Tardelli
ricorda l'Heysel "Chiedo scusa per la festa"
A 20 anni dalla tragedia dell'Heysel, l'ex
campione della Juventus, Marco Tardelli chiede scusa agli italiani:
"Era impossibile rifiutarsi di giocare, quando era stato deciso
di giocare non ci potevamo rifiutare. Non dovevamo andare a festeggiare
la vittoria sotto la curva, l'abbiamo fatto e sinceramente in questo
momento chiedo scusa. I tifosi ci hanno chiamato e siamo andati.
In quel momento sembrava giusto festeggiare ma, anche se noi non
sapevamo il livello della tragedia, in questo momento chiedo scusa.
Non ho mai sentito quella Coppa come una vittoria". E' un brano
dell'intervista, di cui è stata data una anticipazione, che Marco
Tardelli ha rilasciato a Giovanni Minoli per la serie "La storia
siamo noi" di Rai Educational, dal titolo "Heysel, la finale maledetta",
e che andrà in onda lunedì 23 maggio su Rai 2 alle ore 22.50. Quel
29 maggio 1985, nonostante 39 tifosi fossero morti schiacciati calpestati
dalla folla, Juventus e Liverpool su invito dell'Uefa e del ministro
dell'Interno belga scesero in campo. I bianconeri vinsero 1-0 con
un rigore di Platini.
24 maggio 2005
Fonte: La Gazzetta dello Sport
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO
2005
Domani i 20 anni dell'Heysel
TORINO - Domani si celebrano i 20 anni
dalla tragedia dell'Heysel. Per ricordare i 39 morti del 29 maggio
1985 a Bruxelles è in programma una cerimonia e l'inaugurazione
di un monumento alla memoria delle vittime. Parteciperanno il sindaco
di Liverpool Alan Dean, quello di Bruxelles Freddy Thielemans, il
comitato vittime dell'Heysel presieduta da Otello Lorentini, Mario
Pescante, l'Assessore allo Sport piemontese Renato Montabone, il
CT dell'Under 21 Gentile e il figlio di Gaetano Scirea, Riccardo.
A Torino non sono previste celebrazioni ufficiali. Il 29 ci sarà
una messa in ricordo delle vittime alla quale dovrebbero partecipare
anche dirigenti e giocatori bianconeri.
28 maggio 2005
Fonte: La Gazzetta dello Sport
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO
2005
Un monumento per l'Heysel
1985
Oggi alle 15, vent'anni dopo la strage
dell'Heysel di Bruxelles, dove persero la vita 39 persone (32 italiani),
grazie al sindaco di Bruxelles Thielemans e al Comitato italiano
"Per non dimenticare", nello stadio, ribattezzato Re Baldovino,
sarà inaugurato un monumento in ricordo delle vittime (realizzato
davanti all'impianto): ci saranno tra gli altri il ministro belga
Onkelinx, il sottosegretario Ventucci e Riccardo Scirea (figlio
dell'ex juventino Gaetano). Intanto Platini replica alla stampa
belga che aveva condannato il suo comportamento in quella famosa
finale di Champions, Juve Liverpool (1-0). "Critiche fuori luogo,
non tornerò sul teatro di quella tragedia".
29 maggio 2005
Fonte: La Gazzetta dello Sport
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO
2005
IL
PUNTO DI BECK
Dall'Heysel a Udine quanta fatica
di Roberto Beccantini
Gli inglesi ci hanno messo meno, molto
meno. Noi, un'eternità. Vent'anni per passare dall'Heysel alle barriere
rimosse di Udinese-Milan. L'ultima domenica di campionato coincide
con il "compleanno" della tragedia: 29 maggio 1985 - 29 maggio 2005.
