Dentro l’Heysel tra lapidi
e rifiuti Perché Bruxelles ?
di Filippo Conticello
Lo stadio rifatto con poco
rispetto per la tragedia dell’85. Il capo della sicurezza:
"Sì, la polizia sbagliò".
INVIATO A BRUXELLES (BELGIO)
- Il muretto della morte è stato ricostruito, lo stadio
è cambiato e non solo nel nome. Eppure qui, nel vecchio
Heysel di Bruxelles, la memoria è ancora labile. Distratta.
Come se nessuno volesse onorare davvero quei 39 innocenti,
portati via dalla follia degli hooligan e dalle colpe delle
autorità. Fiori calpestati sotto la lapide, perfino un bicchiere
e qualche cartaccia lasciata lì: Alberto Tufano le ha tirate
via, prima di commuoversi leggendo uno per uno i nomi delle
vittime impressi sul marmo. Lui oggi ha 49 anni e fa il
giornalista, ma non dimentica di essere un salvato in mezzo
ai sommersi. Nel 1985, a 16 anni, sognava Platini e Scirea,
poi si ritrovò vicino ai cadaveri nel maledetto settore
Z. È ritornato qui dopo oltre mille chilometri gioiosi in
auto e oggi proseguirà fino a Cardiff: dopo quell’incubo
si era ripromesso di non vedere più un’altra finale, poi
Buffon ha riacceso i sentimenti. È uno dei due ospiti di
#GazzaCardiff, il viaggio della Gazzetta da Torino fino
in Galles, passato prima dalla Francia e ieri da Bruxelles:
in fondo, entrando al Millennium Stadium, Alberto potrà
scacciare i suoi demoni. Glielo ha ripetuto spesso in auto
anche Franco Neri, l’altro compagno in questa avventura.
Un comico davanti al tragico: per un po’ le battute hanno
fatto posto alla commozione.
VERGOGNA L’impianto che
ormai si chiama "Re Baldovino" è vestito a festa: oggi i
Diavoli Rossi si allenano in pubblico. Pare che non ci sia
tempo per ricordare: si entra solo dopo insistenza, per
qualche minuto e sotto scorta. Ennesimo schiaffo per Alberto,
che trattiene le lacrime a fatica mentre ripercorre la strada
di un tempo. Passi e sospiri lungo la Rue de Marathon, fino
al punto in cui è stato versato più sangue: nel muretto
laterale caduto per la pressione della folla c’è un’altra
targa con scritto In Memoriam 29-5-85. Nascosta, quasi dimenticata:
in fondo, il Belgio minimizza ancora le proprie responsabilità.
Lo urla pure il capo della security che non vuole dare il
suo nome, ma non si morde la lingua: "Quella sera l’ho vista
in tv, una tragedia e una vergogna nazionale. Qui non abbiamo
ancora una polizia adeguata: allora, con una vera organizzazione
e un piano di sicurezza, chissà quante vite avremmo salvato".
Quando si fa notare agli inservienti che meriterebbe decoro
il luogo in cui sono morte 39 persone, tutti ripetono la
stessa cosa: non compete a loro. Non compete a nessuno.
CENTRIFUGA Trentadue anni
fa Alberto aveva passato un pomeriggio sereno prima di guardare
l’orrore a pochi centimetri. Così è tornato alla Grand Place,
centro di gravità della città oggi pieno di militari antiterrorismo:
ha voluto pranzare con Neri nello stesso locale in cui quel
giorno si era seduto assieme a Roberto Lorentini, il medico-eroe
che ha sacrificato se stesso per provare a salvare un bambino
nella calca. Ennesima emozione prima di ripartire e tornare
a sorridere: se ogni viaggio racconta qualcosa agli uomini,
questo per lui è una centrifuga di emozioni. E di chilometri:
ieri mattina era con Neri a Joeuf, nel paesino natale di
Platini e in serata ha messo piede in Inghilterra. In mezzo,
sul traghetto da Calais alle scogliere di Dover, i due hanno
cantato con i primi tifosi, il popolo bianconero in cammino
verso la Champions.
NDR: Alberto Tufano, giornalista,
nel 1985 testimone e reduce della Curva Z dello Stadio Heysel,
autore del libro "Il ragazzo con lo zaino arancione".
3 giugno 2017
Fonte: La Gazzetta
dello Sport
ARTICOLI STAMPA e WEB
GIUGNO
2017
LA TESTIMONIANZA
"Dove gli hooligans ci
minacciavano, oggi giocano e ridono i bambini"
di Alberto Tufano
Lo zaino arancione stavolta
non c’è. Poco male. I ricordi sono troppi mentre entriamo
in auto a Bruxelles le emozioni si moltiplicano metro dopo
metro, quello zaino non avrebbe potuto contenerle tutte.
Rivedo la Grand Place, bella e luminosa oggi come ieri.
E poi l’Atomium, monumento che affianca lo Stadio. Ci siamo.
Tutto è pulito, eppure io ricordo ancora quel tappeto di
bottiglie di birra vuote sul prato. Oggi i bambini sghignazzano
lieti nel vicino parco, ma io sento ancora i cori sguaiati
e minacciosi degli hooligans. E poi vedo quelle due lapidi
vergognosamente circondate da rifiuti, ma un nome nuovo
per lo Stadio e un design sicuro e moderno... Sensazioni
amare affollano il mio cuore, mentre gli occhi ricordano
i sorrisi spezzati di quei nomi incisi nella pietra: ognuno
con una sua storia, tutte vittime senza alcuna colpa. Chi
li descrive come 39 angeli non ha torto, perché sono martiri
del calcio europeo, deceduti e ricordati erroneamente tutti
come juventini, mentre alcuni erano spettatori neutrali.
La Storia non si può cambiare, si può solo avere memoria
per affrontarne il futuro con nuova forza. Anche per questo
sono diventato un giornalista, in fondo. Adesso il futuro
per la Juve si chiama Cardiff. Se oggi la squadra scenderà
in campo con la passione vera che gli angeli dell'Heysel
avevano quella notte del 1985, allora la vittoria non potrà
sfuggire. E il triplete avrà ancora più valore per i tifosi,
tutti i tifosi, pure quelli non bianconeri. Forse sto sognando,
buon segno: vuole dire che sono finalmente uscito dall’incubo.
Più tre trofei sul campo, più trentanove esultanze in Cielo.
Respect.
3 giugno 2017
Fonte: La Gazzetta
dello Sport
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GIUGNO
2017
Torino: figlio vittima
Heysel, ma la strage fu diversa
Legale famiglia, non dimenticare
che a Bruxelles ci fu un assalto.
(ANSA) - AREZZO, 4 GIU
- "Quello che è accaduto a Torino con il panico, la folla
che scappa, le persone schiacciate e calpestate ha riportato
alla mente scene di 32 anni fa, anche se si tratta di due
situazioni completamente diverse". A parlare da Arezzo è
Andrea Lorentini, presidente dell'Associazione fra i familiari
delle vittime dell'Heysel che nella strage allo stadio di
Bruxelles, avvenuta il 29 maggio 1985, perse il padre Roberto,
31 anni, medico, travolto mentre cercare di prestare soccorso
a un ferito: con la studentessa Giuseppina Conti furono
le due vittime aretine della follia di quella finale di
Coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool. "Il nostro
pensiero - aggiunge Andrea che alla presidenza dell'Associazione
è succeduto al nonno paterno Otello, scomparso tre anni
fa e che era anche lui all'Heysel - va ai feriti in particolare
a chi in queste ore sta vivendo momenti di preoccupazione
per i propri familiari e in particolare una preghiera per
il bimbo che è in prognosi riservata". "Quanto accaduto
a Torino ieri non è paragonabile con la tragedia dell'Heysel
- commenta infine l'avvocato Paolo Enrico Ammirati, uno
dei principali artefici della battaglia legale portata avanti
da Otello Lorentini. A Torino si è trattato di un incidente,
in Belgio di un vero e proprio assalto dove persero la vita
39 persone tra cui il medico aretino Roberto Lorentini,
deceduto per portare aiuto ad un bimbo ferito e la studentessa
Giuseppina Conti".
