Ora e per Sempre
di Domenico Laudadio
Reazioni contrarie e discordanti
accolgono nel popolo granata e bianconero l’annuncio ufficiale
della mostra-convegno del 16 febbraio 2014 a Grugliasco
che oserà "affratellare" nel dolore e nella memoria, in
risposta a chi le offende bipartisan, le tragedie di Superga
e dell’Heysel.
Obiezione principe nelle
due tifoserie torinesi, rispetto al titolo e al senso stesso
della mostra condivisa, "la diversità" delle due tragedie,
il fatto di non "assomigliarsi per niente". Un vincolo mentale
di appartenenza che divide categoricamente i morti in "nostri"
e "loro", come se ciascuno ne fosse proprietario esclusivo
in luogo degli unici legittimati, i loro familiari. Quelli
che onorano "soltanto gli invincibili" e che rinfacciano
all’altra sponda del Po lo scandalo dei festeggiamenti per
"la coppa di sangue" e quel rigore fuori area su Boniek,
come se i morti di Bruxelles ne avessero la colpa. Quelli
del "mai mischiarsi con loro, ognuno a casa propria", quelli
del "lodevole iniziativa, ma…", quelli di "una è colpa del
fato, l’altra si poteva e doveva evitare". Oppure: "La forzatura
di due fatti profondamente agli antipodi", "due vicende
non paragonabili e non condivisibili", "le colpe sono dei
vivi che dovrebbero semmai restituire quella coppa". O ancora:
"C’è dell’altro sotto questa mostra", "solo ipocrisia, tanto
non cambierà niente", "il perbenismo che vuole riappacificare
due tifoserie che non saranno mai in pace fra loro, un volemossebbene".
"Iniziativa falsa e buonista, patetica e servile". "Mai
con quelle merde, mai in quel covo di vipere". E via, via,
discorrendo…
Lo sapevamo. Lo dissi subito a Giampaolo Muliari,
Direttore del Museo del Grande Torino, facendo la parte
dell’avvocato del diavolo quando mi scrisse in privato proponendomi
di realizzare questo progetto, che avremmo percorso un terreno
minato e che guerra e pace avrebbero passeggiato a braccetto
per il Valentino. Ma il sasso nello stagno oramai è stato
tirato… Sondiamo, quindi, inesorabilmente le profondità
dell’animo umano, gli abissi di un preconcetto di parte
e di comodo, stanando quelli che si nutrono soltanto di
odio e di rancore o di ragioni puerili difronte alla familiarità
naturale della morte nel genere umano, dialogando in futuro
soltanto con gli altri. Perché mai sorelle ? Innanzi tutto
per quella parentela strettissima che ci accomuna in ogni
lacrima versata a causa di un’improvvisazione prematura
della signora delle tenebre che non guarderà mai il sesso,
l’età, il colore della pelle o delle sciarpe degli uomini.
Entrambe hanno abitato nello stesso appartamento, quello
del calcio, nel condominio dello sport italiano. Fatalità
un aereo che cadde, ma non di meno il destino segnato di
quanti nello stritolamento e nel soffocamento sfuggivano
terrorizzati all’assalto di un’orda di barbari d’oltremanica.
La morte non va tanto per il sottile, non si avventura in
disquisizioni accademiche separando il bene dal male, non
snocciola arzigogolati teoremi astrusi di comparazione fra
le sue azioni, filosofeggiando sull’insieme scenografico
dei personaggi in cerca d’autore che la incontrano. La morte
falcia e basta. I covoni del distinguo li fanno, poi, la
storia e alcuni uomini.
E poi chi l’ha detto che due sorelle si devono assomigliare
per forza ? Non è stato mai scritto di tragedie gemelle…
Potrebbero essere figlie adottive o avere in comune giusto
uno dei genitori. E nella drammaticità dell’epilogo questi
è certamente il muro che sotto alla Basilica di Superga
in uno schianto frantuma e incenerisce una leggenda e che
a Bruxelles, invece, collassa travolto dal peso infernale
di centinaia di oppressi braccati dalle belve rosse. Disteso
in terra, sul colle come sugli spalti, il raccolto di un
martirio precoce. Sciagure del calcio e per il calcio,
con un marchio di crudeltà per tatuaggio. E cambia veramente
poco se la dinamica fu altra, non importa se qualcuno ha
molto mitizzato, altri volontariamente dimenticato, se "loro",
"se noi"… Io dico a tutti: "Se vuoi…". Non mi permetto di
obbligare o, peggio, di giudicare nessuno se non crede o
se non viene a questa mostra. Vorrei soltanto esprimere
questo pensiero, perché è stato il primo insegnamento dato
a mio figlio quando si è affezionato ai colori della mia
squadra del cuore: se non riconosciamo l'avversario come
tale, ma lo consideriamo al pari di un nemico che attenta
alla nostra stessa esistenza, non abbiamo il diritto di
pretendere il riconoscimento stesso della nostra bandiera.
Davanti al sudario del dolore non ci sono colori degni o
indegni, soltanto lacrime e condivisione solidale in nome
della stessa natura di cui siamo tutti tifosi, almeno si
spera, l'uomo. Ho letto fin troppe parole e insulti ancor
peggiori delle parole. I morti di Superga e dell'Heysel
indossano in cielo il vestito della festa mentre noi ci
accapigliamo per i luridi cenci di una partita di calcio
e parliamo tutti il linguaggio degli sconfitti. "Lo sport
affratella" dice spesso il mio amico Giampaolo Muliari.
Insultiamoci pure allo stadio, nei limiti, ma davanti ad
una lapide dove è stato versato sangue innocente, MEMORIA,
ONORE e SILENZIO. Chiunque voglia far prevalere le sue piccole
tesi, rivalse e frustrazioni è complice della vergogna del
prossimo striscione in qualunque latitudine. E vi aggiungo,
traendone prezioso insegnamento, le parole di Domenico Beccaria,
Presidente dell’Associazione Storica Granata: "Proprio perché
morti, non esistono i nostri e i loro. Esiste il rispetto
verso vite tragicamente spezzate nel comune denominatore
dello sport, che dovrebbe essere motivo di fratellanza e
gioia, non di odio e offesa. Unire le due tragedie in una
sola mostra è il modo più forte di costringere la gente
a riflettere e capire. Se iniziamo a fare dei distinguo
tra morti e morti, ci mettiamo al livello delle bestie che
fanno i cori e gli striscioni. Né più, ne’ meno. Se qualcuno
fa un aeroplano sbaglia, se qualcuno canta sull'Heysel sbaglia,
se qualcuno fa classifiche tra i morti e il dolore, sbaglia.
Senza se e senza ma. Il dolore ci accomuna e il rispetto.
Basta cori e striscioni beceri, basta trincerarsi dietro
la scusa puerile "ma loro lo fanno". Facciamo tutti un passo
avanti, verso la civiltà e la ragione, verso il rispetto
e l'onore. Noi che sappiamo rispettare i morti, i nostri
come quelli degli altri, siamo meglio di loro, quelli che
magari indossando i nostri stessi colori, professando la
nostra stessa fede, li offendono. Guardando alcune delle
immagini di Bruxelles, mi sono sentito colpito profondamente.
Vi chiedo di venire a visitare la mostra, dopo la sua apertura,
per toccare con mano e capire. Dopo, nulla sarà più lo stesso".
1 gennaio 2014
Fonte: Saladellamemoriaheysel.it
ARTICOLI STAMPA e WEB GENNAIO 2014
Quando
giocano… Trezeguet e...
di Giusy Fiorito
Le immagini diffuse dal
sito ufficiale della Juventus della visita del campione
franco-argentino a Vinovo hanno scritto un’altra pagina
di una storia infinita che appassionatamente e indissolubilmente
ci lega alla Juventus nel segno di un grande amore. Il campione
al quale i tifosi continuano a tributare il coro "quando
gioca segna sempre Trezeguet", ha costituito con Alessandro
Del Piero una delle coppie d’attacco più amate e prolifiche
di gol dell’universo bianconero e reca nella propria biografia
non solo il segno di tante vittorie, ma anche il tatuaggio
della serie cadetta, avendo vestito la maglia della Juve
pure in serie B. Buffon, Camoranesi, Nedved, Del Piero,
Trezeguet forse non sono superiori a calciatori del calibro
di Platini, Zoff, Scirea, Sivori e ai tanti altri che ancora
infiammano la dimensione meramente calcistica del tifo,
ma sono nella nostra memoria con un’esperienza che ha fatto
la differenza. Avendo alimentato il senso che, più o meno
consapevolmente, credo, oggi attribuiamo alla nostra juventinità
intesa come appartenenza a un’idea e a un’emozione.
