Quella sciarpa bianconera levata al cielo
di Marco Ferrari
La tragedia dell’Heysel nel ricordo di Otello
Lorentini, l'aretino che vi perse il figlio. L’azione per avere
giustizia.
DAL NOSTRO INVIATO. AREZZO - Sono le 19.17
del 29 maggio 85. Un uomo solo vaga smarrito e ammutolito nel campo
erboso dello stadio Heysel di Bruxelles. Agita una sciarpa bianconera.
Non certo in segno di trionfo. La alza in cielo innocentemente.
Quella sciarpa appartiene al figlio. L'aveva comprata l'anno prima
alla finale di Coppa delle Coppe a Basilea. Quel simbolo di sport
e di vittoria è intriso di sangue ancora caldo. Otello Lorentini,
63 anni, pensionato aretino, ricorda a fatica quegli attimi di paura.
"Pensavo che mio figlio Roberto potesse vedere la sua sciarpa, chiamarmi,
dirmi che era ancora vivo, che aveva superato quell’ondata omicida.
Attesi qualche attimo poi rientrai nella famigerata curva Z. Frugai
tra quei corpi, alzai cadaveri su cadaveri, mi feci largo tra pozze
di sangue finché non lo vidi. Mi precipitai su di lui, appoggiai
la testa al suo cuore, mi sembrava che battesse, invece erano le
mie tempie che scoppiavano". Il dramma dell’Heysel sembra lontano
dalla pace della periferia aretina. Eppure in questa casa moderna
e ordinata dove abita la famiglia Lorentini alberga ancora l'ombra
di una tragedia impensabile ed inspiegabile. Otello Lorentini, 62
anni, non è un tifoso juventino, forse neppure uno sportivo. Ha
un'aria bonaria e taciturna frutto di trent’anni di solitario pendolarismo
da Arezzo a Firenze. Ma a Bruxelles ci era andato volentieri finalmente
in pensione, aveva accettato di accompagnare il figlio Roberto,
31 anni, medico, e i due nipoti Andrea e Gianni, cresciuti e vissuti
sempre insieme. E’ tornato dal Belgio con un dolore che non si può
rimarginare, una bara con il figlio dentro, tanti e tanti interrogativi
ancora da chiarire. Adesso Otello Lorentini è presidente dell'associazione
vittime dell'Heysel. Un compito che non gli restituirà certamente
il figlio Roberto ma che lo aiuterà a capire e far capire agli altri
i meccanismi perversi della violenza. In questa abitazione aretina
- dove abitano anche la giovane moglie e i due figli di Roberto
- la tragedia belga ha spezzato il sogno innocente di una famiglia
operosa e semplice che ha fatto del lavoro il simbolo dell’emancipazione.
E’ difficile entrare tra queste pareti dove si cerca di vivere come
se la morte non avesse mai oltrepassato quel cancello. Otello Lorentini,
la voce flebile, gli occhi bassi, il volto ancora stanco dalla sofferenza,
parla del dolore come di una situazione emotiva con la quale bisogna
necessariamente vivere. Eppure l’impegno per tutte le vittime dell’Heysel
(32 italiani più sei di altre nazionalità) sembra che abbia fatto
ritrovare a quest'uomo la voglia di vivere, nonostante tutto. "Ho
cominciato a luglio dello scorso anno - racconta Lorentini - a contattare
tutte le famiglie delle vittime. Lo scopo finale è quello di arrivare
al processo penale, a Roma o a Bruxelles. Una volta individuati
i responsabili - che per me sono le autorità belghe, la polizia
di quello Stato e i dirigenti dell’Uefa, oltre ai tifosi inglesi,
che sono gli esecutori materiali della strage - in fase civile ogni
associato ha il diritto di fare quello che vuole". Se il dramma
dell'Heysel appare oggi quasi dimenticato, queste famiglie vogliono
continuare a lottare. Lo hanno ribadito in un recente convegno romano
e lo faranno ancora stimolando le autorità belghe e italiane a scavare
nella difficile verità. "Ci sono morti di serie A e di serie B -
dice Lorentini - perché alcune famiglie hanno avuto gli indennizzi,
altri non hanno visto nulla. Il governo italiano, quello inglese,
la Cee e la Fondazione Agnelli stanno forse facendo della confusione.
Mediamente gli indennizzi sono stati di 30 milioni. Poi la Croce
Rossa ha distribuito contributi a due o tre famiglie, ma senza precisi
criteri. Morti da dimenticare, morti che fanno paura. L'inchiesta
della Procura di Roma è giunta al termine, ma si attende un segnale
dal Belgio che però non arriva. "La magistratura belga - sostiene
Lorentini - vuole arrivare in tribunale, ma sono altre autorità
a bloccare l'inchiesta. In questo caso il dibattimento si terrà
in Italia, anche se rendere esclusiva la sentenza sarà difficile".
Ma questa gente non riesce certo a dimenticare i suoi morti. "Quei
ragazzi - racconta Lorentini sono arrivati a casa a pezzi. Hanno
eseguito l'autopsia e li hanno ridotti come bestie. E tutto per
stilare un certificato di morte accidentale. Per questo il giudice
Rossini, che ha seguito l’Inchiesta, ha preteso una nuova autopsia
per stilare un diverso certificato per morte da schiacciamento,
da soffocamento o addirittura da arma. E i belgi pretendono di lasciare
allo stesso posto o magari di promuovere il borgomastro di Bruxelles
e il capo della polizia. Lorentini non sa esattamente quello che
è accaduto nei minuti e nei giorni dopo la strage. "Ricordo solo
che telefonai all'ambasciata e che un funzionario ci è corso in
aiuto all'obitorio. Ancora oggi non so quanti giorni ho passato
nella capitale belga. Sono rientrato con un volo di tifosi modenesi
che avevano posti disponibili". Da allora non ha più visto una partita,
neppure alla televisione. Comprende gli sportivi, non ha nulla contro
i tifosi. Forse ad Arezzo intitoleranno un campo storico al figlio
e lui ci andrà. Spera che un giorno anche una strada della città
si chiami con il nome del figlio. Non scorderà mai le parole toccanti
del sindaco di Arezzo ai funerali, quando disse che la città si
sentiva più vuota. "Del calcio mi è rimasta la rabbia di vedere
la gente gioire per una coppa che grondava sangue. Non si doveva
esultare in quel modo. Posso accettare - dice Lorentini - che la
partita sia stata eseguita per evitare il peggio, ma i giocatori
dovevano correre subito negli spogliatoi, non fare neppure la doccia
e venire via. Quello non glielo posso perdonare". Come potrà mai
far capire ai giocatori di oggi e a quelli di domani il suo dramma,
il dramma di tante famiglie, l’orrendo destino di un uomo che parte
con la gioia e torna con il dolore ? Otello Lorentini non lo sa
proprio. Ma non perde la fiducia e continua a farmi scorrere davanti
l’elenco delle adesioni al convegno romano delle Associazione vittime
dell’Heysel come se una firma o un telegramma potessero in qualche
modo legittimare il suo sforzo, la sua opera di verità, la sua irrinunciabile
fede verso una giustizia che pure tarda a farsi largo. Quel figlio,
quell’unico figlio se lo sono portati via, ma non gli hanno certo
portato via la sua giustezza morale. Quello stesso giorno il postino
bussò alla porta dei Lorentini. Li consegnò una lettera di assunzione
del figlio presso l’ospedale di Arezzo. Una lettera che Roberto
attendeva da mesi e che non ha mai letto. Lo stesso postino ha suonato
ancora, qualche mese dopo ha consegnato a Lorentini la medaglia
d’argento al valore civile assegnata alla memoria del figlio Roberto
tra la folla spaventata del settore Z mentre cercava di proteggere
e salvare un bambino. Una canzone di Fabrizio De André recita di
una donna che aspettava un soldato vivo e si ritrova un eroe morto,
una medaglia accanto al letto. La guerra à finita, ma la violenza
e il dolore continuano. Che civiltà stiamo costruendo ? Neppure
un uomo saggio e semplice come Lorentini sa rispondere.
8 gennaio 1987
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA GENNAIO 1987
E' la prima vittima della droga nel 1987. Trovato
agonizzante in un bagno della comunità Santa Maria della Rotonda
di Agliè dove era in cura per disintossicarsi. Gli amici: "Sembrava
fuori dal problema, forse ha avuto un attimo di sbandamento".
Claudio Ardito, un impiegato di 27 anni residente
a Torino in corso Grosseto (omissis), che stava cercando di disintossicarsi
dall'eroina nel centro di Santa Maria della Rotonda, ad Agliè, è
morto ieri mattina probabilmente per overdose. All'alba avrebbe
dovuto partire per andare a vedere la partita a Brescia, ma gli
amici che sono andati a prenderlo l'hanno trovato in fin di vita
chiuso nel bagno; a terra una siringa ancora mezza piena. Una corsa
fino all'ospedale di Castellamonte, un massaggio cardiaco, la respirazione
bocca a bocca non sono serviti a salvarlo. La salma verrà sottoposta
ad autopsia. Le indagini sono dei carabinieri di Agliè. Il giovane
era tossicodipendente da almeno cinque anni; venne arrestato a Bruxelles
dopo la tragedia dello stadio di Heysel e scontò due mesi di galera
prima di tornare in Italia. Allora lavorava alla Cassa di Risparmio,
ma la condanna gli costò il posto. Riprese a lavorare nell'ufficio
di un commercialista e intanto cercava di uscire dalla schiavitù
del buco. Da alcuni mesi era ospite della comunità di padre Giordano,
prete operaio, che da sette anni si occupa del recupero e del reinserimento
dei tossicomani. Gli ospiti non sono mai più di una dozzina. Lavorano
la campagna, vivono in un piccolo santuario barocco sulla punta
di una collina, in mezzo ai boschi a pochi chilometri da Agliè.
Claudio sembrava ormai fuori pericolo, lavorava, dormiva nell'alloggio
che la comunità ha affittato a Torino per i ragazzi già nella seconda
fase della cura, ma tutti i weekend li passava ad Agliè. Un attimo
di sbandamento, forse l'incontro con qualche conoscente o spacciatore,
gli sono stati fatali.
12 gennaio 1987
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA GENNAIO 1987
La sera dell'incontro Juventus-Liverpool comandava
il distretto di Bruxelles. Rinvio a giudizio del borgomastro ?
Con il tradizionale ritardo ma anche con sollievo
da parte dei familiari delle vittime e dell'opinione pubblica, la
giustizia procede nella sua opera al fine di mettere a nudo tutte
le responsabilità che provocarono la strage dello stadio Heysel.
Oggi, infatti, si è appreso il nome dell'ufficiale della Gendarmeria
rinviato a giudizio dalla magistratura belga per la strage del 29
maggio 1885 (39 morti fra cui 32 italiani): è il maggiore Michel
Kensier, al quale la sera dell'incontro fra Juventus e Liverpool
era toccato il compito di comandare il distretto di Bruxelles. L'identità
dell'ufficiale viene indicata dai quotidiani belgi, dopo che ieri
il ministro della Giustizia, Jean Gol, aveva detto, senza peraltro
citare nomi, che "vi sono due incriminazioni, oltre a quelle decise
contro i teppisti". Il nome del secondo Belga rinviato a giudizio
era già noto: si tratta di Albert Roosens, segretario generale dell'Unione
Calcistica del Belgio, accusato di negligenza nella distribuzione
dei biglietti. La sera del dramma, infatti, i tifosi italiani si
erano trovati fianco a fianco con i teppisti nello stesso settore
dell'Heysel. E fu proprio questa incredibile superficialità a provocare
dapprima le scaramucce tra appassionati di fede opposta e quindi
a provocare i gravissimi incidenti che si sarebbero dovuti concludere
con un bilancio così tragico. L'incriminazione del maggiore Kensier
sarebbe motivata dalle carenze di comportamento della Gendarmeria,
rimasta priva di ordini adeguati e di ogni coordinamento con la
polizia di fronte all'emergenza. Il nome del maggiore Kensier, che
alla fine del 1985 aveva lasciato il suo ufficio per seguire corsi
di stato maggiore, era stato più volte citato nel corso dell'analisi
delle cause degli incidenti. Ieri, il ministro Gol ha confermato
la possibilità che nei prossimi giorni sia incriminato un terzo
cittadino belga. A questo proposito, a Bruxelles corrono con insistenza
voci sull'eventualità che si tratti del borgomastro della capitale,
Hervé Brouhon. Lo stadio Heysel, è stato fatto rilevare, è di proprietà
del Comune di Bruxelles e il sindaco è responsabile della sua manutenzione
e della sua sicurezza, oltreché delle disposizioni impartite alla
polizia. Da rilevare pure che in Belgio gli organi di polizia dipendono
dalle autorità comunali. L'inchiesta del Parlamento, aperta nel
giugno 1985, aveva indicato l'esistenza di gravi responsabilità
per le condizioni delle strutture dello stadio, la fragilità delle
barriere tra i settori, l'inconsistenza della sorveglianza degli
ingressi per cui furono ammessi a centinaia teppisti armati e ubriachi
nonché l'assoluta inefficienza della polizia.
