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ARTICOLI GENNAIO-FEBBRAIO 2014
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GENNAIO-FEBBRAIO 2014
ARTICOLI STAMPA e WEB GENNAIO 2014

Ora e per Sempre

Quando giocano… Trezeguet e...

Domenico Laudadio presenta la mostra: "Settanta Angeli..."

Settanta angeli in un unico cielo

ARTICOLI STAMPA e WEB FEBBRAIO 2014

Heysel e Grande Torino: la parola al Museo

Superga e Heysel in mostra insieme, è polemica

"Glielo dica negli occhi"

Heysel e Superga uniscono Toro e Juve nella memoria

I 70 angeli di Juve e Toro

Gli angeli di Toro e Juve uniti al Museo

Heysel e Superga in mostra il dolore unisce Juve e Toro

70 angeli in un unico cielo

Strage dell’Heysel, il settore Z

Un cielo soltanto

Derby, vergogna in curva. Striscione su Superga

Juve, Agnelli avverte i tifosi "Le tragedie non si toccano"

Ma in un’altra Torino c'è tanto rispetto...

70 angeli in un unico cielo: "Heysel e Superga tragedie sorelle"

Angeli e demoni

Ora e per Sempre

di Domenico Laudadio

Reazioni contrarie e discordanti accolgono nel popolo granata e bianconero l’annuncio ufficiale della mostra-convegno del 16 febbraio 2014 a Grugliasco che oserà "affratellare" nel dolore e nella memoria, in risposta a chi le offende bipartisan, le tragedie di Superga e dell’Heysel.

Obiezione principe nelle due tifoserie torinesi, rispetto al titolo e al senso stesso della mostra condivisa, "la diversità" delle due tragedie, il fatto di non "assomigliarsi per niente". Un vincolo mentale di appartenenza che divide categoricamente i morti in "nostri" e "loro", come se ciascuno ne fosse proprietario esclusivo in luogo degli unici legittimati, i loro familiari. Quelli che onorano "soltanto gli invincibili" e che rinfacciano all’altra sponda del Po lo scandalo dei festeggiamenti per "la coppa di sangue" e quel rigore fuori area su Boniek, come se i morti di Bruxelles ne avessero la colpa.  Quelli del "mai mischiarsi con loro, ognuno a casa propria", quelli del "lodevole iniziativa, ma…", quelli di "una è colpa del fato, l’altra si poteva e doveva evitare". Oppure: "La forzatura di due fatti profondamente agli antipodi", "due vicende non paragonabili e non condivisibili", "le colpe sono dei vivi che dovrebbero semmai restituire quella coppa". O ancora: "C’è dell’altro sotto questa mostra", "solo ipocrisia, tanto non cambierà niente", "il perbenismo che vuole riappacificare due tifoserie che non saranno mai in pace fra loro, un volemossebbene". "Iniziativa falsa e buonista, patetica e servile". "Mai con quelle merde, mai in quel covo di vipere". E via, via, discorrendo… Lo sapevamo. Lo dissi subito a Giampaolo Muliari, Direttore del Museo del Grande Torino, facendo la parte dell’avvocato del diavolo quando mi scrisse in privato proponendomi di realizzare questo progetto, che avremmo percorso un terreno minato e che guerra e pace avrebbero passeggiato a braccetto per il Valentino. Ma il sasso nello stagno oramai è stato tirato… Sondiamo, quindi, inesorabilmente le profondità dell’animo umano, gli abissi di un preconcetto di parte e di comodo, stanando quelli che si nutrono soltanto di odio e di rancore o di ragioni puerili difronte alla familiarità naturale della morte nel genere umano, dialogando in futuro soltanto con gli altri. Perché mai sorelle ? Innanzi tutto per quella parentela strettissima che ci accomuna in ogni lacrima versata a causa di un’improvvisazione prematura della signora delle tenebre che non guarderà mai il sesso, l’età, il colore della pelle o delle sciarpe degli uomini. Entrambe hanno abitato nello stesso appartamento, quello del calcio, nel condominio dello sport italiano. Fatalità un aereo che cadde, ma non di meno il destino segnato di quanti nello stritolamento e nel soffocamento sfuggivano terrorizzati all’assalto di un’orda di barbari d’oltremanica. La morte non va tanto per il sottile, non si avventura in disquisizioni accademiche separando il bene dal male, non snocciola arzigogolati teoremi astrusi di comparazione fra le sue azioni, filosofeggiando sull’insieme scenografico dei personaggi in cerca d’autore che la incontrano. La morte falcia e basta. I covoni del distinguo li fanno, poi, la storia e alcuni uomini. E poi chi l’ha detto che due sorelle si devono assomigliare per forza ? Non è stato mai scritto di tragedie gemelle… Potrebbero essere figlie adottive o avere in comune giusto uno dei genitori. E nella drammaticità dell’epilogo questi è certamente il muro che sotto alla Basilica di Superga in uno schianto frantuma e incenerisce una leggenda e che a Bruxelles, invece, collassa travolto dal peso infernale di centinaia di oppressi braccati dalle belve rosse. Disteso in terra, sul colle come sugli spalti, il raccolto di un martirio precoce.  Sciagure del calcio e per il calcio, con un marchio di crudeltà per tatuaggio. E cambia veramente poco se la dinamica fu altra, non importa se qualcuno ha molto mitizzato, altri volontariamente dimenticato, se "loro", "se noi"… Io dico a tutti: "Se vuoi…". Non mi permetto di obbligare o, peggio, di giudicare nessuno se non crede o se non viene a questa mostra. Vorrei soltanto esprimere questo pensiero, perché è stato il primo insegnamento dato a mio figlio quando si è affezionato ai colori della mia squadra del cuore: se non riconosciamo l'avversario come tale, ma lo consideriamo al pari di un nemico che attenta alla nostra stessa esistenza, non abbiamo il diritto di pretendere il riconoscimento stesso della nostra bandiera. Davanti al sudario del dolore non ci sono colori degni o indegni, soltanto lacrime e condivisione solidale in nome della stessa natura di cui siamo tutti tifosi, almeno si spera, l'uomo. Ho letto fin troppe parole e insulti ancor peggiori delle parole. I morti di Superga e dell'Heysel indossano in cielo il vestito della festa mentre noi ci accapigliamo per i luridi cenci di una partita di calcio e parliamo tutti il linguaggio degli sconfitti. "Lo sport affratella" dice spesso il mio amico Giampaolo Muliari. Insultiamoci pure allo stadio, nei limiti, ma davanti ad una lapide dove è stato versato sangue innocente, MEMORIA, ONORE e SILENZIO. Chiunque voglia far prevalere le sue piccole tesi, rivalse e frustrazioni è complice della vergogna del prossimo striscione in qualunque latitudine. E vi aggiungo, traendone prezioso insegnamento, le parole di Domenico Beccaria, Presidente dell’Associazione Storica Granata: "Proprio perché morti, non esistono i nostri e i loro. Esiste il rispetto verso vite tragicamente spezzate nel comune denominatore dello sport, che dovrebbe essere motivo di fratellanza e gioia, non di odio e offesa. Unire le due tragedie in una sola mostra è il modo più forte di costringere la gente a riflettere e capire. Se iniziamo a fare dei distinguo tra morti e morti, ci mettiamo al livello delle bestie che fanno i cori e gli striscioni. Né più, ne’ meno. Se qualcuno fa un aeroplano sbaglia, se qualcuno canta sull'Heysel sbaglia, se qualcuno fa classifiche tra i morti e il dolore, sbaglia. Senza se e senza ma. Il dolore ci accomuna e il rispetto. Basta cori e striscioni beceri, basta trincerarsi dietro la scusa puerile "ma loro lo fanno". Facciamo tutti un passo avanti, verso la civiltà e la ragione, verso il rispetto e l'onore. Noi che sappiamo rispettare i morti, i nostri come quelli degli altri, siamo meglio di loro, quelli che magari indossando i nostri stessi colori, professando la nostra stessa fede, li offendono. Guardando alcune delle immagini di Bruxelles, mi sono sentito colpito profondamente. Vi chiedo di venire a visitare la mostra, dopo la sua apertura, per toccare con mano e capire. Dopo, nulla sarà più lo stesso".

