Il ricordo di una
tragedia
29 maggio, 35
anni fa l'Heysel, 39 morti che sono ancora un'onta per il
calcio.
Il 29 maggio ricorre il
35esimo anniversario della strage dell’Heysel (29 maggio
1985) in cui persero la vita 39 persone per gli incidenti
verificatisi prima della finale di Coppa Campioni tra Juventus
e Liverpool. Il match fu poi disputato e vinse la squadra
bianconera 1-0. "Giocare con queste cifre è assolutamente
inaccettabile" disse Bruno Pizzul che ebbe l’ingrato compito
di commentare la tragica partita dell’Heysel. In quel momento
non si sapeva quale era il numero esatto dei morti. Carlo
Nesti gli aveva riportato delle cifre, così come gliele
avevano date: "Ci sono due versioni, una parla di 36, un’altra
di 24 morti" disse. Ferretti ripeté che non si poteva giocare.
Ma si giocò. Claudio Ferretti, scomparso in questi giorni,
con la sua sensibilità di giornalista di razza, fece un
approfondimento su quella tragica serata qualche giorno
dopo: un punto sulla situazione che si era determinata dopo
Juventus-Liverpool, con testimonianze dei sopravvissuti
che raccontarono come era andata. Anche i giornali avevano
raccolto delle voci: "Sono finito sotto i piedi della folla
- raccontò uno che si era salvato - e non so come ne sono
uscito vivo. Ricordo che gli hooligans erano delle bestie
e la polizia belga completamente incapace. Ringrazio Dio
di aver salvato la pelle, ma per anni non ho voluto sapere
come era finita la partita, né mi sono occupato di calcio".
In un libro autobiografico, Paolo Rossi, il goleador juventino,
si è espresso senza molti giri di parole: "...Abbiamo vinto.
Poi nel nostro cuore abbiamo perso. Anzi, più ci penso e
più ho perso... Vedere quel giro d’onore e l’esultanza di
una parte del pubblico, in retrospettiva, non è cosa edificante".
Molti glissano su quella triste serata che ha segnato un
punto a sfavore del calcio, dominato dagli interessi, e
della stessa organizzazione del mondo europeo del pallone
che evidentemente aveva sbagliato prima a scegliere il piccolo
e inadeguato stadio dell’Heysel per una finale di Coppa
dei Campioni e poi non aveva saputo dire "alt" alla partita
dopo gli incidenti e la bestiale aggressione del "leoni"
inglesi. Nel 2015, in occasione dell’amichevole Belgio-Italia,
allo stadio di Bruxelles, assistemmo alla commemorazione
dei morti di quell'assurda serata. La Nazionale azzurra
rese omaggio alla memoria delle 39 vittime della tragedia
accaduta nello stadio della capitale belga il 29 maggio
1985.
L'Heysel era stato restaurato e
la famosa curva Z, dove, come detto, 32 italiani persero
la vita in occasione della finale di Coppa Campioni Juventus-Liverpool,
non esisteva più: c'era una bella tribuna. Buffon e Chiellini,
in rappresentanza della Nazionale, e i tifosi della squadra
bianconera residenti in Belgio, posero delle corone in ricordo
delle vittime. I poliziotti belgi che non avevano saputo
impedire l’assalto degli inglesi ai tifosi della Juve erano
stati licenziati. Una targa con i nomi delle vittime e una
con la data di quel triste giorno sono rimasti a ricordo
imperituro di una tragedia che non è stata mai dimenticata.
27 maggio 2020
Fonte: Gazzettadiparma.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
Politica / Camerano
"La tragedia dell'Heysel
35 anni dopo:
"Intitolare uno spazio
pubblico alle vittime"
Lorenzo Rabini (Fdi) sostiene
la proposta dello Juve Club Camerano: "Il Consiglio
comunale la approvi, quel giorno allo stadio c'erano
tanti cameranesi".
Il 29 maggio del 1985
si giocò allo stadio "Heysel" di Bruxelles, la finale
di Coppa Campioni tra la Juventus ed il Liverpool, ma
il risultato sportivo di quella notte fu niente al confronto
della tragedia che colpì il mondo dello sport che assistette
poco prima dell'inizio gara, ad una incredibile bagarre
scatenata dai tifosi inglesi in una parte dello stadio
che purtroppo era adiacente a quella dove vennero posizionati
anche moltissimi tifosi bianconeri (la tifoseria organizzata
della Juve era dall'altra parte dello stadio). L'assalto
degli hooligans inglesi scatenò una ressa incredibile,
tanto che crollò un muro della gradinata per il troppo
peso delle persone che si erano accalcate per tentare
la fuga verso il campo di gioco o cercando di saltare
addirittura il muro stesso della famigerata "curva Z".
Uomini e donne, famiglie, ragazzini schiacciati uno
sopra l'altro per tentare la fuga ma, senza saperlo,
lanciati, purtroppo verso la morte. Morirono 39 persone
di cui 32 Italiani e 600 fu la somma dei feriti dopo
il crollo del muro. "Lo Juventus Club Camerano Bianconera,
la cui bellissima ed accogliente sede (oltre 100 posti
per i soci) fu inaugurata dal sindaco Del Bello nel
marzo del 2018, in via Pacinotti, all'interno dello
stabile dell'Hotel Tre Querce, ha già da tempo inviato
al Comune di Camerano una proposta per intitolare uno
spazio pubblico (parco, area verde o altro), proprio
al ricordo delle vittime dell'Heysel - dichiara Lorenzo
Rabini, capogruppo di Camerano Operazione Futuro - Vorrei
ricordare che in quella tragica occasione, molti furono
anche i cameranesi presenti allo stadio della tragedia,
fortunatamente tutti ritornarono a casa, ma la paura
di quei momenti resterà indelebile così come la fortissima
preoccupazione delle famiglie. Credo dunque - conclude
Rabini - che sia giunto il momento che il Consiglio
comunale possa discutere ed approvare un ordine del
giorno sulla proposta formulata dallo Juve Club: sarebbe
un gesto di grande sensibilità sportiva ed umana, qui
non è in gioco certo la faziosità o il tifo, ma semplicemente
la voglia di una memoria condivisa per non dimenticare
quanto accaduto e trarne lezioni di sportività e di
vita".
27 maggio 2020
Fonte: Anconatoday.it
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MAGGIO
2020
Perse il padre all'Heysel: "I cori sui 39 mi fanno incazzare,
la Juve pensa
ad un monumento in memoria delle vittime"
Si chiama
Andrea Lorentini e 35 anni fa, il 29 maggio del 1985, perse
il padre Roberto nella calca dell'Heysel. Si era inizialmente
salvato, ma poi vide un bimbo di 11 anni sepolto da quella
bolgia. Tornò indietro per salvarlo ma entrambi finirono
travolti da una seconda ondata di persone in fuga. "Da un
punto di vista personale, l’Heysel è una di quelle ferite
che non si rimarginano. Come fai a dimenticare la perdita
di un genitore ? Il dolore è per sempre", dichiara Andrea
a il Corriere di Torino.
CORI DI
SCHERNO - "Mi incazzo ma proprio per questo bisogna ricordare.
Perché non sia la memoria di una sola tifoseria, o di una
squadra, ma sia il ricordo di tutti. Vale anche per Superga.
Quella partita non l’ho mai rivista: perché con lo sport
non c’entra nulla".
RICORDO
- "Ho incontrato la segretaria del ministro Spadafora, per
istituire una giornata contro la violenza nello Sport. Juve
? Al J-Museum ha messo una stele con i nomi delle vittime,
e ha il progetto di un monumento, nella sede della Continassa.
Papà era uno che donava il sangue, che faceva il volontario,
e che quella sera si comportò come era lui: tentando di
aiutare gli altri. A me piace ricordarlo così".
28 maggio
2020
Fonte:
Ilbianconero.com
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MAGGIO
2020
35 anni fa la strage dell'Heysel che segnò per sempre il
mondo del calcio
Trentanove persone
persero la vita negli incidenti verificatisi prima della
finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool.
28 maggio 2020 - Era il
29 maggio 1985 e allo stadio Heysel di Bruxelles era in
programma la finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool.
Tutto accadde in pochissimo tempo: prima del fischio iniziale,
una parte della tifoseria del Liverpool si riversò in massa
sulla tribuna dove si trovavano i tifosi italiani, sfondando
le reti divisorie. In tv la voce di Bruno Pizzul cercava
di spiegare l'inspiegabile. La polizia arrivò quando gli
hooligans, allora noti in tutta Europa come una delle tifoserie
più violente, erano già in azione: inseguirono i supporter
della Juventus fino all'estremità degli spalti. Presi dal
panico i tifosi italiani si ammassarono nell'angolo più
lontano e basso del Settore Z, schiacciati l’uno sull'altro
contro un muro, che crollò. Fu una carneficina. Morirono
39 persone di cui 32 italiani, ci furono 600 feriti e le
immagini di quella barbarie fecero il giro del mondo, ma
prima si giocò la partita per decisione dei dirigenti UEFA,
d'accordo con la polizia belga. Cabrini, Tardelli e Brio
andarono a parlare con i tifosi. Capitan Scirea lesse un
comunicato: "La partita verrà giocata per consentire alle
forze dell'ordine di organizzare al termine l'evacuazione
dello stadio. State calmi, non rispondete alle provocazioni.
Giochiamo per voi". Un rigore di Platini segnò la più amara
e dolorosa delle vittorie della Juventus. Una delle più
grandi sconfitte del calcio.
Il ricordo di Cabrini
Quella partita si giocò
perché si doveva giocare, dice oggi Antonio Cabrini: "Si
era anche pensato di non scendere in campo, ci fu un confronto
tra di noi giocatori, c'erano anche i nostri dirigenti che
erano in continuo contatto con i responsabili Uefa, alla
fine ci venne detto che bisognava giocare, ma le ore e i
minuti precedenti furono un caos totale". Tra le istantanee
di quel 29 maggio, anche quelle di Cabrini e Tardelli tra
i tifosi prima della partita. "Non solo noi, andammo in
tanti in curva, eravamo in mezzo a loro, c'era gente disperata,
c'era chi cercava un amico o un parente, in quei momenti
succedeva di tutto e somatizzavi tutto anche se non sapevamo
esattamente cosa fosse successo, si sapeva che c'erano stati
scontri pesanti, era davvero il caos totale". Insomma, si
decise di giocare per evitare che la tragedia potesse assumere
proporzioni ancora più grandi, ma lo stato d'animo dei calciatori
non aveva nulla a che fare con il calcio. "Abbiamo cercato
di entrare in campo con la consapevolezza di dover fare
una vera partita di calcio, ma sapevamo che non era la serata
che poteva e doveva incoronare la squadra regina d'Europa".
La punizione della Thatcher
Da Heysel in poi il mondo
del calcio provò a cambiare, anche se quattro anni dopo
ci fu la tragedia di Hillsborough. Per il calcio inglese
arrivò la severa punizione della Thatcher che escluse tutte
le squadre inglesi dalle coppe internazionali per 5 anni.
