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ARTICOLI MARZO-APRILE 2014
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MARZO-APRILE 2014
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2017

Della Valle, e quei cori sull’Heysel ?

Juve e Toro: una mostra insieme contro gli "imbecilli"

Superga e l’Heysel legge uguale per tutti

Su un pullman dei tifosi viola il "-39" in sfregio all’Heysel

Bloooog  Quotidiano di critica del calcio

Cori antisemiti e striscioni su Heysel

Cori antisemiti e striscioni sull'Heysel: tifo sempre più...

Striscioni Inter-Torino: "Rispetto per i morti...

Lettera ad Andrea Casula

Juve, i tifosi della Fiorentina cori sull'Heysel

Striscione sull'Heysel: individuato tifoso

Offese vittime Heysel, i Della Valle escano allo scoperto

I Miserabili

Superga e Heysel, la mostra

Vergogna da stadio: Heysel, Superga e tanta ignoranza...

Due curve, due misure

Torino, provincia di Juventus - Avversari, non nemici

La lumière est la mémoire

...Fiorentina-Juve: Cori offensivi dai tifosi viola

Striscione con scritte sull'Heysel: deferiti tre giovani...

Ma Andrea, morto a undici anni all’Heysel, non me lo toccate

Tifosi Napoletani cantano contro l’Heysel...

Spegniamo il Vesuvio

Heysel, figlio di una vittima: "Società educhino i tifosi"

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Uniti e solidali contro la stupidità

Orgogliosamente diversi !

Un unico cielo

Lorentini: "Io, orfano dopo l’Heysel ferito dai cori della vergogna"

"Heysel, basta offese alla memoria dei morti"

Roberto Lorentini, eroe per sempre (specie per chi ama lo sport)

The Guardian - I tifosi dello United chiedono giustizia...

La memoria non è una spada

Per non dimenticare

Commemorazione dell'Heysel con Nedved e Paratici

Quel ricordo dell’Heysel

Della Valle, e quei cori sull’Heysel ?

di Paola Cicconofri

Abbiamo sentito di tutto questa settimana, non ultimo un leggendario sfogo di Della Valle dopo la squalifica di 4 giornate comminata a Borja Valero. Evidenzio questo passaggio dell’animato appello del patron Viola alle istituzioni sportive: "sono quello che ha tolto le barriere dagli stadi, che ha lavorato per il fair play, per il terzo tempo, il tutto per mandare messaggi distensivi, ma mi chiedo a cosa servano". Ma non sei quello che ha condannato i cori sull’Heysel reiterati anche durante l’incontro di Europa League del 27 febbraio dai tifosi viola in vista della doppia sfida con la Juventus. Poiché nessuno osa farlo presente lo facciamo noi. Ne riporta la notizia anche il Corriere dello Sport Stadio, con questo virgolettato in prima pagina: "Europa e campionato: 3 sfide a marzo per i bianconeri. Ma quei cori sull’Heysel…". Alla Gazzetta non ne hanno avuto la percezione perché parlano di innocui cori contro la Juventus: "Chi non salta è bianconero" e "Oh gobbi stiamo arrivando". Andrea Agnelli all’indomani del derby di Torino, si era esposto personalmente per condannare la tifoseria juventina che aveva esposto degli striscioni inneggianti Superga. Un gesto esemplare che rischia di rimanere unico nel suo genere. Anche questa volta, come in tutte le altre occasioni, l’offesa verso le vittime juventine si finge che non sia esistita. Nessun commento nemmeno da parte di tutti quei critici sportivi che hanno urlato la loro rabbia verso le offese alle vittime di Superga proprio negli ultimi giorni. Un presidente come Della Valle, che si presenta davanti ad un microfono ad auto-incensarsi per quanto fatto, può permettersi di ignorare questo rito barbarico dei suoi tifosi ? Perché non condanna il gesto così come fatto da Andrea Agnelli invitando i sostenitori della Fiorentina ad un comportamento più consono in vista dei prossimi impegni con i bianconeri ? Siamo stanchi di questa etica a corrente alterna che sembra più un’antipatia verso i nostri colori piuttosto che una presa di posizione verso un gesto primitivo come quello di evocare una tragedia come fosse uno sfottò qualsiasi. Non si spiegherebbe altrimenti perché certe prese di posizione non siano a 360 gradi.

1 marzo 2014

Fonte: Giulemanidallajuve.com

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Juve e Toro: una mostra insieme contro gli "imbecilli"

di Dario Pelizzari

Al Museo del Grande Torino sono esposte fino ad aprile le immagini delle tragedie dell'Heysel e di Superga. L'obiettivo ? Il reciproco rispetto, come spiega il curatore Domenico Beccaria.

"Ridurre giorno per giorno il numero degli imbecilli. Perché rispettare i morti, tutti i morti, è un dovere più che una necessità". Domenico Beccaria, presidente dell'Associazione Memoria Storica Granata, spiega le logiche e il traguardo della mostra "Settanta angeli in un unico Cielo - Heysel e Superga tragedie sorelle", allestita nei locali del Museo del Grande Torino a Grugliasco (prima cintura di Torino) e aperta al pubblico fino al 20 aprile. Fotografie, rimandi, ricordi. Un tuffo nel passato per dare conto delle due tragedie che hanno sconvolto il popolo bianconero e granata. Il tentativo, da accogliere tra gli applausi, di riportare tutto a casa. Per spiegare che la memoria merita di essere maneggiata con cura. Sempre e comunque. La mostra è stata inaugurata una settimana prima di quello che è già stato battezzato dai più "il derby della vergogna".

Cosa ha pensato quando ha visto gli striscioni ormai tristemente noti esposti allo Stadium ?

"Abbiamo deciso di aprire la mostra il 16 febbraio proprio perché volevamo sollevare il problema nell'imminenza del derby. Le dico la verità: quanto ho visto allo Stadium non mi ha sorpreso più di tanto. Sono cose che purtroppo succedono da troppo tempo. La mostra nasce con l'intenzione di sensibilizzare più persone possibile nei confronti di questo tema, ma va da sé che non tutti sono disposti a farsi sensibilizzare. Noi speriamo con questa iniziativa di ridurre giorno per giorno il numero degli imbecilli. Un'impresa evidentemente difficile, ma isolarli sarebbe già un grande risultato".

"Superga e l’Heysel sono sorelle, non cugine alla lontana", ha scritto qualche giorno fa Domenico Laudadio, un altro dei responsabili dell'iniziativa, sul sito che cura personalmente (www.saladellamemoriaheysel.it). Le tragedie del calcio torinese sono unite da un sottile filo rosso che lega e raccoglie la memoria della città ?

"Ha detto bene Laudadio. Le tragedie torinesi sono sorelle e non cugine. Sono collegate dal filo comune della passione per il calcio. Ciò che le ha unite ancora di più è il vilipendio che negli anni è stato fatto da una parte e dall'altra come strumento di offesa nei confronti del nemico. Con la mostra, vogliamo dire anche questo: prenditela con i vivi, se proprio devi prendertela con qualcuno, e lascia in pace i morti".

Quali sono state le reazioni di coloro che hanno visitato la mostra ? Cosa l'ha più colpita ?

"Una delle cose che più mi ha fatto piacere è stato vedere, nel giorno della gara Juventus-Chievo, tifosi della Juve che si sono presentati alla mostra con la sciarpa bianconera al collo. Perché è così che dovrebbero andare le cose. Dovremmo essere tutti orgogliosi dei nostri colori e allo stesso tempo rispettosi dei colori altrui. Io sono stato quattro volte a visitare il museo della Juventus e non ci sono mai andato in incognito, nel senso che indossavo sempre la spilla del Toro sulla giacca. E' giusto che ognuno di noi abbia l'orgoglio di appartenere a qualcosa, ma pure la consapevolezza che anche gli altri vanno rispettati. Questo è lo spirito delle persone che hanno finora visitato la nostra mostra. Siamo tutti capaci a rispettare i "nostri" morti. Dobbiamo imparare a rispettare anche i morti degli altri".

Gli striscioni esposti nel corso del derby hanno fatto male un po' a tutti gli appassionati di calcio, senza alcun vincolo di bandiera. Come ritiene che si dovrebbe intervenire per risolvere o per lo meno limitare il problema ?

"Credo che la responsabilità oggettiva sia un'aberrazione giudiziaria che non ha ragione d'essere. E' la misura più evidente del fallimento del sistema calcio. La responsabilità è e dovrebbe sempre essere soggettiva. Tutti gli stadi possono ormai contare sulle immagini fornite dalle telecamere, è possibile riconoscere facilmente chi si macchia di azioni condannabili. Per questo, non credo sia giusto che siano le società a pagare per quanto commettono alcuni tifosi. A pagare dovrebbero essere solo e soltanto questi ultimi. Ciò detto, sarei stato felice di vedere da parte del presidente della Juventus Andrea Agnelli una presa di distanza un po' più netta rispetto a quanto abbiamo visto nel corso del derby. Per carità, il suo tweet è assolutamente condivisibile, è vero che tutte le disgrazie vanno lasciate in pace, ma l'attualità imponeva di fare riferimento a quanto era appena successo".

E' notizia di poche ore fa. La polizia avrebbe individuato i responsabili di uno dei due striscioni della vergogna. Per loro, Daspo con effetto immediato e l'ipotesi di un processo che potrebbe portarli in carcere per alcuni mesi. Punizione sufficiente ?

"Le pene nei confronti di questi signori non devono essere esemplari. Le pene devono essere sempre giuste. Le pene esemplari possono creare dei martiri e non ce n'è proprio bisogno. Sono convinto invece che questi pseudo-tifosi vadano estratti dal branco all'interno del quale hanno concepito ed esposto gli striscioni per chiedergli con molta pacatezza e serenità: ma sei davvero convinto della bestialità che hai fatto ?. Secondo me, 99 su 100 si rendono conto di aver fatto una cretinata che è andata molto al di là delle loro reali intenzioni. Sì, perché non hanno offeso il nemico, ma delle persone innocenti. Se ammettono di aver fatto una cretinata, gli si dia quindici giorni di lavori socialmente utili e nulla più. Se invece parliamo di quell'un per cento di marci irrimediabili che non hanno la capacità di rendersi conto del male che hanno fatto, beh, in quel caso sono d'accordo per il Daspo e se ci sono sanzioni accessorie che vengano applicate senza alcuna remora".

Oggi la mostra, domani ?

"Stiamo lavorando per far sì che la mostra sia visitata in settimana anche dalle scolaresche. Perché un conto è raddrizzare alberi adulti già abbondantemente storti. E un conto è agire su giovani che non sono ancora formati per fargli capire che i valori dello sport non sono quelli della prevaricazione, ma del confronto e del rispetto".

5 marzo 2014

Fonte: Sport.panorama.it

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Superga e l’Heysel legge uguale per tutti

di Alberto Manassero

Eureka ! Scopriamo con soddisfatto stupore che le patrie questure, quando vogliono, sanno separare il tifo sano da quello malato, l'ultrà dal delinquente, il focoso dal mafioso. Acciuffati gli autori di almeno uno dei due striscioni che, nel derby di Torino, irrisero i Caduti di Superga. Evviva: anche nel calcio vale l'articolo 27 comma 1 della Costituzione, per il quale la responsabilità penale è personale". Adesso, ci auguriamo ma in verità: pretendiamo che identico metro venga adoperato sempre, per ogni manifestazione di deviazione mentale che sfoci nel vilipendio: dall'Heysel a Facchetti a Pessotto a chiunque, senza distinzione di sesso, colore, valore e dolore. Con il principio della responsabilità personale contro le inutili e ingiuste punizioni di massa. Non desertifichiamo gli stadi, estirpiamo i cervelli bacati.

5 marzo 2014

Fonte: Tuttosport

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Su un pullman dei tifosi viola il "-39" in sfregio all’Heysel

La scritta fotografata su un pullman che ha portato allo Stadium i tifosi viola. Nessun incidente prima della partita.

TORINO - Per la serie, purtroppo molto lunga, "la mamma dei cretini è sempre incinta". Ecco come un pullman di tifosi della Fiorentina si è presentato allo Stadium con la scritta "-39" sul retro, riferendosi alla tragedia dell’Heysel. In compenso l’afflusso allo stadio non ha creato particolari problemi di ordine pubblico e per il momento non si segnalano striscioni offensivi o stupidi nelle curve e in tribuna. ALLO STADIUM - Non solo il pullman purtroppo. Uno striscione di cattivo gusto sull'Heysel è comparso anche allo Juventus Stadium nel settore occupato dai tifosi della Fiorentina.

