Che la terra vi sia lieve
di Marco Edoardo Sanfelici
Ci sono
momenti in cui si assapora l’appartenenza ad un popolo,
l’esserne intimamente legati, condividerne attimi di gioia, come
pure ritrovarsi nella sofferenza. Mi sento in preda ai brividi,
se penso alla metà del secondo tempo di Juve - Cagliari, quando
uno stadio intero, senza ordine alcuno di un qualsiasi regista,
ha ricreato la coreografia iniziale; all’unisono, come se un
solo cuore battesse per tutti. Un cuore, un popolo. Come è
bella, la mia gente !!! Arriviamo da una storia "sporcata"
dall’odio e dall’invidia altrui, da lunghi giorni vissuti nella
ricerca quasi ossessiva di compagni di sventura. Ci hanno voluto
distruggere, cancellare dagli almanacchi, accompagnando lo
scempio con gesti di fiera soddisfazione. Ma noi siamo qui !
Ecco, quella coreografia di metà tempo, voleva dirlo,
affermarlo, gridarlo: NOI SIAMO QUI, anzi: SOMA TORNA SI’, CI
SIAMO DI NUOVO !!! Un popolo però si connota anche per i suoi
eroi, per coloro che alla causa hanno pagato un prezzo altissimo
e non parlo dei campioni in campo ! Mi riferisco all’amico e
compagno di tifo GIUSEPPE PIPPA, che ci ha lasciato il
28 aprile, a solo 58 anni, la
cui storia vale la pena di essere raccontata. E’ stato l’epilogo
di un lungo calvario iniziato la sera maledetta della finale di
Bruxelles, quando per salvare un bimbo sardo a lui vicino, nella
calca causata dalla folle carica degli Hooligans, è caduto dagli
spalti, riportando serie ferite e restando in coma per 15
giorni. Pareva che la ripresa procedesse senza particolari
problemi, consentendogli di costruire una famiglia e riprendere
la sua attività; ed invece un destino terribile lo aspettava
beffardo. Dolori sempre più evidenti lo portarono a dovere
interrompere il lavoro ed a subire una diagnosi durissima:
calcificazione delle vertebre per tutta la schiena e la
degenerazione conseguente in PARKINSON. Nonostante 10 anni di
sofferenze e di lungo inesorabile peggioramento, Giuseppe non ha
MAI abbandonato la passione per la sua, la nostra JUVENTUS,
restando membro dello Juventus Club TORRI DEL BENACO (VR), a tal
punto da ispirare qualcuno a far sì che ad accompagnarlo
nell’altra vita fosse una fedele compagna, testimone di
un’atroce assurdità, in una sera di maggio di 28 anni fa: la
bandiera che Giuseppe sventolava all’Heysel. Ora che il suo
soffrire ha avuto fine, la comune fede calcistica ed una stima
immensa che va aldilà del mero tifo, fanno sì che ci stringiamo
attorno alla famiglia così duramente provata ed a parziale
conforto della signora Sandra e dei figli Marco e Mario, ci sia
concesso pensare a Giuseppe PIPPA come ad un eroe silenzioso,
che ha fatto della sua esistenza una testimonianza di ciò che
vuol dire "MAI MOLLARE", da vero juventino, senza bisogno di
riflettori e di interviste. Ora che il pietoso elenco dei morti
dell’Heysel si è aggiornato a 40, avremo un motivo in più per
condannare chi ancora profana la loro memoria negli stadi. Lo
dobbiamo a Giuseppe, lo dobbiamo a ciascuno degli altri 39. Che
il peso della terra ti sia, vi sia, lieve !
16 maggio 2013
Fonte: Signorainrosa.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Una via
per le vittime dell’Heysel a Torino
di Emiliano Lemma
Il Consiglio Comunale della
città di Torino ha approvato, all’unanimità, la mozione "Una Via
per i 39 Angeli Bianconeri", rendendo così giustizia alle
vittime della tragedia datata 29 Maggio 1985. A Torino,
pertanto, non appena la toponomastica lo renderà possibile, ci
sarà una via dedicata alle vittime dell’Heysel.
E’ un gran giorno, questo, non solo per
i tifosi bianconeri ma anche per tutti i tifosi italiani e
coloro i quali amano il calcio ed auspicano che mai più debba
accadere che un essere umano possa pagare con la propria vita
per la propria passione sportiva. Il calcio appassiona, divide,
scalda gli animi ma quando travalica nella violenza è sempre un
fatto da condannare.
L’approvazione della mozione in Consiglio Comunale è l’ultima
tappa, per ora, di un percorso durato due anni da quando
Maurizio Marrone, consigliere comunale di Fratelli d’Italia
(allora Pdl) prese in carico la vicenda durante una serata
organizzata dal Fuan, dichiarando: "Quell’episodio è una ferita
profonda e lacerante per la città e per i tifosi bianconeri.
Credo che sia giusto che il Comune onori quei tifosi
immortalando la loro memoria con l’intestazione di una via,
magari proprio vicino al nuovo stadio della Juventus". Dopo due
anni, appunto, quell’impegno del consigliere Marrone si è
concretizzato in una mozione del Consiglio Comunale e, quando la
Via dedicata alle vittime dell’Heysel farà parte della
toponomastica torinese, allora il percorso sarà completo e i 39
angeli bianconeri avranno un luogo commemorativo che onorerà la
loro memoria. E che ricorderà a tutti i tifosi quanto la
violenza debba essere sempre e comunque da condannare, a tutti i
livelli.
A nome della redazione de "I Faziosi" e, credo, dei tifosi
bianconeri, ringrazio il Consiglio Comunale di Torino, e
Maurizio Marrone in particolare, per questa importante
iniziativa.
21 maggio 2013
Fonte: Faziosi.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Una piazza per
le vittime dell’Heysel
Presto le vittime dell’Heysel (i 39
tifosi morti il 29 maggio 1985, prima della finale di Coppa dei
Campioni tra Juventus e Liverpool allo stadio Heysel di
Bruxelles) avranno uno spazio pubblico dedicato a loro vicino al
nuovo stadio bianconero. Il Consiglio comunale ha approvato una
mozione di Marrone (Fratelli d’Italia), Sbriglio (Idv) e Lo
Russo (Pd) per sollecitare la commissione toponomastica.
Anche Adelaide Aglietta (militante radicale) aspetta da tre
anni: a dieci anni dalla sua scomparsa, nel 2010, la città
decise di dedicarle la strada che da via Pianezza conduce al
carcere Lorusso e Cotugno. Cosa mai avvenuta. E che dire di
Mauro Rostagno ? Nel 2009 mille cittadini chiesero dedicare al
sociologo ucciso dalla mafia il ponte in zona Spina 3. Niente da
fare, tanto che sabato è stata organizzata una manifestazione.
21 maggio 2013
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Per ricordare l’Heysel e condannare la violenza nello sport
A Bruxelles, il 29 maggio del 1985,
centinaia di hooligans assalirono i sostenitori della Juventus,
accorsi allo stadio Heysel per sostenere la compagine bianconera
impegnata contro il Liverpool per la finale di Coppa dei
Campioni. L’assenza di misure di sicurezza adeguate (parte dei
tifosi juventini vennero sistemati a contatto con la curva
avversaria) e un’evidente impreparazione della polizia belga,
trasformarono il Settore Z del grande impianto sportivo in un
mattatoio, anche per il crollo di una struttura causato dalla
pressione del pubblico in fuga. Trentanove i morti, trentadue
dei quali italiani, quattro belgi, due francesi, un irlandese. I
feriti, molti dei quali gravi, si contarono a centinaia. La
partita si giocò ugualmente, si disse per evitare ulteriori
tensioni. Vinse la Juventus, molti se la sentirono di
festeggiare, altri no. Venne subito a Torino il prosindaco di
Liverpool, Derek Hatton - espulso dal Labour l’anno seguente,
per la sua appartenenza alla corrente trotskista Militant del
partito - per testimoniare al sindaco Giorgio Cardetti il
cordoglio della sua città e la totale condanna delle violenze da
parte dell’opinione pubblica britannica. Con Hatton, arrivarono
in città anche l’arcivescovo Derek Warlock e il vescovo
anglicano Sheppard, che celebrarono una messa in Duomo con il
cardinale Anastasio Ballestrero.
In tutti questi anni, non sono mancati i gesti di
riconciliazione, ma il ricordo di quel giorno terribile non
sbiadisce. Lunedì 20 maggio 2013 la Sala Rossa ha approvato una
mozione bipartisan presentata da Stefano Lo Russo, Giuseppe
Sbriglio e Maurizio Marrone, per l’intitolazione in tempi rapidi
- come già deliberato dalla Commissione Toponomastica - di un
sedime alla memoria delle vittime dello stadio Heysel presso lo
stadio della Juventus. Lo stesso 29 maggio, specifica il
provvedimento, dovrà essere istituito come Giornata in ricordo
delle vittime dell’Heysel e di condanna di ogni forma di
violenza in ambito sportivo.
Nel dibattito che ha preceduto la votazione, il consigliere
Sbriglio ha ribadito l’importanza della condanna di tutti gli
atti violenti che si verificano nel mondo dello sport, mentre
Silvio Viale ha proposto che le squadre granata e bianconera si
incontrino a Palazzo Civico in apertura di campionato per dare
un segnale contro la violenza. Enzo Liardo ha proposto di
sostituire la denominazione di corso Belgio, intitolando l’asse
viario di Vanchiglietta alle vittime dello stadio Heysel, per
censurare il comportamento delle autorità di Bruxelles all’epoca
dei fatti, mentre Marco Grimaldi ha invitato a evitare qualsiasi
strumentalizzazione. Maurizio Marrone, che aveva già
precedentemente proposto un primo documento sul tema del ricordo
delle vittime dell’Heysel, ha sottolineato l’importanza di un
atto unitario.
21 maggio 2013
Fonte:
Comune.torino.it/cittagora
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Ricorrenza Heysel 29 maggio 1985, un sogno che si coprì di
sangue
di Alessandro Gazzera
Una riflessione a due giorni
dalla tragedia che cambiò e distrusse il corso di molte vite.
Non è facile parlare di una tragedia,
per molti versi annunciata, che ha segnato una parte della
storia della Juventus e del calcio europeo. LA STRAGE - La
scelta dello stadio belga come sede della finale di Coppa dei
Campioni del 1985 fu criticata da subito, sia dai bianconeri che
dal Liverpool, a causa delle precarie condizioni della struttura
e delle scarse misure di sicurezza. La disposizione dei settori
vedeva il tifo organizzato bianconero situato nella curva N.
Molti inglesi, invece, presero i biglietti nella curva opposta.
Tuttavia diversi italiani scelsero di organizzarsi autonomamente
e acquistarono altri biglietti nel settore Z, a ridosso della
zona inglese. A circa un’ora dall’inizio della partita si
scatenò la follia: gli hooligans inglesi (sia del Liverpool che
del Chelsea) sfondarono le reti che dividevano i due settori,
cercando di impossessarsi dell’intera curva. Le famiglie,
spaventate, si ammassarono contro il muro opposto al settore dei
sostenitori del Liverpool, anche a causa delle manganellate dei
poliziotti belgi, che impedivano loro la fuga verso il campo.