Se è vero che ne abbiamo già parlato e scritto in occasione delle
recenti sfide fra Liverpool e Juventus, è vero, altresì, che il
calendario sollecita un'ulteriore meditazione. Tanto più che il
destino ha fatto in modo di legarne la drammatica scadenza alla
festa del 28° scudetto che la Juve si accinge a celebrare prima,
durante e dopo l'impegno casalingo con il Cagliari. Morirono trentanove
tifosi, quel giorno: sappiamo per mano e per colpa di chi. L'Heysel
non esiste più. Lo stadio che ne ha ereditato la sinistra fama,
si chiama "Re Baldovino" e sarà teatro, nel pomeriggio odierno,
di una toccante cerimonia: l'inaugurazione di un monumento alla
memoria dei caduti. E questo, non già per placare il rimorso, ma
per perpetuarne il ricordo e, se possibile, far tesoro della lezione.
Si tratta di una scultura marmorea che rappresenta un campo di calcio
all'interno del quale sono stati sistemati 39 fari luminosi: uno
per ogni vita spezzata. Da Liverpool è atteso il sindaco; la Juve
sarà rappresentata da Riccardo Scirea, figlio dell'immenso Gaetano,
che a Bruxelles era il capitano della squadra. Da Arezzo sono partiti
Otello Lorentini, presidente dell'associazione dei parenti delle
vittime, e suo nipote Andrea, che all'Heysel perse il padre, Roberto.
In questi vent'anni gli stadi inglesi sono stati ripuliti e restituiti
alle famiglie. In Italia, viceversa, siamo rimasti terribilmente
indietro, come testimoniano le due partite di Champions sospese
per incidenti (Roma-Dinamo Kiev, Inter-Milan) e la guerriglia di
Juventus-Liverpool (ad Anfield, in compenso, era stato un lungo
brivido). Ci si aggrappa a tutto, pur di voltare pagina: anche alla
timida "liberazione" del Friuli. Nel frattempo, cresce la tensione
a Torino. Ribadisco: la tensione, non l'entusiasmo. I tifosi granata
minacciano di boicottare la parata juventina per le vie della città.
L'idea del pullman scoperto appartiene alla tradizione anglosassone.
Non più tardi di giovedì, vi ha fatto ricorso il Liverpool campione
d'Europa, con buona pace dei cugini dell'Everton. Questione di cultura
sportiva: o comunque, di una tolleranza zero che la svolta thatcheriana
ha imposto non solo a parole. Certo, gli dei hanno picchiato duro:
Juve e Liverpool non si affrontavano dall'Heysel, Liverpool e Milan
non si erano mai sfiorati in cinquant'anni di coppe, i reds non
raggiungevano la finale dal 1985. Resta da smaltire il traffico
delle emozioni: a Torino l'estasi, a Bruxelles il tormento, a Udine
lo spiraglio. Per tacere di altri punti caldi, tipo Fiorentina-Brescia.
Allenare la memoria è un dovere che non sempre fa rima con piacere.
In questo caso, meno che mai. Nessuno ha pensato a un minuto di
silenzio al Delle Alpi. Sarebbe il minimo. Immagino l'obiezione:
già fatto. D'accordo, ma il giorno è oggi: e sessanta secondi di
"stop", lungi dal costituire una manovra di disturbo (ci mancherebbe
pure), darebbero al protocollo il senso di una gioia che, proprio
perché indimenticabile, può concedersi il lusso di non dimenticare.
29 maggio 2005
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO
2005
Heysel, venti anni e una vergogna che non passa mai
Stadio inadeguato, hooligans scatenati.
Le vittime furono 39, quasi tutte italiane.
di Francesco Caremani
Era il 29 maggio del 1985 e, nell'attesa
della finale della Coppa dei Campioni, si consumò quella che è passata
alla storia come la tragedia dell'Heysel. Oggi quella strage compie
venti anni, venti anni portati male per le mancanze e le dimenticanze
di tanti protagonisti di allora, soprattutto quelli sportivi, mentre
a Bruxelles l'attuale borgomastro, su spinta dell'europarlamentare
Tajani, inaugurerà una scultura in memoria delle 39 vittime, 32
italiane, di fronte allo stadio, che oggi si chiama Re Baldovino.