Nel mio immaginario calciopoli si connette strettamente
nel segno della "passione" (nel suo significato greco originario
di sofferenza, intrinseca all’amore) con l’altro episodio
doloroso che come "juventini" abbiamo vissuto nell’arco
degli ultimi trent’anni, che costituiscono la fase di maturità
della mia generazione. L’Heysel e i suoi 39 angeli, scomparsi
in una notte di follia, quando si scatenarono contemporaneamente
due mostri dal volto disumano incarnati nell’orda di hooligans
che aggredirono degli inermi tifosi bianconeri e nell’inefficiente
struttura organizzativa dei vertici sportivi europei e delle
autorità di Bruxelles, che fecero giocare la finale della
Coppa dei Campioni in uno stadio fatiscente e con mezzi
poco idonei e insufficienti al controllo dell’ordine pubblico
e alla tutela dell’integrità fisica di coloro avrebbero
voluto solo assistere a un evento sportivo. Le 39 vittime
dell’Heysel e la lunga squalifica inflitta al Liverpool
e ai suoi tifosi hanno cambiato il corso della storia del
calcio, privandolo per tanti anni di una protagonista di
spicco e il modo di gestire il tifo ultrà, con il quale
in Inghilterra hanno deciso di fare i conti per davvero.
In Italia no. La notte di Capodanno che ci ha introdotto
nel 2014 ha registrato non solo la solita sequenza di incidenti
legati ai botti, ma un episodio che testimonia la viltà
e lo squallore di individui portatori di un disagio che
non può dirsi esclusivamente di matrice sportiva. Perché,
mentre l’umanità si incontra nelle case, nei locali e nelle
piazze di tutto il mondo per venirsi incontro e insieme
andare incontro a un nuovo anno ricco di propositi che accendono
la speranza nel cuore alla luce dei fuochi artificiali,
un manipolo di incoscienti che hanno rinnegato il sangue
rinascimentale che ancora dovrebbe scorrere nelle loro vene,
si ritrovi a sfogare le proprie frustrazioni contro la sede
di un club juventino e firmi l'incivile impresa nel segno
dell’oltraggio a 39 vittime innocenti, tra i quali anche
bambini, è difficile da accettare almeno quanto lo è da
spiegare. La questione dovrebbe aprire un dibattito serio
e andrebbe analizzata dagli esperti legislatori della giustizia
sportiva e ordinaria, dagli inquirenti e dai sociologi tenendo
conto di tutte le sue implicazioni. Partendo da un disagio
che indubbiamente è sociale ed è legato alla crisi economica
e di valori nella quale il paese langue, ma puntando i riflettori
anche su un dato angoscioso che fa spesso acuire gli episodi
di violenza quando sono diretti contro l’universo bianconero.
Se c’è una tifoseria che negli ultimi otto anni
avrebbe avuto un alibi e tutte le attenuanti per dare libero
sfogo ai suoi peggiori istinti è quella bianconera, avvilita
e umiliata in serie B e dovunque. Spesso e volentieri proprio
dagli insulti di chi con la testa sotto la sabbia si è esaltato
per aver falsificato passaporti e bilanci, spiato la concorrenza
e vestito un pezzo di cartone senza gloria rubato a tavolino.
Noi non ci raccontiamo favole. Anche tra i tifosi bianconeri,
che sono solo in Italia si dice tra i 12 e i 14 milioni,
si annidano frange di estremisti che fanno commercio del
nome della Juventus con gli stessi sistemi usati dagli esponenti
in negativo del mondo ultrà riconducibili ad altri colori.
Ma non si sono viste bruciare le sedi dei club avversari,
né striscioni che siano andati oltre la deprecabile usanza
di discriminare secondo la razza e il territorio. Si vede
ogni benedetta domenica invece il vilipendio e l’oltraggio
contro i morti della famiglia Agnelli e dell’Heysel o, nel
meno peggiore dei casi, contro il tentativo disperato e
per fortuna mancato di un altro grande e mite campione di
negarsi la vita. Un odio che nasce dal carattere vincente
della Juventus e dalla sua ferrea volontà di trovare in
se stessa il coraggio e la forza di continuamente affermarsi.
Sorretta da un mito che ha dato tanto allo sport italiano
anche con i colori della nazionale e della Ferrari. E che
nostro malgrado la tragedia dell’Heysel e calciopoli hanno
fatto maturare ed esprimere nei modi che sono stati spesso
definiti da ultrà da tastiera, circoscrivendo forse frettolosamente
il fenomeno che ha visto coagularsi intorno ai blog di matrice
juventina la nostra passione, attraverso non solo lo scambio
di idee e opinioni, ma una creatività sia della scrittura,
che ludica e dell’immagine.
Fiore all’occhiello di questo movimento, che potremmo
quasi azzardarci a definire culturale, che tante volte ha
ripudiato l’odio e la violenza è Domenico Laudadio, il quale
da sempre si spende per i valori dello sport e della memoria.
La sua ultima iniziativa, "Settanta angeli in un unico cielo,
Heysel e Superga tragedie sorelle", è di grande impatto
emotivo e pedagogico, accomunando in un unico evento la
passione granata del Torino scomparso a Superga e bianconera
dei 39 Angeli dell’Heysel. Una lezione di vita e di impegno
sociale che riempie ancora una volta di stile le pagine
della storia di un grande amore. La nostra storia. Che ogni
giorno ci vede crescere e raggiungere nuovi traguardi insieme
alla Juventus.
3 gennaio 2014
Fonte: Giulemanidallajuve.com
ARTICOLI STAMPA e WEB GENNAIO 2014
ESCLUSIVA TJ - Domenico Laudadio presenta la mostra:
"Settanta Angeli in un
unico cielo Heysel e Superga,
tragedie sorelle" in programma
a Grugliasco
di Christian Pravatà
Il 16 febbraio verrà inaugurata
a Grugliasco una mostra speciale sulle tragedie di Superga
e dell'Heysel. I microfoni di tuttojuve.com hanno raggiunto
l'organizzatore dell'evento, Domenico Laudadio che ci ha
spiegato questo emozionante progetto.
Dott. Laudadio, può illustrarci
il programma della Mostra ?
E’ intitolata "Settanta
Angeli in un unico cielo Heysel e Superga, tragedie sorelle"
e si svolgerà a Grugliasco dal 16 febbraio al 20 aprile
2014 nelle sale di Villa "Claretta Alessandri" dove è ospitato
dal 2008 il "Museo del Grande Torino". L’allestimento sarà
a cura dell’ "Associazione memoria storica granata", presieduta
da Domenico Beccaria. Il fotografo Salvatore Giglio, storico
e valente professionista al seguito della Juventus, documenterà
eccezionalmente la strage dell’Heysel con il suo materiale
di repertorio, oscurando i volti delle vittime. Come dice
il suo direttore, Giampaolo Muliari: "Il Museo di Grugliasco
è una entità a parte. E’ un luogo di memoria, di cultura,
di fratellanza sportiva". Superga e l’Heysel sono
virtualmente luoghi sacri e inviolabili nella memoria di
tutti e abbiamo, quindi, pensato ad un gesto "forte", rivolgendoci
alla comunità di tutti gli sportivi, rispondendo a quanti
stuprano da tempo bestialmente la pietà e la dignità umana
fuori e dentro gli stadi italiani. Questa mostra non
è un gemellaggio sportivo. L’intento del progetto multimediale
è raccontare le 2 tragedie più grandi del calcio torinese
fraternizzandone fra terra e cielo la memoria dei 70 caduti,
pur riconoscendo immutabili e sacrosante le dinamiche antagonistiche
e la rivalità dei rispettivi club. La mostra avrà accesso
gratuito e sarà inaugurata da un convegno nella sala consiliare
del Comune di Grugliasco con la speciale partecipazione
del giornalista Francesco Caremani, autore del libro "HEYSEL
- Le verità di una strage annunciata".
Da chi è partita l'idea
di organizzare l'evento e quali sono stati i principali
enti coinvolti ?
Giampaolo Muliari, direttore
del Museo del Grande Torino, qualche mese fa si è molto
commosso visitando le pagine del mio www.saladellamemoriaheysel.it
e mi ha scritto una lettera molto toccante e vera. In estate
mi ha proposto l’idea di questa mostra condivisa fra i nostri
musei, con il benestare del Presidente Domenico Beccaria
e dei soci dell’Associazione. Abbiamo pensato innanzitutto
ai familiari delle vittime di Superga e di Bruxelles, invitandoli
per iscritto con il dovuto tatto e pudore. Preventivamente
sono state coinvolte anche le due società di calcio, ma
soltanto il Torino si è reso disponibile al patrocinio mentre
la Juventus si è limitata formalmente alla partecipazione
se "invitata". Il Sindaco di Grugliasco ci ha offerto per
il convegno ospitalità nella sala del consiglio comunale.
Alla mostra sono invitati tutti, indistintamente e senza
alcuna preclusione tutti saranno accolti e benvenuti.
Pensa che la Memoria di
questi tragici eventi Oggi sia ancora viva o la società
odierna cerca sempre di lasciare le tragedie alle spalle
?