4 giugno 2017
Fonte: Ansa.it
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GIUGNO
2017
Panico durante la partita
Calca in piazza a Torino:
il testimone
"Io ero all’Heysel ho
rivisto quel terrore"
Pino Panetta. Barbiere,
era presente alla finale con il Liverpool quando avvenne
la strage.
di Marco Bardesono
Ci sono due date che Pino,
73 anni barbiere nato a Cerignola ma da 50 a Torino, non
dimenticherà mai: il 29 maggio 1985 e il 3 giugno 2017.
"Proprio così. La finale all’Heysel col Liverpool e quella
con il Real Madrid".
Come andò ?
"In Belgio io c’ero. Non
mi perdevo una partita. La Juve l’ho sempre seguita, in
casa e in trasferta. Ma dopo quell’orrore, 39 morti e 600
feriti, io allo stadio non ci sono più andato".
Ma ha continuato a seguire
la squadra del cuore ?
"Alla radio, in televisione,
attraverso i giornali sportivi. Questa volta pensavo che
la coppa l’avremmo portata a casa. Poi il caos. Negli occhi
di tanta gente ho rivisto il terrore, lo stesso dell’Heysel.
Non riesco a crederci. E oggi come allora, io non mi sono
fatto un graffio".
Perché è andato in piazza
? "Fino a ieri le partite
le guardavo a casa mia. Pensavo che in piazza sarebbe stata
una festa, e invece".
Cosa ha fatto in quei momenti
?
"Mi sono seduto per quasi
mezz’ora su un marciapiede, piangevo come un bambino. È
venuta un’infermiera dell’ambulanza e mi ha dato una bottiglia
d’acqua".
Tornerà allo stadio ? "Mai più, il calcio è morto.
E io non voglio più vedere quegli sguardi di paura".
4 giugno 2017
Fonte: Corriere.it
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GIUGNO
2017
CITTADINI
Piazza San Carlo come lo
stadio Heysel: il ricordo dell'anziano tifoso
"Io là c'ero e sabato sera
in piazza ho rivissuto lo stesso incubo".
Torino come Bruxelles,
piazza San Carlo come lo stadio Heysel. Sembra un paragone
azzardato, ma davanti al maxi schermo che sabato sera trasmetteva
la finale di Champions League c'è stato anche chi è tornato
indietro con la memoria a quel 29 maggio di 32 anni fa,
quando la competizione si chiamava ancora Coppa dei Campioni.
In campo sempre la Juventus, che in quel caso batté il Liverpool
1-0. Una vittoria mai festeggiata per quelle 39 persone
morte tra la calca e il panico scatenato da un tentativo
di invasione dei temibili hooligans nel settore dei tifosi
bianconeri. "Sono sconvolto, sembrava l'Heysel" è il ricordo
amaro di un tifoso della Juventus dai capelli grigi. "Non
importa come mi chiamo, scrivetelo: io là c'ero e in piazza
San Carlo ho rivissuto lo stesso incubo", il panico che
scoppia non si sa ancora bene per quale motivo e il fuggi
fuggi generale che travolge qualunque ostacolo. Non importa
se di fronte c'è un muro di esseri umani, persone in lacrime
che implorano di non essere schiacciate. L'anziano tifoso
ha il volto rigato dalle lacrime. Al suo fianco una donna,
forse la moglie, le gambe e le braccia coperte di sangue.
"Speriamo non sia nulla di grave, dove sono i soccorritori
?", chiede l'uomo che la sorregge, lo sguardo verso i lampeggianti
delle ambulanze. "Devo andare, ma scrivetelo - insiste:
sembrava l'Heysel". E poco importa che cosa abbia causato
il panico e tutta quella paura.
4 Giugno 2017
Fonte: Huffingtonpost.it
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GIUGNO
2017
"Ho
rivissuto l’incubo dell’Heysel"
Bodnari, presidente del
comitato in ricordo della tragedia: "Ripiombata nell’85".
REGGIO EMILIA. Un brivido
lungo la schiena. Gelido, terribile. La mente che torna
indietro di 32 anni, il flashback che mai nessuno avrebbe
voluto rivivere. Iuliana Bodnari, presidente e fondatrice
del "Comitato Per Non Dimenticare Heysel Reggio Emilia",
non era in piazza San Carlo a Torino, ma è come se fosse
stata lì, dove tante persone conosciute in questi anni e
accomunate a lei dalla fede bianconera hanno vissuto un
autentico incubo: "È stato tremendo, un inferno che mi ha
fatto ripiombare nel 1985", racconta. "In piazza c’erano
tantissimi amici di Torino e i loro racconti sono ancora
più agghiaccianti delle immagini che tutti, purtroppo, abbiamo
visto. Millecinquecento persone ferite è un numero allucinante:
si è sfiorata la tragedia, un nuovo Heysel e ora non possiamo
fare altro che pregare per chi è ricoverato in condizioni
più gravi, affinché possano riprendersi la vita, quella
che una vicenda assurda ha rischiato di strappargli". Iuliana
non si dà pace: "Abbiamo appena commemorato le vittime dell’Heysel,
tra le quali anche il reggiano Claudio Zavaroni. Non avrei
mai immaginato, dopo 32 anni, di assistere di nuovo a qualcosa
di simile. Vedere per terra scarpe, vestiti mi ha fatto
piangere il cuore, sembrava tutto identico a quel maledetto
29 maggio del 1985. La gente che scappa e si calpesta, che
resta a terra sanguinante, il caos assoluto: ho rivissuto
come tanti una tragedia. Doveva essere una giornata di gioia
e condivisione, perché lo sport è festa, ma nel clima generale
di terrore che il mondo sta vivendo basta un attimo per
scatenare l’inferno". Nelle parole di Iuliana, che assieme
al marito Rossano Garlassi ha speso anni per tenere vivo
il ricordo delle vittime dell’Heysel creando a Reggio l’unico
monumento a loro dedicato, c’è anche tanta rabbia: "Mi è
stato detto che la piazza era piena di venditori ambulanti
con bottiglie di vetro, che l’alcol girava liberamente.
Com’è stato possibile ? La gente, prima di tutto le istituzioni,
si rende conto che in luoghi affollati basta la scintilla
più banale per provocare un disastro ? Diciamo che non abbiamo
paura, andiamo in piazza anziché chiuderci in casa, ma in
realtà la paura è dentro di noi: alle parole "attentato"
o "bomba" si scatena il panico. Sappiamo tutti cosa stava
accadendo in contemporanea a Londra, immaginatevi quello
che avrà potuto pensare chi era a Torino". (m.c.)
5 giugno 2017
Fonte: Gazzettadireggio.gelocal.it
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GIUGNO
2017
Riaffiora l'incubo Heysel.
Un brivido lungo 32 anni
di Elia Pagnoni
Un brivido lungo 32 anni.