Una melodia, una poesia e un museo, per l'occasione sono stati invitati
anche Otello e Andrea Lorentini, padre e primogenito di Roberto,
medico di 31 anni medaglia d'argento al valore civile per essere
morto mentre tentava di salvare un connazionale. Tornando indietro
di venti anni non è facile ricostruire quello che accadde, non perché
ci sia qualche lato ancora oscuro, ma perché la rabbia sale a ogni
pezzo del mosaico che portò ineluttabilmente alla tragedia. Gli
hooligan inglesi avevano già messo a ferro e a fuoco Bruxelles prima
di raggiungere lo stadio, non si trattava di avvisaglie, che la
polizia belga trascurò, bensì di una dichiarazione di guerra, accesa
dall'alcool della birra che scorreva a fiumi. Molti italiani, ignari
della logistica interna, possedevano il biglietto della famigerata
Curva Z, e questo è probabilmente l'unico punto interrogativo che
ancora oggi resta su ciò che accadde all'Heysel. Perché quei biglietti,
di un settore che sarebbe dovuto rimanere neutrale, furono venduti
in Italia ? Nessuno, neppure la Procura della Repubblica di Roma
ha mai pensato di aprire un'inchiesta su questa vicenda. Si sa,
il tifo scanzonato delle famiglie tricolori non poteva presagire
ciò che gli sarebbe capitato. Ci si avvia allo stadio in allegria,
si fa anche una fila lunghissima, perché per entrare nel settore
Z c'è solo una piccola porta e ogni italiano è perquisito approfonditamente.
Mentre accanto gli inglesi entrano in massa senza controlli, portando
con sé casse di birra e ogni oggetto contundente possibile, dato
che l'Heysel era un cantiere aperto e quella parte di stadio costruita
su un terrapieno col cemento delle gradinate friabile che veniva
via al primo calcio. Insomma, si era già creato il terreno per una
tragedia. Molti italiani restano allibiti appena mettono piede nella
Curva Z, per la finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool
si erano immaginati un altro teatro. Qualcuno pensa anche di andare
via, pochi lo fanno, molti restano, sono arrivati sino a Bruxelles
per vedere la Juventus vincere la sua prima Coppa Campioni, andarsene
non ha senso... E mentre si gioca una gara di bambini per aspettare
il piatto forte ecco che gli hooligan decidono di attaccare con
un comportamento militare. Prima provocano e inveiscono, poi, di
fronte alla calma e al timore degli italiani, quasi inferociti dall'odore
di carne umana inerme, iniziano a tirare di tutto e ad abbattere
la rete, da pollaio, che li separava. In tutto questo la polizia
belga, meno di 10 uomini, sta a guardare e poi scappa, lasciando
il terreno alle belve che senza alcun motivo e alcuna provocazione
uccideranno 39 persone e ne feriranno a centinaia. Cariche continue,
come in un assalto medievale, che gettano nel panico le migliaia
di tifosi juventini, i quali si accatastano sul muretto all'estrema
destra. Sotto quel peso il crollo ne salva tanti, ma ne uccide 39,
alcuni colpiti a morte dagli inglesi, che poi ululano la loro vittoria
svestendo i corpi e lanciando in aria il bottino di guerra, è tutto
agli atti. Quando Juventus e Liverpool entrano in campo i morti,
38, il trentanovesimo spirerà di lì a pochi giorni, giacciono sotto
le tende della Croce rossa, quando Platini segna il rigore, inesistente
e decisivo, ed esulta senza vergogna, i parenti delle vittime sono
stremati dalla disperazione. Il resto sono le autopsie finte fatte
dai medici belgi che trattano i nostri connazionali con "fredda"
disinvoltura, l'esultanza dei giocatori della Juventus, le ottuse
bugie della dirigenza bianconera e l'Associazione tra le famiglie
delle vittime di Bruxelles lasciata al suo destino. Un destino che,
per fortuna, s'è compiuto, grazie a Otello Lorentini, presidente,
e Daniel Vedovatto, avvocato, con una condanna in Cassazione di
quasi tutti i responsabili, l'Uefa in prima linea (ma gli hooligans
sono tutti liberi). Dopo 20 anni, oltre al dolore, che è uguale
a quello di quei giorni (basterebbe parlare con Antonio Conti, padre
di Giuseppina, all'epoca diciassettenne per rendersene conto) resta
l'amarezza per il pressappochismo con cui nel tempo è stata trattata
la tragedia dell'Heysel e un silenzio assordante che grazie a pochi
e volenterosi, oggi lo è un po' meno.
