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ARTICOLI GIUGNO-DICEMBRE 2020
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GIUGNO-DICEMBRE 2020

ARTICOLI STAMPA e WEB GIUGNO 2020

35 anni fa la tragedia allo stadio Heysel di Bruxelles

Heysel, alla ricerca di una giustizia che non arriverà mai

Heysel: "Massacro per una coppa"

Camerano intitolerà un’area pubblica alle vittime dell’Heysel

ARTICOLI STAMPA e WEB LUGLIO 2020

Gorizia, emozionante mostra per il 35° anniversario del dramma dell’Heysel

La tragedia dell'Heysel nella mostra fotografica allestita dal circolo Heimat

La tragedia di Heysel - Bruxelles 29/5/85

Una mostra fotografica per non dimenticare l’Heysel

La storia di Otello Lorentini nell’e-book "I Giusti dello sport"

La storia di Otello Lorentini tra "I Giusti dello sport"

ARTICOLI STAMPA e WEB SETTEMBRE 2020

Un parco intitolato a Claudio Zavaroni

ANNIVERSARIO

35 anni fa la tragedia allo stadio Heysel di Bruxelles

di Pier Giuseppe Accornero

29 maggio 1985 - "Poche ore dopo la tragedia allo stadio Heysel di Bruxelles, da Liverpool cercarono l’Arcivescovo di Torino cardinale Ballestrero. Le telefonate furono parecchie per esprimere, a nome nella comunità di Liverpool, l’amarezza per il doloroso episodio.

"Poche ore dopo la tragedia allo stadio Heysel di Bruxelles, da Liverpool cercarono l’arcivescovo cardinale Anastasio Alberto Ballestrero. Essendo a Roma per l’assemblea della Cei (della quale era presidente 1979-1986 n.d.r.), i contatti con Torino vennero avviati con il vicario generale. Le telefonate furono parecchie per esprimere, a nome nella comunità di Liverpool, l’amarezza per il doloroso episodio". Con lo scrupolo del cronista di vaglia, mons. Franco Peradotto, vicario generale, raccontò il retroscena dello straordinario "incontro di riconciliazione" a Torino, dove il 18 giugno 1985 giunse una delegazione di Liverpool dopo la sciagurata notte dell’Heysel, dove 35 anni fa, la sera del 29 maggio 1985, si disputò la finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool e dove centinaia di tifosi inglesi ubriachi diedero l’assalto al settore dove erano asserragliati gli italiani. Una carneficina: 39 morti di cui 31 italiani, un inglese, belgi e di varie nazionalità (NdR: 32 italiani, 4 belgi, 2 francesi, 1 nordirlandese). La delegazione di Liverpool era composta da 29 persone: amministratori della città, deputati laburisti, conservatori, liberali, responsabili delle due squadre di calcio Liverpool ed Everton, rappresentanti delle tifoserie, l’arcivescovo cattolico mons. Derek Worlock, il vescovo anglicano David Sheppard. Era stato Worlock all’inizio di giugno a muovere i primi passi e trovò grande disponibilità in Peradotto: "La prima telefonata, a nome dei tre vescovi ausiliari, per dirci che a Liverpool si stava predisponendo una celebrazione di suffragio". Si realizzò così l’"incontro di pacificazione". "Non possiamo riparare il male che è stato fatto ma cominciamo a costruire un ponte di solidarietà e di pace tra Liverpool e Torino" disse appena sbarcato a Caselle, Hugh Dalton, presidente del Consiglio comunale. Aggiunse l’anglicano Sheppard: "Vogliamo condividere con la gente di Torino il nostro dolore. Abbiamo provato un grande senso di partecipazione al dolore degli italiani". Per mons. Worlock "è un’occasione per incontrare la gente di Torino e per ribadire la comune volontà di opporci con tutte le forze a ogni forma di violenza, specie negli stadi".