9 marzo 2014

Fonte: Tuttosport.com

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Bloooog  Quotidiano di critica del calcio

di Fabrizio Bocca

Gli striscioni sull’Heysel e quelli su Superga, le tragedie (e le infamità) sono di tutti, non cambiano se visti da una parte o dall’altra.

Mi hanno segnalato su Twitter l’immagine - ma insomma la foto sta già facendo il giro un po’ ovunque e non solo quella - dell’orribile e purtroppo ricorrente striscione "-39" che si riferisce evidentemente ai morti della strage dell’Heysel, appeso sul lunotto posteriore di un bus che trasportava tifosi della Fiorentina in trasferta a Torino per la partita con la Juventus. Viene segnalato con particolare immediatezza, proprio perché al derby di Torino, nella curva della Juve era apparso uno striscione sulla tragedia di Superga. E’ ovviamente un segno dello sprofondo in cui è caduto chi frequenta il calcio, pensando di andare forse a un’orgia satanica. Purtroppo non mi sembra una novità; la cosa che mi colpisce di più è il voler praticare il calcio circondandosi di lutti e di tragedie, una visione nera e funerea del tifo. Io sinceramente trovo disperante anche questo rinfacciarsi tali nefandezze - tu gli striscioni sull’Heysel, e tu con quelli di Superga - che risponde anche questo alla logica degli schieramenti, delle divisioni, della contrapposizione a tutti i costi. Come se tragedie e lutti del genere non siano tutte sullo stesso piano, non diano dolore a tutti, come se ne cambiasse la percezione se viste da una parte o dall’altra, come se non appartenessero a tutti. Ma serve qualcosa parlarne, serve multare e squalificare ? La tragedia di Superga è del 1949, perché sono trascorsi dei decenni lasciando in pace quei lutti ? La tragedia dell’Heysel è del 1985, e solo in questi anni si assiste alla recrudescenza di tanta inciviltà ? E’ evidente che siamo riusciti a cambiare il calcio in peggio e che l’imbarbarimento è preoccupante.

9 marzo 2014

Fonte: Bocca.blogautore.repubblica.it

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Cori antisemiti e striscioni su Heysel

Le curve danno ancora il peggio

di Massimiliano Nerozzi

La denuncia del presidente delle comunità ebraiche: "Frasi indecenti". I tifosi viola espongono scritte contro le vittime della tragedia dell’85.

Allo Juventus Stadium sono stati pronunciati cori antisemiti durante Juve-Fiorentina. È la denuncia del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, e del presidente del Maccabi, l’associazione sportiva ebraica italiana, Vittorio Pavoncello. "Ancora una volta l’imbecillità di alcune frange del tifo è tornata a palesarsi durante una partita di calcio - afferma Gattegna - Gli indecenti cori antisemiti pronunciati da un gruppo di tifosi della Juventus nel corso del nono minuto dell’incontro casalingo con la Fiorentina, cori amplificati e propagati anche durante la diretta televisiva, sono la triste conferma di quanto ancora resti da fare per sradicare odio e pregiudizio dove dovrebbero invece albergare valori di lealtà, passione agonistica, amore per lo sport".  "L’auspicio - prosegue Gattegna - è che possano essere al più presto presi i provvedimenti più opportuni e che i responsabili di queste azioni siano messi in condizione di non poter frequentare le curve degli stadi per lungo tempo". "Fiorentini non italiani, ma soltanto una massa di ebrei". Oggi le frange più reiette del tifo bianconero hanno colpito - scrive Pavoncello. Sono sicuro che la dirigenza della Juventus e il suo presidente sapranno". Tra i tifosi viola è apparso anche uno striscione con la scritta "Heysel, -39". Già prima dell’inizio della partita erano stati immortalati alcuni pullman di sostenitori viola con la stessa scritta. È di appena due settimane fa la condanna di Agnelli degli striscioni bianconeri che inneggiavano alla tragedia di Superga apparsi durante il derby.

9 marzo 2014

Fonte: Lastampa.it

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Cori antisemiti e striscioni sull'Heysel: tifo sempre più avvilente

di Aligi Pontani

Era già abbastanza avvilente l'idea di mettere il cartello -39 sul lunotto del pullman, nel posto dove in genere si piazzano i santini di padre Pio o il nome della scuola, come una festosa locandina del pellegrinaggio o della gita. Lo spirito di quei tifosi viola a Torino doveva essere, in effetti, quello di un pellegrinaggio di seguaci della demenza da stadio. Poi però c'è stato lo striscione esposto nel settore ospiti, con Chiellini paragonato alle scimmie. E il solito -39, l'Heysel evocato, la colonna sonora con il coro sull'amore per il Liverpool. Insomma, non proprio un singolo episodio e non proprio un singolo deficiente. Non proprio un tweet spedito da qualcuno nascosto dietro un computer, non proprio una bravata messa su Facebook, non proprio il feroce autocompiacimento di anonimi annoiati, ma piuttosto la fiera rivendicazione di appartenenza a un'idea dello stadio come teatro del peggio: noi godiamo a ricordarvi i vostri morti, ci piace così da sempre e dunque lo facciamo e basta.

Di fronte allo spettacolo, ha reagito naturalmente la Juventus, fresca dell'esibizione dei suoi fedelissimi sul tema Superga, censurata dal presidente Agnelli in persona. Fedelissimi che anche ieri, per non essere da meno degli ospiti, si sono segnalati per corsi antisemiti che hanno provocato la reazione della comunità ebraica italiana. La Fiorentina, per ora, invece tace. Il club che ha inventato il lodevole cartellino viola per il fair play, non ha ritenuto per il momento di mandare un dirigente a dissociarsi: ma magari lo farà presto, e con la stessa veemenza con cui sono stati messi sotto accusa arbitri e giudici sportivi.

In un campionato che sul campo ha pochissimo da dire, d'altra parte, ci si diverte altrove: sui pullman, in tribuna, fuori dalle curve chiuse per razzismo o abbandonate per odio verso il presidente, sotto le sedi della federazione, nei cortei di protesta in motorino. Poi qualcuno ancora si stupisce che sempre più gente si diverta, la domenica, a fare proprio altro: una bella gita (senza -39 sul lunotto), un bel film al cinema (senza colonna sonora sulle stragi), al massimo una bella partita vista in salotto davanti alla tv. Bella ? Vabbè, mica sempre, anzi, raramente. Ma almeno i cori non si sentono e gli striscioni non li inquadrano. Al massimo ti fanno vedere qualche replay di gente che si mena in area di rigore.

9 marzo 2014

Fonte: La Repubblica 

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Striscioni Inter-Torino: "Rispetto per i morti di Superga e Heysel"

Al Meazza sono apparse delle scritte in memoria delle tragedie.

In una giornata di campionato ancora una volta funestata da cori antisemiti e striscioni censurabili su tragedie del passato, la luce arriva dallo stadio Meazza di Milano. I tifosi dell'Inter si sono schierati apertamente con uno striscione in memoria dei morti delle tragedie di Superga (dove perse la vita il grande Torino in uno schianto aereo) e dell'Heysel (dove persero la vita trentanove tifosi juventini): "Rispetto per i morti". Ancora più romantica la risposta di un piccolo tifoso del Torino ai tifosi bianconeri: "Quando volo - si legge nello stendardo che riprende lo scempio bianconero nel derby - sto con i miei angeli. Forza Toro". Esempi di civiltà in uno stadio: finalmente.

10 marzo 2014

Fonte: Tgcom24.mediaset.it 

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Lettera ad Andrea Casula

di Francesco Alessandrella

Ciao Andrea,

mi perdonerai se oggi ti chiederò di rimanere impigliato nei miei pensieri, ancora qualche minuto. Sarà questo vento freddo che viene dal mare, sarà che, avendo tu l’età di mio figlio, ti sento un po’ di casa, ma è da qualche giorno che il tuo pensiero non mi abbandona, piacevolmente.  Sai, da quando sei andato via le cose sono cambiate molto, qui da noi. No, non la tua Juve. Quella era forte ed è tornata ad esserlo. C’è Pirlo, al posto di Platini e Tevez al posto di Paolo Rossi. In porta c’era un numero uno ed ancora c’è il più forte di tutti. E sulla panchina, caro Andrea, sapessi: uno che ti sarebbe piaciuto. No, non è quello. È cambiato tutto quello che c’è intorno, sai ? Ed è tutto più brutto, credimi. Io c’ero nel 1985, eravamo quasi coetanei, io solo un po’ più grande. E so che non era così. Non c’è più il rispetto per la vita. E per la morte. La tua, quella di tuo padre, quella di tanti altri che l’hanno legata, la morte, ad una storia di sport. Che poi basterebbe poco, sai, per fermarsi al punto giusto. Basterebbe che chi si mette lì a scrivere lo striscione o a pensare ad un coro, da esporre o cantare durante la partita, pensasse per un solo istante, uno, uno solo, ai tuoi occhi. Agli occhi di un bambino di 11 anni, innamorato della sua squadra. Alle mani di un bambino che incolla le figurine dei calciatori sull’album. Alla precisione con cui attacca i poster nella sua cameretta. All’attenzione con cui legge le formazioni sul giornale. Alla gioia di un bambino di 11 anni quando il padre gli comunica che andranno a vedere la finale di Coppa dei Campioni in Belgio. Basterebbe poco, Andrea. Basterebbe che ogni volta che qualcuno intona un coro, uno qualunque, di quelli bastardi, fosse accompagnato a casa tua, a respirare la tua aria, quella che ti sei portato con te sull’aereo verso il Belgio, 29 anni fa. A respirare il vuoto che hai lasciato. Basterebbe poco. Basterebbe prendere quello striscione e chi l’ha scritto e portarli sulla collina dove la nebbia impedì che ragazzi che giocavano a pallone diventassero uomini e che gli uomini che li accompagnavano potessero raccontare la tragedia. E sentire il silenzio dell’addio e lo schianto che è rimasto per sempre nell’eco. Ecco, Andrea, basterebbe poco. Non so se siamo ancora in tempo per fermarci, ma so che è necessario provarci. Per te. Per mio figlio che ha la tua età, una squadra nel cuore, le figurine sull’album e i poster nella cameretta. E che merita di più di questo mondo bastardo nel quale siamo precipitati.

Ciao Andrea!

11 Marzo 2014

Fonte: Spaziojuve.it 

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Juve, i tifosi della Fiorentina cori sull'Heysel

Mentre la Procura Federale opera per un "supplemento d'indagine" spunta un video di domenica con un coro di tutto il settore ospite inneggiante al Liverpool.

TORINO - Abbiamo ricevuto questo video registrato pochi minuti dopo la fine di Juve-Fiorentina da un abbonato al settore Est dello Stadium. Lo pubblichiamo (anche in considerazione del supplemento di indagini ordinato dal giudice Tosel) insieme a quanto scritto da chi ha filmato. "Essendo abbonato in tribuna est, domenica alla fine del match mi sono avvicinato al settore ospiti. Volevo guardare da vicino le facce di chi durante una partita di calcio trova modo di scomodare i 39 morti di Bruxelles, sbeffeggiando il dolore dei loro familiari. Mi sono fermato a pochi passi da loro. Stavano intonando un coro sinistro che aveva a che fare coi "39 sottoterra".  Poi silenzio. Quasi istintivamente ho spinto rec sullo smartphone. E’ partito un urlo, "Liverpool !", poi un altro, "Liverpool !", e in un attimo il coro è decollato, un coro potente e totale, che ha coinvolto tutto il settore, "Amo Liverpool, amo Liverpool". Tutti con entrambe le braccia protese verso il cielo, che al cielo era indirizzato quell’insulto. Eppure non ho provato nulla in quel momento. Né sconcerto, né rabbia, né stupore, né dolore. Uno stranissimo nulla si è impossessato dei miei pensieri. Una stilla di vertigine dentro a un senso di vuoto".

11 marzo 2014

Fonte: Tuttosport.com 

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Striscione sull'Heysel: individuato tifoso

La questura di Torino ha reso noto di avere individuato il tifoso della Fiorentina responsabile di avere esposto domenica scorsa, per la sfida contro la Juve, uno striscione offensivo nei confronti della memoria delle vittime dell'Heysel.