29 gennaio 1987
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA GENNAIO 1987
|
BRUXELLES - Il capitano della gendarmeria
belga Johan Mahieu, che comandava le forze di sicurezza nello stadio
Heysel la sera della tragedia del 29 maggio 1985, è stato incriminato
per omicidio colposo. L'indicazione riportata in un primo tempo
da fonti di stampa belghe è stata confermata oggi da ambienti giudiziari.
Secondo le stesse fonti, il giudice incaricato dell'istruttoria
sugli scontri dell'Heysel, che costarono la vita a 39 spettatori
(32 dei quali italiani) della partita Juventus-Liverpool, valida
come finale di Coppa dei Campioni, comunicherà la prossima settimana
alla procura i primi provvisori risultati. Nei giorni scorsi si
era appreso che, oltre all'incriminazione di 26 teppisti tifosi
del Liverpool, il giudice istruttore si era pronunciato per il rinvio
a giudizio di Albert Roosen, segretario generale dell'unione belga,
e del maggiore Michel Kensier. Roosen è accusato di negligenza nella
vendita dei biglietti, per cui tifosi italiani e britannici si trovarono
fianco a fianco nello stesso settore dello stadio. Kensier comandava
a quel tempo la gendarmeria del distretto di Bruxelles, e gravissime
carenze erano state constatate nell'organizzazione del servizio
di sicurezza attorno allo stadio e al suo interno. Per quest'ultimo
aspetto, il capitano Mahieu era direttamente responsabile, e milioni
di telespettatori furono testimoni quel 29 maggio dell'inefficienza
delle forze dell'ordine nello stadio. L'intervento delle forze dell'ordine
infatti fu tardivo e molto ridotto. Solo due o tre agenti con cani
lupo si avventurarono sulle scalinate della maledetta curva Z, ma
furono costretti a fuggire sotto un fitto lancio di bottiglie di
birra. Quando ormai i tifosi italiani erano schiacciati in un angolo
delle scalinate in preda al panico e molti di essi avevano già perso
la vita, la polizia belga intervenne in forze, ma accanendosi in
maniera particolare sui tifosi italiani che, per sfuggire alla furia
bestiale degli inglesi, avevano cercato la salvezza disperdendosi
sul terreno di gioco. Non molto diversa la situazione attorno allo
stadio. I fans inglesi riuscirono ad introdurre nell'Heysel cassette
di birra. Infatti agli ingressi non c'era alcun controllo.
3 febbraio 1987
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA
FEBBRAIO
1987
|
Londra - Uno dei 26 tifosi inglesi accusati
di omicidio colposo per la strage dello stadio Heysel ha confessato
in tribunale di aver deciso, sconvolto dal massacro, di farsi prete.
"Non ho avuto più pace dopo quello che ho visto quella sera a Bruxelles"
ha affermato. Il processo per l'estradizione in Belgio dei 26 accusati,
giunto a Londra alla seconda giornata, ha già vissuto momenti di
alta emotività. Martedì era stato proiettato un filmato di 15 minuti
sulla strage avvenuta sugli spalti dello stadio (costata la vita
a 39 persone, 32 italiani). Ieri è stata letta la testimonianza
di un testimone belga: "Gli inglesi hanno distrutto la barriera
e cominciato a lanciare pezzi di cemento ed altri oggetti pesanti
- ha dichiarato Jean Renard - poi improvvisamente è cominciata la
carica. Avanzavano a forza di calci e di pugni. Sembravano cani
impazziti. Gli spalti si sono riempiti di panico, di sangue e di
cadaveri. Tutti spingevano per scappare". Il testimone ha riconosciuto
Barry Rickman, uno del 26 imputati. "Era tra i capi: si comportava
come un animale". Dalle testimonianze lette in tribunale è emerso
che alcuni degli imputati indossavano capi di vestiario stravaganti,
che hanno facilitato la loro identificazione. Uno degli accusati
era andato alla partita indossando un costume di Superman, un altro
aveva una maglietta con la scritta "Imperatore di Roma" mentre un
terzo indossava una maglia con l'immagine del cantante Bruce Springsteen.
Uno dei tifosi accusati ha ammesso di essersi recato ad assistere
alla partita già ubriaco.
5 febbraio 1987
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA
FEBBRAIO
1987
|
LONDRA - Uno dei 26 imputati inglesi per la
strage di Bruxelles è stato accusato da un testimone di aver dato
il via agli incidenti che provocarono la morte di 38 persone sulle
tribune dello stadio Heysel. "E' stato Graham Reavey, insieme ad
un altro tifoso inglese, il primo a scavalcare la rete di recinzione
dopo aver lanciato pietre ed altri oggetti contro gli italiani -
ha dichiarato John Paul Dullers. Era a torso nudo ed ha guidato
la carica dei tifosi inglesi". I 28 sono accusati di omicidio colposo
ed un tribunale di Londra deve decidere se concedere la loro estradizione
per farli giudicare in Belgio, dove rischiano fino a 15 anni di
carcere. Finora in aula sono state lette le dichiarazioni, come
quella di Dullers, rese alla polizia dai testimoni della strage.
Dullers ha accusato la polizia belga di non essere intervenuta mentre
i tifosi del Liverpool, "selvaggiamente ubriachi e sempre più aggressivi",
stavano organizzando cariche contro i tifosi della Juventus. In
tribunale è stato poi rilevato che gli incidenti hanno provocato
la morte di 39 persone ed il ferimento di altre 276, che tre dei
feriti sono stati operati alla testa mentre altri 22 sono stati
ricoverati in sala di rianimazione. Uno dei feriti è rimasto in
ospedale otto mesi. Uno degli avvocati dei 26 accusati in una dichiarazione
letta ai giornalisti fuori dal tribunale di Highbury Corner (nel
nord di Londra), ha affermato che uno dei funzionari della polizia
belga incaricati di controllare l'ordine pubblico durante la partita
tra Liverpool e Juventus è stato incriminato a Bruxelles per "omicidio
colposo". "Si tratta del capitano John Mahieu. E' significativo
che le autorità in Belgio abbiano preso l'iniziativa di incriminare
un ufficiale di polizia - ha proseguito l'avvocato - l'accusa sta
tentando di dimostrare che i 26 tifosi del Liverpool sono i soli
responsabili di ciò che è accaduto. Non sto dicendo che essi siano
tutti privi di responsabilità, ma è significativo che la magistratura
belga stia procedendo contro funzionari di polizia. Questo lascia
pensare secondo ogni evidenza che la responsabilità non sia tutta
da una parte".
6 febbraio 1987
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA
FEBBRAIO
1987
Quella sporca notte di gloria
di Alfio Bernabei
In aula deliranti ricostruzioni dell'eccidio
di Bruxelles. I "marines", le Falkland e quegli "italiani bastardi".
LONDRA - Sono udienze lente e meticolose quelle
dell’aula numero 4 presso la Corte di Highbury Corner, un distretto
nel contro di Londra. Si comincia sempre allo stesso modo: ore 10.30,
la presenza degli imputati, magistrato e avvocati, un videoregistratore
e tre monitor. Tocca decidere quanti dei 26 imputati potranno essere
estradati in Belgio per rispondere della carneficina dell’Heysel.
Ieri, l'esame dei verbali di Anthony Hogan, 23 anni di Liverpool,
ha preso tutta la giornata. L'avvocato Michael Sherrard che richiede
l'estradizione per conto del governo belga ha letto le deposizioni
raccolte dalla polizia inglese quando nel giugno dell’85, ha interrogato
II giovane. Era uno di quelli che hanno resistito fino alla fine,
con dozzine di "non so". Chi era a capo della carica ? Non so. Perché
hai cominciato ? Non so. Hai tirato qualcosa, cos'era ? Non so.
La polizia trae la foto 1 poi la 2 e la 3 e gli fa vedere tre riprese
da un video. Comincia a parlare: "Eravamo arrabbiati perché la polizia
ci aveva preso le bandiere. Gli italiani comunque non erano angeli.
Sì, raccolgo da terra qualcosa, ma sono dei biglietti che cercavo
per souvenir". Nell'aula del tribunale il video si ferma sul fotogramma
063453, il momento che lo identifica. Si fa riferimento alla foto
pubblicata da Stern. Il verbale continua: "Guarda, gli italiani
si stanno ritirando perché hanno paura. Adesso stai caricando mentre
gli italiani sono schiacciati. Sei tu ?". "Ok, sono io". E la giustificazione:
"Volevo solo fare un giro, dare un'occhiata a quello che succedeva,
ero ubriaco". I 26 ascoltano, ammiccano, alcuni hanno l'aria preoccupata,
altri ridono. Ce ne sono molti con magliette a maniche corte, si
ha l'impressione di osservare una squadra di marines in abiti civili.
Si voltano tutti quando riaccendono i monitor lasciando passare
due fotogrammi alla volta. Puntano col dito. Si ripensa per un istante
a una frase del verbale di Hogan "Era eccitante". E’ dal 3 febbraio
che si va avanti così, ascoltando deposizioni che hanno finalmente
distinto e articolato fatti e nazioni dietro la massa di corpi che
si muovevano davanti alle telecamere. Sono state foto e filmati
a permettere di identificare gli inglesi e a convincerli a parlare.
A confronto con il clamore di quei giorni, queste udienze sono sorprendenti
per lo scarso interesse che sollevano nei media inglesi, quasi silenzio
completo alla radio", brevi e infrequenti resoconti sui giornali.
Una mezza dozzina di reporter presenti: o solamente due, incluso
il sottoscritto, nel caso dell'udienza di ieri. È stato l'avvocato
Michael Sherrard, Il 3 febbraio, ad avviare la richiesta di estradizione
per un fatto definito "collective hooliganismi", vandalismo collettivo,
perpetrato da tifosi che si sono resi responsabili della morte di
39 persone. "Le vittime", ha detto il magistrato, "furono schiacciate
contro un angolo, caddero o furono calpestate, morirono per soffocamento.
Incluso un bambino di 10 anni. Non voglio dire che gli imputati
intendessero causare dei morti. Non di meno il governo belga ritiene
che ognuna di queste persone abbia responsabilità penali per le
morti sopravvenute". L’età media degli imputati si aggira sui 22
anni. Vengono in maggioranza dal nord, Liverpool, Merseyside. Ma
ce ne sono anche di Londra e dintorni. Che cosa li ha portati alla
violenza di Heysel ? Terry Wilson e Steve McDonald avevano dei berretti
della Juventus in testa come trofeo ed erano ancora boriosi e contenti
quando hanno parlato a due giornalisti che hanno deposto in questi
giorni. Secondo McDonald, gli italiani tiravano bottiglie e molti
avevano lunghi coltelli. "Sapevamo che ci sarebbero stati degli
incidenti perché capitano sempre durante grandi partite". E Wilson:
"Non ci siamo accorti che c’erano dei morti, dapprima non ci abbiamo
creduto quando ce l'hanno detto. Mi dispiace di quanto è avvenuto,
ma sono ancora orgoglioso di ciò che abbiamo fatto. Ha aggiunto
che nel mercato della frutta di Manchester dove lavorava era apparsa
la scritta "Liverpool 0 Juventus 39". Entrambi erano d’accordo che
quella di Heysel era stata una "notte di gloria". Perché "una notte
di gloria" ? Heysel era solo uno stadio, niente missili, navi in
fiamme. E invece, gente massacrata con l'applauso della maggioranza
degli inglesi. Nei giorni successivi alla tragedia, però, gli osservatori
più attenti e alcuni intellettuali inglesi hanno immediatamente
rilevato il rapporto tra i marines che erano stati visti tre anni
prima, nel maggio '82 sui teleschermi durante il conflitto Falkland
Malvinas, e l’orrendo episodio belga. I giornali avevano stampato
"gloria" a caratteri di scatola perfino sotto la foto di una nave
inglese devastata dalle fiamme. E lo stadio era il posto adatto
per usare il termine "Gotcha", glorificato durante il conflitto
con gli argentini e che significa nello slang militaresco "Ti ho
preso". La Thatcher alzando la bandiera, aveva detto alla televisione:
"Dopo essermi occupata per tanto tempo con le solite cose… E’ eccitante
trovarmi con una vera crisi fra le mani". Checché se ne dica, non
è possibile isolare l’Heysel dal tipo di patriottismo elevato alla
massima pazza potenza dalla "gloria del fuoco, dei missili e primi
ministri eccitati dalla guerra. Questi tifosi inglesi (che molto
prima di Heysel avevano devastato, senza far morti, una cittadina
vicino a Londra, Luton) una volta all'estero a confronto dei "latini"
potevano solamente attingere energia dai folgoranti esempi di gloria
che avevano irradiato i loro teleschermi e accontentato vasta parte
della popolazione. La scritta "Liverpool 0 Juventus 39" che decorava
come una bandiera il mercato di Manchester non era un'espressione
da tifosi, ma da dogs of war, cani da guerra. C’è stato chi tornato
sobrio, ha riflettuto sugli avvenimenti con disgusto e rimorso.