La delegazione fu ricevuta a Palazzo di Città. Nella Sala Rossa i discorsi di condanna della violenza dei tifosi che, ubriachi di birra e di fanatismo, provocarono l’immane tragedia, come disse il sindaco di Torino Giorgio Cardetti: "Il massacro ha visto il prevalere della volgarità e della stupidità in una situazione in cui nulla è rimasto del senso dell’agonismo sportivo come affermazione di abilità e bellezza, di eleganza e stile. La vera Liverpool siete voi che rendete omaggio alle vittime e chiedete scusa". Nobile il saluto di Dalton, presidente di Liverpool: "È difficile descrivere il senso di desolazione e dolore che pervade gli animi in ogni strato della nostra comunità". Elevato l’intervento del vescovo cattolico Worlock: "Veniamo in spirito di fratellanza a esprimere il nostro rammarico per il coinvolgimento dei nostri concittadini nella morte dei vostri concittadini". La sera della tragedia le due Cattedrali, cattolica e anglicana, "si riempirono di migliaia di persone in lacrime e preghiera". Mons. Peradotto parlò di "coraggioso e generoso gesto di fraternità e di serenità" e insistette "sulla necessità di educare i giovani a un sano modo di intendere e vivere l’agonismo sportivo e il sostegno alla squadra del cuore". Uno dei momenti più commoventi fu quando Dalton, lasciando i fogli del discorso, si rivolse alla vedova di Gioacchino Landini, uno dei tifosi juventini periti. La donna piangeva nei banchi del Consiglio comunale, accanto a un congiunto e al vicario generale Peradotto: "Signora Landini, niente può cancellare i fatti di quella sera. Purtroppo non possiamo restituire la vita a suo marito. Noi di Liverpool siamo a Torino per offrire la nostra amicizia. Questo era il modo migliore per esprimere sentimenti di tristezza, di cordoglio, di mestizia da allargare a tutti coloro che hanno sofferto per i morti e i feriti". La signora rappresentava le 32 famiglie italiane che avevano perso un congiunto. Dopo la cerimonia un uomo e una ragazza abbracciarono, sullo scalone del palazzo comunale, John Welsh, al quale poco prima il sindaco Cardetti aveva consegnato il sigillo, simbolo della città. L’uomo era Arnaldo Bonomi, giunto con la figlia da Rovigo per dire grazie a John al quale il tifoso juventino doveva la vita. La sera del 29 maggio "ero schiacciato da tutte le parti e tu hai tentato una prima volta di tirarmi fuori. Non ci sei riuscito, ma non hai desistito e mi hai salvato al secondo tentativo, un attimo prima che fossi travolto dalla caduta del muro". Poi gli incontri con la stampa e in Galleria San Federico, dove allora c’era la sede della Juventus. Il 19 giugno, vigilia della solennità della Consolata, patrona della diocesi, l’incontro più popolare, perché aperto al popolo. Presiedette la Concelebrazione l’arcivescovo Worlock, che parlò italiano con simpatico accento inglese. Assistettero il cardinale Ballestrero e il vescovo anglicano Sheppard. Nell’omelia Worlock disse: "Questo incontro non è facile, ma porta molta consolazione. Siamo venuti a esprimere le condoglianze per i morti e gli auguri ai feriti e siamo felici di incontrarvi nel santuario della Patrona. La nostra speranza è che dalla sciagura di Bruxelles possa nascere un insegnamento di carità, speranza, impegno contro la violenza, riconciliazione e pace". Ballestrero disse poche parole: "Questo momento ha bisogno di silenzio per fare spazio alla grazia del Signore nel cuore dell’uomo". Commentò l’arcivescovo cattolico Worlock: "Ci avevano detto che Torino è una città fredda. Invece abbiamo trovato un grande calore che ha facilitato la missione di riconciliazione. Torino è magnifica".

2 giugno 2020

Fonte Vocetempo.it

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Heysel, alla ricerca di una giustizia che non arriverà mai

di Francesco De Lisio

Non ho ricordi della notte dell’Heysel. Avevo appena due anni, mio padre mi racconta sempre che quella sera fu l’unica volta in vita sua che aveva convinto mia madre a guardare una partita di calcio in televisione, e da allora (comprensibilmente) mia madre non ha più voluto guardarne neanche una, nemmeno per sbaglio, nemmeno i rigori di Berlino 2006 ha voluto vedere. I tifosi della Juve, ammazzati da quelli del Liverpool, oggi chiedono ancora una giustizia, che sappiamo tutti, non arriverà mai. Gente che era andata a vedere una finale di coppa (orrendamente disputata, vinta, e persino quasi festeggiata) ed è tornata chiusa per sempre in una bara. Una giustizia che dovrebbe essere di tutti, perché quella notte è una pagina orribile di tutto lo sport italiano, non solo di noi "gobbi di merda" (scusate il francesismo, ma quando ci si rivolge a noi, la parola "di merda" per molti di voi è un intercalare, quindi mi abbasso un attimo al vostro livello per farmi capire meglio). Sono stato a Liverpool in vacanza una settimana dodici anni fa, con alcuni amici, abbiamo conosciuto gente del posto e parlato con i cittadini più diversi, dal tassista, al benzinaio, al gestore di pub, al nostalgico dei Beatles; tutti quanti ci hanno confessato il profondo senso di colpa e di vergogna che provano ancora i tifosi Reds nei confronti della Juventus e del suo tifo. Resta tuttavia, come nella più classica delle beghe di cortile, anche questa una tragedia di parte, con i morti di serie A e i morti di serie B; viviamo in un paese dove (giustamente) vengono sanzionate le curve che inneggiano all’eruzione del Vesuvio, e restano beatamente impunite le curve (Firenze su tutte, ma in buona compagnia di Napoli, Roma, Verona, Milano e mi fermo qui per decenza) che inneggiano tranquillamente, ogni anno, ai morti dell’Heysel. I nostri morti, che sono anche morti di tutti quelli che amano il calcio, non solo degli "juventini di merda". Io porto rispetto anche per chi non ci riuscirà mai, semplicemente perché non è abbastanza umano da riuscirci.