TORINO - La questura di Torino ha reso noto di avere individuato il tifoso viola responsabile di avere esposto domenica scorsa, per Juventus-Fiorentina, uno striscione offensivo nei confronti della memoria delle vittime dell'Heysel. La Digos ha accertato che lo striscione era in realtà un grande foglio di carta ripiegato e nascosto in tasca che un tifoso viola ha appeso alla vetrata che separa il settore ospiti dalla curva. Il foglio è stato fotografato da altri tifosi e diffuso sui social network. "Sono in corso di completamento - precisa la questura di Torino, che ha diffuso un comunicato - le indagini volte alla completa identificazione del tifoso, che verrà deferito all'Autorità Giudiziaria per l'accertamento delle responsabilità penali". Nei confronti del tifoso - aggiunge la questura - "verranno avviate le procedure per l'irrogazione di un Divieto di Accesso agli impianti in cui si svolgono manifestazioni Sportive". La Questura ha diffuso anche due fotografie. La prima è la foto dello striscione oggetto di indagine. La seconda è la foto della zona del settore ospiti dello Juventus Stadium in cui lo striscione è stato esposto.

11 marzo 2014

Fonte: Tuttosport.com 

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Offese vittime Heysel, i Della Valle escano allo scoperto

di Marco Gargini

FIRENZE - In questi giorni è assordante il silenzio dei fratelli Della Valle su quanto accaduto in queste ultime settimane ad opera di alcuni pseudotifosi della Fiorentina. Sin dai match con l’Esbjerg, in attesa delle sfide con la Juventus, dai settori viola si levavano cori inneggianti al Liverpool e di conseguenza dileggianti la memoria delle 39 persone che persero la vita all’Heysel. Tra le vittime innocenti, è sempre bene ricordarlo, c’erano anche due minorenni, l’11enne Andrea Casula e la 17enne aretina Giuseppina Conti, ma anche due tifosi di un’altra squadra, gli interisti Tarcisio Salvi e Mario Ronchi, quest’ultimo che aveva accompagnato l’amico Amedeo Spolaore, anch’egli scomparso quella tragica sera di fine maggio ’85. Domenica è stato toccato veramente il fondo, con un pullman proveniente da Pontedera che recava la scritta col nastro adesivo "-39" sul lunotto posteriore, con i continui cori inneggianti al Liverpool sin dall’arrivo allo stadio e con lo sfregio di quel "-39 ! Heysel" scritto su un cartellone esposto allo Juventus Stadium. L’autore di questo A3 è stato individuato dalla Digos e si beccherà almeno il Daspo. Nel mezzo, i cori antisemiti degli juventini e, infine, il tweet ironico, ma che doveva essere risparmiato, della società bianconera sulla bistecca mangiata a pranzo. Forse incalzato dalla presa di posizione di Mariella Scirea, moglie del compianto Gaetano (capitano di quella Juventus che all’Heysel vinse la cosiddetta "Coppa dei Campioni di sangue"), la quale ha espresso la volontà di far togliere il nome del proprio marito dalla curva bianconera, anche il presidente della Vecchia Signora, Andrea Agnelli, ha preso le distanze dal tifo becero. Ma aveva già dimostrato signorilità la scorsa settimana, condannando immediatamente gli striscioni dileggianti la memoria delle vittime di Superga. Certo, lo stile Juventus è caduto molto in basso (con l’Avvocato Agnelli una cosa del genere non sarebbe mai accaduta) con quel tweet ironico che potrebbe addirittura portare sfortuna in vista della "cena" di domani in Europa League, ma la Fiorentina non può stigmatizzare soltanto questo sberleffo attraverso le parole di un ex dirigente, Giancarlo Antognoni. I fratelli Della Valle hanno il dovere di condannare pubblicamente i continui cori, striscioni e magliette dei propri tifosi che incitano alla tragedia del 29 maggio 1985. Non basta che La Gazzetta dello Sport riporti la notizia del disappunto, tra l’altro rimarcato in via privata, del presidente della Fiorentina Andrea Della Valle per il comportamento dei tifosi della squadra viola. I Della Valle devono intervenire e subito. Tante volte abbiamo letto che i Della Valle sono quelli che hanno tolto le barriere dagli stadi, che hanno lavorato per il fair play e per il terzo tempo. Ed è proprio per dare concretezza a quelle parole che adesso i Della Valle devono venire allo scoperto (anche per non sembrare ostaggio delle frange più estreme dei propri ultras), invitando i tifosi della propria squadra a un comportamento più civile e soprattutto più umano e dando una mano alle forze dell’ordine per identificare gli autori di questi scempi. E lo stesso discorso vale per tutti gli altri, tra cui anche Andrea Agnelli e la sua Juventus, la quale almeno potrebbe cercare di stemperare gli animi invece di deridere pubblicamente i fiorentini via Twitter. Si sa che quel 4-2 dell’andata è una ferita che ancora brucia, ma non per questo si deve mancare di rispetto ad un’altra società calcistica fomentando ancora di più gli animi. D’altronde il calcio, nonostante tutti i soldi che circolano e tutti gli interessi che ci girano attorno, va preso per quello che è: uno sport, e quindi, una festa.

12 marzo 2014  

Fonte: Toscananews.net

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I Miserabili

di Giulio Gori

Il continuo oltraggio dei morti dell’Heysel, i doppiopesismi di certa stampa che somiglia a carta straccia, la miopia e l’opportunismo della giustizia sportiva… Sono tutte sconcezze che conosco bene e che mi feriscono, come feriscono ogni persona onesta e perbene.

Ma sono stufo anche di sentire i ritornelli del "eh, ma gli altri…" o del "lo facciamo per difenderci". Di fronte alle offese ai morti di ogni colore, di fronte al razzismo, di fronte all’omofobia, di fronte alle derive antisemite, non ci sono né noi, né loro. Le appartenenze calcistiche scompaiono ed esiste solo la civiltà. Non voglio soffermarmi sull’analisi semantica di un coro, né intendo perdere un minuto per spaccare il capello sui se e i ma di uno striscione. Non ci sono momenti o contesti che tengano. Il calcio deve fare un passo indietro e dobbiamo dirci se siamo uomini e donne degni di guardarci allo specchio. Questo conta. Eppure, quanto sarebbe bello il pallone delle sane rivalità e degli sfottò con il sorriso sulle labbra, senza bisogno di scendere in presunte divisioni antropologiche tra buoni e cattivi stabiliti in base al colore di una maglia. Non sono certo un moralista, di sicuro non mi scandalizzo per un goliardico "merda" (il turpiloquio fa parte integrante del vocabolario di ogni persona colta), né per gli sfottò nei confronti di una squadra; ma ci sono limiti, come l’antisemitismo, per citarne solo uno, che l’intelligenza dovrebbe consigliare di non varcare. Lo dico da juventino di Firenze che ogni giorno (non due volte all’anno) si batte, s’incazza e s’indigna contro i cretini dei "-39". Per me, neppure gli imbecilli sono divisibili per colore, sono tali e basta. E come non ho paura di tirarmi addosso il sarcasmo stupefatto dei miei concittadini quando pretendo rispetto per le vittime dell’Heysel ("oh, ma perché ti scaldi tanto ?"), allo stesso modo non ho nessun timore di procurarmi le antipatie dei supporter bianconeri. Perché è arrivato il momento di imparare a discriminare, stavolta sì, tra meschini e persone perbene. Ciascuno si faccia un esame di coscienza e scelga da che parte stare. A ben guardare, in questo gioco all’insulto sistematico a uscirne con le ossa rotte è anche il sacrosanto diritto a poter insultare davvero qualcuno: l’insulto è una cosa importante, è un modo per manifestare i propri valori quando qualcun altro li viola pesantemente. Ma quando gli "altri", nessuno escluso, sono sempre carogne e bastardi, quando i nemici sono sempre e dappertutto, quando il minimo sospiro altrui è causa della tua indignazione, allora insultare diventa un atto onanistico. Se poi non sei neppure capace di usare parole di qualità, di andare al cuore del problema (sempre che ce ne sia davvero uno), e a causa della tua ignoranza invochi argomenti odiosi che non c’entrano un tubo (che siano morti, razze, genocidi o malattie), il risultato è che oltre ad essere un fesso diventerai anche un miserabile.

13 marzo 2014

Fonte: Juventibus.com 

ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014 

A Torino

Superga e Heysel, la mostra

di Francesco Caremani

"Settanta angeli in un unico cielo. Heysel e Superga tragedie sorelle" contro chi vuole dimenticare.

"Le stragi di Superga e dell’Heysel sono luoghi sacri e inviolabili della memoria di tutti. Non esistono bandiere né fedi sportive antitetiche. Abbiamo così pensato a un gesto semplice e forte per ribadirlo alla comunità sportiva e non, agli "uomini di buona volontà" e a quelli che continueranno, nonostante tutto, a stuprare la pietà e la dignità umana". È con queste parole che Domenico Laudadio, ideatore e realizzatore del Museo Virtuale saladellamemoeriaheysel.it, Domenico Beccaria e Giampaolo Muliari, rispettivamente presidente e direttore del Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata hanno dato il là a un evento unico nel panorama calcistico italiano: la mostra "Settanta angeli in un unico cielo. Heysel e Superga tragedie sorelle", che fino al 20 aprile sarà possibile visitare presso il Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata a Grugliasco (Torino). Un messaggio forte e chiaro contro chi continua a urlare cori ed esporre striscioni all’interno di uno stadio, dimenticando, nel caso della tragedia dell’Heysel, che ben quattro toscani vi persero la vita e che dei trentadue morti italiani ben tre erano tifosi dell’Inter, andati a Bruxelles insieme agli amici di una vita, oltre il tifo e i suoi colori. Questa mostra è un segnale forte, forse l’ultimo al quale il calcio italiano può aggrapparsi prima di abdicare definitivamente alla guerra per bande che da decenni ammorba tutto il movimento sportivo e che potrebbe essere fatale alla sua stessa sopravvivenza.

13 marzo 2014

Fonte: Corrierefiorentino.corriere.it 

ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014 

Vergogna da stadio: Heysel, Superga e tanta ignoranza negli striscioni

Tra moralismo e sanzioni leggere, come hanno punito le autorità calcistiche gli striscioni irrispettosi delle tragedie e dei defunti negli ultimi anni ?

La piaga degli "striscioni vergognosi" da anni perseguita il calcio italiano. La longevità di questo fenomeno è dovuta anche alle sanzioni della Giustizia Sportiva, spesso molto leggere e poco efficienti. Basta considerare solo alcuni dei tanti esempi che vedono protagonisti gli pseudo-tifosi. Spesso questi toccano le grandi tragedie che hanno sconvolto il nostro calcio. Il "-39" dello striscione viola allo Juventus Stadium richiama alla mente la tragedia dell’Heysel del 29 maggio 1985, in cui rimasero uccise 39 persone, quasi tutte di fede bianconera. Quasi, appunto. Almeno due, Marco Ronchi e Tarcisio Salvi erano interisti. E proprio alcuni sostenitori nerazzurri, durante Inter-Juventus del 30 ottobre 2011, esposero uno striscione che recitava: "Acciaio scadente, nostalgia dell’Heysel". Probabilmente gli autori di questo orrore non sapevano che su quella balaustra, quella sera, non c’erano solo tifosi della Juve, ma soprattutto sportivi che volevano godersi uno spettacolo sportivo e nulla più. Nella stessa partita non mancarono altri versi poco rispettosi. "Agnelli, crepa" e "Facchetti non parla più" (l’ex presidente interista era scomparso da circa 5 anni), sono solo due degli esempi che ci fanno capire bene l’atmosfera che si respirava a San Siro, da una parte e dall’altra. Per chi si chiedesse: e le sanzioni ? Ventimila euro di ammenda al club lombardo e diecimila a quello piemontese. E come non ricordare il derby di Torino andato in scena il 24 febbraio scorso ed i conseguenti striscioni sbucati dagli spalti bianconeri ("Quando volo, penso al Toro" e "Solo uno schianto") utili solo a gettare fango su di una tragedia, quella di Superga, che nonostante il tempo rievoca ancora dolore non solo ai familiari delle vittime ma a tutti gli sportivi italiani. Ebbene, anche in questo caso le pene inflitte da chi dovrebbe estirpare questo malcostume non sono sembrate adeguate ai fatti: sono stati inflitti tre Daspo ed è stata combinata alla Juventus una multa di 25mila euro. Con buona pace di chi si attendeva una risposta forte contro queste frange e delle lacrime di Sandro Mazzola.