1 gennaio 2014

Fonte: Saladellamemoriaheysel.it 

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Quando giocano… Trezeguet e...

di Giusy Fiorito

Le immagini diffuse dal sito ufficiale della Juventus della visita del campione franco-argentino a Vinovo hanno scritto un’altra pagina di una storia infinita che appassionatamente e indissolubilmente ci lega alla Juventus nel segno di un grande amore. Il campione al quale i tifosi continuano a tributare il coro "quando gioca segna sempre Trezeguet", ha costituito con Alessandro Del Piero una delle coppie d’attacco più amate e prolifiche di gol dell’universo bianconero e reca nella propria biografia non solo il segno di tante vittorie, ma anche il tatuaggio della serie cadetta, avendo vestito la maglia della Juve pure in serie B. Buffon, Camoranesi, Nedved, Del Piero, Trezeguet forse non sono superiori a calciatori del calibro di Platini, Zoff, Scirea, Sivori e ai tanti altri che ancora infiammano la dimensione meramente calcistica del tifo, ma sono nella nostra memoria con un’esperienza che ha fatto la differenza. Avendo alimentato il senso che, più o meno consapevolmente, credo, oggi attribuiamo alla nostra juventinità intesa come appartenenza a un’idea e a un’emozione. Nel mio immaginario calciopoli si connette strettamente nel segno della "passione" (nel suo significato greco originario di sofferenza, intrinseca all’amore) con l’altro episodio doloroso che come "juventini" abbiamo vissuto nell’arco degli ultimi trent’anni, che costituiscono la fase di maturità della mia generazione. L’Heysel e i suoi 39 angeli, scomparsi in una notte di follia, quando si scatenarono contemporaneamente due mostri dal volto disumano incarnati nell’orda di hooligans che aggredirono degli inermi tifosi bianconeri e nell’inefficiente struttura organizzativa dei vertici sportivi europei e delle autorità di Bruxelles, che fecero giocare la finale della Coppa dei Campioni in uno stadio fatiscente e con mezzi poco idonei e insufficienti al controllo dell’ordine pubblico e alla tutela dell’integrità fisica di coloro avrebbero voluto solo assistere a un evento sportivo. Le 39 vittime dell’Heysel e la lunga squalifica inflitta al Liverpool e ai suoi tifosi hanno cambiato il corso della storia del calcio, privandolo per tanti anni di una protagonista di spicco e il modo di gestire il tifo ultrà, con il quale in Inghilterra hanno deciso di fare i conti per davvero. In Italia no. La notte di Capodanno che ci ha introdotto nel 2014 ha registrato non solo la solita sequenza di incidenti legati ai botti, ma un episodio che testimonia la viltà e lo squallore di individui portatori di un disagio che non può dirsi esclusivamente di matrice sportiva. Perché, mentre l’umanità si incontra nelle case, nei locali e nelle piazze di tutto il mondo per venirsi incontro e insieme andare incontro a un nuovo anno ricco di propositi che accendono la speranza nel cuore alla luce dei fuochi artificiali, un manipolo di incoscienti che hanno rinnegato il sangue rinascimentale che ancora dovrebbe scorrere nelle loro vene, si ritrovi a sfogare le proprie frustrazioni contro la sede di un club juventino e firmi l'incivile impresa nel segno dell’oltraggio a 39 vittime innocenti, tra i quali anche bambini, è difficile da accettare almeno quanto lo è da spiegare. La questione dovrebbe aprire un dibattito serio e andrebbe analizzata dagli esperti legislatori della giustizia sportiva e ordinaria, dagli inquirenti e dai sociologi tenendo conto di tutte le sue implicazioni. Partendo da un disagio che indubbiamente è sociale ed è legato alla crisi economica e di valori nella quale il paese langue, ma puntando i riflettori anche su un dato angoscioso che fa spesso acuire gli episodi di violenza quando sono diretti contro l’universo bianconero. Se c’è una tifoseria che negli ultimi otto anni avrebbe avuto un alibi e tutte le attenuanti per dare libero sfogo ai suoi peggiori istinti è quella bianconera, avvilita e umiliata in serie B e dovunque. Spesso e volentieri proprio dagli insulti di chi con la testa sotto la sabbia si è esaltato per aver falsificato passaporti e bilanci, spiato la concorrenza e vestito un pezzo di cartone senza gloria rubato a tavolino. Noi non ci raccontiamo favole. Anche tra i tifosi bianconeri, che sono solo in Italia si dice tra i 12 e i 14 milioni, si annidano frange di estremisti che fanno commercio del nome della Juventus con gli stessi sistemi usati dagli esponenti in negativo del mondo ultrà riconducibili ad altri colori. Ma non si sono viste bruciare le sedi dei club avversari, né striscioni che siano andati oltre la deprecabile usanza di discriminare secondo la razza e il territorio. Si vede ogni benedetta domenica invece il vilipendio e l’oltraggio contro i morti della famiglia Agnelli e dell’Heysel o, nel meno peggiore dei casi, contro il tentativo disperato e per fortuna mancato di un altro grande e mite campione di negarsi la vita. Un odio che nasce dal carattere vincente della Juventus e dalla sua ferrea volontà di trovare in se stessa il coraggio e la forza di continuamente affermarsi. Sorretta da un mito che ha dato tanto allo sport italiano anche con i colori della nazionale e della Ferrari. E che nostro malgrado la tragedia dell’Heysel e calciopoli hanno fatto maturare ed esprimere nei modi che sono stati spesso definiti da ultrà da tastiera, circoscrivendo forse frettolosamente il fenomeno che ha visto coagularsi intorno ai blog di matrice juventina la nostra passione, attraverso non solo lo scambio di idee e opinioni, ma una creatività sia della scrittura, che ludica e dell’immagine. Fiore all’occhiello di questo movimento, che potremmo quasi azzardarci a definire culturale, che tante volte ha ripudiato l’odio e la violenza è Domenico Laudadio, il quale da sempre si spende per i valori dello sport e della memoria. La sua ultima iniziativa, "Settanta angeli in un unico cielo, Heysel e Superga tragedie sorelle", è di grande impatto emotivo e pedagogico, accomunando in un unico evento la passione granata del Torino scomparso a Superga e bianconera dei 39 Angeli dell’Heysel. Una lezione di vita e di impegno sociale che riempie ancora una volta di stile le pagine della storia di un grande amore. La nostra storia. Che ogni giorno ci vede crescere e raggiungere nuovi traguardi insieme alla Juventus.

3 gennaio 2014

Fonte: Giulemanidallajuve.com

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ESCLUSIVA TJ - Domenico Laudadio presenta la mostra:

"Settanta Angeli in un unico cielo Heysel e Superga,

tragedie sorelle" in programma a Grugliasco

di Christian Pravatà

Il 16 febbraio verrà inaugurata a Grugliasco una mostra speciale sulle tragedie di Superga e dell'Heysel. I microfoni di tuttojuve.com hanno raggiunto l'organizzatore dell'evento, Domenico Laudadio che ci ha spiegato questo emozionante progetto.

Dott. Laudadio, può illustrarci il programma della Mostra ?

E’ intitolata "Settanta Angeli in un unico cielo Heysel e Superga, tragedie sorelle" e si svolgerà a Grugliasco dal 16 febbraio al 20 aprile 2014 nelle sale di Villa "Claretta Alessandri" dove è ospitato dal 2008 il "Museo del Grande Torino". L’allestimento sarà a cura dell’ "Associazione memoria storica granata", presieduta da Domenico Beccaria. Il fotografo Salvatore Giglio, storico e valente professionista al seguito della Juventus, documenterà eccezionalmente la strage dell’Heysel con il suo materiale di repertorio, oscurando i volti delle vittime. Come dice il suo direttore, Giampaolo Muliari: "Il Museo di Grugliasco è una entità a parte. E’ un luogo di memoria, di cultura, di fratellanza sportiva".  Superga e l’Heysel sono virtualmente luoghi sacri e inviolabili nella memoria di tutti e abbiamo, quindi, pensato ad un gesto "forte", rivolgendoci alla comunità di tutti gli sportivi, rispondendo a quanti stuprano da tempo bestialmente la pietà e la dignità umana fuori e dentro gli stadi italiani.  Questa mostra non è un gemellaggio sportivo. L’intento del progetto multimediale è raccontare le 2 tragedie più grandi del calcio torinese fraternizzandone fra terra e cielo la memoria dei 70 caduti, pur riconoscendo immutabili e sacrosante le dinamiche antagonistiche e la rivalità dei rispettivi club. La mostra avrà accesso gratuito e sarà inaugurata da un convegno nella sala consiliare del Comune di Grugliasco con la speciale partecipazione del giornalista Francesco Caremani, autore del libro "HEYSEL - Le verità di una strage annunciata".

Da chi è partita l'idea di organizzare l'evento e quali sono stati i principali enti coinvolti ?