2 giugno 2020

Fonte Juventibus.com

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Heysel: "Massacro per una coppa"

di Luigi Minerva

Per raccontare quello che accadde all’Heysel Stadium di Bruxelles la sera del 29 maggio forse è meglio partire a ritroso. Dal 24 aprile 1985, data che forse, anzi verosimilmente, a molti non dice nulla. Persino ai tifosi juventini, eppure riguarda loro. Semplicemente la sera di mercoledì 24 aprile intorno alle 22:30 circa la Juventus Football Club, con una sofferta ma ininfluente sconfitta contro i francesi del Bordeaux, strappava il biglietto, l’ambito pass per la finale della Coppa dei Campioni, edizione 1984-1985. Erano le semifinali e la Juve era uscita vittoriosa nel doppio confronto con i transalpini, dopo un netto 3-0 a Torino e una sconfitta indolore 0-2 in Francia. L’altra sfida di semifinale vedeva invece fronteggiarsi Liverpool e Panathinaikos, con gli Inglesi che fecero un sol boccone dei greci del "Pana" con il punteggio complessivo di 5-0. Quindi finale Juve-Liverpool, lo stadio designato per l’attesissimo match sarebbe stato l’Heysel di Bruxelles. Uno stadio "vissuto" quello della capitale belga, che ha già ospitato l’ultimo atto della Coppa dei Campioni ben tre volte in passato: nel 1958, nel 1966 e nel 1974. Uno stadio vecchio ? Forse sì, ma evidentemente abituato a questo tipo di eventi. E quando qualcuno si era chiesto se ci si doveva preoccupare per l’ordine pubblico i belgi e l’UEFA avevano risposto di no, promettendo la massima attenzione. Ma in quegli anni eravamo nel pieno dell’esplosione del tifo organizzato. In Inghilterra si chiamavano hooligans e, purtroppo, sia in patria che in Europa si lasciavano alle spalle spesso episodi di violenza. Anche in Italia c’erano gli ultras e, se da piccoli eravamo cresciuti con modelli come il Presidente Pertini, che nella finale mondiale Spagna 1982 al 2-0 per noi, per dare compostezza alla sua esultanza si abbottonò la giacca, di colpo nel calcio nostrano ci si doveva abituare a uno slang del tifo un po’ più "esposto"… Per essere gentili.

Quindi Juve-Liverpool era considerata una partita a rischio. Come detto lo stadio Heysel era vecchio ma abbastanza facile da dividere in settori. Le due grandi tribune una di fronte all’altra e le due curve, con i settori M, N, O da una parte e X, Y, Z dall’altra. Tutti e tre i settori M, N, O furono assegnati al tifo organizzato italiano, mentre agli hooligans inglesi andarono i settori X e Y. Il settore Z invece fu destinato ai tifosi neutrali di casa. Ma quanti immigrati italiani vivevano in Belgio in quegli anni ? Tanti. E accade che molti, moltissimi biglietti di quel famigerato settore Z furono rivenduti agli Italiani fuori dal circuito del tifo organizzato, a quelli che vanno allo stadio, per intenderci, con la famiglia e il panino con la frittata. Agli Juve club insomma. E così fu. Intanto passavano i giorni e la tanto attesa data della partita si avvicinava. Il 29 maggio 1985 infine era arrivato. La capitale belga si colorò sin dal mattino dei tifosi delle due squadre; dall’alba alle ore prima del match: dalla "Grand Place" alle vie che portavano allo stadio tutto era trascorso in maniera tranquilla malgrado il chiasso, con le due tifoserie che in sporadici e spontanei episodi si erano anche scambiate gadgets, sciarpe a magliette.