Viviamo questo tempo che
non privilegia in nessun modo l’etica, figuriamoci la memoria
storica. Non è un problema di "lasciarsi alle spalle", ma
di sensibilità diffusa. Le persone non imparano più nulla
dal passato, perché troppo concentrate a godere esasperatamente
del profitto materiale del presente, ignorando anche ciò
che potrebbero costruire per il loro futuro e quello dei
figli. La società è fatta soprattutto di queste persone
a cui manca un movente ideologico che trasfiguri moralmente
la percezione della realtà, il senso ultimo delle cose e
il valore della storia.
Giovedì 2 gennaio alcuni
teppisti hanno preso di mira la sede dello Juve Club di
Prato, scrivendo frasi ingiuriose: Le scritte variano da
"-39", a "Gobbi maiali", da "Auguri Merdosi" a "Gobbi Sudici",
cosa pensa di queste persone e dei tifosi che alcune volte
intonano allo stadio cori contro la strage dell'Heysel ?
Ciò che penso io non conta
assolutamente niente rispetto a quello che può addolorare
i familiari di quelle povere vittime innocenti. Sono quasi
29 anni che prosegue imperterrito questo ignobile vilipendio,
sistematicamente ignorato e impunito dalle istituzioni del
calcio. Non credo assolutamente in questa giustizia del
mondo del pallone, ma nella vita, una ruota che gira vorticosamente
per tutti... Alle superstars dell’infamia, do un consiglio:
quando sputate in cielo ricordatevi che prima o dopo tutto
ritorna, ma è molto più pesante…
4 gennaio 2014
Fonte: Tuttojuve.com
ARTICOLI STAMPA e WEB GENNAIO 2014
Settanta Angeli in un unico cielo Heysel e Superga
tragedie sorelle
Sarà inaugurata domenica
16 febbraio a Grugliasco, presso il Museo del Grande Torino
e della Leggenda Granata, la mostra "Settanta angeli in
un unico cielo. Heysel e Superga tragedie sorelle".
Un evento unico in Italia
che unirà i custodi della memoria granata con quelli della
memoria bianconera per segnare il punto di non ritorno di
una nuova cultura sportiva, perché come scrivono Domenico
Laudadio, ideatore e realizzatore del Museo Virtuale saladellamemoriaheysel.it,
Domenico Beccaria e Giampaolo Muliari, rispettivamente presidente
e direttore del Museo del Grande Torino e della Leggenda
Granata: "Le stragi di Superga e dell’Heysel sono luoghi
sacri e inviolabili della memoria di tutti. Non esistono
bandiere né fedi sportive antitetiche. Abbiamo così pensato
a un gesto semplice e forte per ribadirlo alla comunità
sportiva e non, agli "uomini di buona volontà" e a quelli
che continueranno, nonostante tutto, a stuprare la pietà
e la dignità umana", come ogni domenica accade tristemente
in tutti gli stadi italiani.
Beccaria e Laudadio hanno voluto anche sottolineare
che questa mostra "vuole essere un "gemellaggio" fra terra
e cielo della memoria dei nostri caduti, ma non intende
interferire nelle dinamiche antagoniste delle tifoserie
e nella sana competitività e rivalità storica dei propri
club".
Sui social il dibattito è già aperto evidenziando
posizioni contrapposte, ma è altamente significativo che
i due musei abbiano deciso di unirsi in questa iniziativa
per dare un segnale forte, forse l’ultimo al quale il calcio
italiano può aggrapparsi prima di abdicare definitivamente
alla guerra per bande che da decenni ammorba tutto il movimento
sportivo e che potrebbe essere fatale alla sua stessa sopravvivenza.
"Anche le tragedie, in un museo, possono essere narrate
con devozione e leggerezza se il fine ultimo è quello di
coinvolgere emotivamente i visitatori, non puntando a stupirli
con effetti speciali o a turbarli con la crudezza dei particolari,
ma trasmettendo semplicemente le verità di una storia; sarà
la sensibilità di ogni singola persona poi a trarne gli
insegnamenti".
Il prossimo 16 febbraio alle ore 9.30, nella Sala
del Consiglio della Città di Grugliasco, si svolgerà il
convegno inaugurale moderato da Gian Paolo Ormezzano, seguirà
l’apertura della mostra.
Per info e contatti:
postmaster@saladellamemoriaheysel.it
28 gennaio 2014
Fonte: Francesco Caremani
(Comunicato Stampa)
ARTICOLI STAMPA e WEB GENNAIO 2014
Heysel e Grande Torino: la parola al Museo
Una lettera per rispondere
all'articolo di Franco Ossola su Toro.it
Riceviamo e pubblichiamo
la risposta da parte del Museo del Grande Torino, nella
persona di Domenico Beccaria, in merito all'articolo "Una
scelta che non condivido" di Franco Ossola. Decidiamo, come
sempre, di dare spazio a tutte le voci e tutte le campane,
contando in una sana e operosa dialettica e allontanando,
da subito, ogni forma di sterile polemica.
"Quando tocca leggere così
capziose argomentazioni, per screditare una mostra che non
intende gemellare due squadre, non intende negare o mitigare
lo spirito agonistico che deve animare la gara, ogniqualvolta
ci si trovi a contendere sul campo per la palma del migliore,
il sangue mi ribolle e le parole che mi salgono alla lingua
e alla penna, rischierebbero di essere di nocumento più
che di spiegazione. E allora lascio rispondere al Principe
De Curtis, meglio conosciuto come Totò, la cui grandezza
e umanità non ha bisogno ne’ di commenti ne’ di insegnamenti
da alcuno. (Omissis… Testo "A livella" di Antonio De Curtis)
Quindi basta vedere idioti che mimano aeroplani, leggere
striscioni o sentire cori offensivi. Davanti alla morte,
giù il cappello e riflettiamo in silenzio. Ecco cosa ha
accomunato le due tragedie, il vilipendio che ne viene fatto
in tanti troppi stadi, e cosa invece le dovrebbe unire.
Il rispetto.
8 febbraio 2014
Fonte: Toro.it
ARTICOLI STAMPA e WEB FEBBRAIO 2014
Superga e Heysel in mostra insieme, è polemica
TORINO 8 feb (Però Torino)
- Al Museo del Grande Torino è in programma una mostra che
accomuna la tragedia di Superga a quella dell'Heysel ed
è già polemica. Mettere insieme lo schianto aereo della
più grande squadra italiana, con l'uccisione di 39 tifosi
(32 italiani) trucidati prima della finale di Coppa Campioni
1985, ad alcuni non sembra opportuno. Nessuno, naturalmente,
intende sminuire un avvenimento piuttosto che l'altro, ma
i "distinguo" non mancano. Così molti tifosi granata ricordano
l'arrivo festante della compagine bianconera a Torino, dopo
la conquista della coppa e l'ipocrisia delle autorità belghe
nel gestire la situazione, che peraltro era obiettivamente
difficile. Franco Ossola, figlio del grande attaccante granata,
scrive su www.toro.it: "I due fatti - pur al di là del mio
sentimento personale - mi paiono in assoluto così lontani
nel tempo, nelle dinamiche e, se mi è permesso, nello spirito
che da parte mia non avrei mai avuto l'idea di affratellarli
collocandoli, in pratica, sullo stesso piano. Mi spiego
meglio: ho difficoltà ad accostare la morte dei giocatori
del Grande Torino, campionissimi che sul campo hanno scritto
imprese memorabili e umanamente degne di essere rammentate
ancora oggi dopo 65 anni, grazie a una lezione di moralità
straordinaria meritevole da essere segnalata nei moderni
libri scolastici, con gli incresciosi fatti accaduti nel
corso della tragica partita dell'Heysel, dove volgari brutalità,
che nulla hanno a che vedere con i valori rappresentati
dal Grande Torino e dalla sua epopea, portarono alla terribile
fine di tanti tifosi". A questa opinione, dal Museo
del Grande Torino, si risponde: "Rispettiamo e comprendiamo
l'opinione di Franco, che è parte coinvolta pesantemente
in una delle due tragedie e che è stato nostro apprezzato
Direttore per tanti anni. A questo punto, crediamo che non
ci sia molto da aggiungere a quanto detto da lui, da noi
e da ogni tifoso che abbia già espresso la sua opinione,
se non ricordare a tutti che noi rimaniamo il Museo del
TORO e che questa è una mostra temporanea che occuperà solo
per due mesi 2 delle 15 sale del Museo, le altre 13 essendo
sempre dedicate alla nostra squadra del cuore. State tranquilli:
non facciamo affari con loro e non siamo i loro zerbini".