James Wallace, che ha perfino pensato di farsi prete, o Kevin Hughes,
"fu una cosa stupida, mi dispiace". Ma impera ancora il dubbio della
vittoria, Alan Woodray: "Quando cedette la rete e noi la traversammo,
gli italiani furono presi dal panico e si raggrupparono. Suppongo
che la nostra carica abbia contribuito a spaventarli, gli italiani
ci avevano visto andare verso di loro e si erano impauriti perché
si erano trovati davanti a dei tipi "psycho"". Essere "psycho",
in slang, significa andare ben oltre Hitchcock. I personaggi dei
cosiddetti film nasties per esempio sono definiti psycho". "Ho visto
uno comportarsi da animale", ha detto nella sua deposizione un autista
belga. E l’avvocato Sherrard ha aggiunto che uno degli imputati
ha potuto essere riconosciuto grazie al fatto che si era vestito
da Superman. E ancora, al dì là delle Falkland, dell'orrore e della
fantascienza d'ordine astratto o individuale, c'è di reale, connesso
in qualche modo a questo disastro umano, quel fenomeno di progressivo
deterioramento politico-culturale che devasta il paese, forse causa
prima dell’impotenza degenerante in estrema violenza. E il fenomeno
forse non si limita solo a questa categoria. Non è fuori posto rammentare
che non lontano da Londra, proprio questo fine settimana, si è svolto
il congresso dei giovani conservatori. I militanti più accesi hanno
caldeggiato la reintroduzione della pena di morte nel prossimo manifesto
politico del governo in carica. Questi giovani non avevano neanche
lontanamente per la testa i loro conterranei che si sono cimentati
in Belgio e nessuno di loro ha probabilmente prestato la minima
alienazione all'imbarazzante spettacolo di queste udienze. I loro
veri nemici hanno un colore ben noto che qui non vale neppure la
pena di ripetere. Mai al termine della conferenza si sono messi
a cantare, come in uno stadio, lo slogan "string’em up, string'em
up!" che significa, gioiosamente dal loro punto di vista, "leghiamoli
al capestro".
12 Febbraio 1987
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA
FEBBRAIO
1987
Heysel, processo
di Alfio Bernabei
Il giudice dice sì all’estradizione, poi mette
in libertà i 26 imputati.
NOSTRO SERVIZIO. LONDRA - I ventisei tifosi
del Liverpool accusati di omicidio in seguito alla morte di trentanove
persone nello stadio di Heysel nel maggio del 1965 prima della finale
di Coppa del campioni tra la Juve e la squadra inglese, sono da
ieri sera in libertà provvisoria dietro cauzione dopo che un giudice
dell'Alta Corte aveva deciso di concedere l'estradizione per il
processo in Belgio. Accettando poi l’appello degli avvocati difensori
che intendono impedire l'estradizione per il processo in Belgio
ha concesso ai ventisei imputati la libertà provvisoria. Dopo venti
lentissime udienze nella piccola aula numero 4 presso la Corte di
Highbury Corner, un distretto vicino ai centro, la giornata di ieri
si è improvvisamente movimentata con un drammatico susseguirsi di
avvenimenti. Alle 11 di mattina il magistrato David Hopkin ha concluso
che esisteva sufficiente evidenza contro tutti i ventisei tifosi
presenti in aula circa la loro partecipazione "alla carica, al lancio
di oggetti e agli scontri". "Tali azioni illegali" ha aggiunto "sono
continuate per quindici minuti e hanno costituito parte dell’azione
concertata contro i tifosi italiani". Il magistrato ha dichiarato
che venticinque tifosi si sono riconosciuti presenti agli avvenimenti
durante gli interrogatori della polizia inglese iniziati subito
dopo la tragedia. Uno è stato identificato attraverso una ripresa
video. Nel corso delle udienze i nastri delle registrazioni sono
passati e ripassati davanti ai ventisei tifosi seduti proprio come
una squadra lungo tre file di panche alla sinistra del magistrato
Hopkin. Avevano un monitor per conto loro e due monitor erano piazzati
davanti agli avvocati e ai testimoni. Immediatamente dopo il verdetto
del magistrato che per legge doveva comunque aspettare il responso
del ministro dell’interno Douglas Hurd prima di avviare l’estradizione
richiesta dall’avvocato rappresentante il governo belga Michael
Sherrard, i difensori dei ventisei tifosi hanno presentato due appelli
all’Alta Corte, uno per ottenere la cauzione e l’altro per impedire
l’estradizione. Alle due del pomeriggio la richiesta è stata ascoltata
alla Alta Corte. Il giudice Simon Brown ha impiegato poco più di
dieci minuti a decidere che i ventisei tifosi dovevano essere rilasciati
dietro cauzione. Dovranno riapparire in tribunale fra un mese quando
gli avvocati difensori presenteranno le loro tesi nel tentativo
di cambiare il verdetto del magistrato e impedire l’estradizione
in Belgio dei giovani. La notizia è stata accolta con moderata soddisfazione
dall’Associazione fra le famiglie delle vittime di Bruxelles: "è
una soddisfazione - ha detto Otello Lorentini, padre di una delle
vittime - permeata dal nostro desiderio di giustizia e di preservare
in futuro lo sport da qualsiasi violenza". L'estradizione dei 26
tifosi del Liverpool da processare in Belgio "potrà certamente contribuire
in qualche modo alla riammissione delle squadre inglesi in Europa"
dopo la squalifica a tempo indeterminato decisa dall’Uefa che mise
fuori dal giro internazionale le squadre inglesi di società dalle
coppe europee di calcio. Secondo Hans Bangerter, segretario generale
dell’Uefa intervistato telefonicamente nel suo ufficio a Berna dopo
la decisione della magistratura britannica, si tratta di "un passo
positivo" anche se si è dichiarato "molto scettico" sulla possibilità
di un ritiro a breve termine della squalifica: "non sono certo in
grado di dire quando potrà accadere". "Erano mesi - ha proseguito
Bangerter - che il magistrato belga incaricato dell’inchiesta stava
aspettando di potere concludere il suo lavoro. Spero adesso che
il ministro degli interni britannico si atterrà alla raccomandazione
della magistratura ed estraderà questa gente perché la si possa
processare davanti alle autorità competenti in Belgio". A livello
sportivo di sicuro l’Uefa esaminerà la nuova situazione nella riunione
dell’esecutivo in programma il 10 marzo. A questa sarà presente
un inviato della Federcalcio inglese che potrà esporre il suo punto
di vista anche se non avrà la possibilità di ottenere risultati
immediati.
4 marzo 1987
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA MARZO 1987
di Alfio Bernabei
Inglesi colpevoli ma liberi perché manca un
timbro.
NOSTRO SERVIZIO. LONDRA - Sono tutti in libertà
e non saranno estradati i 26 tifosi del Liverpool che si resero
responsabili del massacro di 39 persone nello stadio di Heysel nel
maggio del 1985 prima della finale di Coppa del Campioni tra la
Juventus e la squadra inglese del Liverpool. Il 3 marzo scorso un
magistrato della corte di Highbury Corner, David Hopkin, dopo venti
udienze durante le quali erano state lette le deposizioni che i
26 avevano rilasciato alla polizia, aveva concluso che esisteva
sufficiente "evidenza" per imputarli di omicidio e aveva ordinato
la loro estradizione per essere sottoposti al processo in Belgio,
come richiesto dalle autorità di quel paese. I 26 tifosi, presenti
alle udienze, si erano riconosciuti nelle immagini proiettate dalla
tv e nelle foto. Subito gli avvocati difensori presentarono appello
all'Alta corte per impedire l’estradizione dei loro clienti. Ieri
mattina un inatteso colpo di scena. Il giudice Watkins, dell’Alta
corte di Londra, ha annullato la sentenza del magistrato Hopkin.
II blocco all'estradizione ridà così la completa libertà ai responsabili
della strage. Alla base di quest’ultimo verdetto un semplice cavillo
procedurale. I verbali degli interrogatori dei 26 tifosi, condotti
dalla polizia inglese, non furono presentati al magistrato entro
i limiti di tempo necessari e nella forma richiesta dalla legge
(mancava un timbro). Secondo uno degli avvocati difensori, il verdetto
pronunciato ieri era scontato in quanto "l'evidenza", cioè le prove,
non era stata presentata entro i due mesi dall’arresto dei tifosi.
Il punto in questione era però già emerso durante il processo e
al momento della sentenza, ma era stato ignorato con il risultato
che si è finito per dar vita ad una costosa sciarada (20 udienze
con un costo che si aggira sulle 500 mila sterline). Inoltre ieri
si è fatto notare che nel trattato di estradizione del 1901 fra
Inghilterra e Belgio, è detto che l'Inghilterra "può" consentire
all'estradizione di cittadini britannici, ma che ciò non significa
in alcun modo che "deve" farlo tramutandolo in "obbligo". Il giudice
Watkins, dal canto suo, è rimasto costernato, per questa decisione
che legalmente è stato costretto a prendere. "Il no all'estradizione
- ha detto - lo considero una jattura. Ma non potevo fare altro,
colpevoli le autorità che non hanno rispettato le procedure relative
alla legge sull'estradizione. Comunque l’avvocato Michael Sherrard,
che ha rappresentato il governo di Bruxelles nel corso delle udienze,
ha dichiarato di aver seguito le vie normali, e come la gravità
del caso gli abbia fatto pensare che la questione inerente la presentazione
dei verbali entro certi limiti canonici di tempo finisse per passare
in seconda linea. Il giudice Watkins ha poi tenuto a precisare che
le prove raccolte erano sufficienti per permettere l'estradizione
del tifosi in Belgio e per processarli per omicidio. "I tifosi del
Liverpool - ha detto Watkins - hanno buttato giù le transenne e
hanno minacciato gli italiani. Hanno lanciato oggetti e si sono
resi responsabili di una delle peggiori tragedie mai avvenute in
una competizione sportiva". I 26 tifosi sono così da ieri nuovamente
in libertà grazie a queste incredibili motivazioni tecniche piuttosto
che di sostanza. "Continueremo i nostri sforzi per ottenere l’estradizione",
ha detto l'avv. Michael Sherrard che rappresenta il governo belga.
E che si voglia fare presto lo testimoniano le notizie che sono
rimbalzate da Bruxelles. Il portavoce del ministro della Giustizia
belga e vicepremier, Jean Gol, ha infatti dichiarato: "Abbiamo due
possibilità, fare appello alla Camera dei Lords, o ricominciare
da capo davanti a una Corte analoga a quella che aveva concesso
l'estradizione in prima istanza". Tutto lascia pensare che il governo
belga sceglierà la seconda strada, proprio perché più rapida. Comunque
una decisione è attesa tra oggi e domani. Ironia della sorte il
verdetto di ieri è venuto dopo un nuovo fine settimana di violenza
negli stadi inglesi, con incidenti anche alla stazione ferroviaria
londinese di King’s Cross. Sono echeggiati di nuovo slogan razzisti
contro i neri, gli ebrei, i
pakistani.
14 aprile 1987
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA APRILE 1987
Ventisei ordini di cattura per la tragedia
di Heysel
di Cesare Martinetti
Durante la partita con la Juventus i tifosi
del Liverpool causarono la morte di 39 italiani.
ROMA - Ventitré mesi dopo la strage dello stadio
Heysel sono partiti gli ordini di cattura per omicidio contro gli
hooligans inglesi responsabili di quel massacro. Li ha firmati ieri
mattina il sostituto procuratore di Roma Alfredo Rossini che da
quasi due anni indaga sulla morte dei 39 italiani nella curva "Z"
dello stadio di Bruxelles poche ore prima della finale di Coppa
Campioni Juventus-Liverpool. Il magistrato ha deciso dopo aver avuto
conferma dall'ambasciata inglese che l'Alta Corte britannica aveva
respinto per vizio di forma la richiesta di estradizione degli hooligans
avanzata dai magistrati belgi. L'iniziativa della Procura di Roma
non porterà in carcere i ventisei inglesi accusati (sono tutti in
libertà provvisoria), ma ha il senso di una provocazione per muovere
l'inchiesta e consentire di arrivare nel più breve tempo possibile
al processo contro i tifosi del Liverpool. Per ora l'Italia non
ha ancora avanzato a sua volta richiesta di estradizione per i 26.