Giampaolo Muliari, direttore del Museo del Grande Torino, qualche mese fa si è molto commosso visitando le pagine del mio www.saladellamemoriaheysel.it e mi ha scritto una lettera molto toccante e vera. In estate mi ha proposto l’idea di questa mostra condivisa fra i nostri musei, con il benestare del Presidente Domenico Beccaria e dei soci dell’Associazione. Abbiamo pensato innanzitutto ai familiari delle vittime di Superga e di Bruxelles, invitandoli per iscritto con il dovuto tatto e pudore. Preventivamente sono state coinvolte anche le due società di calcio, ma soltanto il Torino si è reso disponibile al patrocinio mentre la Juventus si è limitata formalmente alla partecipazione se "invitata". Il Sindaco di Grugliasco ci ha offerto per il convegno ospitalità nella sala del consiglio comunale. Alla mostra sono invitati tutti, indistintamente e senza alcuna preclusione tutti saranno accolti e benvenuti.

Pensa che la Memoria di questi tragici eventi Oggi sia ancora viva o la società odierna cerca sempre di lasciare le tragedie alle spalle ?

Viviamo questo tempo che non privilegia in nessun modo l’etica, figuriamoci la memoria storica. Non è un problema di "lasciarsi alle spalle", ma di sensibilità diffusa. Le persone non imparano più nulla dal passato, perché troppo concentrate a godere esasperatamente del profitto materiale del presente, ignorando anche ciò che potrebbero costruire per il loro futuro e quello dei figli. La società è fatta soprattutto di queste persone a cui manca un movente ideologico che trasfiguri moralmente la percezione della realtà, il senso ultimo delle cose e il valore della storia.

Giovedì 2 gennaio alcuni teppisti hanno preso di mira la sede dello Juve Club di Prato, scrivendo frasi ingiuriose: Le scritte variano da "-39", a "Gobbi maiali", da "Auguri Merdosi" a "Gobbi Sudici", cosa pensa di queste persone e dei tifosi che alcune volte intonano allo stadio cori contro la strage dell'Heysel ?

Ciò che penso io non conta assolutamente niente rispetto a quello che può addolorare i familiari di quelle povere vittime innocenti. Sono quasi 29 anni che prosegue imperterrito questo ignobile vilipendio, sistematicamente ignorato e impunito dalle istituzioni del calcio. Non credo assolutamente in questa giustizia del mondo del pallone, ma nella vita, una ruota che gira vorticosamente per tutti... Alle superstars dell’infamia, do un consiglio: quando sputate in cielo ricordatevi che prima o dopo tutto ritorna, ma è molto più pesante…

4 gennaio 2014

Fonte: Tuttojuve.com

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Settanta Angeli in un unico cielo Heysel e Superga tragedie sorelle

Sarà inaugurata domenica 16 febbraio a Grugliasco, presso il Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata, la mostra "Settanta angeli in un unico cielo. Heysel e Superga tragedie sorelle".

Un evento unico in Italia che unirà i custodi della memoria granata con quelli della memoria bianconera per segnare il punto di non ritorno di una nuova cultura sportiva, perché come scrivono Domenico Laudadio, ideatore e realizzatore del Museo Virtuale saladellamemoriaheysel.it, Domenico Beccaria e Giampaolo Muliari, rispettivamente presidente e direttore del Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata: "Le stragi di Superga e dell’Heysel sono luoghi sacri e inviolabili della memoria di tutti. Non esistono bandiere né fedi sportive antitetiche. Abbiamo così pensato a un gesto semplice e forte per ribadirlo alla comunità sportiva e non, agli "uomini di buona volontà" e a quelli che continueranno, nonostante tutto, a stuprare la pietà e la dignità umana", come ogni domenica accade tristemente in tutti gli stadi italiani. Beccaria e Laudadio hanno voluto anche sottolineare che questa mostra "vuole essere un "gemellaggio" fra terra e cielo della memoria dei nostri caduti, ma non intende interferire nelle dinamiche antagoniste delle tifoserie e nella sana competitività e rivalità storica dei propri club". Sui social il dibattito è già aperto evidenziando posizioni contrapposte, ma è altamente significativo che i due musei abbiano deciso di unirsi in questa iniziativa per dare un segnale forte, forse l’ultimo al quale il calcio italiano può aggrapparsi prima di abdicare definitivamente alla guerra per bande che da decenni ammorba tutto il movimento sportivo e che potrebbe essere fatale alla sua stessa sopravvivenza. "Anche le tragedie, in un museo, possono essere narrate con devozione e leggerezza se il fine ultimo è quello di coinvolgere emotivamente i visitatori, non puntando a stupirli con effetti speciali o a turbarli con la crudezza dei particolari, ma trasmettendo semplicemente le verità di una storia; sarà la sensibilità di ogni singola persona poi a trarne gli insegnamenti". Il prossimo 16 febbraio alle ore 9.30, nella Sala del Consiglio della Città di Grugliasco, si svolgerà il convegno inaugurale moderato da Gian Paolo Ormezzano, seguirà l’apertura della mostra.

Per info e contatti: postmaster@saladellamemoriaheysel.it

28 gennaio 2014

Fonte: Francesco Caremani (Comunicato Stampa)

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Heysel e Grande Torino: la parola al Museo

Una lettera per rispondere all'articolo di Franco Ossola su Toro.it

Riceviamo e pubblichiamo la risposta da parte del Museo del Grande Torino, nella persona di Domenico Beccaria, in merito all'articolo "Una scelta che non condivido" di Franco Ossola. Decidiamo, come sempre, di dare spazio a tutte le voci e tutte le campane, contando in una sana e operosa dialettica e allontanando, da subito, ogni forma di sterile polemica.

"Quando tocca leggere così capziose argomentazioni, per screditare una mostra che non intende gemellare due squadre, non intende negare o mitigare lo spirito agonistico che deve animare la gara, ogniqualvolta ci si trovi a contendere sul campo per la palma del migliore, il sangue mi ribolle e le parole che mi salgono alla lingua e alla penna, rischierebbero di essere di nocumento più che di spiegazione. E allora lascio rispondere al Principe De Curtis, meglio conosciuto come Totò, la cui grandezza e umanità non ha bisogno ne’ di commenti ne’ di insegnamenti da alcuno. (Omissis… Testo "A livella" di Antonio De Curtis) Quindi basta vedere idioti che mimano aeroplani, leggere striscioni o sentire cori offensivi. Davanti alla morte, giù il cappello e riflettiamo in silenzio. Ecco cosa ha accomunato le due tragedie, il vilipendio che ne viene fatto in tanti troppi stadi, e cosa invece le dovrebbe unire. Il rispetto.

8 febbraio 2014

Fonte: Toro.it

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Superga e Heysel in mostra insieme, è polemica

TORINO 8 feb (Però Torino) - Al Museo del Grande Torino è in programma una mostra che accomuna la tragedia di Superga a quella dell'Heysel ed è già polemica. Mettere insieme lo schianto aereo della più grande squadra italiana, con l'uccisione di 39 tifosi (32 italiani) trucidati prima della finale di Coppa Campioni 1985, ad alcuni non sembra opportuno. Nessuno, naturalmente, intende sminuire un avvenimento piuttosto che l'altro, ma i "distinguo" non mancano. Così molti tifosi granata ricordano l'arrivo festante della compagine bianconera a Torino, dopo la conquista della coppa e l'ipocrisia delle autorità belghe nel gestire la situazione, che peraltro era obiettivamente difficile. Franco Ossola, figlio del grande attaccante granata, scrive su www.toro.it: "I due fatti - pur al di là del mio sentimento personale - mi paiono in assoluto così lontani nel tempo, nelle dinamiche e, se mi è permesso, nello spirito che da parte mia non avrei mai avuto l'idea di affratellarli collocandoli, in pratica, sullo stesso piano. Mi spiego meglio: ho difficoltà ad accostare la morte dei giocatori del Grande Torino, campionissimi che sul campo hanno scritto imprese memorabili e umanamente degne di essere rammentate ancora oggi dopo 65 anni, grazie a una lezione di moralità straordinaria meritevole da essere segnalata nei moderni libri scolastici, con gli incresciosi fatti accaduti nel corso della tragica partita dell'Heysel, dove volgari brutalità, che nulla hanno a che vedere con i valori rappresentati dal Grande Torino e dalla sua epopea, portarono alla terribile fine di tanti tifosi".  A questa opinione, dal Museo del Grande Torino, si risponde: "Rispettiamo e comprendiamo l'opinione di Franco, che è parte coinvolta pesantemente in una delle due tragedie e che è stato nostro apprezzato Direttore per tanti anni. A questo punto, crediamo che non ci sia molto da aggiungere a quanto detto da lui, da noi e da ogni tifoso che abbia già espresso la sua opinione, se non ricordare a tutti che noi rimaniamo il Museo del TORO e che questa è una mostra temporanea che occuperà solo per due mesi 2 delle 15 sale del Museo, le altre 13 essendo sempre dedicate alla nostra squadra del cuore. State tranquilli: non facciamo affari con loro e non siamo i loro zerbini". Come ricorda Wikipedia, alcuni giocatori della Juventus, tra cui il suo leader Michel Platini, autore della rete decisiva, furono molto criticati per essersi lasciati andare a esultanze eccessive vista la gravità degli eventi, ma la gioia durò poco: infatti lo stesso Platini il giorno dopo, quando tutti erano venuti a conoscenza della morte di 39 persone, dichiarò al giornalista RAI Franco Costa che di fronte a una tragedia di quel genere i festeggiamenti sportivi passavano in secondo piano. Anche Giampiero Boniperti, presidente bianconero, affermò che di fronte a quella situazione non era il caso di festeggiare la vittoria mentre il sindaco di Torino censurò l'esultanza nelle strade dei concittadini tifosi. Al di là delle polemiche e delle inevitabili prese di posizione, tutte legittime e motivate, da parte nostra non possiamo che sottolineare l'iniziativa e le sue finalità chiaramente positive. Mostra Multimediale (16 febbraio - 20 aprile 2014) in Villa Claretta Assandri, via La Salle 87, Grugliasco (TO). Da una idea e sentimento di Giampaolo Muliari, Direttore del Museo del Grande Torino e della Leggenda granata. Con la partecipazione di Domenico Beccaria, Presidente dell'Associazione Memoria Storica Granata, del Museo Virtuale Multimediale ww.saladellamemoriaheysel.it di Domenico Laudadio e di Francesco Caremani, giornalista e autore del libro "Heysel. Le verità di una strage annunciata". Consulenza e repertorio fotografico di Salvatore Giglio.