Forse a sprazzi qualche avvisaglia degli scalmanati inglesi c’era stata, qualche piccolo disordine con un ricoverato in ospedale al mattino, ma poca roba, niente più, tutto sembrava essere sotto controllo. L’ingresso allo stadio iniziò intorno alle 16:00, con le porte d’entrata che colpirono molti per quanto erano piccole. "E se succede qualcosa da dove si esce ? Siamo tanti…". Domanda buttata lì e poi rimossa. Doveva essere un giorno di festa. Alle 19 il tramonto stava occupando il cielo di Bruxelles, gli Inglesi avevano continuato a buttar giù fiumi e fiumi di birra, erano ubriachi e, una volta dentro lo stadio, quando si ritrovarono gli Italiani nel settore affianco, quello dei biglietti rivenduti, il settore Z, iniziarono a lanciare bottiglie, pietre, lattine. La tensione stava iniziando a montare. La famosa "rete da pollaio" - tutta la stampa i giorni successivi la definì cosi - che divideva le due tifoserie fu facilmente divelta dagli hooligans che iniziarono a caricare i tifosi italiani inermi. Erano le 19:25 quando la carica degli Inglesi venne ripresa dalle telecamere con in sottofondo il cartellone luminoso dello stadio che augura "a tutti i presenti una buona e piacevole permanenza nello stadio Heysel".

Il paradosso… Intanto il "take and bend", letteralmente "prendi la curva" degli Inglesi continuava e, come un’onda del mare che si ritrae e ritorna più forte, si abbatteva contro i tifosi italiani. E mentre quei pochi gendarmi presenti scappavano i tifosi italiani venivano compressi lungo il muro di cinta dello stadio e la recinzione che divide dal campo di gioco. Era la fine. Moltissimi di loro rimasero schiacciati, un pezzo di muro crollò dando spazio nel caos più totale a una parte di tifosi che riuscirono a uscire dalla asfissiante calca e, quando i poliziotti decisero di aprire i cancelli che portavano al campo da gioco, era già troppo tardi. Molti corpi rimasero a terra, trentanove per l’esattezza, più oltre seicento feriti. La banalità del male si era compiuta. Per la cronaca la partita alla fine si giocò lo stesso, per motivi di "ordine pubblico" (almeno questa fu l’algida spiegazione degli organizzatori) e con un’ora abbondante di ritardo. Come tutti sappiamo la Juventus vinse 1-0 grazie a un rigore concesso molto generosamente dall’arbitro svizzero Daina per un fallo su Boniek decisamente fuori area.

Anni dopo, quando all’arbitro chiesero lumi su quell’errore rispose: "Arbitrare una partita così, con poliziotti a bordo campo come in uno stato di guerra, non è stato semplice". Ben venga chi vuol leggere tra le righe ma ai posteri, quando qualcuno disse che quella Coppa era insanguinata e che la Juventus la doveva restituire, venne spontaneo rispondere che in fondo la Juve a quella finale era arrivata giocando e che, probabilmente, dopo le vittime e le loro famiglie era anch’essa parte lesa. E allora ? Come chiudere un articolo così e rispondere agli interrogativi posti ? Forse con la riflessione di lasciare questa coppa a chi ce l’ha, che la possa dedicare a chi non c’è più e tenerla come simbolo, a granitico monito, affinché tutto ciò in futuro non accada più. Anche perché trovare le giuste parole per chi ha vissuto quella tragedia, chi ha perso amici, fratelli, padri o figli, sinceramente non crediamo sia possibile. Nessuna parola può lenire quel dolore… Si può solo promettere con voce sommessa e rispettosa che tutto ciò in futuro non dovrà più accadere. Alle vittime più giovani di quel triste giorno. Dedicato ad Andrea Casula e Giuseppina Conti.

5 giugno 2020

Fonte: Magazzininesistenti.it

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Camerano intitolerà un’area pubblica alle vittime dell’Heysel

Sì unanime del Consiglio comunale per individuare uno spazio idoneo in collaborazione con il circolo Camerano Bianconera.

