Questa la parola d'ordine delle autorità
belghe e della polizia. Nessuna commemorazione, nessun segno
tangibile deve far ricordare morti e feriti di quella maledetta
sera di cinque anni fa (29 maggio). Solo questa mattina,
alle 8.30, nella chiesa di Notre Dame de Secours, è prevista
una messa in memoria delle vittime. Parteciperanno dirigenti
delle due squadre, tifosi, e qualche giocatore che non scenderà
in campo. La messa, per capire l'atmosfera, è stata insistentemente
voluta dal Milan. Prima della partita, il massimo che è
stato consentito, verrà diramato un appello per invitare
i tifosi alla correttezza. "Volevamo lasciare uno spazio
vuoto nella ormai famosa curva "Z", e riempirlo con dei
fiori. Niente, non è stato possibile: le autorità ce l'hanno
impedito. Qualsiasi commemorazione ricordasse il lutto
è stata bocciata". Dimenticare, rimuovere. Una linea di
condotta che ha sempre caratterizzato le autorità belghe.
Non per niente, dopo quasi cinque anni, deve essere ancora
celebrato il processo d'appello, il cui inizio è fissato
per lunedì prossimo. Finora sono stati condannati solo
14 hooligans: tre anni di reclusione ciascuno, ma con tutti
i benefici di legge. Insomma, sono tutti fuori. I tifosi
del Milan, comunque, questa volta non hanno risposto con
grande entusiasmo. Mille biglietti, di quelli dati alla
società rossonera, sono stati restituiti. Da Milano ne verranno
3500, ai quali si aggiungeranno altri 6000 di gruppi italiani
che risiedono in Belgio. La polizia belga ha scoraggiato
l'arrivo isolato di tifosi. Così sono stati organizzati
dei gruppi: mille arriveranno in treno, 300 con due aerei,
gli altri con una cinquantina di pullman. I tifosi del Milan
verranno dislocati nella curva opposta a quella dove si
scatenarono gli hooligans. Riguardo alla protesta dell'Associazione
dei familiari dei morti (contraria a far disputare la partita
all'Heysel), Paolo Taveggia ha così puntualizzato: "Comprendiamo
benissimo i loro sentimenti, del resto era l’unica soluzione
praticabile: lo stadio del Malines è troppo piccolo (15
mila posti, ndr)". L’Heysel, per la cronaca, contiene 60mila
spettatori, ma non potranno accedervi più di 35 mila tifosi.
Per prevenire gli scontri saranno impiegati 1300 agenti.
Un piccolo particolare: il sindaco, Hervé Brouhon, ritenuto
uno dei responsabili della tragedia, è sempre al suo posto.
Uno dei più zelanti nel cercare di mettere la sordina ai
ricordi.
Da.Ce.
7 marzo 1990
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA
MARZO
1990
Incredibili divieti
Difficoltà per la messa. Niente lutto al braccio
di Giorgio Gandolfi
BRUXELLES - Una messa ricorderà
stamane le vittime dell'Heysel, nonostante i divieti delle
autorità. L'ha voluta il Milan: il Malines ha rifiutato
ogni commemorazione per "la rigidità del ministero degli
Interni". Il Milan ha invitato anche la Juve a farsi rappresentare.
Non ci saranno i parenti delle vittime, in segno di protesta
dopo la richiesta che si impedisse di giocare all'Heysel.
Ci sarà invece una rappresentanza dei tifosi che arrivano
a migliaia a Bruxelles. "Volevamo mettere una corona nella
tribuna Z, gettare mazzi di fiori e giocare col lutto al
braccio - ha detto Taveggia - ce lo hanno proibito". E aumenta
la tensione fra i due club: il Milan aveva chiesto di accordarsi,
dando a chi ospita la possibilità di giocare con la propria
maglia. Lunedì il Malines ha risposto: "Giocherete le due
gare in maglia bianca". E il Milan: "Allora deciderà l'arbitro
con le disposizioni Uefa". I belgi preannunciano 27 persone
alla cena ufficiale a Milano: "Niente affatto - la risposta
- avete 10 posti a disposizione come noi a Bruxelles".
7 marzo 1990
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA
MARZO
1990
La tragedia dell'Heysel
non ha toccato i belgi
Caccia all'italiano
di Massimo Gramellini
Maniere dure e minacce
della polizia con un nostro tifoso. Soltanto una ventina
di persone alla messa per le vittime.
BRUXELLES. DAL NOSTRO INVIATO
- Appare in fondo al vialone, affogato in un parco che assiste
ogni giorno al trionfo di chissà quante coppie di innamorati.
Potresti scambiarlo per il "Filadelfia" del Grande Torino
se non fosse per quei quattro riflettori che si stagliano
con insolenza verso una coperta grigia che a Bruxelles si
ostinano a chiamare cielo. Davanti al muro della morte c'è
un cane poliziotto che tiene al guinzaglio il polso di un
poliziotto dalla faccia feroce ma vuota. Stadio Heysel,
millesettecentoquaranta giorni dopo. Non è cambiato nulla,
neppure i belgi: che abbiano ragione i francesi ad usarli
nelle loro barzellette al posto dei carabinieri ? Adesso
si sono messi in testa che la strage di cinque anni fa fu
causata dalla natura maligna degli italiani. Esibiscono
un'impermeabilità ai sensi di colpa che ha del sensazionale.
Alla messa di ieri mattina in ricordo delle vittime c'erano
soltanto l'allenatore Arrigo Sacchi, Roberto Donadoni, i
dirigenti del Milan e qualche cronista. Ventotto persone
disperse nella cattedrale di Notre Dame de Socours, con
gli occhi strizzati a scovare, magari dietro una colonna,
il segno di un omaggio tardivo alle 39 vittime della tragedia.
Niente, il Malines non ha mandato neppure il magazziniere,
per non parlare delle autorità, politiche e pallonare, del
Belgio, assenti - come direbbe Oscar Wilde - a causa di
impegni presi successivamente. La messa è stata celebrata
in italiano dal sacerdote belga Lode Vermeir. "Celebriamo
questa messa in ricordo delle vittime - ha detto il sacerdote
officiante - ma anche per esprimere la volontà che la partita
di stasera sia giocata da uomini e tifosi degni del nome
dello sport. Non siamo qui per chiedere miracoli - ha detto
il sacerdote a conclusione della cerimonia - ma per chiedere
che ciascuno si assuma le sue responsabilità, sportive e
umane. Andate e giocate in pace". "I muri non uccidono",
sostengono da queste parti. Allora tanto vale ricostruirli.
E anziché una lapide, nel punto della strage basta mettere
una mano di vernice, rimuovendo insieme alle coscienze anche
i nomi: via quel "Z" troppo evocativo, adesso la curva si
chiama "TA". Gli italiani, invece, continuano a chiamarsi
come sempre, ed è meglio non tradurre, soltanto raccontare.
Martedì sera Ercole D'Alma smonta dal suo turno di elettricista
per correre all'Heysel, dove c'è il Milan in visita. Ercole
ha una faccia che gli daresti diciott'anni, eppure ne ha
ventisei, gli ultimi venti trascorsi a Bruxelles, dove si
trasferì bambino dalla natia Pescara. Non va mai allo stadio,
un po' perché il calcio gli interessa solo quando c'è di
mezzo l'Italia e molto perché i suoi genitori non vogliono
che ci torni: c'era anche lui, quella notte, all'Heysel...