Juventus e Liverpool si incontrarono ancora due volte, nel
corso della Champions League 2004/2005 quando ai quarti
di finale ebbero la meglio i Reds grazie al 2-1 di Anfield
Road seguito dallo 0-0 allo stadio delle Alpi di Torino.
Prima della partita di andata giocata sul campo degli inglesi,
i tifosi del Liverpool mostrarono la scritta "amicizia"
sulle tribune, ma molti dei tifosi juventini presenti in
quella trasferta voltarono le spalle sia alla coreografia
sia all'ingresso delle due squadre in campo. Ian Rush e
Michel Platini effettuarono un giro di campo reggendo una
targa con gli stemmi dei due club e la scritta "Liverpool
v Juventus Anfield 5th April 2005 In memory and friendship"
(Liverpool-Juventus, 5 aprile 2005, In memoria e in amicizia)
e il club inglese, oltre ad organizzare una cerimonia simbolica
sul campo, fece preparare delle sciarpe speciali in cui
erano uniti loghi e colori delle due squadre.
La Juventus convive con il tremendo
ricordo di quella notte del 1985 e non passa anno in cui
non vengano ricordate le 39 vittime dell'Heysel con molteplici
celebrazioni e così fa il Liverpool. Nel 2010, in occasione
della commemorazione avvenuta nella sede della Juventus
alla presenza anche dell'ex Michel Platini allora presidente
Uefa, il presidente Andrea Agnelli promise la presenza nell'area
dello Stadium di un luogo in memoria delle vittime di quella
strage e nel 2012 un totem commemorativo fu inserito all'interno
del JMuseum. In quell'occasione Agnelli dichiarò anche:
"Ho sempre fatto fatica a sentire mia quella coppa".
Una Giornata contro la
violenza nello sport
"Trentacinque anni dopo
è ancora più importante ricordare perché con il passare
del tempo il rischio che l'Heysel venga dimenticato è reale".
Andrea Lorentini è il presidente dell'Associazione dei familiari
delle vittime della strage dell'Heysel, nonché il figlio
di Roberto Lorentini, morto quella sera a Bruxelles e insignito
della medaglia d'argento al valor civile. Si era salvato
dopo le prime cariche degli hooligans inglesi, ma era tornato
indietro, essendo medico, per prestare soccorso ai feriti
sugli spalti, venendo mortalmente travolto mentre stava
praticando una manovra respiratoria su un bambino. A 35
anni dalla tragedia, nei familiari delle vittime prevale
la volontà di ricordare e provare a far capire alle generazioni
future il senso più positivo che deve avere il mondo dello
sport. "Non abbiamo sete di giustizia - dice Andrea Lorentini
- C'è stato un processo, durato sette anni, che ha emesso
una sentenza storica della quale si parla troppo poco. Ovvero
la condanna della Uefa, ritenuta responsabile. Una sentenza
che ha fatto giurisprudenza e ha cambiato le regole del
calcio europeo nella scelta degli stadi e sulla sicurezza.
Prima dell'Heysel, la Uefa prendeva il 70% dell'incasso
e non era responsabile di eventuali incidenti - ha proseguito
Lorentini - Per questo ebbe la possibilità di scegliere
l'Heysel, un impianto fatiscente. La Uefa è stata condannata
grazie alla tenacia della "prima" associazione fra i familiari
delle vittime guidata da mio nonno Otello. Ringraziamo tutti
coloro che si impegnano per tenere viva la memoria e lo
fanno senza strumentalizzazioni di parte o di sorta. L'Heysel
è una tragedia italiana ed europea e quindi dovrebbe andare
oltre le divisioni del tifo. Non sollecitiamo nessuno: chi
vuole essere al nostro fianco e mostra sensibilità verso
la nostra causa è il benvenuto, per il resto noi tiriamo
dritti per la nostra strada della memoria". L'Associazione
ha sempre messo in piedi una serie di eventi per alimentare
il ricordo di quel che avvenne a Bruxelles il 29 maggio
1985, quest'anno l'emergenza Covid lo ha impedito. Il progetto
più ambizioso al quale sta lavorando da tempo è quello di
istituire in Italia la giornata nazionale contro la violenza
nello sport.
L'omaggio del Toro
Un gruppo di tifosi del
Torino è salito sul colle di Superga, luogo dove sono morti
i giocatori del Grande Torino per uno schianto aereo, e
ha esposto uno striscione con scritto: "+39" per ricordare
le vittime del 29 maggio del 1985.
28 maggio 2020
Fonte: Rainews.it
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MAGGIO
2020
Quel maledetto 29 maggio 1985: il ricordo dell’Heysel
Doveva essere
una grande notte di calcio internazionale, il momento della
verità tra Juventus e Liverpool. E invece fu solamente una
grossa recita, messa in scena in un clima di paura, disperazione
e caos. Quel 29 maggio 1985 non lo ricordiamo per la vittoria
della prima Coppa dei Campioni della Juventus, trofeo sfuggito
ai bianconeri solo due anni prima in favore dell’Amburgo,
ma per la tragedia che si consumò sugli spalti e fuori dallo
stadio Heysel.
La finale tra la Vecchia
Signora e i Reds era la sfida che tutti attendevano con
trepidazione: di fronte due delle squadre più forti di quel
momento che disponevano di giocatori fortissimi. L’attenzione
però si spostò fuori dal rettangolo di gioco. I tifosi del
Liverpool caricarono quelli della Juve sfondando una fragile
recinzione, sotto gli occhi increduli di 19 milioni di persone
che sedevano davanti alla TV. Il pessimo servizio di sicurezza
e le fatiscenti condizioni dell’impianto di Bruxelles fecero
il resto: piangiamo ancora oggi 39 vittime. Le condanne
inflitte, le pene comminate ai tifosi, i risarcimenti della
UEFA fanno parte di quello che successe dopo. Molti non
accettarono quella maledetta coppa vinta dalla Juventus
perché simbolo di una serata che tutto aveva tranne che
i contorni di una festa. I festeggiamenti dei giocatori
e il giro d’onore intorno al campo sono ancora oggetto di
critiche, considerati inopportuni e irrispettosi per le
persone che in quel momento stavano vedendo morire i propri
cari. Ma ciò che più rattrista è che si poteva fare di più
per chi quel giorno è volato via per sempre.
Stadio Heysel: una tragedia
annunciata
La Juventus, che aveva
raggiunto la finale di Coppa Campioni solamente due volte
in undici tentativi, tra l’altro perdendo entrambe quelle
partite con l’Ajax (1-0) e l’Amburgo (1-0), era vogliosa
di prendersi l’unico trofeo che mancava in bacheca. Ad alimentare
il sogno della vittoria c’erano calciatori del calibro di
Scirea, Boniek, Platini, Paolo Rossi, Cabrini e Tardelli,
guidati dall’acume tattico di Giovanni Trapattoni. Per contro,
il Liverpool era quello fortissimo degli anni Settanta e
Ottanta, che vantava in rosa giocatori come Rush, Dalglish
e Grobbelaar e che era abituato a certi palcoscenici. Aveva
già vinto l’anno precedente contro la Roma e inseguiva la
sua quinta affermazione continentale. Prima dell’inizio
della partita, l’atmosfera sembrava piuttosto tranquilla.
Sì, ci fu qualche scaramuccia, del resto i tifosi inglesi
erano già su di giri considerato l’alcol che avevano in
corpo, ma non accadde nulla di serio. Le persone giunte
allo stadio confluivano serenamente all’interno dell’impianto:
le due curve riservate agli ultrà di Liverpool e Juventus
si andavano riempendo, allo stesso modo del settore Z. Che
era l’altra parte dello stadio dedicata alle famiglie juventine,
dove i genitori con bambini e le coppie di mezza età provenienti
da tutta Italia potevano sistemarsi per assistere alla partita.
Tra loro c’era anche qualche spettatore francese e belga.
Ecco, bisogna aprire una parentesi sullo status dello stadio
Heysel. Venne costruito tra il 1929 e il 1930 e ribattezzato
"Heysel" nel Dopoguerra (prima si chiamava "Stadio del Giubileo").
Quella tra Juventus e Liverpool avrebbe dovuto essere l’ultima
partita da disputarsi nel vecchio impianto, anche se nel
1990 il Milan vi giocò un match di Coppa dei Campioni. Già
nei primi anni ’80 la struttura presentava chiari segni
di obsolescenza, con l’erba che spuntava dalle tribune di
cemento. Nessun tipo di ristrutturazione venne però apportato
prima della finale del 1985, tanto che a dividere i tifosi
inglesi da quelli italiani del settore Z c’era solo una
rete metallica. Solamente nel 1994-1995, ben dieci anni
dopo la tragedia dell’Heysel, venne sottoposto a manutenzione
e restyling completo rispettando i parametri di sicurezza
imposti dalla legge. Ma era tardi ormai. Tornando alla preparazione
della partita, mentre i tifosi prendevano posto dentro lo
stadio, anche il servizio d’ordine si dispiegava. Tuttavia,
secondo alcuni testimoni, i poliziotti posti a garanzia
del settore Z - quello confinante con la curva del Liverpool
- erano solamente otto, in più con le loro ricetrasmittenti
non funzionanti. Assurdo. Il numero delle forze di polizia
era esiguo in confronto alle migliaia di tifosi che continuavano
ad entrare anche grazie a biglietti contraffatti. In effetti
i presenti riferirono che alcuni sostenitori, una volta
all’interno dei cancelli, passavano il loro biglietto ad
altri lanciandolo oltre il muro. Lo stadio piano piano si
stava "gonfiando" quasi a scoppiare e i pochissimi poliziotti
impiegati erano la contromisura insufficiente pensata dalle
autorità belghe.
Il disastro
Circa un’ora prima del
fischio d’inizio, alle 19.20 (la partita era in programma
per le 20.15), gli hooligan ubriachi del Liverpool iniziarono
a caricare muovendosi verso il settore Z. Si dice che si
mossero con intenzioni del tutto intimidatorie per provocare
la reazione degli juventini, i quali però indietreggiarono
impauriti fino ad ammassarsi contro il malfamato "piccolo
muro". Gli inglesi non ci misero tanto a rompere la rete
che separava le tifoserie e, mentre avanzavano lanciando
oggetti, strinsero in una morsa mortale i tifosi della Juventus:
il muro crollò, molte persone finirono schiacciate dalle
macerie, altre calpestate dalla folla. Qualcuno provò a
salvarsi cercando di scavalcare ed entrare nel settore adiacente,
altri si gettarono nel vuoto per non finire soffocati. Chi,
invece, era riuscito a lasciare le tribune per trovare riparo
sul campo di gioco, trovava i manganelli dei poliziotti
pronti a colpirli per mantenere l’ordine. Il loro intervento
era ormai una ridicola e tardiva esibizione di forza. Il
caos più totale e il panico imperversavano, i tifosi correvano
fuori, dentro lo stadio e in mezzo al campo alla disperata
ricerca d’aiuto o per riabbracciare i propri cari persi
nel marasma generale. Le immagini che la Rai stava trasmettendo
sconvolsero chi stava guardando la televisione. Pure per
il telecronista Bruno Pizzul divenne un’impresa gestire
la cronaca degli eventi, con notizie vaghe e tremende che
si rincorrevano: "Ci sarebbero stati anche dei morti, non
si conoscono le nazionalità", disse Pizzul. Nel frattempo
i giocatori erano rimasti negli spogliatoi in attesa di
ordini dalla UEFA. Alcuni, tra questi Brio, Tardelli e Cabrini,
uscirono per andare a parlare coi tifosi e per tranquillizzarli.