Forse lo farà, forse no. Dipende da come si metteranno le cose dopo
questo ennesimo rinvio dovuto al rifiuto di estradizione opposto
dagli inglesi ai belgi. Il sostituto procuratore Rossini non ha
voluto commentare la sua decisione, ma ha fatto capire che la Procura
romana dopo aver contribuito in modo determinante all'inchiesta
dei magistrati belgi, non vuole rimanere solo a guardare e intende
spingere sull'acceleratore perché si faccia il processo ai responsabili
della strage nel più breve tempo possibile. Sia pure dando credito
a tutte le cortesie formali con cui l'Alta Corte britannica si è
rammaricata per la mancata estradizione dei ventisei, "il nuovo"
contrattempo è stato interpretato a Roma come una zeppa al processo.
L'inchiesta italiana sull'Heysel venne aperta il giorno dopo la
strage. La magistratura era nel suo, pieno diritto di indagine perché
vittime del reato compiuto in terra straniera erano 39 cittadini
italiani. Ci fu un lungo lavoro di raccolta di testimonianze dei
sopravvissuti che la Procura romana inviò sia ai magistrati belgi
che all'autorità di polizia di Liverpool, incaricata di individuare
gli hooligans responsabili dell'assalto assassino alla curva degli
italiani. Grazie a questo lavoro furono individuati i 26 giovani
inglesi che con furia e determinazione travolsero la debole recinzione
che li divideva dagli italiani, spingendo e soffocando contro le
transenne del vecchio stadio della capitale belga i trentanove tifosi
juventini. I ventisei inglesi furono riconosciuti dopo che dalla
polizia di Liverpool arrivarono le immagini di un centinaio di hooligans
tratte da filmati e ingrandimenti che erano stati anche pubblicati
con evidenza sulle prime pagine dei giornali popolari inglesi dopo
la grande emozione di quella tragedia. Le immagini, inviate dalla
polizia britannica ai magistrati belgi, furono girate da questi
al giudice italiano che le mostrò alle decine di testimoni italiani.
Da queste testimonianze sono venuti fuori i nomi dei ventisei accusati.
Perché finora la magistratura italiana non ha avanzato richiesta
di estradizione per i ventisei ? Alla Procura di Roma si fa capire
che era stata scelta la via di accettare un processo per così dire
in "campo neutro", e cioè in Belgio dove il giudizio sarebbe stato
completo, non solo a carico degli hooligan, ma anche dei responsabili
delle mancate misure di sicurezza allo stadio, che non sarebbe stato
invece possibile in Italia. E così la magistratura romana ha deciso
di contribuire all'istruzione del procedimento, riservandosi eventualmente
di aprire un autonomo processo contro gli inglesi se le conclusioni
di quello belga non fossero state "soddisfacenti" per le parti civili.
La decisione dell'Alta Corte britannica ha modificato la strategia
del magistrato l'italiano. I giudici inglesi ("Con estremo rincrescimento,
considerate le orribili circostanze del caso) hanno respinto la
richiesta di estradizione su ricorso dei difensori degli hooligans:
alla istanza belga mancava un timbro. Un mese fa il tribunale di
Londra aveva invece accolto la richiesta e ordinato l'immediato
arresto dei ventisei. Ma anche questa decisione è stata riformata
dall'Alta Corte che ha concesso a tutti la libertà provvisoria.
Ora si attende una nuova mossa del governo belga che ha dichiarato
di voler proseguire la battaglia legale per l'estradizione.
15 aprile 1987
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA APRILE 1987
|
Due anni fa la strage dell'Heysel. Furono 39
i morti (32 gli italiani) per gli incidenti fra tifosi allo stadio
di Bruxelles prima della finale di Coppa dei campioni Juventus-Liverpool.
La strage non ha ancora colpevoli: nessun giudizio, nessuna condanna.
La giustizia si muove con lentezza esasperante. Quattro mesi fa
in Belgio c'è stata l'incriminazione per omicidio volontario del
segretario generale dell'Unione belga di football, Albert Roosens
e di due alti ufficiali della gendarmeria, responsabili del servizio
d'ordine dello stadio. Ma si è trattato solo di un primo passo:
il processo deve ancora cominciare. In Inghilterra si oppone un
cavillo burocratico all'estradizione dei 26 teppisti d'oltremanica,
individuati dopo paziente ricerca come responsabili degli incidenti.
Un vizio di forma nella richiesta ha obbligato a rifare tutta la
procedura di estradizione. Intanto c'è chi attende ancora risarcimento.
Come quelli che rimasero menomati o persero mesi di lavoro per le
ferite. Il governo belga ha pagato soltanto la degenza all'ospedale
nell'immediato dopo-tragedia. Oggi nel Duomo di Torino, alle 18,
ci sarà una messa di suffragio per le vittime della strage. Saranno
presenti dirigenti, tecnici, giocatori della Juve e molti tifosi
scampati all'eccidio.
29 maggio 1987
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA MAGGIO 1987
Stadio Heysel, strage dimenticata
di Gianni Minà
Sono passati due anni. Nessuno è stato ancora
processato e 26 teppisti inglesi rimangono a casa.
Allo stadio mezz’ora dopo la tragedia: le autorità
si danno alla fuga, dentro è l'inferno. Si raccolgono i morti e
c'è chi pensa agli articoli del regolamento per far annullare la
partita in caso di sconfitta. Le amare riflessioni di un testimone
di quella notte, tratte dalla prefazione di Gianni Minà al libro
"Violenza e sport" curato da Provincia e Comune di Arezzo e dal
comitato "R. Lorentini e G. Conti".
Esattamente due anni: stadio di Bruxelles mancano
pochi minuti all’inizio della finale di Coppa Campioni tra Juventus
e Liverpool. Sugli spalti scoppiano violenti incidenti. I tifosi
inglesi danno l’assalto ai posti occupati dagli italiani: è strage.
Muoiono 39 persone (32 italiani). Sono passati due anni, ma i colpevoli
non sono stati ancora giudicati. Solo quattro mesi fa la giustizia
belga ha incriminato, ma non ha ancora processato, per omicidio
involontario il segretario generale dell’Unione Belga di football
Albert Roosens, e due alti ufficiali della gendarmeria, responsabili
del servizio d’ordine allo stadio. I 26 teppisti inglesi, che la
polizia britannica dopo una paziente ricerca ha individuato come
i responsabili degli incidenti, sono ancora a casa loro. Le autorità
belghe ne hanno chiesto l’estradizione, ma la magistratura l’ha
negata per vizio di forma ed ora tutta la procura riparte da zero.
Il governo belga ha pagato le cure e l’assistenza ospedaliera ai
feriti, ma chi è rimasto menomato o costretto ad assentarsi dal
lavoro per un lungo periodo non è stato ancora risarcito. La tragica
notte dell’Heysel ha portato alla ribalta in modo sconvolgente il
problema della violenza negli stadi. La comunità europea, in questi
due anni, ha cercato di affrontare questa emergenza. I ministri
del gruppo "Trevi", quelli dell’Interno e della Giustizia e anche
quelli dello Sport si sono occupati della questione nell’ambito
del Consiglio d’Europa. Si è discusso, sono state decise misure
e presi provvedimenti senza, però, trovare, fino ad oggi, una soluzione
definitiva. Quello dell’Heysel è stato un delirio con molti responsabili,
ma anche un evento che tanta gente ha fatto finta di non vedere,
di non considerare, e nel migliore dei casi di sottovalutare, di
sfuggire, di rimuovere. Sono arrivato allo stadio che la tragedia
era appena avvenuta e più che sorprendermi di essere passato attraverso
le larghe maglie di alcuni poliziotti a cavallo mostrando non una
tessera di giornalista che avevo dimenticato a casa, ma soltanto
un anonimo passaporto, più di questa singolare realtà che la dice
chiara su come era protetto lo stadio, anche quando già incominciavano
a sentirsi urlare le sirene delle ambulanze. Credo mi rimarrà impresso
il ricordo delle auto scure dei politici, "personaggi eccellenti"
e anche, purtroppo, di Carraro presidente del Coni, e di Sordillo,
presidente della Federazione che lasciavano il luogo della tragedia
appena accaduta, come De Mita o Agnelli o Montezemolo che comunque
non avevano incarichi ufficiali. Io non so se tutto questo è stato
dovuto ad informazioni inesatte, a ordini impartiti dalle autorità
belghe o ad altri motivi, so, però che, almeno quelli che guidano
lo sport italiano, ed in particolare il calcio, così come c’è da
alzare una coppa vinta, avrebbero dovuto battersi per rimanere fino
alla fine, scendere dalle auto anche contro il parere del servizio
di sicurezza, e, se era il caso, sporcarsi le mani fra terra, sangue
e feriti. A questo proposito ricordo con commozione infinita come
la gente mi veniva incontro e mi abbracciava chiedendomi aiuto,
solo perché, riconoscendomi, sperava che come personaggio pubblico
potessi aiutarla a uscire da quell’inferno, a trovare un parente
o un amico perduto in quella
bolgia, magari a parlare in francese con i poliziotti e i
barellieri belgi, perché ci indicassero il modo di raggiungere gli
ospedali o il posto dove erano stati ammucchiati i morti. Ho fatto
quello che mi era possibile: qualche traduzione, un po' di corse
su ai telefoni della sala stampa per chiamare i parenti di alcune
persone annichilite dalla paura ma salve, qualche litigata in nome
del mio mestiere di giornalista con alcuni agenti o infermieri belgi,
nei corridoi dello stadio; dove in molti avevano perso la testa
e non erano in grado, o si rifiutavano di dare informazioni. Non
so perché c'è stata questa "assenza", non so nemmeno se era veramente
indispensabile due ore dopo, giocare la partita per presunti motivi
di ordine pubblico e sicurezza, so però che l’unico dettaglio che
sembrava allarmare, per esempio un legale della Juventus, nelle
convulse riunioni di quei momenti, era che non fossero stati citati
certi articoli del regolamento in un documento preventivo che avrebbe
potuto inficiare il risultato in caso di sconfitta della Juve stessa;
e questo malgrado lo stesso Boniperti affermasse essere assurdo
occuparsi di questi particolari in quel frangente. Il calcio evidentemente
è capace di fare, dimenticare il buon senso a chiunque e spesso
ha una forza così perversa da far credere che può passare sopra
a qualunque cosa. Così, dunque, alla fine di quella singolare partita
risolta da un rigore inventato dall’arbitro (visto che il fallo
su Boniek era stato chiaramente fuori area), non c’era negli spogliatoi
chi consigliasse i giocatori juventini (ai quali era stato chiesto
prima di giocare e non esprimere opinioni) che cosa dovessero fare
della coppa offerta a Scirea da un anonimo funzionario della Uefa
nel sottopassaggio. Non un dirigente che magari suggerisse di andare
con la coppa nella "curva della morte" per rendere omaggio con una
preghiera a chi era deceduto, vittima di un'assurda interpretazione
del calcio. No, non c’era nessuno e così i giocatori bianconeri
non poterono negarsi al funzionario Uefa che con la stolidità tipica
di certi uomini di sport fuori tempo, diceva: "Adesso andate fuori
a far vedere la Coppa ai vostri tifosi così sfolleranno dallo stadio
tranquilli". L'indomani però molte critiche di alcuni colleghi che,
mezz'ora dopo l'inizio della partita, si erano già dimenticati della
tragedia e già parlavano di tattiche, molte critiche di alcuni colleghi,
dicevo, erano spietate verso Scirea e compagni, ma assolutamente
dimentiche della responsabilità e delle assenze dei dirigenti.
29 maggio 1987
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA MAGGIO 1987
Strage di Heysel, 24 arresti
LONDRA - Sono tutti in carcere da ieri (tranne
due per ora irreperibili) i 26 tifosi inglesi accusati di omicidio
colposo per la strage dello stadio Heysel a Bruxelles. La Camera
dei Lord, ultima istanza della giustizia britannica, ha deciso di
non rinnovare la libertà condizionata ai 26 imputati, che stanno
cercando di non farsi estradare in Belgio dove potrebbero essere
condannati fino a 15 anni di carcere. In aprile l'Alta Corte britannica
aveva annullato, per una irregolarità di procedura, la decisione
presa da un giudice di estradare gli imputati in Belgio. Il governo
di Bruxelles si è appellato alla Camera dei Lord che dovrà prendere
la decisione definitiva entro poche settimane. Nel frattempo i 26
tifosi dovranno attendere il loro destino in prigione. Ieri sono
stati in 23 a perdere la libertà. Un altro si trovava già in prigione
per altri reati mentre altri due imputati non si sono presentati:
uno è in vacanza e l'altro è scomparso. Negli incidenti del 29 maggio
1985 allo stadio Heysel prima della finale di Coppa dei Campioni
Juventus-Liverpool morirono 39 persone, in gran parte italiani.