14 marzo 2014

Fonte: Contrordine.it 

ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014 

Due curve, due misure

di Emilio Targia

Mi costa fatica tornare a scrivere ancora una volta dell'Heysel. Ma non posso sottrarmi. Non devo, né voglio. Sì. Siamo ancora una volta qui a ripetere, a ripeterci, le stesse cose. A battere sullo stesso muro. Che sembra di gomma. Resistente e silenzioso. Sono anni, decenni, che in alcuni stadi d'Italia l'insulto alle vittime dell'Heysel, nelle sue più diverse e perverse declinazioni (cori, striscioni, cartelli, magliette) rientra in un territorio di quasi totale impunità. Anni nei quali ne abbiamo viste - e sentite - di tutti i colori. Dai lugubri cori-filastrocca, alle maglie viola con il "-39" sulla schiena, alle scritte con lo spray, agli insulti via web, alle pagine-vergogna sui social network, fino a quell'enorme striscione "acciaio scadente, nostalgia dell'Heysel", che finì ripreso da tutte le tv del mondo. Un film-horror che viene quasi sempre snobbato, catalogato come "folklore" locale, o liquidato come esibizionismo superficiale. I media ne parlano solo quando costretti, con toni blandi e mai realmente scandalizzati, e i referti sono sempre così scarni che i giudici al massimo sanzionano i "monelli" con qualche multa. Eppure l'Heysel - il nome che fu di uno stadio, oggi il nome di una strage - significa tante cose. E quell'enorme sudario di Bruxelles, 39 morti e 300 feriti, meriterebbe ben altro rispetto, ben diversa considerazione. Perché quella è una montagna di dolore che nessuna parola può provare a scalare. Una montagna di dolore che però ad ogni insulto sussulta ancora. Perché è carne viva, quel dolore, e memoria accesa. Non carta consegnata agli archivi. E' chiaro ? Non c'è, che io ricordi, un solo caso di chiusura di una curva o di uno stadio che sanzioni gli insulti alle vittime dell'Heysel. Non c'è, che io ricordi, nessun editoriale in prima pagina che chieda ai giocatori di "lasciare il campo" al primo coro-canaglia sull'Heysel. Domenica 9 marzo, dopo il match di campionato tra Juventus e Fiorentina, si è toccato l'apice. Il coro di un gruppetto di tifosi bianconeri della curva sud dello stadio (quantificato poi dalla Digos in circa 100 persone), che rivolgeva ai viola apprezzamenti poco gentili e li identificava come "ebrei", è diventato in pochi minuti un vero e proprio caso politico, oltre che sportivo. E dopo l'intervento indignato del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, il fatto era immediatamente in tutte le homepage dei principali quotidiani con il massimo risalto, così come con la massima evidenza veniva trattato dalle principali emittenti-radio televisive e dai quotidiani in edicola il giorno seguente. Ma se per l'esecrabile coro pronunciato da quel gruppo di tifosi al 9° minuto del match il dispiegamento mediatico era totale, e ad altissimo volume, per i cori reiterati, pronunciati nel corso del match dall'intero settore ospiti occupato dai viola, che inneggiavano a Liverpool, e che intonavano una oscena filastrocca sui "39 sottoterra", che faceva raggelare il sangue, il mondo dell'informazione faceva inspiegabilmente un passo indietro. E il volume lo abbassava. Sia ben chiaro che qui non stiamo stilando nessuna sgradevole ed inopportuna "classifica" del dolore e del cattivo gusto. Ma come è possibile accettare che nel mondo dell'informazione crossmediale 2.0 telecamere e microfoni si accendano solo in una direzione ? Non sono serviti nemmeno i video pubblicati sul sito di Tuttosport e sui social network, che documentavano in modo inequivocabile quei cori del settore ospiti che sbeffeggiavano più volte le vittime dell'Heysel. Tutti insieme, a mani alzate, "Amo Liverpool !", indirizzando evidentemente quel coro al cielo, con cinica lucidità. "39 sottoterra !" Rasoiate su quel dolore ancora vivo. Ogni coro, una coltellata. Perché non ascoltate ? Perché non capite ? Perché non ne parlate ? Perché non rispondete ? Sarebbe stato lecito aspettarsi qualche segnale. Qualche gesto. Una immediata acquisizione del materiale da parte della procura. Un "supplemento di indagine" che davvero "indagasse". Delle scuse dai Della Valle, e un ammonimento definitivo ai coristi da strage. Un'intervista a qualche parente delle vittime di Bruxelles. Qualche servizio televisivo, qualche pagina di approfondimento, qualche speciale radiofonico. Qualche urlo di sdegno, qualche alzata di toni, qualche richiamo al palazzo. Il circo mediatico invece accende lampeggianti di colpo, sfreccia veloce a sirene spiegate, poi parcheggia in garage e se ne riparla la prossima volta. Forse, alla fine, quando si ingrossano chirurgicamente le fila del partito dell'odio, con una lapidazione mediatica costante e pressante, pratica irresponsabile per vendere qualche copia in più, o per compiacere in tv le altre tifoserie, alla fine, anche quei cori di 3000 persone che deridono le vittime innocenti di Bruxelles e i loro cari, sembra quasi che non ci siano. Solo un rumore lontano.

16 marzo 2014

Fonte: Juventibus.com 

ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014 

Torino, provincia di Juventus - Avversari, non nemici

di Nino Ori         

In un piovoso sabato di inizio marzo, con l'amico Marco Sanfelici decidiamo di andare a Grugliasco, a vivere un pomeriggio per noi anomalo. A Villa Claretta, a visitare la sezione del "Museo del grande Torino e della leggenda granata" dedicata da alcune settimane (e fino al 20 aprile) alla mostra intitolata "Settanta angeli in un unico Cielo - Heysel e Superga tragedie sorelle". Con noi, un mio caro amico d'infanzia, di fede granata.

L'idea, semplice ma estremamente complessa nella sua realizzazione, è quella di superare le idiozie di parte (inutile dar loro ulteriore spazio ricordandole), almeno di fronte al dolore per la morte. Difficile da far accettare, certo. A maggior ragione in un clima come quello attuale. E infatti, non sono mancate le incomprensioni, le disapprovazioni, i distinguo, il dissenso verso questa iniziativa, promossa dai responsabili del Museo del grande Torino e dall'amico Mimmo Laudadio, curatore del museo virtuale www.saladellamemoriaheysel.it. Due tragedie diverse per le modalità con cui sono avvenute, certo. Da una parte una disgrazia, una tragica fatalità e dall'altra una strage, un folle omicidio. Due tragedie diverse per la notorietà delle vittime, certo. Da una parte un'intera squadra di grandi campioni, oltre ad alcuni giornalisti e accompagnatori, e dall'altra un gruppo di tifosi che pensava di assistere ad una partita di calcio. A dividere i due terribili eventi ci sono 36 anni: a Superga il 4 maggio 1949 perirono 31 persone, a Bruxelles il 29 maggio 1985 le vittime furono 39. Tutto vero. Ma a dividere le due tragedie, in maniera insensata e immotivata, ci sono soprattutto le contrapposizioni becere e tanto inutile odio. Ad ognuna delle 70 persone che persero la vita in quelle tragiche circostanze è dovuto lo stesso rispetto. Tragedie diverse ? No, tragedie sorelle, come dicono gli organizzatori della mostra. Le più grosse tragedie sportive della città di Torino, che coinvolgono entrambe le squadre di Torino. E che dovrebbero unire le tifoserie, non dividerle. Ed è di questo che ci ritroviamo a parlare con il volontario che, rigorosamente in felpa granata, ci accompagna all'interno della mostra. Le sconvolgenti immagini della carneficina dell'Heysel (messe a disposizione da Salvatore Giglio, fotografo storico della Juventus) sembrano mescolarsi, anche se i pannelli sono solo vicini, con i ritagli di giornale e le fotografie di Superga e dei campioni periti in quel disastro. A meno di una settimana dal derby, con le sue polemiche e i suoi veleni, riusciamo a parlarne come si parla tra persone normali, che non consentono all'opposta fede sportiva di prevalere sul rispetto dei valori umani. Per motivi legati all'età, non ho ricordi diretti riferibili alla tragedia di Superga. Li ho invece di quella maledetta sera dell'Heysel. No, non ero là. Ma c'erano tanti miei amici. Tornarono tutti a casa, qualcuno malconcio, quasi tutti segnati da ciò che avevano visto. Da allora io stesso, per almeno 10-12 anni, non riuscii più ad andare allo stadio. Non ho però mai compreso la necessità di rispondere alla follia omicida con l'odio incondizionato e generalizzato. Non credo sia un modo sensato (ammesso che ne esista uno) per onorare la memoria delle vittime di quella sera. Ho sempre disapprovato i comportamenti di quelli che "odio Liverpool", "English animals" e similari. Non riesco a comprendere cosa c'entri il non dimenticare con il manifestare il proprio odio, come se si trattasse una specie di guerra santa. Al netto delle ipocrisie, dei pregiudizi e dei preconcetti, credo che non si possa odiare, per la follia omicida di qualche centinaio di delinquenti, un'intera città o un intero popolo, o addirittura un'intera nazione. La ferita dell'Heysel è aperta, certo. Ma non è con il "machismo" e l'ostentazione della necessità di odiare e di contrapporsi che la si chiude o la si risolve. E non è solo un problema culturale. Finché non si superano certe logiche, avremo sempre i cori, le magliette, gli slogan infamanti e le scritte col "meno 39". E continueremo sempre a darla vinta all'idiozia di chi straparla di esultanze, di partite da rigiocare, di coppe insanguinate. Quella tragedia è stata troppo spesso e da troppe persone (e per troppo tempo) colpevolmente dimenticata, o addirittura nascosta. Perché è vista come una tragedia di parte, una tragedia juventina, e non una tragedia dello sport, una tragedia di tutti... Come se perfino i morti avessero un colore o una fede sportiva. A maggior ragione, all'interno della mostra di Grugliasco, sarebbe anacronistico pensare ai "nostri" morti da contrapporre a quelli degli "altri". Non ci sono tragedie nostre e tragedie altrui. Non ci sono differenze. Chi avesse voglia non dico di trovarne ma anche solo di cercarne dimostrerebbe di non aver capito nulla di quelle immagini, e non farebbe altro che avallare i comportamenti di chi dileggia e infama da decenni quelli che ritiene essere i morti degli altri. Restiamo avversari, certo, ma essere anche nemici non ci migliorerà. Continuiamo pure con gli sfottò, ci mancherebbe: il derby ci sarà sempre, dentro e fuori dal campo. Noi ladri e voi sfigati. Siamo tifosi, bianconeri e granata, ma gli uni come gli altri innamorati della propria squadra e dei propri colori. Siamo diversi, forse... E rimarremo tali. Senza bisogno però di perdere il rispetto per tutti, vivi e morti... E per se stessi. Le faide lasciamole a chi si nutre di odio.

19 Marzo 2014

Fonte: Juventinovero.com 

ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014 

La lumière est la mémoire

di Domenico Laudadio

Nonostante le puntuali segnalazioni all'amministrazione comunale della capitale europea ancora problemi d’incuria all’illuminazione della meridiana monumento dedicata alle vittime dello stadio Heysel di Bruxelles nell’area adiacente all’ex stadio.

Un attore, quando ancora mi dilettavo amatorialmente nella scrittura e nella regia del mio adorato teatro di prosa, mi disse che su ogni palcoscenico restava impressa fantasmagoricamente una parte di noi… Aveva sensibilmente ragione. Mi emozionava molto pensare che sulla sedia del mio camerino erano passati anche Eduardo, la Melato o Giorgio Albertazzi… Cosa rimane, invece, della tragedia dell’Heysel davanti al piazzale dello stadio dove furono allineati i poveri corpi delle vittime è invece al momento ben visibile in un simbolo scultoreo luminescente: la meridiana inaugurata nel 2005 in occasione del ventennale della strage. Brillano 39 piccole luci sul braccio svettante al cielo ed altre 39 sono incastonate nel pavimento. Inevitabilmente le lampade si fulminano, esattamente come il fato crudele spense le vite dei 39 angeli in quel pomeriggio maledetto del 29 maggio 1985. Capita che tifosi mi scrivano per segnalarmelo, delusi. Indifferenza e menefreghismo alla base della mancanza di cura da parte dell’amministrazione locale per quelle lucine, uno sfregio al loro palese significato. La lumière est la mémoire. La luce è memoria, spegnetela e il mondo calerà nelle tenebre, le stesse che offuscano le menti decerebrate di chi offende tutti i morti del pallone negli stadi ad ogni latitudine dello stivale. Il buio è il vero padrone del mondo, ma si può sconfiggerlo accendendosi nello sfregarsi di un atto di amore nel concepimento di un figlio o di una opera d’arte in quell’all’attimo irripetibile del talento che è caro ad ogni artista, nell’abbraccio insperato di due litiganti. La luce è vita, speranza di andare oltre ciò che non si può vedere… Ho scritto altre volte al Borgomastro di Bruxelles, sono cambiate le facce dei politici, ma le luci tramontano sempre inesorabilmente come le buone intenzioni di chi a volte ha saputo anche rispondermi con sorprendente celerità. Ognuno di quei faretti è per noi un volto caro, una carezza che non è ritornata. Oggi è la festa del papà, mi è difficile non pensare a Giovanni e Andrea Casulà, padre e figlio caduti all’Heysel uno al fianco dell’altro nella calca omicida causata dalle cariche di quelle bestie rosse di satana. Un abbraccio ora divenuto eterno, altissimo e irraggiungibile per noi che possiamo condividerlo soltanto con un segno semplice fatto d’incandescenza fra terra e cielo. Molto più di dieci lampade fulminate, molto più d’una voce di spesa nel bilancio consuntivo e preventivo di una capitale europea, perché senza luce non v’è memoria, perché il buio s’insinua nelle menti dalla creazione a profanare la ragione e la dignità degli uomini prossimi al baratro della stoltezza. Vigilare su di esse e riaccenderle sempre o per sempre: la nostra piccola preghiera al Sindaco di Bruxelles. Anzi, riaccendiamoci anche noi, tutti, perché, come sentivo cantare dolcemente alcuni anni fa in un noto salmo: "La ténèbre n'est point ténèbre devant toi: la nuit comme le jour est lumière". E così sia…

19 marzo 2014

Fonte: Saladellamemoriaheysel.it   

ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014 

Europa League, Fiorentina-Juve: Cori offensivi dai tifosi viola

Ancora cori idioti a funestare lo spettacolo della sfida di Europa League al Franchi.