A quel punto sembrava evidente a tutti che non ci fossero
i presupposti per dare inizio alla partita. Però, contro
ogni previsione, la UEFA decise che la gara doveva essere
disputata, puramente per "scopi di ordine pubblico", mentre
nel parcheggio dello stadio giacevano cadaveri coperti da
lenzuoli.
Polemiche e festeggiamenti
indecorosi
Fu questa la domanda che
più volte venne riproposta: perché si giocò ? Attorno solo
morte, paura, grida, panico, eppure la partita si giocò.
Gli stessi tifosi supplicarono i calciatori di non giocare,
ma le indicazioni della UEFA erano state chiare. In seguito
molti affermarono di sapere poco o nulla riguardo a ciò
che stava accadendo. Alcuni non avevano idea che c’erano
state delle vittime, altri invece sapevano perfettamente.
Paolo Rossi affermò: Quando siamo scesi in campo, in quel
brutto e fatiscente stadio, avevamo solo la lontana percezione
di ciò che era successo in realtà. Eravamo lontani mille
miglia dalla cruda realtà. Anche Kenny Dalglish sostenne
che non era a conoscenza della morte di alcune persone,
lui si era addormentato e non sapeva delle vittime. A differenza,
invece, di Phil Neal (il capitano del Liverpool) e Alan
Hansen che avevano saputo dei decessi e di Cabrini che disse
chiaramente: "Noi giocatori sapevamo tutto". Ma la partita
comincia - alle 21.40, con più di un’ora di ritardo - e
la cronaca ha le sue esigenze. La gara è combattuta, rimane
sullo 0-0 fino a quando un lungo e preciso lancio di Platini
pesca Boniek. Il polacco si invola verso la porta inseguito
dai difensori e, a ridosso dell’area, viene atterrato. Seppure
il fallo commesso sia fuori dall’area di rigore, la velocità
dell’intervento fa cadere in errore l’arbitro che concede
la massima punizione. Dal dischetto Platini non sbaglia:
1-0 (58′). Il risultato non cambia più, la Juventus vince
la sua prima Coppa dei Campioni. Al triplice fischio scoppia
un’esultanza di gruppo della panchina e dei giocatori in
campo, in netto contrasto con il clima da funerale che si
respirava. Addirittura i calciatori si concedono il giro
d’onore per esultare insieme ai propri tifosi rimasti nello
stadio, ma di onorevole c’era ben poco. Lo stesso Paolo
Rossi ammise che quelli furono festeggiamenti indecorosi.
L’attaccante juventino disse che "vedere quel giro d’onore
non fu certamente edificante". Pure il terzino della Nazionale
italiana, Antonio Cabrini, si espresse sulle esultanze:
Non è stata un’esultanza festosa: si è trattato semplicemente
di uno sfogo carico di rabbia dopo tutte quelle ore di tensione.
Per me quella coppa resterà per sempre una coppa insanguinata.
La coppa della morte. Infine, finì nel polverone delle polemiche
anche l’esultanza di Platini. Una manifestazione di gioia
sfrenata, considerata da tutti di pessimo gusto. Il francese
si giustificò dicendo che "il calcio è un circo, non si
ferma mai, neppure dopo una tragedia". I dibattiti non si
placheranno mai, certo che tutti quei sorrisi stonavano
parecchio.
Le conseguenze: condanne
e squalifiche
Quel giorno persero la
vita 39 persone, di cui 32 italiani, 4 belgi, 2 francesi
e 1 irlandese. Il più giovane aveva 11 anni. I feriti furono
oltre 600. Le squadre inglesi furono squalificate per cinque
anni da tutte le competizioni europee, tre ufficiali di
polizia furono licenziati, 25 tifosi del Liverpool furono
estradati in Belgio per essere processati e dopo cinque
mesi di processo, nell’aprile del 1989, 14 furono ritenuti
colpevoli di omicidio volontario. A tutti e venticinque
furono inflitte condanne con il beneficio della condizionale.
La UEFA risarcì le famiglie delle vittime dopo che anche
il segretario generale Hans Bangerter fu ritenuto colpevole
di negligenza. Nel 1987 il segretario della Federcalcio
belga, Albert Roosens, venne accusato di omicidio colposo
e massacro. E tra gli altri accusati c’era pure il presidente
della UEFA, così come l’allora sindaco di Bruxelles e due
ufficiali di polizia. Ciò che si può e si deve fare oggi
è ricordare. Ricordare chi non c’è più è la sola maniera
per tenere in vita quelle persone.
Tutta Torino + 39
Tutta Torino continua a
stringersi attorno a chi quel maledetto 29 maggio 1985 ha
perso ingiustamente la vita. È troppo importante non dimenticare.
Il 26 marzo 2017 è stato inaugurato un giardino della memoria
nel Comune di Grugliasco, a sud di Torino, per rendere eterno
il ricordo. Al "Giardino Vittime dell’Heysel" è stato aggiunto
anche un bellissimo murales per dare colore alla memoria,
opera dello Juventus Club Doc di Grugliasco. E qualche giorno
dopo, esattamente martedì 23 maggio 2017, il Comune di Torino
ha dedicato una piazza alle 39 vittime dell’Heysel accanto
alla biblioteca "Italo Calvino", in lungo Dora Agrigento,
nella Circoscrizione 7. La decisione è stata presa dalla
commissione Toponomastica di Torino presieduta da Fabio
Versaci, il presidente del Consiglio comunale del capoluogo
piemontese. Un altro gesto nel segno dell’amore per chi
non è più con noi.
Torino, nel 2018 inaugurata
una piazza in centro
Il 29 maggio 2018, in occasione
del 33esimo anniversario della tragedia dell’Heysel, a Torino
è stata intitolata una piazza alle 39 vittime. Alla cerimonia
di inaugurazione della "Piazzetta Vittime dell’Heysel" erano
presenti le più importanti cariche istituzionali della città
e della regione Piemonte.
(NdR: A Torino c’è una
sola Piazzetta dedicata alle vittime dell’Heysel, inaugurata
nel 2018. Nel 2017 fu annunciata l’ubicazione, nello stesso
punto).
29 maggio 2020
Fonte: Calciorepublic.com
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
Trentacinque anni fa la tragedia dell'Heysel, la notte del
calcio
Il ricordo della
Juventus: "Alla memoria di quei 39 morti che oggi, come
ogni giorno, dedichiamo il nostro raccoglimento, e il nostro
dolore. Perché passano gli anni, ma immutato è il dolore".
Trentacinque anni fa si
consumava la tragedia dell'Heysel, 39 tifosi della Juventus
morti nella calca sulle gradinate prima dell'inizio della
finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool. Il club
bianconero ricorda quella data terribile: "La parola Heysel
è una di quelle che mai e poi mai potremo dimenticare",
scrive sul sito sotto la targa di Bruxelles "in memoriam
29-05-85. "Sono passati trentacinque anni, ma la memoria
di chi c'era, di chi ha assistito dai teleschermi di casa,
e anche di chi non era ancora nato ma ha conosciuto i fatti
leggendo i libri di storia, è qualcosa che si risveglia,
immediatamente, al solo leggere o sentire quella parola.
Heysel. Quel giorno - ricorda la Juventus - a Bruxelles
c'era il sole. Un sole che stava lasciando sul campo i suoi
ultimi raggi, quando proprio su quel campo, e su quegli
spalti, prima dell'inizio della Finale di Coppa dei Campioni
fra Juve e Liverpool, si consumò l'incredibile. Si consumò
l'orrore. Successe tutto in pochi istanti: le cariche, la
corsa per scappare, quel muro che crolla. E il panico. Una
notte, quella di Bruxelles, che si portò via 39 persone,
quasi tutte italiane: il più giovane fra loro aveva solo
dieci anni. È alla loro memoria che oggi, come ogni giorno,
dedichiamo il nostro raccoglimento, e il nostro dolore.
Perché passano gli anni, ma quella parola continua a evocare
in noi lo stesso, immutato dolore. Heysel".
"In 35 anni non abbiamo
dimenticato neanche una delle 39 vittime della terribile
notte che ha cambiato per sempre il calcio". Così, sui suoi
profili social, la sindaca di Torino Chiara Appendino celebra
l'anniversario della tragedia dell'Heysel di Bruxelles in
cui la sera del 29 maggio 1985 persero la vita 39 tifosi
bianconeri prima della finale di Coppa dei Campioni fra
la Juventus e il Liverpool. "Alle loro famiglie - aggiunge
la sindaca - mando l'abbraccio di tutta Torino".
"La tragedia dell'Heysel
è un monito costante per la coscienza del calcio europeo.
A distanza di anni la commozione è ancora viva, ricordiamo
perché non avvenga mai più un dramma del genere": il presidente
della Figc Gabriele Gravina ricorda così le vittime dell'Heysel
nel giorno del 35mo anniversario della strage che il 29
maggio 1985 costò la vita a 39 persone per gli incidenti
verificatisi prima dell'inizio della finale di Coppa dei
Campioni tra Juventus e Liverpool. Nel novembre 2015, ricorda
una nota, in occasione di un'amichevole con il Belgio disputata
a Bruxelles, la Figc in accordo con la federazione belga
rese omaggio alle vittime della tragedia, con gli Azzurri
che deposero una corona di fiori sotto la lapide che riporta
i nomi delle persone che persero la vita nella tristemente
famosa Curva Z. Insieme ai rappresentanti dell'Associazione
dei familiari delle vittime dell'Heysel guidati da Andrea
Lorentini, la Federazione ritirò simbolicamente la maglia
della Nazionale numero 39, autografata da tutti i calciatori
della Nazionale ed esposta al Museo del Calcio di Coverciano.
"Il ricordo della strage
dell'Heysel resterà sempre vivo nella nostra memoria": così
scrive il ministro del sport Vincenzo Spadafora in un post
sul suo profilo Facebook. "35 anni fa una festa dello sport
- scrive ancora il ministro - si trasformò in una tragedia
dove persero la vita 39 persone e 600 rimasero ferite a
causa degli incidenti verificatisi prima dell'inizio della
finale di coppa campioni tra Juventus e Liverpool". Il post
è accompagnato da una foto che ritrae la tribuna dello stadio
di Bruxelles nei minuti successivi agli incidenti che causarono
la morte dei tifosi italiani.