(Ansa)
1 luglio 1987
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA
LUGLIO 1987
Processo in Belgio per i 26 hooligans
LONDRA - Saranno processati in Belgio i 26
tifosi del Liverpool accusati di aver innescato gli incidenti che
provocarono il 29 maggio 1985 la tragedia dello stadio Heysel. Cinque
giudici dei Lord, massima istanza giudiziaria del Regno Unito, hanno
concesso ieri al governo belga l'estradizione dei 26 tifosi accusati
di "omicidio colposo". L'estradizione era stata autorizzata in prima
istanza, ma annullata dalla Corte superiore per un cavillo legale
(la mancanza di un timbro). I magistrati hanno interpretato in modo
meno restrittivo le norme del trattato di estradizione tra i due
Paesi. I 26 tifosi, che si trovano in prigione dal 30 giugno, rischiano
condanne fino a 15 anni. Gli incidenti avvenuti sulle tribune dello
stadio prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool
provocarono la morte di 39 persone (32 erano italiani). La sentenza
parla di "tragici e terribili" eventi. "Poco prima del match i tifosi
inglesi, molti ubriachi, cominciarono a scatenarsi in azioni violente,
abbattendo recinzioni, travolgendo la polizia ed avanzando minacciosamente
verso gli italiani. Centinaia di persone, tra cui donne e bambini,
furono ferite finendo calpestate, e 39 morirono. I 28 tifosi sono
stati identificati dalla polizia inglese sulla base dei filmati
televisivi e delle foto scattate durante gli incidenti. (Ansa)
14 luglio 1987
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA
LUGLIO 1987
|
BRUXELLES - Saranno processati in Belgio i
26 tifosi del Liverpool, accusati di aver provocato gli incidenti
che il 29 maggio 1985 provocarono la tragedia dello stadio Heysel.
"Poco prima del match i tifosi inglesi, molto ubriachi, cominciarono
a scatenarsi in azioni violente, abbattendo recinzioni, travolgendo
la polizia ed avanzando minacciosamente verso gli italiani. Centinaia
di persone, tra cui donne e bambini, furono ferite finendo calpestate
e altre 39 morirono". Con queste parole e con questa sentenza i
giudici dei Lords, il massimo organo giudiziario del Regno Unito,
ha concesso ieri l'estradizione dei 26 hooligans accusati di "omicidio
colposo". I 26 tifosi, che si trovano in prigione dal 30 giugno
e a cui non è stata concessa la libertà provvisoria, rischiano condanne
fino a 15 anni di carcere. La loro ultima speranza di evitare l'estradizione
è un appello al ministro dell'Interno, Douglas Hurd, che ha l'ultima
parola in materia. Ma il governo britannico ha già fatto sapere
che intende dare la "massima collaborazione" al governo di Bruxelles,
anche se la corte di Londra aveva negato una prima richiesta di
estradizione per vizio di forma (mancava un timbro). Del resto di
dubbi ce ne sono pochi. I tifosi sono stati identificati dalla polizia
inglese sulla base dei filmati televisivi e delle foto scattate
durante gli incidenti. Inoltre c'è la documentazione di Scotland
Yard, lunga 1500 pagine, che porta le testimonianze di 75 testimoni
britannici. La notizia è stata accolta con molta soddisfazione negli
ambienti giudiziari di Bruxelles, anche perché il ministro della
Giustizia, Jean Gol, si è sempre mostrato molto deciso nell'avviare
nuovamente la procedura di estradizione dell'aprile scorso. Lo stesso
ministro ha tenuto ieri pomeriggio una conferenza stampa e ha spiegato
che i 26 hooligans appena arriveranno in Belgio saranno rinchiusi
nella prigione di Louvain, vicino a Bruxelles. "Non risiedendo nel
nostro territorio, nulla vieterebbe loro di fuggire" ha aggiunto
Gol. Davanti all'insistenza con cui i giornalisti britannici gli
hanno chiesto garanzie sulla rapidità e sull'equità del processo,
Gol, irritato, ha dichiarato: "Le vostre domande mi fanno trasecolare.
Noi non avevamo chiesto a questa gente di venire qui a commettere
crimini. Noi siamo un paese civile, la nostra giustizia è almeno
al medesimo livello di quella degli altri paesi europei". Secondo
gli esperti la preparazione del processo richiederà varie settimane.
"Gli inglesi estradati resteranno in carcere fino alla sentenza"
ha precisato Gol. I dossier delle parti civili sono centinaia, chi
fu ferito o chi ebbe parenti uccisi in quella che doveva essere
soltanto una partita di calcio continua a chiedere giustizia. Gol
ha aggiunto che i 26 tifosi potranno ricorrere ad avvocati del loro
paese e che avranno a disposizione degli interpreti. Sul banco degli
imputati insieme a loro ci saranno anche il segretario della Federcalcio
belga, François Roosens e due ufficiali della gendarmeria incolpati
di omicidio volontario e in libertà provvisoria. Sono quattro le
imputazioni di cui i tifosi arrestati dovranno rispondere ha sottolineato
Gol: omicidio colposo, gravi mutilazioni e lesioni permanenti, lesioni
non permanenti ed aggressione con percorse. Viene riconosciuta agli
imputati l'assenza di volontà di uccidere, per cui ha detto il ministro,
il verdetto non sarà affidato ad una giuria popolare, ma a tre giudici
di carriera, il che comporterà pene meno pesanti.
14 luglio 1987
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA
LUGLIO 1987
|
LONDRA - Il ministro degli Interni del Regno
Unito Douglas Hurd ha firmato gli ordini di estradizione di 26 tifosi
del Liverpool richiesti dal Belgio perché accusati di avere partecipato
alla strage dell'Heysel, dove trentanove persone, (32 gli italiani),
persero la vita nei tragici incidenti che si verificarono poco prima
della finale di Coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool. "Era
inevitabile" - ha commentato il difensore di 11 dei tifosi - secondo
il quale il processo si sarebbe dovuto svolgere in Inghilterra -
rivelando di avere ricevuto una telefonata dal Ministero degli Interni
nella quale gli è stata confermata la decisione del ministro. L'accusa
è di omicidio preterintenzionale. "Sono furioso per il fatto che
gli accusati siano già stati definiti hooligans britannici", è stata
la reazione del difensore, che ha aggiunto: "Si tratta di semplici
imputati". L'annuncio dall'Inghilterra ha causato non poco imbarazzo
a Bruxelles. Il ministero della Giustizia belga non ha finora ricevuto
nessuna notifica ufficiale circa la decisione del ministero della
Giustizia inglese. Una precisazione del ministro, diffusa ieri sera
e ribadita questa mattina, fa seguito a un annuncio, fatto ieri
da responsabili della polizia giudiziaria belga, secondo cui l'estradizione
dei tifosi sarebbe ormai certa per la notte tra martedì e mercoledì
prossimi. Intanto, la stampa belga conferma l'esistenza di un "piano
di battaglia" predisposto dalle autorità politiche e giudiziarie
britanniche e belghe, in vista dell'estradizione degli "hooligans",
che il ministro della Giustizia di Londra deve avallare entro il
13 settembre. Secondo il giornale belga "Le soir", il ministro britannico
ha già informato le autorità belghe della propria intenzione di
autorizzare l'estradizione. Il ministro potrebbe anzi rendere pubblica
la propria decisione oggi stesso.
2 settembre 1987
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA
SETTEMBRE
1987
La tragedia dell'Heysel all'ultimo atto. L'estradizione
è prevista per l'8 settembre: i presunti colpevoli nel carcere di Lovanio prima del processo.
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE. BRUXELLES - La notizia
è stata data dalla polizia giudiziaria belga, che non ne era autorizzata,
e l'imbarazzo sfoggiato dal ministero della Giustizia, in attesa
che da Londra venisse la comunicazione ufficiale, è servito soltanto
a sottolineare l'imminenza della svolta decisiva nella tragica vicenda
dell'Heysel. Nella notte fra l'8 e il 9 settembre, saranno estradati
in Belgio i 26 hooligans inglesi accusati degli incidenti che il
29 maggio 1985, in occasione della finale di Coppa tra Juve e Liverpool,
costarono la vita a 39 persone (32 italiani). Dal 13 luglio, dopo
una serie di vicissitudini giudiziarie, i Lord avevano concesso
la richiesta della magistratura belga. L'ultima parola spettava
al ministro britannico della Giustizia, Douglas Hurd. Ricevute informazioni
"confidenziali", giustificate dalla necessità di coordinare il trasferimento
dei 26, la polizia giudiziaria martedì ha rivelato tutto. A questo
punto il governo belga doveva solo tamponare la grana diplomatica,
perché i "piani di battaglia", minuziosamente rivelati con anticipo,
non dovrebbero subire variazioni. Gli hooligans, quindi, arriverebbero
in Belgio a notte inoltrata, fra martedì e mercoledì della prossima
settimana: a bordo di un aereo militare C134, accompagnati da una
schiera di agenti belgi che li riceveranno in consegna dalle autorità
britanniche a un aeroporto presso Londra. Il giudice istruttore
che si occupa del "caso Heysel", la signora Marina Coppieters't
Wallant, avrà 24 ore per interrogarli al Palazzo di Giustizia: dovrà
anzitutto accertarsi della loro identità, quindi raccogliere, in
una serie d'incontri a quattr'occhi, gli elementi per confermare
l'accusa. Salvo clamorose sorprese, gli hooligans saranno tutti
rinviati a giudizio e trasferiti nelle carceri di Lovanio, in attesa
del processo. Massima sicurezza e massimo riserbo sembrano destinati
ad avvolgere l'intera operazione: un numero ristretto di fotografi
sarà ammesso all'aeroporto militare di Melsbroeck per l'arrivo degli
hooligans e ancora meno numerosi saranno quelli che potranno entrare
nel carcere di Lovanio, preferito a quello di Bruxelles per motivi
di sicurezza. Alle esigenze d'informazione supplirà il ministro
della Giustizia Jean Gol, con un'attesa conferenza stampa nella
quale si attendono informazioni precise sul processo. Finora non
ne è ancora stata fissata la data, né è possibile prevedere quanto
durerà. Resta anche un dubbio per quanto riguarda i tre Belgi (due
ufficiali della gendarmeria e un funzionario della federazione calcistica)
che dovranno rispondere di negligenza: non è sicuro, infatti, se
essi saranno processati con i 26 tifosi del Liverpool o se saranno
giudicati separatamente, come è già accaduto a 13 persone - otto
inglesi, quattro italiani e un belga - nei mesi successivi alla
tragedia dell'Heysel. t. gal.
3 settembre 1987
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA
SETTEMBRE
1987
|
BRUXELLES - Sarà il processo del secolo, dicono
a Bruxelles: e ha i segnali giusti per diventarlo. Lo intenteranno
le autorità belghe nei confronti di ventisei tifosi del Liverpool,
responsabili della tragedia avvenuta il 29 maggio di due anni fa
allo stadio Heysel, prima che Liverpool e Juventus disputassero
la finale di Coppa dei Campioni. Morirono 39 persone nei disordini,
32 delle quali italiane. Dopo due anni di richieste e di carte bollate,
le autorità belghe, infatti, sono riuscite ad ottenere l'estradizione
dei ventisei tifosi, per poterli processare in Belgio. E' la Camera
dei Lord che ha dato l'autorizzazione definitiva, resa esecutiva
dalla firma del ministro. Anche se il ministero degli Interni, almeno
finora, ha rifiutato di dare conferma. La principale prova di accusa
contro i ventisei tifosi, in carcere dal giugno dell'85, è una videocassetta
sulla quale le telecamere della polizia belga hanno fissato le drammatiche
immagini dei disordini. I magistrati belgi e britannici, in sostanza,
hanno potuto studiare i volti tra la folla dei sostenitori del Liverpool
che attaccano violentemente i tifosi della Juventus, costringendoli
a ritirarsi verso un angolo della curva Z. Le persone morirono schiacciate
dalla folla impazzita, il muro di recinzione della curva crollò
facendo cadere centinaia di persone. Il giudice britannico ha ritenuto
che ci siano indizi sufficienti per accusare i ventisei tifosi della
morte di almeno un tifoso italiano, Mario Ronchi. Il processo, è
ovvio, avrà tempi lunghi. Anche perché oltre ai ventisei tifosi,
sono sotto accusa due ufficiali della gendarmeria belga che il giorno
della tragedia erano di servizio e Albert Roosens, allora segretario
della Federazione belga di calcio, responsabile dell'organizzazione
e, soprattutto, della vendita dei biglietti. Una negligenza incredibile
l'aver messo a contatto, sulle gradinate, i tifosi delle due parti.