Chi non è più giovanissimo ha vissuto per un attimo il terrore
di quella serata: la voce concitata di Bruno Pizzul alla
televisione, le immagini che arrivavano da Bruxelles di
gente calpestata coperta da drappi bianconeri.
Quelle terribili immagini
e quelle prime telefoto dolorose della gente schiacciata
contro la recinzione del maledetto settore Z del fatiscente
stadio belga dell'Heysel. Sembra proprio un crudele destino
juventino quello di accomunare le finali di Champions a
momenti di panico e di terrore, ma vedere quella gente a
terra sporca di sangue non poteva sfuggire al triste accostamento.
Per fortuna questa volta la dimensione è stata molto meno
tragica, ma certo chi si è trovato in quella situazione
non se l'è vista bella. E chissà se anche quei malcapitati
sono andati con la memoria a quella sera del 29 maggio '85
quando, un'ora prima dell'inizio di Juve-Liverpool, la partita
della prima coppa Campioni bianconera, gli hooligans cominciarono
a spingersi a ondate verso il settore dei tifosi juventini,
il famigerato settore Z, forse cercando lo scontro fisico
con gli ultrà bianconeri che però erano sistemati esattamente
dalla parte opposta dello stadio. Così si trovarono ad affrontare
l'orda ubriaca e violenta degli inglesi, i normalissimi
tifosi italiani chiusi in quel settore, indifesi di fronte
alla furia degli hooligans e persino manganellati dalla
polizia belga che invece di proteggerli, impediva loro di
fuggire verso il campo, unica via d'uscita da quella folle
mattanza. Attimi di terrore che si sono subito trasformati
in tragedia con 39 persone uccise dalla follia, schiacciate
contro le reti, calpestate, cadute nel vuoto o travolte
dal crollo di un muro. Quella che doveva essere una serata
di festa divenne una tragedia che pesa ancora come un macigno
sulla storia della Juve e del calcio. L'altra sera in piazza
San Carlo per un attimo abbiamo rivisto quelle scene di
folla ondeggiante. E abbiamo cercato di allontanare gli
incubi.
5 giugno 2017
Fonte: Ilgiornale.it
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GIUGNO
2017
Piazza San Carlo, Heysel,
Forno delle Grucce:
le terribili e immutabili dinamiche
della folla
di Roberto Codebò
"Già era di nuovo finita
la fiamma; (…) quando si sparse la voce, che, al Cordusio
(una piazzetta o un crocicchio non molto distante di lì),
s’era messo l’assedio a un forno. Spesso, in simili circostanze,
l’annunzio d’una cosa la fa essere. Insieme con quella voce,
si diffuse nella moltitudine una voglia di correr là: –
io vo; tu, vai ? vengo; andiamo, – si sentiva per tutto:
la calca si rompe, e diventa una processione. Renzo rimaneva
indietro, (poi) prevalse di nuovo la curiosità. Però risolvette
di non cacciarsi nel fitto della mischia, a farsi ammaccar
l’ossa, o a risicar qualcosa di peggio". Nel capitolo XII
de "I Promessi Sposi", l’inimitabile prosa manzoniana descrive
ed analizza le dinamiche della folla. Folla che in mezzo
alle vicissitudini di Renzo e Lucia si ritaglia un spazio
tutto per sé, divenendo autentico protagonista collettivo,
spersonalizzato, ma dotato d’un proprio carattere e, soprattutto,
di proprie regole. Regole che, tristemente, non paiono mutate,
quasi duecento anni dopo la redazione del capolavoro manzoniano
e quasi cinquecento dopo i fatti cui esso (fittiziamente)
si riferisce. Perché la folla non ha testa ma ha gambe:
le duemila gambe dei suoi mille componenti, pronte a impazzire
nella stessa direzione non appena qualcosa o qualcuno -
come ben ha detto il collega Imarisio del Corriere della
Sera - getta un fiammifero in un secchio pieno di benzina,
facendo perdere a tutti la testa - e purtroppo molto spesso
- anche le scarpe, che alla malcapitata fuga sarebbero così
utili. Sabato sera, quel secchio era riempito non soltanto
dalla passione sportiva, ma anche della psicosi terrorismo.
Frustrata la passione dal terzo gol del Real Madrid, la
psicosi poteva avere miglior gioco. "Spesso, in simili circostanze,
l’annunzio di una cosa la fa essere": genio d’un Lisander
! (NdR: soprannome coevo di Alessandro Manzoni) Così, più
che mai è bastato che un imbecille gridasse "Bomba, bomba
!" per slatentizzare in chiave compulsiva i malcelati propositi
di abbandonare la piazza. Propositi che non ci sarebbero
mai stati, a fronte di una tripletta di Higuain o di un
paio di calci punizione capolavoro di Dybala. Qualche volta,
però, non è neppure necessario che la partita cominci. Trentadue
anni e cinque giorni prima, le folle juventine erano assiepate
nel settore Z dello Stadio Heysel di Bruxelles. Nel 1985
il terrorismo nazionale non era più in voga, quello internazionale
non lo era ancora. Ma in quel caso gli si sostituì il terrore:
terrore di migliaia di hooligans ubriachi che sfondano le
recinzioni tra settore e settore della curva (versione antica
e fragile di quelle recentemente rimosse, dopo mille polemiche,
dall’Olimpico di Roma), sparano petardi ad altezza d’uomo
e schiacciano il popolo bianconero contro un tragico muretto,
che cede proprio come la ringhiera di piazza San Carlo mentre
i poliziotti belgi non lasciano scappare la gente verso
il terreno di gioco, temendo un’invasione di campo (qui
ci tocca purtroppo ricordare che i francesi raccontano le
barzellette sui belgi come noi le raccontiamo sui carabinieri…).
Analogie per la verità quanto mai parziali, ma sufficienti
a riaprire una ferita mai rimarginata del vissuto bianconero.
Della lezione dell’Heysel si fece tesoro con ritardo (vi
fu ancora spazio per la tragedia di Sheffield, meno di quattro
anni dopo); ma molte cose ora negli stadi sono cambiate.
Resta ora il problema delle piazze, dove la folla riacquista
in pieno la sovranità delle proprie tragiche, immutabili
regole. "C’era un incalzare e un rattenere, come un ristagno,
una titubazione, un ronzio confuso di contrasti e di consulte.
In questa, scoppiò di mezzo alla folla una maledetta voce:
- c’è qui vicino la casa del vicario di provvisione: andiamo
a far giustizia, e a dare il sacco. Parve il rammentarsi
comune d’un concerto preso, piuttosto che l’accettazione
d’una proposta". Di quella maledetta voce si cerca ora lo
stupido autore. Difficile che la folla, nel frattempo, impari
a non darle ascolto.