Camerano, 21 giugno 2020 - La sera del 29 maggio 1985 è una data impressa in modo indelebile nella storia del calcio e nel cuore e nella mente di milioni di tifosi italiani, inglesi, belgi e del mondo intero. Ma pure di tanti tifosi cameranesi presenti quella sera. Belgio, Bruxelles, Stadio Heysel, finale di Coppa Campioni. In campo, a contendersi il trofeo, i giocatori di Juventus e Liverpool. Sugli spalti gremiti di tifosi, circa un’ora prima del calcio d’inizio (19.20), i tifosi del Liverpool (un misto di hooligan ed headhunters i violentissimi tifosi del Chelsea), cercano di appropriarsi del fatidico settore Z dello stadio occupato da tifosi juventini non appartenenti al tifo organizzato. Ripetuti attacchi che alla fine producono una strage: 39 morti, dei quali 32 italiani (tra questi un bimbo di 10 anni) e 600 feriti. Il resto è storia. Tragica, vergognosa, incancellabile. Con i processi che seguirono tutti concordi nell’attribuire le colpe ai soli tifosi inglesi. Una storia che diversi cameranesi possono raccontare perché presenti quella sera all’Heysel e perché, per fortuna, rientrati tutti a casa sani e salvi. A 35 anni di distanza da quella strage, il circolo Camerano Bianconera ha chiesto all’Amministrazione comunale di valutare la possibilità d’intitolare uno spazio pubblico alle vittime dell’Heysel. Richiesta ripresa con una mozione portata in Consiglio comunale da Lorenzo Rabini, capogruppo di Operazione Futuro, e discussa dall’assise lo scorso 18 giugno. Un atto d’indirizzo che il Consiglio comunale ha votato all’unanimità impegnandosi ad individuare un’area idonea. "La politica sa regalare anche queste belle emozioni - commenta Lorenzo Rabini - proprio nel momento in cui un Consiglio comunale, scevro di ogni considerazione di parte, capisce bene il senso di una mozione, di un atto di indirizzo, comprende appieno le finalità, il perché sia stato presentato e la storia che c’è dietro a fatti, persone, momenti che entrano anche a  pieno titolo nella storia della tua comunità locale". Ed è indubbio che il circolo Camerano Bianconera, nei due anni dalla sua fondazione, sia entrato a pieno titolo nella realtà cameranese superando il semplice discorso di parte dovuto ai colori sportivi e al tifo. Un Club che si è subito contraddistinto non solo per l’organizzazione dei locali con spazi ampi ed accoglienti, ma anche per la grande partecipazione che conta oltre 200 soci e le tante iniziative sportive, sociali e di beneficenza che ne hanno fatto in breve tempo un’associazione comunitaria fra le più vive, attive ed impegnate a livello locale. "Ringrazio l’assessore allo Sport Marco Principi - ha detto Rabini in conclusione - che a nome del gruppo di maggioranza ha fatto un intervento in Consiglio comunale molto importante e significativo, non solo a ricordo di quanto avvenne ed il coinvolgimento di nostri concittadini, ma dando forte importanza e valore a quanto oggi lo Juve Club sta facendo nell’ambito del mondo dell’associazionismo di Camerano". Ora, dopo che il Consiglio comunale ha votato l’atto di indirizzo, sarà compito della Giunta in collaborazione con Camerano Bianconera attuare la volontà consiliare, definendo modalità, tempi e luogo per rendere omaggio alle vittime dell’Heysel.

21 giugno 2020

Fonte: Corrieredelconero.it

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Gorizia, emozionante mostra per il 35° anniversario del dramma dell’Heysel

Sarà un appuntamento di respiro quantomeno nazionale quello ospitato nelle sale dell’Associazione Culturale Heimat dal 10 luglio al 31 luglio 2020 (orario di apertura dal lunedì al sabato dalle 15.30-20.30).

Con la mostra fotografica "Perché nessuno dimentichi" Gorizia diventa punto di riferimento per ricordare collettivamente i 35 anni della tragedia dello stadio Heysel nella quale morirono 39 tifosi della Juventus, quasi tutti italiani. Un evento che va però al di là di un’estesa collezione di foto visto che nell’occasione sarà possibile visionare anche materiale originale di quella tristemente indimenticabile serata di Bruxelles. Un dramma impresso a tutt’oggi nella memoria collettiva, tanto è vero che appena un paio d’anni fa il Comune di Torino ha intitolato una piazza cittadina alle vittime dell’Heysel, stadio fatiscente nel quale quella maledetta partita non si sarebbe mai dovuta disputare. La mostra, in collaborazione con il Comitato "Per non dimenticare Heysel" e realizzata da Nucleo 1985, è dedicata alla memoria di Dionisio Fabbro, vittima friulana di quel 29 maggio 1985. L’inaugurazione, alla quale sono invitati anche la vedova Fabbro, il sindaco di Gorizia Rodolfo Ziberna e Bruno Pizzul, che quella sera ebbe l’ingrato compito di commentare la partita, è prevista per venerdì 10 luglio alle 19 presso il Circolo Culturale Heimat, via IX Agosto, 5 a Gorizia.

4 Luglio 2020

Fonte: Trivenetogoal.it

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GORIZIA

La tragedia dell'Heysel nella mostra fotografica allestita dal circolo Heimat

di Marco Bisiach

Il 29 maggio 1985, poco più di 35 anni fa, il mondo del calcio visse uno dei suoi giorni più tragici. La vita di 39 tifosi della Juventus si spense nella tragica follia degli spalti del l'Heysel, nome che da allora coincide con quello di una ferita indelebile più che con quello di uno stadio.

