Della Valle, e
quei cori sull’Heysel ?
di Paola Cicconofri
Abbiamo sentito di tutto questa
settimana, non ultimo un leggendario sfogo di Della Valle dopo
la squalifica di 4 giornate comminata a Borja Valero. Evidenzio
questo passaggio dell’animato appello del patron Viola alle
istituzioni sportive: "sono quello che ha tolto le barriere
dagli stadi, che ha lavorato per il fair play, per il terzo
tempo, il tutto per mandare messaggi distensivi, ma mi chiedo a
cosa servano". Ma non sei quello che ha condannato i cori
sull’Heysel reiterati anche durante l’incontro di Europa League
del 27 febbraio dai tifosi viola in vista della doppia sfida con
la Juventus. Poiché nessuno osa farlo presente lo facciamo noi.
Ne riporta la notizia anche il Corriere dello Sport Stadio, con
questo virgolettato in prima pagina: "Europa e campionato: 3
sfide a marzo per i bianconeri. Ma quei cori sull’Heysel…". Alla
Gazzetta non ne hanno avuto la percezione perché parlano di
innocui cori contro la Juventus: "Chi non salta è bianconero" e
"Oh gobbi stiamo arrivando". Andrea Agnelli all’indomani del
derby di Torino, si era esposto personalmente per condannare la
tifoseria juventina che aveva esposto degli striscioni
inneggianti Superga. Un gesto esemplare che rischia di rimanere
unico nel suo genere. Anche questa volta, come in tutte le altre
occasioni, l’offesa verso le vittime juventine si finge che non
sia esistita. Nessun commento nemmeno da parte di tutti quei
critici sportivi che hanno urlato la loro rabbia verso le offese
alle vittime di Superga proprio negli ultimi giorni. Un
presidente come Della Valle, che si presenta davanti ad un
microfono ad auto-incensarsi per quanto fatto, può permettersi
di ignorare questo rito barbarico dei suoi tifosi ? Perché non
condanna il gesto così come fatto da Andrea Agnelli invitando i
sostenitori della Fiorentina ad un comportamento più consono in
vista dei prossimi impegni con i bianconeri ? Siamo stanchi di
questa etica a corrente alterna che sembra più un’antipatia
verso i nostri colori piuttosto che una presa di posizione verso
un gesto primitivo come quello di evocare una tragedia come
fosse uno sfottò qualsiasi. Non si spiegherebbe altrimenti
perché certe prese di posizione non siano a 360 gradi.
1 marzo 2014
Fonte: Giulemanidallajuve.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Juve e Toro: una mostra insieme contro gli "imbecilli"
di Dario Pelizzari
Al Museo del Grande Torino sono
esposte fino ad aprile le immagini delle tragedie dell'Heysel e
di Superga. L'obiettivo ? Il reciproco rispetto, come spiega il
curatore Domenico Beccaria.
"Ridurre giorno per giorno il numero
degli imbecilli. Perché rispettare i morti, tutti i morti, è un
dovere più che una necessità". Domenico Beccaria, presidente
dell'Associazione Memoria Storica Granata, spiega le logiche e
il traguardo della mostra "Settanta angeli in un unico Cielo -
Heysel e Superga tragedie sorelle", allestita nei locali del
Museo del Grande Torino a Grugliasco (prima cintura di Torino) e
aperta al pubblico fino al 20 aprile. Fotografie, rimandi,
ricordi. Un tuffo nel passato per dare conto delle due tragedie
che hanno sconvolto il popolo bianconero e granata. Il
tentativo, da accogliere tra gli applausi, di riportare tutto a
casa. Per spiegare che la memoria merita di essere maneggiata
con cura. Sempre e comunque. La mostra è stata inaugurata una
settimana prima di quello che è già stato battezzato dai più "il
derby della vergogna".
Cosa ha pensato quando ha visto gli
striscioni ormai tristemente noti esposti allo Stadium ?
"Abbiamo deciso di aprire la mostra il
16 febbraio proprio perché volevamo sollevare il problema
nell'imminenza del derby. Le dico la verità: quanto ho visto
allo Stadium non mi ha sorpreso più di tanto. Sono cose che
purtroppo succedono da troppo tempo. La mostra nasce con
l'intenzione di sensibilizzare più persone possibile nei
confronti di questo tema, ma va da sé che non tutti sono
disposti a farsi sensibilizzare. Noi speriamo con questa
iniziativa di ridurre giorno per giorno il numero degli
imbecilli. Un'impresa evidentemente difficile, ma isolarli
sarebbe già un grande risultato".
"Superga e l’Heysel sono sorelle, non
cugine alla lontana", ha scritto qualche giorno fa Domenico
Laudadio, un altro dei responsabili dell'iniziativa, sul sito
che cura personalmente (www.saladellamemoriaheysel.it). Le
tragedie del calcio torinese sono unite da un sottile filo rosso
che lega e raccoglie la memoria della città ?
"Ha detto bene Laudadio. Le tragedie
torinesi sono sorelle e non cugine. Sono collegate dal filo
comune della passione per il calcio. Ciò che le ha unite ancora
di più è il vilipendio che negli anni è stato fatto da una parte
e dall'altra come strumento di offesa nei confronti del nemico.
Con la mostra, vogliamo dire anche questo: prenditela con i
vivi, se proprio devi prendertela con qualcuno, e lascia in pace
i morti".
Quali sono state le reazioni di coloro
che hanno visitato la mostra ? Cosa l'ha più colpita ?
"Una delle cose che più mi ha fatto
piacere è stato vedere, nel giorno della gara Juventus-Chievo,
tifosi della Juve che si sono presentati alla mostra con la
sciarpa bianconera al collo. Perché è così che dovrebbero andare
le cose. Dovremmo essere tutti orgogliosi dei nostri colori e
allo stesso tempo rispettosi dei colori altrui. Io sono stato
quattro volte a visitare il museo della Juventus e non ci sono
mai andato in incognito, nel senso che indossavo sempre la
spilla del Toro sulla giacca. E' giusto che ognuno di noi abbia
l'orgoglio di appartenere a qualcosa, ma pure la consapevolezza
che anche gli altri vanno rispettati. Questo è lo spirito delle
persone che hanno finora visitato la nostra mostra. Siamo tutti
capaci a rispettare i "nostri" morti. Dobbiamo imparare a
rispettare anche i morti degli altri".
Gli striscioni esposti nel corso del
derby hanno fatto male un po' a tutti gli appassionati di
calcio, senza alcun vincolo di bandiera. Come ritiene che si
dovrebbe intervenire per risolvere o per lo meno limitare il
problema ?
"Credo che la responsabilità oggettiva
sia un'aberrazione giudiziaria che non ha ragione d'essere. E'
la misura più evidente del fallimento del sistema calcio. La
responsabilità è e dovrebbe sempre essere soggettiva. Tutti gli
stadi possono ormai contare sulle immagini fornite dalle
telecamere, è possibile riconoscere facilmente chi si macchia di
azioni condannabili. Per questo, non credo sia giusto che siano
le società a pagare per quanto commettono alcuni tifosi. A
pagare dovrebbero essere solo e soltanto questi ultimi. Ciò
detto, sarei stato felice di vedere da parte del presidente
della Juventus Andrea Agnelli una presa di distanza un po' più
netta rispetto a quanto abbiamo visto nel corso del derby. Per
carità, il suo tweet è assolutamente condivisibile, è vero che
tutte le disgrazie vanno lasciate in pace, ma l'attualità
imponeva di fare riferimento a quanto era appena successo".
E' notizia di poche ore fa. La polizia
avrebbe individuato i responsabili di uno dei due striscioni
della vergogna. Per loro, Daspo con effetto immediato e
l'ipotesi di un processo che potrebbe portarli in carcere per
alcuni mesi. Punizione sufficiente ?
"Le pene nei confronti di questi
signori non devono essere esemplari. Le pene devono essere
sempre giuste. Le pene esemplari possono creare dei martiri e
non ce n'è proprio bisogno. Sono convinto invece che questi
pseudo-tifosi vadano estratti dal branco all'interno del quale
hanno concepito ed esposto gli striscioni per chiedergli con
molta pacatezza e serenità: ma sei davvero convinto della
bestialità che hai fatto ?. Secondo me, 99 su 100 si rendono
conto di aver fatto una cretinata che è andata molto al di là
delle loro reali intenzioni. Sì, perché non hanno offeso il
nemico, ma delle persone innocenti. Se ammettono di aver fatto
una cretinata, gli si dia quindici giorni di lavori socialmente
utili e nulla più. Se invece parliamo di quell'un per cento di
marci irrimediabili che non hanno la capacità di rendersi conto
del male che hanno fatto, beh, in quel caso sono d'accordo per
il Daspo e se ci sono sanzioni accessorie che vengano applicate
senza alcuna remora".
Oggi la mostra, domani ?
"Stiamo lavorando per far sì che la
mostra sia visitata in settimana anche dalle scolaresche. Perché
un conto è raddrizzare alberi adulti già abbondantemente storti.
E un conto è agire su giovani che non sono ancora formati per
fargli capire che i valori dello sport non sono quelli della
prevaricazione, ma del confronto e del rispetto".
5 marzo 2014
Fonte: Sport.panorama.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Superga e
l’Heysel legge uguale per tutti
di Alberto Manassero
Eureka ! Scopriamo con soddisfatto
stupore che le patrie questure, quando vogliono, sanno separare
il tifo sano da quello malato, l'ultrà dal delinquente, il
focoso dal mafioso. Acciuffati gli autori di almeno uno dei due
striscioni che, nel derby di Torino, irrisero i Caduti di
Superga. Evviva: anche nel calcio vale l'articolo 27 comma 1
della Costituzione, per il quale la responsabilità penale è
personale". Adesso, ci auguriamo ma in verità: pretendiamo che
identico metro venga adoperato sempre, per ogni manifestazione
di deviazione mentale che sfoci nel vilipendio: dall'Heysel a
Facchetti a Pessotto a chiunque, senza distinzione di sesso,
colore, valore e dolore. Con il principio della responsabilità
personale contro le inutili e ingiuste punizioni di massa. Non
desertifichiamo gli stadi, estirpiamo i cervelli bacati.
5 marzo 2014
Fonte: Tuttosport
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Su un pullman dei tifosi viola il "-39" in sfregio all’Heysel
La scritta fotografata su un
pullman che ha portato allo Stadium i tifosi viola. Nessun
incidente prima della partita.
TORINO - Per la serie, purtroppo molto
lunga, "la mamma dei cretini è sempre incinta". Ecco come un
pullman di tifosi della Fiorentina si è presentato allo Stadium
con la scritta "-39" sul retro, riferendosi alla tragedia
dell’Heysel. In compenso l’afflusso allo stadio non ha creato
particolari problemi di ordine pubblico e per il momento non si
segnalano striscioni offensivi o stupidi nelle curve e in
tribuna. ALLO STADIUM - Non solo il pullman purtroppo. Uno
striscione di cattivo gusto sull'Heysel è comparso anche allo
Juventus Stadium nel settore occupato dai tifosi della
Fiorentina.
9 marzo 2014
Fonte: Tuttosport.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Bloooog
Quotidiano di critica del calcio
di Fabrizio Bocca
Gli striscioni sull’Heysel e
quelli su Superga, le tragedie (e le infamità) sono di tutti,
non cambiano se visti da una parte o dall’altra.
Mi hanno segnalato su Twitter
l’immagine - ma insomma la foto sta già facendo il giro un po’
ovunque e non solo quella - dell’orribile e purtroppo ricorrente
striscione "-39" che si riferisce evidentemente ai morti della
strage dell’Heysel, appeso sul lunotto posteriore di un bus che
trasportava tifosi della Fiorentina in trasferta a Torino per la
partita con la Juventus. Viene segnalato con particolare
immediatezza, proprio perché al derby di Torino, nella curva
della Juve era apparso uno striscione sulla tragedia di Superga.
E’ ovviamente un segno dello sprofondo in cui è caduto chi
frequenta il calcio, pensando di andare forse a un’orgia
satanica. Purtroppo non mi sembra una novità; la cosa che mi
colpisce di più è il voler praticare il calcio circondandosi di
lutti e di tragedie, una visione nera e funerea del tifo. Io
sinceramente trovo disperante anche questo rinfacciarsi tali
nefandezze - tu gli striscioni sull’Heysel, e tu con quelli di
Superga - che risponde anche questo alla logica degli
schieramenti, delle divisioni, della contrapposizione a tutti i
costi. Come se tragedie e lutti del genere non siano tutte sullo
stesso piano, non diano dolore a tutti, come se ne cambiasse la
percezione se viste da una parte o dall’altra, come se non
appartenessero a tutti. Ma serve qualcosa parlarne, serve
multare e squalificare ? La tragedia di Superga è del 1949,
perché sono trascorsi dei decenni lasciando in pace quei lutti ?