Van Basten sta salendo sul pullman, si scatena la solita
ressa per l'autografo, qualcuno spinge Ercole contro il
cordone di polizia e le mani del giovane urtano la schiena
di un gendarme. La scena si svolge sotto gli occhi di un
dirigente del Milan, Taveggia. L'uomo in divisa afferra
D'Alma e lo trascina dentro lo stadio, mulinando le braccia
e chissà cos'altro ancora. Henri Meura è il responsabile
della sicurezza dello stadio. Dopo l'ottima prova fornita
cinque anni fa è stato naturalmente riconfermato. Eccolo,
più in forma che mai, esibire il suo faccione ironico allo
sfogo di Taveggia: "E’ una vergogna. Quel ragazzo non aveva
fatto nulla e lo avete riempito di botte". "Siamo qui per
proteggervi", replica il Kojak dell'Heysel. "E allora fatelo
con intelligenza", sbotta Taveggia, presumendo magari un
po' troppo. Ercole viene medicato all'ospedale da un dottore
che si qualifica alla prima frase: "Italiano, eh ? Tutti
uguali voi altri. Voi e gli inglesi, stessa razza...". Il
ragazzo è ferito a un braccio e a una tempia. Poco dopo
entra in ambulatorio anche il suo aggressore, lamentando
una contusione ad un dito, forse illividito dall'eccessiva
attività. Mercoledì mattina. Ercole si sveglia con quattro
gendarmi ai piedi del letto. Lo fanno vestire, gli mettono
le manette: "Seguici in questura". Il Milan allerta l'avvocato
Cantamessa, mentre il commissario comincia l'interrogatorio:
il poliziotto della sera prima ha sporto denuncia e D'Alma
viene incriminato per resistenza e oltraggio a pubblico
ufficiale. "Lui ha due testimoni". "Anch'io ne ho", ribatte
Ercole. "Sì, ma i tuoi domani se ne tornano in Italia...".
Adesso D'Alma ha una paura matta che lo arrestino ancora.
Anche perché il commissario ha parlato chiaro: "Non finisce
qui. E tu sei solo il primo della lista che dopo la partita
sfilerà qui davanti !". Detto dieci ore prima della gara,
più che un presagio sembra una minaccia.
8 marzo 1990
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA
MARZO
1990
Tutto dimenticato, non
gli italiani "tifosi e mafiosi"
Nessun rappresentate belga e solo 28 persone. La
messa di commemorazione dei 39 morti dell’Heysel, si è celebrata
nella chiesa di "Notre Dame de bon Secours" in un clima
quasi clandestino. Dimenticare è la parola d'ordine dei
Belgi. Intanto il ragazzo di origine italiana, malmenato
dalla polizia, ieri è stato portato in questura con le manette
e poi rilasciato. Prima dell'inizio della partita cariche
della polizia, ieri, e fermati sette tifosi.
DAL NOSTRO INVIATO. BRUXELLES
- "Non siamo qui per chiedere miracoli: vorremmo, però,
che ognuno si assumesse le sue responsabilità sportive e
professionali. La messa è finita: andate in pace e giocate
in pace". La voce di padre Lode Vermoir, un prete belga
che parla un discreto italiano, rimbomba nella chiesa di
"Notre Dame de bon Secours. L'acustica è ottima perché dentro,
ad ascoltare la messa di commemorazione dei 39 morti dell’Heysel,
c'è solo un piccolo capannello di persone. Ventotto per
l'esattezza, di cui 7 giornalisti, 11 rappresentanti del
Milan (tra i quali Sacchi, Galliani, Donadoni, Ramaccioni
e Taveggia) quattro amici del prete. I rimanenti sono dei
parrocchiani capitati, forse per caso, prima di andare al
lavoro; sono infatti le 8.30 e le strade di Bruxelles, battute
dal solito vento di queste parti, brulicano di gente che
va di fretta. E’ stata, quella di ieri, una cerimonia malinconica
e quasi clandestina. Non c'era nessun altro a ricordare
una delle pagine più desolanti della storia, chiamiamola
sportiva, di questo paese. Non c'erano le autorità municipali
(il sindaco Hervè Brouhon, ad esempio, visto che è lo stesso
di cinque anni fa), non c'erano i dirigenti dello sport
belga, non c'erano i rappresentanti del Malines, la squadra
che ieri sera ha giocato contro il Milan nello stadio dell’Heysel.
Tutti, come sempre, hanno preferito non sapere, non partecipare,
non commentare. Il massacro dell’Heysel ? Una parentesi
da dimenticare. Cancellare. Colpa degli hooligans e, in
fondo, anche degli italiani. Silenzio, o quasi, anche su
un altro episodio che la dice lunga su come vanno le cose
da queste parti. Un giovane di 26 anni, Ercole D'Alma, elettricista,
nato a Pescara, ma residente a Bruxelles da una ventina
d’anni, martedì pomeriggio è stato malmenato, davanti agli
occhi dei dirigenti rossoneri, da un poliziotto subito dopo
l'allenamento del Milan. "Con altri ragazzi - racconta D'Alma
- aspettavo che uscissero i giocatori dal campo. Volevo
chiedere un autografo a Van Basten, nulla di più. Tra l'altro
non faccio il tifo per il Milan in particolare, ma mi piace
seguire le squadre italiane quando vengono a Bruxelles.
Ebbene, siccome dietro di me qualcuno spingeva, ho urtato
con un braccio il poliziotto: lui si è girato, mi ha preso
per il collo, mi ha trascinato in uno stanzone dello stadio
e per finire mi ha sbattuto contro un muro. Sono quasi svenuto
perché ho picchiato la nuca e la spalla sinistra". Taveggia,
direttore organizzativo del Milan, aggiunge: siamo subito
accorsi in suo aiuto, ma il poliziotto non voleva sentire
ragioni. Poi si è calmato e abbiamo accompagnato il ragazzo
all'ospedale". Tutto finito ? Macché. Ieri mattina quattro
poliziotti si sono presentati a casa del ragazzo, che vive
con i genitori. "Vestiti che ti portiamo in questura". Poi
gli hanno messo le manette e lo hanno interrogato per più
di un'ora minacciandolo che passerà dei guai perché il poliziotto
ha dichiarato che è stato lui a subire l'aggressione. "Mi
hanno minacciato dicendomi che riceverò una comunicazione
per resistenza e oltraggio". Da.Ce.
8 marzo 1990
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA
MARZO
1990
BRUXELLES - Cinque anni
dopo, nessuna memoria. Il pochissimo che è stato fatto per
ricordare il massacro dell'Heysel, lo ha fatto il Milan.
Ieri mattina, alle 8.30, la messa celebrata in italiano
dal reverendo Veimer ha avuto il conforto di venticinque
presenze: undici rappresentanti del Milan (fra cui l'amministratore
delegato Galliani, Sacchi e Donadoni), una decina di cronisti,
qualche amico del celebrante. Nessuna traccia della municipalità
belga, dei rappresentanti del Malines, e soprattutto della
Juventus. Ercole Dalma, il giovane picchiato martedì sera
(i medici dell'ospedale cittadino di Brugnam gli hanno riscontrato
un ematoma alla testa e una lussazione alla spalla) è stato
denunciato a piede libero per resistenza e tentata aggressione
a pubblico ufficiale. Il tutto, condito dalla squallida
sceneggiata delle manette mentre il giovane (che è nato
a Pescara ma vive qui da vent' anni con la sorella e la
madre) si stava recando al lavoro. Il Milan gli ha garantito
copertura legale nel processo che si svolgerà nei prossimi
giorni attraverso l'avvocato Cantamessa, a seguito della
squadra. Nel pomeriggio il numero dei fermati (tutti poi
rilasciati) è progressivamente salito. Prima sette milanisti
trovati in possesso di petardi, poi cinque italiani residenti
in Lussemburgo, a cui sono stati trovati addosso dei bastoni.