6 giugno 2017
Fonte: Zipnews.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
GIUGNO
2017
Maleficio Heysel
di Jan64
Cari fratelli gobbi, condivido
in pieno le riflessioni di Antonio La Rosa, mi limito ad
aggiungere che la prestazione offerta a Cardiff ha disonorato
la maglia, oltraggiato milioni di tifosi (esposti per giunta
ai pernacchi delle tifoserie rivali) e svalutato sensibilmente
una stagione agonistica che, al contrario, avrebbe potuto
essere davvero leggendaria. Parafrasando un celebre detto
di Enrico Cuccia (storico capo di Mediobanca) "i titoli
non si contano, SI PESANO" e, a mio modesto ed opinabile
parere, una netta vittoria in Champions (che, per altro,
non abbiamo MAI ottenuto, anche quando si partiva favoriti)
possiede un peso specifico decisamente superiore alla conquista
dello scudetto. Credo che molti di noi sarebbero disposti
a barattare una decina di campionati e la metà delle Coppe
Italia per 5 o 6 delle finali perse quando non gettate proprio
alle ortiche (come ad Atene e a Manchester) e, sinceramente,
trovo imbarazzante che una squadra con 35 titoli nazionali
abbia vinto una sola finale su 8. Dico volutamente una su
otto perché deliberatamente non metto nel computo la tragica
finale di Bruxelles. Credo che ogni juventino intellettualmente
onesto sia infatti consapevole che quella Coppa è priva
di valore sportivo essendo stata quella finale giocata solo
per motivi di ordine pubblico e decisa da un calcio di rigore
assolutamente inesistente. Da parte mia penso che quel trofeo
non doveva essere accettato e messo in bacheca e, anche
alla luce dell'allucinante filotto di finali perse, mi sono
convinto che sia circondato da un oscuro alone di negatività
che puntualmente si manifesta nelle finali. Pertanto, fosse
per me, lo restituirei alla UEFA senza indugio. Grazie a
tutti e Forza Juve.
12 giugno 2017
Fonte: Juworld.net
ARTICOLI STAMPA e WEB
GIUGNO
2017
+ 40, rispetto !
Qui, a 300 metri dal San
Giovanni Bosco, il pensiero va ad Erika. Il Verbano è assai
più distante e che senso può avere decidere per amore di
venire a morire nel salotto barocco di Torino ? Per amore
si fa tutto, anche non sapere di calcio e condividere ugualmente
la passione col fidanzato, per amore. Per amore, Cristo
Dio ! Come faceva Erika a sapere che la "maledetta" è maledetta
davvero ? E che lei sarebbe stata la vittima numero 40 della
maledizione ? Chi glielo poteva dire ? Il fidanzato, gli
amici, la gente che da ogni parte di Italia e d’Europa si
era data convegno la sera del 3 giugno, per alimentare insieme
un sogno ? Un happening degno di Woodstock, libero da controlli
come quello, con le autorità assenti come quello, con migliaia
di vite abbandonate a se stesse come quello. Il particolare
atroce sta nel fatto che sono passati 50 anni, quasi. Poi
si dice che la storia insegni… Heysel, nome di uno stadio
che vive solo nelle menti dei reduci e di chi non vuole
che passi nel dimenticatoio, tenacemente, doverosamente.
Heysel ricordato nemmeno una settimana prima della finale
e rimesso in scena come se fosse compreso nell’abbonamento.
Altro bollettino di guerra, per fortuna meno drammatico:
dove è il sottile filo delle differenze aritmetiche ? Forse
che l’esperienza di un pronto soccorso sia meno alienante
a Torino rispetto che a Bruxelles ? Siamo ancora qui a chiederci
perché serate di festa debbano finire in ospedale. E se
restiamo su questa Terra a gridare la nostra indignazione,
Erika lo fa dal Cielo. E’ costretta a farlo da lassù. Ora
che non si contano soltanto feriti, con il conseguente liberatorio
commento: "E’ andata ancora bene", è giunto il momento di
chiedere agli autori di leggerezze, sottovalutazioni e incapacità
a leggere nei tempi, di farsi carico delle proprie responsabilità.
Prefetto, questore, sindaco, capo dei vigili (pardòn, polizia
municipale !), preposti all’ordine pubblico, prego: attendiamo
un atto di coraggio. Lo dovete ad Erika, al suo fidanzato,
ai suoi familiari, alla sua vita interrotta a 38 anni perché
avete permesso che piazza San Carlo diventasse terra di
nessuno, voltandovi dall’altra parte. In quello stadio che
secondo alcuni avrebbe dovuto contenere 30 mila tifosi,
ovviamente senza organizzazione, senza ordine pubblico,
senza controlli, solo per spostare l’happening punto e basta,
in una casa privata oltretutto tanto per scaricare il barile
delle responsabilità, in quello stadio comparirà un numero
corretto. Un triste aggiornamento di una contabilità troppo
spesso vilipesa senza conseguenze. + 40, rispetto. Ma è
ora non solo di pretenderlo il rispetto, ma di ottenerlo.
In questo Paese, nel quale a momenti è di nuovo colpa della
Juve, anche la morte di Erika. Eboli è molto più distante
di Domodossola, eppure pare che ci sia la distanza come
da qui al San Giovanni Bosco.
16 giugno 2017
Fonte: Spazioj.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
GIUGNO
2017
Si chiama Erika,
non Heysel
Al contrario di quanto
scritto un po’ ovunque e degli spettri evocati da più
parti questa tragedia, secondo me, non va assolutamente
confusa con quella di Bruxelles del 29 maggio 1985.
Abbiamo sperato,
pregato e imprecato fino all’ultimo, poi la sentenza
della nera signora: Erika è salpata per le stelle,
lasciandoci un insegnamento che vanifica ogni retorica
di parole vuote nei dintorni della sua morte, una
lezione autentica di amore. Era il giorno del compleanno
del suo Fabio, non tanto quello della finale di
Champions League per la Juventus, perché lei non era
neanche una tifosa, ma il suo cuore batteva soltanto per
il suo uomo, non per un pallone. Ciò nonostante,
raffreddando il presentimento di un attentato, ha voluto
donargli la sua presenza accanto, in quella bagnarola di
folla d’anime infocate bianca e nera. I suoi sorrisi
incoraggianti al compagno nonostante l’atmosfera di
tensione in quella ressa emotivamente sudaticcia, il
caldo e l’alcool, poi è calato un sipario dall’inferno,
il cuore ha ceduto al terrore d’acchito e il ritmo della
vita è scaduto al battito di tamburo lento della sua
condanna in una lunga agonia. Mi fermo qui… Di lei ci
rimarrà una splendida fotografia che vale più di un
testamento etico d’autore. Ci ha insegnato come si può
amare. Semplicemente. E’ tutto.
I media e i tifosi
hanno accostato l’Heysel all’incidente del 3 giugno in
Piazza San Carlo a Torino, una fuga come l’altra. Il
sangue su stendardi e persone ne è tragica replica
certamente, ma bisogna distinguere con lucida analisi
fra l’una e l’altra mattanza. Il panico serpeggiato è un
effetto in comune da non confondere con la causa. L’orda
barbarica e sanguinaria dei tifosi inferociti del
Liverpool avrebbe potuto fermarsi invece di riprendere a
più riprese con tecniche militari e scagliarsi sugli
innocenti spremendoli vigliaccamente contro il muretto
del Settore Z. Il terrore esploso all’improvviso per un
presunto attentato invece non poté fermarsi da solo
prima che la razionalità vagasse un tempo variabile
nell’allucinazione. Lo alimenta l’immaginazione. Forse
la vittoria dell’ infame Isis è questa: quando noi
stessi diveniamo il primo terrorista a sconquassarci
dentro, a violentare il nostro evo, la nostra cultura
profonda che si nutre di conoscenza, comunione di
incontri e di svago. E per lui è inutile farci giustizia
sommaria, invocare una esecuzione capitale o ordire un
processo esemplare: ci abita e ci mal governa
subdolamente, si prende i sogni ipotecandoci il futuro
nero dei nostri figli.