8 febbraio 2014

Fonte: Perotorino.it

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"Glielo dica negli occhi"

Lettera aperta a Franco Ossola, figlio del grande calciatore del Torino caduto a Superga, in risposta al suo articolo "Una scelta che non condivido" su www.toro.it.

Gent.mo Sig. Franco Ossola,

ho scelto di risponderle qui da casa mia, prima di ricevere generosa e cortese ospitalità nelle stanze del museo dove è onorata anche la memoria del grande campione che è stato suo padre, in una squadra indimenticabile, cara a tutti e vanto di una nazione ferita in ripresa dall’apocalisse di una guerra mondiale. Dalla sua premessa la morte metterebbe da subito a tacere qualunque obiezione di merito perché, così come scrive molto bene nel suo articolo, al suo cospetto "non ci sono parole che tengano e si è tutti affratellati ed uniti".  Di seguito, però, le è sfuggita un poco la mano insieme al garbo ed alla ragione e dalla sua penna son partiti gli schizzi di un tono altero anche nei confronti di chi, al di là delle "dinamiche" differenti e del tempo trascorso, ha pianto nella disgrazia i suoi cari per una partita di pallone, altrettanto come lei e la sua famiglia. Al fine di sostenere il suo educato dissenso per una mostra che "oserebbe accomunare gli eroi invincibili di Superga" ai poveri cristi dell’Heysel, dimenticati purtroppo da tutti, espone a contrasto "le imprese memorabili" del Grande Torino alle "volgari brutalità" di Bruxelles, "un destino epico" alla "becera assurdità della violenza umana".  Dunque crea una scala di valori nella quale i morti non sono tutti uguali, ma educano soltanto quelli che scrissero "le imprese memorabili sul campo", tali da meritare un onorevole ricordo solenne. Profondamente, me ne dolgo... E non è certamente una questione di pietismo, né di "pietas", un sentimento ormai in estinzione, svuotato dei valori nobili, poco più d’una parola tronfia da tirare fuori nei salotti importanti… Qui stiamo parlando di morti ammazzati per una partita di pallone, tornati a casa in una bara, proprio come suo padre, e se per lei è giusto creare aristocrazie meritorie fra i morti per il calcio o del calcio, penso che contribuirà anche lei ad avallare il pregiudizio e il tornaconto infame di quei tifosi che in nome della propria bandiera già al prossimo derby mancheranno di rispetto alla memoria di suo padre ed a quella dei 39 caduti di Bruxelles. Caro Sig. Franco, la Memoria non è fatta a scale, scenda giù fra noi comuni mortali e venga domenica 16 febbraio all’inaugurazione delle nostra mostra provando a guardare in faccia chi a Bruxelles ha perso tutto… Glielo dica negli occhi che "non è giusto confondere le cose" e che "sono due esperienze da non affratellare"… Perché, vede, per loro ognuno dei propri cari rappresentava una leggenda… Qualcuno disse, scrive, che siamo cugini. Si sbaglia, di grosso, perché l’umanità ha un solo grado di parentela, siamo tutti fratelli. Si adegui.

Cordialmente.

Domenico Laudadio

9 febbraio 2014

Fonte: Saladellamemoriaheysel.it

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Heysel e Superga uniscono Toro e Juve nella memoria

di Guido Vaciago

Una mostra al museo granata ricorda le due tragedie e il derby, per una volta, unisce invece che divedere.

TORINO - Superga ed Heysel, due immani tragedie di sport che hanno spesso beceramente diviso le tifoserie. Per fortuna non tutti. Ed è con grande gioia che si può annunciare l'iniziativa del "Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata" che domenica 16 febbraio inaugurerà la mostra: "Settanta angeli in un unico Cielo - Heysel e Superga tragedie sorelle". Il programma della giornata prevede alle ore 9,30 presso la Sala Consiliare della città di Grugliasco, piazza Matteotti 50, il convegno inaugurale e a seguire presso il Museo del Toro l’inaugurazione della mostra allestita nella sala della Memoria. La mostra sarà visibile fino al 24 aprile 2014. Il convegno sarà moderato dal giornalista Gian Paolo Ormezzano ed interverranno Domenico Laudadio creatore del sito "sala della memoria Heysel", Francesco Caremani autore del libro "Heysel, la verità di una strage annunciata", Domenico Beccaria presidente dell’Associazione Memoria Storica Granata e Giampaolo Muliari direttore del Museo del Grande Torino. FRATELLI - "Lo sport non divide, affratella" è l’ideale che ha spinto a creare questo evento in modo da ritrovarsi insieme, oltre ogni bandiera, in un unico cielo. Nella tragedia di Superga il 4 maggio 1949 perì la squadra del Grande Torino con i suoi accompagnatori, i membri dell’equipaggio aereo e tre giornalisti e nella strage dell’Heysel il 29 maggio 1985 morirono trentanove persone, di cui trentadue tifosi della Juventus, e altre seicento rimasero ferite. Il Museo si trova a villa Claretta Assandri in via G.B. La Salle 87 a Grugliasco.

11 febbraio 2014

Fonte: Tuttosport.com

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I 70 angeli di Juve e Toro

di Alberto Manassero

La materia è delicata. Torino, Grande Torino; Juventus, gli assassinati dell'Heysel. Rivalità inalienabili; tragedie inopinabili. Tanti nasi si storceranno. Non meno stomaci inacidiranno. Come osate unire due vicende così diverse, in una sola celebrazione (la mostra che si apre domenica al museo granata) ? L'unica affinità è la morte. Appunto: la livella, risponderebbe Totò. La sofferenza, le lacrime, il vuoto incolmabile, il personale e comunissimo ricordo non hanno colore, soltanto inconfondibile sapore. Senza pelose pretese, ipocrite e fasulle, il vallo che separa Toro e Juve, i granata e i bianconeri è l'universo: vite inconciliabili. E' un dovere, per chi ama il pallone. Ci si può, ma più che altro ci si deve sbeffeggiare, persino insultare, addirittura sportivamente odiare. Chi pretende altro, vuole un calcio che non è calcio, ma caccia alla volpe (molto peggio in quanto a ferocia). Però, dopo questo, dentro questo, può emergere il rispetto per le reciproche divinità, per i propri e gli altrui santi. La mostra è questo. Il campo neutro del cielo, da dove cadono lacrime uguali. Da cuori per sempre diversi.