Doveva essere, a Bruxelles, "solo" la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, divenne una tragedia impossibile da dimenticare. E proprio per ricordarla, perché lasci un insegnamento capace di impedire che qualcosa di simile si ripeta, esistono iniziative come la mostra itinerante "Perché nessuno dimentichi", realizzata da Nucleo 1985 in collaborazione con il comitato "Per non dimenticare Heysel", che ora fa tappa per la prima volta in Fnuli Venezia Giulia a Gorizia grazie all'iniziativa del circolo culturale "Heimat". L'esposizione sarà inaugurata venerdì alle 19 nella sede del circolo, in via 9 Agosto 5 a Gorizia, dove resterà poi visitabile dal lunedì al sabato, dalle 15.30 alle 20.30, fino al 31 luglio. Tra gli ospiti, assieme al sindaco Rodolfo Ziberna, è annunciato anche Bruno Pizzul, che quella triste sera di maggio del 1985 ebbe l’ingrato compito di commentare la partita dell'Heysel, e visse allo stadio di Bruxelles senz'altro una delle giornate più difficili della sua lunga e inimitabile carriera giornalistica. "Alcuni dei componenti della nostra associazione, tifosi juventini, conoscono gli organizzatori di questa splendida mostra, che sin qui è stata presentata a Belluno e a Reggio Emilia, e ora arriva per la prima volta nella nostra regione - spiega Carlo Ambrosini del circolo Heimat - Così abbiamo colto l'occasione per entrare in contatto con loro, e portare a Gorizia un evento di grande significato, e che abbiamo voluto dedicare alla memoria di Dionisio Fabbro, la vittima friulana della tragedia dell'Heysel". "Perché nessuno dimentichi" è fondamentalmente una mostra fotografica, arricchita però da documenti audiovisivi e anche da alcuni rarissimi cimeli originali di quella tragica finale, come il programma della partita o alcuni speciali adesivi. Ecco allora che la mostra del circolo "Heimat" diventa occasione imperdibile per ripercorrere quanto è accaduto. Ricordare e omaggiare una volta di più coloro che per la loro semplice passione per il calcio persero la vita, e riflettere su quanto ancora resta da fare perché lo sport e il calcio siano e restino solo gioia e vita, e non siano mai più motivo di dolore come ancora troppo spesso succede.

8 luglio 2020

Fonte: Il Piccolo (Gorizia)

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RICORDI DEL PASSATO

La tragedia di Heysel - Bruxelles 29/5/85

di Angiolo Alerci

Le partite di calcio di Coppa di campioni che si stanno svolgendo in questo periodo, mi hanno fatto ricordare quanto da me vissuto nella famosa serata del 29 maggio 1985.

Mi trovavo in occasione di una delle mie frequenti visite di allora a Roma e il mio amico on. Dino Madaudo, socialdemocratico messinese allora Segretario della Camera dei Deputati, che avevo conosciuto durante la mia permanenza a Messina quando dirigevo quella sede della Cassa di Risparmio V.E., mi invitò ad assistere alla famosa partita di coppa dei campioni, nel suo studio di Montecitorio. Quella sera ho conosciuto l’on. Sebastiano Montali, socialista messinese, che allora ricopriva la carica di Presidente della Regione Lazio, invitato pure lui per vedere in tv la partita. Alla vista di quello che succedeva a Bruxelles i due politici si preoccupavano molto dell’accaduto anche perché sapevano che in quel campo si trovava anche il figlio dell’ex Presidente della Repubblica Saragat. Iniziarono a fare un giro di telefonate nel tentativo di sapere notizie particolari sull’accaduto, fino ad accertare che il figlio del Presidente stava bene. Al termine ci siamo messi all’affannosa ricerca di un ristorante, perché molti ristoranti a Roma erano chiusi. Il Presidente Montali suggerì all’autista di cercare un ristorante fuori Roma, indicando la strada da percorrere e ci siamo trovati a Ciampino dove il Presidente Montali ci disse: io sono arrivato a casa e voi potete continuare a cercare un ristorante. Rivolto a me disse: se vuoi salutare un tuo comprovinciale, un medico di Barrafranca trasferitosi a Ciampino, puoi suonare nel campanello della villetta di fronte. Era l’una di notte e siamo ritornati a Roma senza avere consumato la cena.