Infine due bagarini (uno italiano e uno spagnolo) a loro
volta identificati poco prima della gara. Poco prima delle
20, quando il Milan ha fatto il suo ingresso in campo per
il riscaldamento, il direttore organizzativo Paolo Taveggia,
tenendo fra le mani un mazzo di trentanove rose rosse, ha
accompagnato Baresi sotto la curva della tragedia. E' stata
una scena allucinante: la banda ha continuato a suonare
in allegria, mentre i tifosi belgi scandivano il nome del
Malines. Deposti i fiori, i due milanisti sono tornati sui
loro passi a capo chino, solo un tiepido applauso alle spalle.
- l g
8 marzo 1990
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA
MARZO
1990
Oggi appello per la strage
dell'Heysel
BRUXELLES - Si apre oggi
al Palazzo di Giustizia di Bruxelles il processo di appello
per la strage dello stadio di Heysel, in cui persero la
vita 39 tifosi (32 gli italiani) il 29 maggio 1985. Il dramma
avvenne poco prima dell'inizio della finale della Coppa
dei Campioni tra Juventus e Liverpool e fu provocato da
una carica di teppisti britannici. Davanti alla corte compariranno
14 hooligans tifosi del Liverpool, nonché, fra gli altri,
l'ex-segretario della Federcalcio belga Albert Roosens,
il presidente della Uefa George e l'allora borgomastro di
Bruxelles. Nel processo di primo grado, conclusosi il 28
aprile scorso, i 14 teppisti britannici furono condannati
a tre anni metà dei quali con sospensione condizionale per
cinque anni (il restante della pena è stato "depurato" dal
periodo di carcerazione preventiva).
12 marzo 1990
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA
MARZO
1990
"Non giocate all'Heysel"
di Vittorio Zambardino
ANGHIARI - L'intervento
più duro è stato quello dei familiari delle vittime dell'Heysel.
Hanno scelto di non parlare al convegno di Anghiari organizzato
da Crescere giocando (una fondazione culturale per un calcio
più civile), hanno preso la strada della denuncia scritta:
Siamo fortemente indignati per la concessione del nullaosta
da parte dell'Uefa per giocare all'Heysel la partita fra
il Milan e il Malines di Coppa dei Campioni. E' una totale
mancanza di sensibilità e di buongusto verso la memoria
dei nostri morti. La concessione dello stadio coincide con
l'inizio a Bruxelles del processo di appello per la strage.
Per questo procedimento l'Associazione è costretta ad andare
avanti da sola e senza l'aiuto di nessuno, sobbarcandosi
insopportabili spese, e senza una sola lira di risarcimento.
Ma l'attacco più forte viene nella conclusione del documento:
La Federcalcio e il Milan hanno avallato una scandalosa
decisione giustificata, a nostro avviso, unicamente dalla
cupidigia d'incassare qualche soldo in più. E il comunicato
si chiude denunciando la latitanza delle autorità che lasciano
correre. Mentre queste poche righe venivano distribuite
Otello Lorentini e Piero Cioni, fondatori dell'Associazione
famiglie delle vittime di Bruxelles, sedevano gomito a gomito
a molti ultrà di diverse squadre di calcio. Nessun contrasto.
Il problema del convegno sta proprio qui, come smontare
pezzo per pezzo il calcio, rivisitandone gli aspetti violenti,
e facendo compiere quest'operazione dai protagonisti. Ci
sono state anche due interviste-confessione date a Gianni
Minà da Ferruccio Valcareggi e Alfredo Di Stefano. "Nel
'74 in Germania - dice l'ex Ct della Nazionale - quando
c'era quel clima di discussioni continue avvertivo un forte
senso di saturazione. Adesso penso che fosse una malattia
del nostro calcio. Una cosa analoga la provai dopo la finale
del Messico, nel '70: al primo giorno di vacanza a Viareggio,
esco a fare una passeggiata e m'insultano fin quando non
vado a chiudermi in casa. Credo che questi siano sintomi
di violenza chiari che hanno poi fatto molta strada". Poi
parla Alfredo Di Stefano: "Io credo che ci sia una violenza
innata nel calcio che va limitata. Il giocatore non vuol
perdere, l'allenatore non vuol perdere. La stampa ricorda
ai tifosi che quello stesso arbitro che va in campo oggi
ci ha tolto un rigore quindici anni fa. E quando c'è il
fischio d'inizio tutti sono già pronti per rompersi le ossa.
Credo molto nella proposta fatta dal giudice inglese, dopo
la strage di Sheffield: tutti i posti a sedere numerati.
O si fa così o si chiude".
14 marzo 1990
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA
MARZO
1990
BRUXELLES - Settecentotre
vittime, non posso dimenticarlo: e tutto questo per una
partita di calcio mal organizzata e mal controllata dalle
forze dell'ordine. Sono le parole centrali della prima parte
della requisitoria del pubblico ministero al processo d'appello
per la strage dell'Heysel: una requisitoria che continuerà
oggi. Ufficialmente è dedicata ai soli 14 imputati britannici,
ma dal suo tono è lecito comprendere che le richieste saranno
dure: non solo nei confronti degli hooligan, ma anche di
organizzatori e responsabili dell'ordine. Il pubblico ministero,
Oscar Vandemeulebroeke, ha cominciato proprio ricordando
il bilancio di quella sera, il 29 maggio 1985. Settecentotré
le vittime: 39 morti, 32 dei quali italiani, 42 che hanno
subito una invalidità permanente di lavoro sia in seguito
ad una malattia incurabile che alla perdita totale dell'uso
di un organo, e 459 persone colpite da una incapacità parziale
o temporanea di lavoro.
20 marzo 1990
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA
MARZO
1990
Il pubblico ministero
al processo per l’Heysel
"I teppisti esaltati dai giocatori cattivi"
Il teppismo sugli spalti
degli stadi nasce anche dai calci, dagli interventi fallosi,
dagli isterismi dei calciatori in campo. Questa la tesi
sostenuta dal pubblico ministero Oscar Vandemuelebroecke
al processo d'appello per la tragedia dello stadio Heysel
di Bruxelles. "Quando un episodio diventa criminale - ha
affermato il pm - le autorità devono adottare misure sia
preventive e anche, e necessario, repressive. E quindi,
per gli episodi di violenza che accadono sui campi di gioco,
non bisogna aver dubbi, non si può che essere decisi". La
pubblica accusa aveva chiesto pene più pesanti per dieci
dei quattordici tifosi inglesi condannati in prima istanza
a tre anni di carcere, di cui un anno e mezzo con la condizionale,
per il ruolo avuto nei disordini del 29 maggio 1985 prima
dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus
e Liverpool. Trentanove spettatori, di cui 32 italiani,
morirono schiacciati dalla calca provocata dai teppisti.
Per gli altri quattro imputati, gli unici presenti al processo,
Vandemuelebroecke ha usato una mano più leggera, limitandosi
a chiedere la conferma della pena inflitta a conclusione
del primo processo. A Bramshill, intanto, nel locale college
di Scotland Yard prosegue il corso di studio di un contingente
di carabinieri italiani che dai colleghi inglesi stanno
apprendendo tutte le tecniche usate dagli hooligan nei loro
attacchi dentro e fuori gli stadi.
21 marzo 1990
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA
MARZO
1990
PROCESSO HEYSEL
Nel processo d'appello
per la strage dell'85
Il sindaco non
accetta critiche sull'impianto
BRUXELLES - "Le condizioni
dello stadio di Heysel non hanno contribuito ad aggravare
il bilancio degli incidenti" in cui, il 29 maggio 1985,
morirono, sotto le cariche bestiali di teppisti britannici,
trentanove spettatori, trentadue dei quali italiani, poco
prima della finale della Coppa dei Campioni tra Juventus
e Liverpool. Lo ha sostenuto ieri il sindaco di Bruxelles,
Hervé Brouhon, al processo di appello per la strage dello
stadio di Heysel, iniziato il 12 marzo scorso nella capitale
belga. Brouhon era stato assolto in prima istanza. Lo stadio
di Heysel appartiene alla città di Bruxelles e Brouhon,
come sindaco, è il responsabile della manutenzione dell'impianto.