29 maggio 2020
Fonte: Ansa.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
La Juve ricorda l'Heysel: "Dopo 35 anni immutato dolore"
"Successe tutto
in pochi istanti. Una notte, quella di Bruxelles, che si
portò via 39 persone, quasi tutte italiane. È alla loro
memoria che oggi, come ogni giorno, dedichiamo il nostro
raccoglimento", la nota del club bianconero.
TORINO - Trentacinque anni
fa si consumava la tragedia dell'Heysel, 39 tifosi della
Juventus morti nella calca sulle gradinate prima dell'inizio
della finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool.
Il club bianconero ricorda quella data terribile: "La parola
Heysel è una di quelle che mai e poi mai potremo dimenticare",
scrive sul sito sotto la targa di Bruxelles "in memoriam
29-05-85. "Sono passati trentacinque anni, ma la memoria
di chi c'era, di chi ha assistito dai teleschermi di casa,
e anche di chi non era ancora nato ma ha conosciuto i fatti
leggendo i libri di storia, è qualcosa che si risveglia,
immediatamente, al solo leggere o sentire quella parola.
Heysel. Quel giorno - ricorda la Juventus - a Bruxelles
c'era il sole. Un sole che stava lasciando sul campo i suoi
ultimi raggi, quando proprio su quel campo, e su quegli
spalti, prima dell'inizio della Finale di Coppa dei Campioni
fra Juve e Liverpool, si consumò l'incredibile. Si consumò
l'orrore. Successe tutto in pochi istanti: le cariche, la
corsa per scappare, quel muro che crolla. E il panico. Una
notte, quella di Bruxelles, che si portò via 39 persone,
quasi tutte italiane: il più giovane fra loro aveva solo
dieci anni. È alla loro memoria che oggi, come ogni giorno,
dedichiamo il nostro raccoglimento, e il nostro dolore.
Perché passano gli anni, ma quella parola continua a evocare
in noi lo stesso, immutato dolore. Heysel".
Heysel, Appendino: "Alle
famiglia l'abbraccio di Torino"
"In 35 anni non abbiamo
dimenticato neanche una delle 39 vittime della terribile
notte che ha cambiato per sempre il calcio". Così, sui suoi
profili social, la sindaca di Torino Chiara Appendino celebra
l'anniversario della tragedia dell'Heysel di Bruxelles in
cui la sera del 29 maggio 1985 persero la vita 39 tifosi
bianconeri prima della finale di Coppa dei Campioni fra
la Juventus e il Liverpool. "Alle loro famiglie - aggiunge
la sindaca - mando l'abbraccio di tutta Torino".
Gravina: "Heysel, monito
per la coscienza"
"La tragedia dell'Heysel
è un monito costante per la coscienza del calcio europeo.
A distanza di anni la commozione è ancora viva, ricordiamo
perché non avvenga mai più un dramma del genere". Gabriele
Gravina, presidente della Figc, ricorda così le vittime
dell'Heysel nel giorno del trentacinquesimo anniversario
della strage che il 29 maggio 1985 costò la vita a 39 persone
per gli incidenti verificatisi prima dell'inizio della finale
di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Nel novembre
2015, in occasione di un'amichevole con il Belgio disputata
a Bruxelles, la Figc in accordo con la federazione belga
rese omaggio alle vittime della tragedia, con gli Azzurri
che deposero una corona di fiori sotto la lapide che riporta
i nomi delle persone che persero la vita nella tristemente
famosa Curva Z. Insieme ai rappresentanti dell'Associazione
dei familiari delle vittime dell'Heysel guidati da Andrea
Lorentini, la Federazione ritirò simbolicamente la maglia
della Nazionale numero 39, autografata da tutti i calciatori
della Nazionale ed esposta al Museo del Calcio di Coverciano.
Heysel, il messaggio del
Torino
Il Torino ricorda commemora
con un tweet la tragedia dell'Heysel di 35 anni fa, quando
morirono 39 tifosi della Juventus. "Uniti nella preghiera
e nel ricordo" il messaggio lanciato attraverso Twitter
dal club granata.
29 maggio 2020
Fonte: Tuttosport.com
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
L'OMAGGIO
Heysel, un dolore ancora
vivo. La Juve: "Non potremo mai dimenticare"
Il Liverpool si unisce al ricordo
delle 39 vittime del 29 maggio 1985: "You'll never walk
alone".
Milano - Una tragedia ancora
impossibile da accettare, 35 anni dopo quella sera maledetta.
Il 29 maggio 1985, allo stadio Heysel di Bruxelles dove
si giocava la finale di Coppa dei Campioni tra Juve e Liverpool,
39 persone (di cui 32 italiani) morivano per i disordini
provocati dagli hooligan inglesi, che causarono il crollo
del "settore Z" in cui s'erano ammassati i sostenitori bianconeri.
Un anniversario che oggi viene ricordato con commozione
e tristezza da tutto il mondo del calcio. In mattinata,
il sindaco di Bruxelles Philippe Close, insieme agli ambasciatori
di Italia e Inghilterra, ha tenuto una cerimonia di fronte
allo stadio che ora si chiama "Re Baldovino", alla presenza
di una piccola folla, rispettosa delle distanze per le misure
anti coronavirus.
IL DOLORE DI JUVE E LIVERPOOL
... -
"La parola Heysel è una di quelle
che mai e poi mai potremo dimenticare - si legge sul sito
ufficiale della Juve - La memoria di chi c'era, di chi ha
assistito dai teleschermi di casa, e anche di chi non era
ancora nato ma ha conosciuto i fatti leggendo i libri di
storia, è qualcosa che si risveglia, immediatamente, al
solo leggere o sentire quella parola. La notte di Bruxelles
si portò via 39 persone, la più giovane fra loro aveva solo
dieci anni. È alla loro memoria che oggi, come ogni giorno,
dedichiamo il nostro raccoglimento, e il nostro dolore.
Perché passano gli anni, ma quella parola continua a evocare
in noi lo stesso, immutato dolore. Heysel". Al ricordo di
quella notte terribile si aggiunge il Liverpool, che sul
profilo Twitter ufficiale dedica alle vittime il suo tradizionale
"You'll never walk alone".
... E QUELLO DI TUTTI -
All’omaggio si aggiunge la sindaca di Torino: "In 35 anni
non abbiamo dimenticato neanche una delle 39 vittime della
terribile notte che ha cambiato per sempre il calcio. Alle
loro famiglie mando l'abbraccio di tutta Torino", dice Chiara
Appendino. Anche la sponda granata fa la sua parte: "Uniti
nella preghiera e nel ricordo", twitta il Toro. In rappresentanza
del movimento calcistico italiano, si esprime il presidente
Figc, Gabriele Gravina: "La tragedia dell'Heysel è un monito
costante per la coscienza del calcio europeo. A distanza
di anni la commozione è ancora viva, ricordiamo perché non
avvenga mai più un dramma del genere". Nel novembre 2015,
in occasione di un'amichevole con il Belgio disputata a
Bruxelles, la Figc in accordo con la federazione belga rese
omaggio alle vittime della tragedia, con gli Azzurri che
deposero una corona di fiori sotto la lapide che riporta
i nomi delle persone che persero la vita nella tristemente
famosa Curva Z. Insieme ai rappresentanti dell'Associazione
dei familiari delle vittime dell'Heysel guidati da Andrea
Lorentini, la Federazione ritirò simbolicamente la maglia
della Nazionale numero 39, autografata da tutti i calciatori
della Nazionale ed esposta al Museo del Calcio di Coverciano.
29 maggio 2020
Fonte: Gazzetta.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
Calcio: Heysel; Spadafora, ricordo strage sempre vivo
Ricordo Ministro
sport: "Festa si trasformò in tragedia"
(ANSA) - ROMA, 29 MAG -
"Il ricordo della strage dell'Heysel resterà sempre vivo
nella nostra memoria": così scrive il ministro del sport
Vincenzo Spadafora in un post sul suo profilo Facebook.
"35 anni fa una festa dello sport - scrive ancora il ministro
- si trasformò in una tragedia dove persero la vita 39 persone
e 600 rimasero ferite a causa degli incidenti verificatisi
prima dell'inizio della finale di coppa campioni tra Juventus
e Liverpool". Il post è accompagnato da una foto che ritrae
la tribuna dello stadio di Bruxelles nei minuti successivi
agli incidenti che causarono la morte dei tifosi italiani.
29 maggio 2020
Fonte: Ansa.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
29 maggio 1985 - l’Heysel e l’esatta analisi di Renato Curcio
Una tragedia ancora impossibile
da accettare, 35 anni dopo quella sera maledetta. Il 29
maggio 1985, allo stadio Heysel di Bruxelles dove si giocava
la finale di Coppa dei Campioni tra Juve e Liverpool, 39
persone (di cui 32 italiani) morivano per i disordini provocati
dagli hooligan inglesi, che causarono il crollo del "settore
Z" in cui s’erano ammassati i sostenitori bianconeri. Un
anniversario che oggi viene ricordato con commozione e tristezza
da tutto il mondo del calcio. Un anno dopo il capo delle
Br Renato Curcio, scrisse per il Guerin Sportivo. "All’appuntamento
con lo show dell’anno", esordiva Curcio "si è presentato
Thanatos il Guastafeste. Kissinger, Agnelli & C. hanno
assistito al suo rumoroso ingresso nella curva Z. Comunque
in poco più di un’ora l’incidente è stato normalizzato.
La Juve ha vinto la Coppa. Thanatos rimosso. Una parte dei
tifosi ha esultato. Un’altra ha digrignato i denti. Come
sempre più spesso succede. Ed è "naturale". Il rito del
calcio, infatti, nella crisi dei valori e del politico che
corrode le antiche certezze, svolge per così dire un ruolo
di supplenza e raccoglie i cocci della civiltà della morte
cercando in qualche modo di tenerli insieme…". Ed ecco una
prima analisi dei comportamenti del "popolo delle curve:
"…Non guasta ricordare che in Europa oltre venti milioni
di disoccupati sono ufficialmente classificati "inutili"
e "inconvertibili"… Negli attuali rapporti di produzione
della vita per questa massa non c’è alcun futuro… Gli inutili-inconvertibili
sono oggetto di molte attenzioni. Quella degli "spacciatori
di tifo" non è ultima per importanza… Per quanto "accesi"
i tifosi non sono animali. E neppure psicopatici, mestatori
politici o sub-normali… Sono masse culturalmente manipolate.