Nel caos generale tutti cercarono di cambiare settore
scavalcando gli ostacoli presenti, finché il muro non resse il
peso della folla e l’esito è quello che tutti tristemente
conosciamo: 39 morti e oltre 600 feriti. LA PARTITA - Nel caos
più totale l’UEFA e le autorità locali decisero che quella
partita si doveva giocare comunque, hic et nunc. Molti giocatori
della Juventus raccontarono, anni dopo, di quanto furono
difficili quei momenti e di come dopo quella notte non fu più lo
stesso. Vinse la Juventus quella Coppa maledetta, un trofeo
tanto sognato si era trasformato nella pagina più nera della
storia del club bianconero. Un qualcosa che, per molti versi,
negli anni successivi si preferì cercare dimenticare, sebbene
pesò come un macigno su tutti. CHE COSA RIMANE ? - E’ difficile
raccontare la storia dell’Heysel mantenendo un filo
"giornalistico", senza scadere nelle banalità e in quella
retorica troppo spesso usata nei confronti di una strage come
questa. Negli anni è capitato a me di sentire le varie storie di
chi quella sera c’era, e scorgere più di una sottile vena di
malinconia. Per chi assistette a quegli sconvolgenti momenti,
infatti, fu come se dentro di sé qualcosa ne fosse andato. La
consapevolezza successiva, poi, fu che qualcosa fosse
decisamente cambiato nel calcio: per la prima volta ci si era
trovati a fare i conti con la ferocia umana e la follia.
RIFLESSIONI POST ’85 - Molte delle nuove generazioni che oggi
sentono parlare del 29 maggio 1985, a stento hanno visto la
vittoria della Juventus contro l’Ajax nel 1996. Ed a loro va
fatto capire cos’è stato l’Heysel e quanto sia importante tenere
in memoria un evento tanto drammatico. Quei morti, infatti, sono
stati più volte vilipesi negli stadi italiani al pari di altre
tragedie che, prima che sportive, sono umane, e dovrebbero
quindi ricordare come la morte non abbia un colore, ma riguardi
tutti. La verità forse mai riconosciuta è che all’Heysel è morto
un pezzo di calcio e, proprio per tale motivo, come per i morti
di Superga, Andrea Fortunato e tutti coloro che vengono usati
come bandiera per un odio sportivo insano, bisognerebbe
adoperare il rispetto dovuto. Ancora oggi, invece, quei 39
angeli non vengono lasciati riposare in pace e, pertanto, non si
può che auspicare il momento in cui verso tutti loro sarà
rivolto solo un commosso ricordo: un modo per ricordarsi anche
che il calcio è un bellissimo sport e, a volte, siamo solo noi,
con la nostra ignoranza, a rovinarlo.
27 maggio 2013
Fonte: Cronacatorino.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Bruxelles, vogliono abbattere e ricostruire l'Heysel
Heysel: lo stadio della
tragedia Juventus-Liverpool sarà demolito a Bruxelles.
Questa volta è deciso per davvero, o
almeno così hanno annunciato le autorità di Bruxelles: lo stadio
dell'Heysel, tristemente noto per la tragedia in cui il 29
maggio 1985 persero la vita 39 persone di cui 32 italiani, sarà
abbattuto e ricostruito poco più in là, dove oggi sorge un
grande parcheggio. L'operazione, fortemente voluta da Regione e
città dopo anni di tentennamenti, ha per obiettivo la selezione
di Bruxelles tra le città europee che ospiteranno le partite
dell'Euro 2020. Al posto di tribune, pista d'atletica e campo da
calcio, crescerà un mastodontico progetto edilizio che vuole
trasformare la zona della periferia di Bruxelles in un polo
culturale e fieristico internazionale, con loft, appartamenti di
lusso, centri commerciali e spazi verdi. La questione del
vecchio "Roi Baudoin" si trascinava dal dramma del 1985, quando
prima del fischio d'inizio della finale di Coppia Campioni tra
Juventus e Liverpool crollò il settore Z sotto le pressioni
delle tifoserie. Da allora Michel Platini, che segnò il gol
decisivo che diede la vittoria alla Juventus e oggi presidente
della Uefa, ha sempre rifiutato di rimetterci piede. Lo stadio è
tuttora "casa" della nazionale belga, i "Diavoli rossi", e
utilizzato sia per le partite di calcio che per il meeting
internazionale di atletica, il Memoriale "Van Damme", e per i
concerti delle grandi star, dagli U2 a Madonna. E finora il "Roi
Baudoin" era stato incluso nel suo assetto attuale nel faraonico
progetto "Neo" da 1,3 miliardi di euro, sotto la cui scure è già
caduto il celebre parco di miniature della Mini-Europa che
chiuderà i battenti a fine estate, prima di essere raso al
suolo. Vi erano infatti altri tre siti "papabili", tra cui il
quartiere della Nato, per il nuovo stadio nazionale, di cui si
parla dal 2007 ma senza mai arrivare a nulla di fatto. Ma alla
fine la scelta è ricaduta sull'Heysel. "Fanno 28 anni dal dramma
dell'Heysel che aspettavamo questa decisione, ma c'è stato
bisogno della proposta degli europei di calcio per arrivare a
sbloccare il dossier", ha recriminato l'assessore allo sport di
Bruxelles Alain Courtois. Nonostante i tempi siano stretti
(Bruxelles dovrà presentare la candidatura alla Uefa entro
settembre, mentre i lavori veri e propri dovranno cominciare nel
2016), non c'è ancora nessun dettaglio concreto sulle dimensioni
e la capacità del nuovo impianto, ne’ del destino del "Van
Damme". E nemmeno del memoriale di chi una sera di 28 anni fa
perse la vita sotto quei muri che verranno ora abbattuti per
sempre.
27 maggio 2013
Fonte: Ansa
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Come un nodo al fazzoletto
di Emilio Targia
Son passati 28 anni, dal quel
29 maggio 1985 allo stadio "Heysel" di Bruxelles. Da quella
notte di colori sfumati nel buio, di festa diventata tempesta.
"Un uomo senza memoria è un uomo seduto
in cima a un precipizio" scrive Erri De Luca. La lucidità dello
scrittore ci sorregge, e ci aiuta a sintetizzare. E a capire.
Che la memoria è materia preziosa, irrinunciabile. L'argilla che
tiene insieme il racconto, la cronaca attenta che poi diventa
storia.
"L'organisateur décline toute responsabilité du chef d'accident,
de quelque nature qu'il soit, qui pourrait se produire au cours
ou à l'occasion du match pur lequel ce ticket est délivré".
C'era scritto così sul biglietto del settore Z dello stadio
Heysel. Ma non sul retro, o di lato, in caratteri minuscoli. No
no, era scritto davanti, a caratteri ben visibili. Insomma,
"guarda che se ti accade qualcosa, noi non c'entriamo". Quasi un
presagio. La follia di quella notte iniziava già dal biglietto
d'ingresso.
Oggi "Heysel" è una parola che schiocca
come una frustata. Evoca solo e soltanto quella notte e quella
strage. Null'altro. "Heysel" non è più uno stadio, come "Ustica"
non è più un'isola, e "Italicus" non è più un treno.
Eppure quella notte i presupposti per il volo c'erano tutti. Il
bianco che rifletteva il sole raddoppiandone la luce, il nero
accanto a ricomporre le cose. Sogno e realtà, in fondo, il seme
dei colori di quelle bandiere. "Come può una simile luce tradire
i nostri sogni stasera ?" aveva riflettuto Giuseppe, un tifoso
bianconero che da decenni sognava una sera così. E però aveva
paura. Che il sogno spaventa, se si sta per toccarlo. E poi
Andrea, che aveva 11 anni, l'età in cui il calcio è ancora la
musica della propria vita, la misura della propria gioia. Andrea
che a Cagliari andava alla scuola di calcio "Gigi Riva". Andrea
che era lì col papà Giovanni per vivere il proprio incantesimo.
"Juve-Juve-Juve" era l'urlo prossimo al
sogno del popolo bianconero. "Juve-Juve-Juve" scandito dal
batter di mani. "Juve-Juve-Juve" urlato ad occhi chiusi. Lo
stadio tremava dentro a quel battito, e quel coro toccava
l'anima, si infilava nelle ossa. Poi, di colpo, quell'inno alla
gioia si era incrinato. E, di colpo, interrotto. Gli occhi di
nuovo aperti. Per guardare. Per provare a capire. L'odio. Un
corpo estraneo. Un ago velenoso che bucava il palloncino di un
bambino.
Urla, dal settore Z. Gente che fugge, nel settore Z. Un muro che
crolla, nel settore Z. Più nessuna bandiera, nel settore Z. Un
vociare scomposto, un coro frantumato. Urla che rimbalzano sopra
rumori estranei. Immagini veloci, sfocate, inafferrabili. Poi,
d'improvviso, più nulla. Nessun urlo, nessun rumore. Solo
silenzio. E sguardi fissi nel vuoto. Un vuoto immobile. Tutto lo
stadio cristallizzato dentro a quell'istante. Dentro a un
tramonto livido. Raggelato. Che non ci sono mica parole, di
fronte a una cosa così. Di fronte a un silenzio innocente di
sangue e di orrore.
Tutto questo. Tutta quella vita
calpestata, quell'energia perduta. Tutta quella violenza, dentro
a un incanto gioioso. In questi anni troppo spesso è diventato
altro. Per troppe persone quelle vittime sono semplicemente
"juventini". Come se non fossero invece prima di tutto cittadini
ed esseri umani. Per troppe persone quella è semplicemente la
notte della "coppasporcadisanguechelaJuvenondovevaaccettare".
Come se non ci fosse prima di tutto una strage, con cui fare i
conti. Per troppe persone quella è
"lapartitachenonsidovevagiocare". Che nessuno ha capito, quante
persone ha salvato, l'averla giocata. La vita di Andrea e di
Giovanni, quella di Giuseppe e poi quella di Rocco, quella di
Bruno e di Barbara, di Giusy e di Luciano, di Sergio e di tutti
gli altri, per molti deve contare ben poco. Ben poco anche per
quei gentiluomini che in curva oggi intonano il coro "Heysel,
Heysel !". O per quelli che in tribuna prendono in prestito una
canzone di Vasco Rossi, per affogarla nell'orrore: "Cosa
succede, cosa succede all'Heysel...". O per quelli scrivono sui
muri la temperatura di Bruxelles. O per quelli che indossano le
magliette con la scritta -39. O per quelli che guardano e
ascoltano, e fanno finta di niente.
Questo mare di offese, volgarità, e
frasi fatte è dovunque. Onde maldestre che si infilano in un
dibattito tv, tra le pagine di un libro, in un articolo di
giornale, o che echeggiano al bar mentre prendi un cappuccino. A
questo serve, oggi, la memoria di quella notte. A questo serve
oggi, fare un nodo al fazzoletto. Un anticorpo contro la
superficialità. Ma servono manutenzione, cura e attenzione. Per
non dimenticare la storia incompiuta di quelle 39 persone.
Memoria contro la fiera della violenza morale e delle banalità.
Di chi non ha alcun titolo per parlare eppure urla. Di chi non
sa nulla eppure insulta. Senza nemmeno sapere di che cosa sta
parlando. Senza provare nemmeno a capirlo, l'Heysel. Senza
nemmeno provare a immaginarlo, il dolore.