Per Brouhon, inoltre, "è escluso che il tipo di costruzione
usata per il blocco Z (la curva dove morirono schiacciate
e soffocate la maggior parte delle trentanove vittime, ndr)
abbia contribuito ad aumentare il numero dei tifosi che
persero la vita". La pubblica accusa ha sostenuto invece
che il blocco Z si sgretolò sotto la pressione degli spettatori
che vi si ammassavano contro per sfuggire alla furia dei
teppisti britannici. La polizia, secondo il procuratore
del re, raccolse allora varie decine di chili di pezzi di
gradinata lanciati dai teppisti britannici contro gli spettatori
che si trovavano nel blocco Z. Il processo d'appello, oltre
al sindaco Brouhon, riguarda quattordici teppisti britannici,
l'ex segretario della federcalcio belga, Albert Roosen,
il presidente e il segretario generale dell'Uefa, Jacques
Georges e Hans Bangerter, e due ufficiali della gendarmeria
belga. Il verdetto della corte d'appello di Bruxelles è
atteso per il 23 maggio.
19 aprile 1990
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA
APRILE
1990
Versi delicati nei lampi
dell'Heysel
di Renzo Rossotti
"Il mare dei pianeti",
la nuova raccolta del giornalista. Anche i morti di Bruxelles
nelle poesie di Caroli".
Una malinconia invincibile
e dolce. Una meditata nostalgia di cose che sono state,
gli sfuggono e che Angelo Caroli vorrebbe riavere, almeno
un poco. Il mondo è cambiato ed egli si strugge per il fatto
di sentirsi solo, qualche volta incompreso. "E perciò mi
ritrovo / cittadino della solitudine / a maledire i mesi
che sento fuggire / come rondini all'urto dei temporali.
/ Non s'accendono più i balconi / mansarde miopi guardano
sul fiume / e se ne va nella corrente / la mia felicità
incostante". E' un frammento da "La paura", una delle liriche
di Caroli nel suo nuovo "Il mare dei pianeti", che la Graphot
Editrice ha appena distribuito. Un discorso, quello di Caroli,
che continua, dopo "La giunta stagione", dello stesso editore,
un'avventura di poesia vissuta, allora, con Angelo Mistrangelo.
Un giornalista sportivo e un critico d'arte uniti nei versi,
quasi sulla falsariga di quelle notissime Lyrical ballads
di Coleridge e Wordsworth. "Poesia quando ? Quando la nostalgia
mi coglie. Nascono così, dalla mia tristezza", spiega Caroli.
La tristezza, dunque, come ispiratrice, la poesia come rimedio,
medicina della malinconia. Un circolo chiuso. E dentro a
questo circolo vi sono interessi, sogni, sprazzi di luce,
immagini brevi come lampi, amori, sensazioni, profumi. Nico
Orengo, che per "Il mare dei pianeti" ha curato la prefazione,
ha annotato: "Cerca nella sua poesia, che rimane per vocazione
intimista, il dialogo, lo scontro, il parlato. Cerca la
scintilla fra il presente e il ricordo ("la tua chioma bruna
/ spinse il giorno a morire"), la tragedia esplosa dalla
cronaca (Heysel), il minuto quotidiano con il suo tranquillizzante
colore grigio. Ma al centro del labirinto dei versi di questo
canzoniere, l'alone che tremola come un canto di sirena
è quello di un "volto di poesia, l'urgenza di dare con parole
un significato all'incertezza e all'inconsistenza di abitare
il mondo. E cercando in quel miraggio un senso e un suono".
Il cenno, ben chiaro, dedicato all'Heysel - "La notte non
ha stelle / e diventa un cimitero / lassù in una caserma;
/ sentinelle piangono nelle garitte"- nasce dall'uomo e
dallo sportivo; il poeta lo ferma e sublima. Caroli ci aveva
dato nel 1987 quel libro "Ho conosciuto la Signora", nitido
ritratto di una Juventus intima, per la quale aveva lottato
sul campo, spasimato e anche segnato, prima di corteggiarla
come cronista in limpidi resoconti. Il volume, senza dubbio
autobiografico, con la sua storia di giovane calciatore
ammaliato dalla Signora, gli aveva valso un premio al concorso
letterario "Coni '87". I pensieri che animano la solitudine
del poeta vagano come scintillanti navigli. Lo scopriamo
in "Battelli illuminati". Ritma Caroli: "Nel cielo spento
/ si rincorrono / battelli illuminati / sopra la strada,
/ fiordo buio / che trafigge stanco il cuore della sera.
/ Ascolto le ombre / nell'ora sfinita / e il canto riprenderà
/ domani, sullo sfar dell'alba. "Né il rumore, né la folla
spengono la tristezza del poeta. Bastano, a svelarlo, i
due versi intitolati "Rio": "Mi mescolo alla felicità e
ho subito nostalgia". La moltitudine, il mare urlante, lo
portano ancor più alla riflessione intima, solitaria.
23 aprile 1990
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA
APRILE
1990
Strage Heysel
Inasprite condanne agli inglesi
BRUXELLES - Undici dei
quattordici hooligans inglesi, condannati l’anno scorso
a tre anni di prigione per i tragici incidenti del 1985
allo stadio Heysel, si sono visti, ieri inasprire le condanne
da una dura sentenza d'appello. La corte di Bruxelles ha
prosciolto uno degli imputati, ha confermato la sentenza
a tre anni per due di loro, ma l’ha aumentata a cinque anni
per gli altri undici. Il tribunale ha disposto inoltre la
sospensione delle condanne a tre anni. Gli imputati erano
stati riconosciuti colpevoli di omicidio preterintenzionale
per i disordini divampati il 29 maggio del 1985 durante
la finale della Coppa dei Campioni tra il Liverpool e la
Juventus, che causarono la morte di 39 spettatori, la maggior
parte italiani, e centinaia di feriti. In seguito alla drammatica
vicenda, le squadre di club inglesi sono state bandite dalle
coppe europee di calcio. Il divieto non riguarda invece
la nazionale britannica, che può competere nei campionati
europei e mondiali.
27 giugno 1990
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA
GIUGNO
1990
Heysel
Per 11 tifosi pene più severe
BRUXELLES - Undici dei
quattordici tifosi inglesi, condannati l'anno scorso a tre
anni di prigione per i tragici incidenti del 1985 allo stadio
Heysel, si sono visti inasprire la sentenza in appello.
La corte d'Appello di Bruxelles ha prosciolto uno degli
imputati, ha confermato la sentenza a tre anni per due di
loro ma l'ha aumentata a 5 per gli altri undici. E' stata
disposta, inoltre, la sospensione delle condanne a tre anni.