La tragedia dell’Heysel è del 1985, e solo in questi anni si
assiste alla recrudescenza di tanta inciviltà ? E’ evidente che
siamo riusciti a cambiare il calcio in peggio e che
l’imbarbarimento è preoccupante.
9 marzo 2014
Fonte:
Bocca.blogautore.repubblica.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Cori
antisemiti e striscioni su Heysel
Le curve danno ancora il peggio
di Massimiliano Nerozzi
La denuncia del presidente
delle comunità ebraiche: "Frasi indecenti". I tifosi viola
espongono scritte contro le vittime della tragedia dell’85.
Allo
Juventus Stadium sono stati pronunciati cori antisemiti durante
Juve-Fiorentina. È la denuncia del presidente dell’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, e del presidente del
Maccabi, l’associazione sportiva ebraica italiana, Vittorio
Pavoncello. "Ancora una volta l’imbecillità di alcune frange del
tifo è tornata a palesarsi durante una partita di calcio -
afferma Gattegna - Gli indecenti cori antisemiti pronunciati da
un gruppo di tifosi della Juventus nel corso del nono minuto
dell’incontro casalingo con la Fiorentina, cori amplificati e
propagati anche durante la diretta televisiva, sono la triste
conferma di quanto ancora resti da fare per sradicare odio e
pregiudizio dove dovrebbero invece albergare valori di lealtà,
passione agonistica, amore per lo sport".
"L’auspicio - prosegue
Gattegna - è che possano essere al più presto presi i
provvedimenti più opportuni e che i responsabili di queste
azioni siano messi in condizione di non poter frequentare le
curve degli stadi per lungo tempo". "Fiorentini non italiani, ma
soltanto una massa di ebrei". Oggi le frange più reiette del
tifo bianconero hanno colpito - scrive Pavoncello. Sono sicuro
che la dirigenza della Juventus e il suo presidente sapranno".
Tra i tifosi viola è apparso anche uno striscione con la scritta
"Heysel, -39". Già prima dell’inizio della partita erano stati
immortalati alcuni pullman di sostenitori viola con la stessa
scritta. È di appena due settimane fa la condanna di Agnelli
degli striscioni bianconeri che inneggiavano alla tragedia di
Superga apparsi durante il derby.
9 marzo 2014
Fonte: Lastampa.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Cori
antisemiti e striscioni sull'Heysel: tifo sempre più avvilente
di Aligi Pontani
Era già abbastanza avvilente l'idea di
mettere il cartello -39 sul lunotto del pullman, nel posto dove
in genere si piazzano i santini di padre Pio o il nome della
scuola, come una festosa locandina del pellegrinaggio o della
gita. Lo spirito di quei tifosi viola a Torino doveva essere, in
effetti, quello di un pellegrinaggio di seguaci della demenza da
stadio. Poi però c'è stato lo striscione esposto nel settore
ospiti, con Chiellini paragonato alle scimmie. E il solito -39,
l'Heysel evocato, la colonna sonora con il coro sull'amore per
il Liverpool. Insomma, non proprio un singolo episodio e non
proprio un singolo deficiente. Non proprio un tweet spedito da
qualcuno nascosto dietro un computer, non proprio una bravata
messa su Facebook, non proprio il feroce autocompiacimento di
anonimi annoiati, ma piuttosto la fiera rivendicazione di
appartenenza a un'idea dello stadio come teatro del peggio: noi
godiamo a ricordarvi i vostri morti, ci piace così da sempre e
dunque lo facciamo e basta.
Di fronte allo spettacolo, ha reagito
naturalmente la Juventus, fresca dell'esibizione dei suoi
fedelissimi sul tema Superga, censurata dal presidente Agnelli
in persona. Fedelissimi che anche ieri, per non essere da meno
degli ospiti, si sono segnalati per corsi antisemiti che hanno
provocato la reazione della comunità ebraica italiana. La
Fiorentina, per ora, invece tace. Il club che ha inventato il
lodevole cartellino viola per il fair play, non ha ritenuto per
il momento di mandare un dirigente a dissociarsi: ma magari lo
farà presto, e con la stessa veemenza con cui sono stati messi
sotto accusa arbitri e giudici sportivi.
In un campionato che sul campo ha
pochissimo da dire, d'altra parte, ci si diverte altrove: sui
pullman, in tribuna, fuori dalle curve chiuse per razzismo o
abbandonate per odio verso il presidente, sotto le sedi della
federazione, nei cortei di protesta in motorino. Poi qualcuno
ancora si stupisce che sempre più gente si diverta, la domenica,
a fare proprio altro: una bella gita (senza -39 sul lunotto), un
bel film al cinema (senza colonna sonora sulle stragi), al
massimo una bella partita vista in salotto davanti alla tv.
Bella ? Vabbè, mica sempre, anzi, raramente. Ma almeno i cori
non si sentono e gli striscioni non li inquadrano. Al massimo ti
fanno vedere qualche replay di gente che si mena in area di
rigore.
9 marzo 2014
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Striscioni Inter-Torino: "Rispetto per i morti di Superga e
Heysel"
Al Meazza sono apparse delle
scritte in memoria delle tragedie.
In una giornata di campionato ancora
una volta funestata da cori antisemiti e striscioni censurabili
su tragedie del passato, la luce arriva dallo stadio Meazza di
Milano. I tifosi dell'Inter si sono schierati apertamente con
uno striscione in memoria dei morti delle tragedie di Superga
(dove perse la vita il grande Torino in uno schianto aereo) e
dell'Heysel (dove persero la vita trentanove tifosi juventini):
"Rispetto per i morti". Ancora più romantica la risposta di un
piccolo tifoso del Torino ai tifosi bianconeri: "Quando volo -
si legge nello stendardo che riprende lo scempio bianconero nel
derby - sto con i miei angeli. Forza Toro". Esempi di civiltà in
uno stadio: finalmente.
10 marzo 2014
Fonte: Tgcom24.mediaset.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Lettera ad Andrea Casula
di Francesco Alessandrella
Ciao Andrea,
mi perdonerai se oggi ti chiederò di
rimanere impigliato nei miei pensieri, ancora qualche minuto.
Sarà questo vento freddo che viene dal mare, sarà che, avendo tu
l’età di mio figlio, ti sento un po’ di casa, ma è da qualche
giorno che il tuo pensiero non mi abbandona, piacevolmente.
Sai, da quando sei andato via le cose sono cambiate molto, qui
da noi. No, non la tua Juve. Quella era forte ed è tornata ad
esserlo. C’è Pirlo, al posto di Platini e Tevez al posto di
Paolo Rossi. In porta c’era un numero uno ed ancora c’è il più
forte di tutti. E sulla panchina, caro Andrea, sapessi: uno che
ti sarebbe piaciuto. No, non è quello. È cambiato tutto quello
che c’è intorno, sai ? Ed è tutto più brutto, credimi. Io c’ero
nel 1985, eravamo quasi coetanei, io solo un po’ più grande. E
so che non era così. Non c’è più il rispetto per la vita. E per
la morte. La tua, quella di tuo padre, quella di tanti altri che
l’hanno legata, la morte, ad una storia di sport. Che poi
basterebbe poco, sai, per fermarsi al punto giusto. Basterebbe
che chi si mette lì a scrivere lo striscione o a pensare ad un
coro, da esporre o cantare durante la partita, pensasse per un
solo istante, uno, uno solo, ai tuoi occhi. Agli occhi di un
bambino di 11 anni, innamorato della sua squadra. Alle mani di
un bambino che incolla le figurine dei calciatori sull’album.
Alla precisione con cui attacca i poster nella sua cameretta.
All’attenzione con cui legge le formazioni sul giornale. Alla
gioia di un bambino di 11 anni quando il padre gli comunica che
andranno a vedere la finale di Coppa dei Campioni in Belgio.
Basterebbe poco, Andrea. Basterebbe che ogni volta che qualcuno
intona un coro, uno qualunque, di quelli bastardi, fosse
accompagnato a casa tua, a respirare la tua aria, quella che ti
sei portato con te sull’aereo verso il Belgio, 29 anni fa. A
respirare il vuoto che hai lasciato. Basterebbe poco. Basterebbe
prendere quello striscione e chi l’ha scritto e portarli sulla
collina dove la nebbia impedì che ragazzi che giocavano a
pallone diventassero uomini e che gli uomini che li
accompagnavano potessero raccontare la tragedia. E sentire il
silenzio dell’addio e lo schianto che è rimasto per sempre
nell’eco. Ecco, Andrea, basterebbe poco. Non so se siamo ancora
in tempo per fermarci, ma so che è necessario provarci. Per te.
Per mio figlio che ha la tua età, una squadra nel cuore, le
figurine sull’album e i poster nella cameretta. E che merita di
più di questo mondo bastardo nel quale siamo precipitati.
Ciao Andrea!
11 Marzo 2014
Fonte: Spaziojuve.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Juve, i tifosi della Fiorentina cori sull'Heysel
Mentre la Procura Federale
opera per un "supplemento d'indagine" spunta un video di
domenica con un coro di tutto il settore ospite inneggiante al
Liverpool.
TORINO -
Abbiamo ricevuto questo video registrato pochi minuti dopo la
fine di Juve-Fiorentina da un abbonato al settore Est dello
Stadium. Lo pubblichiamo (anche in considerazione del
supplemento di indagini ordinato dal giudice Tosel) insieme a
quanto scritto da chi ha filmato. "Essendo abbonato in tribuna
est, domenica alla fine del match mi sono avvicinato al settore
ospiti. Volevo guardare da vicino le facce di chi durante una
partita di calcio trova modo di scomodare i 39 morti di
Bruxelles, sbeffeggiando il dolore dei loro familiari. Mi sono
fermato a pochi passi da loro. Stavano intonando un coro
sinistro che aveva a che fare coi "39 sottoterra".
Poi silenzio. Quasi
istintivamente ho spinto rec sullo smartphone. E’ partito un
urlo, "Liverpool !", poi un altro, "Liverpool !", e in un attimo
il coro è decollato, un coro potente e totale, che ha coinvolto
tutto il settore, "Amo Liverpool, amo Liverpool". Tutti con
entrambe le braccia protese verso il cielo, che al cielo era
indirizzato quell’insulto. Eppure non ho provato nulla in quel
momento. Né sconcerto, né rabbia, né stupore, né dolore. Uno
stranissimo nulla si è impossessato dei miei pensieri. Una
stilla di vertigine dentro a un senso di vuoto".
11 marzo 2014
Fonte: Tuttosport.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Striscione
sull'Heysel: individuato tifoso
La questura di Torino ha reso
noto di avere individuato il tifoso della Fiorentina
responsabile di avere esposto domenica scorsa, per la sfida
contro la Juve, uno striscione offensivo nei confronti della
memoria delle vittime dell'Heysel.
TORINO - La questura di Torino ha reso
noto di avere individuato il tifoso viola responsabile di avere
esposto domenica scorsa, per Juventus-Fiorentina, uno striscione
offensivo nei confronti della memoria delle vittime dell'Heysel.
La Digos ha accertato che lo striscione era in realtà un grande
foglio di carta ripiegato e nascosto in tasca che un tifoso
viola ha appeso alla vetrata che separa il settore ospiti dalla
curva. Il foglio è stato fotografato da altri tifosi e diffuso
sui social network. "Sono in corso di completamento - precisa la
questura di Torino, che ha diffuso un comunicato - le indagini
volte alla completa identificazione del tifoso, che verrà
deferito all'Autorità Giudiziaria per l'accertamento delle
responsabilità penali". Nei confronti del tifoso - aggiunge la
questura - "verranno avviate le procedure per l'irrogazione di
un Divieto di Accesso agli impianti in cui si svolgono
manifestazioni Sportive". La Questura ha diffuso anche due
fotografie. La prima è la foto dello striscione oggetto di
indagine. La seconda è la foto della zona del settore ospiti
dello Juventus Stadium in cui lo striscione è stato esposto.