12 febbraio 2014

Fonte: Tuttosport 

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TORINO. Il dolore è il medesimo, profondo, lancinante, incancellabile. Pur nella totale differenza di situazioni o di credo. Qualcuno magari storcerà il naso, tuttavia di fronte al lutto lo stato d'animo rimane lo stesso: sconforto, smarrimento, incredulità. Da una parte il 4 maggio del 1949, Superga, il Grande Torino che se ne va, consegnandosi alla leggenda. Dall'altra il 29 maggio 1985, l'Heysel, la tragedia dell'assurdo, una Coppa Campioni insanguinata. Trentuno persone perirono a Superga, trentanove invece morirono in Belgio. Che cosa unisce i dolori di Torino e Juventus ? Una mostra, che verrà inaugurata domenica al Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata di Grugliasco, a Villa Claretta. Il titolo spiega tutto, senza troppi giri nella retorica: "Settanta angeli in un unico cielo - Heysel e Superga tragedie sorelle". GIORNO SPECIALE - II programma della giornata di domenica prevede alle ore 9.30 presso la Sala Consiliare della città di Grugliasco, piazza Matteotti 50, il convegno inaugurale o a seguire presso il Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata l'inaugurazione della mostra allestita nella sala della Memoria. La mostra sarà visibile fino al 24 aprile 2014. L'EVENTO - A moderare il convegno sarà un ex direttore di Tuttosport, Gian Paolo Ormezzano, a commemorare tra gli indimenticabili angeli di Superga anche il fondatore di Tuttosport, Renato Casalbore, uno dei tre giornalisti che hanno perso la vita Insieme al Grande Torino in quel maledetto 4 maggio del 1949. Interverranno poi durante la manifestazione Domenico Laudadio creatore del sito www.saladellamemoriaheysel.it, Francesco Caremani autore del libro "Heysel, la verità di una strage annunciata", Domenico Beccaria, presidente dell'Associazione Memoria Storica Granata o Giampaolo Muliari" direttore del Museo del Grande Torino. INFORMAZIONI - Per chi non conoscesse il luogo, serve ricordare che il Museo si trova a villa Claretta Alessandri in via La Sulle 87 a Grugliasco, alle porte di Torino. E' abitualmente aperto solo nel week end, il sabato dallo ore 14 alle 19 e la domenica dalle ore 10 alle 19, con ultimo ingresso alle 18. Sono possibili visito fuori orario di apertura dal lunedì al venerdì, ma solo su prenotazione. Per motivi di sicurezza si possono effettuare solo visite guidate. Per informazioni inviare una mail a: info@museodeltoro.it. Un giro è consigliabile anche a chi non è tifoso granata: si respira affascinante storia calcistica, più in generale storia d'Italia, di varie epoche. Da non perdere.

12 febbraio 2014

Fonte: Tuttosport 

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Heysel e Superga in mostra il dolore unisce Juve e Toro

di Maurizio Crosetti

TORINO - Il dolore non ha una curva del tifo, le tragedie non indossano la maglia di una squadra: sembrano indossarla, ma non è vero. Perché il dolore appartiene a tutti, non ha colore. Anche se poi i tifosi si sentono rappresentati anche dalle loro sventure: finché, però, i barbari non cominciano ad oltraggiare il dolore degli altri, le lacrime degli avversari. Accade quasi ogni domenica, nell’anno orribile del razzismo e dei cori più crudeli. Ed è anche per reagire a questa vergogna che domani verrà inaugurata una mostra che unisce le due più immani disgrazie dello sport italiano, Superga e l’Heysel, cioè Toro e Juve. Ma, questa volta e almeno per una volta, non Toro contro Juve. Non è poco, a una settimana dal derby. Accade a Grugliasco, comune della cintura torinese che già ospita il "Museo del Grande Torino e della leggenda granata": da domani (convegno in municipio alle 9.30, modera Gian Paolo Ormezzano) fino al 24 aprile, due sale del museo saranno dedicate alla mostra "Settanta angeli in un unico cielo - Heysel e Superga tragedie sorelle", allestita in collaborazione con il sito "saladellamemoriaheysel.it" e con l’aiuto del fotografo Salvatore Giglio, che ha messo a disposizione il suo ricchissimo archivio. La mostra sarà aperta il sabato e la domenica a Villa Claretta Alessandri, via La Salle 87, Grugliasco, e in settimana su appuntamento (per informazioni, info@museodeltoro.it). "Eravamo stufi di sentire le voci becere che troppo spesso si alzano dalle gradinate", spiega Domenico Beccaria, presidente dell’associazione "Memoria storica granata". "Basta con gli imbecilli che vilipendono i defunti. L’idea ci è venuta anche visitando il sito sull’Heysel, curato da Domenico Laudadio. Vogliamo stimolare la riflessione con l’aiuto di immagini forti". Due date, 4 maggio 1949 e 29 maggio 1985. Trentuno e trentanove morti. Il totale è settanta, appunto gli angeli che danno il titolo alla mostra, ma qui non c’è nulla di edulcorato. Anzi, è proprio la carica emotiva, persino crudele delle immagini a fare la differenza. Che sia la celebre foto della coda dell’aereo piantata nel muro della basilica, oppure quella del tifoso bianconero che afferra il suo ragazzo morto, la potenza tragica di quegli scatti è identica e immutabile. Anche se è già polemica da parte di chi vorrebbe "non confondere i morti", perché solo i propri valgono. "A noi, veramente, basterebbe che i morti fossero lasciati in pace", conclude Beccaria. Nel rispetto di tutti, non solo dell’avversario che soffre. Come sta scritto al museo del Benfica: "Senza i nostri avversari, la nostra sarebbe stata una storia incompleta". Forse, anche la storia del dolore di ognuno.

15 febbraio 2014

Fonte: La Repubblica 

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70 angeli in un unico cielo

di Carlo Cipiciani

4 maggio 1949, Superga, 31 morti. 29 maggio 1985, Heysel, 39 morti. Torino e Juventus, Toro e Juve, due squadre divise da una rivalità senza fine. Due diverse tragedie, 70 morti, un unico dolore. E’ solo calcio, eppure - come per la politica, la religione, la razza - non mancano imbecilli di ogni età che vomitano addosso al dolore, che sputano su quei 70 morti, a 70 angeli in un unico cielo.  

70 angeli in un unico cielo è una mostra, aperta ieri a Grugliasco, che unisce le due tragedie sportive di Juve e Toro. Rivali, ma non nemiche. E non solo perché il calcio è (dovrebbe essere) solo un gioco. E nemmeno perché se arrivi a Superga vedi solo un cielo azzurro e prati verdi, e poi Torino e le Alpi in lontananza e respiri quel dolore, che è di tutti. E neanche perché se arrivi dove c’era l’Heysel vedi strade, parcheggi, gente che va e viene ma non puoi non pensare a quel padre con il figlio con la maglia bianconera inzuppata di sangue. 70 angeli in un unico cielo; per ricordare, e forse per capire. Capire - per il calcio, o per cose più importanti - che siamo tutti fratelli sotto lo stesso cielo; o, almeno, che il dolore è sempre uno e non ha colore, perché il sangue è di noi tutti è rosso. O almeno che i morti vanno lasciati in pace, e che si può essere diversi senza essere nemici. O, almeno, il rispetto. O se proprio non si riesce ad essere abbastanza umani, almeno comprendere, come è scritto in un museo di una grande squadra di calcio, che "senza i nostri avversari, la nostra sarebbe stata una storia incompleta".

17 febbraio 2014

Fonte: Giornalettismo.com 

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Strage dell’Heysel, il settore Z

di Giovanni Davide Pontrelli

"Il calcio ha conosciuto ieri sera la più grande tragedia della follia. Una montagna di morti, una strage, una carneficina. Tremano le mani a scrivere queste parole che sono il macabro mosaico di quella che avrebbe dovuto essere la finalissima di Coppa dei Campioni" Candido Cannavò.