Erano stati riconosciuti colpevoli di omicidio preterintenzionale
per i disordini del 29 maggio del 1985 durante la finale
della Coppa dei Campioni tra il Liverpool e la Juventus,
che causarono la morte di 39 spettatori, la maggior parte
italiani, e centinaia di feriti. In seguito agli incidenti
le squadre di club inglesi sono state bandite dalle tre
coppe europee. Il divieto non riguarda invece la nazionale
che può competere nei campionati europei e nella coppa del
mondo. (Agi-Ap)
27 giugno 1990
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA
GIUGNO
1990
Riunione in Prefettura
per la possibile semifinale tra Inghilterra e Germania a
Torino
Nel Mondiale spunta l'incubo
Heysel
Timori di "vendette"
anti-inglesi
di Angelo Conti
C'è apprensione per una
possibile, probabile, semifinale fra Inghilterra e Germania
a Torino. Se ne è parlato martedì sera, in un summit del
Comitato ordine pubblico riunito in Prefettura. Si temono
tensioni fra le due tifoserie, ma soprattutto attriti fra
ultras juventini e hooligans. Il ricordo dell'Heysel è infatti
ancora vivo, e non si esclude che qualche esaltato possa
tentare la "vendetta". Intanto, molti torinesi hanno già
telefonato al giornale annunciando che - in caso di sbarco
inglese al Delle Alpi - rinunceranno al posto allo stadio
e resteranno a casa, davanti alla tv. E' stata esplorata
la possibilità di un'inversione di campo con la semifinale
napoletana: in questo caso, l'Italia (Eire permettendo)
avrebbe potuto giocare allo stadio delle Alpi. Ma l'idea
resterà tale. Ci sono troppe difficoltà tecniche da superare,
in un tempo eccessivamente ridotto. A cominciare dai biglietti
già venduti. "E poi non dobbiamo sottovalutare ha commentato
l'avvocato Vittorio Chiusano, presidente del Col torinese
nonché della Juve - le chance del Camerun, che potrebbe
eliminare gli inglesi". Al di là di questa ipotesi, piuttosto
remota, i responsabili dell'ordine pubblico hanno cominciato
a lavorare sull'eventualità più probabile: quella di un
incontro fra Inghilterra e Germania. Un'accoppiata delicata
perché, accanto ad una prevedibile consistente presenza
di hooligans, è anche scontato l'arrivo di migliaia di tedeschi,
considerato che fra il Brennero e Torino ci sono appena
5 ore di macchina. Afflussi di tifosi che aprono anche seri
problemi logistici. A cominciare dal dove ospitare le migliaia
di hooligans, di solito più propensi a dormire sul marmo
delle stazioni o sull'erba dei giardini che negli alberghi.
Una soluzione sarebbe già pronta: si potrebbe riaprire la
tendopoli alla Pellerina, già adottata per i tifosi scozzesi.
Le forze dell'ordine stanno intanto studiando opportune
contromisure. Non esiste ancora un piano preciso. Ma per
i giorni 2 e 3 si farà ricorso a carabinieri e poliziotti
di stanza in zona: il Battaglione Piemonte di Moncalieri
ed il Reparto Celere di Torino possono fornire un numero
di uomini adeguato. A supporto, i carabinieri e la polizia
disporranno il raddoppio di volanti e gazzelle, mentre saliranno
ad una decina (in tutto 100 uomini) le pattuglie mobili
montate su furgoni e delegate al controllo del centro. Il
giorno della partita sono invece attesi robusti rinforzi
da Genova e Milano. Verranno anche confermati i mezzi già
impiegati nelle precedenti partite, a partire dall'elicottero
dei carabinieri dotato di telecamera brandeggiabile e di
ponte per la trasmissione delle immagini a terra che, il
giorno della partita e nei due precedenti, verrà tenuto
quasi costantemente in volo. L'obiettivo sarà quello di
evitare attriti fra inglesi e tedeschi, già nelle stazioni
e negli aeroporti, e poi negli spostamenti verso lo stadio.
Impossibile, invece, frapporre barriere fra gli ultras bianconeri
e gli hooligans. Come si comporteranno ? Che peso avrà il
ricordo dell'Heysel ? "Nessun peso. Non abbiamo dimenticato
i morti di quella sera - commenta l'architetto Dante Grassi,
responsabile del Coordinamento fra gli Juventus Club d'Italia
- ma verso gli inglesi non ci sarà astio. Piuttosto sarà
importante controllare attentamente gli hooligans, per evitare
che loro azioni di disturbo o di violenza possano provocare
reazioni. Auguriamoci che non accada, e che le forze dell'ordine
continuino a tenere in pugno la situazione". Torino, che
verso i tifosi brasiliani ha mostrato grande apertura e
persino condivisione, è ora chiamata ad una verifica. Assorbire
due tifoserie "difficili", senza farsi condizionare dal
ricordo di episodi di bestiale violenza, richiede l'impegno
di tutti. E la maturità che questa città ha mostrato tante
volte di possedere.
28 giugno 1990
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA
GIUGNO
1990
Vallette
contro gli hooligans
Minacce sui muri e nei
volantini
"Hooligans vi aspettiamo
a Torino", "Hooligans tornate a casa", "Attenti inglesi":
sono scritte comparse, nelle ultime ore, sui muri della
città. Un sintomo preoccupante, un segnale che l'arrivo
della tifoseria inglese è atteso con poca amicizia, almeno
dalla minoranza degli ultras. Scritte che, al di là delle
comprensibili dichiarazioni ufficiali volte a "minimizzare"
ogni pericolo, hanno fatto squillare molti telefoni, in
Prefettura, in Questura, al Gruppo carabinieri. In queste
ore, accanto ad un dichiarato tifo per il Camerun, funzionari
di Polizia ed ufficiali dei carabinieri ammettono anche
la partenza del "Piano Hooligans": un fitto programma di
contromisure da adottare, in vista dell'arrivo di inglesi
e tedeschi. Anche perché, in realtà, sono anche questi ultimi
a preoccupare: il "pomeriggio di fuoco" di due settimane
fa a Milano è stato rianalizzato nei dettagli, per evitare
repliche sotto la Mole. Si parla di uno schieramento di
4-5000 uomini, comprese le forze speciali, pronti a fronteggiare
le due tifoserie, alle quali non verrebbe lasciata alcuna
occasione di contatto. Uno sforzo titanico che richiede,
oltre agli uomini, anche un'organizzazione perfetta. In
città si coglie una tensione strana. Ad una fermata di autobus
delle Vallette era stato segnalato addirittura un manifesto
di minacce verso i tifosi inglesi. Non è stato trovato,
ma i passanti hanno confermato: "Era un ciclostilato, molto
semplice. Portava scritta, su tre righe: "Inglesi, non passerete,
alle Vallette". Con la firma, inedita, del comitato Heysel".
Attorno a questi segnali di dissenso, fioriscono anche voci
incontrollabili. Ieri pomeriggio, in corso Toscana, c'era
chi raccontava di riunioni di ultras (bianconeri e granata,
stranamente insieme) pronti a dare una lezione agli inglesi.
Nessuno, neppure le forze dell'ordine, riesce a discernere
la verità dalle chiacchiere da bar. Ma, se fosse vero, dovrebbe
scattare l'allarme rosso. Intanto, sono stati tirati fuori
dagli armadi i vecchi fascicoli sui disordini del giugno
'80 quando gli hooligans debuttarono a Torino con gravi
aggressioni verso i tifosi del Belgio, durante e dopo una
partita valida per il Campionato Europeo. Non manca comunque,
anche nei punti più infuocati, chi vede in questa partita
"un'occasione irripetibile per dimostrare che lo sport è
davvero superiore a qualsiasi violenza. Ed anche il momento
per superare definitivamente l'orrore dell'Heysel". Ma se
sarà così lo sapremo soltanto all'alba del 5 luglio. (a.
con.)
29 giugno 1990
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA
GIUGNO
1990
Boniperti: inglesi sotto controllo
TORINO - "Il capo della polizia mi ha assicurato
che le forze dell'ordine sono pronte per garantire le necessarie
misure di sicurezza. Certo una semifinale fra Germania e
Inghilterra ci obbligherà a stare ad occhi aperti". Giampiero
Boniperti, ex presidente bianconero, è fiducioso che Torino
possa ospitare i tifosi tedeschi e inglesi ma consiglia:
"Date poca pubblicità ai teppisti, sono malati di protagonismo".
Aspettando l'hooligan la città si divide. C'è chi ha timore
delle vendette anti-inglesi e del furore dei supporters
britannici (il sindaco, la Confesercenti, i benzinai) e
chiede per bocca di Maria Magnani Nova "il cambiamento della
sede dell'incontro di semifinale". C'è chi parla di una
grande occasione sportiva con una semifinale di alto valore
calcistico senza sottovalutare i problemi di ordine pubblico
come il presidente del Col, avvocato Chiusano che spiega:
"E’ mortificante per la città proporre un cambio di sede.