11 marzo 2014
Fonte: Tuttosport.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Offese vittime Heysel, i Della Valle escano allo scoperto
di Marco Gargini
FIRENZE - In questi giorni è assordante
il silenzio dei fratelli Della Valle su quanto accaduto in
queste ultime settimane ad opera di alcuni pseudotifosi della
Fiorentina. Sin dai match con l’Esbjerg, in attesa delle sfide
con la Juventus, dai settori viola si levavano cori inneggianti
al Liverpool e di conseguenza dileggianti la memoria delle 39
persone che persero la vita all’Heysel. Tra le vittime
innocenti, è sempre bene ricordarlo, c’erano anche due
minorenni, l’11enne Andrea Casula e la 17enne aretina Giuseppina
Conti, ma anche due tifosi di un’altra squadra, gli interisti
Tarcisio Salvi e Mario Ronchi, quest’ultimo che aveva
accompagnato l’amico Amedeo Spolaore, anch’egli scomparso quella
tragica sera di fine maggio ’85. Domenica è stato toccato
veramente il fondo, con un pullman proveniente da Pontedera che
recava la scritta col nastro adesivo "-39" sul lunotto
posteriore, con i continui cori inneggianti al Liverpool sin
dall’arrivo allo stadio e con lo sfregio di quel "-39 ! Heysel"
scritto su un cartellone esposto allo Juventus Stadium. L’autore
di questo A3 è stato individuato dalla Digos e si beccherà
almeno il Daspo. Nel mezzo, i cori antisemiti degli juventini e,
infine, il tweet ironico, ma che doveva essere risparmiato,
della società bianconera sulla bistecca mangiata a pranzo. Forse
incalzato dalla presa di posizione di Mariella Scirea, moglie
del compianto Gaetano (capitano di quella Juventus che
all’Heysel vinse la cosiddetta "Coppa dei Campioni di sangue"),
la quale ha espresso la volontà di far togliere il nome del
proprio marito dalla curva bianconera, anche il presidente della
Vecchia Signora, Andrea Agnelli, ha preso le distanze dal tifo
becero. Ma aveva già dimostrato signorilità la scorsa settimana,
condannando immediatamente gli striscioni dileggianti la memoria
delle vittime di Superga. Certo, lo stile Juventus è caduto
molto in basso (con l’Avvocato Agnelli una cosa del genere non
sarebbe mai accaduta) con quel tweet ironico che potrebbe
addirittura portare sfortuna in vista della "cena" di domani in
Europa League, ma la Fiorentina non può stigmatizzare soltanto
questo sberleffo attraverso le parole di un ex dirigente,
Giancarlo Antognoni. I fratelli Della Valle hanno il dovere di
condannare pubblicamente i continui cori, striscioni e magliette
dei propri tifosi che incitano alla tragedia del 29 maggio 1985.
Non basta che La Gazzetta dello Sport riporti la notizia del
disappunto, tra l’altro rimarcato in via privata, del presidente
della Fiorentina Andrea Della Valle per il comportamento dei
tifosi della squadra viola. I Della Valle devono intervenire e
subito. Tante volte abbiamo letto che i Della Valle sono quelli
che hanno tolto le barriere dagli stadi, che hanno lavorato per
il fair play e per il terzo tempo. Ed è proprio per dare
concretezza a quelle parole che adesso i Della Valle devono
venire allo scoperto (anche per non sembrare ostaggio delle
frange più estreme dei propri ultras), invitando i tifosi della
propria squadra a un comportamento più civile e soprattutto più
umano e dando una mano alle forze dell’ordine per identificare
gli autori di questi scempi. E lo stesso discorso vale per tutti
gli altri, tra cui anche Andrea Agnelli e la sua Juventus, la
quale almeno potrebbe cercare di stemperare gli animi invece di
deridere pubblicamente i fiorentini via Twitter. Si sa che quel
4-2 dell’andata è una ferita che ancora brucia, ma non per
questo si deve mancare di rispetto ad un’altra società
calcistica fomentando ancora di più gli animi. D’altronde il
calcio, nonostante tutti i soldi che circolano e tutti gli
interessi che ci girano attorno, va preso per quello che è: uno
sport, e quindi, una festa.
12
marzo 2014
Fonte: Toscananews.net
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
I
Miserabili
di Giulio Gori
Il continuo oltraggio dei morti
dell’Heysel, i doppiopesismi di certa stampa che somiglia a
carta straccia, la miopia e l’opportunismo della giustizia
sportiva… Sono tutte sconcezze che conosco bene e che mi
feriscono, come feriscono ogni persona onesta e perbene.
Ma sono stufo anche di sentire i
ritornelli del "eh, ma gli altri…" o del "lo facciamo per
difenderci". Di fronte alle offese ai morti di ogni colore, di
fronte al razzismo, di fronte all’omofobia, di fronte alle
derive antisemite, non ci sono né noi, né loro. Le appartenenze
calcistiche scompaiono ed esiste solo la civiltà. Non voglio
soffermarmi sull’analisi semantica di un coro, né intendo
perdere un minuto per spaccare il capello sui se e i ma di uno
striscione. Non ci sono momenti o contesti che tengano. Il
calcio deve fare un passo indietro e dobbiamo dirci se siamo
uomini e donne degni di guardarci allo specchio. Questo conta.
Eppure, quanto sarebbe bello il pallone delle sane rivalità e
degli sfottò con il sorriso sulle labbra, senza bisogno di
scendere in presunte divisioni antropologiche tra buoni e
cattivi stabiliti in base al colore di una maglia. Non sono
certo un moralista, di sicuro non mi scandalizzo per un
goliardico "merda" (il turpiloquio fa parte integrante del
vocabolario di ogni persona colta), né per gli sfottò nei
confronti di una squadra; ma ci sono limiti, come
l’antisemitismo, per citarne solo uno, che l’intelligenza
dovrebbe consigliare di non varcare. Lo dico da juventino di
Firenze che ogni giorno (non due volte all’anno) si batte,
s’incazza e s’indigna contro i cretini dei "-39". Per me,
neppure gli imbecilli sono divisibili per colore, sono tali e
basta. E come non ho paura di tirarmi addosso il sarcasmo
stupefatto dei miei concittadini quando pretendo rispetto per le
vittime dell’Heysel ("oh, ma perché ti scaldi tanto ?"), allo
stesso modo non ho nessun timore di procurarmi le antipatie dei
supporter bianconeri. Perché è arrivato il momento di imparare a
discriminare, stavolta sì, tra meschini e persone perbene.
Ciascuno si faccia un esame di coscienza e scelga da che parte
stare. A ben guardare, in questo gioco all’insulto sistematico a
uscirne con le ossa rotte è anche il sacrosanto diritto a poter
insultare davvero qualcuno: l’insulto è una cosa importante, è
un modo per manifestare i propri valori quando qualcun altro li
viola pesantemente. Ma quando gli "altri", nessuno escluso, sono
sempre carogne e bastardi, quando i nemici sono sempre e
dappertutto, quando il minimo sospiro altrui è causa della tua
indignazione, allora insultare diventa un atto onanistico. Se
poi non sei neppure capace di usare parole di qualità, di andare
al cuore del problema (sempre che ce ne sia davvero uno), e a
causa della tua ignoranza invochi argomenti odiosi che non
c’entrano un tubo (che siano morti, razze, genocidi o malattie),
il risultato è che oltre ad essere un fesso diventerai anche un
miserabile.
13 marzo 2014
Fonte: Juventibus.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
A Torino
Superga e Heysel, la
mostra
di Francesco Caremani
"Settanta angeli in un unico
cielo. Heysel e Superga tragedie sorelle" contro chi vuole
dimenticare.
"Le stragi di Superga e dell’Heysel
sono luoghi sacri e inviolabili della memoria di tutti. Non
esistono bandiere né fedi sportive antitetiche. Abbiamo così
pensato a un gesto semplice e forte per ribadirlo alla comunità
sportiva e non, agli "uomini di buona volontà" e a quelli che
continueranno, nonostante tutto, a stuprare la pietà e la
dignità umana". È con queste parole che Domenico Laudadio,
ideatore e realizzatore del Museo Virtuale
saladellamemoeriaheysel.it, Domenico Beccaria e Giampaolo
Muliari, rispettivamente presidente e direttore del Museo del
Grande Torino e della Leggenda Granata hanno dato il là a un
evento unico nel panorama calcistico italiano: la mostra
"Settanta angeli in un unico cielo. Heysel e Superga tragedie
sorelle", che fino al 20 aprile sarà possibile visitare presso
il Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata a Grugliasco
(Torino).
Un messaggio forte e chiaro contro chi
continua a urlare cori ed esporre striscioni all’interno di uno
stadio, dimenticando, nel caso della tragedia dell’Heysel, che
ben quattro toscani vi persero la vita e che dei trentadue morti
italiani ben tre erano tifosi dell’Inter, andati a Bruxelles
insieme agli amici di una vita, oltre il tifo e i suoi colori.
Questa mostra è un segnale forte, forse l’ultimo al quale il
calcio italiano può aggrapparsi prima di abdicare
definitivamente alla guerra per bande che da decenni ammorba
tutto il movimento sportivo e che potrebbe essere fatale alla
sua stessa sopravvivenza.
13 marzo 2014
Fonte: Corrierefiorentino.corriere.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Vergogna da stadio: Heysel, Superga e tanta ignoranza negli
striscioni
Tra moralismo e sanzioni
leggere, come hanno punito le autorità calcistiche gli
striscioni irrispettosi delle tragedie e dei defunti negli
ultimi anni ?
La piaga degli "striscioni vergognosi"
da anni perseguita il calcio italiano. La longevità di questo
fenomeno è dovuta anche alle sanzioni della Giustizia Sportiva,
spesso molto leggere e poco efficienti. Basta considerare solo
alcuni dei tanti esempi che vedono protagonisti gli
pseudo-tifosi. Spesso questi toccano le grandi tragedie che
hanno sconvolto il nostro calcio. Il "-39" dello striscione
viola allo Juventus Stadium richiama alla mente la tragedia
dell’Heysel del 29 maggio 1985, in cui rimasero uccise 39
persone, quasi tutte di fede bianconera. Quasi, appunto. Almeno
due, Marco Ronchi e Tarcisio Salvi erano interisti. E proprio
alcuni sostenitori nerazzurri, durante Inter-Juventus del 30
ottobre 2011, esposero uno striscione che recitava: "Acciaio
scadente, nostalgia dell’Heysel". Probabilmente gli autori di
questo orrore non sapevano che su quella balaustra, quella sera,
non c’erano solo tifosi della Juve, ma soprattutto sportivi che
volevano godersi uno spettacolo sportivo e nulla più. Nella
stessa partita non mancarono altri versi poco rispettosi.
"Agnelli, crepa" e "Facchetti non parla più" (l’ex presidente
interista era scomparso da circa 5 anni), sono solo due degli
esempi che ci fanno capire bene l’atmosfera che si respirava a
San Siro, da una parte e dall’altra. Per chi si chiedesse: e le
sanzioni ? Ventimila euro di ammenda al club lombardo e
diecimila a quello piemontese. E come non ricordare il derby di
Torino andato in scena il 24 febbraio scorso ed i conseguenti
striscioni sbucati dagli spalti bianconeri ("Quando volo, penso
al Toro" e "Solo uno schianto") utili solo a gettare fango su di
una tragedia, quella di Superga, che nonostante il tempo rievoca
ancora dolore non solo ai familiari delle vittime ma a tutti gli
sportivi italiani. Ebbene, anche in questo caso le pene inflitte
da chi dovrebbe estirpare questo malcostume non sono sembrate
adeguate ai fatti: sono stati inflitti tre Daspo ed è stata
combinata alla Juventus una multa di 25mila euro. Con buona pace
di chi si attendeva una risposta forte contro queste frange e
delle lacrime di Sandro Mazzola.
14 marzo 2014
Fonte: Contrordine.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Due curve, due misure
di Emilio Targia
Mi costa fatica tornare a scrivere
ancora una volta dell'Heysel. Ma non posso sottrarmi. Non devo,
né voglio. Sì. Siamo ancora una volta qui a ripetere, a
ripeterci, le stesse cose. A battere sullo stesso muro. Che
sembra di gomma. Resistente e silenzioso. Sono anni, decenni,
che in alcuni stadi d'Italia l'insulto alle vittime dell'Heysel,
nelle sue più diverse e perverse declinazioni (cori, striscioni,
cartelli, magliette) rientra in un territorio di quasi totale
impunità. Anni nei quali ne abbiamo viste - e sentite - di tutti
i colori. Dai lugubri cori-filastrocca, alle maglie viola con il
"-39" sulla schiena, alle scritte con lo spray, agli insulti via
web, alle pagine-vergogna sui social network, fino a
quell'enorme striscione "acciaio scadente, nostalgia
dell'Heysel", che finì ripreso da tutte le tv del mondo. Un
film-horror che viene quasi sempre snobbato, catalogato come
"folklore" locale, o liquidato come esibizionismo superficiale.
I media ne parlano solo quando costretti, con toni blandi e mai
realmente scandalizzati, e i referti sono sempre così scarni che
i giudici al massimo sanzionano i "monelli" con qualche multa.
Eppure l'Heysel - il nome che fu di uno stadio, oggi il nome di
una strage - significa tante cose. E quell'enorme sudario di
Bruxelles, 39 morti e 300 feriti, meriterebbe ben altro
rispetto, ben diversa considerazione. Perché quella è una
montagna di dolore che nessuna parola può provare a scalare. Una
montagna di dolore che però ad ogni insulto sussulta ancora.