29 maggio 1985, Bruxelles, doveva essere una giornata di festa per lo sport, bensì nel settore Z dell’Heysel si consumò la tragedia. Zeta un nome che in questo caso racchiude un significato purtroppo macabro, l’ultima lettera, la fine dell’alfabeto, della vita e dello sport. Juventus - Liverpool, andava in scena la finale della 30^ Coppa dei Campioni nel vecchio stadio Heysel, una scelta che fu molto criticata da entrambe le società sia per le condizioni fatiscenti in cui versava la struttura che non veniva ristrutturata da ormai dieci anni sia per la poca sicurezza che questo impianto poteva offrire. I tifosi erano presenti in tribune separate, ma alcuni tifosi della Juventus, organizzatisi comprando i biglietti autonomamente, erano collocati nella tribuna Z, separata solamente da una rete metallica che pochissima tranquillità poteva concedere. "Take and End", prendi la curva, tutta colpa di questo becero modo di pensare degli hooligan, i tifosi inglesi più accesi, che iniziò la tragedia. Circa un’ora prima della partita i tifosi del Liverpool uniti anche ai tifosi del Chelsea, headhunters "cacciatori di teste", venuti apposta per cercare lo scontro, cominciarono a spingersi verso il settore Z a ondate, sfondando le reti divisorie. Per poter capire questa inaudita violenza si deve tornare indietro di un anno, finale della Coppa dei Campioni ’84 tenutasi allo stadio Olimpico di Roma tra la Roma e lo stesso Liverpool, fu teatro di numerosissimi incidenti prima e dopo il match che videro bande di ultras romanisti scontrarsi ferocemente con i tifosi inglesi. Questi "tifosi" memori dei suddetti incidenti si aspettavano forse una reazione altrettanto violenta da parte dei tifosi juventini, reazione che non sarebbe mai potuta esserci, dato che la tifoseria organizzata bianconera era situata nella curva opposta. Gli inglesi sostennero di aver caricato più volte a scopo intimidatorio, ma i semplici spettatori, juventini e non, impauriti, anche per il mancato intervento e per l’assoluta impreparazione delle forze di polizia belga, che ingenuamente ostacolavano la fuga degli italiani verso il campo manganellandoli, furono costretti ad arretrare. I tifosi per lo più famiglie italiane, completamente colti di sorpresa dall’azione degli inglesi e dalla incapacità delle forze dell’ordine, si ammassarono contro il muro opposto alla curva dei sostenitori del Liverpool. Alcuni, disperati, si lanciarono dall’alto nel vuoto, altri cercarono di scavalcare ed entrare nel settore adiacente, alcuni di essi finirono per ferirsi sugli spunzoni delle recinzioni. La vera tragedia si consumò quando il muro su cui erano ammassati i bianconeri crollò per il troppo peso, moltissime persone vennero travolte, schiacciate e calpestate nella corsa verso una via d’uscita. Tutto ciò non per giustificare il comportamento dei supporters inglesi, tutt’altro, ma per far capire come la diffusa pratica della presa della curva, sconosciuta o quasi fuori dall’Inghilterra fino ad allora, ebbe il suo peso specifico nella tragedia. La conta dei morti, tra indignazione e sgomento mescolati alla pietà per chi ci ha lasciato la vita, fu lunga, ben 39, di cui 32 italiani, compresi tra gli 11 ai 58 anni. Una macchia incancellabile dalle pagine dello sport, che non sarà mai possibile dimenticare, quasi da dire, maledetta fu quella Coppa. Sullo sfondo di questo dramma, ci sono immense responsabilità di chi non riuscì minimamente a gestire, neanche con misure preventive più normali, un avvenimento che doveva essere rigorosamente disciplinato, in quanto aveva tutte le caratteristiche per risultare esplosivo, vedere appunto i fattacci di Roma l’anno prima. Nessuna giustificazione e solidarietà né per Bruxelles né per la UEFA. Dopo il disastro ci fu anche la beffa, le autorità belghe, con la scusa di non creare ulteriori disordini e poter organizzare lo sfollamento dello stadio e controllare incidenti che la tensione avrebbe alimentato, hanno praticamente imposto alle due squadre di giocare. A questo punto si dovrebbe raccontare qualcosa in più sul ridicolo svolgimento della partita, un autentico insulto, non giustificabile, verso i familiari delle vittime. Ma l’ultima cosa che interessi, nonostante siano passati quasi trent’anni, è chi abbia o non abbia vinto quella coppa maledetta. Juventus - Liverpool, 1 a 0 (gol di Platini su rigore) ecco qua la cronaca di quella partita. Nei giorni successivi l’Uefa, su proposta dello stesso Governo di Londra, guidato dalla Lady di ferro Margaret Thatcher, escluse le squadre inglesi (i cui tifosi si erano già in passato macchiati di simili efferatezze) a tempo indeterminato dalle Coppe europee, solo nel 1990 furono riammesse nelle competizioni.

19 febbraio 2014

Fonte: Icampionidellosport.com   

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Un cielo soltanto

di Domenico Laudadio

Pensieri ad alta voce sulla mostra condivisa a Grugliasco fra il Museo del Grande Torino e il Museo Virtuale Multimediale saladellamemoriaheysel.

A volte un sogno parte proprio in questo modo, con un soffiare lento, come l’ispirazione pittorica di un cherubino del Botticelli, perché è dall’uomo e dall’artista che ha preso vita questa mostra scomoda e imprevedibile. Al di là delle nuvole sanno guardare poche persone, senza scomodare i santi anche i laici compiono prodigi con la propria fede. Nel calcio colui che è capace ancora di sorridere all’avversario, avvolto nella sua sciarpa a colori nel grigiore del mondo, lasciando digrignare i denti a quanti non saranno mai degni dello sport, resta l’ultimo richiamo della speranza di piantare rose nel letame. Giampaolo Muliari ricrea a pastello i volti degli uomini, ne ha ritratti tanti, alcuni invincibili e leggendari, altri di comuni mortali. Questa volta ha riunito in un unico disegno le ali dell’aereo di Superga alle braccia aggrovigliate dello stadio Heysel, ponendo al centro due bambini intrecciati in un abbraccio per sempre. Granata, marrone, rosa e nero, i colori dei loro panni che si mescolano a tingere un lutto cupo e crudele, noncuranti di quell’alone fetido intorno, di pavide remore, di classifiche infime sui morti. Umanamente e sportivamente ti verrà spontaneo dire "i nostri", "i vostri", ma i morti non sono proprietà di nessun altro all'infuori dei loro familiari. In questo caso noi possiamo difenderne la memoria che è il sentimento più nobile che scrive la storia, ma non si viviseziona il rispetto dei caduti, non si usa il bisturi, non si fanno autopsie per discernere cosa è giusto onorare e chi no. O tutti in egual misura o nessuno. Allora i canapi intorno al cuore di chi ha ormeggiato nel porto dell’arroganza la sua presunzione vengano recisi di netto dalla dignità e dalla ragione, affinché prenda il largo questo veliero della memoria in una crociera di ricordi nel beccheggio di quei 70 nomi sul mare placido del silenzio intonato dal trombettiere in una sala comunale di Grugliasco. Domenico Beccaria è uomo granitico, deciso, cacciatore esperto di cinghiali e d’ipocriti, ma elegante e tenero con chi lo merita. Lui ha preso sulle spalle il progetto sin dalla genesi, guadando pazientemente le paludi insidiose del dissenso e scansando le sabbie mobili delle incomprensioni, tenendo testa agli agguati del "tremendismo" da tastiera, sopportando le morali senza l’etica di comuni fanfaroni senza anagrafe o persino la disapprovazione "politica" di cognomi eccellenti. Tragedie sorelle, non gemelle, ha precisato a tutti. Quelle erano le torri dell’11 settembre abbattute dal fanatismo e dall’odio, in questi altri casi fu il fato a generare un dolore improvviso, lancinante, ancora oggi fuoco vivo sotto le ceneri apparentemente tiepide della rassegnazione. Le più grandi tragedie sportive delle due squadre di Torino, tutto per una partita di pallone. C’è solo da imparare in quei lampi negli occhi del fratello di una vittima di Bruxelles mentre ti racconta col capo imbiancato di una vicenda che a lui pare ieri… Ci provi a sfidarli chi ha stilato quella squallida graduatoria per cui Valentino Mazzola è un "mito" mentre Giovacchino Landini un "semplice tifoso, magari sfortunato"… A capo d’una squadra epica o di una trattoria, alcuna differenza, perché ogni caro è una leggenda a casa sua. Affettivamente il medesimo vuoto incolmabile e chi non lo sostiene è di certo in cattiva fede e complice della prossima dissacrazione a cura di uomini immondi, da una parte e dall’altra. "Un sasso nello stagno", l’ha definita questa mostra condivisa Beppe Franzo, storico della curva Filadelfia e uomo d’onore. Un tonfo, il clamore del villaggio virtuale, poi i cerchi concentrici si allargano e raggiungono le sponde estreme del Po. Francesco Caremani ci mette in guardia, imploderà il calcio italiano senza una riflessione comune, umile e disarmata. La sua idiosincrasia per i gruppi ultras prende origine dal dolore che l’ha segnato prima da amico di famiglia di una delle vittime e poi da scrittore documentato del dramma dell’Heysel. Denuncia il meccanismo a orologeria innestato che potrebbe farlo saltare dentro e fuori il campo. Sancisce il sacrosanto diritto di restare avversari, senza necessariamente il dovere di essere nemici, la diversità dei colori mai travalichi in alcun modo il rispetto per tutti, vivi e morti. Io, emozionato, inciampando inizialmente nelle mie stesse parole mi ero smarrito, poi ho ripreso fiato e ho lasciato parlare di getto il cuore, tralasciando gli appunti sul foglio. Mi è venuto spontaneo dire che fra gli uomini c’è un solo grado di parentela che non è quello di cugini, ma soltanto di fratelli e attestare il valore di un’unica memoria in comune, davanti alla quale si devono inchinare tutte le bandiere e tutti i trofei. Giampaolo Muliari al microfono si commuove al pensiero che in "Curva Z" fosse capitato a suo figlio… Lo spessore della sua elevata sensibilità ci trasmette un insegnamento alto, un’esperienza umana e sportiva che porterò per sempre nel mio cuore. Come hanno scritto benissimo gli amici Iuliana Bodnari e Rossano Garlassi, braccia e anime insostituibili del comitato "Per non dimenticare Heysel" di Reggio Emilia, ospiti del "Museo del Grande Torino e della leggenda granata": "Siamo venuti in amicizia e ci avete accolti con amicizia". La traccia è questa… C’è un cielo soltanto, riprendiamo l’abitudine ogni tanto di alzare lo sguardo da terra, dove ci consumiamo faticosamente in quello che ci divide, scopriremo che non c’è competizione di uomini superiore a quell’incanto. 4 maggio 1949, 29 maggio 1985, onore ai caduti di Superga e a quelli di Bruxelles. In memoriam.