Una volta in Belgio, gli "hooligan" saranno condotti al Palazzo
di Giustizia di Bruxelles dove verranno interrogati immediatamente
dal giudice che ha seguito, fin dall'inizio, la complessa indagine.
Il giudice avrà 24 ore di tempo per ascoltare i ventisei tifosi,
quindi dovrà confermare il mandato di arresto e notificarlo, prima
del trasferimento nel carcere di Lovanio. In un servizio, la radio
belga francofona, ha rilevato le difficoltà del processo, mettendone
perfino in dubbio la "praticabilità", sia per l'impotenza della
documentazione da porre a disposizione della difesa, sia per l'incertezza
su chi potrà assumere la difesa stessa dei ventisei. Il ministro
belga della Giustizia, Jean Gol, ha promesso un "giudizio giusto
e sollecito", senza perdita di tempo. L'avvocato Harry Livermore,
che difende undici dei ventisei tifosi, ha dichiarato che "l'estradizione
era inevitabile" anche se ha tentato, fino alla fine, di evitarla.
L'estradizione, che in precedenza era stata annullata dall'Alta
Corte per un errore di procedura, è stata definitivamente concessa
sulla base di un trattato internazionale del 1902 che rendeva ammissibile
per le accuse di omicidio volontario o preterintenzionale, violenze
a mano armata e sequestro di persona.
3
settembre 1987
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA
SETTEMBRE
1987
|
LONDRA
"Anche
gli italiani che hanno responsabilità nella strage dello stadio
Heysel dovrebbero essere processati a Bruxelles, non è giusto che
i tifosi del Liverpool debbano pagare per tutti". Lo hanno affermato
ieri due deputati britannici, in alcune interviste alla tv, dopo
che il ministero degli interni aveva concesso l'estradizione in
Belgio dei 26 teppisti accusati della tragedia di Bruxelles. "Chiunque
abbia assistito all'orrore di quella partita ha detto in una intervista
alla Bbc il parlamentare laburista Robert Waring avrà visto le bandiere
fasciste italiane, grandi striscioni che affermavano che i tifosi
del Liverpool erano delle bestie". Il deputato di Liverpool, ha
chiaramente parlato di "provocazione". Un altro parlamentare, il
liberale David Alton, in una intervista rilasciata ad un'altra televisione,
ha detto di essere d'accordo con la decisione di concedere l'estradizione
in Belgio. "Ma ritengo fondamentale - ha aggiunto - che se esistono
prove contro i tifosi della Juventus, anche questi devono essere
portati davanti al giudice. E' necessario presentare al più presto
una istanza agli italiani in questo senso". I due parlamentari hanno
entrambi chiesto al Governo inoltre di agevolare le famiglie degli
estradati, aiutandole finanziariamente "sia per una difesa legale
efficace, sia per i trasferimenti in Belgio per poter seguire il
processo". L'avvocato Paul Rooney, intanto, che difende quattro
dei tifosi del Liverpool estradati, ha messo in guardia sull'eventualità
che la giustizia belga prenda i tifosi inglesi come "capro espiatorio".
"E’ evidente - ha detto - che anche cittadini italiani e Belgi sono
coinvolti come responsabili nella tragedia, ma sembra proprio che
queste persone non verranno giudicate da alcun tribunale". L'avvocato
dei quattro tifosi inglesi ha infine aggiunto che "malgrado le assicurazioni
del ministro degli interni britannico Douglas Hurd, la Gran Bretagna
non potrà avere nessun controllo per assicurarsi che quello di Bruxelles
sia davvero un buon processo".
4
settembre 1987
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA
SETTEMBRE
1987
|
BRUXELLES - Stato di emergenza nelle carceri
belghe. In due prigioni di Bruxelles, i detenuti si sono ribellati
alla decisione delle autorità di concedere un "trattamento speciale"
ai 26 teppisti inglesi estradati da Londra perché accusati della
strage allo stadio Heysel, in cui persero la vita 39 persone tra
cui moltissimi italiani che assistevano alla partita Juve-Liverpool.
Il carcere di Saint Gilles è stato ieri pomeriggio nelle mani dei
rivoltosi, che tengono in ostaggio sette od otto guardie carcerarie.
A tarda sera la sommossa è stata domata. La sommossa era scoppiata
al termine dell'ora d'aria, sulla scia delle oltre tre ore di violenti
scontri che durante la notte tra lunedì e martedì si erano verificati
a poche centinaia di metri di distanza, nel carcere di Forest. Al
grido di hooligans, trois etoiles (ai teppisti trattamento a tre
stelle), i detenuti si sono rifiutati di rientrare nelle loro celle,
appiccando incendi a brande e suppellettili e mettendo in fuga gli
agenti. Nella confusione, tredici reclusi sono riusciti ad evadere,
anche se più tardi nove di loro sono stati riacciuffati dalla polizia,
che circondava il carcere insieme alle forze speciali. A notte alta,
mentre si susseguivano i consulti tra il governo e i responsabili
dell'ordine pubblico, alte lingue di fuoco avvolgevano in più punti
l'edificio, in particolare lungo le ali della prigione. In serata,
mentre la polizia iniziava la riconquista del carcere, un portavoce
dei detenuti si era messo in contatto per telefono con un giornalista
del Tg di lingua francese: ha detto che ci sarebbero almeno otto
feriti gravi, che i rivoltosi erano disposti a lasciarli uscire.
Intorno alle 22 la Gendarmeria di Bruxelles ha comunicato di aver
ripreso il controllo della situazione. Non si hanno ancora notizie
chiare sull'intervento delle forze dell'ordine. Un primo bilancio
della rivolta registra un centinaio di feriti soprattutto tra i
detenuti e ingenti danni. I 26 hooligans, imputati di omicidio preterintenzionale,
sono attesi per oggi a Bruxelles. Secondo l'accusa, scatenarono
gli incidenti che insanguinarono la finalissima di Coppa dei campioni
del 29 maggio '85 tra Liverpool e Juventus, con 39 morti, tra cui
32 italiani, e centinaia di feriti. Nei giorni scorsi, si era appreso
che verranno sistemati in veri e propri miniappartamenti modernissimi,
dotati di televisione e completi di sala giochi con calcetto, carte
e scacchi. La notizia, ampiamente riportata dai giornali belgi sotto
titoli di scatola (Un hotel a tre stelle per i teppisti di Heysel)
ha provocato subito tensione in numerose carceri del paese, ma in
particolare in quelle sovraffollate dalla capitale. A Forest, un
malandato edificio che risale al secolo scorso, circa 200 dei 600
detenuti si sono ammutinati dando fuoco in molte celle ai letti:
all'ingresso della polizia, sono iniziati violentissimi scontri,
che per oltre tre ore hanno tenuto impegnate le forze dell'ordine
e le guardie carcerarie. Alla fine, il bilancio è stato di venticinque
feriti, tra cui numerosi agenti colpiti alla testa dagli oggetti
scagliati contro di loro dai rivoltosi. Mentre scoppiava la rivolta
a Saint Gilles, la protesta è iniziata anche nel vecchio carcere
di Lovanio.
8
settembre 1987
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA
SETTEMBRE
1987
Detenuti belgi: hooligans a casa
di Fabio Galvano
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE. BRUXELLES - Hooligans
a cinque stelle, noi trattati come cani. Divampa la protesta dei
detenuti belgi, a poche ore dall'arrivo dei 26 estradati dall'Inghilterra
per il processo dell'Heysel. Domenica sera nel carcere brussellese
di Forest, ieri in quello di St. Gilles, i detenuti hanno inscenato
una protesta che si è presto tradotta in rivolta. Dopo l'energico
intervento della gendarmeria, lo scontro ha lasciato sul campo di
Forest 25 feriti. A St. Gilles il bilancio potrebbe essere più preoccupante:
a tarda sera la gendarmeria non era ancora riuscita a ristabilire
l'ordine e si parlava di almeno 7 feriti gravi. Non si avevano conferme
ufficiali, invece, alla notizia di sette e forse otto guardie carcerarie
nelle mani dei rivoltosi. Durante gli scontri di St. Gilles sono
anche evasi 13 detenuti, dei quali nove subito ripresi. Denunciando
le loro condizioni, da "prigione degli Anni Trenta" al grido di
"Hooligan ! Go home" i carcerati hanno contestato la decisione del
ministro belga della Giustizia, Jean Gol, di riservare ai teppisti
del Liverpool la modernissima e confortevole ala con tanto di tv
in ogni cella, sala giochi, impianti igienici di prim'ordine, del
carcere di Lovanio (anche qui, ieri sera, c'è stata una protesta;
ma senza incidenti). Ieri il ministro è intervenuto per assicurare
che gli hooligans - il loro arrivo potrebbe già avvenire stanotte,
al massimo entro giovedì - non godranno di un trattamento particolare.
Ma il danno era già stato fatto quando, giovedì scorso, egli aveva
cercato di rassicurare l'opinione pubblica inglese elencando tutte
le amenità del carcere. Le immagini televisive del supercarcere
di Lovanio, destinate alla Bbc e al pubblico inglese, erano state
raccolte dalla tv belga e viste dai detenuti di qui. L'effetto boomerang
era assicurato. La dinamica dei due incidenti a Forest e St. Gilles
è stata molto simile. Prima striscioni e grida, poi vetri rotti,
quindi l'incendio di lenzuola e materassi, infine la demolizione
di alcune strutture interne. A Forest ci sono volute cinque ore
per domare i disordini, verificatisi contemporaneamente in due ali.
I gendarmi sono intervenuti quando ci si è resi conto che la situazione
peggiorava. E' stato il gruppo antiterrorismo Diane a entrare in
azione: nel giro di un'ora la rivolta era domata. Dalle case circostanti
si sono visti circa centoventi detenuti trascinati nel cortile,
presi in consegna dalla polizia, ammanettati, legati e fatti allineare
in ginocchio contro un muro, sotto la pioggia che aveva cominciato
a cadere. Sei gli agenti feriti, una ventina i carcerati (uno grave,
nell'assalto con i lacrimogeni ha avuto un infarto). A St. Gilles
la battaglia è stata più violenta. Il Belgio si trova di fronte
a un problema imprevisto, quello degli "hooligans a cinque stelle".
Il ministro Jean Gol non può rimangiarsi la lunga lista delle promesse:
le due passeggiate al giorno in gruppi di tredici, la disponibilità
di libri e giornali della biblioteca ma anche di quelli mandati
da casa, la televisione in cella (con allacciamento anche ai due
canali della Bbc), una sala di ricreazione con pingpong e calcetto,
visite quotidiane dei famigliari, libertà di posta e - sotto controllo
- di telefono.
8
settembre 1987
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA
SETTEMBRE
1987
|
BRUXELLES - I ventisei tifosi del Liverpool
accusati della strage nello stadio Heysel verranno estradati in
Belgio nonostante i disordini scoppiati nei giorni scorsi in due
carceri belghe. I detenuti dei penitenziari di Saint Gilles e di
Forest, che erano stati protagonisti di una sommossa sedata soltanto
dopo molte ore dalla polizia, avevano contestato la decisione delle
autorità di concedere un trattamento speciale ai supporter della
squadra inglese. I reclusi avevano protestato in particolare perché
le celle riservate ai 26 inglesi sono molto più accoglienti delle
altre. Ieri la rivolta si è estesa anche nel carcere di Lovanio
dove i detenuti si sono rifiutati di svolgere i soliti compiti.