Perché è carne viva, quel dolore, e memoria accesa. Non carta
consegnata agli archivi. E' chiaro ? Non c'è, che io ricordi, un
solo caso di chiusura di una curva o di uno stadio che sanzioni
gli insulti alle vittime dell'Heysel. Non c'è, che io ricordi,
nessun editoriale in prima pagina che chieda ai giocatori di
"lasciare il campo" al primo coro-canaglia sull'Heysel. Domenica
9 marzo, dopo il match di campionato tra Juventus e Fiorentina,
si è toccato l'apice. Il coro di un gruppetto di tifosi
bianconeri della curva sud dello stadio (quantificato poi dalla
Digos in circa 100 persone), che rivolgeva ai viola
apprezzamenti poco gentili e li identificava come "ebrei", è
diventato in pochi minuti un vero e proprio caso politico, oltre
che sportivo. E dopo l'intervento indignato del presidente
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, il
fatto era immediatamente in tutte le homepage dei principali
quotidiani con il massimo risalto, così come con la massima
evidenza veniva trattato dalle principali emittenti-radio
televisive e dai quotidiani in edicola il giorno seguente. Ma se
per l'esecrabile coro pronunciato da quel gruppo di tifosi al 9°
minuto del match il dispiegamento mediatico era totale, e ad
altissimo volume, per i cori reiterati, pronunciati nel corso
del match dall'intero settore ospiti occupato dai viola, che
inneggiavano a Liverpool, e che intonavano una oscena
filastrocca sui "39 sottoterra", che faceva raggelare il sangue,
il mondo dell'informazione faceva inspiegabilmente un passo
indietro. E il volume lo abbassava. Sia ben chiaro che qui non
stiamo stilando nessuna sgradevole ed inopportuna "classifica"
del dolore e del cattivo gusto. Ma come è possibile accettare
che nel mondo dell'informazione crossmediale 2.0 telecamere e
microfoni si accendano solo in una direzione ? Non sono serviti
nemmeno i video pubblicati sul sito di Tuttosport e sui social
network, che documentavano in modo inequivocabile quei cori del
settore ospiti che sbeffeggiavano più volte le vittime
dell'Heysel. Tutti insieme, a mani alzate, "Amo Liverpool !",
indirizzando evidentemente quel coro al cielo, con cinica
lucidità. "39 sottoterra !" Rasoiate su quel dolore ancora vivo.
Ogni coro, una coltellata. Perché non ascoltate ? Perché non
capite ? Perché non ne parlate ? Perché non rispondete ? Sarebbe
stato lecito aspettarsi qualche segnale. Qualche gesto. Una
immediata acquisizione del materiale da parte della procura. Un
"supplemento di indagine" che davvero "indagasse". Delle scuse
dai Della Valle, e un ammonimento definitivo ai coristi da
strage. Un'intervista a qualche parente delle vittime di
Bruxelles. Qualche servizio televisivo, qualche pagina di
approfondimento, qualche speciale radiofonico. Qualche urlo di
sdegno, qualche alzata di toni, qualche richiamo al palazzo. Il
circo mediatico invece accende lampeggianti di colpo, sfreccia
veloce a sirene spiegate, poi parcheggia in garage e se ne
riparla la prossima volta. Forse, alla fine, quando si
ingrossano chirurgicamente le fila del partito dell'odio, con
una lapidazione mediatica costante e pressante, pratica
irresponsabile per vendere qualche copia in più, o per
compiacere in tv le altre tifoserie, alla fine, anche quei cori
di 3000 persone che deridono le vittime innocenti di Bruxelles e
i loro cari, sembra quasi che non ci siano. Solo un rumore
lontano.
16 marzo 2014
Fonte: Juventibus.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Torino, provincia di Juventus - Avversari, non nemici
di
Nino Ori
In un piovoso sabato di inizio
marzo, con l'amico Marco Sanfelici decidiamo di andare a
Grugliasco, a vivere un pomeriggio per noi anomalo. A Villa
Claretta, a visitare la sezione del "Museo del grande Torino e
della leggenda granata" dedicata da alcune settimane (e fino al
20 aprile) alla mostra intitolata "Settanta angeli in un unico
Cielo - Heysel e Superga tragedie sorelle". Con noi, un mio caro
amico d'infanzia, di fede granata.
L'idea, semplice ma estremamente
complessa nella sua realizzazione, è quella di superare le
idiozie di parte (inutile dar loro ulteriore spazio
ricordandole), almeno di fronte al dolore per la morte.
Difficile da far accettare, certo. A maggior ragione in un clima
come quello attuale. E infatti, non sono mancate le
incomprensioni, le disapprovazioni, i distinguo, il dissenso
verso questa iniziativa, promossa dai responsabili del Museo del
grande Torino e dall'amico Mimmo Laudadio, curatore del museo
virtuale www.saladellamemoriaheysel.it. Due tragedie diverse per
le modalità con cui sono avvenute, certo. Da una parte una
disgrazia, una tragica fatalità e dall'altra una strage, un
folle omicidio. Due tragedie diverse per la notorietà delle
vittime, certo. Da una parte un'intera squadra di grandi
campioni, oltre ad alcuni giornalisti e accompagnatori, e
dall'altra un gruppo di tifosi che pensava di assistere ad una
partita di calcio. A dividere i due terribili eventi ci sono 36
anni: a Superga il 4 maggio 1949 perirono 31 persone, a
Bruxelles il 29 maggio 1985 le vittime furono 39. Tutto vero. Ma
a dividere le due tragedie, in maniera insensata e immotivata,
ci sono soprattutto le contrapposizioni becere e tanto inutile
odio. Ad ognuna delle 70 persone che persero la vita in quelle
tragiche circostanze è dovuto lo stesso rispetto. Tragedie
diverse ? No, tragedie sorelle, come dicono gli organizzatori
della mostra. Le più grosse tragedie sportive della città di
Torino, che coinvolgono entrambe le squadre di Torino. E che
dovrebbero unire le tifoserie, non dividerle. Ed è di questo che
ci ritroviamo a parlare con il volontario che, rigorosamente in
felpa granata, ci accompagna all'interno della mostra. Le
sconvolgenti immagini della carneficina dell'Heysel (messe a
disposizione da Salvatore Giglio, fotografo storico della
Juventus) sembrano mescolarsi, anche se i pannelli sono solo
vicini, con i ritagli di giornale e le fotografie di Superga e
dei campioni periti in quel disastro. A meno di una settimana
dal derby, con le sue polemiche e i suoi veleni, riusciamo a
parlarne come si parla tra persone normali, che non consentono
all'opposta fede sportiva di prevalere sul rispetto dei valori
umani. Per motivi legati all'età, non ho ricordi diretti
riferibili alla tragedia di Superga. Li ho invece di quella
maledetta sera dell'Heysel. No, non ero là. Ma c'erano tanti
miei amici. Tornarono tutti a casa, qualcuno malconcio, quasi
tutti segnati da ciò che avevano visto. Da allora io stesso, per
almeno 10-12 anni, non riuscii più ad andare allo stadio. Non ho
però mai compreso la necessità di rispondere alla follia omicida
con l'odio incondizionato e generalizzato. Non credo sia un modo
sensato (ammesso che ne esista uno) per onorare la memoria delle
vittime di quella sera. Ho sempre disapprovato i comportamenti
di quelli che "odio Liverpool", "English animals" e similari.
Non riesco a comprendere cosa c'entri il non dimenticare con il
manifestare il proprio odio, come se si trattasse una specie di
guerra santa. Al netto delle ipocrisie, dei pregiudizi e dei
preconcetti, credo che non si possa odiare, per la follia
omicida di qualche centinaio di delinquenti, un'intera città o
un intero popolo, o addirittura un'intera nazione. La ferita
dell'Heysel è aperta, certo. Ma non è con il "machismo" e
l'ostentazione della necessità di odiare e di contrapporsi che
la si chiude o la si risolve. E non è solo un problema
culturale. Finché non si superano certe logiche, avremo sempre i
cori, le magliette, gli slogan infamanti e le scritte col "meno
39". E continueremo sempre a darla vinta all'idiozia di chi
straparla di esultanze, di partite da rigiocare, di coppe
insanguinate. Quella tragedia è stata troppo spesso e da troppe
persone (e per troppo tempo) colpevolmente dimenticata, o
addirittura nascosta. Perché è vista come una tragedia di parte,
una tragedia juventina, e non una tragedia dello sport, una
tragedia di tutti... Come se perfino i morti avessero un colore
o una fede sportiva. A maggior ragione, all'interno della mostra
di Grugliasco, sarebbe anacronistico pensare ai "nostri" morti
da contrapporre a quelli degli "altri". Non ci sono tragedie
nostre e tragedie altrui. Non ci sono differenze. Chi avesse
voglia non dico di trovarne ma anche solo di cercarne
dimostrerebbe di non aver capito nulla di quelle immagini, e non
farebbe altro che avallare i comportamenti di chi dileggia e
infama da decenni quelli che ritiene essere i morti degli altri.
Restiamo avversari, certo, ma essere anche nemici non ci
migliorerà. Continuiamo pure con gli sfottò, ci mancherebbe: il
derby ci sarà sempre, dentro e fuori dal campo. Noi ladri e voi
sfigati. Siamo tifosi, bianconeri e granata, ma gli uni come gli
altri innamorati della propria squadra e dei propri colori.
Siamo diversi, forse... E rimarremo tali. Senza bisogno però di
perdere il rispetto per tutti, vivi e morti... E per se stessi.
Le faide lasciamole a chi si nutre di odio.
19 Marzo 2014
Fonte: Juventinovero.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
La lumière est la mémoire
di Domenico Laudadio
Nonostante le puntuali
segnalazioni all'amministrazione comunale della capitale europea
ancora problemi d’incuria all’illuminazione della meridiana
monumento dedicata alle vittime dello stadio Heysel di Bruxelles
nell’area adiacente all’ex stadio.
Un attore, quando ancora mi dilettavo
amatorialmente nella scrittura e nella regia del mio adorato
teatro di prosa, mi disse che su ogni palcoscenico restava
impressa fantasmagoricamente una parte di noi… Aveva
sensibilmente ragione. Mi emozionava molto pensare che sulla
sedia del mio camerino erano passati anche Eduardo, la Melato o
Giorgio Albertazzi… Cosa rimane, invece, della tragedia
dell’Heysel davanti al piazzale dello stadio dove furono
allineati i poveri corpi delle vittime è invece al momento ben
visibile in un simbolo scultoreo luminescente: la meridiana
inaugurata nel 2005 in occasione del ventennale della strage.
Brillano 39 piccole luci sul braccio svettante al cielo ed altre
39 sono incastonate nel pavimento. Inevitabilmente le lampade si
fulminano, esattamente come il fato crudele spense le vite dei
39 angeli in quel pomeriggio maledetto del 29 maggio 1985.
Capita che tifosi mi scrivano per segnalarmelo, delusi.
Indifferenza e menefreghismo alla base della mancanza di cura da
parte dell’amministrazione locale per quelle lucine, uno sfregio
al loro palese significato. La lumière est la mémoire. La luce è
memoria, spegnetela e il mondo calerà nelle tenebre, le stesse
che offuscano le menti decerebrate di chi offende tutti i morti
del pallone negli stadi ad ogni latitudine dello stivale. Il
buio è il vero padrone del mondo, ma si può sconfiggerlo
accendendosi nello sfregarsi di un atto di amore nel
concepimento di un figlio o di una opera d’arte in
quell’all’attimo irripetibile del talento che è caro ad ogni
artista, nell’abbraccio insperato di due litiganti. La luce è
vita, speranza di andare oltre ciò che non si può vedere… Ho
scritto altre volte al Borgomastro di Bruxelles, sono cambiate
le facce dei politici, ma le luci tramontano sempre
inesorabilmente come le buone intenzioni di chi a volte ha
saputo anche rispondermi con sorprendente celerità. Ognuno di
quei faretti è per noi un volto caro, una carezza che non è
ritornata. Oggi è la festa del papà, mi è difficile non pensare
a Giovanni e Andrea Casulà, padre e figlio caduti all’Heysel uno
al fianco dell’altro nella calca omicida causata dalle cariche
di quelle bestie rosse di satana. Un abbraccio ora divenuto
eterno, altissimo e irraggiungibile per noi che possiamo
condividerlo soltanto con un segno semplice fatto
d’incandescenza fra terra e cielo. Molto più di dieci lampade
fulminate, molto più d’una voce di spesa nel bilancio consuntivo
e preventivo di una capitale europea, perché senza luce non v’è
memoria, perché il buio s’insinua nelle menti dalla creazione a
profanare la ragione e la dignità degli uomini prossimi al
baratro della stoltezza. Vigilare su di esse e riaccenderle
sempre o per sempre: la nostra piccola preghiera al Sindaco di
Bruxelles. Anzi, riaccendiamoci anche noi, tutti, perché, come
sentivo cantare dolcemente alcuni anni fa in un noto salmo: "La
ténèbre n'est point ténèbre devant toi: la nuit comme le jour
est lumière". E così sia…
19 marzo 2014
Fonte:
Saladellamemoriaheysel.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Europa League, Fiorentina-Juve: Cori offensivi dai tifosi viola
Ancora cori idioti a funestare
lo spettacolo della sfida di Europa League al Franchi.