Cristalli di massa sociale canalizzata, influenzata e spinta
ad identificarsi con una "bandiera" e ad identificare, in
un’altra, il suo generico nemico…". Dopo avere citato Freud
(gli scritti sulla guerra e l’istinto di morte) e Lorenz
(l’aggressività come impulso distruttivo incontenibile)
per spiegare in qualche modo l’attitudine dei tifosi, soprattutto
giovani, alla violenza, e avere disegnato un percorso di
impossibile recupero (purtroppo "il fenomeno ultrà è l’ultimo
fenomeno di aggregazione giovanile rimasto") la conclusione
amarissima: "Le guerre negli stadi sono guerre di corpi
in trappola che finiscono per perfezionare la trappola…
Metafore spietate della guerra in quest’epoca metropolitana".
29 maggio 2020
Fonte: Agrotoday.it
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MAGGIO
2020
Gravina: "Heysel monito costante per la coscienza"
Il presidente
Figc: "A distanza di anni la commozione è ancora viva".
"La tragedia dell'Heysel
è un monito costante per la coscienza del calcio europeo.
A distanza di anni la commozione è ancora viva, ricordiamo
perché non avvenga mai più un dramma del genere". Il presidente
della Figc Gabriele Gravina ricorda così le vittime dell'Heysel
nel giorno del 35° anniversario della strage che il 29 maggio
1985 costò la vita a 39 persone per gli incidenti verificatisi
prima dell'inizio della finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool. Nel novembre 2015, ricorda una nota,
in occasione di un'amichevole con il Belgio disputata a
Bruxelles, la Figc in accordo con la federazione belga rese
omaggio alle vittime della tragedia, con gli Azzurri che
deposero una corona di fiori sotto la lapide che riporta
i nomi delle persone che persero la vita nella tristemente
famosa Curva Z. Insieme ai rappresentanti dell'Associazione
dei familiari delle vittime dell'Heysel guidati da Andrea
Lorentini, la Federazione ritirò simbolicamente la maglia
della Nazionale numero 39, autografata da tutti i calciatori
della Nazionale ed esposta al Museo del Calcio di Coverciano.
29 maggio 2020
Fonte: Raisport.rai.it
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MAGGIO
2020
Heysel, 5 storie per non dimenticare di Francesco Caremani
Morire per una partita
di calcio. Morire per la violenza di "tifosi" che non meritano
di viverlo e la connivenza di autorità che non sanno gestirlo.
Da trentacinque anni l’Heysel è una ferita aperta nella
coscienza di ogni sportivo. Una notte maledetta che a Bruxelles,
il 29 maggio 1985, prima della finale di Coppa Campioni
tra Juventus e Liverpool ha causato la morte di 39 persone
con un’unica irreparabile colpa: essere nel posto sbagliato
al momento sbagliato. Francesco Caremani, giornalista e
scrittore, di quella strage è diventato la voce più autorevole.
Nel 2003 ha scritto "Le verità sull'Heysel. Cronaca di una
strage annunciata", un libro che ha portato alla luce verità
scomode mai raccontate, superando un certo riduzionismo
con cui molti hanno trattato nel tempo la vicenda. Un lavoro
supportato dall’associazione dei familiari delle vittime
che per sette anni hanno combattuto direttamente contro
la Uefa per ottenere giustizia e riempire quel vuoto di
memoria rispetto a una strage che ha cambiato per sempre
il calcio: "Strage e non tragedia, visto che ci sono delle
responsabilità evidenti", precisa più volte a gianlucadimarzio.com.
Non è mutata invece la coscienza
di chi la lezione non l’ha imparata e per un pallone continua
a uccidere: "L’Heysel è stato la perdita dell’innocenza
del calcio mondiale e la condanna in tribunale dell’Uefa
ha fatto giurisprudenza. Oggi però negli stadi italiani
continua a mancare il rispetto per i morti. È inaccettabile
che le vittime siano diventate carnefici. L’Heysel ci dice
che il tempo non è galantuomo: più passa e peggio è. Questo
vuoto è come un buco nero che diventa sempre più grande
senza che nessuno possa mai riempirlo". Nel giorno del 35esimo
anniversario dell’Heysel la redazione di gianlucadimarzio.com
vuole contribuire a creare questo sentire comune raccontando
alcune delle storie dietro i numeri. Un ricordo dei volti,
le immagini, i sogni, le aspirazioni che il destino di una
notte terrificante ha tolto a 39 persone come noi.
ROBERTO LORENTINI - "Lo
conoscevo bene: era un giovane medico e lavorava con mio
padre. Io feci una scommessa: se fossi stato promosso, avrei
potuto seguire la famiglia Lorentini per la finale tra Juventus
e Liverpool. Per fortuna presi 5 a latino e la persi. Roberto,
dopo le prime cariche degli hooligans, era salvo. Da medico,
tuttavia, decise di tornare indietro per salvare un connazionale,
probabilmente Andrea Casula che a 11 anni fu la vittima
più giovane. Morì per un atto eroico. Quel gesto lo avrebbe
rifatto sempre, Roberto era così. A lui lo stato riconobbe
la medaglia d’argento al valore civile, non d’oro così da
evitare una viaria a una famiglia che ne avrebbe avuto anche
bisogno. La sua è una figura che si staglia sulle altre
ed è la storia cui sono più legato per motivi personali.
Il figlio Otello disse inizialmente che era ferito, non
poteva dire che fosse già morto. Al padre fu intitolato
anche il piazzale dello stadio di Arezzo, ma la toponomastica
è cambiata e quel piazzale oggi non si trova più".
GIUSEPPINA CONTI - "L’altra
vittima di Arezzo, la sua storia poteva essere la mia. Giuseppina
ha 17 anni, fa il liceo classico e a scuola è bravissima.
Il padre la portò all’Heysel come premio, era tifosa della
Juventus e Platini il suo idolo. C’è una bellissima foto
qualche ora prima della strage in cui è avvolta nella bandiera
della Juventus. La stessa che servirà per coprirla quando
i morti saranno messi in fila sotto la tribuna autorità,
prima di portarli all’obitorio allestito in un aeroporto
militare. La famiglia Conti è rimasta molto colpita, il
dolore del padre Antonio è stato inconsolabile. È quello
di un padre che porta la figlia minorenne a vedere la squadra
del cuore e la riporta a casa senza vita. Nelle scuole raccontiamo
la sua storia a ragazzi che non erano nemmeno nati e parlare
di Giuseppina consente loro di immedesimarsi in una coetanea
con i loro stessi sogni e aspettative. Si stava costruendo
una vita in un’età in cui tutto è ancora possibile, per
una partita di calcio si è spento tutto".
MARIO RONCHI - "Era un
tifoso dell’Inter di Bassano del Grappa, appartenente a
un tempo in cui si era amici e non avversari di tifo. Quando
si formò il gruppo dei tifosi della Juventus gli chiesero
di unirsi al viaggio di due-tre giorni per visitare la città
e vedere una finale di Coppa dei Campioni che metteva di
fronte le due squadre più forti in una sorta di partita
del secolo, un po’ come se oggi si giocasse Real Madrid-Barcellona.
Grande lavoratore e capofamiglia, si concedeva poche distrazioni
e non era molto convinto di partire. La vedova Ronchi, molto
attenta alla memoria, mi ha confidato un ricordo nel ricordo.
Disse al marito: "Dai Mario, non vai mai da nessuna parte"
e lui, con fare severo, rispose: "Ricordati che mi ci hai
mandato tu". Tornò morto da un viaggio di divertimento,
potete immaginare la disperazione di questa donna che dopo
tantissimi anni ancora ricorda questo episodio".
GIANCARLO GONNELLI - "Andò
all’Heysel con la figlia Carla, la sua era una famiglia
toscana di Ponsacco. Non si sa perché, ma i biglietti del
settore Z furono distribuiti principalmente nel centro Italia.
Dalla morte di Giancarlo la vedova Gonnelli ha continuato
in questi anni a sognare sempre il ritorno del marito. Il
motivo è semplice: lei lo ha visto partire per una partita
di calcio e non lo ha mai visto tornare. Lo ha fatto in
una bara, prima di essere seppellito. Sono cicatrici umane
che restano. Carla ha rischiato anche lei la vita per alcuni
giorni, fu salvata da un’inglese che vide una mano con un
anello e, pensando fosse la moglie, la tirò via dalla calca.
Su questa storia è stato girato anche un film da Marco Tullio
Giordana con Isabella Ferrari".
FRANCO MARTELLI - "Era
un ragazzo umbro e la mamma una maestra, una di quelle insegnanti
di una volta molto conosciuta e benvoluta da tutti. Franco
morì e, finita la scuola, gli studenti le furono accanto
tutta l’estate. La andarono a trovare in continuazione soltanto
per starle vicini. Todi ha sempre ricordato Franco Martelli
e la figura di questa maestra, è stata una comunità capace
di sopperire a tante mancanze. I familiari delle vittime,
infatti, sono stati dimenticati e mai aiutati. Il processo
a Bruxelles è stato molto costoso per l’Associazione e lo
sarebbe stato ancora di più se quella vicenda giudiziaria
si fosse conclusa con una sconfitta. Per fortuna c’è ancora
chi, come Todi e la città di Codogno, che ha intitolato
una via alle vittime dell’Heysel come simbolo di ripartenza,
non dimentica".
29 maggio 2020
Fonte: Gianlucadimarzio.com
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
Heysel, una tragedia lunga trentacinque anni…
Heysel è odore
di cemento rotto, sudore, sangue e paura. Heysel è soprattutto
dolore e occasione perduta per sempre.
Sono passati trentacinque
anni e lo hanno fatto terribilmente a vuoto se ancora oggi,
in nome del calcio, ci si scaglia su nemici sconosciuti,
non in questo periodo "grazie" ad un virus vigliacco. Quello
stadio maledetto, adesso, è stato completamente ristrutturato
e ribattezzato ("Re Baldovino") e del settore Z, tardivamente,
non esiste più traccia alcuna: sorvolarlo è addirittura
piacevole, immerso com’è nel parco che gli dava il nome
e che comprende l’Atomium, il monumento a sfere d’acciaio,
simbolo incontrastato di Bruxelles. Da quel mercoledì sera
di maggio, nel 1985, nessuno di noi è stato più lo stesso.