28 maggio 2013
Fonte: Juventibus.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
28 anni fa la tragedia dell’Heysel, il dramma juventino
dimenticato dal calcio
di Beatrice Manzato
A 28 anni
dalla strage calcistica più tragica d’Europa, quella maledetta
finale di Coppa dei Campioni ’85, giocata allo stadio Heysel di
Bruxelles, le vittime ammontano a 40. Giuseppe Pippa, veneto di
58 anni, si aggiunge alla lunga lista di vittime della folle
violenza degli hooligans del calcio, ponendo fine ad un calvario
iniziato ventott’anni fa, quando trentenne si spinse fino in
Belgio per veder vincere la sua Juventus. La tragedia è perlopiù
ignorata o dimenticata oggi. Ma cosa successe quel giorno a
Bruxelles ? La sera del 29 maggio 1985 la finale di Coppa dei
campioni si disputava a Bruxelles, all’Heysel, oggi stadio Re
Baldovino, uno stadio visibilmente fatiscente, non certo adatto
ad ospitare soprattutto una delle due tifoserie, quella del
Liverpool, nota allora per la sua propensione alla violenza e
alla provocazione degli avversari. La tifoseria juventina fu
sistemata nella curva Nord dello stadio mentre quella del
Liverpool fu sistemata nella curva opposta. Un piccolo settore,
il settore Z, fu aperto alla tifoseria juventina, che troppo
numerosa, non sarebbe rientrata tutta nel settore Nord. Questo
settore però, confinava direttamente con la curva Sud, gremita
di hooligans di Liverpool, separato soltanto da una rete
metallica. Poche ore prima della partita la debole rete fu
abbattuta e superata dagli inglesi che si fiondarono all’attacco
degli avversari calcistici, schiacciandoli letteralmente contro
il muro che delimitava la sezione Z, costringendoli a
calpestarsi e schiacciarsi l’uno con l’altro, al punto che molti
uomini iniziarono a lanciarsi oltre la tribuna, giù dagli
spalti, morendo sul colpo, ferendosi o riportando gravissime
lesioni.
Alcuni cercarono di sfuggire
a quella brutale violenza attraverso l’unico canale, la
scalinata, che portava al terreno di gioco, ma le forze
dell’ordine belghe, che non erano distribuite in modo omogeneo
in tutto lo stadio e non avevano la percezione di quello che
stava accadendo agli anelli superiori, iniziarono a respingerli
a manganellate.
La furia degli hooligans, in
netta superiorità numerica, si faceva sempre più incontrollata,
finché la spinta e il peso dei corpi umani schiacciati contro il
muro del settore lo portarono a sgretolarsi, crollando sui
tifosi e sulle loro famiglie. Soltanto mezz’ora dopo l’inizio
dell’attacco, le forze dell’ordine arrivarono nei due settori
accorgendosi della vera e propria guerriglia in corso, anche
grazie all’avvertimento dei tifosi della curva nord, che pur non
capendo cosa stesse succedendo erano riusciti ad intuire la
gravità dello scontro.
Si trovarono davanti ad
immagini, che oggi le fotografie testimoniano, che ricordano le
scene di un conflitto: padri di famiglia disperati per non
essere riusciti a proteggere i propri figli, corpi feriti
ammassati su corpi morti, mentre un esodo di massa usciva da
quel settore infernale. Solo allora si iniziò ad accertare il
bilancio delle vittime: trentanove, di cui trentadue italiani.
Giuseppe Pippa cadde dalle tribune nel tentativo di proteggere
un bambino, riportando lesioni gravissime alla colonna
vertebrale che lo costrinsero ad un lungo coma, dal quale
fortunatamente si risvegliò. Ma i danni riportati lo
perseguitarono: lo schiacciamento delle vertebre, nel corso di
tre decenni degenerò in Parkinson, uccidendolo ventott’anni
dopo, a pochi giorni dall’anniversario della tragedia che piegò
la sua vita. La beffa peggiore a questa triste pagina della
storia del Calcio si verificò proprio pochi minuti dopo la
strage: la partita fu giocata, trasmessa dalla televisione
italiana e degli altri stati europei. I telecronisti italiani,
consapevoli dell’accaduto, si limitarono ad una telecronaca
asciutta del match, ma i calciatori, ignari, esultarono
entusiasti. Allo stesso tempo i telegiornali documentarono i
fatti di violenza dell’Heysel, cosa che portò i giocatori, tra
cui Michel Platini, a scusarsi pubblicamente appena appresero la
notizia. Tuttavia, da alcune interviste successive risulta
chiaro come i giocatori fossero a conoscenza di almeno un
decesso tra i tifosi, ma la Uefa decise di giocare ugualmente la
partita.
28 maggio 2013
Fonte: Ilreferendum.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Ricordare
l'Heysel una tragedia di tutti
di Guido Vaciago
Buffon: "L’unica colpa, aver
voluto seguire la propria passione calcistica…" Anche il
Liverpool ha commemorato le vittime del 29 maggio 1985 con una
corona e un intervento sul sito internet.
Il tempo è un sedativo formidabile, ma
ventotto anni non bastano per un dolore così assurdo. La parola
Heysel, oggi, fa ancora male, ma ricordare è obbligo dal quale è
proibito sottrarsi perché la lezione è ancora utile, perché chi
conosce la storia deve tenerla viva e chi non la conosce deve
impararla. Anche per capire quanto sia inumano chi la insulta.
Il 29 maggio 1985, per colpa dì un'organizzazione criminalmente
lacunosa, la finale di Coppa dei Campioni fra Juventus e
Liverpool fu preceduta da scontri fra tifosi che costarono la
vita a trentanove persone, finite schiacciate in seguito al
crollo di un muretto che delimitava il settore Z di una delle
due curve del fatiscente stadio di Bruxelles. Chi pensò di
lasciare che venissero a contatto i tifosi inglesi, molti dai
quali ubriachi, e quelli italiani fu il vero colpevole. D’altra
parte era probabilmente lo stesso che aveva previsto un servizio
d’ordine da fiera paesana. Emilio Targia, giornalista e
scrittore che sull’Heysel ha scritto un libro da leggere
("Heysel, 29 Maggio 1985, Prove di Memoria"), ieri in un suo
intervento sul sito Juventibus ha fatto notare quanto era
stampato sui biglietti di quella partita: "L'organisateur
décline toute responsabilité du chef d'accident, de quelque
nature qu'il soit, qui pourrait se produire au cours ou à
l'occasion du match. E non sul retro, o di lato, in caratteri
minuscoli. No no, era scritto davanti, a caratteri ben visibili.
Insomma, "guarda che se ti accade qualcosa, noi non c'entriamo".
Quasi un presagio. La follia di quella notte iniziava già dal
biglietto d'ingresso". E così accadde, purtroppo. La storia è meglio ricordarla sempre. E
Gigi Buffon, capitano della Juventus di oggi, non la vuole
dimenticare. E così ha lanciato il suo significativo messaggio
on line: "Il 29 Maggio del 1985 allo Stadio Heysel di Bruxelles
si consumava una tragedia assurda in cui, come certamente
saprete, ben 39 persone persero la loro vita. La loro unica
colpa fu quella di aver voluto seguire la propria passione
calcistica, di aver voluto essere presenti accanto ai propri
beniamini, di aver voluto gridare il proprio sostegno... Ai loro
familiari che ancora adesso soffrono a causa di questa tragedia
va il mio più caro e sincero abbraccio". E anche a Liverpool si
è ricordata la tragedia. II direttore generale dei Reds ha posto
una corona di fiori sulla lapide che c'è ad Anfield Road e sul
sito sono state spese parole commoventi insieme all'elenco delle
vittime, chiamate giustamente "football fan", tifosi di calcio,
e non della Juventus. Solo quando si capirà che le vittime
dell’Heysel sono vittime di tutti, non solo della Juventus, si
farà un passo avanti e il tempo ricucirà un pezzetto della
ferita.
29 maggio 2013
Fonte: Tuttosport
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
28 anni trascorsi invano !
di Enrico Tordini
Ciao a tutti gli amici gobbi, eccoci
qua a ricordare un evento per noi nefasto, ovvero il
ventottesimo anniversario della strage dell’Heysel. Da dove
possiamo cominciare, senza cadere nella retorica ? Innanzitutto
chi scrive è uno di quelli che, per sua fortuna, a distanza di
tre decadi può ancora dire: "io c’ero". E’ un evento che sono
riuscito quasi a cancellare dalla memoria, nel senso che
l’orrore iniziale con gli anni si è come diluito, scolorito,
fino a divenire un magma informe, una materia-non materia,
ricordi irreali, quasi onirici, una specie di fase R.E.M. che mi
accompagnerà fino al termine della mia esistenza senza più
recarmi disturbo alcuno. So che nelle facoltà di psicologia lo
chiamano "principio di autoconservazione", intendendo con ciò la
capacità di cancellare ed eiettare le reminiscenze dolorose da
parte del nostro encefalo. Memory remains, cantavano i
Metallica, ma per fortuna non è sempre così. I più giovani, i
ragazzi nati col pollice prensile, non possono capire cosa
significa trovarsi al centro di un evento tragico e non aver la
possibilità di telefonare a casa, che le poche cabine
disponibili erano letteralmente prese d’assalto. E nemmeno il
vagare spaesati fuori da uno stadio, alla ricerca del tuo
pullman, che non era ad attenderti alla piazzola dove si era
fissato di ritrovarsi perché i mezzi erano stati fatti sgombrare
per motivi di sicurezza. E la paura che ti attanaglia e poi il
sollievo iniziale nel vedere delle divise di poliziotti,
l’avvicinarsi e poi dover scappare per evitare una carica perché
nel frattempo tu ed altri disgraziati nelle tue condizioni
eravate stati scambiati per degli hooligans. Di tutto e di più,
quel maledetto giorno non ci siamo fatti mancare proprio nulla,
in effetti. Inutile a questo punto condensare in poche righe i
soliti anatemi contro la demenziale organizzazione della
manifestazione, la criminale incapacità delle autorità
fiamminghe, le diatribe scaturite dalla partita, dalla
premiazione e il solito indotto di polemiche e polemicuzze
alimentate da imbarazzanti pennivendoli desiderosi solo di
lucrare sulla pelle di poveri defunti, alimentando quel
sentimento di odio e livore che ha portato il calcio italiano
alle attuali miserie, economiche e morali: oramai è storia. C’è
solo da rattristarsi nel constatare con mano, giorno dopo
giorno, partita dopo partita, come quel tragico evento non abbia
insegnato niente a noi italioti. Gli inglesi sì, loro hanno
fatto tesoro di quella dura lezione e non a caso gli stadi
albionici e l’atmosfera che si respira in Premier League oggi
sono indicati a modello per tutti i paesi europei. La signora
Thatcher, personaggio per altri versi discutibile, usò il pugno
di ferro con gli hooligans e i risultati sono lì, sotto gli
occhi di tutti. Da noi invece si respira, ogni settimana, aria
di guerriglia urbana, tafferugli e risse di ogni ordine e grado
e, di quando in quando, ci scappa pure il morto. Questo non è un
paese per chi vuol andarsi a vedere una partita in tutta
tranquillità, parafrasando il titolo di un film dei fratelli
Cohen. Il calcio è sport popolare, nell’accezione più nobile e,
simultaneamente, più triviale del termine. Non è il golf,
praticato da ricchi snob, e nemmeno il tennis, già elitario, a
suo modo. E’ uno sport dove educazione e fair play dovrebbero
essere imposti di default ai protagonisti, visto l’elevato
livello di pericolosità sociale che esso riveste ma, per citare
un famoso comico, è un po’ come chiedere a Giovanna d’Arco di
aiutarti ad accatastare legna per il falò. Sceneggiate isteriche
in campo e negli spogliatoi, davanti ai microfoni, nelle
interviste, la cultura del sospetto inculcata fin dai tempi del
poppatoio, insieme al latte materno, mai riconoscere un merito
degli avversari o un demerito proprio: il calcio è, mai frase fu
più azzeccata, proprio lo specchio della nazione. Ventotto anni
trascorsi invano, purtroppo…
29 maggio 2013
Fonte: Zonajuventina.altervista.org
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
28
years on: Heysel remembered
Liverpool Football Club today remembers the 39 football
fans who died on this day 28 years ago at Heysel Stadium in
Belgium.
Club flags will be flown at half-mast all day as a mark of
respect to those who lost their lives, while managing director
Ian Ayre placed a floral tribute at the foot of the Heysel
Memorial Plaque in the Centenary Stand at Anfield this morning.
The tragedy unfolded on May 29, 1985, at the European Cup final
between Liverpool and Juventus, when what should have been one
of the greatest nights in the club's history turned into a
nightmare.