FIRENZE - Ci risiamo: ancora cori
idioti a funestare lo spettacolo di Fiorentina-Juventus. Prima
della partita alcuni pseudo tifosi della Fiorentina hanno
intonato il coro: "Amo Liverpool" (tutta la curva Fiesole e
parte della tribuna), mentre ai giornalisti di Mediaset è stato
quasi impossibile intervistare Beppe Marotta a bordo campo per
gli insulti ricevuti dall’ad bianconero. Un gruppo sparuto ha
anche intonato l’idiota coro "Salta con noi, Gianluca Pessotto".
Finale esacerbato poi da un gesto di Lichtsteiner al pubblico
viola al fischio finale che lo svizzero spiega così: "Non ho
fatto il gesto dell'ombrello. Ho solo fatto il segno di andare a
casa ai tifosi per sottolineare l'eliminazione. Non hanno smesso
di insultarci per un attimo".
20 marzo 2014
Fonte: Tuttosport.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Striscione con scritte sull'Heysel: deferiti tre giovani
ripolesi
di Matteo Pucci
Esposto all'andata, durante
Juventus-Fiorentina di Europa League: smascherati dalle
telecamere.
BAGNO A
RIPOLI - Sono quattro i tifosi della Fiorentina deferiti
all’autorità giudiziaria di Torino (sostituto procuratore
Antonio Rinaudo) per aver affisso all’interno dello Juventus
Stadium, nel corso della partita di andata di Europa League
Juventus-Fiorentina, un cartello con sopra due foto e una
scritta provocatoria. In una delle immagini c'era il giocatore
della società bianconera Giorgio Chiellini; nell'altra la
fotografia di un gorilla, e la scritta "trova le differenze" (in
foto). Sullo stesso cartello però, era stata vergata anche la
scritta offensiva "-39
Heysel", volta
provocatoriamente a richiamare la memoria del tragico episodio
occorso nello stadio belga di Bruxelles, il 29 maggio dell’1985,
dove persero la vita 39 tifosi juventini. Per questo i quattro
tifosi viola (uno del 1989 e due del 1986, tutti di Bagno a
Ripoli, ed uno del 1996, minorenne, della provincia di Lucca)
sono stati ritenuti responsabili, in concorso, del reato di cui
all’art. 2 bis D.L. 41/07 ("Sono vietati, negli impianti
sportivi, striscioni e cartelli che, comunque, incitino alla
violenza o che contengano insulti o minacce"). Sono stati
individuati ed identificati attraverso le immagini del sistema
di video-sorveglianza presente all’interno dell’impianto
sportivo. Il personale di polizia ha anche eseguito ai loro
danni perquisizioni domiciliari che hanno consentito il
rinvenimento di elementi che permetteranno un’ulteriore
approfondimento investigativo sulla vicenda.
21 marzo 2014
Fonte: Gazzettinodelchianti.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Ma Andrea, morto a undici anni all’Heysel, non me lo toccate
Non è vero che sarebbe bello fermare il
tempo, il bello del tempo è che deve passare. Dovrebbe passare
per tutti. Invece Andrea avrà per sempre undici anni. E’ rimasto
un bambino che aveva dei sogni e molte domande. Sogni di carta
perché i computer non c’erano ancora, non quelli di oggi almeno,
e risposte non sappiamo dargliene neppure adesso che sono
passati quasi trent’anni. Ne avrebbe 40, Andrea, se fosse ancora
qui. Delle 513 partite di Del Piero non ne ha vista neanche una.
Non ha visto Zidane, e Peruzzi, e Buffon. Non ha visto gli
occhialoni di Davids e la testa rasata di Vialli. Non ha visto
la B, chi se ne frega di una retrocessione in serie B, anche
quella sarebbe stata un dono per una vita così presto spezzata.
Andrea avrà per sempre undici anni, non soltanto per la sua
famiglia e per chi ha la Juve nel cuore. Andrea è un nodo che ci
portiamo qui, dentro la gola, tutti noi della famiglia del
calcio. Andrea, e suo padre Giovanni che morì accanto a lui
tenendogli la mano, e gli altri 37 tifosi uccisi a Bruxelles,
stadio Heysel, sono il lutto che dovrebbe appartenere a tutti
noi. Noi che vogliamo urlare e saltellare perché non siamo
bianconeri. Noi che siano nati avendo in testa quella partita
là, perché come disse Diego "quando un giorno me ne andrò
porterò con me la voglia dei napoletani di battere la Giuve".
Noi che stavamo di notte sotto l’albergo a suonare i clacson per
non far dormire Platini. Noi che battevamo le mani e urlavamo
Dino-Dino, ogni volta che Zoff tornava da avversario a Napoli.
Noi che abbiamo esultato al gol di Magath. Noi che abbiamo fatto
il sorrisino il pomeriggio della neve a Istanbul. Noi. Insieme
all’altra metà d’Italia che juventina non è. Ma il confine è
questo. Il confine è il lutto. Andrea e i suoi compagni di
viaggio devono essere una ferita di tutti, è carne che brucia,
che non possiamo più portare dentro uno stadio con un coro, con
uno striscione, con una battuta. Se una comunità si regge su dei
valori condivisi, quella del calcio dovrebbe individuare i suoi
valori nel rispetto delle persone. Delle persone morte: morte
all’Heysel, morte a Superga, morte durante un terremoto. E delle
persone vive. Le poche che ancora entrano in uno stadio,
sfidando il freddo, la pioggia, i tornelli, la burocrazia, il
resto aggiungetelo voi. Su tutto il resto scherziamo, e se ne
abbiamo voglia magari litighiamo. Sui rigori, sui fuorigioco,
sulle schede svizzere, su queste scemenze qua. Ma Andrea no.
Vorrei che avesse 40 anni e domani sera fosse qui, a sentirsi
dire che chi non salta juventino è. Andrea no. Andrea non me lo
toccate.
Il Ciuccio
29 marzo 2014
Fonte: Ilnapolista.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Tifosi Napoletani cantano contro l’Heysel prima dell’arrivo del
Bus della Juve
di Angelo Damiano
Sconcertante. Non ci sono altre parole
dinanzi a ciò che sta succedendo in queste ore nel capoluogo
Campano, che si prepara ad accogliere la sfida tra due squadre
che non hanno più nulla da chiedere alle rispettive stagioni. La
Juventus è a quota 81 punti e si appresta a vincere il terzo
Scudetto consecutivo (facendo tutti gli scongiuri del caso), il
Napoli è invece a 61 ed ha visto sparire i suoi sogni tricolore
già da diverso tempo, eppure la situazione sembra essere
tutt’altro che tranquilla alle pendici del Vesuvio. Certo, dopo
l’ospitalità poco "garbata" registrata a Genova e Catania (due
tifoserie che, guarda caso, sono gemellate con quella azzurra)
nessun calciatore della Juventus si aspettava di essere accolto
col tappeto rosso, ma probabilmente stasera si è toccato il
fondo. E pensare che poche settimane fa erano stati proprio i
tifosi del Napoli a far tornare il sorriso all’Italia pallonara,
esponendo all’Olimpico di Torino due striscioni commemorativi,
dedicati al grande Toro e alla strage di Superga che quei
Campioni (rigorosamente con la "C" maiuscola) se li portò via.
Quegli stessi tifosi (o per lo meno alcuni di loro) oggi hanno
deciso di gettare fango sui 39 Angeli che persero la vita nella
tragedia dell’Heysel. "Ti ricordi lo stadio Heysel, Le bandiere
del Liverpool, Diecimila son partiti, 39 non tornan più, era il
giorno del gran massacro per noi ultras un giorno sacro", queste
le vergognose parole che si sentono nel video sottostante,
registrato solo pochi minuti prima dell’arrivo della truppa di
Antonio Conte all’Hotel Parker di Napoli. Sconcertante,
inaudito, scioccante. La squadra della città più bella ed
importante del Sud Italia meriterebbe di essere rappresentata da
altri tifosi.
29 marzo 2014
Fonte: Calciomercato-juve.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Spegniamo il Vesuvio
Preg.mo "Il Ciuccio", non vorrei
scomodare Esopo nell’esordio, ma trovo molta similitudine fra
l’insegnamento del suo scritto e la morale di una favola dove
per una volta, ma non sarà la prima, né l’ultima, persino un
asino insegna l’etica agli esseri umani. Quanto letto nel suo
pezzo dovrebbe bastare per ripristinare quei naturali confini
del bene e del male, dello sfottò e dell’odio, ma purtroppo non
basta più e forse mai sarà veramente sufficiente a colmare le
notorie abiette distanze fra alcune tifoserie. Leggevo con sincera ammirazione e
compiacimento il suo articolo, proprio mentre il pullman della
Juventus, scortato dalla polizia, si era imbucato al centro di
una gigantesca omelette, profumato dagli incensi canonici dei
fumogeni da stadio. Peccato davvero nel rituale stagionale e
tradizionale di accoglienza per quel ragliare in coro sui morti
di Bruxelles che vanificava l’encomiabile eloquio del suo verbo
amabile e saggio. Certamente li aveva previsti anche lei, erano
già nell’aria annunciati, dati quei somari della peggior specie
che all’anagrafe rispondono addirittura a un nome e un cognome,
ma purtroppo mai per la legge che dovrebbe punirli. Non proprio asinelli, quindi,
intelligenti e del mestiere come lei, nascosto bene dietro il
segreto della redazione e di un alias dimesso. E non pensi di
essere così originale in questo, perché in via San Gregorio
Armeno ne troverà moltissimi altri di ottima fattura e buona
volontà come lei a riscaldare il corpicino infreddolito di un
cristo bambino. Umilmente e dolcemente a dimostrazione, quando
il creato si capovolge, che le bestie sono meglio degli uomini
nella storia in cui tramano una nuova strage degli innocenti. Eh, già… Erode è sempre fra noi, caro
mio ciuccio… E davanti alla morte di un povero bambino non vi
troverò mai giustizia, né rassegnazione. E visto che lo ha
rievocato proprio lei, anche se a me costa sempre molto abusarne
della memoria, Andrea non è poi così lontano, mi creda…
Probabilmente stasera sarà al San Paolo dopo aver affrontato un
viaggio da incubo, impaurito da uno sguardo di traverso al
casello o alla stazione, orfano della sua sciarpa bianconera
strappatagli con violenza ed uno sputo e se gli va bene un
calcio in culo a suo padre, bersagliato da piscio e merda in una
pentecoste di livore, nel suo settore di ospite pagante e
indesiderato. Perché, vede, nobile ciuccio, Andrea
siamo noi… E’ proprio mio figlio che a scuola ogni lunedì
mattina si sente dare del ladro per un rigore negato, una
rimessa laterale invertita o una di quelle "scemenze" che
scriveva lei, magari proprio dal primogenito di chi possiede un
suv e la barca, ma non ha mai pagato le tasse. Andrea che non
indosserebbe mai quella maglia destinata a chi non salta perché
è bianconero e che confonde il tifo con il razzismo trasmettendo
per celia un dogma d’intolleranza subdola e strisciante. Io, invece, mi sforzerò sempre di non
confondere tra loro le cose e, nonostante tutto, confesso che
amo Napoli, ho grande simpatia per i Napoletani, ma quelli con
la lettera maiuscola, da cui nascono gli Eduardo e i Troisi...
Per me il Vesuvio è bellissimo nelle cartoline o sugli
striscioni spento e chi ne invoca un prossimo risveglio, se non
per burla, è un emerito coglione. Il calcio è fatto sin dalle
origini di sane pedate: si danno e si prendono e diamocele,
tranquillamente, pure di santa ragione… Ma intorno al pallone ci
sono tanti loschi figuri che vi lucrano il pizzo tutti i santi
giorni, riempiendoci di menate e spargendo sale sulle ferite e
aspidi sui sedili della giostra… Saltate, dunque, dove, quando e
quanto volete per l’orgoglio di non aver scelto i nostri colori,
ma trovando sempre un modo e l’occasione quando è l’ora di
smetterla. Per esempio, davanti ai morti… Il silenzio è già
onore. Io penso che Andrea Casùla avesse in
serbo un altro grande sogno oltre quello di emulare Gigi Riva:
crescere in un mondo diverso. Lo abbiamo tradito sugli spalti e
sul campo, nelle redazioni dei giornali, davanti ad un microfono
o al taccuino di un cronista. Magari una sera, un pomeriggio,
capiterà che il povero Andrea morirà ancora una volta corpo e
anima in uno stadio e la carne insanguinata della zebra farà
persino compassione alle fiere immonde che l’hanno sbranata
dando la colpa ad muro crollato ed agli ipocriti avventori del
safari. Occhio…
Accanto al suo magistrale pezzo nella
colonna affianco ho letto che la Juve è uguale alla merda. Dal
vostro punto di vista ci potrebbe anche stare, per carità, non
amo il fariseismo e questo gergo è talmente in voga... Potrei
anche contraccambiare sostituendo il soggetto, volendo, ma
resterebbe ecumenicamente la stessa puzza. Andrea, molto
probabilmente, vi suggerirebbe di scrivere soltanto Forza
Napoli. Nessuno in quel caso si sentirebbe offeso. A volte basta
veramente molto poco per ricominciare a camminare insieme oppure
a due passi da noi è il baratro e poi non si potrà tornare mai
più indietro. Pensiamoci.