Quella strage è la cattiva coscienza di tanti, è la pagina
più buia e controversa di tutta la storia del calcio moderno
con anni di dichiarazioni contraddittorie degli stessi giocatori,
una vittoria di cui non andare fieri, un arbitraggio imbarazzante,
le autorità di pubblica sicurezza del Belgio colpevoli almeno
quanto gli hooligans, Bruno Pizzul (su Raidue) che non rivelava
opportunamente numeri e particolari mentre su Raiuno scorrevano
le immagini dei cadaveri. In quello stadio, nel 1990, ci
andò il Milan a giocare col Malines e capitan Baresi portò
un mazzo di fiori davanti allo spicchio incriminato. I belgi
non gradirono, fischiarono dagli spalti e l’altoparlante
intonò una marcetta. Una clamorosa confessione di colpevolezza,
tardiva, vigliacca ed autolesionista. Ma a Torino, nella
curva juventina, la domenica dopo, esposero uno striscione
riconoscente: "Baresi, 39 volte grazie". 39 morti, di cui
32 italiani, 4 belgi, due francesi, un irlandese e un carico
di 370 feriti; questi sono i numeri della mattanza allo
stadio belga. Fra le vittime, da ricordare il bergamasco
Francesco Galli di 25 anni a cui, quando stava morendo,
rubarono gli oggetti in oro che indossava tra i quali una
catenina d’oro di circa due etti che valeva molto e a cui
era molto legato. Qualche tempo dopo arrivarono i risarcimenti
economici: 12 milioni di lire dallo Stato italiano, 12 milioni
dalla Juve e 12 milioni dal primo ministro britannico Margareth
Thatcher, la quale inviò anche una lettera di scuse per
il comportamento dei suoi connazionali. I soldi vennero
interamente usati dalla famiglia per il monumento e la statua
che lo rappresenta felice mentre gioca a pallone. Franco
Martelli aveva 22 anni e sua madre, da allora, gli porta
un fiore tutti i giorni (NdR: la signora Bice è morta nel
2018). Andrea Casula, 11 anni, era il più piccolo, è morto
col papà Giovanni. Il biglietto nel settore Z costava 300
franchi, il prezzo per morire schiacciati. Eppure, prima
della partita, ci sono centinaia di fotografie che testimoniano
scene di amicizia tra le due tifoserie e, leggendo gli scritti
in ricordo di quella tragedia, si trova che quelli inglesi
sono davvero toccanti. E ribaditi negli anni dopo. Nell’andata
dei quarti di finale della Champions League 2004-2005 con
la Juventus, i tifosi del Liverpool formarono la scritta
"Amicizia" con una splendida scenografia nella loro curva.
Tornando alla tragedia, si può pensare che uno stadio non
così fatiscente e una polizia locale che avesse conosciuto
il suo mestiere avrebbero evitato la strage, controllando
gli inglesi più esagitati. "Io ero all’Heysel nel 1985.
Pensavo di aver visto tutto. Sbagliavo" (Cesare Prandelli).
"Per quell’esultanza e quel giro di campo, oggi posso solo
chiedere scusa" (Marco Tardelli). "L’ultima cosa che ci
interessa è quel trofeo. È come se non esistesse" (Giovanni
Agnelli). C’è ancora imbarazzo a ricordare. Il tifoso juventino
Domenico Laudadio, che riuscendo nel suo intento si è battuto
tanto per avere una sala della memoria nello stadio di Torino,
ha scritto: "Un’ultima preghiera, mia dama, prima della
sera / Un bacio ai fratelli dispersi nel Belgio / Rimboccali
meglio, che non sentano più freddo / Sotto il manto delle
nostre bandiere". Heysel è odore lontano di cemento rotto
e profumo intenso di lumini verso sera… (Lettera firmata)
29 maggio 2020
Fonte: Seitorri.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
L'ANNIVERSARIO
Heysel, 35 anni fa la tragedia
di Bruxelles dove perse la vita anche il tuderte Franco
Martelli.
"Trentacinque anni dopo
è ancora più importante ricordare perché con il passare
del tempo il rischio che l’Heysel venga dimenticato è reale
e quindi più si va avanti e più c’è necessità di fare memoria".
Andrea Lorentini è il presidente dell’Associazione dei familiari
delle vittime della strage dell’Heysel che oggi 29 maggio
vive il suo trentacinquesimo anniversario, nonché il figlio
di uno dei 39 deceduti in quella tragica serata a Bruxelles
in cui si giocava la finale della Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool, Roberto Lorentini. Quest’ultimo è
stato anche insignito della medaglia d’argento al valor
civile in quanto si era salvato dopo le prime cariche degli
hooligans inglesi ma era tornato indietro, essendo medico,
per prestare soccorso ai feriti sugli spalti, venendo mortalmente
travolto mentre stava praticando una manovra respiratoria
su un bambino. Andrea Lorentini, in un’intervista all’agenzia
Italpress, ha voluto rimarcare come è giusto tenere vivo
il ricordo di quel che avvenne 35 anni fa, ma vi deve essere
"una memoria che, non sia fine a se stessa altrimenti sconfina
nella retorica. L’Associazione dei familiari delle vittime
si pone questo scopo dal 2015, da quando si è ricostituita,
intende ricordare attraverso gesti e progetti concreti,
in particolare iniziative di educazione civico-sportiva
rivolte ai giovani. Solo così possiamo dare un senso vero
alla memoria dei nostri cari". La tragedia dell'Heysel costò
la vita anche a un umbro: il tuderte Franco Martelli, aveva
22 anni. Gli è stato intitolato il campo sportivo di Todi.
"Per questo trentacinquesimo anniversario avremmo dovuto
organizzare un’iniziativa presso il Museo del calcio di
Coverciano con la collaborazione del direttore Maurizio
Francini e del giornalista Matteo Marani, alla presenza
degli studenti. L’emergenza Covid lo ha impedito, ma speriamo
di poterla organizzare quanto prima. Il progetto più ambizioso
al quale stiamo lavorando da tempo è quello di istituire
in Italia la giornata nazionale contro la violenza nello
sport. Abbiamo presentato la proposta al Governo e in particolare
al ministero dello sport. Speriamo di poter concretizzare
il tutto. Sarebbe un bel passo avanti poter creare ogni
anno un momento, un’occasione ufficiale di memoria per tutte
le vittime, innocenti, dello sport" conclude Lorentini.
29 maggio 2020
Fonte: Corrieredellumbria.corr.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
CHAMPIONS LEAGUE
Stadio Heysel, 35 anni
fa i 39 morti nella finale di Coppa Campioni
tra
Juve e Liverpool:
storia della partita che ha cambiato il calcio
L'organizzazione indecente
delle autorità di Bruxelles, le cariche degli hooligans
inglesi, la partita che si giocò per evitare danni peggiori,
la telecronaca asettica di Bruno Pizzul, la scoperta della
tragedia dopo il triplice fischio: istantanee e ricordi
di una tragedia. Sono passate da poco le 19 a Bruxelles,
il 29 maggio del 1985, trentacinque anni fa: allo stadio
Heysel si gioca la finale di Coppa dei Campioni. Se la contendono
la Juve di Platini, Tardelli e Scirea e il Liverpool di
Kenny Dalglish e Ian Rush, e degli hooligans che, loro malgrado,
li accompagnano. Ma le tifoserie sono separate: una curva
agli ultras della Juve, coi "bloc" M, N, O e quella opposta,
X e Y agli inglesi. Tanto basta secondo l’organizzazione
belga. Ma è una separazione solo teorica. Sì, perché oltre
al tifo organizzato molti juventini non appartenenti ai
gruppi si muovono autonomamente: in aereo a circa 400mila
lire, il biglietto acquistato dai bagarini anche a 10 volte
il prezzo originale, arrivando fino a 100–120mila lire fuori
dallo stadio. Tantissimi soldi, ma per una finale di Coppa
Campioni, trofeo mai vinto dalla Signora fino ad allora
si fa un’eccezione. Biglietti che i tifosi juventini acquistano
per guardare la gara dal "bloc Z": un settore considerato
"neutrale", opposto a quello della Juve e separato dagli
inglesi solo da una rete metallica stile recinto e, ancora
una volta in teoria, dalla presenza della polizia belga.
Ma gli hooligans già abbondantemente ubriachi e sovreccitati
notano gli italiani: a separare i settori solo 5 agenti.
Alle 19 e 20, a un’ora dall’inizio della partita gli inglesi
caricano: sfondano facilmente la rete metallica e per numero
e forza i pochi agenti belgi non possono neppure pensare
di contenerli. I tifosi juventini, semplici appassionati
e non ultras non hanno la minima intenzione di contrattaccare:
sono impauriti, arretrano, cercano vie di fuga. Vorrebbero
andare in campo, ma la polizia belga invece di favorirli
li manganella, e dunque si ammassano contro il muro dello
stadio. Qualcuno si lancia nel vuoto per paura di rimanere
schiacciato, poi il peso diventa eccessivo e il muro crolla,
travolgendo tutti. Qualcuno si salva raggiungendo il campo,
lasciando bigliettini con nomi e numeri di telefono chiedendo
ai giornalisti di chiamare i familiari: "Dite che siamo
vivi, per favore". Ma i feriti sono tanti, e ci sono sicuramente
dei morti: all’Heysel arrivano 65 ambulanze e 14 squadre
di medici. Il resto dello stadio comprende che è accaduto
qualcosa ma la percezione esatta della tragedia arriverà
solo dopo: 39 morti, 600 feriti. "Avevamo notizie di un
morto" diranno i calciatori bianconeri che quella partita
non avrebbero voluto giocarla, ma furono convinti. E giocarono,
per fortuna: con tutta probabilità in caso contrario il
bilancio sarebbe stato peggiore. Giocarono. In un clima
assurdo: davanti a un settore occupato non più da tifosi,
ma dai loro oggetti, in particolare dalle loro scarpe, perse
o abbandonate durante la fuga. Con Pizzul che racconterà
la gara in tv "col tono più neutro, impersonale e asettico
possibile". Segnerà Platini su rigore e finirà 1 a 0 per
la Juve, che vincerà la sua prima Coppa dei Campioni. Solo
dopo si conoscerà la portata della tragedia: 32 italiani,
4 belgi, 2 francesi e 1 irlandese morti, tra questi anche
un bambino di 10 anni. Fu la notte maledetta in cui il calcio
cambiò per sempre, in cui le trasferte e le gare internazionali
persero ogni parvenza di gita, di allegra scampagnata con
sciarpe e bandiere. Le squadre inglesi furono bandite per
cinque anni dalle coppe europee, gli Stati adottarono la
"Convenzione europea sulla violenza e i disordini nel calcio",
che impegna i paesi e in particolare le forze di polizia
a cooperare per prevenire la violenza, a controllare rigorosamente
la vendita di biglietti, a vietare la vendita di alcolici
e adeguare gli stadi per garantire maggior sicurezza. In
Inghilterra serviranno altri 4 anni e purtroppo un’altra
strage, quella di Hillsborough, per porre fine alla violenza,
con la riforma Taylor. Oggi, dopo 35 anni, il mondo ricorda
quei 39 che non fecero ritorno da Bruxelles: li ricorda
il Liverpool, con un "You’ll never walk alone", li ricorda
il Torino, con la foto della targa sul proprio profilo e
la frase "Uniti nella preghiera e nel ricordo" e ovviamente
li ricorda la Juve: "Heysel è una parola che non potremo
mai dimenticare […] Passano gli anni ma quella parola continua
a evocare in noi lo stesso immutato dolore".