29 maggio 2005
Fonte: L'Unità
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO
2005
LORENTINI ASS. VITTIME
"Restituite la coppa"
di Francesco Caremani
In un primo
momento le responsabilità della strage erano concentrate sugli hooligan.
"Sì, ma alla fine ne sono stati condannati una manciata. Al processo,
inoltre, si sono defilati uno per volta, la sala è rimasta vuota
e nessuno ha detto niente, nessuno li ha fermati". Le immagini sono
servite a dimostrare che, premeditata o no, la violenza degli inglesi
era tesa ad uccidere ? "Certamente". Altrimenti si sarebbe portata
avanti la tesi della fatalità... "Altrimenti i morti sarebbero stati
molti di più. Alla fine hanno pagato il segretario della Uefa Bangerter,
così come in Belgio è toccato al capitano Mahieu e al presidente
della Federcalcio Roosens. Salvando il borgomastro di Bruxelles,
l’assessore allo sport, il ministro degli Interni Nothomb e lo
Stato belga... ". Alla fine della partita la Juventus fa il giro
d’onore con la coppa, quando ha rivisto quelle immagini che cosa
ha provato ? "L’ho visto dopo e mi è venuto da vomitare. Nel filmato
si vede benissimo chi sono". Otello Lorentini, restituire la coppa
e scrivere negli almanacchi "non assegnata" era un gesto che valeva
la pena farlo ? "Per me sì, da subito". Avrebbe senso ancora oggi
? "Sì, sarebbe un grande gesto".
29 maggio 2005
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO
2005
Il dramma
in tv, poi la Rai volò a Liverpool
C’era un Pizzul angosciato al microfono.
Ma a mostrare la realtà fu "Linea Diretta".
di Mario Passi
QUELLA SERA la trasmissione "Linea Diretta"
non andò in onda. Era la sera dell’Heysel, la maledetta sera della
finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool. Noi della redazione
di "Linea Diretta" avevamo anticipato i tempi per assistere alla
telecronaca dell'incontro dalla sede Rai di Milano. Subito dopo
Bruno Pizzul, andava in onda il nostro programma. Sarebbe stato
un fine giornata come gli altri, da quando Enzo Biagi aveva portato
in Rai una versione italiana della mitica "Night Line" americana,
condotta da Ted Koppel. Una trasmissione quotidiana centrata sull’avvenimento
del giorno, con servizi, analisi, commenti e interviste che in breve
fece di "Linea Diretta" un appuntamento fra i più seguiti della
seconda serata televisiva di Rai 1. Enzo Biagi e Franco Iseppi avevano
messo insieme una nutrita redazione composta da molti giovani provenienti
per lo più dalle sedi regionali Rai e integrata da un gruppetto
di collaboratori ingaggiati presso diversi quotidiani milanesi.
Io ero fra questi ultimi. Andavamo in onda solitamente dopo le 23.
Con la sua calma imperturbabile, Enzo lanciava il servizio o l’inchiesta
principale, proponeva interviste, consultava specialisti ed esperti,
infine presentava (e fu il primo a farlo) i giornali del giorno
dopo. Tutto era pronto anche quella sera del 29 maggio, giusto vent’anni
fa. Biagi si era già sottoposto al trucco, per essere pronto a subentrare.