Con profonda stima.
Domenico Laudadio
(Custode www.saladellamemoriaheysel.it)
30 marzo 2014
Fonte: Saladellamemoriaheysel.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Heysel, figlio di una vittima: "Società educhino i tifosi"
Parla il figlio di una delle
tante vittime: "Le società di calcio si facciano carico di
un'azione educativa e di sensibilizzazione nei confronti dei
loro tifosi, isolando quelle frange che offendono la memoria dei
morti, spesso senza neppure sapere cos'è realmente accaduto".
AREZZO - "Le società di calcio si
facciano carico di un'azione educativa e di sensibilizzazione
nei confronti dei loro tifosi, isolando quelle frange che
offendono la memoria dei morti, spesso senza neppure sapere
cos'è realmente accaduto". Lo ha detto Andrea Lorentini, 32
anni, giornalista aretino, figlio del medico Roberto Lorentini,
che morì all'Heysel. Il padre di Lorentini venne travolto dagli
hooligans mentre stava tentando di rianimare un bambino. "Certe
manifestazioni - ha aggiunto Andrea Lorentini - offendono la
memoria dei morti e toccano profondamente le famiglie. Invito le
società a fare maggiore opera di controllo ed educazione dei
propri tifosi, ma anche le autorità sportive a sanzionare in
maniera pesantissima, altrimenti certi episodi finiranno per
condizionare sempre incontri delicati come Fiorentina-Juventus".
31 marzo 2014
Fonte: Tuttosport.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MARZO 2014
Uniti e solidali
contro la stupidità
"Pregiatissimi lettori, credo sia
doveroso ringraziare anche qui Giampaolo Muliari e Domenico
Beccaria, autentici fuoriclasse della Memoria, per aver
immaginato, costruito e difeso il nostro progetto di cui vado
molto orgoglioso, poiché è la dimostrazione che un derby lo
possiamo vincere tutti insieme, senza il bisogno di alzare
nessun trofeo più in alto di quello della fratellanza umana. Un
particolare saluto ai volontari del Museo del Grande Torino,
generosi amanti e custodi del ricordo, nobile esempio di come un
museo sia fatto di persone più che di cimeli prestigiosi e che
non è necessario addobbarlo come una boutique di grido della
storia, ma semplicemente raccontarlo di padre in figlio come una
partita senza triplice fischio finale dove è sempre possibile
rimontare vincendo la speranza di un calcio autentico, maschio,
ma pulito, depurato dai veleni della stampa e dalle pezze e dai
cori degli immondi". "Guardare le foto della mostra, Heysel
e Superga, unite in un unico abbraccio è stata un’emozione forte
che porteremo per sempre nei nostri cuori e nella nostra
memoria, dimostrazione concreta che quando si difende la memoria
di chi non c’è più e la dignità di chi è rimasto non ci sono
steccati né curve a separare e che il tifo, nella sua concezione
più alta e intelligente, è rispetto dell’altro, dell’avversario
che, sportivamente, tale resta. Grazie ai due baluardi granata
crediamo di avere piantato un seme che darà i suoi frutti, ci
vorrà tempo, pazienza, sicuramente anche qualche arrabbiatura,
ma abbiamo tracciato una linea e non si torna indietro, l’unico
modo per salvare il calcio, quello italiano in particolare, è la
cultura sportiva, troppo spesso seppellita da cori e striscioni
infamanti. Ecco, noi quattro ci siamo ribellati a tutto questo:
contro la stupidità aberrante degli inutili idioti da stadio".
Domenico Laudadio
(Saladellamemoriaheysel.it)
Francesco Caremani (Autore
Libro "Heysel, le verità di una strage annunciata")
Aprile 2014
Fonte: Il Trombettiere del Filadelfia
ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014
I morti di Superga e dell'Heysel esigono rispetto da tutti, di
ogni colore
Orgogliosamente diversi !
di Domenico Beccaria
Sono tanti, troppi anni, che negli
stadi d'Italia si sentono e si leggono slogan vergognosi, che
tramite il vilipendio dei morti, tentano di offendere i vivi.
Nella fattispecie, vorrei spendere due parole sulle due tragedie
che hanno colpito il calcio torinese, ovvero la sciagura aerea
di Superga, del 4 maggio 1949, in cui persero la vita tutti i
giocatori e accompagnatori del Torino, equipaggio compreso, per
un totale di 31 vittime e la tragedia dell'Heysel, il 29 maggio
1985, in cui furono uccisi dalla furia bestiale degli hooligans
inglesi 39 tifosi bianconeri, ma non solo, italiani, ma non
solo, arrivati allo stadio belga per assistere alla finale di
Coppa dei Campioni. Dopo aver assistito inorriditi per anni a
questa vergogna, abbiamo deciso che fosse ora di mettere un
punto e andare a capo. La mostra di cui parla in altra parte del
giornale il direttore del Museo, Giampaolo Muliari, nasce
proprio su questo slancio emotivo. Non è stata casuale la scelta
della data dell'inaugurazione. 16 febbraio, ovvero una settimana
esatta prima del derby di ritorno. L'intento, la speranza forse
sarebbe più appropriato, era di non vedere più certi brutti
striscioni, come avvenuto lo scorso anno. Invece, puntuali, ecco
comparire due frasi, una più cretina dell'altra, a vilipendere
la memoria dei morti di Superga. La pietà verso chi non c'è più,
va di pari passo alla compassione per lo stato di ignoranza e di
infamia di chi ha pensato, realizzato ed esposto le due pezze
della vergogna. In molti mi hanno scritto, dopo domenica sera.
Qualcuno, bianconero, si è scusato. Ma non ce n'era bisogno. Se
hai la sensibilità di accendere il computer per scrivermi che
prendi le distanze da certi ignobili mascalzoni, vuol già dire
che non sei come loro e quindi non sei tu a dovere delle scuse.
Qualcun altro, granata, mi ha fatto notare come noi abbiamo
porto la mano tesa, rendendo omaggio alle loro vittime e loro in
cambio abbiano offeso le nostre. "Ecco, sei contento ora ? Hai
visto di che pasta sono ?". Ho visto, tranquilli, ho visto. Ma a
parte l'ovvia constatazione che non sono tutti così, per
fortuna, ho anche visto che in molti si sono dissociati, dopo la
partita, in pubblico e in privato, con me. Bene, a tutti quelli
che, da una parte e dall'altra, sono stufi di certe vigliaccate,
mi rivolgo per compiere insieme il passo successivo. Al prossimo
derby, in casa o in trasferta, prepariamo un "due aste", quegli
striscioni che si possono reggere da soli, con una scritta in
controtendenza. Io personalmente, ho già in mente il mio.
"RISPETTO PER I MORTI DELL'HEYSEL". Chissà che qualcuno
dall'altra parte non raccolga e ribatta con un bel "RISPETTO PER
I MORTI DI SUPERGA" ? La speranza e la fede sono il più grande
patrimonio del Popolo Granata. Contagiamoli con il nostro senso
dell'onore e della civiltà. Lo so, è una sfida ardua, ma a noi
del Toro le cose facili non sono mai piaciute.
Aprile 2014
Fonte: Il Trombettiere del Filadelfia
ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014
Un
unico cielo
di Giampaolo Muliari
Contro ogni provocazione e
oltraggio una mostra senza ritorno per ricordare a tutti che le
tragedie non hanno bandiere, che ogni angelo è una leggenda.
Settanta Angeli in un unico Cielo. Rivali in campo, uniti nella
tragedia.
E’ davvero
un piacere raccontare i ricordi di una mostra speciale, anzi di
più, di un percorso di vita. "Settanta Angeli in un unico cielo"
è tutto questo per noi, è molto di più di una mostra a tema che
per sua natura inizia e poi si conclude. Questo è un percorso
che andrà oltre, che ha segnato e segnerà per sempre lo spirito
di questo nostro museo: un luogo di memoria, di rispetto, di
fratellanza. Un evento partito da lontano, dallo scorso anno,
dopo aver visionato il sito saladellamemoriaheysel.it creato e
custodito con
amorevole cura da Domenico
(Mimmo) Laudadio. Nessun dubbio in Mecu, in me, in tutti noi: le
immagini crude di quella tragedia hanno subito rappresentato,
oltre al dolore, un richiamo a noi alla vita, un invito di
fratellanza. Non abbiamo fatto altro che dare voce a questo
invito, tutto il resto è venuto poi da sé.
Pare ora strano, dopo questa visione
quasi mistica, scrivere di polemiche, di pensieri contrari anche
a tinte forti, ma questa è stata ed è l’altra faccia della
medaglia. Non tutti guardano la vita con gli stessi occhi, certo
stride il cuore constatare come nemmeno davanti alla morte (nel
nostro caso a due tragedie che in comune hanno la passione per
il calcio) si senta il desiderio di ritrovarsi insieme, oltre
ogni propria opinione e bandiera. Francesco Caremani, splendido
compagno di viaggio, ha definito questa esperienza l’ultimo
baluardo contro l’odio delle curve. Francesco è un giornalista
coraggioso, ha sempre messo la sua faccia davanti alle proprie
idee, senza mai fare compromessi, nemmeno davanti alla dirigenza
bianconera, o alla tifoseria più organizzata. Il suo libro
"Heysel, le verità di una strage annunciata" è un grido di
dolore rivolto alle coscienze di tutti noi. E’ un racconto
sofferto che traccia quello che la tragedia ci ha lasciato in
questi anni: l’immensa dignità dei familiari delle vittime,
alcune testimonianze d’amore, ma anche tanta omertà e tanta
indifferenza.
Anche in occasione del derby di ritorno
giocato una settimana dopo l’inaugurazione della nostra mostra
sono apparsi i soliti striscioni idioti, quelli che prendono
spunto dalle tragedie per irridere la memoria. Ogni volta è per
noi un colpo al cuore, figurarsi per chi la tragedia l’ha
vissuta sulla propria pelle. Ma è per non alzare bandiera
bianca, per non accettare questa visione assurda della vita che
questa nostra mostra ha un senso, ha una grande ragione
d’essere. In questi mesi abbiamo camminato fianco a fianco con
Mimmo e Francesco, in piena e totale sintonia. Davvero le nostre
diverse passioni calcistiche non si sono mai fatte sentire. A
riguardo mi piace ricordare come al loro arrivo a Torino, sabato
15 febbraio vigilia dell’inaugurazione, il primo luogo da loro
visitato è stato Superga. Mimmo era pure in compagnia del figlio
Francesco. Per questo giovanissimo cuore bianconero era il primo
viaggio a Torino e la prima cosa che ha visto non è stato il
JMuseum o l’abbagliante store della Juve, ma la nostra lapide.
Questo cammino è un’esperienza umana che non sarà dimenticata
anche per questo. Spesso ho immaginato come sarebbe bello vivere
questa grande passione che è il calcio con questo spirito...
Speriamo che il domani sia migliore, speriamo che il domani
abbia il cuore di questo giovane Francesco o di un altro giovane
Francesco (mio nipote), anche lui bianconero, giunto apposta da
Porto Potenza Picena (Macerata). Era davvero felice: "zio,
finalmente una cosa insieme !". Quando l’evento ha iniziato ad avere un
eco pubblico sono iniziate anche le prime tempeste e con esse
anche alcune personali sofferenze. Meno male che al fianco ho
avuto Mecu, corazza e spirito d’acciaio, che mi ha sempre
sostenuto, mi ha sempre fatto da scudo, ma è stata dura
resistere a tutte le intemperie. Siamo giunti all’inaugurazione
in un clima di grande attesa. Le tensioni accumulate sono subito
svanite appena entrati nella sala consiliare a noi concessa
gratuitamente dalla Città di Grugliasco. Solo calore, affetto,
il desiderio di condividere questa esperienza. Di quel giorno,
domenica 16 febbraio, i ricordi hanno solo il colore della
gioia. Ognuno di noi ha portato la propria testimonianza
arricchita anche dalle parole di quanti hanno voluto con noi
condividerla; penso a Don Aldo quando ha rivolto un pensiero ai
nostri caduti con una preghiera, quando ha ricordato che il tifo
non deve mai essere contro ma per… Parole sagge e spesso, ahimè,
inascoltate nelle varie curve d’Italia, oppure quando a noi
organizzatori ha rivolto l’invito di diffondere il messaggio di
questa mostra ai bambini, nelle loro scuole. Penso al dott.