Instead of leaving Brussels having seen our team lift a fifth
European Cup, Liverpool supporters travelled back to England
having witnessed the deaths of 39 football supporters -
including 32 Italian fans of Juventus, four Belgians, two from
France and one man from Northern Ireland - following the
collapse of a wall.
At the placing of the floral tribute, Ayre said: "We're here to
show our respects to the supporters who lost their lives at
Heysel. It's a very important day for the club.
"No football club more than Liverpool knows how important it is
to show respect to people who lose their lives tragically at a
football match.
"We're deeply rooted in the loss at Hillsborough, but no less
with Heysel.
"The club has been blessed, in a sense, that so many people
around the world have shown their respects to Liverpool Football
Club around Hillsborough - and rightly so we do the same here
for the tragedy at Heysel".
In Memoria e Amicizia, in Memory and
Friendship: (Omissis Lista Caduti)
RIP - You'll Never Walk Alone.
29th May 2013
Fonte: Liverpoolfc.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
29
maggio 1985, 28 anni fa la tragedia dell'Heysel
Nel giorno in cui si discute
sull'abbattimento dell'impianto, i tifosi della Juve e dello
sport in generale si riuniscono in un unico pensiero.
TORINO - "In Memory". Così apre il sito
ufficiale della Juventus nel giorno del ricordo. Nel giorno in
cui tornano alla memoria le immagini dello stadio Heysel. "Sono
passati 28 anni, ma ancora oggi, ripensare a quella notte lascia
sgomenti. Ancora quasi non si riesce a credere che sia potuto
accadere davvero, perché una simile follia è tanto assurda e
crudele da sembrare irreale. Il 29 maggio 1985, 39 persone
innocenti perdevano la vita allo stadio Heysel di Bruxelles. Si
doveva giocare la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e
Liverpool, ma quella che doveva essere una serata di gioia e di
sport, improvvisamente si trasformava in un incubo. Da allora -
scrive juventus.com - il 29 maggio può solo essere un momento di
dolore, di silenzio, di riflessione. La tragedia dell’Heysel e
le sue vittime non saranno mai dimenticate: per ognuna di loro è
stata posizionata una stella nello Juventus Stadium, una parte
del J-Museum è loro dedicata e i famigliari possono accedervi in
qualsiasi momento. Ma questi piccoli gesti non nascono solo dal
desiderio di onorare la loro memoria. Vogliono essere un monito,
per tutti. Perché ognuno di noi ha il dovere di ricordare.
Perché una simile follia non dovrà più accadere. Mai più".
BUFFON: UNICA COLPA SEGUIRE LA PASSIONE
- Anche Gigi Buffon ha voluto partecipare al ricordo delle
vittime con un messaggio sul suo profilo Facebook. "La loro
unica colpa - scrive il capitano della Juve - fu quella di aver
voluto seguire la propria passione calcistica, di aver voluto
essere presenti accanto ai propri beniamini, di aver voluto
gridare il proprio sostegno". "Ai loro familiari - ha concluso -
che ancora adesso soffrono a causa di questa tragedia va il mio
più caro e sincero abbraccio".
29 maggio 2013
Fonte: Tuttosport.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Anniversari. Il 29 maggio "giorno del ricordo"
della tragedia dei tifosi della
Juve all’Heysel
di Andrea Cascioli
Heysel Bruxelles, stadio Heysel, 29
maggio 1985. Ventotto anni dopo c’è chi non dimentica. E chi non
potrebbe dimenticare nemmeno se volesse: i genitori, i fratelli,
i figli di quei 39 spettatori riuniti dal destino in una morte
orrenda, sepolti vivi nella calca seguita alle cariche degli
hooligans inglesi e dei poliziotti belgi. I sopravvissuti alla
mattanza che si trovavano altrove, magari solo perché avevano
scambiato il biglietto del maledetto settore Z con un altro
posto. I feriti che portano sulla pelle il marchio dell’Heysel e
negli occhi le immagini dei corpi travolti sulle gradinate,
mentre la Uefa metteva in scena la più tragica delle farse,
nella notte senza ritorno del calcio. Per troppo tempo il
ricordo di quei volti è stato relegato al dolore intramandabile
di chi li aveva amati in vita, o alla buona volontà di persone
comuni come i membri del Comitato "Per non dimenticare Heysel",
che si prende cura del monumento alle vittime "adottato" dal
Comune di Reggio Emilia e organizza la commemorazione ad ogni
anniversario. Per troppo tempo, dice Annamaria Licata del
Comitato Heysel, "ci si è ricordati dell’Heysel solo un giorno
all’anno". E nemmeno tutti: "La società Juventus si è
disinteressata per anni. Con Andrea Agnelli è tutto cambiato,
per fortuna". Lo conferma Beppe Franzo, anima storica del tifo
bianconero in curva Scirea: "Dalla società abbiamo avuto
riscontri positivi da quando è stato aperto l’angolo della
memoria nel museo dello Juventus Stadium". E nell’ottobre 2011
la Juventus si è impegnata con il Comitato Heysel e il Comune di
Torino per dedicare ai caduti un’area monumentale all’interno
della Continassa, il terreno pubblico su cui sorge lo stadio di
proprietà. Pochi giorni fa il consiglio comunale di Torino ha
approvato all’unanimità una mozione presentata dal capogruppo di
Fratelli d’Italia Maurizio Marrone insieme a due colleghi di
centrosinistra: sollecita il Comune ad accelerare i tempi per
l’intitolazione di una via, e a fare del 29 maggio la "giornata
in ricordo delle vittime dell’Heysel e di condanna di ogni forma
di violenza in ambito sportivo". "La mozione non modifica nulla
rispetto all’accordo del 2011 - precisa Marrone - è solo un
mezzo per sollecitare la Juventus a darsi da fare in tempi
brevi". Il Comitato, infatti, non vuole un riconoscimento
qualunque: "Il monumento e la via devono trovarsi nell’area
dello Stadium, per scongiurare ogni oltraggio vandalico - spiega
la Licata - per questo aspettiamo risposte precise e non
strumentalizzabili". I lavori alla Continassa dovrebbero
comunque finire in tempo per il trentesimo anniversario della
strage. Per il momento si pensa alla commemorazione, si terrà
sabato 1 giugno a Reggio Emilia. Ma non solo: c’è da organizzare
la raccolta fondi per la copertura del monumento nella città
emiliana, tuttora esposto alle intemperie. E c’è da scongiurare
il rischio che l’imminente abbattimento dell’Heysel elimini
anche la targa commemorativa della tragedia. Sarebbe
un’ulteriore vergogna. Piace anche l’idea della "giornata del
ricordo" lanciata dai consiglieri comunali: "Dal prossimo anno
potremo farne un appuntamento che dia spazio a convegni contro
la violenza e tornei di calcio con le tifoserie - dice la
rappresentante del Comitato - magari, un giorno, inviteremo
anche quelli del Liverpool". Ma prima di allora dovranno passare
molti altri 29 maggio. L’importante, oggi, è ricordare che
almeno la memoria di chi non è tornato non è morta sui gradini
dell’Heysel.
29 maggio 2013
Fonte: Barbadillo.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Sergio Brio: "In quella maledetta sera di Bruxelles,
Boniperti prese una decisione
saggia"
di Alberto Pucci
Nel giorno della triste
ricorrenza della tragedia dell'Heysel, Fanpage.it ha avvicinato
Sergio Brio: uno dei componenti di quella Juventus che, tra le
polemiche e con il cuore gonfio di dolore), vinse la sua prima
Coppa dei Campioni.
Sergio Brio: Un dolore indelebile - A
quasi trent’anni da quel 28 Maggio 1985, tutto il mondo del
calcio italiano e bianconero si ferma ancora a ricordare i
tifosi che persero la vita schiacciati e terrorizzati
dall’infame assalto degli "hooligans" inglesi. Un ricordo
incancellabile, un dolore straziante che, ogni anno, torna a
galla con tutta la sua tristezza nel giorno di uno degli
anniversari più "neri" della storia del calcio italiano ed
europeo. Per ricordare la memoria dei 39 tifosi scomparsi,
Fanpage.it ha voluto contattare telefonicamente Sergio Brio: uno
dei giocatori che, quella sera, giocò e vinse la prima Coppa dei
Campioni bianconera. All’ex difensore della Juventus abbiamo
chiesto un ricordo di quella maledetta serata ("Una tragedia che
non dimenticherò mai"), un’analisi su ciò che la strage
dell’Heysel ha insegnato ai tifosi italiani ("Viviamo ancora un
calcio troppo nevrotico. I tifosi non hanno capito niente !") ed
un parere sulle polemiche che, dopo il triste epilogo,
comparvero sui giornali ("L’UEFA ci costrinse a giocare la
partita e alla fine Boniperti prese una decisione saggia").
29 maggio 2013
Fonte: Calcio Fan Page
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Il ricordo di Juventus-Liverpool a 28 anni dalla tragedia
dell’Heysel
di Luciano Olivari
Oggi ho aperto un manuale del calcio,
uno dei tanti contenitori di fredde statistiche e alla data 29
maggio 1985 ho letto: finale Coppa dei Campioni a Bruxelles,
Juventus-Liverpool 1-0 (Platini su rigore). Io, come le Roi
calciò quel penalty non lo ricordo più. L’ho cancellato dalla
mia mente, così come ho spazzato via tutto il resto di quella
partita farsa giocata nella tragica notte dell’Heysel. Della
finale mi resta la voce di Ameri che racconta il dramma via
etere e le immagini in bianco e nero di quell’onda d’urto di
teppaglia violenta che schiaccia gli italiani contro il muro
fino a farlo crollare. Le urla, il terrore scolpito sulle facce
dei tifosi bianconeri, la morte. Da giorni aspettavo quella
partita. Boniek, Platini, Rossi, Scirea, Cabrini: una Juve
stellare. Quella notte volevo vendicare Belgrado e il maledetto
cross di Blanknburg che finisce preciso sulla testa di Rep,
lanceri loro di un’Ajax troppo forte o la beffa di Atene contro
l’Amburgo con il tiro di Magath che Zoff guarda prima che la
rete, sotto di me, si gonfi impietosamente. Volevo gioire,
esultare, stringere idealmente la Coppa con le orecchie che
tante, troppe volte mi era sfuggita. E invece, quella notte,
avevo visto gente andare incontro alla morte per una palla che
rotola in un prato.
29 maggio 2013
Fonte: Squer.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
La memoria e il perdono
di Vincenzo Murgolo
Bruxelles, 29 maggio 1985. Quella che
sembra essere una giornata di festa per il popolo juventino, che
si apprestava a festeggiare la prima Coppa dei Campioni vinta
dalla squadra bianconera, si trasforma in un inferno: la
barbarie degli inglesi, accompagnata dall'inadeguatezza
dell'obsoleto stadio Heysel e del servizio d'ordine predisposto
dalla polizia belga, scatena un fuggi fuggi generale dei tifosi
italiani; nella calca che ne viene fuori 39 di loro perdono la
vita. Da allora questo tragico evento, che in teoria non
dovrebbe avere colore di questa o di quella squadra, viene
sistematicamente oltraggiato dall'inciviltà di gente che prova
un becero senso di gioia al solo pensiero che i morti fossero
tifosi juventini; dai sistematici cori dei tifosi fiorentini
(che oltraggiarono la memoria delle 39 vittime dell'Heysel già
dalle settimane immediatamente successive) alle scritte sui muri
da parte di romanisti e torinisti, fino ad arrivare a striscioni
come "Acciaio scadente. Nostalgia dell'Heysel" comparso a San
Siro durante Inter-Juventus dell'ottobre 2011 e alle scritte
mostrate dai tifosi del Napoli sia durante la finale di Coppa
Italia dello scorso anno che durante l'ultima sfida tra Napoli e
Juventus al San Paolo. Oggi, dunque, non è solo il giorno del
ricordo di quell'eccidio, ma è anche il giorno del perdono. Il
perdono che si spera le famiglie di quei 39 martiri possano
riservare agli assassini dei loro cari, a tutti coloro che di
essi oltraggiano la memoria, ma anche (se non soprattutto !) a
questo paese: un paese che da quella tragedia non ha imparato
proprio niente, come le cronache degli ultimi 20 anni hanno
purtroppo insegnato; purtroppo la violenza negli stadi, che in
Inghilterra da allora è stata combattuta con forza (strage
dell'Hillsborough del 1989 a parte) e quasi del tutto debellata,
in Italia sembra ormai diventata una triste abitudine. Noi
tifosi juventini (insieme a tutti gli altri tifosi non juventini
che fortunatamente sono ancora in possesso di quella cosuccia
chiamata "buon senso") oggi ricordiamo, speriamo che
qualcun altro possa perdonare...