Abbiamo superato l'emergenza terrorismo, siamo in grado
di organizzare uno svolgimento tranquillo dell'incontro.
Aspettiamo serenamente il verdetto del campo". E c'è chi
spera nei gol del bomber camerunense Milla: buona parte
dei cittadini, anche per una simpatia verso la squadra africana.
Voci, ipotesi e paure si rincorrono in questi giorni di
vigilia in attesa della "soluzione finale" prevista domenica
sera al San Paolo di Napoli con l'incontro fra Inghilterra
e Camerun. Tutti si aspettano la vittoria inglese e allora
mettono le mani avanti. I commercianti, ad esempio, chiedono
alle forze dell'ordine un aiuto particolare per bar e ristoranti,
memori dei disordini di Cagliari e Bologna, ma anche degli
scontri di Milano provocati dai tifosi tedeschi. Ma c'è
anche chi guarda con timore le scritte anti-britanniche
comparse in città. L'avvocato Chiusano, presidente della
Juve, però sdrammatizza: "Tra i tifosi bianconeri non ci
sono hooligans, le scritte sono opera di qualche criminale
stupido". E Dante Grassi, coordinatore degli Juventus club
d'Italia dice: "La ferita dell'Heysel rimane sempre, ma
questo non vuole dire scatenare una nuova guerra. Piuttosto
occorre pensare in primo luogo al confronto fra le tifoserie
inglesi e tedesche. Speriamo che la presenza massiccia delle
forze dell'ordine garantisca la sicurezza in città e garantisca
anche i torinesi che vorranno andare allo stadio". Nell'attesa
si stanno affinando le misure di sicurezza. A partire da
mercoledì prossimo è previsto l'arrivo di rinforzi di polizia
e carabinieri da Milano e Genova. In tutto dovrebbero essere
più di cinquemila gli agenti in servizio in città. Le due
tifoserie dovrebbero, poi, essere divise. I sostenitori
che arriveranno in pullman verranno dirottati in parcheggi
separati lontano alcuni chilometri. Verrà anche vietato
il parcheggio delle auto private intorno allo stadio, solo
giornalisti e autorità potranno arrivare in macchina. Tutto
è pronto per sostenere l'assedio anche se qualcuno difende
i tifosi di sua Maestà Elisabetta: la stampa inglese e il
responsabile dello sport del partito laborista accusano
le forze dell'ordine italiane di "perseguitare indiscriminatamente
i tifosi". m. tr.
29 giugno 1990
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA
GIUGNO
1990
Una città piena di paura
ricorda con rabbia i suoi morti
di Clara Caroli
TORINO - A Torino i rancori
dell'Heysel sono lontani cinque anni ma ancora freschi.
E c'è paura mentre la tifoseria bianconera più arrabbiata
si starebbe organizzando per accogliere gli hooligans. La
città nella quale agli Europei dell'80, durante gli incontri
della nazionale inglese contro Belgio e Italia, esplosero
in maniera vistosa i primi fenomeni di teppismo calcistico,
rischia di vivere ore di tensione e di violenza. Che lo
stadio Delle Alpi sia il meno adatto ad ospitare l'ipotetica
semifinale tra Inghilterra e Germania, il 4 luglio, non
è soltanto opinione del sindaco Magnani Noya. Benzinai e
baristi minacciano la serrata, l'Azienda Promozione e Turismo,
che dovrebbe accogliere gli ultrà britannici, lancia appelli
alle forze pubbliche. I cittadini annunciano che si barricheranno
in casa. Il fantasma della furia inglese di Bruxelles torna
a circolare. Torino ha paura. "Rabbrividisco al pensiero
che vengano a giocare qui: certe cose non si possono dimenticare.
Mio marito aveva 26 anni, il mio bambino ne ha 5 e non l'ha
mai conosciuto. Ho ancora tanta rabbia dentro". Sono le
parole amare di Tiziana, la vedova di Domenico Russo, giovane
juventino ferito sotto la tribuna dell'Heysel e morto per
la lentezza dei soccorsi due ore dopo gli incidenti. Parole
ancora piene di rancore: è un incubo che può ripetersi,
quella è gente che non ha bisogno di essere provocata per
uccidere. Le fa eco Carlo Duchene, che rimase in coma per
un mese dopo l'Heysel: "Si cerca di dimenticare, ma alla
fine il sentimento di vendetta prevale. Io abito in Liguria,
ma se fossi a Torino non avrei paura: certo sarebbe meglio
che non mi passasse davanti un tifoso inglese, perché non
so come potrei reagire". Questa è l'aria che tira. Cesare
Frola, venticinquenne laureato in Economia e Commercio,
era nella curva degli Juventini più scalmanati, a Bruxelles,
e conosce i fighters bianconeri: "Sento molta gente che
si sta preparando a ricevere gli inglesi. Io sono un pacifista
e non mi resta che confidare nella polizia". Chi del calcio
non si interessa, chi del Mondiale non ne può più, chi della
tragedia dell'Heysel ha vissuto soltanto l'eco emozionale
di fronte al teleschermo, assiste a queste minacce incrociate
con angoscia. E, imprevedibilmente, i più preoccupati sono
gli inglesi che a Torino vivono e lavorano. Barbara Wade,
insegnante, ha occhi verdi, pelle chiara e lineamenti tipicamente
britannici: "Dopo i fatti di Bruxelles - racconta - mi è
capitato di essere inseguita e minacciata da un gruppo di
ragazzini: Quella è inglese, ammazziamola di botte. Me la
sono cavata fingendo di essere americana". Torna a quella
sera dell'85: "Soltanto allora ho scoperto gli hooligans.
Ero a casa a guardare la partita con mio marito, alcuni
amici italiani e due ospiti inglesi, un ragazzo e una ragazza.
Per scherzo avevamo diviso in due il tavolo: da una parte
si beveva vino, dall'altra birra. Era uno schieramento allegro:
alla fine eravamo in lacrime. Ora sono spaventata, il pericolo
è grande. Eppure alimentare il terrore degli hooligans è
un errore gravissimo". La pensa così anche Bill Cowling,
direttore del British Institute di Torino: "L'atteggiamento
della vostra stampa è odioso. L'Italia ha la mania dell'autocritica
e ora non le par vero di aver trovato un Paese con vizi
peggiori. Resta il fatto che quello dei tifosi violenti
è un problema sociale che affligge tutto il mondo, il mondo
civile. E' il segnale della rinascita del tribalismo: basta
guardare le facce dipinte, i tamburi. Presi singolarmente
i nostri sono bravi ragazzi, messi insieme diventano giovani
uomini delle caverne a caccia di mammuth". Alla civiltà
fa appello anche Domenico Chieffo, presidente dello Juventus
Club Augusta Taurinorum, che stempera le minacce di una
parte della tifoseria bianconera: "C'è un allarmismo esagerato.
Bisogna ripensare i ruoli: noi riceviamo degli ospiti, siamo
un popolo civile e dobbiamo dimostrarlo. Il fatto che venga
l'Inghilterra fa parte del gioco. Certo Bruxelles è un episodio
gravissimo ma fu dovuto all'Uefa che gestì male quella partita
e alle forze dell'ordine che non fecero il loro dovere.