E’ vero: le massime
autorità comunali di Torino dovevano fare di meglio per
prevenire l’imponderabile accadimento dietro l’angolo di
una latente psicosi collettiva, organizzando una più
oculata e scrupolosa gestione degli spazi e dei soggetti
presenti in piazza. E’ giusto: ne rispondano nelle sedi
istituzionali e giuridiche ai suoi cari. Oggi la rabbia
è ancora tanta ma prima o poi dovrà fare i conti con la
maga dell’oblio che ammalia tutto e tutti nel nostro
paese sin dalla prima Repubblica. E insieme ai cocci
insanguinati delle bottiglie di birra che crocifissero
bambini, donne e uomini nella piazza torinese verrà
spazzata anche questa storia e insieme la ragione. Ma
l’Heysel fu altra cosa. La paura quando rompe gli argini
dell’autocontrollo non si argina, ma una tifoseria
brutale, con uomini e mezzi idonei, sì. Bastava il getto
degli idranti… Paradossalmente quella tragedia si poteva
evitare molto più di questa…
Come esorcizzare,
dunque, questo demone che ci sconvolge la mente ? C’è un
solo modo. Godersi gli istanti brevi o lunghi della
nostra passeggiata terrestre. Tanto il futuro resta un
ipotesi a prescindere. "Succhiare il midollo della
vita", direbbe Henry David Thoreau, perché solo la
poesia può salvare la grande bellezza che ci circonda.
Il sorriso di Erika è la risposta ad un mondo che è
ferito ed in pericolo, ma che non è ancora caduto, non è
vinto. Allora arruoliamoci nelle falangi dell’orgoglio
al fianco di una civiltà che non opprime le donne, non
sevizia spose bambine, non decapita statue millenarie.
Difendiamola come fosse la nostra unica progenie e
perché non ne potremo avere altre. Lo dobbiamo anche
alla dolce Erika, prima vittima di un attentato ad opera
della autosuggestione così come ai caduti del Bataclan e
di Manchester, di Bruxelles, di Nizza, di Berlino, di
Londra… Pertanto diamo all’Heysel quanto è dell’Heysel e
ad Erika ciò che gli appartiene: memoria, onore e
silenzio… Non manipoliamo la sacralità della sua vita
tramontata in rincorse faticose alla demagogia e alle
avversioni politiche. Lei non lo merita. In punta di
piedi, come una ballerina scalza, leggera è danzata via…
20 giugno 2017
Fonte:
Giulemanidallajuve.com
ARTICOLI STAMPA e WEB
GIUGNO
2017
Incontro. Un'iniziativa dello Juventus club doc Valtaro
Borgotaro ricorda la
strage dell’Heysel
BORGOTARO - Gli juventini della Valtaro si sono ritrovati al
ristorante "Tiffany" di Porcigatone di Borgotaro per festeggiare
i successi della "Vecchia Signora", un‘iniziativa dello Juventus
Club Doc Valtaro che ha sede a Borgotaro nel bar Angolo 50, che
è sempre stato teatro principale di tutte le iniziative e feste
che il club ha promosso. Negli anni, il Club ha sempre
registrato un importante numero di iscritti, raggiungendo anche
punte di quasi 200 soci. Da ricordare inoltre tutto il lavoro e
la dedizione del direttivo del Club Valtaro, diretto dalla
presidente Jessica Binacchi e dal vicepresidente Patrick
Schiavetta. Erano presenti alla conviviale i rappresentanti del
comitato "Per non dimenticare Heysel", la tragedia del 29 maggio
1985, poco prima dell’inizio della finale di Coppa dei campioni
di calcio tra Juventus e Liverpool, allo stadio Heysel di
Bruxelles, in cui morirono 39 persone, di cui 32 italiane e ne
rimasero ferite oltre 600. La portavoce luliana Bodnari ha
spiegato che il comitato, che non ha scopi di lucro, "si è
costituito spontaneamente nel 2007 con l'intento di evitare il
degrado e preservare l'unico monumento alle vittime della
violenza negli stadi in Italia, alla memoria appunto dei 39
"angeli" che persero la vita in quell'occasione". Il monumento,
ispiratosi ai "piletti" dello stadio Heysel e formato da 39
steli di cemento e ferro, è stato posizionato a Reggio Emilia
nel 1991. La scultura è opera dell’artista Gido Vanlessen. F.B.
4 luglio 2017
Fonte:
Gazzetta di Parma
Maria Federica Giuliani: "Toglieremo gli adesivi
inneggianti alla
tragedia dello stadio Heysel"
"Saranno rimossi presto
gli adesivi attaccati su alcuni cartelli stradali tra
piazza Alberti e lo stadio Franchi, vergognosamente
inneggianti alla tragedia dello stadio Heysel di
Bruxelles, dove nel 1985 trovarono la morte 39 tifosi
juventini durante la finale di Coppa Campioni.
L’assessore Giorgetti ci ha assicurato che l’intervento
è già inserito nel programma dei lavori sulle strade
cittadine". Lo rende noto la presidente della
commissione Cultura e Sport M. Federica Giuliani che
oggi sull’argomento ha presentato un question time.
"Abbiamo voluto avere rassicurazioni in questo senso
perché questo macabro scherzo da parte di alcuni tifosi
contrasta totalmente con l’autentico spirito sportivo di
cui vogliamo che Firenze sia sempre portabandiera" ha
aggiunto la presidente Giuliani.
17 luglio 2017
Fonte: Comune di
Firenze (Ufficio Stampa)
ARTICOLI STAMPA e WEB
LUGLIO
2017
Heysel
tutti sapevano tranne loro
di Rossella Sereno
23 maggio 2017 ore
21:00, c/o Sala ATC Piemonte Centrale, Torino
l'Associazione "Quelli di via Filadelfia" presenta la
pièce della Compagnia del Teatro Artistico d'Inchiesta:
"Heysel, tutti sapevano tranne loro", un monologo di
David Gramiccioli.
"Il rispetto per la
morte ti rende degno della vita". Così si conclude la
pièce teatrale di David Gramiccioli, un monologo che
cattura l'attenzione dello spettatore e lo conduce in un
percorso fatto di storia, ricordi, episodi e cronaca.
Non c'è spazio per il romanticismo, per le sfumature,
per le storie edulcorate o messe in piedi con l'intento
di commuovere. No, qui vengono trattati i fatti, le
ricostruzioni, gli avvenimenti precedenti e il contesto
socio-politico di quegli anni, in modo chiaro e
incisivo. L'opera teatrale colpisce a partire dal
titolo: "Heysel, tutti sapevano tranne loro". Come un
destino già segnato, che l'autore/attore illustra e
rende a posteriori evidente. Un palco quasi spoglio, il
buio in sala, la sola presenza in scena di Gramiccioli,
accompagnato soltanto da qualche filmato e da quella
cronaca di Bruno Pizzul che ancora oggi fa rabbrividire.
Il racconto, o meglio ancora l'analisi, parte dal 12
giugno 1980, quasi 5 anni prima dei tragici fatti
dell'Heysel. In Italia, a Torino, si gioca per i
Campionati Europei Belgio-Inghilterra (1-1) e già allora
gli hooligans inglesi si fanno notare: bottiglie di
birra in mano, ubriachi, fuori controllo. Un fenomeno
che non sfugge dall'osservazione in patria: se ne
discute nel parlamento inglese, dove Margaret Thatcher,
già allora, dichiara di voler annientare il tifo
violento. 30 maggio 1984, 1 anno prima dell'Heysel. A
Roma, si gioca la finale di Coppa dei Campioni
Liverpool-Roma (1-1, 4-2 dopo i rigori). Ma fuori dal
campo di gioco, la battaglia è italiani contro inglesi,
una guerriglia il cui esito è quello di un ragazzo in
coma, un uomo accoltellato e una trentina di feriti.