23 febbraio 2014

Fonte: Saladellamemoriaheysel.it

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Derby, vergogna in curva. Striscione su Superga

di Guido Vaciago

Ancora una volta è stata insultata la memoria del Grande Torino da una minoranza di pseudo-tifosi.

TORINO - Quando questa storia finirà, sarà bello, ma comunque troppo tardi. Ancora una volta l'ignoranza e la maleducazione fa capolino nel derby e questa volta ne fa le spese la memoria del Grande Torino e la sciagura di Superga, come altre volte era stato l'Heysel. Uno striscione becero con la scritta: "Quando volo penso al Toro" e un altro altrettanto stupido che cita lo schianto sulla collina sono comparsi in curva, per fortuna piccoli e per fortuna tolti abbastanza velocemente. Il dubbio è sempre quello: dare visibilità a questi cretini o no ? Ignorarli potrebbe essere meglio, ma condannarli forse è più importante.

23 febbraio 2014

Fonte: Tuttosport.com 

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Juve, Agnelli avverte i tifosi "Le tragedie non si toccano"

Il presidente bianconero si schiera apertamente contro gli striscioni sulla tragedia di Superga che colpì il grande Torino nel 1949.

TORINO - E' una condanna secca e precisa, quella del presidente della Juve, Andrea Agnelli, nei confronti degli striscioni di alcuni "pseudotifosi" della Signora che facevano riferimento alla tragedia di Superga. Il presidente, attraverso il profilo ufficiale twitter della Juventus, ha commentato: "Le tragedie non si toccano. Mai. No agli striscioni ed ai cori canaglia. Tutti. #RispettoPerLeTragedie". E poco importa se gli altri fanno cori o espongono striscioni sulla tragedia di Pessotto o su l'Heysel, lo "stile Juventus" è anche questo.

24 febbraio 2014

Fonte: Tuttosport.com 

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LA MOSTRA

Ma in un'altra Torino c'è tanto rispetto

per i "Settanta Angeli volati in un unico cielo"

A Grugliasco fino al 20 aprile una rassegna onora le vittime di Superga e dell'Heysel.

Il dolore non ha bandiere. Il messaggio di Andrea Agnelli, davanti agli striscioni vergognosi esposti domenica in curva Sud, è anche l'essenza di una mostra in programma proprio in questi giorni a Grugliasco, due passi da Torino, e intitolata "Settanta Angeli in un unico cielo, Heysel e Superga tragedie sorelle": inaugurata il 16 febbraio, rimarrà aperta fino al 20 aprile (ingresso gratuito) nelle sale di Villa Claretta che ospitano il Museo del Grande Torino. Lo scopo del progetto, curato dal Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata in collaborazione con il museo virtuale www.saladellamemoriaHeysel.it, è riunire in commovente racconto le due tragedie più grandi del calcio torinese, accomunate dal dolore al di là della rivalità calcistica. VISITATORI - Purtroppo c'è chi non conosce il rispetto - se alcuni pseudo tifosi juventini hanno oltraggiato i morti di Superga durante il derby, solo poche settimane fa a Prato alcuni teppisti hanno preso di mira il locale club bianconero offendendo con scritte ingiuriose i morti dell'Heysel - ma gli organizzatori sono convinti che si tratta di poche minoranze e rilevano invece, attraverso il successo della mostra, tanta sensibilità e partecipazione: "Abbiamo molti visitatori - dice Domenico Beccaria, presidente del Museo del Grande Torino - molti dei quali juventini che visitano poi volentieri anche il museo. E' giusto, perché si tratta di cultura: io quello della Juve l'ho visitato quattro volte, sicuramente più dei curvaioli bianconeri che poi espongono quegli striscioni. Sono ancora più convinto della bontà della nostra iniziativa, utile per riflettere e capire, coinvolgere i tifosi intelligenti e sensibili, la maggioranza, affinché educhino pochi scellerati". VILIPENDIO - Beccaria medita anche una personale iniziativa per la prossima stagione. "Preparerò uno striscione con la scritta "Rispetto per i morti dell'Heysel", pronto a esporlo, mi auguro non accada, se qualche imbecille replicherà gli insulti alla memoria di Superga. Voglio vedere come reagiscono a quel punto, non credo possano rimanere indifferenti. I tifosi devono incitare la propria squadra, realizzare la coreografia più bella o lo striscione più divertente: il vilipendio dei morti non ha ragione di esistere".

25 febbraio 2014

Fonte: Corriere dello Sport 

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70 angeli in un unico cielo: "Heysel e Superga tragedie sorelle"

di Giulia Ongaro

Gli striscioni di domenica, quelli sulla tragedia di Superga, sono una vergogna. Come sono stati una vergogna, negli anni passati, tutti gli altri striscioni che, da una parte o dall’altra, hanno puntato non allo sfottò calcistico, ma all’offesa gratuita e basata sulle tragedie altrui. Giuste le condanne ufficiali, come quella di Andrea Agnelli, ma non basta. Devono essere i tifosi, uno a uno, a ricordarsi che il dolore dovrebbe unire e non creare occasioni per insultarsi. E dire che, proprio in occasione del derby, un buon passo avanti era stato fatto. Da domenica scorsa, il Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata ospita una mostra inaspettata. La sala della Memoria, infatti, dal 16 febbraio al 24 aprile è stata dedicata a un’esposizione intitolata "Settanta angeli in un unico cielo - Heysel e Superga tragedie sorelle". Filo conduttore dell’iniziativa, lo sport che dovrebbe unire e affratellare, e non dividere, anche nei suoi momenti più oscuri e drammatici. Il Museo, che si trova a Villa Claretta Assandri, a Grugliasco, organizza visite guidate a questa mostra che raccoglie materiale, fotografico e non, risalente tanto al 4 maggio 1949 quanto al 29 maggio 1985; il Museo è aperto il sabato dalle 14 alle 19 e la domenica dalle 10 alle 19 (ultimo ingresso alle 18), ma prenotando si può accedere anche in settimana. La mostra è poco più che simbolica, visto che le altre tredici sale del museo continueranno, più che giustamente, a raccontare la Storia del Grande Torino, mai raccontata abbastanza. Una parte del materiale dedicato al tragico incidente di Bruxelles arriva dall’archivio di Salvatore Giglio, storico fotografo bianconero, e dal sito "Saladellamemoriaheysel", un vero e proprio Museo Virtuale dedicato ai 39 tifosi morti perché avevano seguito la squadra in un impianto fatiscente. Il sito ufficiale del Torino Calcio ha dato notizia dell’iniziativa, che però ha ricevuto anche alcune critiche, prima fra tutte quella di Franco Ossola, che ha in poche parole giudicato non conveniente l’affiancamento di due tragedie a suo parere "così lontane nel tempo, nelle dinamiche e nello spirito". I mitici giocatori del Grande Torino, i loro accompagnatori, i giornalisti che, per uno scherzo del destino, si trovavano su quell’aereo, erano persone rispettate in vita, compiante dopo l’incidente e ancora ricordate e rimpiante da molti, esempio di moralità e sportività. I caduti dell’ Heysel erano tifosi, altrettanto compianti, che in fondo hanno trovato la morte per lo stesso motivo: il pallone, la passione per uno sport che nella maggior parte dei casi divide, ma è anche una delle vie più rapide per solidarizzare. La mostra espone anche le prime pagine dei giornali delle due epoche: su entrambi, le lacrime, i volti disperati di chi ha perduto una persona cara, ma anche sciarpe, gagliardetti, tutto ciò che esprime l’amore per una squadra di calcio. La mostra non vuole portare all’onore degli altari ne’ i defunti di Superga, ne’ quelli dell’Heysel, ma solo ricordare settanta persone che hanno perso la vita legati alla stessa città, allo stesso sport, con colori diversi, ma di cui nessuno, in ogni caso e in ogni tifo, può dileggiare la memoria.