"Sono atterrito" - ha dichiarato a Liverpool l'avvocato difensore
Sir Harry Livermore. "Dio soltanto sa cosa potrebbe accadere ai
nostri compatrioti in Belgio, se prima ancora del loro arrivo le
carceri vengono messe a ferro e fuoco". In realtà le preoccupazioni
del legale sono giustificate visto che gli hooligans, i teppisti,
dovranno rimanere almeno quattro mesi nel carcere di Lovanio in
attesa di essere processati per i tumulti avvenuti nel maggio 1985
prima della partita Juventus-Liverpool, in cui morirono 39 persone,
32 delle quali italiane. Nonostante dunque il malcontento e la tensione
non si plachino, il ministro degli Interni inglese, Douglas Hurd,
è apparso irriducibile e ha dichiarato che sarebbe assurdo tornare
su una decisione che, presa dalla magistratura, è stata ratificata
anche dal governo. Quindi saranno trasferiti in Belgio senza nessun
rinvio. I tentativi in Gran Bretagna di bloccare l'estradizione
sembrano dunque falliti. Neppure il ricorso annunciato dall'avvocato
Livermore ha distolto il ministro dalla sua decisione. Livermore
aveva annunciato una nuova azione legale per impedire l'estradizione
se il ministro Hurd non fosse stato in grado di garantire che i
teppisti saranno processati per la morte di un solo tifoso, l'Italiano
Mario Ronchi. Infatti l'estradizione era stata concessa per l'omicidio
preterintenzionale di Ronchi dopo che i giudici inglesi avevano
esaminato il filmato girato dalla polizia belga in cui si vedevano
i tifosi del Liverpool lanciarsi all'assalto della tribuna dove
sedeva l'italiano. E nemmeno la richiesta del deputato di Liverpool
Eric Heffer di convocare tutti i parlamentari della regione per
esaminare i gravissimi sviluppi sembra aver prodotto l'effetto di
ritardare l'invio dei 26 a Lovanio. L'urgenza del trasferimento
è giustificata anche dal fatto che se entro domenica non venisse
effettuata l'estradizione il provvedimento cadrebbe in prescrizione.
Anche in Belgio ci sono state reazioni ufficiali ai disordini di
Forest e di Saint Gilles (il cui bilancio è di un centinaio di feriti)
e più in generale sul provvedimento di accogliere gli imputati nel
processo per la strage di Heysel. Il ministro della Giustizia belga
Jean Gol ha risposto ai detenuti, che lamentavano condizioni di
eccessivo affollamento dei penitenziari, e alla stampa belga, che
ha dato ampio rilievo all'avvenimento. Gol ha affermato che a Saint
Gilles sono soltanto 51 i reclusi che vivono in tre per cella e
che comunque sono stati loro stessi a sceglierlo. Per quanto riguarda
il supposto trattamento a tre stelle riservato agli imputati inglesi
il Guardasigilli ha ribattuto dicendo che non si può parlare di
una condizione di privilegio. Infatti secondo Gol si tratterebbe
di una sistemazione in celle doppie e per di più con servizi igienici
in comune. Certo queste giustificazioni non convincono né l'opinione
pubblica né la popolazione carceraria. Ancora ieri su "Le Soir",
il più diffuso quotidiano belga in lingua francese, compare una
vignetta in cui si vede un signore al telefono, molto somigliante
al ministro, che prende appunti ripetendo: "Con servizi privati
e letto doppio, certamente signor Hooligan". Tutto ciò sembra non
impensierire più di tanto l'energico ministro belga che ha disposto
le misure per ricevere nei prossimi giorni i 26 indesiderati. Ma
secondo voci ufficiose il trasferimento potrebbe avvenire prima,
forse oggi stesso.
9
settembre 1987
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA
SETTEMBRE
1987
Carcere molle ai teppisti dello Heysel. Infuriati
i detenuti belgi
BRUXELLES - Sedate le brevi ma violente rivolte
nelle carceri ora in Belgio infuriano le polemiche. Non tanto sull’intervento
estremamente deciso dei corpi speciali che ha posto fine al tumulto
l’altra sera nella prigione di Saint Gilles, ma piuttosto sui motivi
che avevano scatenato la protesta dei detenuti. A provocarne la
rabbia era stata la notizia di un presunto trattamento privilegiato
che le carceri belghe intenderebbero riservare ai 26 teppisti britannici
attesi a Bruxelles per il processo sulla strage del 29 maggio 1985
allo stadio Heysel. Quella sera si giocava la finale di Coppa dei
Campioni tra le squadre di calcio del Liverpool e della Juventus.
Prima della partita sugli spalti i tifosi inglesi assalirono i rivali
negli scontri e soprattutto nella tremenda calca che ne seguì morirono
39 persone tra cui 32 italiani. Ieri sia i giornali belgi, sia quelli
britannici tornavano sull’argomento riconfermando quanto già scelto
in precedenza e cioè che per i 26 fanatici del Liverpool si prepara
un’accoglienza di favore se comparata con le condizioni di vita
dei detenuti belgi. "Alberghi a tre stelle" venivano definite da
un quotidiano le celle riservate ai britannici. Un altro, "Le Soir",
pubblicava una vignetta in cui il ministro della Giustizia Jean
Gol nelle vesti di un direttore di hotel rispondeva alla telefonata
di un cliente: "Certamente signor Hooligan con servizi privati e
letto doppio" (hooligan è parola usata per definire i giovani teppisti
inglesi). Il ministro Gol al centro della tempesta di critiche ha
negato che ai 26 imputati in arrivo da Liverpool possa toccare un
trattamento di favore ed ha smentito quanto lamentato dai detenuti
di Saint Gilles cioè che in quel carcere esistano condizioni di
sovraffollamento. Disagio e inquietudine si erano manifestati in
molte carceri belghe alla fine della settimana scorsa. La pronta
esplosione di violenza si era avuta domenica sera a Forest. Una
rivolta di breve durata, ma violenta. Alla fine i feriti negli scontri
con la polizia intervenuta a riportare l’ordine erano venticinque.
Ancora più duri gli scontri lunedì a Saint Gilles quando gendarmi
e corpi speciali hanno fatto irruzione nel carcere che i detenuti
ribelli stavano mettendo a soqquadro. Lanci di gas lacrimogeni hanno
preceduto di pochi attimi l’assalto che si è poi sviluppato in una
serie di accaniti corpo a corpo. Iniziata alle 17 la sommossa era
già soffocata alle 22, ma a prezzo di un altissimo numero di feriti, circa 130, molti dei
quali con gravi sintomi di asfissia. Ingentissimi i danni anche
perché i rivoltosi avevano appiccato il fuoco a molti locali. La
durezza dell’intervento poliziesco ha fatto nascere il sospetto
in alcuni ambienti che il bilancio dei feriti sia molto più grave
di quello ufficiale. Ecco perché gli eurodeputati radicali hanno
chiesto che si faccia luce su quanto realmente accaduto a Saint
Gilles. Da Londra intanto il ministro degli Interni Douglas Hurd
ha confermato che i 26 tifosi del Liverpool saranno estradati comunque,
perché la decisione della magistratura è stata ormai ratificata
dal governo. Chi tenta ancora di opporsi all’estradizione è il loro
difensore avvocato Harry Livermore che ha preannunciato un’azione
legale tesa a bloccare il provvedimento in extremis. "Sono atterrito,
Dio solo sa cosa potrebbe accadere ai miei assistiti se prima ancora
del loro arrivo le carceri vengono messe a ferro e fuoco" ha commentato
il legale.
9 settembre 1987
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA
SETTEMBRE
1987
Finalmente davanti al giudice i teppisti dell’Heysel
BRUXELLES - Uno dei detenuti che lunedì hanno
partecipato alla rivolta che ha sconvolto il carcere di Bruxelles
"Saint Gilles" è morto ieri. Le cause del decesso sarebbero le emanazioni
di gas e fumo dovute agli incendi appiccati durante la sommossa.
Ma la polizia non ha divulgato il nome del morto indicando solo
che era "di origine asiatica". Le rivolte nelle carceri scoppiarono
per protestate contro il trattamento di favore riservato dalle autorità
belghe ai 25 teppisti britannici che il 29 maggio 1985 si abbandonarono
a sanguinose violenze nello stadio Heysel, provocando la morte
di 39 spettatori che dovevano assistere alla finale di Coppa dei
Campioni fra Juventus e Liverpool. Mentre i detenuti protagonisti
delle proteste dei giorni scorsi sono in celle sovraffollate e poco
igieniche l’ala della prigione di Lovanio allestita per ospitare
i teppisti britannici isolati degli altri detenuti, è spaziosa,
dotata di servizi moderni e di un’area di svago, una "prigione
di lusso", come dicono i giornali belgi. Comunque gli "Hooligans"
sono finalmente giunti ieri davanti al loro giudice a Bruxelles.
Erano attesi in 26, ma sono arrivati in 25, uno di loro è stato
trattenuto in Gran Bretagna per rispondere di altri reati compiuti
nel suo paese prima delle violenze allo stadio Heysel. Gli interrogatori
sono subito iniziati condotti dal giudice Istruttore signora Marina
Coppieters Wallant. I teppisti rischiano condanne non superiori
ai dieci anni. Il reato maggiore di cui sono accusati è infatti
quello di lesioni gravi, inferte senza intenzione di uccidere.
Il processo durerà molto a lungo, almeno secondo le previsioni.
I testimoni che compariranno davanti alla corte sono infatti numerosi.
Saranno sottoposti a giudizio anche due ufficiali della gendarmeria
che comandavano le forze di sicurezza nello stadio, e il responsabile
dell’organizzazione della partita, il segretario della federazione
di calcio belga, Albert Roosens. Intanto ieri i familiari dei detenuti
del carcere di Saint Gilles hanno protestato contro la sospensione
delle visite.
10 settembre 1987
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA
SETTEMBRE
1987
|
BRUXELLES - Ben arrivati in Belgio, animali
rossi. Così la stampa belga ha accolto i 25 teppisti inglesi estradati
ieri dopo i disordini e le polemiche dei giorni scorsi. Sono i presunti
responsabili della strage avvenuta nello stadio Heysel nel maggio
'85, quando morirono 39 persone, 32 delle quali italiane. Sono giunti
ieri alle 15 all'aeroporto militare di Melsbroek a bordo di un Hercules
dell'esercito. Subito dopo i 25 imputati, e non 26 (uno è stato
trattenuto per reati commessi precedentemente in Inghilterra) sono
stati trasferiti al palazzo di giustizia di Bruxelles. L'edificio
della fine del secolo scorso è stato trasformato per l'occasione
in una fortezza ed è sorvegliato da un imponente spiegamento di
gendarmi e poliziotti. Il giudice istruttore, la signora Marina
Coppieters't Wallanter ad aspettarli per gli interrogatori preliminari.
Entro oggi pomeriggio, cioè entro 24 ore dall'arrivo degli accusati,
il giudice dovrà notificare i mandati d' arresto che consentiranno
il trasferimento dei tifosi nel carcere di Lovanio, a circa mezz'ora
dalla capitale. Qui è stata preparata un'ala apposita dove gli imputati
attenderanno il processo, che si annuncia lunghissimo. I venticinque
sostenitori del Liverpool rischiano condanne non superiori ai dieci
anni. Il reato per il quale rischiano la pena più severa è quello
di lesioni gravi inferte senza intenzione di uccidere. L'estradizione
è avvenuta senza incidenti nonostante il clima di tensione che aveva
caratterizzato la vigilia e che tuttora pervade il Belgio. Nei giorni
scorsi i detenuti dei carceri belgi di Saint Gilles e di Forest
avevano organizzato violente sommosse contro il presunto trattamento
di favore che il governo belga si accingerebbe a concedere ai teppisti
inglesi. In seguito ai disordini scoppiati nei penitenziari, che
poi si sono estesi anche a quello di Lovanio, ci sono stati 100
feriti uno dei quali è morto ieri. La polizia non ha fornito il
nome della vittima. Si sa soltanto che è di origine asiatica e che
è morto asfissiato dal fumo e dal gas sprigionatisi dagli incendi
appiccati dagli stessi rivoltosi. E' stata disposta comunque un'autopsia
per accertare le cause della morte del detenuto e anche per fugare
i sospetti nati dalle voci di azioni violente della polizia durante
gli scontri nel carcere. Contro la concessione di un trattamento
di favore ai tifosi inglesi si era schierata anche la stampa belga.
Ieri il quotidiano "La dernière heure" ha scritto: "I teppisti saranno
giudicati in modo esemplare e democratico, anche se non sarà facile
mantenere la serenità nel corso delle udienze con l'ombra delle
39 vittime sulla coscienza di ognuno". Questa è dunque l'atmosfera
creatasi intorno al trasferimento dei probabili responsabili della
strage che precedette l'incontro di calcio Juventus-Liverpool. La
stampa non è stata ammessa all'aeroporto per assistere all'arrivo
degli indesiderati cittadini britannici. Le fonti ufficiali hanno
taciuto su tutta l'operazione iniziata ieri mattina in Inghilterra.
I 25 che si trovavano nel carcere londinese di Wormwood Scrubs sono
stati trasferiti a bordo di alcuni cellulari alla base aerea di
Brize Norton nell'Oxfordshire e da lì sono stati presi in consegna
dalla polizia belga. A bordo dell'Hercules hanno poi raggiunto Bruxelles.