Giuseppe Ferrauto e al Presidente del JMuseum, dott. Paolo
Galimberti presenti anche a nome delle società del Torino e
della Juventus; alle parole affettuose del sindaco di
Grugliasco, Roberto Montà; alla grande umanità di Gian Paolo
Ormezzano che ha voluto condividere pienamente questa
iniziativa. Penso a Salvatore Giglio, fotografo di fama
mondiale, alla sua emozione provata nel visitare il nostro museo
e alla generosità con cui ha offerto tutte le immagini del suo
archivio dedicate all’Heysel. Il momento più intenso della giornata
inaugurale è stato leggere i nomi dei settanta angeli in cielo,
splendida idea di Mimmo, conclusa con il silenzio fuori
ordinanza suonato da un bravo trombettiere di Grugliasco. Un
brivido. Una grande emozione proseguita anche al nostro Museo
con l’apertura della mostra. Vedere visitatori con la sciarpa
della Juve girare per La nostra casa con rispetto e ammirazione
ci ha ripagato di tutto il nostro impegno. Anche Mecu ha
sottolineato il valore di questa presenza: "Dovremmo essere
tutti orgogliosi dei nostri colori e allo stesso tempo
rispettosi dei colori altrui. Io sono stato quattro volte a
visitare il museo della Juventus e non ci sono mai andato in
incognito, nel senso che indossavo sempre la spilla del Toro
sulla giacca. E' giusto che ognuno di noi abbia l'orgoglio di
appartenere a qualcosa, ma pure la consapevolezza che anche gli
altri vanno rispettati". Per alcuni
saranno stati pochi, magari solo una goccia in un oceano di
tifosi, ma come ha spesso detto Madre Teresa, se quelle gocce
non ci fossero al mare mancherebbero. Poche o tante che siano
per noi quelle gocce rappresentano il mare. A quanti hanno
cercato di fare dei distinguo tra i morti di Superga e quelli
dell’Heysel la risposta più bella l’ha data Domenico Laudadio
durante il convegno inaugurale: "in ogni famiglia segnata da una
tragedia il proprio caro scomparso è una leggenda". Parole da
incidere sulla pietra, da portare nel cuore, come quest’ultimo
pensiero sempre di Mimmo Laudadio: "Abbiamo osato mostrare che
Superga e l’Heysel sono sorelle, non cugine alla lontana. La
fratellanza è l’unico grado di parentela dell’umanità. I colori
della pelle o delle bandiere non contano più nulla davanti alle
tragedie". Anche per questo Mecu, me e tutti noi non finiremo
mai di ringraziare Mimmo e Francesco per averci concesso questa
grande e meravigliosa opportunità di ricordo, di crescita
interiore. Questa è una mostra che ricorderemo sempre, anche
oltre il 20 aprile quando terminerà per dare spazio a un nuovo
evento espositivo. Se pur sommersi da ricordi e cimeli troveremo
con piacere uno spazio nel nostro museo per ricordare questo
evento in modo perenne, perché tutti, tifosi granata e non,
entrando nella nostra casa
si sentano un po’ a casa loro;
perché tutti guardando le immagini di queste due tragedie
pensino a Loro, ai nostri angeli, con lo stesso rispetto, lo
stesso amore. Fratelli, in un unico cielo.
Aprile 2014
Fonte: Il Trombettiere del Filadelfia
ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014
Lorentini: "Io, orfano dopo l’Heysel ferito dai cori della
vergogna"
di Giuseppe Calabrese
Il padre morì nell'85, adesso
Andrea Lorentini denuncia: "Siamo stanchi delle offese urlate
negli stadi. I Della Valle dovrebbero aiutarci a dire basta".
"Mio padre aveva la mia età quando è
morto". Andrea Lorentini ha trentadue anni e fa il giornalista
sportivo. Vive ad Arezzo. Suo padre Roberto è una delle vittime
dell'Heysel. Era il 29 maggio 1985, e un'ora prima della finale
di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool il muro del
settore Z dello stadio di Bruxelles crollò, trascinandosi via la
vita di trentanove persone. Una ferita che non si è mai
cicatrizzata, una delle pagine più nere del calcio. Una follia.
Come quei cori che ogni tanto rimbalzano dentro gli stadi quando
gioca la Juventus. "La gente non si rende conto di cosa abbiamo
passato, e di cosa significa per noi sentire quei cori. È una
vergogna". Andrea, perché dopo trent'anni di silenzio ha deciso
di parlare proprio adesso ? "Perché sono stanco e non capisco
perché si continui ad accanirsi sul ricordo di chi non c'è più.
Trovo quei cori incivili e irrispettosi. Offendono la memoria
delle vittime e il dolore delle famiglie. Vorrei che per una
volta, una sola, chi inneggia all'Heysel provasse a mettersi nei
nostri panni, che pensasse a quale sarebbe il suo stato d'animo
se avesse perso un genitore, un figlio o un parente in quel
disastro. Io capisco la rivalità tra Fiorentina e Juventus, e
capisco anche gli sfottò, ma questo con quei trentanove morti
non c'entra niente. E allora, per favore, smettetela. Lasciateci
in pace. E lasciate in pace chi non c'è più". Si è mai chiesto
perché le società di calcio o la Figc non facciano niente per
interrompere questa vergogna ? "Sì, me lo sono chiesto spesso, e
non ho mai trovato una risposta. Ma sa cos'è che mi fa ancora
più rabbia ? Che questa gente continui e frequentare gli stadi.
Si chiudono le curve per discriminazione territoriale, però chi
canta quelle oscenità rimane impunito. È assurdo. Io non lo
capisco. Non è un atteggiamento da paese civile". Forse anche la
Fiorentina potrebbe fare qualcosa, non crede ? "Guardi, ci tengo
a chiarire una cosa: io non ce l'ho assolutamente con i tifosi
della Fiorentina. Ce l'ho con chi continua a fare quel coro e
ogni volta offende la mia famiglia, mio padre e le famiglie di
tutti gli altri morti. E mi piacerebbe che i Della Valle, che
portano avanti la loro battaglia sul fair play, prendessero
posizione per isolare certa gente. Con la tecnologia di oggi non
è difficile individuarli e lasciarli fuori dagli stadi. Quelli
non sono tifosi. Anzi, sa che le dico ? Scriverò personalmente
alla Fiorentina e ai Della Valle per chiedere che la società
intervenga. Subito. Penso che sia arrivato il momento di dire
basta, basta, basta". Lei aveva tre anni quando suo padre è
morto, cosa ricorda di quella sera ? Niente, ero troppo piccolo.
In quel momento non mi sono accorto di nulla". E come le
spiegarono che suo padre non tornava a casa ? "Non ricordo
nemmeno questo. Mio padre faceva il medico e immagino che mi
dissero che sarebbe stato fuori per un po' e che non sarebbe
tornato tanto presto. Insomma, quelle cose che si dicono ai
bambini. Ho saputo molti anni dopo cosa era successo, quando
sono cresciuto e mi sono documentato. Ho rivissuto l'orrore di
quella sera centinaia di volte". Sa come è andata ? "Sì. Come ho
già detto mio padre era medico, ed era anche piuttosto grosso
quindi era riuscito ad uscire dallo stadio e a mettersi in
salvo. Ma appena arrivato fuori ha visto un ragazzo a terra,
ferito, ed è rientrato dentro lo stadio per soccorrerlo. Però
mentre gli stava facendo la respirazione bocca a bocca è stato
travolto da una seconda ondata di persone. E non si è più
rialzato". Cosa le rimane di suo padre ? "Pochi ricordi e una
medaglia d'argento al valore civile per quel gesto di altruismo
che gli è costato la vita. Una cosa di cui vado molto
orgoglioso". Cosa ha pensato la prima volta che ha visto le
immagini di quel dramma in tv ? "È stato un pugno nello stomaco.
Sapere che in quella calca c'era anche mio padre è stato uno
choc. E oggi, quando mi capita di rivedere le immagini in
televisione, cambio canale". Suo nonno Otello è stato presidente
dell'associazione dei familiari delle vittime, come è andato a
finire il processo ? "Sono andato spesso con lui a Bruxelles,
alle udienze del processo. Ci sono voluti tutti e tre i gradi di
giudizio ma alla fine sono arrivate le condanne per l'Uefa, le
autorità belghe e per alcuni tifosi del Liverpool, quelli che
sono riusciti a individuare. A quei tempi non c'era un sistema
di telecamere come adesso, per cui non è stato possibile
identificare tutti". Siete stati risarciti ? Che valore hanno
dato alla vita di suo padre ? "Sinceramente non me lo ricordo,
ma per noi non è mai stato un problema di soldi, ma di
giustizia. E la cosa veramente importante è che dal punto di
vista legale quella sentenza ha fatto giurisprudenza. Adesso la
Uefa è responsabile di tutti gli eventi che organizza". Sua
madre come è uscita da questa vicenda ? "È una donna forte e
coraggiosa. Quando mio padre è morto aveva ventotto anni e due
figli piccoli da crescere. Io che avevo tre anni e mio fratello
che ne aveva uno e mezzo. In più doveva anche finire gli studi.
Frequentava medicina. Con l'aiuto dei miei nonni ha cresciuto i
suoi figli e si è laureata. È una donna straordinaria". Come fa
a non odiare il calcio ? "Quello che è successo all'Heysel non è
calcio. È stato un episodio di violenza, un fatto di cronaca che
con lo sport non c'entra niente. Il calcio è gioia,
socializzazione, voglia di stare insieme. A me il calcio piace,
però detesto il resto". Ha ragione, il calcio dovrebbe essere un
bel momento di aggregazione, invece sempre più spesso mostra il
suo lato peggiore. E i provvedimenti che vengono presi non sono
mai adeguati. "È vero, penso anch'io che si dovrebbe fare di
più. Mi piace il calcio etico di Prandelli, però non basta.
Tutti dovrebbero impegnarsi per ridare al calcio la sua
dimensione di sport e basta. Invece troppo spesso è ostaggio
della stupidità di alcune persone che non me la sento nemmeno di
chiamare tifosi. E io sono stanco. Stanco di vedere che il nome
di mio padre, e quelli delle altre vittime, vengono
continuamente infangati. Stanco che non si faccia niente per
fermare questa barbarie. Stanco che non ci sia rispetto per le
famiglie delle vittime, per tutte quelle madri, mogli e figli
che hanno perso qualcuno. Molti di quei ragazzi che fanno quei
cori nell'85 non erano nemmeno nati, ma che ne sanno loro di chi
era mio padre ? Oltretutto il settore Z non era nemmeno quello
degli ultrà, che erano stati sistemati da un'altra parte. Lì
c'erano tutte persone normali, semplici appassionati, qualcuno
non era neppure tifoso della Juventus. E io devo accettare che
la loro memoria venga continuamente offesa ? E in nome di cosa
? Lo ripeto, è una vergogna. Come lo sono i cori su Superga. Ci
vuole rispetto e le società in questo dovrebbero avere un ruolo
chiave. Sono loro che devono educare i propri tifosi, anche
prendendo provvedimenti scomodi. Non si può essere spettatori
passivi di questa vergogna".
2 aprile 2014
Fonte: Firenze.repubblica.it
ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014
"Heysel,
basta offese alla memoria dei morti"
Un giovane aretino perse il
padre in quella tragica sera di 29 anni fa: irritato dai recenti
cori viola.
LIVORNO - Andrea aveva soltanto tre
anni e mezzo quando il padre Roberto Lorentini, medico aretino
con la passionaccia per la Juve, morì nel settore Z dell’Heysel,
in quella crudele finale di Coppa dei Campioni 1985. Andrea, del
padre, si ricorda soltanto attraverso le foto e attraverso la
battaglia del nonno paterno, oggi novantenne, che ha fondato
l’associazione delle vittime dell’Heysel e ha lottato fino al
processo. Andrea oggi ha 32 anni e fa il giornalista nella sua
Arezzo. E dopo anni di silenzio ha deciso di intervenire a gamba
tesa dopo gli striscioni e i cori arrivati dalla curva della
Fiorentina che hanno macchiato la memoria di quei 39 tifosi
morti nella curva dell’orrore.