9 luglio 2020

Fonte: Ennapress.it

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L'inaugurazione con il giornalista Bruno Pizzul

Una mostra fotografica per non dimenticare l'Heysel

di Marco Bisiach

"Io ho avuto l'avventura di raccontare cose che in cuor mio, se potessi, vorrei dimenticare per quanto sono state terribili. Ma, invece, è bene non farlo, per ricordare la tragedia ed evitare così che certe cose possano accadere ancora". Sono parole sincere e per molti versi anche sofferte, uscendo direttamente dall'anima e dal cassetto di ricordi più dolorosi, quelle del giornalista Bruno Pizzul, che così ha rievocato la tragedia dell'Heysel. Lo ha fatto, trentacinque anni dopo quella serata di Bruxelles che doveva celebrare "solo" la finale di Coppa dei Campioni 1985 tra Juventus e Liverpool e invece è passata alla storia per la morte di 39 persone, partecipando all'inaugurazione della bella mostra fotografica "Perché nessuno dimentichi", realizzata da Nucleo 1985 in collaborazione con il comitato "Per non dimenticare Heysel", e portata a Gorizia (per la prima volta in regione) dal circolo culturale "Heimat" nella sua sede di via 9 Agosto, 5. Dove, peraltro, resterà visitabile fino al 31 luglio dal lunedì al sabato, dalle 5.30 alle 20.30, con ingresso libero. Un ricco, coinvolgente e drammatico approfondimento nei fatti di quella tragedia, attraverso decine e decine di immagini, ritagli di giornale e cimeli originali, tra cui la maglia di quella finale dello juventino Boniek, il programma della partita, cartoline e rarissimi adesivi. Bruno Pizzul, che la partita dell'Heysel la commentò in diretta, in quella che fu forse la serata più difficile della sua lunga inimitabile carriera, ha parlato delle responsabilità delle autorità belghe, affiancate e sommate a quelle degli hooligan inglesi, e ha svelato aneddoti come le lacrime e le scuse dei suoi colleghi d'oltremanica, sull'aereo che portava i giornalisti lontano da Bruxelles, o i momenti concitati, carichi di incertezze e poi dolore vissuti in cabina di commento per tutti coloro che stavano soffrendo. Ecco, la mostra del circolo "Heimat", come ha sottolineato anche il sindaco Rodolfo Ziberna, intervenuto all'inaugurazione, vuol essere un omaggio al loro ricordo ma anche un impegno, "perché non siano morti invano e certe tragedie non si ripetano".

11 luglio 2020

Fonte: Il Piccolo (Gorizia)

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La storia di Otello Lorentini nell’e-book "I Giusti dello sport"

L’impegno dell’aretino è stato raccontato in un libro dedicato alle battaglie di giustizia nello sport. La penna di Francesco Caremani ha tracciato il ritratto coraggioso e controcorrente di Lorentini.

La storia di Otello Lorentini raccontata nell’e-book "I Giusti dello sport". Questo libro propone un viaggio tra tanti racconti positivi dalla Shoah all’attualità attraverso la raccolta delle vicende di quaranta atleti e personalità di tutto il mondo che hanno vissuto battaglie di giustizia e di difesa dei diritti umani in ambito sportivo. Tra gli esempi contenuti nell’e-book, al fianco di campioni quali Gino Bartali o di figure storiche quali Nelson Mandela, è rientrato anche l’aretino Lorentini di cui il giornalista Francesco Caremani ha narrato l’impegno orientato alla giustizia e alla memoria delle vittime dell’Heysel. Il libro è scaricabile gratuitamente dal sito della onlus Gariwo che, con questo progetto, ha dato seguito ad un ventennale operato volto all’approfondimento e alla conoscenza delle storie di quegli uomini e di quelle donne che si sono battuti e che si battono in difesa della dignità umana". La redazione de "I Giusti dello sport" ha fatto affidamento sulla collaborazione di alcune delle migliori penne del giornalismo sportivo italiano, quali Gianni Mura o Darwin Pastorin. Una storia è stata raccontata anche dal giornalista e scrittore aretino Caremani che è stato promotore della candidatura di Lorentini tra i Giusti raccolti nel libro e che ne ha raccontato i quasi trent’anni di battaglie per ottenere giustizia in seguito ai tragici fatti avvenuti nel 1985 in occasione della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool dove persero la vita trentanove persone (tra cui anche suo figlio Roberto). Lo strumento per riuscire in questa missione è l’Associazione tra le Famiglie delle Vittime di Bruxelles che, da lui fondata, ha rappresentato uno strumento per mantenere viva la memoria di una notte che ha segnato indelebilmente la storia del calcio europeo. Con questa pubblicazione, Caremani ha dato seguito ai suoi lavori e ai suoi studi svolti su questo delicato argomento a partire dalla pubblicazione del libro "Heysel. La verità di una strage annunciata", mentre Lorentini è stato ulteriormente riconosciuto tra gli esempi di coloro che hanno agito con coraggio e controcorrente per promuovere una cultura della pace e un’idea di un mondo più equo. "Quando si parla di Heysel, di giustizia, di memoria per quella strage", scrive Caremani nel libro, "non dobbiamo mai dimenticare che Otello Lorentini c’è stato prima di tutti, quando tutti non c’erano. E senza di lui, per quei trentanove morti, per le famiglie delle trentadue vittime italiane, non ci sarebbe stata né giustizia né, tantomeno, memoria. Questo è stato".