FIRENZE - Ci risiamo: ancora cori idioti a funestare lo spettacolo di Fiorentina-Juventus. Prima della partita alcuni pseudo tifosi della Fiorentina hanno intonato il coro: "Amo Liverpool" (tutta la curva Fiesole e parte della tribuna), mentre ai giornalisti di Mediaset è stato quasi impossibile intervistare Beppe Marotta a bordo campo per gli insulti ricevuti dall’ad bianconero. Un gruppo sparuto ha anche intonato l’idiota coro "Salta con noi, Gianluca Pessotto". Finale esacerbato poi da un gesto di Lichtsteiner al pubblico viola al fischio finale che lo svizzero spiega così: "Non ho fatto il gesto dell'ombrello. Ho solo fatto il segno di andare a casa ai tifosi per sottolineare l'eliminazione. Non hanno smesso di insultarci per un attimo".

20 marzo 2014

Fonte: Tuttosport.com 

ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014 

Striscione con scritte sull'Heysel: deferiti tre giovani ripolesi

di Matteo Pucci

Esposto all'andata, durante Juventus-Fiorentina di Europa League: smascherati dalle telecamere.

BAGNO A RIPOLI - Sono quattro i tifosi della Fiorentina deferiti all’autorità giudiziaria di Torino (sostituto procuratore Antonio Rinaudo) per aver affisso all’interno dello Juventus Stadium, nel corso della partita di andata di Europa League Juventus-Fiorentina, un cartello con sopra due foto e una scritta provocatoria. In una delle immagini c'era il giocatore della società bianconera Giorgio Chiellini; nell'altra la fotografia di un gorilla, e la scritta "trova le differenze" (in foto). Sullo stesso cartello però, era stata vergata anche la scritta offensiva "-39  Heysel", volta provocatoriamente a richiamare la memoria del tragico episodio occorso nello stadio belga di Bruxelles, il 29 maggio dell’1985, dove persero la vita 39 tifosi juventini. Per questo i quattro tifosi viola (uno del 1989 e due del 1986, tutti di Bagno a Ripoli, ed uno del 1996, minorenne, della provincia di Lucca) sono stati ritenuti responsabili, in concorso, del reato di cui all’art. 2 bis D.L. 41/07 ("Sono vietati, negli impianti sportivi, striscioni e cartelli che, comunque, incitino alla violenza o che contengano insulti o minacce"). Sono stati individuati ed identificati attraverso le immagini del sistema di video-sorveglianza presente all’interno dell’impianto sportivo. Il personale di polizia ha anche eseguito ai loro danni perquisizioni domiciliari che hanno consentito il rinvenimento di elementi che permetteranno un’ulteriore approfondimento investigativo sulla vicenda.

21 marzo 2014

Fonte: Gazzettinodelchianti.it 

ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014 

Ma Andrea, morto a undici anni all’Heysel, non me lo toccate

Non è vero che sarebbe bello fermare il tempo, il bello del tempo è che deve passare. Dovrebbe passare per tutti. Invece Andrea avrà per sempre undici anni. E’ rimasto un bambino che aveva dei sogni e molte domande. Sogni di carta perché i computer non c’erano ancora, non quelli di oggi almeno, e risposte non sappiamo dargliene neppure adesso che sono passati quasi trent’anni. Ne avrebbe 40, Andrea, se fosse ancora qui. Delle 513 partite di Del Piero non ne ha vista neanche una. Non ha visto Zidane, e Peruzzi, e Buffon. Non ha visto gli occhialoni di Davids e la testa rasata di Vialli. Non ha visto la B, chi se ne frega di una retrocessione in serie B, anche quella sarebbe stata un dono per una vita così presto spezzata. Andrea avrà per sempre undici anni, non soltanto per la sua famiglia e per chi ha la Juve nel cuore. Andrea è un nodo che ci portiamo qui, dentro la gola, tutti noi della famiglia del calcio. Andrea, e suo padre Giovanni che morì accanto a lui tenendogli la mano, e gli altri 37 tifosi uccisi a Bruxelles, stadio Heysel, sono il lutto che dovrebbe appartenere a tutti noi. Noi che vogliamo urlare e saltellare perché non siamo bianconeri. Noi che siano nati avendo in testa quella partita là, perché come disse Diego "quando un giorno me ne andrò porterò con me la voglia dei napoletani di battere la Giuve". Noi che stavamo di notte sotto l’albergo a suonare i clacson per non far dormire Platini. Noi che battevamo le mani e urlavamo Dino-Dino, ogni volta che Zoff tornava da avversario a Napoli. Noi che abbiamo esultato al gol di Magath. Noi che abbiamo fatto il sorrisino il pomeriggio della neve a Istanbul. Noi. Insieme all’altra metà d’Italia che juventina non è. Ma il confine è questo. Il confine è il lutto. Andrea e i suoi compagni di viaggio devono essere una ferita di tutti, è carne che brucia, che non possiamo più portare dentro uno stadio con un coro, con uno striscione, con una battuta. Se una comunità si regge su dei valori condivisi, quella del calcio dovrebbe individuare i suoi valori nel rispetto delle persone. Delle persone morte: morte all’Heysel, morte a Superga, morte durante un terremoto. E delle persone vive. Le poche che ancora entrano in uno stadio, sfidando il freddo, la pioggia, i tornelli, la burocrazia, il resto aggiungetelo voi. Su tutto il resto scherziamo, e se ne abbiamo voglia magari litighiamo. Sui rigori, sui fuorigioco, sulle schede svizzere, su queste scemenze qua. Ma Andrea no. Vorrei che avesse 40 anni e domani sera fosse qui, a sentirsi dire che chi non salta juventino è. Andrea no. Andrea non me lo toccate.

Il Ciuccio

29 marzo 2014

Fonte: Ilnapolista.it 

ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014 

Tifosi Napoletani cantano contro l’Heysel prima dell’arrivo del Bus della Juve

di Angelo Damiano

Sconcertante. Non ci sono altre parole dinanzi a ciò che sta succedendo in queste ore nel capoluogo Campano, che si prepara ad accogliere la sfida tra due squadre che non hanno più nulla da chiedere alle rispettive stagioni. La Juventus è a quota 81 punti e si appresta a vincere il terzo Scudetto consecutivo (facendo tutti gli scongiuri del caso), il Napoli è invece a 61 ed ha visto sparire i suoi sogni tricolore già da diverso tempo, eppure la situazione sembra essere tutt’altro che tranquilla alle pendici del Vesuvio. Certo, dopo l’ospitalità poco "garbata" registrata a Genova e Catania (due tifoserie che, guarda caso, sono gemellate con quella azzurra) nessun calciatore della Juventus si aspettava di essere accolto col tappeto rosso, ma probabilmente stasera si è toccato il fondo. E pensare che poche settimane fa erano stati proprio i tifosi del Napoli a far tornare il sorriso all’Italia pallonara, esponendo all’Olimpico di Torino due striscioni commemorativi, dedicati al grande Toro e alla strage di Superga che quei Campioni (rigorosamente con la "C" maiuscola) se li portò via. Quegli stessi tifosi (o per lo meno alcuni di loro) oggi hanno deciso di gettare fango sui 39 Angeli che persero la vita nella tragedia dell’Heysel. "Ti ricordi lo stadio Heysel, Le bandiere del Liverpool, Diecimila son partiti, 39 non tornan più, era il giorno del gran massacro per noi ultras un giorno sacro", queste le vergognose parole che si sentono nel video sottostante, registrato solo pochi minuti prima dell’arrivo della truppa di Antonio Conte all’Hotel Parker di Napoli. Sconcertante, inaudito, scioccante. La squadra della città più bella ed importante del Sud Italia meriterebbe di essere rappresentata da altri tifosi.

29 marzo 2014

Fonte: Calciomercato-juve.it 

ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014 

Spegniamo il Vesuvio

Preg.mo "Il Ciuccio", non vorrei scomodare Esopo nell’esordio, ma trovo molta similitudine fra l’insegnamento del suo scritto e la morale di una favola dove per una volta, ma non sarà la prima, né l’ultima, persino un asino insegna l’etica agli esseri umani. Quanto letto nel suo pezzo dovrebbe bastare per ripristinare quei naturali confini del bene e del male, dello sfottò e dell’odio, ma purtroppo non basta più e forse mai sarà veramente sufficiente a colmare le notorie abiette distanze fra alcune tifoserie. Leggevo con sincera ammirazione e compiacimento il suo articolo, proprio mentre il pullman della Juventus, scortato dalla polizia, si era imbucato al centro di una gigantesca omelette, profumato dagli incensi canonici dei fumogeni da stadio. Peccato davvero nel rituale stagionale e tradizionale di accoglienza per quel ragliare in coro sui morti di Bruxelles che vanificava l’encomiabile eloquio del suo verbo amabile e saggio. Certamente li aveva previsti anche lei, erano già nell’aria annunciati, dati quei somari della peggior specie che all’anagrafe rispondono addirittura a un nome e un cognome, ma purtroppo mai per la legge che dovrebbe punirli. Non proprio asinelli, quindi, intelligenti e del mestiere come lei, nascosto bene dietro il segreto della redazione e di un alias dimesso. E non pensi di essere così originale in questo, perché in via San Gregorio Armeno ne troverà moltissimi altri di ottima fattura e buona volontà come lei a riscaldare il corpicino infreddolito di un cristo bambino. Umilmente e dolcemente a dimostrazione, quando il creato si capovolge, che le bestie sono meglio degli uomini nella storia in cui tramano una nuova strage degli innocenti. Eh, già… Erode è sempre fra noi, caro mio ciuccio… E davanti alla morte di un povero bambino non vi troverò mai giustizia, né rassegnazione. E visto che lo ha rievocato proprio lei, anche se a me costa sempre molto abusarne della memoria, Andrea non è poi così lontano, mi creda… Probabilmente stasera sarà al San Paolo dopo aver affrontato un viaggio da incubo, impaurito da uno sguardo di traverso al casello o alla stazione, orfano della sua sciarpa bianconera strappatagli con violenza ed uno sputo e se gli va bene un calcio in culo a suo padre, bersagliato da piscio e merda in una pentecoste di livore, nel suo settore di ospite pagante e indesiderato. Perché, vede, nobile ciuccio, Andrea siamo noi… E’ proprio mio figlio che a scuola ogni lunedì mattina si sente dare del ladro per un rigore negato, una rimessa laterale invertita o una di quelle "scemenze" che scriveva lei, magari proprio dal primogenito di chi possiede un suv e la barca, ma non ha mai pagato le tasse. Andrea che non indosserebbe mai quella maglia destinata a chi non salta perché è bianconero e che confonde il tifo con il razzismo trasmettendo per celia un dogma d’intolleranza subdola e strisciante. Io, invece, mi sforzerò sempre di non confondere tra loro le cose e, nonostante tutto, confesso che amo Napoli, ho grande simpatia per i Napoletani, ma quelli con la lettera maiuscola, da cui nascono gli Eduardo e i Troisi... Per me il Vesuvio è bellissimo nelle cartoline o sugli striscioni spento e chi ne invoca un prossimo risveglio, se non per burla, è un emerito coglione. Il calcio è fatto sin dalle origini di sane pedate: si danno e si prendono e diamocele, tranquillamente, pure di santa ragione… Ma intorno al pallone ci sono tanti loschi figuri che vi lucrano il pizzo tutti i santi giorni, riempiendoci di menate e spargendo sale sulle ferite e aspidi sui sedili della giostra… Saltate, dunque, dove, quando e quanto volete per l’orgoglio di non aver scelto i nostri colori, ma trovando sempre un modo e l’occasione quando è l’ora di smetterla. Per esempio, davanti ai morti… Il silenzio è già onore. Io penso che Andrea Casùla avesse in serbo un altro grande sogno oltre quello di emulare Gigi Riva: crescere in un mondo diverso. Lo abbiamo tradito sugli spalti e sul campo, nelle redazioni dei giornali, davanti ad un microfono o al taccuino di un cronista. Magari una sera, un pomeriggio, capiterà che il povero Andrea morirà ancora una volta corpo e anima in uno stadio e la carne insanguinata della zebra farà persino compassione alle fiere immonde che l’hanno sbranata dando la colpa ad muro crollato ed agli ipocriti avventori del safari. Occhio… Accanto al suo magistrale pezzo nella colonna affianco ho letto che la Juve è uguale alla merda. Dal vostro punto di vista ci potrebbe anche stare, per carità, non amo il fariseismo e questo gergo è talmente in voga... Potrei anche contraccambiare sostituendo il soggetto, volendo, ma resterebbe ecumenicamente la stessa puzza. Andrea, molto probabilmente, vi suggerirebbe di scrivere soltanto Forza Napoli. Nessuno in quel caso si sentirebbe offeso. A volte basta veramente molto poco per ricominciare a camminare insieme oppure a due passi da noi è il baratro e poi non si potrà tornare mai più indietro. Pensiamoci.