25 febbraio 2014

Fonte: Mole24.it

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Angeli e demoni

di Domenico Laudadio

L’ispirazione dall’insegnamento di Giampiero Boniperti, simbolo della storia bianconera, per un giorno in maglia granata al Comunale di Torino.

26 maggio 1949, il Torino ormai non c’è più, abbattuto come un angelo in volo dal fato crudele sulla collina di Superga. Un aereo e cuori di milioni d’Italiani in rottami. La meglio gioventù del dopoguerra in cenere. Il River Plate del grande Di Stefano vuole renderne omaggio alla memoria disputando una partita amichevole al Comunale davanti a 70.000 persone contro una selezione dei migliori giocatori della serie A che prenderà il nome di "Torino Simbolo". Fra loro convocati il portiere bianconero Sentimenti IV e l’icona più fulgida della Juventus di ogni tempo, Giampiero Boniperti. Per un giorno il paladino della Signora indossa la maglia granata e la onora come tutti gli altri compagni. La sua grinta ed il suo orgoglio ben si sposano alla leggenda di quel patrimonio immenso di talento umano e sportivo. Quanti tifosi della Juventus lo sapranno ? Penso, sicuramente in pochi. Mettersi per due ore, un giorno, i panni del proprio avversario… Proprio quello più avversario che c’è… Non per un carnevale dove ci si burla finanche dei santi. Non come un gioco di bambini mai cresciuti. Una lezione dalla vita, un colpo di spugna agli arroccamenti scacchistici del pregiudizio mentale di fondo di sentirsi sempre nel giusto fuori e dentro il campo e la ragione. Allora, provate ad immaginarvi nella nebbia di quel pomeriggio maledetto da Dio mentre accorrete sul colle della Basilica di Superga a cercare sul posto disperatamente se ci fosse ancora un rantolo e scoprirne soltanto l’orrore, non avendo neanche tempo di piangerlo per doverlo pietosamente ricomporre... Allora, immaginatevi a scoprire bandiera per bandiera, sciarpa per sciarpa, quei volti dei cadaveri ammucchiati fuori allo stadio Heysel, cercando tuo padre, un figlio, un fratello, un amico, scoprendo affannosamente decine di occhi sbarrati e facce livide, gonfie, tumefatte, non avendo neanche il tempo di una preghiera e sperando che il prossimo non sia proprio lui… "La tragedia è dimenticare", un motto impresso nel museo del Grande Torino, ma c’è molto di peggio: dileggiare quei poveri caduti in tre pezze con il sarcasmo degli impunibili quanto sfoggiare strafottentemente quella bandiera dell’Union Jack attizzando filastrocche immonde di morte ogni domenica da trent’anni. Leggi italiane proteggono da qualche tempo farisaicamente negli stadi l’edulcorato cartolinismo di Napoli con vista dall’ultimo albero di Posillipo, ignorando lo stesso rigore per la memoria sacra di tutti i morti del pallone dove non è sfottuta semi-folkloristicamente un’etnia, ma vengono profanati nomi e cognomi e i loro familiari lacerati da una ferita mai definitivamente rimarginata. Davanti alla morte nessuna curva si senta la vergine sacrificale e nessun gruppo ultras si permetta di fare il verso alla dignità umana che è al di sopra di tutto e di tutti. Persino il furioso guerriero Achille pianse di commozione davanti al Re Priamo, il nemico assediato che era venuto in segreto e senza scorta a richiedere le spoglie mortali di suo figlio Ettore, ucciso in duello. Nessun tifosucolo da bar o in poltrona che sta formando subdolamente suo figlio all’odio si senta migliore di loro. E quei giornalisti tifosi che sviano le pratiche e le tracce della coerenza nella ricerca della verità, imputridendo i pozzi della cultura sportiva come untori scellerati, si vergognino profondamente di se stessi, sono feccia anche loro. Perché non è mai questione di categorie, ma di uomini. Chi pensate siano in realtà gli ultras, se non uomini ? Tutti gli uomini sbagliano, da quelli in cravatta o col saio a quelli con il fumogeno e il passamontagna, ma allo stesso tempo davanti al vilipendio di defunti innocenti non farò mai sconti a nessuno, né a quelli con la mia sciarpa, né a quelli che odiano la mia sciarpa, neanche a quelli che fingono di non averne una, ma pontificano sulla carta stampata un verbo ipocrita e bugiardo… La vergogna faccia capolino dentro la coscienza di tutti. E’ l’unico tribunale che non ammette la condizionale. E’ l’unica espiazione che trasfigura gli esseri umani. Non è soltanto un problema di Ultras e non è "tutta colpa del pallone" che è l’unico preso a calci in culo da tutti, non è assolutamente un problema di "palazzo, arbitri, poteri forti". E’ un problema soltanto di etica. E’ un problema di società, di persone. Negli stadi vola il piscio imbustato da un settore all’altro, ho visto bambini smarrirsi impauriti nelle ugole infocate di genitori vergognosi fuori dalla grazia di Dio a inveire contro arbitri e guardalinee e picchiarsi in tribuna durante tornei giovanili… L’etica nello sport nasce da un dogma salvifico: l’accettazione della diversità. Non tutti amano la squadra che amo io, non tutti capiscono quanto la amo io e nonostante mi sforzi non sempre capirò quanto la amino loro, ma devo ad essi a prescindere il medesimo rispetto che esigo io dagli altri. Rispetto. E’ in estinzione come gli elefanti il rispetto, braccato dagli orchi famelici mediatici dell’informazione, da energumeni di ogni ceto sociale che battono il vessillo dell’ignoranza mentre solcano sozzi e pirateschi il mare magnum del quotidiano. Una maglia potrà esserti amica o nemica, sembrarti brutta o bella, soggettivamente, ma una maglia è degna di rispetto sempre, obiettivamente. Il tifoso resti la parte più pulita del sistema proprio perché è un innamorato perso e chi ama, si dice essere il più fragile, non quello più stronzo. Sono parole da sognatore, lo so quello che starete tutti pensando, ma se il simbolo per antonomasia della "juventinità" ha indossato per una volta la maglia gloriosa della sua avversaria di sempre e per sempre, perché non provare anche noi a metterci ogni tanto nei panni degli altri, demolendo le impalcature vanagloriose della nostra presunzione che occultano l’arte monumentale della grande bellezza del calcio ? C’è sempre qualcosa di unico e di grande anche nella storia degli avversari perché la storia del calcio è soltanto una ! E se per anni qualcuno ci ha rovesciato l’immondizia sotto casa, non è giusto smettere di credere alla raccolta differenziata e al riciclo dei rifiuti, perché altrimenti si aggiungerà merda alla merda e resteremo sempre più sporchi tutti. E poi sarà del tutto inutile additarci e schernirci come Pinocchio e Lucignolo trasformati in asini. La nostra voce a qualunque titolo e riguardo striderebbe come un raglio idiota e disperato. Abbiamo osato mostrare che Superga e l’Heysel sono sorelle, non cugine alla lontana. La fratellanza è l’unico grado di parentela dell’umanità. I colori della pelle o delle bandiere non contano più nulla davanti alle tragedie. Giampiero Boniperti ha detto qualche anno fa: "Era appena successo un fatto eclatante, fuori da ogni logica. Il 4 maggio 1949 cercai di salire a Superga, ma fu impossibile. Mi sembrò giusto partecipare in qualche modo alla commemorazione di una squadra-mito. Indossai il granata, proprio io che non ho mai vestito nessuna casacca che non fosse quella della Juventus". E aggiungo che per lui il derby resterà sempre la partita che non vuole mai perdere. E così come per tutti noi, Bianconeri e Granata, mai… E’ bello, è giusto così. Agone e Onore, Rispetto e Memoria. Signore e signori, e mi riferisco proprio a tutti: Il calcio è questa roba qui. Se non vi riconoscete più in questi valori, cercatevi una latrina altrove. 

28 febbraio 2014

Fonte: Saladellamemoriaheysel.it

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