Che a nulla sarebbero valsi i tentativi dei legali per impedire
il trasferimento lo si era capito dal tono del ministro degli Interni
inglese che martedì aveva confermato la decisione nonostante le
rivolte dei detenuti belgi. Ieri infine è naufragato l'ultimo tentativo
per rimandare la partenza. L'avvocato Harry Livermore infatti ha
ritirato il ricorso contro l'estradizione. Ho rinunciato ad ogni
ulteriore azione legale, ha dichiarato Livermore prima che i suoi
clienti partissero per il Belgio, e credo che i miei assistiti saranno
trasferiti tra breve. L'avvocato aveva presentato a mezzanotte un
ricorso all'Alta corte britannica chiedendo un rinvio in seguito
agli incidenti nelle carceri belghe. Il magistrato però non aveva
voluto prendere una decisione immediata e ha ritardato l'esame del
caso, inducendo il difensore a recedere dal suo proposito. Sul trattamento
che verrà riservato agli imputati ieri è intervenuto l'ambasciatore
belga Jean Paulvan Bellinghen. In un'intervista alla Bbc il diplomatico
britannico ha assicurato che i 26 saranno trattati benissimo e giudicati
con giustizia. Gli è stato domandato perché saranno processati soltanto
i tifosi del Liverpool e non quelli della Juventus. Risposta: Perché
gli italiani non parteciparono alla prima fase dei disordini. Vi
furono tumulti e dimostrazioni da parte italiana soltanto dopo che
tutta quella povera gente era morta.
10
settembre 1987
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA
SETTEMBRE
1987
Belgio, gli hooligans in carcere
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE. BRUXELLES - Venticinque
tifosi del Liverpool, accusati della tragedia dell'Heysel che oltre
due anni fa costò la vita a 39 persone, sono stati estradati ieri
dall'Inghilterra e presi in consegna dalle autorità giudiziarie
belghe. Nel pomeriggio, al Palazzo di Giustizia di Bruxelles, il
giudice istruttore Marina Coppieters't Wallant ha già avviato gli
interrogatori formali ed entro 24 ore - cioè entro oggi pomeriggio
- dovrà rimetterli in libertà o, come sembra fuori dubbio, emettere
l'accusa formale. Solo allora gli hooligans potranno essere trasferiti
nel carcere di Lovanio, dove li attendono le modernissime celle
che nei giorni scorsi hanno provocato risentite proteste dei carcerati
belgi e violente rivolte nelle prigioni brussellesi di Forest e
St. Gilles. Proprio ieri, mentre i 25 venivano trasferiti con eccezionali
misure di sicurezza dall'aeroporto militare di Melsbroek al Palazzo
di Giustizia, si è appreso che uno dei detenuti di St. Gilles -
un uomo "di origine asiatica" e già sofferente d'asma, hanno precisato
le autorità - era deceduto in mattinata. Sarebbe stato vittima di
complicazioni polmonari dovute al fumo degli incendi appiccati martedì
sera a numerose parti del carcere. Il ministro della Giustizia Jean
Gol, tuttavia, ha ordinato l'autopsia. La prima vittima della rivolta
carceraria, che ha fatto anche 25 feriti a Forest e 70 a St.Gilles,
ha alimentato altre proteste, soprattutto da parte dei familiari
dei detenuti. Ma anche la minaccia di altri disordini è stata ieri
relegata in secondo piano dall'arrivo dei 25 (non 26: uno degli
accusati, infatti, è stato trattenuto in Inghilterra perché deve
rispondere di altri gravi reati davanti alla giustizia britannica).
Per evitare gli squadroni di fotografi e teleoperatori in attesa
all'aeroporto militare, il corteo - tre furgoni cellulari e decine
di auto - ha percorso una strada interna, emergendo dai cancelli
dell'aeroporto civile di Zaventem prima di dirigersi, indisturbato,
verso il centro di Bruxelles. Gli hooligans, i cui avvocati si erano
battuti fino all'ultimo per evitare l'estradizione, e il cui arrivo
in Belgio è stato di fatto ritardato di qualche ora (era previsto
in origine per martedì notte) in seguito alla grave situazione creatasi
in alcune carceri, sono stati visti soltanto al loro arrivo al Palazzo
di Giustizia, verso le 16.15. Ad uno ad uno sono apparsi davanti
al giudice istruttore, che completerà stamane gli interrogatori.
Poi hanno affrontato la loro prima notte belga, nelle celle della
polizia giudiziaria, sicuramente non confortevoli come quelle di
Lovanio - tv in cella, servizi moderni, clima asettico da ospedale
- che durante le rivolte nei carceri brussellesi avevano fatto coniare
ai detenuti uno slogan di sicuro effetto: "Hooligans a cinque stelle".
Accusati di quello che nella lunga e complessa dicitura belga è
l'equivalente dell'omicidio preterintenzionale - una derubricazione
che ha facilitato l'estradizione e che consente il processo davanti
a tre magistrati anziché una giuria popolare - i 25 hooligans rischiano
condanne che variano fra un minimo di 8 giorni e un massimo di 10
anni a processo, secondo le previsioni espresse nei giorni scorsi
dal ministro Gol, dovrebbe svolgersi entro fine anno t. gal.
10 settembre 1987
Fonte: La Stampa
"Heysel" forse l'Uefa a giudizio
Incarichi politici e sportivi sarebbero incompatibili.
Interrogazione di 3 deputati sulla presidenza Federcalcio.
LONDRA - Harry Livermore, l'avvocato difensore
dei 25 tifosi del Liverpool ritenuti responsabili del massacro di
39 persone avvenuto due anni fa allo stadio Heysel, ha rivelato
oggi che potrebbero essere incriminati anche il Borgomastro di Bruxelles,
Herve Brouhon, il capo della gendarmeria belga, Robert Bernaert
e due funzionari dell'Uefa che avevano ispezionato lo stadio prima
dei sanguinosi disordini. Secondo i legali belgi che difendono gli
"hooligans", i quattro potrebbero diventare coimputati in quanto
colpevoli di negligenza. L'impianto sportivo non era infatti in
condizioni adeguate per ospitare un evento come la finale di Coppa
del Campioni e la polizia dimostrò di non essere all'altezza.
11 settembre 1987
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA
SETTEMBRE
1987
|
BRUXELLES - I teppisti inglesi accusati della
strage avvenuta 27 mesi fa nello stadio di Heysel sono stati trasferiti,
come previsto, nel carcere belga di Lovanio, a 20 chilometri dalla
capitale. I tifosi del Liverpool compariranno lunedì o martedì della
prossima settimana di fronte alla Camera di consiglio del tribunale
di Bruxelles che dovrà confermare il mandato d'arresto. Poi dovranno
attendere il processo che dovrebbe svolgersi entro la fine dell'anno
o all'inizio del prossimo. Sul banco degli imputatati saliranno
a fianco degli inglesi anche tre belgi. Si tratta dell'ex segretario
della federazione gioco calcio belga e di due ufficiali della gendarmeria
addetti al servizio d' ordine la sera del 29 maggio. Intanto, ieri
notte sono continuati gli incidenti nelle carceri belghe. Dopo le
sommosse di Saint Gilles, di Forest e poi di Lovanio, che hanno
provocato la morte di un cambogiano e circa cento feriti, stavolta
è toccato alla prigione di Merxplas, nei pressi di Anversa. A quanto
pare durante i disordini sarebbero evase una trentina di persone,
la metà delle quali sono già state riprese. Il motivo della protesta
è sempre lo stesso: il presunto trattamento di favore che il governo
belga avrebbe intenzione di concedere agli imputati. Il carcere
a cinque stelle, come sintetizzava uno slogan coniato dai carcerati
durante le rivolte, era stato in qualche modo promesso dalle autorità
belghe per tranquillizzare gli avvocati difensori degli inglesi.
Ma nonostante i numerosi tentativi da parte degli avvocati per impedire
o almeno ritardare la partenza dei 26 supporter del Liverpool, gli
hooligans sono stati ugualmente estradati in Belgio. Mercoledì sono
giunti nella capitale belga coperti dal massimo riserbo. Dopo gli
interrogatori preliminari il giudice istruttore, signora Marina
Coppieters' t Wallant, ha notificato loro il mandato d'arresto per
il reato che nella procedura italiana corrisponde all'omicidio preterintenzionale.
L'accusa si riferisce agli incidenti avvenuti a maggio del 1985
nello stadio di Heysel prima dell'incontro di calcio valido per
la finale della Coppa dei campioni tra Liverpool e Juventus. Sugli
spalti ci furono degli scontri violentissimi tra opposte tifoserie
che costarono la vita a 39 persone, 32 delle quali italiane. Grazie
alla registrazione di quei drammatici momenti, vissuti da milioni
di telespettatori in diretta, la polizia ha potuto individuare gran
parte dei teppisti inglesi responsabili della strage. Di una vera
e propria strage infatti si trattò. Gli incidenti scoppiarono poco
prima che scendessero in campo i giocatori. Dal settore dei tifosi
del Liverpool partirono prima insulti, poi sassi e in pochi minuti
si passò ad un vero e proprio assalto agli italiani, che nel tentativo
di fuggire, abbatterono il muretto opposto della curva zeta. Oltre
alla recinzione caddero nel vuoto decine di persone. Nonostante
i gravi incidenti la partita si disputò ugualmente. I protagonisti
di quella notte di violenza hanno però potuto beneficiare della
derubricazione del reato di strage per il quale avrebbero rischiato
l'ergastolo. Il capo d'imputazione è stato tramutato in omicidio
preterintenzionale, consentendo di sveltire le operazioni d'estradizione.
Inoltre l'accusa per un reato meno grave consentirà di celebrare
il primo grande processo internazionale contro i teppisti degli
stadi, davanti a tre magistrati che dovranno esaminare un dossier
di 47 mila pagine. Gli imputati altrimenti sarebbero dovuti comparire
di fronte ad una giuria popolare che sarebbe più facilmente influenzabile
dal movimento d' opinione diffusosi in Belgio negli ultimi giorni.
Ad accentuare il clima di tensione avevano contribuito sia gli incidenti
scoppiati nelle carceri sia la stampa belga, insorta, per ragioni
diverse, contro i 25 hooligans (il ventiseiesimo è stato trattenuto
in Inghilterra per reati commessi in patria precedentemente al maggio
85, ma sarà estradato al più presto). I giornali locali mercoledì
titolavano: ben arrivati, animali rossi, riferendosi al colore della
maglia del Liverpool. I mass media del Belgio hanno quasi unanimemente
chiesto una condanna esemplare che faccia giustizia. Con l'invio
degli inglesi nella prigione di Lovanio non si sono placate le polemiche
sulle condizioni privilegiate riservate loro. Infatti la sezione
in cui sono ospitati gli hooligans è la più confortevole dell'antica
prigione costruita nel 1860. Hanno a disposizione 14 celle, ciascuna
composta di due ambienti ben illuminati, le docce, una sala comune
con la televisione e inoltre potranno ricevere le visite dei familiari
per due ore al giorno. Inoltre la sezione del partito radicale belga
ha chiesto le dimissioni del ministro della Giustizia Jean Gol.
11 settembre 1987
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA
SETTEMBRE
1987
Lunedì in Belgio si decide per la libertà provvisoria
agli hooligans dell’Heysel.
BRUXELLES - Lunedì prossimo la Camera di consiglio
di Bruxelles deciderà se prolungare o meno la carcerazione preventiva
dei 22 Hooligans inglesi accusati della strage dello stadio Heysel
dove la sera del 29 maggio 1985, prima della finale di Coppa Campioni,
morirono 39 persone. I teppisti inglesi sui quali grava il pesante
capo di accusa di aver provocato i tragici incidenti sono stati
estradati nel settembre scorso dalla Gran Bretagna e da allora detenuti
nel carcere di Lovanio. Fino a pochi giorni fa erano 25 gli hooligans
in attesa di giudizio poi i giudici ne hanno messi in libertà provvisoria
tre lunedì, in attesa del processo, che difficilmente verrà celebrato
entro la fine dell'anno. La Camera di consiglio di Bruxelles deciderà
la momentanea sorte degli altri. Una decisione che verrà presa proprio
quando vengono alla luce gli inquietanti legami internazionali dei
teppisti degli stadi. Esisterebbe una vera multinazionale del teppismo
sportivo che godrebbe di appoggi e sostegni logistici forniti da
movimenti europei di estrema destra. Una triste e sconcertante verità
è contenuta nel dossier elaborato da un’equipe di studiosi dell'università
cattolica di Lovanio (Kul) alla quale, proprio all’indomani della
strage dell’Heysel venne commissionata dal ministero degli Interni
belga la ricerca. Il materiale raccolto dagli studiosi dell’Università
cattolica di Levanio parla di organizzatissime "squadre del disordine"
che "accompagnerebbero" anche squadre che non sono le loro. Esistono,
ad esempio, prove che incidenti fra due squadre belghe sarebbero
stati provocati da "tifosi" olandesi.
7 novembre 1987
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA
NOVEMBRE 1987
|