Come ricorda Wikipedia, alcuni giocatori della Juventus,
tra cui il suo leader Michel Platini, autore della rete
decisiva, furono molto criticati per essersi lasciati andare
a esultanze eccessive vista la gravità degli eventi, ma
la gioia durò poco: infatti lo stesso Platini il giorno
dopo, quando tutti erano venuti a conoscenza della morte
di 39 persone, dichiarò al giornalista RAI Franco Costa
che di fronte a una tragedia di quel genere i festeggiamenti
sportivi passavano in secondo piano. Anche Giampiero Boniperti,
presidente bianconero, affermò che di fronte a quella situazione
non era il caso di festeggiare la vittoria mentre il sindaco
di Torino censurò l'esultanza nelle strade dei concittadini
tifosi. Al di là delle polemiche e delle inevitabili prese
di posizione, tutte legittime e motivate, da parte nostra
non possiamo che sottolineare l'iniziativa e le sue finalità
chiaramente positive. Mostra Multimediale (16 febbraio -
20 aprile 2014) in Villa Claretta Assandri, via La Salle
87, Grugliasco (TO). Da una idea e sentimento di Giampaolo
Muliari, Direttore del Museo del Grande Torino e della Leggenda
granata. Con la partecipazione di Domenico Beccaria, Presidente
dell'Associazione Memoria Storica Granata, del Museo Virtuale
Multimediale ww.saladellamemoriaheysel.it di Domenico Laudadio
e di Francesco Caremani, giornalista e autore del libro
"Heysel. Le verità di una strage annunciata". Consulenza
e repertorio fotografico di Salvatore Giglio.
8 febbraio 2014
Fonte: Perotorino.it
ARTICOLI STAMPA e WEB FEBBRAIO 2014
"Glielo dica
negli occhi"
Lettera aperta a Franco
Ossola, figlio del grande calciatore del Torino caduto a
Superga, in risposta al suo articolo "Una scelta che non
condivido" su www.toro.it.
Gent.mo Sig. Franco Ossola,
ho scelto di risponderle
qui da casa mia, prima di ricevere generosa e cortese ospitalità
nelle stanze del museo dove è onorata anche la memoria del
grande campione che è stato suo padre, in una squadra indimenticabile,
cara a tutti e vanto di una nazione ferita in ripresa dall’apocalisse
di una guerra mondiale.
Dalla sua premessa la morte metterebbe da subito
a tacere qualunque obiezione di merito perché, così come
scrive molto bene nel suo articolo, al suo cospetto "non
ci sono parole che tengano e si è tutti affratellati ed
uniti". Di seguito, però, le è sfuggita un poco la
mano insieme al garbo ed alla ragione e dalla sua penna
son partiti gli schizzi di un tono altero anche nei confronti
di chi, al di là delle "dinamiche" differenti e del tempo
trascorso, ha pianto nella disgrazia i suoi cari per una
partita di pallone, altrettanto come lei e la sua famiglia.
Al fine di sostenere il suo educato dissenso per una mostra
che "oserebbe accomunare gli eroi invincibili di Superga"
ai poveri cristi dell’Heysel, dimenticati purtroppo da tutti,
espone a contrasto "le imprese memorabili" del Grande Torino
alle "volgari brutalità" di Bruxelles, "un destino epico"
alla "becera assurdità della violenza umana". Dunque
crea una scala di valori nella quale i morti non sono tutti
uguali, ma educano soltanto quelli che scrissero "le imprese
memorabili sul campo", tali da meritare un onorevole ricordo
solenne. Profondamente, me ne dolgo... E non è certamente
una questione di pietismo, né di "pietas", un sentimento
ormai in estinzione, svuotato dei valori nobili, poco più
d’una parola tronfia da tirare fuori nei salotti importanti…
Qui stiamo parlando di morti ammazzati per una partita di
pallone, tornati a casa in una bara, proprio come suo padre,
e se per lei è giusto creare aristocrazie meritorie fra
i morti per il calcio o del calcio, penso che contribuirà
anche lei ad avallare il pregiudizio e il tornaconto infame
di quei tifosi che in nome della propria bandiera già al
prossimo derby mancheranno di rispetto alla memoria di suo
padre ed a quella dei 39 caduti di Bruxelles. Caro Sig.
Franco, la Memoria non è fatta a scale, scenda giù fra noi
comuni mortali e venga domenica 16 febbraio all’inaugurazione
delle nostra mostra provando a guardare in faccia chi a
Bruxelles ha perso tutto… Glielo dica negli occhi che "non
è giusto confondere le cose" e che "sono due esperienze
da non affratellare"… Perché, vede, per loro ognuno dei
propri cari rappresentava una leggenda… Qualcuno disse,
scrive, che siamo cugini. Si sbaglia, di grosso, perché
l’umanità ha un solo grado di parentela, siamo tutti fratelli.
Si adegui.
Cordialmente.
Domenico Laudadio
9 febbraio 2014
Fonte: Saladellamemoriaheysel.it
ARTICOLI STAMPA e WEB FEBBRAIO 2014
Heysel e Superga uniscono Toro e Juve nella memoria
di Guido Vaciago
Una mostra al museo granata
ricorda le due tragedie e il derby, per una volta, unisce
invece che divedere.
TORINO - Superga ed Heysel,
due immani tragedie di sport che hanno spesso beceramente
diviso le tifoserie. Per fortuna non tutti. Ed è con grande
gioia che si può annunciare l'iniziativa del "Museo del
Grande Torino e della Leggenda Granata" che domenica 16
febbraio inaugurerà la mostra: "Settanta angeli in un unico
Cielo - Heysel e Superga tragedie sorelle". Il programma
della giornata prevede alle ore 9,30 presso la Sala Consiliare
della città di Grugliasco, piazza Matteotti 50, il convegno
inaugurale e a seguire presso il Museo del Toro l’inaugurazione
della mostra allestita nella sala della Memoria. La mostra
sarà visibile fino al 24 aprile 2014. Il convegno sarà moderato
dal giornalista Gian Paolo Ormezzano ed interverranno Domenico
Laudadio creatore del sito "sala della memoria Heysel",
Francesco Caremani autore del libro "Heysel, la verità di
una strage annunciata", Domenico Beccaria presidente dell’Associazione
Memoria Storica Granata e Giampaolo Muliari direttore del
Museo del Grande Torino. FRATELLI - "Lo sport non divide,
affratella" è l’ideale che ha spinto a creare questo evento
in modo da ritrovarsi insieme, oltre ogni bandiera, in un
unico cielo. Nella tragedia di Superga il 4 maggio 1949
perì la squadra del Grande Torino con i suoi accompagnatori,
i membri dell’equipaggio aereo e tre giornalisti e nella
strage dell’Heysel il 29 maggio 1985 morirono trentanove
persone, di cui trentadue tifosi della Juventus, e altre
seicento rimasero ferite. Il Museo si trova a villa Claretta
Assandri in via G.B. La Salle 87 a Grugliasco.
11 febbraio 2014
Fonte: Tuttosport.com
ARTICOLI STAMPA e WEB FEBBRAIO 2014
I 70 angeli
di Juve e Toro
di Alberto Manassero
La materia è delicata.
Torino, Grande Torino; Juventus, gli assassinati dell'Heysel.
Rivalità inalienabili; tragedie inopinabili. Tanti nasi
si storceranno. Non meno stomaci inacidiranno. Come osate
unire due vicende così diverse, in una sola celebrazione
(la mostra che si apre domenica al museo granata) ? L'unica
affinità è la morte. Appunto: la livella, risponderebbe
Totò. La sofferenza, le lacrime, il vuoto incolmabile, il
personale e comunissimo ricordo non hanno colore, soltanto
inconfondibile sapore. Senza pelose pretese, ipocrite e
fasulle, il vallo che separa Toro e Juve, i granata e i
bianconeri è l'universo: vite inconciliabili. E' un dovere,
per chi ama il pallone. Ci si può, ma più che altro ci si
deve sbeffeggiare, persino insultare, addirittura sportivamente
odiare. Chi pretende altro, vuole un calcio che non è calcio,
ma caccia alla volpe (molto peggio in quanto a ferocia).
Però, dopo questo, dentro questo, può emergere il rispetto
per le reciproche divinità, per i propri e gli altrui santi.
La mostra è questo. Il campo neutro del cielo, da dove cadono
lacrime uguali. Da cuori per sempre diversi.
12 febbraio 2014
Fonte: Tuttosport
ARTICOLI STAMPA e WEB FEBBRAIO 2014
TORINO. Il dolore è il
medesimo, profondo, lancinante, incancellabile. Pur nella
totale differenza di situazioni o di credo. Qualcuno magari
storcerà il naso, tuttavia di fronte al lutto lo stato d'animo
rimane lo stesso: sconforto, smarrimento, incredulità. Da
una parte il 4 maggio del 1949, Superga, il Grande Torino
che se ne va, consegnandosi alla leggenda. Dall'altra il
29 maggio 1985, l'Heysel, la tragedia dell'assurdo, una
Coppa Campioni insanguinata. Trentuno persone perirono a
Superga, trentanove invece morirono in Belgio. Che cosa
unisce i dolori di Torino e Juventus ? Una mostra, che verrà
inaugurata domenica al Museo del Grande Torino e della Leggenda
Granata di Grugliasco, a Villa Claretta. Il titolo spiega
tutto, senza troppi giri nella retorica: "Settanta angeli
in un unico cielo - Heysel e Superga tragedie sorelle".