Tanto da far decidere all'Uefa di disputare le
successive finali in campo neutro, considerato più
sicuro. 16 gennaio 1985, 4 mesi e mezzo prima
dell'Heysel. A Torino, finale Supercoppa
Juventus-Liverpool (2-0). Gli scontri in città tra
italiani e inglesi si susseguono fin dal mattino. 11
maggio 1985, 18 giorni prima dell'Heysel. A Bradford, in
Inghilterra, si gioca un incontro tra Bradford City e
Lincoln City, valido per il campionato di Third Division.
Al 40' minuto si innescò un incendio, la partita venne
sospesa e i tifosi fatti evacuare. Ma la tribuna,
vecchia e fatiscente, era stata costruita in legno. Il
fuoco si diffuse facilmente, crollò il tetto dello
stadio. All'interno dell'impianto non c'erano estintori:
erano stati tolti per evitare possibili atti di
vandalismo tra gli hooligans. L'esito fu di 56 morti e
265 feriti. Mancano pochi giorni alla finale a
Bruxelles, ma i presupposti si sono già visti tutti:
hooligans inglesi fuori controllo, impianti di gioco
inadeguati e obsoleti, incapacità di gestione di eventi
di questa portata da parte degli organizzatori. 29
maggio 1985, Bruxelles. Finale Coppa dei Campioni,
Juventus-Liverpool. L'aria di festa degli juventini in
giro fin dal mattino che viene interrotta dell’arrivo
degli inglesi. Non una caccia agli juventini, da parte
degli hooligans, ma una caccia agli italiani. Ma gli
scontri tra hooligans e ultras bianconeri, nel
pomeriggio, rientrano nelle logiche del mondo ultrà, e
non producono effetti disastrosi. Purtroppo però non è
così all'interno dello stadio: accanto gli inglesi, nel
settore Z, non ci sono gli ultras della Juventus, che
avrebbero saputo rispondere agli attacchi, che erano
preparati all'offensiva, che probabilmente avrebbero
ricacciato indietro quell'onda inglese. Ma nel settore
Z, per colpa di una infausta gestione della vendita dei
biglietti, c'erano famiglie, bambini, club. E la paura,
il più umano dei sentimenti, vinse su tutto. Alcune
teorie, sostenute anche da Bruce Grobbelaar, allora
portiere del Liverpool, considerano l'ipotesi che a
partecipare agli scontri ci fossero anche membri
dell'estrema destra di Londra, il National Front, e che
all'imbarco delle navi dall'Inghilterra fossero stati
distribuiti volantini su cui era scritto che sarebbe
stata l'ultima partita in Europa del Liverpool.
Corrispondono a verità queste teorie ? Chi può aver
fatto stampare questi volantini ? Domande ancora
irrisolte. La tragedia viene vissuta e raccontata in
diretta televisiva. Il comunicato dei capitani, le
responsabilità belghe evidenti già solo nelle immagini
della polizia a cavallo, la Juventus che pare non
volesse giocare, l'imposizione di disputare la gara. 39
morti. Una tragedia che riguarda un paese, l'Italia, non
una squadra, non una singola tifoseria. Gramiccioli
all'interno della sua lucida analisi inserisce solo due
immagini, due ritratti. Quello di Giusy Conti, 17 anni,
studentessa modello, ottimi voti a scuola, che vuole
diventare giornalista sportiva. E chissà quanto sarebbe
stata brava. Che si merita la finale, che vuole quella
Coppa, che insieme al papà raggiunge Bruxelles. Ma che
non tornerà. E quello di due angeli, Andrea Casula e
Roberto Lorentini. Andrea, 11 anni, il bimbo più felice
del mondo perché andava a vedere la sua Juve e Roberto,
31 anni, medico, che ha provato in tutti i modi a
salvare la vita del piccolo Andrea. Due angeli uniti dal
destino. "Abbiamo l'obbligo di fermarci e di costruire
una memoria comune", conclude nel suo spettacolo David
Gramiccioli. Uno spettacolo che andrebbe portato nelle
scuole, invitando i ragazzi ad assistervi con
attenzione, perché la memoria di una tragedia italiana
deve essere tramandata alle nuove generazioni. (NdR: Rossella Sereno
(tifosa bianconera e assidua frequentatrice della Curva
Sud al neo Allianz Stadium della Juventus) è l’autrice
del libro "Fratelli
di Gradinata").
25 Luglio 2017
Fonte:
Giulemanidallajuve.com
Il caso
Firenze: adesivi sull’Heysel,
rimossi tutti i cartelli
La denuncia sulla nostra
rubrica "Perché ?" sulle scritte e la svolta del Comune. di Antonio Passanese C’era scritto: "- 39, nessun
rispetto". Il Comune di Firenze, finalmente, ha rimosso
i sessantuno "cartelli della vergogna" sui quali erano
stati apposti degli adesivi che offendevano la memoria
delle vittime dell’Heysel. Erano tra il cavalcavia di
piazza Alberti e lo stadio Artemio Franchi, racchiusi in
poche centinaia di metri, ed erano stati appiccicati nel
gennaio scorso, quando la Fiorentina sfidò la Juve.
Adesivi ignobili che rimandavano ai fatti di Bruxelles e
che fecero scattare l’ira dell’associazione dei
familiari delle vittime che in una lettera aperta ai
fratelli Della Valle chiesero "di prendere le distanze
da chi infanga la memoria dei morti". Tutti i cartelli
che presentavano incriminati sono stati rimossi dagli
operai del Comune e sono conservati in un deposito in
attesa di essere ripuliti e rimessi a posto. La vicenda
- segnalata nella rubrica "Perché ?" del Corriere
Fiorentino lo scorso 7 luglio - era stata oggetto di un
question time in Consiglio comunale da parte della
presidente della commissione cultura e sport Maria
Federica Giuliani (Pd) che aveva promesso un intervento.
3 agosto 2017 Fonte: Corrierefiorentino.corriere.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
AGOSTO
2017
Italia U19, oggi gli Azzurrini commemorano le
vittime dell'Heysel
Gli Azzurrini
dell'Under 19 saranno protagonisti oggi alle 17.30 di
un’iniziativa promossa in collaborazione con
l’Associazione dei familiari delle vittime della
tragedia dell’Heysel: il capitano Filippo Melegoni e
Alessandro Plizzari insieme allo staff tecnico
dell’Under 19 andranno a deporre una corona di fiori
davanti al monumento alla Memoria della tragedia
dell’Heysel situato nel parco adiacente allo Stadio
Mirabello di Reggio Emilia, dove martedì 5 settembre,
alle 15.30, gli Azzurrini disputeranno la seconda
amichevole in programma contro la Russia.
2 settembre 2017
Fonte: Tuttojuve.com
ARTICOLI STAMPA e WEB
SETTEMBRE
2017
LA
VISITA
L’Under 19 ha ricordato
l’Heysel
L’omaggio degli
azzurrini al monumento che ricorda la strage.