Ci vuole prevenzione, i teppisti ci sono anche a Torino,
ma basta isolarli. Non è possibile che una piccola minoranza
metta in discussione un intero popolo civile. L'ipotesi
che ha fatto il sindaco di invertire i campi fra Torino
e Napoli mi sembra uno sproposito". Tra quelli che nel clima
di tensione generale sdrammatizzano c'è il padre di Umberto
Salussoglia, il tifoso torinese arrestato per aver sparato
all'Heysel con una scacciacani: "Vedrete che se gli inglesi
arriveranno a Torino, non succederà nulla. Gli hooligans
guarderanno la partita, prenderanno un po' di sole e se
ne torneranno a casa". Magari andrà così, ma intanto Torino
tifa Camerun.
30 giugno 1990
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA
GIUGNO
1990
Familiari vittime Heysel
"Niente violenza, per carità"
"Ho sperato fino all'ultimo
che gli inglesi non ce la facessero a superare il turno.
Ora non resta che augurarsi che durante l'incontro tra Inghilterra
e Germania non succedano incidenti. Ho sofferto troppo e
non auguro a nessuno di dover avere un figlio o un marito
ucciso in uno stadio". La signora Carolina Bandiera vive
le sue giornate nel ricordo della terribile serata all'Heysel
di cinque anni fa che costò la vita a 39 tifosi juventini.
Suo marito, Giovacchino Landini, 49 anni, finì schiacciato
come molti altri nella calca. "Non ho alcun rancore, così
come d'altronde tutti gli altri famigliari che hanno dato
vita al "Comitato parenti delle vittime dell'Heysel" l'associazione
costituitasi parte civile nel processo di Bruxelles. Non
è con la violenza che si combatte la violenza e quindi mi
auguro che gli hooligans vengano ignorati da tutti i torinesi.
Niente rancori, ma la polizia deve tenerli costantemente
sotto controllo. Non bisogna assolutamente dare loro la
possibilità di comportarsi da vandali quali sono". Anche
il presidente del "Comitato", Otello Lorentini che a Bruxelles
ha perso il figlio Roberto di 31 anni, è d'accordo: "Gli
hooligans quando vengono ignorati sono innocui. Soltanto
se istigati diventano pericolosi".
2 luglio 1990
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA
LUGLIO
1990
Una notte di guerriglia
Otto contusi e due denunciati nell'attacco contro
gli inglesi
di Ezio Mascarino
Prima una "caccia all'inglese",
attorno e dentro Porta Nuova; poi l'assalto al Parco Ruffini,
dove i tifosi erano stati sistemati da carabinieri e polizia,
al grido "Vendichiamo i nostri morti dell'Heysel". Quelle
dell'altra notte sono state ore di guerriglia: lanci di
sassi, bottiglie, spranghe di ferro. Le forze dell'ordine
hanno usato i lacrimogeni. C'è stato anche un principio
di incendio fra le tende dove erano accampati i supporters
dei "bianchi". Bilancio di tre ore di follia: otto contusi;
due giovani torinesi denunciati a piede libero (porto abusivo
di coltello e resistenza a pubblico ufficiale); 43 ragazzi,
18-21 anni, di Torino, Rivoli, Moncalieri, Chieri, fermati
e accompagnati in questura: la loro posizione sarà vagliata
dalla magistratura. Ma nel frattempo, per tutti, è scattato
un provvedimento del questore: per un anno non potranno
assistere a manifestazioni sportive, a partite di calcio;
per chi viola questa sanzione c'è il carcere: da 3 mesi
ad un anno. I disordini quando era da poco finita la partita
degli azzurri con l'Argentina. Un centinaio di giovani si
sono raccolti in piazza Carlo Felice. Poi, di corsa, un
gruppo è entrato nella stazione: "Arrivano i treni, arrivano
gli inglesi". La polizia è intervenuta, riuscendo a fermarli.
Ma altri ragazzi si sono infilati da via Nizza, anche loro
volevano affrontare i tifosi inglesi; non c'erano treni
in arrivo, gli ultras si sono allontanati. Mezz'ora dopo
sono ricomparsi, ma questa volta erano circa duecento, al
Parco Ruffini. Erano le 23.30. Al di là delle cancellate,
fra le tende dei tifosi inglesi, tutto era calmo. Fuori,
sui viali, carabinieri e agenti di polizia. In pochi minuti
la tensione è cresciuta, e tutto è degenerato. "Molti giovani
avevano al collo sciarpe bianconere", diranno poi gli inquirenti.
Grida: "Quelli stanno sfasciando le nostre strutture sportive.
Polizia, lasciateci passare, li sistemiamo noi". E tutti
a spingere contro cancelli e inferriate. I lacrimogeni,
una prima carica per disperderli. Ed è stata guerriglia.
Lanci di sassi, da parte delle tifoserie contrapposte. Ancora
una carica delle forze dell'ordine, gli ultras sono stati
allontanati. Un fuggi fuggi generale, lungo le strade adiacenti.
E lì, in via Lancia ad esempio, sono stati fermati quei
43 giovani poi accompagnati in questura e identificati.
Erano da poco passate le due di notte quando, attorno a
Parco Ruffini, è tornata la calma.
5 luglio 1990
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA
LUGLIO
1990
A
5 anni dall'Heysel l'Uefa riammette due club (Manchester
U. e Aston Villa) senza restrizioni per i tifosi
Perdonata l'Inghilterra, non il Liverpool
Matarrese: ma i familiari
delle vittime sapranno capire ?
di Giorgio Gandolfi
GINEVRA. DAL NOSTRO INVIATO
- L'Inghilterra non è più un'isola calcistica, da ieri fa
ancora parte dell'Europa. Cinque anni dopo la strage dell'Heysel,
l'Uefa ha cercato di dimenticare (ma non potrà mai cancellarli)
i 39 morti di Bruxelles e le responsabilità degli hooligans.
Ha annullato una parte della squalifica inflitta dall'allora
presidente Uefa, Georges, quando nel giugno dell'85 a Basilea
promulgò il bando d'interdizione degli inglesi. Ora due
società sono state riammesse nelle Coppe, Manchester United
e Aston Villa; il Liverpool resta in castigo per via dei
3 anni da scontare ma è probabile che già nel luglio del
'91 si torni a parlare del suo reinserimento, così come
avverrà anche per gli olandesi dell'Ajax tuttora fuori,
dunque, dal grande giro. Col Manchester United in Coppa
delle Coppe, considerato che Juventus e Sampdoria sono teste
di serie, oggi a mezzogiorno dal sorteggio all'Hilton potrebbe
saltare fuori un accoppiamento fra i bianconeri o i blucerchiati
col club inglese. E' augurabile di no, almeno all'inizio
ma tutto è possibile. "Il calcio - ha commentato il presidente
della Federcalcio, Matarrese, uno dei 4 vice dell'esecutivo
Uefa presieduto dallo svedese Johansson - è condannato ad
andare avanti. Dobbiamo guardare avanti. Non abbiamo dimenticato
i nostri morti, ma siamo stati esortati a dare il nostro
contributo per una ricomposizione del movimento calcistico.
Anch'io ho vissuto quella tremenda giornata e non potrò
sicuramente dimenticarla ma ho dovuto accettare questa decisione.
Speriamo che anche i famigliari delle vittime sappiano accettare
questo provvedimento. Noi avremmo voluto che la cosa slittasse
ancora per un anno ma stamane c'è stato un incontro dell'Esecutivo
col ministro inglese dello Sport, Moynihan, il quale ha
assicurato le massime garanzie da parte del Governo qualora
i club inglesi tornino a competere col resto d'Europa".