Con profonda stima.

Domenico Laudadio (Custode www.saladellamemoriaheysel.it)

30 marzo 2014

Fonte: Saladellamemoriaheysel.it 

ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014 

Heysel, figlio di una vittima: "Società educhino i tifosi"

Parla il figlio di una delle tante vittime: "Le società di calcio si facciano carico di un'azione educativa e di sensibilizzazione nei confronti dei loro tifosi, isolando quelle frange che offendono la memoria dei morti, spesso senza neppure sapere cos'è realmente accaduto".

AREZZO - "Le società di calcio si facciano carico di un'azione educativa e di sensibilizzazione nei confronti dei loro tifosi, isolando quelle frange che offendono la memoria dei morti, spesso senza neppure sapere cos'è realmente accaduto". Lo ha detto Andrea Lorentini, 32 anni, giornalista aretino, figlio del medico Roberto Lorentini, che morì all'Heysel. Il padre di Lorentini venne travolto dagli hooligans mentre stava tentando di rianimare un bambino. "Certe manifestazioni - ha aggiunto Andrea Lorentini - offendono la memoria dei morti e toccano profondamente le famiglie. Invito le società a fare maggiore opera di controllo ed educazione dei propri tifosi, ma anche le autorità sportive a sanzionare in maniera pesantissima, altrimenti certi episodi finiranno per condizionare sempre incontri delicati come Fiorentina-Juventus".

31 marzo 2014

Fonte: Tuttosport.com 

ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014 

Uniti e solidali contro la stupidità

"Pregiatissimi lettori, credo sia doveroso ringraziare anche qui Giampaolo Muliari e Domenico Beccaria, autentici fuoriclasse della Memoria, per aver immaginato, costruito e difeso il nostro progetto di cui vado molto orgoglioso, poiché è la dimostrazione che un derby lo possiamo vincere tutti insieme, senza il bisogno di alzare nessun trofeo più in alto di quello della fratellanza umana. Un particolare saluto ai volontari del Museo del Grande Torino, generosi amanti e custodi del ricordo, nobile esempio di come un museo sia fatto di persone più che di cimeli prestigiosi e che non è necessario addobbarlo come una boutique di grido della storia, ma semplicemente raccontarlo di padre in figlio come una partita senza triplice fischio finale dove è sempre possibile rimontare vincendo la speranza di un calcio autentico, maschio, ma pulito, depurato dai veleni della stampa e dalle pezze e dai cori degli immondi". "Guardare le foto della mostra, Heysel e Superga, unite in un unico abbraccio è stata un’emozione forte che porteremo per sempre nei nostri cuori e nella nostra memoria, dimostrazione concreta che quando si difende la memoria di chi non c’è più e la dignità di chi è rimasto non ci sono steccati né curve a separare e che il tifo, nella sua concezione più alta e intelligente, è rispetto dell’altro, dell’avversario che, sportivamente, tale resta. Grazie ai due baluardi granata crediamo di avere piantato un seme che darà i suoi frutti, ci vorrà tempo, pazienza, sicuramente anche qualche arrabbiatura, ma abbiamo tracciato una linea e non si torna indietro, l’unico modo per salvare il calcio, quello italiano in particolare, è la cultura sportiva, troppo spesso seppellita da cori e striscioni infamanti. Ecco, noi quattro ci siamo ribellati a tutto questo: contro la stupidità aberrante degli inutili idioti da stadio".

Domenico Laudadio (Saladellamemoriaheysel.it)

Francesco Caremani (Autore Libro "Heysel, le verità di una strage annunciata")

Aprile 2014

Fonte: Il Trombettiere del Filadelfia

ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014 

I morti di Superga e dell'Heysel esigono rispetto da tutti, di ogni colore

Orgogliosamente diversi !

di Domenico Beccaria

Sono tanti, troppi anni, che negli stadi d'Italia si sentono e si leggono slogan vergognosi, che tramite il vilipendio dei morti, tentano di offendere i vivi. Nella fattispecie, vorrei spendere due parole sulle due tragedie che hanno colpito il calcio torinese, ovvero la sciagura aerea di Superga, del 4 maggio 1949, in cui persero la vita tutti i giocatori e accompagnatori del Torino, equipaggio compreso, per un totale di 31 vittime e la tragedia dell'Heysel, il 29 maggio 1985, in cui furono uccisi dalla furia bestiale degli hooligans inglesi 39 tifosi bianconeri, ma non solo, italiani, ma non solo, arrivati allo stadio belga per assistere alla finale di Coppa dei Campioni. Dopo aver assistito inorriditi per anni a questa vergogna, abbiamo deciso che fosse ora di mettere un punto e andare a capo. La mostra di cui parla in altra parte del giornale il direttore del Museo, Giampaolo Muliari, nasce proprio su questo slancio emotivo. Non è stata casuale la scelta della data dell'inaugurazione. 16 febbraio, ovvero una settimana esatta prima del derby di ritorno. L'intento, la speranza forse sarebbe più appropriato, era di non vedere più certi brutti striscioni, come avvenuto lo scorso anno. Invece, puntuali, ecco comparire due frasi, una più cretina dell'altra, a vilipendere la memoria dei morti di Superga. La pietà verso chi non c'è più, va di pari passo alla compassione per lo stato di ignoranza e di infamia di chi ha pensato, realizzato ed esposto le due pezze della vergogna. In molti mi hanno scritto, dopo domenica sera. Qualcuno, bianconero, si è scusato. Ma non ce n'era bisogno. Se hai la sensibilità di accendere il computer per scrivermi che prendi le distanze da certi ignobili mascalzoni, vuol già dire che non sei come loro e quindi non sei tu a dovere delle scuse. Qualcun altro, granata, mi ha fatto notare come noi abbiamo porto la mano tesa, rendendo omaggio alle loro vittime e loro in cambio abbiano offeso le nostre. "Ecco, sei contento ora ? Hai visto di che pasta sono ?". Ho visto, tranquilli, ho visto. Ma a parte l'ovvia constatazione che non sono tutti così, per fortuna, ho anche visto che in molti si sono dissociati, dopo la partita, in pubblico e in privato, con me. Bene, a tutti quelli che, da una parte e dall'altra, sono stufi di certe vigliaccate, mi rivolgo per compiere insieme il passo successivo. Al prossimo derby, in casa o in trasferta, prepariamo un "due aste", quegli striscioni che si possono reggere da soli, con una scritta in controtendenza. Io personalmente, ho già in mente il mio. "RISPETTO PER I MORTI DELL'HEYSEL". Chissà che qualcuno dall'altra parte non raccolga e ribatta con un bel "RISPETTO PER I MORTI DI SUPERGA" ? La speranza e la fede sono il più grande patrimonio del Popolo Granata. Contagiamoli con il nostro senso dell'onore e della civiltà. Lo so, è una sfida ardua, ma a noi del Toro le cose facili non sono mai piaciute.

Aprile 2014

Fonte: Il Trombettiere del Filadelfia 

ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014 

Un unico cielo

di Giampaolo Muliari

Contro ogni provocazione e oltraggio una mostra senza ritorno per ricordare a tutti che le tragedie non hanno bandiere, che ogni angelo è una leggenda. Settanta Angeli in un unico Cielo. Rivali in campo, uniti nella tragedia.