29 maggio 2020
Fonte: Ilfattoquotidiano.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
29
MAGGIO 2020
Strage Heysel, la tragedia
allo stadio e quei 39 morti
sugli spalti / Dalla Z
alla A: tutto andò al rovescio
Ecco come e perché persero la
vita 39 persone: biglietti venduti a caso e più della capienza
dell’impianto; poliziotti a caccia di ladri di salsicce
fuori lo stadio mentre dentro c’erano cadaveri; gendarmi
con le radio ma senza batterie; cantieri edili aperti dietro
la curva inglese...
Nulla sarà più come prima.
Una frase forse inflazionata ma dopo la strage dell'Heysel
davvero qualcosa nel calcio è cambiato. Il mondo, quella
sera, ha scoperto in diretta televisiva la follia degli
hooligans e l'insicurezza di tanti stadi in giro per l'Europa.
Agli hooligans ha pensato la Thatcher, agli impianti sicuri
gli Stati che temevano un Heysel-bis. Ma cosa accadde quel
mercoledì di fine maggio 1985 ? Qualcuno si ricorda bene,
qualcun altro ha fotogrammi sfuocati, a chi ha meno di 35
anni non torna in mente nulla. Di certo quella maledetta
notte tutto andò al contrario. Tutto andò dalla Z alla A.
Z COME SETTORE ZETA - Il
settore della morte: il tardo pomeriggio di mercoledì 29
maggio 1985 trentanove persone vi entrarono per assistere
a una partita di pallone, la finale di Coppa dei Campioni
tra Juventus e Liverpool. Non ne uscirono più, ammazzate
dalla ressa, dalla follia disumana e da una buona dose di
negligenza delle istituzioni.
V COME VERGOGNA - Da allora
curve di ogni parte d'Italia ciclicamente espongono indegni
striscioni che inneggiano alla tragedia. Non ci siamo fatti
mancare nemmeno cori, sciarpe del Liverpool con la scritta
Heysel oppure magliette da calciatori con stampato Heysel
al posto del nome e 39 come numero.
U COME UNDICI - I metri
di distanza tra Michel Platini e Bruce Grobbelaar alle 22.58:
il francese trasformò il calcio di rigore, il portiere raccolse
il pallone alle sue spalle. Juventus-Liverpool finì così,
1-0 e tanto sangue.
T COME TRANSISTOR - Per
ragioni di tipo politico e per la prima volta nella storia
belga, la sicurezza all'interno dello stadio fu organizzata
in modo diverso: fino a quella sera la polizia controllava
l'esterno, la gendarmeria l'interno. Quel 29 maggio no:
la polizia "monitorava" i settori M-N-O e la gendarmeria
"vigilava" sull'altra curva, i settori X-Y-Z. Uno dei poliziotti
presenti ricorda: le radio a transistor dei due corpi non
potevano comunicare tra di loro, mancavano le batterie.
S COME SERVIZIO D'ORDINE
- Lo riassume il sito saladellamemoriaheysel.it: "Accanto
alla rete che separava i settori Y (biglietti venduti solo
ad inglesi) e Z (biglietti per i belgi ma finiti in gran
parte in Italia) erano presenti solo cinque agenti, una
poliziotta con il cane ed altri sei agenti erano sul prato,
28 gendarmi e un capitano erano fuori allo stadio ad inseguire
uno o forse due rapinatori di 900 franchi belgi (22,31 euro)
dalla cassa di un venditore di salsicce".
R COME RAI - Uno doveva
trasmettere l'evento sportivo dell'anno 1985, la riscossa
del calcio italiano dopo la sconfitta nella Coppa dei Campioni
1984 della Roma all'Olimpico proprio contro il Liverpool.
La voce, provata, di Bruno Pizzul raccontò sì l'evento dell'anno
1985 ma di sportivo non ci fu nulla. La tv tedesca scelse
di non mandare in onda la gara. Quella austriaca lo fece
ma senza commento e con la scritta in sovraimpressione "Questa
che trasmettiamo non è una manifestazione sportiva".
Q COME QUATTROCENTOMILA
- È il numero di richieste per i biglietti per la finale.
Poi i tagliandi staccati effettivamente furono 58mila, anche
se la capienza certificata dello stadio non superava i 50mila
posti. Un biglietto per il settore Z costava in Belgio 9600
lire ed era destinato a spettatori locali. Per colpevoli
carenze nei controlli, quei tagliandi finirono quasi tutti
in mano a bagarini e agenzie che li rivendettero in Italia
a circa 80mila lire: così gente senza scrupoli trasformò
il bloc Z in una polveriera.
P COME "PAPA' MA A CHE
ORA COMINCIA LA PARTITA ?" - Domanda che i quarantenni di
oggi ricordano bene. Le risposte furono le più differenti
possibili.
O COME ORARIO - La prima
carica degli hooligans fu alle 19.09. La "partita" iniziò
alle 21.36. Platini segnò il rigore alle 22.58. L'ultima
autopsia fu conclusa all'una del 30 maggio 1985.
N COME NOTHOMB - All'anagrafe
Ferdinand Nothomb, all'epoca ministro dell'Interno del Belgio.
Non ritenne necessario dimettersi dopo i fatti dell'Heysel.
M COME MAHIEU - Johan Mahieu,
capitano della gendarmeria quella sera. Un carneade, o poco
più: la sera della mattanza sostituiva il collega parigrado
malato. Con due piccoli dettagli: era al debutto al comando
della gendarmeria in servizio in uno stadio e non aveva
partecipato a nessuna delle riunioni sulla sicurezza allo
stadio.
L COME LORENTINI - Una
famiglia segnata dall'Heysel: Roberto, 31enne medico di
Arezzo e papà di due bambini, morì a bordocampo. Otello,
suo padre, non si è mai rassegnato ed è stato l'anima dell'Associazione
familiari vittime dell'Heysel. Andrea, suo figlio, nel gennaio
2015 fonda l'Associazione vittime dell'Heysel.
I COME INTERNET - All'epoca
la Rete aveva maglie larghissime quel maggio 1985, i cellulari
erano quasi fantascienza. Figuriamoci sms, social network
e whatsapp. Comunicare qualcosa divenne un'impresa. Per
dire "Mamma, guarda che io sono vivo" esisteva solo il telefono
fisso (con evidente sovraccarico) o tentare di farsi inquadrare
alle spalle di Bruno Pizzul.
H COME HEYSEL - A rivedere
oggi video e foto di quello stadio vengono brividi e rabbia.
Ma come si poteva pensare di giocarvi una partita così importante
? Chi e perché lo ha deciso ? Quella sorta di Colosseo è
stato abbattuto il 23 agosto 1994. Al suo posto ora c'è
il "Re Baldovino".
G COME GIUSTO GIOCARE ?
- È l'interrogativo che circola da quella sera. Anni dopo
ci si divide ancora sull'opportunità di scendere in campo.
Inutile cercare la risposta corretta: oggi non si sa per
certo nemmeno se i giocatori fossero a conoscenza dell'esatta
dimensione della sciagura.
F COME FINALE - Appena
scaduta la squalifica internazionale di dieci anni, allo
stadio "Re Baldovino" si giocò un'altra finale continentale:
era PSG-Rapid Vienna, andata in scena l'8 maggio 1996. In
palio c'era la Uefa: vinsero 1-0 i francesi con gol di Bruno
N'Gotty. Non si registrarono incidenti.
E COME EQUIPES - DI RIANIMAZIONE
Per la trentesima finale di Coppa dei Campioni non ne era
prevista nemmeno una in servizio allo stadio. Chiunque fosse
stato colto, ad esempio, da infarto sarebbe stato caricato
su una barella, messo su un'ambulanza e trasportato all'ospedale
più vicino.
D COME DICHIARAZIONI -
Al delegato dell'Uefa, la Juve consegnò una nota ufficiale
prima di scendere in campo: "La Juve accetta disciplinatamente,
anche se con l'animo pieno di angoscia, la decisione dell'Uefa,
comunicata al nostro presidente, di giocare la partita per
motivi di ordine pubblico". I capitani delle due squadre,
Scirea e Neal, lessero agli altoparlanti il seguente comunicato:
"La partita si gioca per consentire alle forze dell'ordine
di organizzare l'evacuazione dello stadio. Mantenete la
calma. Non rispondete alle provocazioni. Giocheremo per
voi". Mentre 39 persone morivano, in campo sul tabellone
luminoso della Uefa si leggeva: "Si prega di contenere ogni
manifestazione di gioia o di disapprovazione nei limiti
della sportività e di collaborare con i servizi di sicurezza
nell'esercizio delle loro funzioni".
C COME CONDANNE - La Cassazione
belga ha confermato nel 1991 le condanne a 4 anni con la
condizionale e 60mila franchi per nove hooligans mentre
altri tre hanno preso cinque anni e la stessa sanzione pecuniaria.
Fu condannato a tre mesi con la condizionale Hans Bangerter,
segretario generale Uefa. Sconto di pena (3 mesi) e 500
franchi di multa per il maggiore Kensier. Assoluzione per
il capitano Mahieu. La responsabilità della Uefa come ente
organizzatore fu riconosciuta grazie all'impegno dell'Associazione
dei familiari.
B COME BASTONI E MATTONI
- Semmai fossero approdati in Continente a mani vuote, gli
hooligans poterono recuperare il "materiale di lavoro" da
un cantiere edile incustodito a pochi passi dallo stadio.
Tanto a perquisirli ci pensarono ben due poliziotti mentre
a controllarne i biglietti c'erano un solo addetto.
A COME (CAUSE) ACCIDENTALI
- È la motivazione del decesso scritta in calce alle 39
(NdR: 38. Luigi Pidone era in coma all'ospedale Erasme di
Bruxelles dove morì il 14.08.1985) autopsie effettuate
quella maledetta notte da sei medici militari a Bruxelles.
Quindi per cause accidentali morirono: Rocco Acerra (28
anni) - Bruno Balli (50) - Alfons Bos (35) - Giancarlo Bruschera
(35) - Andrea Casula (11) - Giovanni Casula (44) - Nino
Cerullo (24) - Willy Chielens (41) - Giuseppina Conti (17)
- Dirk Daeninckx (38) - Dionisio Fabbro (51) Jaques François
(45) - Eugenio Gagliano (35) 13. Francesco Galli (25) 14.
Giancarlo Gonnelli (45) 15. Alberto Guarini (21) Giovacchino
Landini (50) - Roberto Lorentini (31) - Barbara Lusci (58)
19. Franco Martelli (22) 20. Loris Messore (28) 21. Gianni
Mastroiaco (20) Sergio Mazzino (38) - Luciano Rocco Papaluca
(38) - Luigi Pidone (31) - Benito Pistolato (50) - Patrick
Radcliffe (38) - Domenico Ragazzi (44) - Antonio Ragnanese
(29) - Claude Robert (30) - Mario Ronchi (43) - Domenico
Russo (28) - Tarcisio Salvi (49) - Gianfranco Sarto (47)
- Amedeo Giuseppe Spolaore (55) - Mario Spanu (41) - Tarcisio
Venturin (23) - Jean Michel Walla (32) - Claudio Zavaroni
(28).