REGGIO EMILIA - È stato
un omaggio commosso quello che ieri mattina, la
nazionale Under 19, già a Reggio per giocare - domani
pomeriggio al Mirabello - una amichevole con i pari età
della Russia, ha reso al monumento che a Reggio ricorda
le trentanove vittime della tragedia dell’Heysel. Ieri a
Reggio Emilia una rappresentanza della Nazionale Under
19 si è recata al Monumento alla Memoria della strage
dell’Heysel situato nel parco adiacente allo Stadio
Mirabello, per ricordare la tragedia avvenuta il 29
maggio 1985 quando, poco prima dell'inizio della finale
di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, nello
stadio Heysel di Bruxelles, morirono 39 persone, di cui
32 italiane, e ne rimasero ferite oltre 600. Tra le
persone che persero la vita anche un reggiano, il
fotografo Claudio Zavaroni. Il caso ha voluto che ieri
ricorresse anche il 28esimo anniversario della tragica
scomparsa di Gaetano Scirea, morto in un incidente
stradale in Polonia, nel 1989 quando aveva da poco
smesso i panni del giocatore per indossare quelli di
dirigente della Juve. Un pensiero è andato quindi anche
alla bandiera della Juve e della Nazionale campione del
Mondo nel 1982 in Spagna. A guidare la delegazione che
ha reso omaggio al monumento all’Heysel, l’ex granata
Massimo Paganin, indimenticato terzino dell’era di Pippo
Marchioro e oggi dirigente federale. Con lui
l’allenatore degli azzurrini Paolo Nicolato e i
calciatori Filippo Melegoni e Alessandro Plizzari. Alla
cerimonia hanno preso parte anche la presidente del
Comitato che ricorda le vittime dell’Heysel Juliana
Bodnari, il presidente di orgoglio Reggiano Zanetti e la
Presidentessa dello Juventus Doc Emilia Bianconera
Alessandra Balestrazzi. Durante la cerimonia il
giocatore Paganin ha detto due parole di ringraziamento
per l'invito e la Presidentessa del Comitato ha
ringraziato la delegazione e i club presenti dando
appuntamento per domenica 17 settembre in occasione
della partita della Juventus contro il Sassuolo per un
altro momento di ricordo.
4 settembre 2017
Fonte:
Gazzettadireggio.gelocal.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
SETTEMBRE
2017
Juventus, Liverpool, l’Heysel e quel filo spezzato
di Paolo Avanti
Nel giorno in cui il
Comune di Torino ha approvato la dedica di una piazzetta
alle vittime della strage dell’Heysel, pubblichiamo un
nostro contributo alla (bellissima) fanzine dei tifosi
italiani del Liverpool dedicato alla comune passione
che, negli anni Settanta-Ottanta, accomunava molti
tifosi: quella per i bianconeri e per i Reds. Buona
lettura.
Juventus e Liverpool, che
passione
Mauro, l’Heysel e quel filo
spezzato
di Paolo Avanti
Proprio di fronte a
quel piccolo gioiello che è lo Juventus Stadium, sul
muretto di cemento che delimita corso Grosseto dalla
zona antistante l’impianto, c’è una scritta che fa male:
"Odio Liverpool". Negli stadi italiani i tifosi
bianconeri cantano spesso quello slogan, mentre gli
ultrà avversari inneggiano ai Reds e irridono i caduti
dell’Heysel. Tutto molto triste, anche se in linea con
la logica delle curve di "colpire" l’avversario nel modo
più "politicamente scorretto". Ma tutto un po’
posticcio, quasi finto, perché la maggioranza di chi
utilizza l’Heysel nei suoi cori probabilmente in quel
maledetto 29 maggio 1985 non era ancora nato. Si tiene
però in vita una rivalità che oggi, 2017, non ha più
ragione d’essere, ma che sembra invece non finire mai,
tanto che quando dici che simpatizzi per Juventus e
Liverpool ti guardano come se fossi un pazzo. Eppure
c’era un tempo in cui la doppia passione
Juventus-Liverpool era molto diffusa, una doppia
passione che ha conquistato parecchie persone, più o
meno illustri, da chi scrive questo articolo andando su
su fino al grande Roberto Beccantini, maestro di
giornalismo. Nasceva, perlomeno per una certa
generazione, dalle rare ma folgoranti immagini di
Anfield negli anni Settanta, dai trionfi europei dei
Reds, da quella storica vittoria nella finale di coppa
Campioni dell’84 all’Olimpico contro la grande nemica
dell’epoca, la Roma di Falcao e Liedholm. Era quasi
naturale ammirare quello squadrone che dominava l’Europa
da chi dominava l’Italia e ambiva ad arrivare a quel
livello anche nelle coppe. Nella tifoseria juventina
degli anni Settanta il calcio inglese e quello del
Liverpool in particolare era un modello da seguire. Ce
lo racconta Mauro Garino, emblema di chi ha unito, con
feroce passione, l’amore per le due maglie. Torinese,
classe 1960, contrae la passione bianconera grazie a un
compagno di ospedale quando seienne era stato ricoverato
per un’appendicite. Fu una folgorazione così come le sue
prime partite al Comunale. Fece così il suo primo
abbonamento alla curva Filadelfia nella stagione
1975-76. Era il campionato vinto dal Torino di Radice,
Pulici e Graziani, gli scudetti erano una questione solo
torinese. Erano gli anni dell’esplosione del fenomeno
ultrà. A capo della curva bianconera c’era Beppe Rossi,
un leader che voleva portare negli stadi italiani la
passione e il tifo inglese, e in particolare quello
della Kop. Guardatevi qui sotto l’intervista proprio a
Rossi, nell’ambito di un documentario dedicato al
fenomeno ultrà: per spiegare come intende lui il tifo
cita Anfield e mette sul giradischi "You’ll never walk
alone". Cominciano allora a comparire nelle sciarpe e
sulle bandiere bianconere anche i simboli dei Reds. Sono
però anche gli anni dei primi scontri, dei primi
fenomeni di violenza: dopo un’accoglienza piuttosto dura
a San Siro da parte degli interisti, Mauro abbandona la
curva. "Vedere molti amici con la testa rotta mi fece
capire che era giunto il momento di allontanarsi". Mauro
però resta un super appassionato e nel 1981 si imbarca
in un’avventurosa trasferta, la sua prima in terra
britannica. A Glasgow si gioca il primo turno di Coppa
Campioni tra il Celtic e la Juventus, vinceranno 1-0 gli
scozzesi, risultato che verrà ribaltato dai bianconeri
nella gara di ritorno. Fu un’esperienza fantastica.
Mauro fa amicizia con mezzo mondo, ma soprattutto con
due ragazzi di Liverpool conosciuti a Calais. Ecco il
primo aggancio con la città dei Beatles ! Si tenga
sempre presente che ai tempi era tutto più difficile:
crearsi dei contatti, avere delle informazioni,
viaggiare. Non c’era Internet, non c’era la copertura
televisiva di oggi, non c’erano i voli lowcost.
Nonostante tutto questo Mauro comincia a frequentare
Liverpool, comincia ad amare l’orgoglio e la diversità
degli Scouser, anche dei tifosi dell’Everton. E poi la
folgorazione finale, il debutto ad Anfield, un 5-0 al
Coventry, quell’atmosfera bellissima, i cori, YNWA, i
giocatori che non smettevano mai di correre… Ci torna a
più riprese. E nel 1984 festeggia il trionfo
dell’Olimpico: Torino si veste di rosso dopo la vittoria
ai rigori del Liverpool sull’acerrima rivale della Roma.
Via Roma diventa via Liverpool. Uno striscione recita "Vinci per noi magico Liverpool". E’ l’apoteosi. Poi
arriva il 1985 e cambia tutto. Già a gennaio, per la
Supercoppa tra Juventus e Liverpool giocata a Torino si
registra qualche scaramuccia in curva. Le due squadre,
vere dominatrici della stagione europea, si ritrovano in
finale di Coppa Campioni. Mauro acquista il pacchetto
per Bruxelles ma cinque giorni prima della partita è
costretto a rinunciare al viaggio per motivi di lavoro.