GIORNO SPECIALE - II programma della giornata di domenica
prevede alle ore 9.30 presso la Sala Consiliare della città
di Grugliasco, piazza Matteotti 50, il convegno inaugurale
o a seguire presso il Museo del Grande Torino e della Leggenda
Granata l'inaugurazione della mostra allestita nella sala
della Memoria. La mostra sarà visibile fino al 24 aprile
2014. L'EVENTO - A moderare il convegno sarà un ex direttore
di Tuttosport, Gian Paolo Ormezzano, a commemorare tra gli
indimenticabili angeli di Superga anche il fondatore di
Tuttosport, Renato Casalbore, uno dei tre giornalisti che
hanno perso la vita Insieme al Grande Torino in quel maledetto
4 maggio del 1949. Interverranno poi durante la manifestazione
Domenico Laudadio creatore del sito www.saladellamemoriaheysel.it,
Francesco Caremani autore del libro "Heysel, la verità di
una strage annunciata", Domenico Beccaria, presidente dell'Associazione
Memoria Storica Granata o Giampaolo Muliari" direttore del
Museo del Grande Torino. INFORMAZIONI - Per chi non conoscesse
il luogo, serve ricordare che il Museo si trova a villa
Claretta Alessandri in via La Sulle 87 a Grugliasco, alle
porte di Torino. E' abitualmente aperto solo nel week end,
il sabato dallo ore 14 alle 19 e la domenica dalle ore 10
alle 19, con ultimo ingresso alle 18. Sono possibili visito
fuori orario di apertura dal lunedì al venerdì, ma solo
su prenotazione. Per motivi di sicurezza si possono effettuare
solo visite guidate. Per informazioni inviare una mail a:
info@museodeltoro.it. Un giro è consigliabile anche a chi
non è tifoso granata: si respira affascinante storia calcistica,
più in generale storia d'Italia, di varie epoche. Da non
perdere.
12 febbraio 2014
Fonte: Tuttosport
ARTICOLI STAMPA e WEB FEBBRAIO 2014
Heysel e Superga in mostra il dolore unisce Juve
e Toro
di Maurizio Crosetti
TORINO - Il dolore non
ha una curva del tifo, le tragedie non indossano la maglia
di una squadra: sembrano indossarla, ma non è vero. Perché
il dolore appartiene a tutti, non ha colore. Anche se poi
i tifosi si sentono rappresentati anche dalle loro sventure:
finché, però, i barbari non cominciano ad oltraggiare il
dolore degli altri, le lacrime degli avversari. Accade quasi
ogni domenica, nell’anno orribile del razzismo e dei cori
più crudeli. Ed è anche per reagire a questa vergogna che
domani verrà inaugurata una mostra che unisce le due più
immani disgrazie dello sport italiano, Superga e l’Heysel,
cioè Toro e Juve. Ma, questa volta e almeno per una volta,
non Toro contro Juve.
Non è poco, a una settimana dal derby. Accade a
Grugliasco, comune della cintura torinese che già ospita
il "Museo del Grande Torino e della leggenda granata": da
domani (convegno in municipio alle 9.30, modera Gian Paolo
Ormezzano) fino al 24 aprile, due sale del museo saranno
dedicate alla mostra "Settanta angeli in un unico cielo
- Heysel e Superga tragedie sorelle", allestita in collaborazione
con il sito "saladellamemoriaheysel.it" e con l’aiuto del
fotografo Salvatore Giglio, che ha messo a disposizione
il suo ricchissimo archivio. La mostra sarà aperta il sabato
e la domenica a Villa Claretta Alessandri, via La Salle
87, Grugliasco, e in settimana su appuntamento (per informazioni,
info@museodeltoro.it).
"Eravamo stufi di sentire le voci becere che troppo
spesso si alzano dalle gradinate", spiega Domenico Beccaria,
presidente dell’associazione "Memoria storica granata".
"Basta con gli imbecilli che vilipendono i defunti. L’idea
ci è venuta anche visitando il sito sull’Heysel, curato
da Domenico Laudadio. Vogliamo stimolare la riflessione
con l’aiuto di immagini forti".
Due date, 4 maggio 1949 e 29 maggio 1985. Trentuno
e trentanove morti. Il totale è settanta, appunto gli angeli
che danno il titolo alla mostra, ma qui non c’è nulla di
edulcorato. Anzi, è proprio la carica emotiva, persino crudele
delle immagini a fare la differenza. Che sia la celebre
foto della coda dell’aereo piantata nel muro della basilica,
oppure quella del tifoso bianconero che afferra il suo ragazzo
morto, la potenza tragica di quegli scatti è identica e
immutabile. Anche se è già polemica da parte di chi vorrebbe
"non confondere i morti", perché solo i propri valgono.
"A noi, veramente, basterebbe che i morti fossero lasciati
in pace", conclude Beccaria. Nel rispetto di tutti, non
solo dell’avversario che soffre. Come sta scritto al museo
del Benfica: "Senza i nostri avversari, la nostra sarebbe
stata una storia incompleta". Forse, anche la storia del
dolore di ognuno.
15 febbraio 2014
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA e WEB FEBBRAIO 2014
70 angeli
in un unico cielo
di Carlo Cipiciani
4 maggio 1949, Superga,
31 morti. 29 maggio 1985, Heysel, 39 morti. Torino e Juventus,
Toro e Juve, due squadre divise da una rivalità senza fine.
Due diverse tragedie, 70 morti, un unico dolore. E’ solo
calcio, eppure - come per la politica, la religione, la
razza - non mancano imbecilli di ogni età che vomitano addosso
al dolore, che sputano su quei 70 morti, a 70 angeli in
un unico cielo.
70 angeli in un unico cielo
è una mostra, aperta ieri a Grugliasco, che unisce le due
tragedie sportive di Juve e Toro. Rivali, ma non nemiche.
E non solo perché il calcio è (dovrebbe essere) solo un
gioco. E nemmeno perché se arrivi a Superga vedi solo un
cielo azzurro e prati verdi, e poi Torino e le Alpi in lontananza
e respiri quel dolore, che è di tutti. E neanche perché
se arrivi dove c’era l’Heysel vedi strade, parcheggi, gente
che va e viene ma non puoi non pensare a quel padre con
il figlio con la maglia bianconera inzuppata di sangue.
70 angeli in un unico cielo; per ricordare, e forse
per capire. Capire - per il calcio, o per cose più importanti
- che siamo tutti fratelli sotto lo stesso cielo; o, almeno,
che il dolore è sempre uno e non ha colore, perché il sangue
è di noi tutti è rosso. O almeno che i morti vanno lasciati
in pace, e che si può essere diversi senza essere nemici.
O, almeno, il rispetto.
O se proprio non si riesce ad essere abbastanza
umani, almeno comprendere, come è scritto in un museo di
una grande squadra di calcio, che "senza i nostri avversari,
la nostra sarebbe stata una storia incompleta".
17 febbraio 2014
Fonte: Giornalettismo.com
ARTICOLI STAMPA e WEB FEBBRAIO 2014
Strage
dell’Heysel, il settore Z
di Giovanni Davide Pontrelli
"Il calcio ha conosciuto
ieri sera la più grande tragedia della follia. Una montagna
di morti, una strage, una carneficina. Tremano le mani a
scrivere queste parole che sono il macabro mosaico di quella
che avrebbe dovuto essere la finalissima di Coppa dei Campioni"
Candido Cannavò.
29 maggio 1985, Bruxelles,
doveva essere una giornata di festa per lo sport, bensì
nel settore Z dell’Heysel si consumò la tragedia. Zeta un
nome che in questo caso racchiude un significato purtroppo
macabro, l’ultima lettera, la fine dell’alfabeto, della
vita e dello sport. Juventus - Liverpool, andava in scena
la finale della 30^ Coppa dei Campioni nel vecchio stadio
Heysel, una scelta che fu molto criticata da entrambe le
società sia per le condizioni fatiscenti in cui versava
la struttura che non veniva ristrutturata da ormai dieci
anni sia per la poca sicurezza che questo impianto poteva
offrire. I tifosi erano presenti in tribune separate, ma
alcuni tifosi della Juventus, organizzatisi comprando i
biglietti autonomamente, erano collocati nella tribuna Z,
separata solamente da una rete metallica che pochissima
tranquillità poteva concedere.
"Take and End", prendi la curva, tutta colpa di
questo becero modo di pensare degli hooligan, i tifosi inglesi
più accesi, che iniziò la tragedia. Circa un’ora prima della
partita i tifosi del Liverpool uniti anche ai tifosi del
Chelsea, headhunters "cacciatori di teste", venuti apposta
per cercare lo scontro, cominciarono a spingersi verso il
settore Z a ondate, sfondando le reti divisorie. Per poter
capire questa inaudita violenza si deve tornare indietro
di un anno, finale della Coppa dei Campioni ’84 tenutasi
allo stadio Olimpico di Roma tra la Roma e lo stesso Liverpool,
fu teatro di numerosissimi incidenti prima e dopo il match
che videro bande di ultras romanisti scontrarsi ferocemente
con i tifosi inglesi. Questi "tifosi" memori dei suddetti
incidenti si aspettavano forse una reazione altrettanto
violenta da parte dei tifosi juventini, reazione che non
sarebbe mai potuta esserci, dato che la tifoseria organizzata
bianconera era situata nella curva opposta.