29 maggio 2013
Fonte: Vincenzomurgolo.blogspot.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
La memoria
obbedisce sempre al cuore
di Angelo Ribelle
Il 29 maggio non è un giorno come gli
altri. E' il giorno in cui, 28 anni fa, una maledetta notte di
follia sterminò 39 persone, togliendo senso a tutto il resto, lo
sport, il calcio, il pallone, il gioco. Rimangono solo vergogna,
dolore, silenzio, memoria. Per non dimenticare. E perché non
accada mai più. Eppure i segnali non sono incoraggianti. L'odio
e la follia non accennano a morire. Li rivediamo germogliare
tutte le volte in cui negli stadi italiani sentiamo quei cori e
vediamo quegli striscioni e quelle magliette che inneggiano alla
tragedia dell'Heysel (piuttosto che ad Ale&Ricky et similia):
sono sale sulle ferite sempre aperte, perché le ferite
dell'anima non si rimarginano mai. Li rivediamo anche quando
assistiamo a scene di ordinaria (sì, purtroppo è così) violenza
che ritraggono l'accoglienza a base di sassate e bastonate
riservata ai pullman della Juve in trasferta o la mobilitazione
delle forze di polizia per prevenire e sedare episodi di
delinquenza pura in prossimità di alcune partite. Li rivediamo
quando sugli spalti i tifosi, invece di ammirare il gioco della
loro squadra e sostenerla con cori festosi, pensano a farsi
un'assurda guerra sugli spalti, come accaduto recentemente a
Bergamo. Non è quello il calcio che vogliamo; anzi,
semplicemente, quello non è il calcio. Nell'attesa che il calcio
ritrovi se stesso, ci portiamo nel cuore il ricordo dei nostri
39 angeli dell'Heysel, che vi trovano posto insieme a quanti non
dimenticheremo mai: Ale&Ricky, l'Avvocato, il Dottore, Gaetano
Scirea, Andrea Fortunato e tutti gli altri nostri eroi.
29 Maggio 2013
Fonte: Juventinovero.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Mai più
29 maggio 2013
Sono passati 28 anni, ma ancora oggi,
ripensare a quella notte lascia sgomenti. Ancora quasi non si
riesce a credere che sia potuto accadere davvero, perché una
simile follia è tanto assurda e crudele da sembrare irreale. Il
29 maggio 1985, 39 persone innocenti perdevano la vita allo
stadio Heysel di Bruxelles. Si doveva giocare la finale di Coppa
dei Campioni tra Juventus e Liverpool, ma quella che doveva
essere una serata di gioia e di sport, improvvisamente si
trasformava in un incubo.
Da allora, il 29 maggio può solo
essere un momento di dolore, di silenzio, di riflessione. La
tragedia dell’Heysel e le sue vittime non saranno mai
dimenticate: per ognuna di loro è stata posizionata una stella
nello Juventus Stadium, una parte del J-Museum è loro dedicata e
i famigliari possono accedervi in qualsiasi momento. Ma questi
piccoli gesti non nascono solo dal desiderio di onorare la loro
memoria. Vogliono essere un monito, per tutti. Perché ognuno di
noi ha il dovere di ricordare. Perché una simile follia non
dovrà più accadere. Mai più.
29 maggio 2013
Fonte: Juventus.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Mai più un’altra Heysel
di Maurizio Romeo
Ricordo ancora quasi tutto di quella
sera, anche se sono passati 28 anni, anche se io di anni non ne
avevo nemmeno 10. Ricordo le immagini che scorrevano sulla tv,
io che chiedevo ai miei genitori "Perché quelli là picchiano per
una partita di calcio ? E loro che non sapevano darmi una
risposta, impietriti davanti alle immagini agghiaccianti. Ero
piccolo, ma capivo che era successa una delle più grandi
tragedie del calcio mondiale. Morire per una partita, una cosa
assurda e quello lo capisci a 10 anni come a 100. Ancor di più
quando sai di Andrea, un bimbo che aveva solo 2 anni più di te,
che in quello stadio era andato festante per vedere la finale di
Coppa dei Campioni. Era SOLO una partita. Negli anni ho letto
molto sull’Heysel, fra tutti il libro inchiesta "Heysel, storia
di una strage annunciata di Francesco Caremani (di cui ho fatto
anche una recensione all’interno del sito) e il capitolo
dedicato da Riccardo Gambelli nel suo libro "Coriandoli
Bianconeri". Leggere tutte le mancanze organizzative, tutte le
pesanti leggerezze e tutte le emozioni di chi l’ha vissuta dà
ancor più il senso dell’assurdità di questo drammatico evento.
Tre anni fa sono andato a Torino alla manifestazione per i 39
angeli, sin dal mattino, non volevo e non potevo mancare alla
messa in loro memoria, volevo rendere loro onore e abbracciarli
virtualmente. Non mi vergogno a dire che mi sono scese le
lacrime quando il prete ha letto i loro nomi. E come me tutti i
presenti. E’ stato un momento davvero toccante, così come le
parole che sono seguite e che hanno ripreso uno striscione
appeso appena fuori dalla chiesa di Santa Rita: "Mai più
un’altra Heysel !". In molti però sembrano
dimenticarlo, perché purtroppo si vedono tante piccole grandi
Heysel tutti i giorni: talebanismi "in nome" del tifo che si
portano dietro una violenza verbale assurda, volta a cercare di
"eliminare" il nemico, assurdi vilipendi della memoria di
persone che hanno pagato un prezzo altissimo solo per il fatto
di essere tifosi della squadra "sbagliata", e non solo… Fa male
pensare che esistano ancora persone che dimenticano che il
calcio è solo uno sport. Liberi di fare e dire tutto, senza
rispetto. Soprattutto per loro e per tutti coloro che sono morti
andando a vedere una partita di calcio. E continuano a farlo
ogni giorno: allo stadio come su Facebook, per strada come su
Twitter. Ma proprio nel loro ricordo e in loro memoria abbiamo
il dovere di essere migliori: dobbiamo dare un segno diverso,
per loro e per noi, perché quello striscione, quelle parole,
devono diventare realtà: MAI PIÙ UN’ALTRA HEYSEL ! Il giorno che
avrò un figlio gli racconterò di quei 39 angeli che ci guardano
da lassù, perché un futuro migliore passa anche dalla memoria.
29 maggio 2013
Fonte: Barzainter.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Nessuno deve dimenticarli
di Massimo Reina
Ci sono tragedie vissute da ognuno di
noi attraverso le televisioni o i giornali, che per un motivo o
per un altro diventano parte integrante della nostra vita. Forse
perché certi eventi hanno una portata emotiva tale da farle
diventare a un certo punto un qualcosa che supera i confini
privati di coloro che ne sono stati coinvolti direttamente,
spingendoli di prepotenza nella vita e nei ricordi di ognuno di
noi. E’ accaduto per le vittime degli attentati dell’11
settembre del 2001, ed è accaduto anche per la terribile strage
dello stadio Heysel di Bruxelles avvenuta la sera del 29 maggio
del 1985. Una serata terribile, che chi scrive personalmente non
dimentica. Non può farlo e non ci riuscirebbe nemmeno volendo.
Come chiunque abbia un minimo di coscienza e di umanità e abbia
visto coi propri occhi di bambino quanto stava accadendo in
quello che sembrava un altro mondo. Un mondo filtrato entro
certi limiti dalla televisione, davanti alla quale mi trovavo
come milioni di tifosi in quel momento. Bambino inconsapevole
che certe cose potessero accadere anche nel calcio, in quegli
stadi che per me, come per chiunque, servivano per riunire la
gente per assistere a uno spettacolo di sport. E non per vederle
morire. Sognavo di assistere a una partita di calcio combattuta,
come già era accaduto nella precedente sfida di Super Coppa
europea col Liverpool una manciata di mesi prima, e magari
finalmente di poter versare lacrime di gioia per il trionfo
della mia squadra del cuore in Coppa Campioni, dopo quelle amare
di quella maledetta (sportivamente parlando) finale del 25
maggio del 1983 contro l’Amburgo. Quella del cross sbagliato di
Magath che si infilò alle spalle di Zoff. Quella di una Juventus
abulica, irriconoscibile. Mi ritrovai invece a versarle per
quella gente che si ammassava disperata in un angolo dello
stadio, nel tentativo di trovare una via di fuga dalla follia di
un gruppo di criminali senza onore. Per persone che non
conoscevo, ma che in quel momento mi sembravano familiari, quasi
fossero i miei zii, i miei vicini, i miei amici, e che si
trovavano a chilometri e chilometri di distanza. E nonostante
tutto mi sembravano così maledettamente vicini, quando
inquadrati dalla telecamere, da potergli stringere la mano e
tirarli via al di qua del televisore, nella sicurezza del
salotto di casa mia. Quanto mi sarebbe piaciuto farlo. L’uomo
che correva dalla pista di atletica verso il campo in cerca di
soccorso per il figlio ferito che reggeva in braccio, il
commento monocorde di un distrutto Bruno Pizzul, i ragazzi con
le mani nei capelli appena usciti miracolosamente dalla massa di
corpi che li stava per schiacciare. Gli sguardi attoniti di chi
invece era rimasto sotto e forse stava per morire sopraffatto
dal peso degli altri. Quelli di chi a un certo punto erano
fissi. Quelli di chi non si è potuto mai più rialzare ed è
rimasto lì per terra, immobile. Senza avere mai più la
possibilità di tornare a casa, di riabbracciare la propria
moglie e i propri figli. Di raccontare magari loro di quella
brutta serata, e di dirgli ancora una volta quanto li amava. I
loro occhi. Sono proprio loro, forse più di ogni altra immagine,
anche la più cruenta, che mi sono rimaste impresse nella
memoria. Occhi che scrutavano nel vuoto, occhi che imploravano
aiuto e che sembravano chiedere a sé stessi e al mondo intero
perché stesse accadendo tutto quell’orrore in una serata che
doveva essere di festa. Quando scorro con lo sguardo i nomi
delle vittime dello stadio Heysel mi sembra quasi di vedere
quelle stesse facce, e di identificare in esse ognuno dei nomi
che leggo. Lo so che non è così, che è impossibile per chi come
me non ha mai conosciuto davvero le vittime, i loro visi,
poterli riconoscere in quel modo. E che si tratta solo di
suggestione. Ma non mi importa. Questo mi aiuta a ricordarli, a
dargli una parvenza umana e a non scordarmi di loro. La memoria
deve salvarci dal dimenticare, così come la conoscenza dei fatti
deve servire a insegnare ai giovani, e non solo a loro, che
certe tragedie non devono più ripetersi. Non hanno senso, a
maggior ragione se si pensa alle cause scatenanti, alla follia
delle motivazioni che le generano. Soprattutto, e lo dico oltre
ogni retorica, deve servire a tutti quei "signori" che la
domenica inneggiano allo stadio al "meno trentanove". Che ridono
sulla morte di persone, padri, figli, mariti, che come loro
erano andati allo stadio solo per assistere a una partita, ma si
sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, e la cui
unica "colpa" era ed è quella di essere stati i sostenitori di
una squadra di calcio diversa da quella per la quale chi ne
offende il ricordo dice di fare il tifo.