Il rappresentante della Thatcher ha ricordato il buon comportamento
su quasi tutti i fronti dei tifosi inglesi durante l'ultimo
mondiale e lo stesso Matarrese ha convenuto che "a Bari,
dopo la finale del 3° posto, c'è stato un abbraccio generale
coi giocatori inglesi". Quindi ha aggiunto: "Anche i loro
tifosi si sono comportati bene per cui abbiamo finito per
dare la nostra adesione". Matarrese era in una posizione
molto delicata, a mezza via fra il suo ruolo politico e
i sentimenti dei famigliari delle vittime che avrebbero
voluto interdetti per sempre gli inglesi dalle competizioni
sul continente. Lo stesso presidente della Federcalcio inglese,
Millichip, aveva presentato un rapporto contenente le norme
restrittive cui si sarebbero assoggettati i club in caso
di una risposta positiva dell'Uefa. E cioè il divieto di
portarsi dietro tifosi sul continente e soprattutto di vendere
i biglietti delle competizioni in Inghilterra. L'Esecutivo
ha dato atto alla Federazione della sua buona volontà ma
ha respinto questa ipotesi affermando che le condizioni
di partecipazione devono essere uguali per tutti ma chiedendo
che i club si assumano le spese per eventuali operazioni
di polizia". Dal quadro generale delle Coppe, dunque, mancano
ora soltanto tre società e cioè Ajax (Olanda) e Liverpool
(Inghilterra) escluse dalla Coppa dei campioni nonché l'Hajduk
Spalato, finalista della Coppa di Jugoslavia ma impossibilitata
a partecipare alla Coppa delle Coppe in quanto squalificata
per due anni dopo i gravi incidenti di Zagabria. Col ritorno
degli inglesi, la Scozia ha visto annullata la possibilità
della partecipazione di una sua rappresentante in più, il
Celtic, nella Coppa Uefa. Da notare che l'organismo europeo
ha anche dato mandato ad un noto legale di fare ricorso
presso la magistratura belga contro l'incriminazione a carico
dell'ex presidente Georges e del segretario, considerati
corresponsabili degli incidenti avvenuti all'Heysel.
11 luglio 1990
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA
LUGLIO
1990
L'ex capitano ed oggi
tecnico del Liverpool riaccende la polemica dopo la tragica
finale di Bruxelles
Un'ingiustizia lasciarci fuori
dopo l'Heysel
Dalglish: "Siamo
una squadra modello"
di Curzio Maltese
FORTE DEI MARMI. DAL NOSTRO
INVIATO - L'ultima volta di Kenny Dalglish era per un funerale.
Questa è una villeggiatura. I reds sono tornati in Italia.
Si sono acquartierati in un hotel nel verde, alle porte
di Forte dei Marmi. Clienti normali, quasi snobbati. Soltanto
l'enorme pullman posteggiato nell'ombra, seminascosto dai
pini, rivela la loro presenza. Mancavano dal 16 gennaio
1985, la Supercoppa persa a Torino (0-2) contro la Juventus.
Cinque mesi più tardi, il 29 maggio, la tragedia: 39 morti.
Massacrati per una coppa, nel fatiscente teatro dell'Heysel.
A chi non li vede da allora, mette qualche brivido lungo
la schiena riconoscere gli stessi volti, la contagiosa allegria
che è da sempre il modo di stare in gruppo dei reds, alla
vigilia di un'amichevole con la Fiorentina come nel ritiro
prima di quel Juve-Liverpool di 5 anni fa. C'è Grobbelaar,
il portiere sudafricano, quello che fece perdere la testa
a Graziani (e la coppa Campioni alla Roma), mimando un tremolio
alle ginocchia prima del rigore decisivo. Ha i soliti baffetti,
l'aria sfottente. Nei corridoi della hall accentua il clownesco
caracollare; una bottiglia di birra in mano, fa l'ubriaco.
McMahon, tutto solo, stona l'innocente motivetto "here we
go", trasfigurato negli anni a urlo di battaglia degli hooligans.
Sono rimasti Whelan, Nicol, Gillespie e Ian Rush, che sorride
spesso e ha dimenticato il poco italiano appreso in una
stagione di Juve. Non c'è il vecchio capitano Neal. Ma nonostante
la batosta anche economica dell'esclusione dalle coppe,
sono arrivati i nazionali Barnes, Beardsley e McMahon, lo
svedese Hysen. L'acquisto recente è l'israeliano Rosenthal,
accolto un'estate fa a Udine con le scritte "vattene ebreo"
e rispedito al mittente con un certificato medico: con 7
gol nelle ultime sette gare ha fatto vincere al Liverpool
il campionato. Ma in coppa Campioni il posto rimarrà vuoto.
Il Liverpool sconta il supplemento di pena, nonostante l'ufficiale
riammissione delle squadre inglesi. Se l'orologio della
storia non si fosse arrestato alla sera del 29 maggio 1985,
forse oggi il Liverpool sarebbe ancora "la più forte squadra
della Terra", una delle più grandi di tutti i tempi. Avrebbe
superato, forse, il record di sei coppe Campioni del Real
di Di Stefano. I reds sono invece tornati a essere il solo
vanto della moribonda Liverpool, dai docks deserti e dal
più alto tasso di disoccupazione d'Inghilterra. E se, "if",
è diventato il motto del club, if, ripete spesso Kenny Dalglish.
"Se" potessimo giocare in coppa, "se" non ci fosse stato
l'Heysel. Il tempo sembra essersi fermato anche sulla sua
faccia da ragazzo. A 39 anni ne dimostra dieci di meno.
Si allena tutti i giorni. Sarebbe il team manager, ma in
realtà a far lavorare la truppa ci pensano i vice Moran
e Evans. Lui, spiega Hysen, "si limita a distribuire le
maglie, a parlare di tattica cinque minuti prima di scendere
in campo, e a farsi gli affari suoi". "Del resto aggiunge
il globetrotter svedese (Goteborg, Psv Eindhoven, Fiorentina)
- l'Inghilterra è un altro pianeta rispetto all'Italia,
dove ci sono le star e i gregari, i finti divieti e i modi
facilissimi per aggirarli. Al Liverpool siamo tutti liberi
e uguali. Ci si ritrova al pub dopo la partita o l'allenamento,
si beve qualche birra e poi ognuno va per la sua strada".
"E’ un lavoro facile il mio" dice Dalglish. "Qui arrivi
solo se sei un grande, con le gambe e con la testa. Cosa
dovrei spiegare a questi campioni ? Come si gioca a calcio
? Oppure, quante volte far l'amore con la moglie ? Il Liverpool
ha un secolo di tradizione. Ogni ragazzo inglese sa come
ci si deve comportare, una volta entrato nei reds". Dalglish
si sente un uomo fortunato. "I'm a lucky man". "Non invidio
Bobby Robson (ct inglese dei mondiali) che va a guadagnare
400 mila dollari al Psv Eindhoven. Non lascerei mai il Liverpool.
E' un club unico, anche rispetto al resto del campionato
inglese. Da nessuna parte è così normale vincere, in nessun
altro posto c'è questo clima tra dirigenti, giocatori e
tifosi. "Sì, anche i tifosi. So che per gli italiani è difficile
capire, credere. Ma quest'anno non abbiamo avuto neppure
una multa per il lancio di un petardo. I nostri fans sono
meno "vivaci" di quelli del Chelsea o di Manchester. Gli
hooligans ci sono ancora. Da noi, come in Italia. "Non vorrei
essere frainteso. Non chiedo di seppellire per sempre questa
storia. L'Heysel fa parte di un passato che non abbiamo
il diritto di dimenticare. Ma siete sicuri che in questo
modo giustizia sia stata fatta ? Comunque non decido io.
Io devo soltanto fare in modo che la squadra sia pronta
per il giorno in cui torneremo in Europa, tra uno, 5, 10
anni. Vincere un campionato dopo l'altro, perché solo la
coppa Campioni conta. Eravamo al top prima dell'Heysel.
Pensiamo di esserlo ancora. Questo è il Liverpool di sempre,
vale la squadra che ha vinto a Roma. Lo dimostra la rinascita
di Rush. Se potessimo giocare contro Milan, Benfica, Real...".
3 agosto 1990
Fonte: La Stampa
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