Gli inglesi sostennero di aver caricato più volte
a scopo intimidatorio, ma i semplici spettatori, juventini
e non, impauriti, anche per il mancato intervento e per
l’assoluta impreparazione delle forze di polizia belga,
che ingenuamente ostacolavano la fuga degli italiani verso
il campo manganellandoli, furono costretti ad arretrare.
I tifosi per lo più famiglie italiane, completamente colti
di sorpresa dall’azione degli inglesi e dalla incapacità
delle forze dell’ordine, si ammassarono contro il muro opposto
alla curva dei sostenitori del Liverpool. Alcuni, disperati,
si lanciarono dall’alto nel vuoto, altri cercarono di scavalcare
ed entrare nel settore adiacente, alcuni di essi finirono
per ferirsi sugli spunzoni delle recinzioni.
La vera tragedia si consumò quando il muro su cui
erano ammassati i bianconeri crollò per il troppo peso,
moltissime persone vennero travolte, schiacciate e calpestate
nella corsa verso una via d’uscita. Tutto ciò non per giustificare
il comportamento dei supporters inglesi, tutt’altro, ma
per far capire come la diffusa pratica della presa della
curva, sconosciuta o quasi fuori dall’Inghilterra fino ad
allora, ebbe il suo peso specifico nella tragedia. La conta
dei morti, tra indignazione e sgomento mescolati alla pietà
per chi ci ha lasciato la vita, fu lunga, ben 39, di cui
32 italiani, compresi tra gli 11 ai 58 anni. Una macchia
incancellabile dalle pagine dello sport, che non sarà mai
possibile dimenticare, quasi da dire, maledetta fu quella
Coppa. Sullo sfondo di questo dramma, ci sono immense responsabilità
di chi non riuscì minimamente a gestire, neanche con misure
preventive più normali, un avvenimento che doveva essere
rigorosamente disciplinato, in quanto aveva tutte le caratteristiche
per risultare esplosivo, vedere appunto i fattacci di Roma
l’anno prima. Nessuna giustificazione e solidarietà né per
Bruxelles né per la UEFA.
Dopo il disastro ci fu anche la beffa, le autorità
belghe, con la scusa di non creare ulteriori disordini e
poter organizzare lo sfollamento dello stadio e controllare
incidenti che la tensione avrebbe alimentato, hanno praticamente
imposto alle due squadre di giocare. A questo punto si dovrebbe
raccontare qualcosa in più sul ridicolo svolgimento della
partita, un autentico insulto, non giustificabile, verso
i familiari delle vittime. Ma l’ultima cosa che interessi,
nonostante siano passati quasi trent’anni, è chi abbia o
non abbia vinto quella coppa maledetta. Juventus - Liverpool,
1 a 0 (gol di Platini su rigore) ecco qua la cronaca di
quella partita. Nei giorni successivi l’Uefa, su proposta
dello stesso Governo di Londra, guidato dalla Lady di ferro
Margaret Thatcher, escluse le squadre inglesi (i cui tifosi
si erano già in passato macchiati di simili efferatezze)
a tempo indeterminato dalle Coppe europee, solo nel 1990
furono riammesse nelle competizioni.
19 febbraio 2014
Fonte: Icampionidellosport.com
ARTICOLI STAMPA e WEB FEBBRAIO 2014
Un cielo soltanto
di Domenico Laudadio
Pensieri ad alta voce sulla
mostra condivisa a Grugliasco fra il Museo del Grande Torino
e il Museo Virtuale Multimediale saladellamemoriaheysel.
A volte un sogno parte
proprio in questo modo, con un soffiare lento, come l’ispirazione
pittorica di un cherubino del Botticelli, perché è dall’uomo
e dall’artista che ha preso vita questa mostra scomoda e
imprevedibile. Al di là delle nuvole sanno guardare poche
persone, senza scomodare i santi anche i laici compiono
prodigi con la propria fede. Nel calcio colui che è capace
ancora di sorridere all’avversario, avvolto nella sua sciarpa
a colori nel grigiore del mondo, lasciando digrignare i
denti a quanti non saranno mai degni dello sport, resta
l’ultimo richiamo della speranza di piantare rose nel letame.
Giampaolo Muliari ricrea a pastello i volti degli uomini,
ne ha ritratti tanti, alcuni invincibili e leggendari, altri
di comuni mortali. Questa volta ha riunito in un unico disegno
le ali dell’aereo di Superga alle braccia aggrovigliate
dello stadio Heysel, ponendo al centro due bambini intrecciati
in un abbraccio per sempre. Granata, marrone, rosa e nero,
i colori dei loro panni che si mescolano a tingere un lutto
cupo e crudele, noncuranti di quell’alone fetido intorno,
di pavide remore, di classifiche infime sui morti. Umanamente
e sportivamente ti verrà spontaneo dire "i nostri", "i vostri",
ma i morti non sono proprietà di nessun altro all'infuori
dei loro familiari. In questo caso noi possiamo difenderne
la memoria che è il sentimento più nobile che scrive la
storia, ma non si viviseziona il rispetto dei caduti, non
si usa il bisturi, non si fanno autopsie per discernere
cosa è giusto onorare e chi no. O tutti in egual misura
o nessuno. Allora i canapi intorno al cuore di chi ha ormeggiato
nel porto dell’arroganza la sua presunzione vengano recisi
di netto dalla dignità e dalla ragione, affinché prenda
il largo questo veliero della memoria in una crociera di
ricordi nel beccheggio di quei 70 nomi sul mare placido
del silenzio intonato dal trombettiere in una sala comunale
di Grugliasco. Domenico Beccaria è uomo granitico, deciso,
cacciatore esperto di cinghiali e d’ipocriti, ma elegante
e tenero con chi lo merita. Lui ha preso sulle spalle il
progetto sin dalla genesi, guadando pazientemente le paludi
insidiose del dissenso e scansando le sabbie mobili delle
incomprensioni, tenendo testa agli agguati del "tremendismo"
da tastiera, sopportando le morali senza l’etica di comuni
fanfaroni senza anagrafe o persino la disapprovazione "politica"
di cognomi eccellenti. Tragedie sorelle, non gemelle, ha
precisato a tutti. Quelle erano le torri dell’11 settembre
abbattute dal fanatismo e dall’odio, in questi altri casi
fu il fato a generare un dolore improvviso, lancinante,
ancora oggi fuoco vivo sotto le ceneri apparentemente tiepide
della rassegnazione. Le più grandi tragedie sportive delle
due squadre di Torino, tutto per una partita di pallone.
C’è solo da imparare in quei lampi negli occhi del fratello
di una vittima di Bruxelles mentre ti racconta col capo
imbiancato di una vicenda che a lui pare ieri… Ci provi
a sfidarli chi ha stilato quella squallida graduatoria per
cui Valentino Mazzola è un "mito" mentre Giovacchino Landini
un "semplice tifoso, magari sfortunato"… A capo d’una squadra
epica o di una trattoria, alcuna differenza, perché ogni
caro è una leggenda a casa sua. Affettivamente il medesimo
vuoto incolmabile e chi non lo sostiene è di certo in cattiva
fede e complice della prossima dissacrazione a cura di uomini
immondi, da una parte e dall’altra. "Un sasso nello stagno",
l’ha definita questa mostra condivisa Beppe Franzo, storico
della curva Filadelfia e uomo d’onore. Un tonfo, il clamore
del villaggio virtuale, poi i cerchi concentrici si allargano
e raggiungono le sponde estreme del Po. Francesco Caremani
ci mette in guardia, imploderà il calcio italiano senza
una riflessione comune, umile e disarmata. La sua idiosincrasia
per i gruppi ultras prende origine dal dolore che l’ha segnato
prima da amico di famiglia di una delle vittime e poi da
scrittore documentato del dramma dell’Heysel. Denuncia il
meccanismo a orologeria innestato che potrebbe farlo saltare
dentro e fuori il campo. Sancisce il sacrosanto diritto
di restare avversari, senza necessariamente il dovere di
essere nemici, la diversità dei colori mai travalichi in
alcun modo il rispetto per tutti, vivi e morti.