29 maggio 2013
Fonte: Tuttojuve.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
L'Heysel
e il mondo imperfetto
di Marco Bonomo
Ci pensate a quanto bello sarebbe se
oggi, 29 maggio 2013, fossimo qui a celebrare qualcosa di
storico, come il 28° anniversario della conquista della prima
Coppa dei Campioni della Juventus, vinta 1-0 ai danni del
Liverpool, due anni dopo la finale persa da assoluti favoriti
contro l'Amburgo ? Sarebbe un giorno leggero di un mondo
perfetto, senza quella maledizione del settore Z. E invece... La
Coppa c'è. Però non è sinonimo di gioia, ma emblema del dolore.
C'è qualcosa di tremendamente triste da commemorare oggi. È il
ricordo di 39 angeli che 28 anni fa se ne sono andati, anche se
continuano a vivere nel ricordo di chi li ha amati e nel cuore
di tutti i tifosi della Juve. Questa è e resterà per sempre una
certezza: non vi dimenticheremo. E ci pensate a quanto sarebbe
normale, anche se comunque triste, ma normale, se oggi,
ricordando quelle persone, non si avesse la spiacevole
sensazione di non essere al primo 29 maggio dell'anno ? Mi
spiego meglio: non è più (purtroppo) una novità sentir parlare
di questa tragedia durante la stagione calcistica. Peccato però
che il parlarne non sia accompagnato da un doloroso silenzio,
peccato però che non se parli nell'ambito di una commemorazione,
ma in quello che è ormai diventato un contesto di mancanza di
rispetto dilagante. È inaccettabile, 28 anni dopo, vedere
striscioni e magliette che recitano -39. Così ogni giorno è il
29 maggio. Così non solo viene calpestata la memoria di quelle
vittime, ma quelle 39 persone vengono uccise un'altra volta. E
ancora, e ancora, ogni volta che un idiota espone quella scritta
vigliacca o intona un coro di scherno. E ancora, ogni volta che
gli viene permesso dalle autorità competenti (o incompetenti)
che non prendono alcun provvedimento degno di questo nome. Chi
si macchia di una vigliaccata tale andrebbe espulso dagli stadi
per sempre ed educato. Non può cavarsela con una multa
(irrisoria) alla società per cui fa il tifo. Oggi come non mai,
siamo qui per ricordare ma anche per chiedere rispetto. Perché
in un mondo imperfetto, ahi noi, la tristezza e le tragedie
esistono. Ma un mondo che infanga la memoria di 39 vite
interrotte e dove questo passa sotto silenzio, è un mondo
brutalmente imperfetto. -39 lo scrivono sulla maglia esseri
piccoli e insignificanti. Ma poiché quelle erano persone e non
numeri, erano strade, percorsi, emozioni e sentimenti interrotti
sulla via di un sogno, ecco i loro nomi, uno per uno. (Omissis
nomi delle 39 vittime) Ognuno di loro merita rispetto. Ognuno di
quelli che non glielo porta deve essere punito da chi ne ha il
potere, perché se così non è, chi espone un -39 e chi non lo
punisce finiscono sullo stesso piano. Con la speranza che questo
monito venga accolto, il popolo bianconero vi rende onore, vi
ricorda e vi continuerà a difendere. Voi tappatevi le orecchie e
aprite il cuore, e godetevi la Juve da lassù. In memoriam.
29 maggio 2013
Fonte: Tuttojuve.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Trentanove
di Antonio Corsa
Il 29 maggio 1985 dovevo ancora
compiere 5 anni. Non ho ricordi di quella serata, né diretti, né
indiretti. La mia famiglia è juventina da generazioni: nonno,
padre, zii, cugini. Un feudo. Immagino fossero tutti riuniti, da
buoni terroni, davanti alla tv, pronti a festeggiare la squadra
che, prima di tutte, si apprestava a conquistare tutte e tre le
coppe continentali. Non ho ricordi, dicevo, e non ho mai sentito
parlare nessuno di loro di quella sera. E’ come se non fosse mai
esistita. Quella Coppa non conta, non è celebrata, non è nemmeno
raccontata. Storie su Bettega, Scirea, Anastasi, e Furino ?
Centinaia, al posto delle favole della buonanotte. Dell’Heysel
invece niente. Pura autodifesa, per non dover più pensare
all’orrore provato. Crescendo, ho letto tutto di quella
tragedia: libri, approfondimenti, testimonianze. Non avevo però
mai davvero vissuto le emozioni di quella sera. Non finché un
giorno, in radio con Annamaria Licata e gli amici di
RadioJuveWeb, non intervenne telefonicamente Iuliana Bodnari del
Comitato Heysel Reggio Emilia a raccontare lo strazio della
mamma di Claudio Zavaroni, una delle vittime. E’ allora che, più
di tutti i libri letti, ho iniziato davvero ad associare la
parola Heysel ad una sensazione, tangibile, di dolore. Claudio è uno dei 39. Non era lì in
quanto tifoso. Faceva il fotografo: era andato a Bruxelles su
invito di un amico per godersi lo spettacolo sportivo, con
l’inseparabile macchina fotografica al seguito. Già, perché non
tutti erano tifosi, quel giorno. Non tutte le vittime erano
italiane, e tra gli italiani non tutti erano juventini. C’era
anche chi era lì con amici, senza sciarpe al collo,
semplicemente perché era bello esserci. C’erano bambini. Uno, il
piccolo Andrea Casula, di 11 anni, non è più tornato. Dico
questo perché insultare il ricordo di queste persone, oltre che
inumano, è anche profondamente stupido: anche nella logica
malata dello sfottò tra tifoserie rivali, non si trattava nella
maggior parte dei casi di ultras "nemici". Era gente comune, in
trasferta, andata lì per festeggiare: persone che non avevano
fatto male ad una mosca e che non meritavano di morire.
Claudio avrebbe compiuto 29 anni qualche giorno dopo. Era
nell’elenco dei "dispersi", quello di chi non aveva contattato i
familiari ma che non risultava in nessun ospedale locale e il
cui corpo non era stato identificato tra i cadaveri. Fino al
giovedì sera mancava all’appello anche un altro ragazzo di
Campegine, poi rientrato. La speranza c’era ancora, mista al
terrore. Provate per un secondo ad immedesimarvi nei genitori,
in quegli attimi. Infiniti. Fino alle 12.30 del venerdì, quando
prima il console italiano a Bruxelles e poi dalla prefettura
avvisarono ufficialmente la famiglia. Da quel momento la madre,
la signora Adele, è una persona, ripete Iuliana, distrutta.
"Morta".
Ecco, l’Heysel l’ho vissuto così, da
adulto, nelle emozioni e nelle parole proprio di gente come
Iuliana. L’ho vissuta con i messaggi carichi di gioia ed
emoticons che mi scrisse su Facebook subito dopo l’inaugurazione
dello Juventus Stadium, con la parte di spettacolo dedicato alla
memoria dei 39. Sapevo già della sorpresa, sapevo tutto, nei
dettagli. Le dissi, prima dell’inizio, di guardare in alto, che
avrebbero fatto volare qualcosa, che le sarebbe piaciuto, che
"finalmente". L’Heysel l’ho vissuto in silenzio, dietro le
quinte, quando mi hanno raccontato delle lettere inviate dalla
Juventus ai parenti delle vittime, dopo un silenzio durato
troppo a lungo e senza giustificazioni. E della reazione di
alcuni di loro, diverse, umane. Emozioni. Vive.
L'ho vissuto quando si è scelto di
intitolare una via di Torino alle vittime di quella giornata
infame: ne ho vissuto tutti i passaggi grazie ad Annamaria e a
Iuliana, attive in prima persona. L'ho vissuto tramite loro, le
loro emozioni. E, anche se non ero fisicamente presente, ricordo
le parole della signora Scirea quando andò a Reggio Emilia dal
Comitato, così come quelle di Annamaria che lesse la lettera del
Presidente Agnelli. Lo vivo purtroppo anche ora che vorrebbero
abbattere quello stadio e farne uno nuovo, cancellando tutto.
E’ questo il mio Heysel. Sono le persone che ho conosciuto, i
sentimenti, la gioia, la rabbia, il dolore. Le tappe di
riavvicinamento, i tentativi, i rifiuti, la speranza. E’ quel
racconto di Iuliana in radio che testimoniava il dolore della
madre. Sono le parole di Caremani, Targia, Laudadio, Franzo
ecc... e dei tanti che da allora non smettono di raccontare
quanto vissuto. E' il ricordo anche di Giuseppe, che non
conoscevo, ma che vi invito a leggere, perché oltre ai 39 c'è
tanta altra gente che ha portato e porta ancora i segni di
quella tragedia. Sono loro la testimonianza di quel giorno che,
da trentenne, mi ha devastato come se l'avessi vissuto allora.
Ci vuole poco, a volte. Un mazzo di
fiori, una lettera, un ricordo, due parole di conforto su
Facebook. Non basta, ma aiuta. Ma ci vuole pure poco, però, per
fare del male, tanto, di nuovo, come la prima volta. Un coro,
una foto, un insulto. Rendetevi conto di cosa provocate in
queste persone voi che, spesso senza neanche immaginarvelo,
siete uguali a quei tifosi del Liverpool, se non peggio. E se ne
renda conto chi non stigmatizza certi comportamenti, chi non li
censura, chi si gira dall'altra parte.
Non ho molto altro da scrivere, su quel giorno. C'è chi l'ha già
fatto, meglio di me. Non posso portarvi la mia testimonianza
diretta. Resta un abbraccio, virtuale, per chi di quel giorno ha
paura, per chi non lo racconta, per chi si è allontanato da
allora dal calcio, per chi c’era e per chi non c’è più. Comunque
l’abbiate vissuta, l’augurio di superare questo giorno triste e
di dolore.
A Rocco, Bruno, Alfons, Giancarlo, al
piccolo Andrea e a papà Giovanni, a Nino, Willy, Giuseppina (17
anni), Dirk, Dionisio, Jacques, Eugenio, Francesco, Giancarlo,
Alberto, Giovacchino, Roberto, Barbara, Franco, Loris, Gianni,
Sergio, Luciano, Luigi, Benito, Patrick, Domenico, Antonio,
Claude, Mario, Domenico, Tarcisio, Gianfranco, Giuseppe, Mario,
Tarcisio, Jean Michel e Claudio: che possiate riposare in pace.
P.S. Il 1 giugno a Reggio Emilia, se
potete, portate un fiore. Qui per tutte le info.
29 maggio 2013
Fonte: Juventibus.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
28 anni fa l’Heysel, una ferita che non si chiude mai
"Sono passati 28 anni, ma
ancora oggi, ripensare a quella notte lascia sgomenti. Ancora
quasi non si riesce a credere che sia potuto accadere davvero,
perché una simile follia è tanto assurda e crudele da sembrare
irreale. Il 29 maggio 1985, 39 persone innocenti perdevano la
vita allo stadio Heysel di Bruxelles. Si doveva giocare la
finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, ma quella
che doveva essere una serata di gioia e di sport,
improvvisamente si trasformava in un incubo".