"Dissi ai miei amici che non sarei andato perché stavo
male - racconta - Ovviamente vedere poi le immagini in
televisione di quanto successe fu devastante". I fatti
si conoscono: l’assalto di alcuni tifosi del Liverpool
in un settore di tranquilli supporter bianconeri, la
massa che fugge presa dal panico, l’assenza di
poliziotti, lo stadio che cade a pezzi… Si conteranno 39
morti, fu la fine di tutto. La madre dei fratelli
Sampson, due degli storici amici di Liverpool di Mauro,
gli scrive una lettera accorata, una lettera di scuse a
nome della città e della tifoseria, una presa di
distanza dagli hooligans. Nacque da lì l’iniziativa di
un viaggio della pace con i membri dello Juventus club
Bogino e vari amici. I capi della curva bianconera si
rifiutarono di partecipare. Non era facile un’iniziativa
del genere in quei momenti in cui comprensibilmente a
Torino prevaleva la diffidenza, se non l’odio. A
Liverpool Mauro e il suo gruppo incontrarono persino
Dalglish: fu una bella cosa che andò avanti per parecchi
anni senza però fare grande breccia nel mondo
bianconero. Fu inscalfibile, invece, la passione di
Garino per i Reds. Sarà persino a Hillsborough in
quell’altra partita maledetta della storia del Liverpool
("Pur capendo che qualcosa non andava, non si percepiva
il dramma che stava accadendo"). Dopo tanti anni e sulla
scia di quell’iniziativa presa subito dopo l’Heysel,
Mauro sta provando a riaprire dei contatti con la curva
bianconera attuale: "Il mio sogno è che un giorno le due
tifoserie riescano a incontrarsi almeno per provare a
parlarsi". La speranza è quella di riallacciare un filo
che la follia di quella lontana sera di maggio non può
spezzare.
5 settembre 2017
Fonte:
Inthebox.gazzetta.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
SETTEMBRE
2017
Juventus, il Comune di Torino intitola area pedonale a
vittime dell'Heysel
Tra lungo Dora
Agrigento e strada del Fortino nasce "Piazzetta Vittime
dell'Heysel".
TORINO - Una piazzetta
in ricordo delle vittime dell'Heysel. Ai 39 tifosi
scomparsi allo stadio dell'Heysel di Bruxelles, nel
giorno della finale di Coppa dei Campioni fra Juventus e
Liverpool nel maggio 1985, è stata intitolata un'area
pedonale di Torino, tra lungo Dora Agrigento e strada
del Fortino, che diventerà piazzetta Vittime
dell'Heysel. Lo ha ratificato la giunta comunale di
Torino, recependo le decisioni della Commissione
Toponomastica.
5 settembre 2017
Fonte: Tuttosport.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
SETTEMBRE
2017
Torino: una piazzetta per vittime Heysel
L'intitolazione è stata
ratificata dalla Giunta comunale.
(ANSA) - TORINO, 5 SET
- Un'area pedonale di Torino, tra lungo Dora Agrigento e
strada del Fortino, è stata intitolata alle 39 persone
che persero la vita il 29 maggio 1985 nello stadio
Heysel, a Bruxelles, prima dell'inizio della finale di
Coppa dei campioni fra Juventus e Liverpool: la
piazzetta si chiamerà "Vittime dell'Heysel".
L'intitolazione è stata ratificata dalla Giunta comunale
di Torino, che ha recepito le decisioni della
Commissione toponomastica.
5 settembre 2017
Fonte: Tuttojuve.com
ARTICOLI STAMPA e WEB
SETTEMBRE
2017
Torino, un’area pedonale sulla Dora sarà
intitolata alle vittime
dello stadio Heysel
A Vito Scafidi sarà
invece dedicato il giardino attrezzato a verde pubblico
di piazza Chiaves.
Torino - La giunta
comunale ha recepito le decisioni della Commissione
toponomastica che ha autorizzato quattro nuove
titolazioni di aree pedonali e giardini attrezzati a
verde pubblico e la posa di due targhe commemorative
nella Circoscrizione 8. L’area pedonale compresa tra
lungo Dora Agrigento e strada del Fortino (numeri 36-38)
prenderà il nome di Piazzetta vittime dello stadio di
Heysel per ricordare la tragedia che avvenne il 29
maggio 1985 durante la finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool allo stadio di Bruxelles in cui
morirono trentanove tifosi, trentadue dei quali
italiani. A Vito Scafidi sarà dedicato il giardino
attrezzato a verde pubblico sito nella piazza Desiderato
Chiaves. Giovanissimo studente del Liceo Darwin di
Rivoli, perse la vita il 22 novembre 2008, in seguito al
crollo del soffitto della sua classe… (Omissis)
5 settembre 2017
Fonte: Lastampa.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
SETTEMBRE
2017
Juventus La dedica
Torino, una piazza per
ricordare le vittime dell'Heysel
La Giunta del Comune di
Torino ha deciso di dedicare un'area della città alle
vittime della strage del 29 maggio 1985 prima della
finale di Coppa dei Campioni Juventus -Liverpool allo
stadio di Bruxelles.
5 settembre 2017 -
Milano - L'area pedonale di Torino compresa tra lungo
Dora Agrigento e strada del Fortino (numeri 36-38)
prenderà il nome di "Piazzetta vittime dello stadio di
Heysel". La decisione è stata ratificata dalla giunta
comunale di Torino, che ha recepito le decisioni della
Commissione Toponomastica. La strage avvenne il 29
maggio 1985 prima della finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool allo stadio di Bruxelles quando,
conseguenza di un assalto di hooligans inglesi, morirono
39 tifosi, 32 dei quali italiani, mentre i feriti furono
più di 600.
5 settembre 2017
Fonte: Gazzetta.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
SETTEMBRE
2017
CERIMONIA
Prima della partita
ricordate le vittime dello stadio Heysel
La cerimonia davanti al
monumento dedicato alle 39 vittime dell'Heysel.
REGGIO EMILIA - La
pioggia caduta su Reggio nella prima mattinata di ieri
non ha fermato la cerimonia In programma in viale
Matteotti, difronte allo stadio Mirabello, per rendere
omaggio alle 39 vittime dell'Heysel, alle quali Reggio
(in memoria del suo concittadino Claudio Zavaroni) ha
dedicato un monumento unico in Italia e non solo.
L'obiettivo del comitato "Per non dimenticare Heysel",
che si ritrova ogni volta che la Juventus gioca a Reggio
Emilia, è quello di portare avanti la memoria di quanto
accaduto quel maledetto 29 maggio 1985, in occasione
della finale di Coppa dei Campioni fra Juve e Liverpool.
Come presidente del Comitato Heysel - spiega luliana
Bodnari - vorrei portarla più lontano possibile, nelle
biblioteche, nei teatri, perché non è solo una tragedia
juventina ma di tutti gli sportivi". Erano presenti gli
amici del Toscana Juventus Fan Club Castelfiorentino,
con il presidente Vincenzo Minutello, lo Juventus club
Gattinara, con Gian Luca Calabrese, Carlo Cogliano di
Modena, lo Juventus club Santa Lucia, lo Juventus fan
club Parma, con Paolo Manera.
18 settembre 2017
Fonte: Gazzetta di Reggio
ARTICOLI STAMPA e WEB
SETTEMBRE
2017
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