Io, emozionato, inciampando inizialmente nelle mie
stesse parole mi ero smarrito, poi ho ripreso fiato e ho
lasciato parlare di getto il cuore, tralasciando gli appunti
sul foglio. Mi è venuto spontaneo dire che fra gli uomini
c’è un solo grado di parentela che non è quello di cugini,
ma soltanto di fratelli e attestare il valore di un’unica
memoria in comune, davanti alla quale si devono inchinare
tutte le bandiere e tutti i trofei. Giampaolo Muliari al
microfono si commuove al pensiero che in "Curva Z" fosse
capitato a suo figlio… Lo spessore della sua elevata sensibilità
ci trasmette un insegnamento alto, un’esperienza umana e
sportiva che porterò per sempre nel mio cuore. Come hanno
scritto benissimo gli amici Iuliana Bodnari e Rossano Garlassi,
braccia e anime insostituibili del comitato "Per non dimenticare
Heysel" di Reggio Emilia, ospiti del "Museo del Grande Torino
e della leggenda granata": "Siamo venuti in amicizia e ci
avete accolti con amicizia". La traccia è questa… C’è un
cielo soltanto, riprendiamo l’abitudine ogni tanto di alzare
lo sguardo da terra, dove ci consumiamo faticosamente in
quello che ci divide, scopriremo che non c’è competizione
di uomini superiore a quell’incanto. 4 maggio 1949, 29 maggio
1985, onore ai caduti di Superga e a quelli di Bruxelles.
In memoriam.
23 febbraio 2014
Fonte: Saladellamemoriaheysel.it
ARTICOLI STAMPA e WEB FEBBRAIO 2014
Derby, vergogna in curva. Striscione su Superga
di Guido Vaciago
Ancora una volta è stata
insultata la memoria del Grande Torino da una minoranza
di pseudo-tifosi.
TORINO - Quando questa
storia finirà, sarà bello, ma comunque troppo tardi. Ancora
una volta l'ignoranza e la maleducazione fa capolino nel
derby e questa volta ne fa le spese la memoria del Grande
Torino e la sciagura di Superga, come altre volte era stato
l'Heysel. Uno striscione becero con la scritta: "Quando
volo penso al Toro" e un altro altrettanto stupido che cita
lo schianto sulla collina sono comparsi in curva, per fortuna
piccoli e per fortuna tolti abbastanza velocemente. Il dubbio
è sempre quello: dare visibilità a questi cretini o no ?
Ignorarli potrebbe essere meglio, ma condannarli forse è
più importante.
23 febbraio 2014
Fonte: Tuttosport.com
ARTICOLI STAMPA e WEB FEBBRAIO 2014
Juve, Agnelli avverte i tifosi "Le tragedie non
si toccano"
Il presidente bianconero
si schiera apertamente contro gli striscioni sulla tragedia
di Superga che colpì il grande Torino nel 1949.
TORINO - E' una condanna
secca e precisa, quella del presidente della Juve, Andrea
Agnelli, nei confronti degli striscioni di alcuni "pseudotifosi"
della Signora che facevano riferimento alla tragedia di
Superga. Il presidente, attraverso il profilo ufficiale
twitter della Juventus, ha commentato: "Le tragedie non
si toccano. Mai. No agli striscioni ed ai cori canaglia.
Tutti. #RispettoPerLeTragedie". E poco importa se gli altri
fanno cori o espongono striscioni sulla tragedia di Pessotto
o su l'Heysel, lo "stile Juventus" è anche questo.
24 febbraio 2014
Fonte: Tuttosport.com
ARTICOLI STAMPA e WEB FEBBRAIO 2014
LA MOSTRA
Ma in un'altra Torino c'è
tanto rispetto
per i "Settanta Angeli
volati in un unico cielo"
A Grugliasco fino al 20
aprile una rassegna onora le vittime di Superga e dell'Heysel.
Il dolore non ha bandiere.
Il messaggio di Andrea Agnelli, davanti agli striscioni
vergognosi esposti domenica in curva Sud, è anche l'essenza
di una mostra in programma proprio in questi giorni a Grugliasco,
due passi da Torino, e intitolata "Settanta Angeli in un
unico cielo, Heysel e Superga tragedie sorelle": inaugurata
il 16 febbraio, rimarrà aperta fino al 20 aprile (ingresso
gratuito) nelle sale di Villa Claretta che ospitano il Museo
del Grande Torino. Lo scopo del progetto, curato dal Museo
del Grande Torino e della Leggenda Granata in collaborazione
con il museo virtuale www.saladellamemoriaHeysel.it, è riunire
in commovente racconto le due tragedie più grandi del calcio
torinese, accomunate dal dolore al di là della rivalità
calcistica. VISITATORI - Purtroppo c'è chi non conosce il
rispetto - se alcuni pseudo tifosi juventini hanno oltraggiato
i morti di Superga durante il derby, solo poche settimane
fa a Prato alcuni teppisti hanno preso di mira il locale
club bianconero offendendo con scritte ingiuriose i morti
dell'Heysel - ma gli organizzatori sono convinti che si
tratta di poche minoranze e rilevano invece, attraverso
il successo della mostra, tanta sensibilità e partecipazione:
"Abbiamo molti visitatori - dice Domenico Beccaria, presidente
del Museo del Grande Torino - molti dei quali juventini
che visitano poi volentieri anche il museo. E' giusto, perché
si tratta di cultura: io quello della Juve l'ho visitato
quattro volte, sicuramente più dei curvaioli bianconeri
che poi espongono quegli striscioni. Sono ancora più convinto
della bontà della nostra iniziativa, utile per riflettere
e capire, coinvolgere i tifosi intelligenti e sensibili,
la maggioranza, affinché educhino pochi scellerati". VILIPENDIO
- Beccaria medita anche una personale iniziativa per la
prossima stagione. "Preparerò uno striscione con la scritta
"Rispetto per i morti dell'Heysel", pronto a esporlo, mi
auguro non accada, se qualche imbecille replicherà gli insulti
alla memoria di Superga. Voglio vedere come reagiscono a
quel punto, non credo possano rimanere indifferenti. I tifosi
devono incitare la propria squadra, realizzare la coreografia
più bella o lo striscione più divertente: il vilipendio
dei morti non ha ragione di esistere".
25 febbraio 2014
Fonte: Corriere dello Sport
ARTICOLI STAMPA e WEB FEBBRAIO 2014
70 angeli in un unico cielo: "Heysel e Superga tragedie
sorelle"
di Giulia Ongaro
Gli striscioni di domenica,
quelli sulla tragedia di Superga, sono una vergogna. Come
sono stati una vergogna, negli anni passati, tutti gli altri
striscioni che, da una parte o dall’altra, hanno puntato
non allo sfottò calcistico, ma all’offesa gratuita e basata
sulle tragedie altrui. Giuste le condanne ufficiali, come
quella di Andrea Agnelli, ma non basta. Devono essere i
tifosi, uno a uno, a ricordarsi che il dolore dovrebbe unire
e non creare occasioni per insultarsi. E dire che, proprio
in occasione del derby, un buon passo avanti era stato fatto.
Da domenica scorsa, il Museo del Grande Torino e della Leggenda
Granata ospita una mostra inaspettata. La sala della Memoria,
infatti, dal 16 febbraio al 24 aprile è stata dedicata a
un’esposizione intitolata "Settanta angeli in un unico cielo
- Heysel e Superga tragedie sorelle". Filo conduttore dell’iniziativa,
lo sport che dovrebbe unire e affratellare, e non dividere,
anche nei suoi momenti più oscuri e drammatici. Il Museo,
che si trova a Villa Claretta Assandri, a Grugliasco, organizza
visite guidate a questa mostra che raccoglie materiale,
fotografico e non, risalente tanto al 4 maggio 1949 quanto
al 29 maggio 1985; il Museo è aperto il sabato dalle 14
alle 19 e la domenica dalle 10 alle 19 (ultimo ingresso
alle 18), ma prenotando si può accedere anche in settimana.
La mostra è poco più che simbolica, visto che le
altre tredici sale del museo continueranno, più che giustamente,
a raccontare la Storia del Grande Torino, mai raccontata
abbastanza. Una parte del materiale dedicato al tragico
incidente di Bruxelles arriva dall’archivio di Salvatore
Giglio, storico fotografo bianconero, e dal sito "Saladellamemoriaheysel",
un vero e proprio Museo Virtuale dedicato ai 39 tifosi morti
perché avevano seguito la squadra in un impianto fatiscente.
Il sito ufficiale del Torino Calcio ha dato notizia dell’iniziativa,
che però ha ricevuto anche alcune critiche, prima fra tutte
quella di Franco Ossola, che ha in poche parole giudicato
non conveniente l’affiancamento di due tragedie a suo parere
"così lontane nel tempo, nelle dinamiche e nello spirito".