Saremmo andati in onda poco dopo il fischio finale. Ma sui teleschermi
non comparivano giocatori e pallone. Sui teleschermi un angosciato
Bruno Pizzul raccontava lo spettacolo più orrendo mai visto su un
campo di calcio. Milioni di persone assistevano al massacro di decine
di tifosi italiani travolti dalla violenza bruta degli "hooligans"
inglesi, dall’inadeguatezza dello stadio e della polizia belga.
Per quasi due ore una folla di migliaia di persone accecata dal
terrore cercava scampo, inutilmente. Si vide al termine di quell'incubo
senza fine la pista e il campo da gioco sgombrati dai cadaveri e
dai feriti, e si vide cominciare una partita ormai priva di senso
e di ogni dignità sportiva. Il primo a rompere quel clima insopportabile
fu lui, Enzo Biagi: "Ora tocca a noi. Dobbiamo pensare a cosa facciamo
domani". Il salone attiguo allo studio del direttore della sede
Rai di Milano si riempì rapidamente per un’imprevista riunione notturna
della redazione. Enzo fu molto breve: "Domani sera dobbiamo spiegare
al pubblico italiano cos’è accaduto, e perché, e le conseguenze
di tutto questo. Dobbiamo raggiungere Bruxelles, per mostrare cosa
resta di quello stadio dove sono morti tanti nostri concittadini,
e perché i responsabili non hanno saputo tutelarli. E a Liverpool
bisogna scovare i tifosi inglesi, gli autori delle violenze, sentire
la gente di quella città. E andare a Torino, entrare nelle case
dove si piange una vittima". Nella sua voce coglievamo tutta la
passione del giornalista di razza, quello che non si chiede quanto
sia difficile, bensì ha deciso che ad ogni costo si deve scavare
fino in fondo dentro una notizia. A mezzanotte era già prenotato
un aerotaxi, all’una già partiva da Linate per portare una troupe
di giornalisti e operatori a Bruxelles, e ripartire subito per Liverpool
con una seconda squadra. Altri partivano in macchina par Torino.
Avrebbero seguito i carabinieri incaricati di portare nelle abitazioni
delle vittime la notizia ufficiale del familiare scomparso. L’aerotaxi,
dopo la tappa di Bruxelles, riuscì a toccare terra a Liverpool
pochi minuti prima di un volo charter che riportava a casa i tifosi
inglesi. Ai giornalisti italiani che li attendevano, luci e telecamere
accese, si mostrarono tracotanti, quasi orgogliosi di quanto avevano
fatto, arrabbiati più che altro per la sconfitta della loro squadra.
Alla sera Biagi li fece semplicemente vedere e parlare, senza commento.
E sui teleschermi apparve poi, ripreso nella luce livida dell'alba,
il decrepito stadio di Bruxelles, devastato come un campo di battaglia,
mentre i responsabili belgi dell’ordine pubblico balbettavano scuse
penose. Le immagini più dure furono quelle di Torino. I nostri
ragazzi avevano portato le telecamere nelle abitazioni visitate
poco prima dai carabinieri. Mamme in vestaglia, uomini e ragazzi
in pigiama e canottiera, storditi, inebetiti, piangenti, quasi incapaci
di spiccicar parola. Ed Enzo che sottovoce parlava per loro, per
dire quanto amare, assurde, ingiuste fossero quelle morti. Fu una
straordinaria pagina di giornalismo, quella serata televisiva,
quella "Linea Diretta" di vent’anni fa. Una pagina che ritengo
giusto ricordare, poiché si è voluto far tacere la voce di Enzo
Biagi, "un cronista", come ha sempre amato definirsi. Un "semplice
cronista" della vita e dei sentimenti di tutti.