E’ davvero un piacere raccontare i ricordi di una mostra speciale, anzi di più, di un percorso di vita. "Settanta Angeli in un unico cielo" è tutto questo per noi, è molto di più di una mostra a tema che per sua natura inizia e poi si conclude. Questo è un percorso che andrà oltre, che ha segnato e segnerà per sempre lo spirito di questo nostro museo: un luogo di memoria, di rispetto, di fratellanza. Un evento partito da lontano, dallo scorso anno, dopo aver visionato il sito saladellamemoriaheysel.it creato e custodito con  amorevole cura da Domenico (Mimmo) Laudadio. Nessun dubbio in Mecu, in me, in tutti noi: le immagini crude di quella tragedia hanno subito rappresentato, oltre al dolore, un richiamo a noi alla vita, un invito di fratellanza. Non abbiamo fatto altro che dare voce a questo invito, tutto il resto è venuto poi da sé. Pare ora strano, dopo questa visione quasi mistica, scrivere di polemiche, di pensieri contrari anche a tinte forti, ma questa è stata ed è l’altra faccia della medaglia. Non tutti guardano la vita con gli stessi occhi, certo stride il cuore constatare come nemmeno davanti alla morte (nel nostro caso a due tragedie che in comune hanno la passione per il calcio) si senta il desiderio di ritrovarsi insieme, oltre ogni propria opinione e bandiera. Francesco Caremani, splendido compagno di viaggio, ha definito questa esperienza l’ultimo baluardo contro l’odio delle curve. Francesco è un giornalista coraggioso, ha sempre messo la sua faccia davanti alle proprie idee, senza mai fare compromessi, nemmeno davanti alla dirigenza bianconera, o alla tifoseria più organizzata. Il suo libro "Heysel, le verità di una strage annunciata" è un grido di dolore rivolto alle coscienze di tutti noi. E’ un racconto sofferto che traccia quello che la tragedia ci ha lasciato in questi anni: l’immensa dignità dei familiari delle vittime, alcune testimonianze d’amore, ma anche tanta omertà e tanta indifferenza. Anche in occasione del derby di ritorno giocato una settimana dopo l’inaugurazione della nostra mostra sono apparsi i soliti striscioni idioti, quelli che prendono spunto dalle tragedie per irridere la memoria. Ogni volta è per noi un colpo al cuore, figurarsi per chi la tragedia l’ha vissuta sulla propria pelle. Ma è per non alzare bandiera bianca, per non accettare questa visione assurda della vita che questa nostra mostra ha un senso, ha una grande ragione d’essere. In questi mesi abbiamo camminato fianco a fianco con Mimmo e Francesco, in piena e totale sintonia. Davvero le nostre diverse passioni calcistiche non si sono mai fatte sentire. A riguardo mi piace ricordare come al loro arrivo a Torino, sabato 15 febbraio vigilia dell’inaugurazione, il primo luogo da loro visitato è stato Superga. Mimmo era pure in compagnia del figlio Francesco. Per questo giovanissimo cuore bianconero era il primo viaggio a Torino e la prima cosa che ha visto non è stato il JMuseum o l’abbagliante store della Juve, ma la nostra lapide. Questo cammino è un’esperienza umana che non sarà dimenticata anche per questo. Spesso ho immaginato come sarebbe bello vivere questa grande passione che è il calcio con questo spirito... Speriamo che il domani sia migliore, speriamo che il domani abbia il cuore di questo giovane Francesco o di un altro giovane Francesco (mio nipote), anche lui bianconero, giunto apposta da Porto Potenza Picena (Macerata). Era davvero felice: "zio, finalmente una cosa insieme !". Quando l’evento ha iniziato ad avere un eco pubblico sono iniziate anche le prime tempeste e con esse anche alcune personali sofferenze. Meno male che al fianco ho avuto Mecu, corazza e spirito d’acciaio, che mi ha sempre sostenuto, mi ha sempre fatto da scudo, ma è stata dura resistere a tutte le intemperie. Siamo giunti all’inaugurazione in un clima di grande attesa. Le tensioni accumulate sono subito svanite appena entrati nella sala consiliare a noi concessa gratuitamente dalla Città di Grugliasco. Solo calore, affetto, il desiderio di condividere questa esperienza. Di quel giorno, domenica 16 febbraio, i ricordi hanno solo il colore della gioia. Ognuno di noi ha portato la propria testimonianza arricchita anche dalle parole di quanti hanno voluto con noi condividerla; penso a Don Aldo quando ha rivolto un pensiero ai nostri caduti con una preghiera, quando ha ricordato che il tifo non deve mai essere contro ma per… Parole sagge e spesso, ahimè, inascoltate nelle varie curve d’Italia, oppure quando a noi organizzatori ha rivolto l’invito di diffondere il messaggio di questa mostra ai bambini, nelle loro scuole. Penso al dott. Giuseppe Ferrauto e al Presidente del JMuseum, dott. Paolo Galimberti presenti anche a nome delle società del Torino e della Juventus; alle parole affettuose del sindaco di Grugliasco, Roberto Montà; alla grande umanità di Gian Paolo Ormezzano che ha voluto condividere pienamente questa iniziativa. Penso a Salvatore Giglio, fotografo di fama mondiale, alla sua emozione provata nel visitare il nostro museo e alla generosità con cui ha offerto tutte le immagini del suo archivio dedicate all’Heysel. Il momento più intenso della giornata inaugurale è stato leggere i nomi dei settanta angeli in cielo, splendida idea di Mimmo, conclusa con il silenzio fuori ordinanza suonato da un bravo trombettiere di Grugliasco. Un brivido. Una grande emozione proseguita anche al nostro Museo con l’apertura della mostra. Vedere visitatori con la sciarpa della Juve girare per La nostra casa con rispetto e ammirazione ci ha ripagato di tutto il nostro impegno. Anche Mecu ha sottolineato il valore di questa presenza: "Dovremmo essere tutti orgogliosi dei nostri colori e allo stesso tempo rispettosi dei colori altrui. Io sono stato quattro volte a visitare il museo della Juventus e non ci sono mai andato in incognito, nel senso che indossavo sempre la spilla del Toro sulla giacca. E' giusto che ognuno di noi abbia l'orgoglio di appartenere a qualcosa, ma pure la consapevolezza che anche gli altri vanno rispettati". Per alcuni saranno stati pochi, magari solo una goccia in un oceano di tifosi, ma come ha spesso detto Madre Teresa, se quelle gocce non ci fossero al mare mancherebbero. Poche o tante che siano per noi quelle gocce rappresentano il mare. A quanti hanno cercato di fare dei distinguo tra i morti di Superga e quelli dell’Heysel la risposta più bella l’ha data Domenico Laudadio durante il convegno inaugurale: "in ogni famiglia segnata da una tragedia il proprio caro scomparso è una leggenda". Parole da incidere sulla pietra, da portare nel cuore, come quest’ultimo pensiero sempre di Mimmo Laudadio: "Abbiamo osato mostrare che Superga e l’Heysel sono sorelle, non cugine alla lontana. La fratellanza è l’unico grado di parentela dell’umanità. I colori della pelle o delle bandiere non contano più nulla davanti alle tragedie". Anche per questo Mecu, me e tutti noi non finiremo mai di ringraziare Mimmo e Francesco per averci concesso questa grande e meravigliosa opportunità di ricordo, di crescita interiore. Questa è una mostra che ricorderemo sempre, anche oltre il 20 aprile quando terminerà per dare spazio a un nuovo evento espositivo. Se pur sommersi da ricordi e cimeli troveremo con piacere uno spazio nel nostro museo per ricordare questo evento in modo perenne, perché tutti, tifosi granata e non, entrando nella nostra casa  si sentano un po’ a casa loro; perché tutti guardando le immagini di queste due tragedie pensino a Loro, ai nostri angeli, con lo stesso rispetto, lo stesso amore. Fratelli, in un unico cielo.

Aprile 2014

Fonte: Il Trombettiere del Filadelfia 

ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014 

Lorentini: "Io, orfano dopo l’Heysel ferito dai cori della vergogna"

di Giuseppe Calabrese

Il padre morì nell'85, adesso Andrea Lorentini denuncia: "Siamo stanchi delle offese urlate negli stadi. I Della Valle dovrebbero aiutarci a dire basta".

"Mio padre aveva la mia età quando è morto". Andrea Lorentini ha trentadue anni e fa il giornalista sportivo. Vive ad Arezzo. Suo padre Roberto è una delle vittime dell'Heysel. Era il 29 maggio 1985, e un'ora prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool il muro del settore Z dello stadio di Bruxelles crollò, trascinandosi via la vita di trentanove persone. Una ferita che non si è mai cicatrizzata, una delle pagine più nere del calcio. Una follia. Come quei cori che ogni tanto rimbalzano dentro gli stadi quando gioca la Juventus. "La gente non si rende conto di cosa abbiamo passato, e di cosa significa per noi sentire quei cori. È una vergogna". Andrea, perché dopo trent'anni di silenzio ha deciso di parlare proprio adesso ? "Perché sono stanco e non capisco perché si continui ad accanirsi sul ricordo di chi non c'è più. Trovo quei cori incivili e irrispettosi. Offendono la memoria delle vittime e il dolore delle famiglie. Vorrei che per una volta, una sola, chi inneggia all'Heysel provasse a mettersi nei nostri panni, che pensasse a quale sarebbe il suo stato d'animo se avesse perso un genitore, un figlio o un parente in quel disastro. Io capisco la rivalità tra Fiorentina e Juventus, e capisco anche gli sfottò, ma questo con quei trentanove morti non c'entra niente. E allora, per favore, smettetela. Lasciateci in pace. E lasciate in pace chi non c'è più". Si è mai chiesto perché le società di calcio o la Figc non facciano niente per interrompere questa vergogna ? "Sì, me lo sono chiesto spesso, e non ho mai trovato una risposta. Ma sa cos'è che mi fa ancora più rabbia  ? Che questa gente continui e frequentare gli stadi. Si chiudono le curve per discriminazione territoriale, però chi canta quelle oscenità rimane impunito. È assurdo. Io non lo capisco. Non è un atteggiamento da paese civile". Forse anche la Fiorentina potrebbe fare qualcosa, non crede ? "Guardi, ci tengo a chiarire una cosa: io non ce l'ho assolutamente con i tifosi della Fiorentina. Ce l'ho con chi continua a fare quel coro e ogni volta offende la mia famiglia, mio padre e le famiglie di tutti gli altri morti. E mi piacerebbe che i Della Valle, che portano avanti la loro battaglia sul fair play, prendessero posizione per isolare certa gente. Con la tecnologia di oggi non è difficile individuarli e lasciarli fuori dagli stadi. Quelli non sono tifosi. Anzi, sa che le dico  ? Scriverò personalmente alla Fiorentina e ai Della Valle per chiedere che la società intervenga. Subito. Penso che sia arrivato il momento di dire basta, basta, basta". Lei aveva tre anni quando suo padre è morto, cosa ricorda di quella sera ? Niente, ero troppo piccolo. In quel momento non mi sono accorto di nulla". E come le spiegarono che suo padre non tornava a casa ? "Non ricordo nemmeno questo. Mio padre faceva il medico e immagino che mi dissero che sarebbe stato fuori per un po' e che non sarebbe tornato tanto presto. Insomma, quelle cose che si dicono ai bambini. Ho saputo molti anni dopo cosa era successo, quando sono cresciuto e mi sono documentato. Ho rivissuto l'orrore di quella sera centinaia di volte". Sa come è andata ? "Sì. Come ho già detto mio padre era medico, ed era anche piuttosto grosso quindi era riuscito ad uscire dallo stadio e a mettersi in salvo. Ma appena arrivato fuori ha visto un ragazzo a terra, ferito, ed è rientrato dentro lo stadio per soccorrerlo. Però mentre gli stava facendo la respirazione bocca a bocca è stato travolto da una seconda ondata di persone. E non si è più rialzato". Cosa le rimane di suo padre ? "Pochi ricordi e una medaglia d'argento al valore civile per quel gesto di altruismo che gli è costato la vita. Una cosa di cui vado molto orgoglioso". Cosa ha pensato la prima volta che ha visto le immagini di quel dramma in tv ? "È stato un pugno nello stomaco. Sapere che in quella calca c'era anche mio padre è stato uno choc. E oggi, quando mi capita di rivedere le immagini in televisione, cambio canale". Suo nonno Otello è stato presidente dell'associazione dei familiari delle vittime, come è andato a finire il processo ? "Sono andato spesso con lui a Bruxelles, alle udienze del processo. Ci sono voluti tutti e tre i gradi di giudizio ma alla fine sono arrivate le condanne per l'Uefa, le autorità belghe e per alcuni tifosi del Liverpool, quelli che sono riusciti a individuare. A quei tempi non c'era un sistema di telecamere come adesso, per cui non è stato possibile identificare tutti". Siete stati risarciti  ? Che valore hanno dato alla vita di suo padre ? "Sinceramente non me lo ricordo, ma per noi non è mai stato un problema di soldi, ma di giustizia. E la cosa veramente importante è che dal punto di vista legale quella sentenza ha fatto giurisprudenza. Adesso la Uefa è responsabile di tutti gli eventi che organizza". Sua madre come è uscita da questa vicenda ? "È una donna forte e coraggiosa. Quando mio padre è morto aveva ventotto anni e due figli piccoli da crescere. Io che avevo tre anni e mio fratello che ne aveva uno e mezzo. In più doveva anche finire gli studi. Frequentava medicina. Con l'aiuto dei miei nonni ha cresciuto i suoi figli e si è laureata. È una donna straordinaria". Come fa a non odiare il calcio ? "Quello che è successo all'Heysel non è calcio. È stato un episodio di violenza, un fatto di cronaca che con lo sport non c'entra niente. Il calcio è gioia, socializzazione, voglia di stare insieme. A me il calcio piace, però detesto il resto". Ha ragione, il calcio dovrebbe essere un bel momento di aggregazione, invece sempre più spesso mostra il suo lato peggiore. E i provvedimenti che vengono presi non sono mai adeguati. "È vero, penso anch'io che si dovrebbe fare di più. Mi piace il calcio etico di Prandelli, però non basta. Tutti dovrebbero impegnarsi per ridare al calcio la sua dimensione di sport e basta. Invece troppo spesso è ostaggio della stupidità di alcune persone che non me la sento nemmeno di chiamare tifosi. E io sono stanco. Stanco di vedere che il nome di mio padre, e quelli delle altre vittime, vengono continuamente infangati. Stanco che non si faccia niente per fermare questa barbarie. Stanco che non ci sia rispetto per le famiglie delle vittime, per tutte quelle madri, mogli e figli che hanno perso qualcuno. Molti di quei ragazzi che fanno quei cori nell'85 non erano nemmeno nati, ma che ne sanno loro di chi era mio padre ? Oltretutto il settore Z non era nemmeno quello degli ultrà, che erano stati sistemati da un'altra parte. Lì c'erano tutte persone normali, semplici appassionati, qualcuno non era neppure tifoso della Juventus. E io devo accettare che la loro memoria venga continuamente offesa ? E in nome di cosa  ? Lo ripeto, è una vergogna. Come lo sono i cori su Superga. Ci vuole rispetto e le società in questo dovrebbero avere un ruolo chiave. Sono loro che devono educare i propri tifosi, anche prendendo provvedimenti scomodi. Non si può essere spettatori passivi di questa vergogna".

2 aprile 2014

Fonte: Firenze.repubblica.it 

ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014 

"Heysel, basta offese alla memoria dei morti"

Un giovane aretino perse il padre in quella tragica sera di 29 anni fa: irritato dai recenti cori viola.