29 maggio 2020
Fonte: Tgcom24.mediaset.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
Tacconi sull’Heysel: "Non volevamo giocarla, ma siamo stati
obbligati"
Stefano Tacconi,
ex portiere della Juve, ha parlato della strage dell’Heysel
che ha vissuto in prima persona quella tragica notte.
HEYSEL- Stefano Tacconi,
ex portiere della Juve, è tornato a parlare della tragica
notte dell’Heysel nel giorno del trentacinquesimo anniversario
in diretta su Rai 2. "Giusto ricordare i 39 morti, non si
può tornare dopo una partita di calcio con una bara in casa.
Noi siamo consapevoli che era stata una partita da non giocare,
ma eravamo obbligati. Penso alle persone che hanno fatto
tanti sacrifici per venire a vedere una partita del genere"
(Omissis)
29 maggio 2020
Fonte: Juventusnews24.com
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
Juve,
Tacconi racconta l'inferno dell’Heysel
Stefano Tacconi continua
a far discutere. L’ex portiere della Juventus, dopo le polemiche
per le sue parole sul coronavirus, torna a far discutere
parlando della notte dell’Heysel nel corso di un’intervista
a Radio2: "Dentro lo spogliatoio c’era un po’ di tutto:
chi perdeva sangue, chi era ferito, noi abbiamo prestato
i primi soccorsi, prestando anche le scarpe a chi le aveva
perse. Era un’atmosfera surreale, Boniperti aveva detto
che non dovevamo giocare, ma poi un generale delle Forze
dell’ordine ci impose di giocarla, e credo sia stato giusto
perché altrimenti sarebbe successo molto di più. Entrammo
in campo molto arrabbiati, perché comunque ci avevano tolto
il sogno di quella finale, noi eravamo sicuri di vincere
ma ci hanno tolto la gioia di esultare. Capisco le critiche,
ma anche in questo caso furono le forze dell’ordine a chiederci
di uscire con la coppa per tenere buoni i tifosi dentro
lo stadio. Non dovevano uscire perché gli hooligans non
erano stati ancora evacuati".
29 maggio 2020
Fonte: Sportevai.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
35
ANNI FA
Stefano Tacconi e la tragica
notte dell'Heysel: "Prestammo tute e scarpe ai feriti"
"Dentro lo spogliatoio
c’era un po' di tutto: chi perdeva sangue, chi era ferito,
noi abbiamo prestato i primi soccorsi, prestando anche le
scarpe a chi le aveva perse, le tute. Era un’atmosfera surreale.
Boniperti aveva detto che non dovevamo giocare, ma poi un
generale delle forze dell’ordine ci impose di giocarla e
credo sia stato giusto perché altrimenti sarebbe successo
molto di più". È il ricordo di Stefano Tacconi, portiere
perugino della Juventus nella tragica notte belga della
finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool il 29 maggio
1985, che costò la vita a 39 persone, tra cui anche il tuderte
Franco Martelli all'epoca ventiduenne, per gli incidenti
verificatisi prima dell’inizio della partita dentro lo stadio
Heysel. "Entrammo in campo molto arrabbiati - dice Tacconi
ai microfoni di Le lunatiche di Radio2 - perché comunque
ci avevano tolto il sogno di quella finale, noi eravamo
sicuri di vincere ma ci hanno tolto la gioia di esultare.
Capisco le critiche, ma anche qui furono le forze dell’ordine
a chiederci di uscire con la coppa per tenere buoni i tifosi
dentro lo stadio. Non dovevano uscire perché gli hooligans
non erano stati ancora evacuati".
29 maggio 2020
Fonte: Corrieredellumbria.corr.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
Juventus, Tacconi: "Heysel ? Ci imposero di giocare"
Stefano Tacconi,
ex portiere della Juventus, ricorda la strage dell’Heysel
prima della finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool.
Interpellato da Rai Radio
2, l’ex portiere della Juve Stefano Tacconi è tornato a
parlare della tragedia dell’Heysel. Ecco sue dichiarazioni
sulla finale. "Boniperti aveva detto che non dovevamo giocare,
ma poi un generale delle Forze dell’ordine ci impose di
giocarla e credo sia stato giusto perché altrimenti sarebbe
successo molto di più. Entrammo in campo molto arrabbiati,
perché comunque ci avevano tolto il sogno di quella finale,
noi eravamo sicuri di vincere ma ci hanno tolto la gioia
di esultare. Capisco le critiche, ma anche qui furono le
Forze dell’ordine a chiederci di uscire con la coppa per
tenere buoni i tifosi dentro lo stadio. Non dovevano uscire
perché gli hooligans non erano stati ancora evacuati".
29 maggio 2020
Fonte: Calcionews24.com
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
Tacconi e Tardelli, quel Liverpool-Juve all'Heysel 35 anni
dopo
I due ex calciatori
bianconeri ricordano la tragica finale di Coppa Campioni
a Bruxelles.
TORINO - "E' stata una
giornata particolare". Così l'ex portiere della Juventus,
Stefano Tacconi, ricordando la tragedia dell'Heysel di 35
anni fa. È giusto ricordare i 39 morti - spiega l'ex estremo
bianconero ai microfoni di Tg2 Post - Dopo tanti sacrifici
fatti per assistere a una partita di calcio, non si può
tornare dai propri cari in una bara. Eravamo consapevoli
che non si dovesse giocare, ma ci hanno costretto".
Heysel, il ricordo di Tardelli
- "La tragedia dell'Heysel è un racconto molto triste" sono
invece le parole dell'ex centrocampista della Juve, Marco
Tardelli, tornando sui 39 morti di quella tragica finale
di Coppa Campioni a Bruxelles contro il Liverpool accaduta
35 anni fa. "Era iniziato tutto bene - sottolinea Tardelli
ai microfoni di Tg2 Post - Era iniziato tutto bene, poi
ci sono stati i tafferugli: negli spogliatoî non sapevamo
bene quale fosse il problema, abbiamo cercato di calmare
tifosi della Juventus e loro sono riusciti a calmarsi. La
partita non doveva essere giocata, l'abbiamo finita con
grande tristezza. Non l'ho mai considerata una vittoria
ma una sconfitta del calcio, una delle pagine più nere della
mia carriera".
29 maggio 2020
Fonte: Tuttosport.com
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
Heysel, Liverpool-Juve 35 anni dopo: i ricordi di Tacconi
e Tardelli
I due ex giocatori
bianconeri tornano sulla drammatica finale di Coppa Campioni
a Bruxelles.
ROMA - "La tragedia dell'Heysel
è un racconto molto triste" sono le parole dell'ex centrocampista
della Juve, Marco Tardelli, tornando sui 39 morti di quella
tragica finale di Coppa Campioni a Bruxelles contro il Liverpool
accaduta 35 anni fa. "Era iniziato tutto bene - sottolinea
Tardelli ai microfoni di Tg2 Post - Era iniziato tutto bene,
poi ci sono stati i tafferugli: negli spogliatoi non sapevamo
bene quale fosse il problema, abbiamo cercato di calmare
tifosi della Juventus e loro sono riusciti a calmarsi. La
partita non doveva essere giocata, l'abbiamo finita con
grande tristezza. Non l'ho mai considerata una vittoria
ma una sconfitta del calcio, una delle pagine più nere della
mia carriera".
Heysel, il ricordo di Tacconi
- "È stata una giornata particolare". Così invece l'ex portiere
della Juventus, Stefano Tacconi, ricordando la tragedia
dell'Heysel di 35 anni fa. "È giusto ricordare i 39 morti
- spiega l'ex estremo bianconero ai microfoni di Tg2 Post
- Dopo tanti sacrifici fatti per assistere a una partita
di calcio, non si può tornare dai propri cari in una bara.
Eravamo consapevoli che non si dovesse giocare, ma ci hanno
costretto".
29 maggio 2020
Fonte: Corrieredellosport.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
MAGGIO
2020
Juventus, Tardelli ricorda la strage dell’Heysel:
"Sconfitta del calcio, la UEFA
ci ha obbligato a giocare"
L’ex centrocampista
della Juventus, Marco Tardelli, ha ricordato la tragedia
dell’Heysel, avvenuta trentacinque anni fa.
Il ricordo di Marco Tardelli
- Oggi si ricorda il 35° anniversario della strage dell’Heysel,
una delle pagine più tragiche mai accadute nella storia
del calcio e dell’umanità: prima del fischio iniziale della
sfida tra la Juventus e il Liverpool, valida per la finale
di Champions League, morirono 39 persone tra cui 32 di nazionalità
italiana. A ricordare quel terribile episodio è intervenuto
Marco Tardelli, titolare con la maglia bianconera quella
sera, che ai microfoni di Rai 2 ha sottolineato come i giocatori
non avevano alcuna voglia di scendere in campo dopo l’atroce
indicente: "Era iniziato tutto bene poi sono arrivati i
tafferugli. Noi eravamo negli spogliatoi senza sapere quale
fosse bene il problema. Abbiamo cercato di calmare i tifosi
della Juve che erano nella tribuna dove sono nati i tafferugli.
Alla fine si sono calmati. La gara non si doveva giocare
ma le regole UEFA dicevano altro. C’è stato qualcosa di
superiore alla vita umana. È stata una sconfitta del calcio
e dello sport. Non è mai stata per me una vittoria. È una
delle pagine più nere della mia carriera".
29 maggio 2020
Fonte: Mediagol.it
ARTICOLI STAMPA
e WEB MAGGIO
2020
A 35
ANNI DA LIVERPOOL-JUVENTUS
L’omaggio dei tifosi
granata alle vittime della tragedia dello stadio
Heysel
Un lutto che non
ha colori: anche i tifosi del Toro ricordano la
strage allo stadio Heysel dove si disputò la finale
dell'allora Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool.
Un gruppo formato da una quindicina di sostenitori
granata è salito a Superga, luogo simbolo della
storia del Toro a causa della scomparsa nel 1949
del Grande Torino, e ha esposto uno striscione con
la scritta "+ 39" per onorare tutte le persone che
persero la vita a Bruxelles. Oggi, infatti, sono
passati esattamente 35 anni da quella partita trasformatasi
in una delle più gravi tragedie della storia sportiva,
provocata dell'ingiustificata violenza scatenata
dagli hooligan un'ora prima dell'inizio del match
e che costò la vita a 39 persone, di cui 32 italiane,
mentre i feriti furono oltre 600. Un vero e proprio
bollettino di guerra causato dal crollo di un muro
dove si ammassarono tanti tifosi impauriti dalle
cariche degli inglesi e della polizia belga che
manganellò chiunque provasse ad entrare in campo
per sottrarsi alla calca. F.MAN.
29 maggio 2020
Fonte: La Stampa
ARTICOLI
STAMPA e WEB
MAGGIO 2020
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