I mitici giocatori del Grande Torino, i loro accompagnatori,
i giornalisti che, per uno scherzo del destino, si trovavano
su quell’aereo, erano persone rispettate in vita, compiante
dopo l’incidente e ancora ricordate e rimpiante da molti,
esempio di moralità e sportività. I caduti dell’ Heysel
erano tifosi, altrettanto compianti, che in fondo hanno
trovato la morte per lo stesso motivo: il pallone, la passione
per uno sport che nella maggior parte dei casi divide, ma
è anche una delle vie più rapide per solidarizzare. La mostra
espone anche le prime pagine dei giornali delle due epoche:
su entrambi, le lacrime, i volti disperati di chi ha perduto
una persona cara, ma anche sciarpe, gagliardetti, tutto
ciò che esprime l’amore per una squadra di calcio. La mostra
non vuole portare all’onore degli altari ne’ i defunti di
Superga, ne’ quelli dell’Heysel, ma solo ricordare settanta
persone che hanno perso la vita legati alla stessa città,
allo stesso sport, con colori diversi, ma di cui nessuno,
in ogni caso e in ogni tifo, può dileggiare la memoria.
25 febbraio 2014
Fonte: Mole24.it
ARTICOLI STAMPA e WEB FEBBRAIO 2014
Angeli e demoni
di Domenico Laudadio
L’ispirazione dall’insegnamento
di Giampiero Boniperti, simbolo della storia bianconera,
per un giorno in maglia granata al Comunale di Torino.
26 maggio 1949, il Torino
ormai non c’è più, abbattuto come un angelo in volo dal
fato crudele sulla collina di Superga. Un aereo e cuori
di milioni d’Italiani in rottami. La meglio gioventù del
dopoguerra in cenere. Il River Plate del grande Di Stefano
vuole renderne omaggio alla memoria disputando una partita
amichevole al Comunale davanti a 70.000 persone contro una
selezione dei migliori giocatori della serie A che prenderà
il nome di "Torino Simbolo". Fra loro convocati il portiere
bianconero Sentimenti IV e l’icona più fulgida della Juventus
di ogni tempo, Giampiero Boniperti. Per un giorno il paladino
della Signora indossa la maglia granata e la onora come
tutti gli altri compagni. La sua grinta ed il suo orgoglio
ben si sposano alla leggenda di quel patrimonio immenso
di talento umano e sportivo. Quanti tifosi della Juventus
lo sapranno ? Penso, sicuramente in pochi. Mettersi per
due ore, un giorno, i panni del proprio avversario… Proprio
quello più avversario che c’è… Non per un carnevale dove
ci si burla finanche dei santi. Non come un gioco di bambini
mai cresciuti. Una lezione dalla vita, un colpo di spugna
agli arroccamenti scacchistici del pregiudizio mentale di
fondo di sentirsi sempre nel giusto fuori e dentro il campo
e la ragione. Allora, provate ad immaginarvi nella nebbia
di quel pomeriggio maledetto da Dio mentre accorrete sul
colle della Basilica di Superga a cercare sul posto disperatamente
se ci fosse ancora un rantolo e scoprirne soltanto l’orrore,
non avendo neanche tempo di piangerlo per doverlo pietosamente
ricomporre... Allora, immaginatevi a scoprire bandiera per
bandiera, sciarpa per sciarpa, quei volti dei cadaveri ammucchiati
fuori allo stadio Heysel, cercando tuo padre, un figlio,
un fratello, un amico, scoprendo affannosamente decine di
occhi sbarrati e facce livide, gonfie, tumefatte, non avendo
neanche il tempo di una preghiera e sperando che il prossimo
non sia proprio lui… "La tragedia è dimenticare", un motto
impresso nel museo del Grande Torino, ma c’è molto di peggio:
dileggiare quei poveri caduti in tre pezze con il sarcasmo
degli impunibili quanto sfoggiare strafottentemente quella
bandiera dell’Union Jack attizzando filastrocche immonde
di morte ogni domenica da trent’anni. Leggi italiane proteggono
da qualche tempo farisaicamente negli stadi l’edulcorato
cartolinismo di Napoli con vista dall’ultimo albero di Posillipo,
ignorando lo stesso rigore per la memoria sacra di tutti
i morti del pallone dove non è sfottuta semi-folkloristicamente
un’etnia, ma vengono profanati nomi e cognomi e i loro familiari
lacerati da una ferita mai definitivamente rimarginata.
Davanti alla morte nessuna curva si senta la vergine sacrificale
e nessun gruppo ultras si permetta di fare il verso alla
dignità umana che è al di sopra di tutto e di tutti. Persino
il furioso guerriero Achille pianse di commozione davanti
al Re Priamo, il nemico assediato che era venuto in segreto
e senza scorta a richiedere le spoglie mortali di suo figlio
Ettore, ucciso in duello. Nessun tifosucolo da bar o in
poltrona che sta formando subdolamente suo figlio all’odio
si senta migliore di loro. E quei giornalisti tifosi che
sviano le pratiche e le tracce della coerenza nella ricerca
della verità, imputridendo i pozzi della cultura sportiva
come untori scellerati, si vergognino profondamente di se
stessi, sono feccia anche loro. Perché non è mai questione
di categorie, ma di uomini. Chi pensate siano in realtà
gli ultras, se non uomini ? Tutti gli uomini sbagliano,
da quelli in cravatta o col saio a quelli con il fumogeno
e il passamontagna, ma allo stesso tempo davanti al vilipendio
di defunti innocenti non farò mai sconti a nessuno, né a
quelli con la mia sciarpa, né a quelli che odiano la mia
sciarpa, neanche a quelli che fingono di non averne una,
ma pontificano sulla carta stampata un verbo ipocrita e
bugiardo… La vergogna faccia capolino dentro la coscienza
di tutti. E’ l’unico tribunale che non ammette la condizionale.
E’ l’unica espiazione che trasfigura gli esseri umani. Non
è soltanto un problema di Ultras e non è "tutta colpa del
pallone" che è l’unico preso a calci in culo da tutti, non
è assolutamente un problema di "palazzo, arbitri, poteri
forti". E’ un problema soltanto di etica. E’ un problema
di società, di persone. Negli stadi vola il piscio imbustato
da un settore all’altro, ho visto bambini smarrirsi impauriti
nelle ugole infocate di genitori vergognosi fuori dalla
grazia di Dio a inveire contro arbitri e guardalinee e picchiarsi
in tribuna durante tornei giovanili… L’etica nello sport
nasce da un dogma salvifico: l’accettazione della diversità.
Non tutti amano la squadra che amo io, non tutti capiscono
quanto la amo io e nonostante mi sforzi non sempre capirò
quanto la amino loro, ma devo ad essi a prescindere il medesimo
rispetto che esigo io dagli altri. Rispetto. E’ in estinzione
come gli elefanti il rispetto, braccato dagli orchi famelici
mediatici dell’informazione, da energumeni di ogni ceto
sociale che battono il vessillo dell’ignoranza mentre solcano
sozzi e pirateschi il mare magnum del quotidiano. Una maglia
potrà esserti amica o nemica, sembrarti brutta o bella,
soggettivamente, ma una maglia è degna di rispetto sempre,
obiettivamente. Il tifoso resti la parte più pulita del
sistema proprio perché è un innamorato perso e chi ama,
si dice essere il più fragile, non quello più stronzo. Sono
parole da sognatore, lo so quello che starete tutti pensando,
ma se il simbolo per antonomasia della "juventinità" ha
indossato per una volta la maglia gloriosa della sua avversaria
di sempre e per sempre, perché non provare anche noi a metterci
ogni tanto nei panni degli altri, demolendo le impalcature
vanagloriose della nostra presunzione che occultano l’arte
monumentale della grande bellezza del calcio ? C’è sempre
qualcosa di unico e di grande anche nella storia degli avversari
perché la storia del calcio è soltanto una ! E se per anni
qualcuno ci ha rovesciato l’immondizia sotto casa, non è
giusto smettere di credere alla raccolta differenziata e
al riciclo dei rifiuti, perché altrimenti si aggiungerà
merda alla merda e resteremo sempre più sporchi tutti. E
poi sarà del tutto inutile additarci e schernirci come Pinocchio
e Lucignolo trasformati in asini. La nostra voce a qualunque
titolo e riguardo striderebbe come un raglio idiota e disperato.
Abbiamo osato mostrare che Superga e l’Heysel sono sorelle,
non cugine alla lontana. La fratellanza è l’unico grado
di parentela dell’umanità. I colori della pelle o delle
bandiere non contano più nulla davanti alle tragedie. Giampiero
Boniperti ha detto qualche anno fa: "Era appena successo
un fatto eclatante, fuori da ogni logica. Il 4 maggio 1949
cercai di salire a Superga, ma fu impossibile. Mi sembrò
giusto partecipare in qualche modo alla commemorazione di
una squadra-mito. Indossai il granata, proprio io che non
ho mai vestito nessuna casacca che non fosse quella della
Juventus". E aggiungo che per lui il derby resterà sempre
la partita che non vuole mai perdere. E così come per tutti
noi, Bianconeri e Granata, mai… E’ bello, è giusto così.
Agone e Onore, Rispetto e Memoria. Signore e signori, e
mi riferisco proprio a tutti: Il calcio è questa roba qui.
Se non vi riconoscete più in questi valori, cercatevi una
latrina altrove.
28 febbraio 2014
Fonte: Saladellamemoriaheysel.it
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