LIVORNO - Andrea aveva soltanto tre anni e mezzo quando il padre Roberto Lorentini, medico aretino con la passionaccia per la Juve, morì nel settore Z dell’Heysel, in quella crudele finale di Coppa dei Campioni 1985. Andrea, del padre, si ricorda soltanto attraverso le foto e attraverso la battaglia del nonno paterno, oggi novantenne, che ha fondato l’associazione delle vittime dell’Heysel e ha lottato fino al processo. Andrea oggi ha 32 anni e fa il giornalista nella sua Arezzo. E dopo anni di silenzio ha deciso di intervenire a gamba tesa dopo gli striscioni e i cori arrivati dalla curva della Fiorentina che hanno macchiato la memoria di quei 39 tifosi morti nella curva dell’orrore. "Per anni ho ascoltato di tutto, scegliendo la linea dell’indifferenza. Ma stavolta no, mi sono rotto le scatole. Mio padre è morto a 31 anni per essere tornato in curva per dare assistenza a un bambino, lui era un simpatizzante della Juve, ma soprattutto uno sportivo che voleva godersi un evento unico. E tanti dei morti dell’Heysel non erano ultrà ma sportivi qualsiasi. Ecco perché voglio che si smetta di offendere gratuitamente la memoria di questi morti e fare del male alle famiglie già così colpite, compresa la mia". Lorentini non le manda a dire. "Occorrono sanzioni serie per questi tifosi, ma soprattutto le società devono vigilare ed essere inflessibili. A questo proposito scriverò una lettera ai Della Valle per sensibilizzarli su questo tema. Capisco la rivalità ma si faccia finita una volta per tutte con queste bischerate". La famiglia Lorentini è stata una delle più attive nella conservazione della memoria di Roberto e delle altre vittime del massacro di 29 anni fa. "Ad Arezzo, nel 2005 - racconta Andrea - siamo stati promotori di una partita amichevole tra le formazioni Primavera di Juventus e Liverpool. Per anni la dirigenza bianconera, prima con Boniperti e poi con la gestione della triade, è stata abbastanza distante perché in qualche modo ha sempre voluto rimuovere quel tragico evento. Con l’arrivo di Andrea Agnelli le cose sono cambiate, siamo stati invitati allo Stadium per l’inaugurazione del museo dove c’è una stele in memoria dell’Heysel, ogni anno a mio nonno arrivano gli auguri della società. Mi fa piacere, anche se io simpatizzo per l’Inter... La cosa importante adesso è che si smetta di urlare cose vergognose che feriscono la memoria di mio padre e degli altri morti". (g.b.)

3 aprile 2014

Fonte: Iltirreno.gelocal.it 

ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014 

Roberto Lorentini, eroe per sempre (specie per chi ama lo sport)

di Gianluca Barni

Medico aretino di 31 anni, sposato e con due figli piccoli, era presente allo stadio Heysel di Bruxelles il 29 maggio 1985, per tifare Juventus in occasione della finale di Coppa dei Campioni con il Liverpool.

PISTOIA - Ci sono storie, tragiche, che non possono, che non debbono essere dimenticate. Ci sono storie che il pallone tende a far cadere nell’oblio, vergognandosi che il proprio business le abbia generate, ma che è giusto spolverare e conservare quale preziosa reliquia. Un ricordo da cui imparare. Sempre. Abbiamo avuto la fortuna e l’onore di conoscere nel corso della nostra esistenza dapprima Francesco Caremani, giornalista/scrittore aretino autore de "L’Heysel. Le verità di una strage annunciata" (Bradipolibri) e poi Andrea Lorentini, giornalista di Arezzo, uno dei figli di Roberto Lorentini (nella foto), un eroe, medaglia d’argento al valor civile. Spesso usiamo, storditi di retorica, la parola eroe, affibbiandola anche a chi non lo è (specie a qualche calciatore per enfatizzarne le gesta sul campo, salvo poi arrossire per quelle, poco edificanti, viste fuori dal rettangolo verde). Roberto Lorentini, invece, lo è. Medico aretino di 31 anni, sposato e con due figli piccoli, era presente allo stadio Heysel di Bruxelles il 29 maggio 1985, per tifare Juventus in occasione della finale di Coppa dei Campioni con il Liverpool. Il giovane dottore si era posto in salvo dopo la prima carica omicida degli hooligans inglesi, ma ritornò indietro, sugli spalti, per soccorrere un bambino ferito, secondo alcune testimonianze il sardo Andrea Casula, poi deceduto. Morì, tragicamente, travolto da una seconda carica di ubriachi e feroci delinquenti, mentre era chinato a praticargli la respirazione artificiale. Suo padre, Otello Lorentini, il nonno di Andrea, fondò nel 1987 ad Arezzo l’associazione "Fra i familiari delle vittime dell’Heysel".  Grazie alla sua tenacia, al suo coraggio, alla sua voglia di rammentare quel figlio eroe e tutti gli altri 38 caduti, l’Uefa venne infine condannata e da quel momento il calcio cambiò (miglior organizzazione delle manifestazioni calcistiche, maggior sicurezza degli stadi). In questi giorni, venerdì 4 aprile, ricorreva il compleanno di Roberto Lorentini e Andrea, con un gesto tenerissimo, l’ha rammentato sul social network Facebook, facendogli gli auguri: avrebbe compiuto 60 anni. Gli eroi, si dice cari agli Dei che li rapiscono nel fior fiore degli anni per circondarsene e godere delle loro intelligenze, delle loro sensibilità, muoiono giovani. Roberto Lorentini è divenuto stella, che illumina il cammino dei suoi cari e di chi nel cuore ha un posticino per i gesti nobili. Ma grazie al ricordo, senz’altro più vivo di molti di noi, morti sul nascere, per assenza di principi e valori.

5 aprile 2014

Fonte: Lineefuture.it 

ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014 

The Guardian - I tifosi dello United chiedono giustizia per i tifosi bianconeri ?

Ieri a Goodison Park durante la partita contro l'Everton, i tifosi del Manchester United si sono resi protagonisti di un gesto encomiabile, hanno voluto ricordare le 39 vittime dell'Heysel con uno striscione recante la scritta "JFT39", ovvero "Justice For The 39", in modo da chiedere giustizia allo stesso modo della tragedia di Hillsborough che vide morire 96 tifosi del Liverpool. The Guardian parla anche di un coro che richiede giustizia per le vittime dell'Heysel intonato dai tifosi dello United al minuto 38 del primo tempo.

21 aprile 2014

Fonte: Tuttojuve.com 

ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014 

La memoria non è una spada

di Domenico Laudadio

Lo striscione esposto dai tifosi del Manchester United a Goodison Park durante la partita contro l’Everton nel quale spicca la scritta "JFT39" (Justice For The 39) apparentemente potrebbe insegnarci la via per realizzare un pellegrinaggio verso l’etica e la memoria. Tutto questo evoca l’immagine delle carezze compassionevoli di sconosciuti che consolano l’orfano abbandonato dai genitori, alla frontiera. Non lo educano, non lo nutrono e non lo adotteranno, è un gesto isolato di carità, un atto ispirato dall’emotività o dal sentimentalismo religioso o ancora peggio dall’ipocrisia. Eppure dovremmo applaudirlo forte a scena aperta, ritrovarvi il bandolo della filantropia che lo tesse, ma personalmente non ho ceduto all’emozione e non vi ammiro trame d’incanto. Qualcuno potrebbe persino stupirsi di questo e rimproverarmelo. Allora, mi spiego… Invocare giustizia per i caduti di Bruxelles a 29 anni dalla loro tragica scomparsa è strumentale e in differita. Il processo penale si è chiuso dal 1991. Non ho documentazione di striscioni giustizialisti risalenti a quell’epoca. Molto poco, quasi niente, ma qualcuno ha già pagato con il carcere o con i risarcimenti economici ai familiari delle vittime. La giustizia in senso assoluto non è di questo mondo e meno ancora di un evento allucinante, nato e morto sbagliato… Avrebbe più senso chiedere rispetto per la loro memoria, infangata in numerosi ambiti e non soltanto negli stadi italiani. Qualcuno non lo immagina, ma troppo spesso mi capita di leggere porcate anche sul web e nessuno degli amministratori responsabili lo segnala alla polizia postale. Avrebbe avuto più credibilità da parte degli inglesi una frase priva di risentimento, ma soltanto di amore. Tra l’altro vorrei sottolineare che nelle cariche perverse verso le famiglie della curva Z all’Heysel c’erano hooligans di tutte le squadre inglesi, riuniti in nome dell’orgoglio nazionale. Cui prodest ? Usare la memoria di quei 39 caduti come una catapulta per scalfire l’immagine della tifoseria invisa è subdolamente pretestuoso. Giù le mani dai morti, tutti. Amici e nemici… Garbo, rispetto e buon senso. E vale anche per me. Qualche anno fa la tifoseria della Fiorentina ha tentato un gemellaggio cinico con i reds scampato per il buon senso della tifoseria di Liverpool, camuffando da nonna affettuosa il lupo famelico della nota favola dei Grimm, l’infamia di pochi con l’ammirazione di tutti. Allo stesso modo noi non cerchiamo gemellaggi con nessuno, né tantomeno con il Manchester United, per andare contro qualcuno o qualcosa. Lasciamoli riposare nella pace quei morti. Al bando l’oblio di chi li ha dimenticati colpevolmente e non li onora abbastanza, ma allo stesso tempo la strumentalizzazione di chicchessia. Nessuno osi brandire la memoria come una spada, soprattutto se non è la nostra guerra.

23 aprile 2014

Fonte: Giùlemanidallajuve.com 

ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014 

Per non dimenticare

A Reggio Emilia una delegazione della Juventus ha deposto un mazzo di fiori ai piedi del monumento dedicato alle vittime dell'Heysel.

Il prossimo 29 maggio saranno passati 29 anni dalla tragedia dell'Heysel. Un dramma che ha segnato per sempre la vita di 39 famiglie e quella di milioni di tifosi. La Juventus lo ha ricordato quest'oggi, deponendo un mazzo di fiori di fronte al monumento dedicato alle vittime dell'Heysel, nel parco di via Matteotti, a Reggio Emilia. Pavel Nedved, Fabio Paratici e Mariella Scirea hanno incontrato Enzo Cerlini, Presidente del Comitato "Per non dimenticare Heysel", i rappresentanti del consiglio e Adele Fontana, madre di Claudio Zavaroni, morto a Bruxelles in quella notte maledetta. Un gesto simbolico che non può cancellare il dolore, ma che può aiutare a ricordare a tutti, che simili follie non dovranno mai più ripetersi.

28 aprile 2014

Fonte: Juventus.com 

ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014 

Commemorazione dell'Heysel con Nedved e Paratici

A Reggio Emilia, la Juventus ha deposto un mazzo di fiori di fronte al monumento dedicato alle vittime dell'Heysel, nel parco di via Matteotti. Nedved, Paratici e Mariella Scirea hanno incontrato Enzo Cerlini, presidente del Comitato" Per non dimenticare Heysel", i rappresentanti del consiglio e Adele Fontana, madre di Claudio Zavaroni, morto a Bruxelles in quella notte maledetta.

REGGIO EMILIA - In ricordo dei 39 angeli saliti in cielo. Il 29 maggio saranno passati 29 anni dalla tragedia dell'Heysel. Un dramma che ha segnato per sempre la vita di 39 famiglie e quella di milioni di tifosi. La Juventus lo ha ricordato quest'oggi, deponendo un mazzo di fiori di fronte al monumento dedicato alle vittime dell'Heysel, nel parco di via Matteotti, a Reggio Emilia. Pavel Nedved, Fabio Paratici e Mariella Scirea hanno incontrato Enzo Cerlini, Presidente del Comitato "Per non dimenticare Heysel", i rappresentanti del consiglio e Adele Fontana, madre di Claudio Zavaroni, morto a Bruxelles in quella notte maledetta. Un gesto simbolico che non può cancellare il dolore, ma che può aiutare a ricordare a tutti, che simili follie non dovranno mai più ripetersi.

28 aprile 2014

Fonte: Tuttosport.com 

ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014 

Commemorazione a Reggio Emilia 

Quel ricordo dell’Heysel

di Guido Vaciago

REGGIO EMILIA. Appuntamento rinviato, ma promessa mantenuta. Alla fine la Juventus è andata a rendere omaggio alle vittime dell'Heysel, che proprio a Reggio Emilia hanno il loro monumento più bello e sentito. E così, nel pomeriggio, una delegazione bianconera formata da Pavel Nedved, Fabio Paratici e Mariella Scirea ha deposto un mazzo di fiori di fronte al monumento dedicato alle vittime dell'Heysel, nel parco di via Matteotti. Poi il gruppo ha incontrato Enzo Cerlini, presidente del Comitato "Per non dimenticare Heysel, i rappresentanti del consiglio e Adele Fontana, madre di Claudio Zavaroni, morto a Bruxelles in quella notte maledetta. Il monumento (toccante scultura eretta con i pezzi della maledetta curva Z dell'impianto belga) è stato ristrutturato e dotato di una copertura grazie all'encomiabile lavoro dell'instancabile Comitato e con l'aiuto dei tifosi che hanno contribuito alla sottoscrizione. E vale la pena visitare il sito www.saladellamemoriaheyselit.

29 aprile 2014  

Fonte: Tuttosport

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