Così la Juventus ricorda, oggi, una
strage che non smette di fare sanguinare i cuori di ogni tifoso
bianconero. 28 anni fa una festa si tramutava in tragedia: causa
una disorganizzazione abissale, molti tifosi bianconeri si
trovarono in un luogo diverso da quello dove sarebbero dovuti
stare: il famigerato settore Z. Il resto è storia che purtroppo
tutti conoscono: l’aggressione degli Hooligans del Liverpool,
l’ammassamento dei bianconeri che volevano scappare, il crollo
di parte dello stadio. E i morti. Tanti. Troppi. 39.
Negli anni la strage dell’Heysel non fu purtroppo isolata: di
morti dovute ad aggressioni di tifosi, di morti schiacciati
nella ressa, si sono negli anni riempite le cronache dei
giornali sportivi di mezzo mondo. Dopo l’Heysel le squadre
inglesi furono squalificate, poi riammesse, alle coppe europee.
E non mancò il codazzo, che purtroppo continua ancora oggi, di
macabri sfottò alla memoria degli scomparsi. Ma si sa, il
rispetto non entra nelle curve, di qualsiasi colore. Resta, di
quella terribile giornata, una targa commemorativa. Un settore
dello stadio, diventato Re Baldovino, che non fu mai
ricostruito. Ma resta soprattutto il ricordo di chi si è salvato
dall’Heysel e non è mai voluto tornare in uno stadio. O anche
soltanto di chi vide quei momenti devastanti in televisione, e
ancora oggi non capisce come tutto quello che successe quella
sera, compreso se vogliamo lo svolgimento della partita, sia
davvero potuto succedere.
(La redazione di Mole24)
29 maggio 2013
Fonte: Mole24.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
In memoria dell’Heysel
di Ancarot
Sulla pagina del suo sito ufficiale,
oggi il Liverpool ricorda la tragedia dell’Heysel, 39 persone
che persero la vita il 29 maggio del 1985 nello stadio di
Bruxelles, tra cui un bambino di 11 anni, aspettando la finale
di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool. Una data
che segna un prima e un dopo nel calcio internazionale, una
ferita aperta, apertissima, una notte che non esce dalla testa
di chi c’era e di chi l’ha vissuta davanti alla tv. Il Liverpool
ne parla oggi con profondo rispetto per le vittime, con le
parole misurate e sincere, di Ian Ayre, il suo managing
director. Che ha deposto una corona di fiori accanto alla targa
commemorativa presente ad Anfield Road e ha disposto che le
bandiere del club siano a mezz’asta per l’intero giorno. "Siamo qui per mostrare il nostro
rispetto per i tifosi che hanno perso la vita all'Heysel. È un
giorno molto importante per il club. Nessuna società di
calcio più del Liverpool sa quanto sia importante mostrare
rispetto per le persone che perdono la vita tragicamente in una
partita di calcio. Siamo profondamente coinvolti nella tragedia
di Hillsborough, ma non meno in quella dell’Heysel. Il club è
stato benedetto, in un certo senso, dalle tante persone nel
mondo che hanno dimostrato il loro rispetto al Liverpool per
quanto accadde a Hillsborough e giustamente facciamo lo stesso
qui per la tragedia di Heysel".
Il messaggio sul sito si conclude con i
nomi delle 39 vittime dell’Heysel, preceduto dalle parole "in
memoria e amicizia", in inglese e in italiano. E dopo il R.I.P.
il motto del club, you’ll never walk alone, non camminerete mai
da soli.
29 maggio 2013
Fonte:
Ilpuliciclone.wordpress.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Heysel
- La rabbia che non andrà via mai
di Alessandro Bazzanella
Io non c’ero 28 anni fa. E forse è vero
quello che mi sento dire da chi quel 29 maggio 1985 se lo
ricorda benissimo: non ho visto in diretta tv il massacro
dell’Heysel, non ho visto quella partita con un misto di gioia e
dolore, non ho vissuto il dramma di quella serata sulla mia
pelle. "Non puoi capire". Già. Però riesco ad immaginarlo
benissimo. Riesco ad immaginare alla perfezione lo stato d’animo
di Giuseppina Conti, Giancarlo Gonnelli (N.D.R Giancarlo aveva
46 anni, la giovane età riportata su molte pagine web è
sbagliata.) ed Alberto Guarini, che all’epoca avevano tra i 17 e
i 21 anni, più o meno la mia età. Riesco ad immaginare
esattamente quel sentimento di amore folle che provavano per i
colori bianconeri, quella passione che non è fatta solo di amore
per la squadra, ma anche dal travolgente entusiasmo tipico della
nostra età. Quel sentimento che gli altri non possono capire.
Quel sentimento che è anche rischioso, perché in alcune
circostanze può trasformarsi in violenza ingiustificata e
ferocia. Tra gli animali che hanno schiacciato ed ammazzato
Giuseppina, Giancarlo ed Alberto, sono sicuro, ci saranno stati
altri giovani della loro età, che per colpa di quello stesso
entusiasmo non si rendevano conto di ciò che facevano, perché
erano trascinati da persone (chiamiamole persone, non entriamo
nel volgare) che invece sapevano benissimo che stavano
massacrando 39 angeli innocenti.
Quando penso alla strage dell’Heysel
non solo mi viene una grande tristezza, com’è normale che sia,
ma provo anche una terribile rabbia. La rabbia per quelle
persone massacrate, che avevano come unica colpa l’amare i
colori bianconeri. Ma anche la rabbia nei confronti di quelle
bestie che hanno schiacciato quei 39 angeli senza pietà. E
quando nel 2005 i tifosi del Liverpool hanno esposto gli
striscioni in segno di amicizia nei confronti dei tifosi
juventini mi è venuto quasi da ridere. Amicizia ? Come può solo
per un attimo passarti per la testa, caro mio tifoso red, che io
possa essere tuo amico dopo che i miei fratelli sono stati
uccisi e massacrati dai tuoi ? Come dici ? Cosa c'entri tu ? Non
c’è legame tra te e quegli hooligans ? Mi fa piacere che
finalmente la violenza sia uscita dagli stadi inglesi (anzi, noi
italiani dovremmo imparare), sono felice che voi siate maturati.
Ma mi dispiace, il legame col passato c’è ! Ed è lo stesso
maledettissimo legame che mi lega a Giuseppina, Giancarlo ed
Alberto ! 28 anni dopo, la rabbia ribolle ancora ! E continuerà
a farlo ! Fino a quando Giuseppina, Giancarlo ed Andrea non
troveranno giustizia ? No, certo che no. Pensare così
significherebbe proprio oltrepassare il confine della passione e
sfociare nella violenza ingiustificata di cui si parlava prima.
E per quello vanno condannati anche i tifosi bianconeri che
sempre nel 2005 a Torino hanno reagito con spranghe e bastoni.
Perché la violenza non può essere una soluzione, perché
Giuseppina, Giancarlo ed Andrea non troveranno mai pace,
qualsiasi cosa succeda ! Quei ragazzi sono morti a vent’anni
mentre seguivano il loro grande amore, la loro grande passione e
nulla al mondo non potrà far avere loro giustizia ! Rabbia ed
odio, è vero, non hanno nulla a che fare con lo sport. Ma è
altrettanto vero che qui non si tratta di sport, quel legame che
ci lega a Giuseppina Conti, Giancarlo Gonnelli ed Alberto
Guarini è più forte, è quasi fratellanza. E finché rimarrà il
ricordo di quei ragazzi, rimarrà anche la rabbia per una vita
stroncata troppo in fretta, solo perché loro, esattamente come
me, amavano alla follia quei colori. Ma in fondo cosa posso
saperne io ? Io non c’ero.
39 angeli sempre nel cuore
29 maggio 2013
Fonte: Spaziojuve.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
L’assurda tragedia
dell’Heysel
di Mario Bocchio
TORINO 30 mag (Però Torino) - La
Juventus non dimentica. Esattamente 28 anni fa, allo stadio
Heysel di Bruxelles, 39 persone perdevano la vita. Una tragedia
che il club bianconero ieri ha voluto ricordare, nella speranza
che una follia simile non accada più. "Sono passati 28 anni, ma
ancora oggi, ripensare a quella notte lascia sgomenti. Ancora
quasi non si riesce a credere che sia potuto accadere davvero,
perché una simile follia è tanto assurda e crudele da sembrare
irreale. Il 29 maggio 1985, 39 persone innocenti persero la vita
allo stadio Heysel di Bruxelles. Si doveva giocare la finale di
Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, ma quella che
avrebbe dovuto essere una serata di gioia e di sport,
improvvisamente si trasformò in un incubo. Da allora, il 29
maggio può solo essere un momento di dolore, di silenzio, di
riflessione. La tragedia dell'Heysel e le sue vittime non
saranno mai dimenticate: per ognuna di loro è stata posizionata
una stella nello Juventus Stadium, una parte del J-Museum è loro
dedicata e i famigliari possono accedervi in qualsiasi momento.
Ma questi piccoli gesti non nascono solo dal desiderio di
onorare la loro memoria. Vogliono essere un monito, per tutti.
Perché ognuno di noi ha il dovere di ricordare. Perché una
simile follia non dovrà più accadere. Mai più". Ma intanto restano ancora avvolte dal
mistero (o dall'omertà ?) le verità, ovvero le responsabilità
autentiche. Partiamo col dire che fu "una strage annunciata"
come la definisce Francesco Caremani nel suo libro. Quella
dell'Heysel - Bruxelles, 29 maggio 1985, quando, prima della
finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool, morirono 39
tifosi italiani attaccati dagli hooligans inglesi - è una
vicenda esemplare ed emblematica. Una storia che però si è
cercato di dimenticare in fretta, forse anche perché pesava come
un macigno sulla coscienza di coloro che, nonostante si sapesse
quanto era accaduto, decisero di giocare comunque la partita.
Esultando, alla fine, per la vittoria della Coppa da parte della
squadra bianconera e festeggiando il risultato con i cadaveri
dei tifosi ancora caldi. Per non parlare di quelli che, anti
juventini nel midollo, gioirono per quei morti. Ma davvero con
queste cose lo sport non ha nulla a che vedere. Capiamo anche
che per molti l'Heysel sia ormai una tragedia lontana dai cuori
e dalle menti, ma ci sono drammi che non dovrebbero essere mai
dimenticati, perché dietro a ogni dramma c'è una persona e il
rispetto per la sua vita, per il suo essere stato in vita.
Rispetto che, nel caso dell'Heysel, è parso essere stato negato. Una delle questioni aperte e più
controverse è quella relativa all'opportunità di far giocare la
partita dopo quanto era successo. Sappiamo che l'allora
presidente del consiglio italiano, Bettino Craxi, non voleva
farla disputare, ma che il ministro belga oppose motivi di
ordine pubblico. Craxi, a sua volta, opponeva le ragioni di
ordine morale. Col senno di poi, forse, la celebrazione, fino in
fondo, del rito sportivo, rappresentò il male minore: se i
giocatori avessero abbandonato lo stadio senza giocare, la
tragedia avrebbe potuto essere ancora più grande. "Giochiamo per
voi, giochiamo perché ci hanno chiesto di farlo", disse rivolto
ai tifosi Gaetano Scirea. E pare che furono le autorità e il
delegato Uefa a insistere affinché i giocatori, al termine della
partita, si recassero sotto la curva dei loro tifosi per
"festeggiare". Insomma, una commedia portata avanti per
necessità, a denti stretti e con prova di professionismo da
parte degli atleti bianconeri. Eppure davvero fu dissonante
l'esultanza di questi ultimi dopo la vittoria, come sembrarono
fuori luogo le parole di Bruno Pizzul il quale, al termine di
una faticosissima telecronaca, disse che il significato sportivo
della gara era riuscito, per qualche minuto, a far dimenticare
la tragedia. Ma quale significato sportivo ?, ci chiediamo
ancora oggi.