17 luglio 2020

Fonte: Arezzonotizie.it - Arezzoora.it - Arezzoweb.it  

ARTICOLI STAMPA e WEB LUGLIO 2020  

Scritta da Francesco Caremani. Il suo esempio al fianco di Bartali e Mandela

La storia di Otello Lorentini tra "I Giusti dello sport"

In un ebook il racconto della battaglia di giustizia per le vittime dell'Heysel.

La storia di Otello Lorentini tra quelle dei "Giusti dello sport", un ebook che propone un viaggio tra tanti racconti dalla Shoah all'attualità, attraverso le vicende di quaranta atleti e personalità di tutto il mondo che hanno vissuto battaglie di giustizia e di difesa dei diritti umani in ambito sportivo. Tra gli esempi contenuti nell'ebook, al fianco di campioni quali Gino Bartali o di figure storiche quali Nelson Mandela, è narrato anche quello di Otello Lorentini di cui il giornalista Francesco Caremani ha raccontato l'impegno orientato alla giustizia e alla memoria della tragedia dell'Heysel. Il libro è scaricabile gratuitamente dal sito della onlus Gariwo che, con questo progetto, ha dato seguito ad un ventennale operato volto all'approfondimento e alla conoscenza delle storie di quegli uomini e di quelle donne che si sono battuti e che si battono in difesa della dignità umana. La redazione dei "Giusti dello sport" ha fatto affidamento sulla collaborazione di alcune delle migliori penne del giornalismo italiano, quali Gianni Mura e Darwin Pastorin. Una storia è stata raccontata anche dal giornalista e scrittore aretino Francesco Caremani, promotore della candidatura di Lorentini tra i Giusti raccolti nel libro e che ne ha raccontato i quasi trent'anni di battaglie per ottenere giustizia dopo la tragedia del 1985. Un impegno di anni, quello di Lorentini nel ricordo delle trentanove vittime dell'Heysel: tra loro c'era anche il figlio Roberto. L'Associazione tra le Famiglie delle Vittime di Bruxelles, da lui fondata, ha rappresentato uno strumento per mantenere viva la memoria. Con questa pubblicazione, Caremani ha dato seguito ai suoi lavori e ai suoi studi svolti su questo delicato argomento a partire dalla pubblicazione del libro "Heysel. La verità di una strage annunciata", mentre Lorentini è stato ulteriormente riconosciuto tra gli esempi di coloro che hanno agito con coraggio e controcorrente per promuovere una cultura della pace e un'idea di un mondo più equo. "Quando si parla di Heysel, di giustizia, di memoria per quella strage", scrive Caremani nel libro, "non dobbiamo mai dimenticare che Otello Lorentini c'è stato prima di tutti, quando tutti non c'erano. E senza di lui, per quei trentanove morti, per le famiglie delle trentadue vittime italiane, non ci sarebbe stata né giustizia né, tantomeno, memoria. Questo è stato".

19 luglio 2020

Fonte: La Nazione

ARTICOLI STAMPA e WEB LUGLIO 2020  

Un parco intitolato a Claudio Zavaroni

Il parco antistante la tribuna dello stadio Mirabello sarà intitolato al reggiano Claudio Zavaroni e a tutte le vittime che con lui persero la vita nella tragedia dell’Heysel il 29 maggio del 1985 durante la finale di Coppa Campioni fra Juventus e Liverpool. Impegno preso dopo l’approvazione di una mozione presentata dalla Lega, passata con 22 voti favorevoli (Carroccio, Pd, Aguzzoli del M5s, Gruppo Misto, Alleanza Civica, Forza Italia, Reggio è, Più Europa, Immagina Reggio), un voto contrario (Mahmoud del Pd) e tre astenuti (Ghidoni e Piacentini del Pd e Bertucci del M5s).

30 settembre 2020

Fonte: Ilrestodelcarlino.it

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