"Per anni ho ascoltato di tutto,
scegliendo la linea dell’indifferenza. Ma stavolta no, mi sono
rotto le scatole. Mio padre è morto a 31 anni per essere tornato
in curva per dare assistenza a un bambino, lui era un
simpatizzante della Juve, ma soprattutto uno sportivo che voleva
godersi un evento unico. E tanti dei morti dell’Heysel non erano
ultrà ma sportivi qualsiasi. Ecco perché voglio che si smetta di
offendere gratuitamente la memoria di questi morti e fare del
male alle famiglie già così colpite, compresa la mia".
Lorentini non le manda a dire.
"Occorrono sanzioni serie per questi tifosi, ma soprattutto le
società devono vigilare ed essere inflessibili. A questo
proposito scriverò una lettera ai Della Valle per
sensibilizzarli su questo tema. Capisco la rivalità ma si faccia
finita una volta per tutte con queste bischerate".
La famiglia Lorentini è stata una delle
più attive nella conservazione della memoria di Roberto e delle
altre vittime del massacro di 29 anni fa. "Ad Arezzo, nel 2005 -
racconta Andrea - siamo stati promotori di una partita
amichevole tra le formazioni Primavera di Juventus e Liverpool.
Per anni la dirigenza bianconera, prima con Boniperti e poi con
la gestione della triade, è stata abbastanza distante perché in
qualche modo ha sempre voluto rimuovere quel tragico evento. Con
l’arrivo di Andrea Agnelli le cose sono cambiate, siamo stati
invitati allo Stadium per l’inaugurazione del museo dove c’è una
stele in memoria dell’Heysel, ogni anno a mio nonno arrivano gli
auguri della società. Mi fa piacere, anche se io simpatizzo per
l’Inter... La cosa importante adesso è che si smetta di urlare
cose vergognose che feriscono la memoria di mio padre e degli
altri morti". (g.b.)
3 aprile 2014
Fonte: Iltirreno.gelocal.it
ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014
Roberto Lorentini, eroe per
sempre (specie per chi ama lo sport)
di Gianluca Barni
Medico aretino di 31 anni,
sposato e con due figli piccoli, era presente allo stadio Heysel
di Bruxelles il 29 maggio 1985, per tifare Juventus in occasione
della finale di Coppa dei Campioni con il Liverpool.
PISTOIA - Ci
sono storie, tragiche, che non possono, che non debbono essere
dimenticate. Ci sono storie che il pallone tende a far cadere
nell’oblio, vergognandosi che il proprio business le abbia
generate, ma che è giusto spolverare e conservare quale preziosa
reliquia. Un ricordo da cui imparare. Sempre. Abbiamo avuto la
fortuna e l’onore di conoscere nel corso della nostra esistenza
dapprima Francesco Caremani, giornalista/scrittore aretino
autore de "L’Heysel. Le verità di una strage annunciata"
(Bradipolibri) e poi Andrea Lorentini, giornalista di Arezzo,
uno dei figli di Roberto Lorentini (nella foto), un eroe,
medaglia d’argento al valor civile. Spesso usiamo, storditi di
retorica, la parola eroe, affibbiandola anche a chi non lo è
(specie a qualche calciatore per enfatizzarne le gesta sul
campo, salvo poi arrossire per quelle, poco edificanti, viste
fuori dal rettangolo verde). Roberto Lorentini, invece, lo è.
Medico aretino di 31 anni, sposato e con due figli piccoli, era
presente allo stadio Heysel di Bruxelles il 29 maggio 1985, per
tifare Juventus in occasione della finale di Coppa dei Campioni
con il Liverpool. Il giovane dottore si era posto in salvo dopo
la prima carica omicida degli hooligans inglesi, ma ritornò
indietro, sugli spalti, per soccorrere un bambino ferito,
secondo alcune testimonianze il sardo Andrea Casula, poi
deceduto. Morì, tragicamente, travolto da una seconda carica di
ubriachi e feroci delinquenti, mentre era chinato a praticargli
la respirazione artificiale. Suo padre, Otello Lorentini, il
nonno di Andrea, fondò nel 1987 ad Arezzo l’associazione "Fra i
familiari delle vittime dell’Heysel".
Grazie alla sua tenacia, al
suo coraggio, alla sua voglia di rammentare quel figlio eroe e
tutti gli altri 38 caduti, l’Uefa venne infine condannata e da
quel momento il calcio cambiò (miglior organizzazione delle
manifestazioni calcistiche, maggior sicurezza degli stadi). In
questi giorni, venerdì 4 aprile, ricorreva il compleanno di
Roberto Lorentini e Andrea, con un gesto tenerissimo, l’ha
rammentato sul social network Facebook, facendogli gli auguri:
avrebbe compiuto 60 anni. Gli eroi, si dice cari agli Dei che li
rapiscono nel fior fiore degli anni per circondarsene e godere
delle loro intelligenze, delle loro sensibilità, muoiono
giovani. Roberto Lorentini è divenuto stella, che illumina il
cammino dei suoi cari e di chi nel cuore ha un posticino per i
gesti nobili. Ma grazie al ricordo, senz’altro più vivo di molti
di noi, morti sul nascere, per assenza di principi e valori.
5 aprile 2014
Fonte: Lineefuture.it
ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014
The
Guardian - I tifosi dello United chiedono giustizia per i tifosi
bianconeri ?
Ieri a Goodison Park durante la partita
contro l'Everton, i tifosi del Manchester United si sono resi
protagonisti di un gesto encomiabile, hanno voluto ricordare le
39 vittime dell'Heysel con uno striscione recante la scritta
"JFT39", ovvero "Justice For The 39", in modo da chiedere
giustizia allo stesso modo della tragedia di Hillsborough che
vide morire 96 tifosi del Liverpool. The Guardian parla anche di
un coro che richiede giustizia per le vittime dell'Heysel
intonato dai tifosi dello United al minuto 38 del primo tempo.
21 aprile 2014
Fonte: Tuttojuve.com
ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014
La memoria non è una spada
di Domenico Laudadio
Lo striscione esposto dai tifosi del
Manchester United a Goodison Park durante la partita contro
l’Everton nel quale spicca la scritta "JFT39" (Justice For The
39) apparentemente potrebbe insegnarci la via per realizzare un
pellegrinaggio verso l’etica e la memoria. Tutto questo evoca
l’immagine delle carezze compassionevoli di sconosciuti che
consolano l’orfano abbandonato dai genitori, alla frontiera. Non
lo educano, non lo nutrono e non lo adotteranno, è un gesto
isolato di carità, un atto ispirato dall’emotività o dal
sentimentalismo religioso o ancora peggio dall’ipocrisia. Eppure
dovremmo applaudirlo forte a scena aperta, ritrovarvi il bandolo
della filantropia che lo tesse, ma personalmente non ho ceduto
all’emozione e non vi ammiro trame d’incanto. Qualcuno potrebbe
persino stupirsi di questo e rimproverarmelo. Allora, mi spiego…
Invocare giustizia per i caduti di Bruxelles a 29 anni dalla
loro tragica scomparsa è strumentale e in differita. Il processo
penale si è chiuso dal 1991. Non ho documentazione di striscioni
giustizialisti risalenti a quell’epoca. Molto poco, quasi
niente, ma qualcuno ha già pagato con il carcere o con i
risarcimenti economici ai familiari delle vittime. La giustizia
in senso assoluto non è di questo mondo e meno ancora di un
evento allucinante, nato e morto sbagliato… Avrebbe più senso
chiedere rispetto per la loro memoria, infangata in numerosi
ambiti e non soltanto negli stadi italiani. Qualcuno non lo
immagina, ma troppo spesso mi capita di leggere porcate anche
sul web e nessuno degli amministratori responsabili lo segnala
alla polizia postale. Avrebbe avuto più credibilità da parte
degli inglesi una frase priva di risentimento, ma soltanto di
amore. Tra l’altro vorrei sottolineare che nelle cariche
perverse verso le famiglie della curva Z all’Heysel c’erano
hooligans di tutte le squadre inglesi, riuniti in nome
dell’orgoglio nazionale. Cui prodest ? Usare la memoria di quei
39 caduti come una catapulta per scalfire l’immagine della
tifoseria invisa è subdolamente pretestuoso. Giù le mani dai
morti, tutti. Amici e nemici… Garbo, rispetto e buon senso. E
vale anche per me. Qualche anno fa la tifoseria della Fiorentina
ha tentato un gemellaggio cinico con i reds scampato per il buon
senso della tifoseria di Liverpool, camuffando da nonna
affettuosa il lupo famelico della nota favola dei Grimm,
l’infamia di pochi con l’ammirazione di tutti. Allo stesso modo
noi non cerchiamo gemellaggi con nessuno, né tantomeno con il
Manchester United, per andare contro qualcuno o qualcosa.
Lasciamoli riposare nella pace quei morti. Al bando l’oblio di
chi li ha dimenticati colpevolmente e non li onora abbastanza,
ma allo stesso tempo la strumentalizzazione di chicchessia.
Nessuno osi brandire la memoria come una spada, soprattutto se
non è la nostra guerra.
23 aprile 2014
Fonte: Giùlemanidallajuve.com
ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014
Per non dimenticare
A Reggio Emilia una delegazione
della Juventus ha deposto un mazzo di fiori ai piedi del
monumento dedicato alle vittime dell'Heysel.
Il prossimo 29 maggio saranno passati
29 anni dalla tragedia dell'Heysel. Un dramma che ha segnato per
sempre la vita di 39 famiglie e quella di milioni di tifosi. La
Juventus lo ha ricordato quest'oggi, deponendo un mazzo di fiori
di fronte al monumento dedicato alle vittime dell'Heysel, nel
parco di via Matteotti, a Reggio Emilia. Pavel Nedved, Fabio
Paratici e Mariella Scirea hanno incontrato Enzo Cerlini,
Presidente del Comitato "Per non dimenticare Heysel", i
rappresentanti del consiglio e Adele Fontana, madre di Claudio
Zavaroni, morto a Bruxelles in quella notte maledetta. Un gesto
simbolico che non può cancellare il dolore, ma che può aiutare a
ricordare a tutti, che simili follie non dovranno mai più
ripetersi.
28 aprile 2014
Fonte: Juventus.com
ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014
Commemorazione dell'Heysel con Nedved e Paratici
A Reggio Emilia, la Juventus ha deposto
un mazzo di fiori di fronte al monumento dedicato alle vittime
dell'Heysel, nel parco di via Matteotti. Nedved, Paratici e
Mariella Scirea hanno incontrato Enzo Cerlini, presidente del
Comitato" Per non dimenticare Heysel", i rappresentanti del
consiglio e Adele Fontana, madre di Claudio Zavaroni, morto a
Bruxelles in quella notte maledetta.
REGGIO EMILIA - In ricordo dei 39
angeli saliti in cielo. Il 29 maggio saranno passati 29 anni
dalla tragedia dell'Heysel. Un dramma che ha segnato per sempre
la vita di 39 famiglie e quella di milioni di tifosi. La
Juventus lo ha ricordato quest'oggi, deponendo un mazzo di fiori
di fronte al monumento dedicato alle vittime dell'Heysel, nel
parco di via Matteotti, a Reggio Emilia. Pavel Nedved, Fabio
Paratici e Mariella Scirea hanno incontrato Enzo Cerlini,
Presidente del Comitato "Per non dimenticare Heysel", i
rappresentanti del consiglio e Adele Fontana, madre di Claudio
Zavaroni, morto a Bruxelles in quella notte maledetta. Un gesto
simbolico che non può cancellare il dolore, ma che può aiutare a
ricordare a tutti, che simili follie non dovranno mai più
ripetersi.
28 aprile 2014
Fonte: Tuttosport.com
ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014
Commemorazione a Reggio
Emilia
Quel ricordo dell’Heysel
di Guido Vaciago
REGGIO EMILIA. Appuntamento rinviato,
ma promessa mantenuta. Alla fine la Juventus è andata a rendere
omaggio alle vittime dell'Heysel, che proprio a Reggio Emilia
hanno il loro monumento più bello e sentito. E così, nel
pomeriggio, una delegazione bianconera formata da Pavel Nedved,
Fabio Paratici e Mariella Scirea ha deposto un mazzo di fiori di
fronte al monumento dedicato alle vittime dell'Heysel, nel parco
di via Matteotti. Poi il gruppo ha incontrato Enzo Cerlini,
presidente del Comitato "Per non dimenticare Heysel, i
rappresentanti del consiglio e Adele Fontana, madre di Claudio
Zavaroni, morto a Bruxelles in quella notte maledetta. Il
monumento (toccante scultura eretta con i pezzi della maledetta
curva Z dell'impianto belga) è stato ristrutturato e dotato di
una copertura grazie all'encomiabile lavoro dell'instancabile
Comitato e con l'aiuto dei tifosi che hanno contribuito alla
sottoscrizione. E vale la pena visitare il sito
www.saladellamemoriaheyselit.
29 aprile 2014
Fonte: Tuttosport
ARTICOLI STAMPA e WEB APRILE 2014
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