30 Maggio 2013
Fonte: Perotorino.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Non
dimenticare le 39 vittime dell'Heysel
di Noemi Campegiani
Doveroso ricordo alle vite
perse di quella maledetta sera.
Eccoci nuovamente a celebrare una delle
date che più rimarranno impresse nelle menti e nei cuori di
tutti gli sportivi italiani e del mondo. Non può essere
marchiato dal colore di bandiere questo ricordo. E' il ricordo
di tutti, di tutti coloro che hanno sofferto nel momento in cui
sono venuti a conoscenza di quanto accaduto in quell'infausta
sera del 29 Maggio del 1985. E' il ricordo di quelle trentanove
vittime che ancora chiedono giustizia per quanto accaduto, che
ancora si domandano assieme ad amici e familiari il perché di
una morte così inutile e ingiusta. E' il ricordo di chi ha
vissuto il dramma da pochi metri lì dal vivo mentre impotente
guarda manifestarsi una tragedia che ha stroncato vite umane. E'
il ricordo di chi, pur essendo nato tempo dopo il fatto, si
sente legato ad ognuna di quelle trentanove anime troppo presto
andate via da questa terra. Erano lì in migliaia tutti per un
unico obiettivo, il divertimento, godere della bellezza pura che
solo il calcio può regalare e che solo una finale di Coppa dei
campioni sa rendere ancor più speciale. Erano lì per essere
inebriati dalla bravura delle due squadre in campo e per vivere
un momento storico per loro e per il calcio mondiale. Invece no,
non gli è stato permesso. E' stato invece possibile che
accadesse l'impensabile, quello che non dovrebbe mai nemmeno
rientrare nell'immaginario collettivo soprattutto quando si
tratta di sport, da sempre una di quelle cose che più servono
alla vita di ognuno di noi per rimarcare valori e principi di
vita. Cercare colpe, additare responsabilità e sottolineare
comportamenti sbagliati non servirà in nessun modo a riavvolgere
il filo del tempo e cambiare le cose salvando la vita a molti,
evitando la tragedia. Tutti hanno agito nel modo che più hanno
ritenuto giusto, pur sapendo le conseguenze che le proprie
azioni avrebbero inevitabilmente avuto. Segno di inciviltà solo
così si può tentare di appellare quanto accaduto allo stadio
dell'Heysel dove invece di andare in scena una reale finale di
Coppa dei campioni è stato trasmesso al mondo l'assassinio di
trentanove anime innocenti. Nessuno mai dimenticherà, tutti
dovranno sempre portare testimonianza dello scempio verificatosi
e portare la speranza nel cuore che non si ripeta mai più che un
evento sportivo si tramuti in una tragedia tale. Che riposino in
pace tutti gli angeli saliti al cielo quel giorno, che dormano
con il rimorso nel cuore tutti coloro che in parte si sentono
colpevoli di quanto avvenuto.
30 maggio 2013
Fonte: Forzajuve.globalist.it
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Quel
silenzio assordante e quel rispetto negato
di Enrico Danna
Nessun accenno, nessuno
ricordo, sulle principali emittenti nazionali, di quanto accadde
il 29/5/1985.
Ventotto anni fa, come tutti sappiamo,
si consumava una delle più tristi tragedie che abbiano mai
colpito il mondo dello sport, e del calcio in particolare. La
vicenda dell'Heysel è nota a tutti e quei 39 angeli che in
quella maledetta serata persero la vita, sono nel cuore e nella
memoria non solo di ogni tifoso bianconero ma di ogni persona
che, al di là della fede calcistica, viva la propria esistenza
nel rispetto reciproco, nella buona educazione e con un minimo
di sentimento nell'anima. Come ben sappiamo, la memoria del
29/5/1985 viene, da 28 anni a questa parte, costantemente
oltraggiata dal comportamento di quasi tutte le tifoserie
avversarie, che considerare ripugnante e riprovevole, è a dir
poco limitativo. Cori beceri ed irripetibili, striscioni o
semplici scritte di parole che sono più assordanti delle
bestemmie. E' come se ogni settimana, le lapidi di quelle povere
vittime, venissero profanate, depredate e sottoposte alle più
atroci barbarie, senza che nessuno prenda provvedimenti. Già,
perché tocca anche rimarcare come, questi gesti vergognosi,
passino sempre sotto il silenzio più totale del giudice
sportivo. Il rumore viene calamitato da altre tipologie di cori
o scritte: evidentemente esiste una concezione di rispetto e
tolleranza di serie "A" e uno di serie "B".
Non ci aspettavamo nulla, oggi, ma
sicuramente ha lasciato perplessi la scelta della Rai di mandare
in onda, proprio in questa serata, la fiction sulla storia del
"Grande Torino". Premesso che si è trattato di una ricostruzione
sicuramente fatta bene e molto suggestiva di un evento tragico
che ha colpito l'altra parte di Torino, il tifoso juventino si
chiede perché tale fiction non sia stata mandata in onda il 4
maggio, giorno della commemorazione di tale funesta ricorrenza.
Il tifoso della Vecchia Signora si chiede anche e soprattutto il
perché, su nessuna rete, sia stata fatta una benché minima
menzione a quanto accaduto in Belgio ventotto anni fa. Forse che
quei 39 angeli non siano considerati degni anche di un solo
minuto di ricordo, commozione e riflessione ? Se questa tragedia
avesse riguardato qualche altra tifoseria, magari più vicina
alle sponde del Tevere o dei Navigli, avrebbe avuto la stessa,
nulla, considerazione ? Visto che dopo la fiction è andata in
onda la solita, tediosa e ripetitiva puntata di "Porta a Porta",
non poteva il buon Vespa (che tra l'altro si definisce pure
tifoso bianconero), proporre una trasmissione incentrata sul
ricordo di quanto accaduto durante quella serata terribile,
invece della solita zuppa di politici e politicanti di sorta ?
E' così difficile pensare, per una sera almeno, di vivere in un
Paese civile ? A quanto pare non è solo difficile, ma
impossibile. Un'ultima considerazione per quei tifosi di altre
bandiere che proprio non vogliono capire: non c'è nessuno
juventino che quella sera ha, simbolicamente alzato quella
Coppa, semplicemente perché quella Coppa era intrisa del sangue
di 39 persone che persero la vita per seguire la propria
passione, l'amore per la propria squadra e i propri colori.
Chiediamo solo un po' di civiltà e di rispetto anche per loro.
E' forse chiedere troppo ?
30 Maggio 2013
Fonte:
Tuttojuve.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Un ricordo fine a se
stesso
di Giuseppe Simone
Heysel. Che dire ? Un ricordo
sconvolgente. Un abbraccio va a tutte le famiglie delle vittime
dell'Heysel, ma lasciatemi spendere una parola in più per Andrea
Casùla. Non si può morire in uno stadio, non si può morire
schiacciati da tanta violenza, non si può morire per la
negligenza di un Paese intero. Ma non si può morire, per tutto
questo, a 11 anni. Un giorno, forse, potremo ricordare Andrea e
gli altri con meno dolore, se quella lezione sarà servita a
qualcosa. Per ora, dopo "solo" 28 anni, non è così. E non parlo
esclusivamente di volgari magliette indossate e cori orrendi
intonati da parte delle tifoserie avversarie. Parlo anche dei
nostri tifosi che, con "una mano" tengono lo striscione "39
angeli sempre presenti", e con "l'altra" lanciano mattonelle di
ceramica verso altre persone sconosciute, avversari forse, ma
che potrebbero chiamarsi Rocco, Bruno, Alfòns... Qual è la
differenza tra il gemellaggio proposto ai tifosi "Reds" di
Liverpool e gli "inni" alla lava purificatrice del Vesuvio, alla
forza mortale dell'Arno, alla collina di Superga ? Andrea Pirlo,
che nella sua autobiografia ho scoperto essere uno che non le
manda a dire, scrive: "Se saltelli muore Balotelli" è un coro
insopportabile, che purtroppo ho sentito anche allo Juventus
Stadium...". Gli insulti al giocatore del Milan non saranno
razzisti, ma cosa li differenzia da quelli che deridono "il volo
di Pessotto" ? La lezione dell'Heysel deve essere chiara prima
di tutto a noi juventini; questo è il primo vero passo verso la
civilizzazione ed umanizzazione del nostro tifo, del nostro
vivere lo stadio. Se non è chiaro prima a noi, non possiamo
ergerci a difensori della memoria delle 39 vittime dell'eccidio
di Bruxelles. Ventotto anni potrebbero essere passati invano
anche per noi.
30 Maggio 2013
Fonte: Juventinovero.com
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
Juventus, 28 anni dopo la tragedia dell’Heysel
di Salvino Cavallaro
Quando si parla di "Memoria", si pensa
sempre a un qualcosa legato a fatti tragicamente accaduti, da
ricordare con rispetto e immortalare nella storia. La tragedia
avvenuta il 29 maggio 1985 nello stadio Heysel di Bruxelles, in
cui 39 persone innocenti persero la vita durante l’attesa della
finale di Coppa dei Campioni Juventus - Liverpool, ha ancora
oggi dell’incredibile. Una serata di gioia che, all’improvviso,
si trasforma in tragedia da incubo. Da allora, questa giornata
dell’anno rappresenta non solo per la Juventus e per tutti i
suoi sostenitori, un momento di rispettoso silenzio e di
riflessione che investe tutto il mondo del calcio. Perdere la
vita in maniera così assurda, nell’aver voluto seguire la
propria passione calcistica al di là di ogni ostacolo e per
urlare "Forza Juve" o "Forza Liverpool", non ha senso alcuno.
Una prassi settimanale, quasi un rito, che è spesso radicato in
milioni di tifosi di tutto il mondo i quali si avventurano con
ardore in viaggi anche lunghi per poter seguire la propria
squadra del cuore. Un panino, una birra o una coca cola, la
sciarpa al collo con i colori simboleggianti la propria passione
calcistica, il viaggio in pullman, in treno o in aereo, e poi
via, all’avventura, verso quello stadio che sarà teatro di
football con in campo i propri beniamini. Ma, in quella notte
fatidica, per alcuni di loro non ci fu nemmeno il tempo di
vedere scendere in campo i campioni del cuore. Infatti, in poco
tempo, si scatenò il finimondo per il crollo della curva del
settore Z dello stadio Heysel occupato dai tifosi italiani, che
vennero invasi dagli hooligan inglesi. I tifosi, accesi da
un’assurda voglia di guerriglia, entrarono in conflitto tra
loro, causando la morte di tanti innocenti. (NdR:
grossolanamente è assolutamente falso: non vi fu nessuno scontro
fra tifoserie, ma un'aggressione barbarica di una sola tifoseria
verso altri spettatori inoffensivi ed inermi !) E’ una pagina
d’orrore che il mondo del calcio ricorda con sdegno, nella
speranza che certe brutture provocate dalla parte più squallida
dell’umanità non debbano mai più ripetersi. Come dicevamo, 39
furono le vittime, dei quali 32 italiani, 4 belgi, 2 francesi e
1 irlandese. Tuttavia, riteniamo che non abbia alcuna importanza
ricordare la nazionalità dei morti, se non per un puro e
semplice dato statistico. Ricordare invece quel maledetto
giorno, ci deve far riflettere sulla passione pallonara che non
può e non deve confondersi con l’odio tra razze e popoli.
L’Heysel deve insegnarci che l’ardire della propria passione
calcistica deve educarci al rispetto della passione altrui,
anche se non condivisa. L’uomo per sua natura entra spesso in
conflitto con i suoi simili, ma il cervello deve sempre avere la
priorità sull’istinto brutale. Altrimenti, che uomini siamo ?
30 maggio 2013
Fonte: Ilcalcio24.it
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