29 maggio 2005
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO
2005
La coppa maledetta
di Simone Ramella
Negli occhi ho ancora le immagini dell’incredibile
finale di Istanbul tra Milan e Liverpool. Ma nella mente i pensieri
sono tutti per un’altra finale giocata vent’anni prima, quando la
Champions League si chiamava ancora Coppa dei Campioni. Quel maledetto
mercoledì 29 maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles c’ero anch’io,
ma in questi vent’anni non ho mai scritto nulla in proposito, quasi
a voler rimuovere il brutto ricordo di una bruttissima giornata,
che era iniziata con la trepidazione che accompagna i grandi appuntamenti
sportivi per finire direttamente nelle pagine di cronaca nera. Vent’anni
dopo, però, sento il dovere di dire qualcosa anch’io, se non altro
per contribuire a mantenere viva la memoria dei 39 morti dell'Heysel,
mentre il calcio sembra ostinarsi a non voler imparare nulla dalle
lezioni del passato. Di quella vicenda, sebbene all’epoca fossi
piuttosto giovane, mi sono rimasti impressi alcuni ricordi nitidi,
ciascuno legato a uno stato d’animo particolare. A partire dalla
gioia mista a incredulità della trasferta di qualche settimana prima
a Torino, direttamente alla sede della Juventus, dove insieme a
mio padre dovevo ritirare i biglietti della finalissima tra Juventus
e Liverpool, ottenuti grazie alle solite conoscenze "giuste". Lo
stesso stato d’animo mi aveva accompagnato anche durante il lungo
pellegrinaggio automobilistico verso Bruxelles, affrontato insieme
al nonno Pino, all’amico Lorenzo e, ovviamente, a papà. Avevamo
fatto in modo di arrivare nella capitale belga il giorno prima della
partita, in modo da poter dedicare un po’ del nostro tempo anche
alla città. E tutto, fino alla sera di mercoledì, era filato liscio.
Gli stessi famigerati hooligans inglesi visti da vicino, a passeggio
per le strade del centro di Bruxelles con le loro sciarpe e bandiere
rosse, così come noi avevamo le nostre sciarpe e bandiere bianconere,
erano sembrati assai meno temibili del previsto, tanto che non erano
mancati i momenti di fraternizzazione. Con il senno di poi è facile
dirlo, ma che qualcosa non stesse filando esattamente per il verso
giusto lo avevamo intuito già all’arrivo allo stadio, diverse ore
prima dell’inizio della partita. Alla vigilia, infatti, sui giornali
si era fatto un gran parlare delle imponenti misure di sicurezza
che erano state preparate in vista della finale: bevande alcoliche
proibite nella zona dell’Heysel, controllo accurato dei biglietti
per verificare che non fossero stati falsificati, e mano dura contro
chi avesse voglia di menare le mani. In realtà, a parte qualche
folcloristico poliziotto a cavallo, per il resto la situazione era
apparsa desolante. I biglietti non li controllava nessuno, i tifosi
inglesi erano liberi di accalcarsi davanti ai cancelli di ingresso
ai vari settori con intere casse di bottiglie di birra (in vetro)
e decine di tifosi dell’una e dell’altra fazione erano riusciti
a entrare nello stadio anche senza il prezioso tagliando, scalando
l’esterno della struttura. Il resto è storia. L’inizio della partita
doveva essere preceduto da un match tra due formazioni giovanili
locali, tanto per alleviare un po’ la noia e la tensione del pubblico,
ma è stato proprio durante questa esibizione che dal settore della
curva riservato ai tifosi del Liverpool, il settore X, sono cominciati
a partire i razzi diretti verso i vicini tifosi bianconeri, quelli
assiepati nei settori Y e Z, separati dagli hooligans soltanto da
una gracile rete da pollaio. Quei razzi erano il preludio alla carica
violenta di qualche minuto dopo, che sarebbe sfociata nel crollo
del muro del settore Z, sotto la pressione dei troppi corpi che
cercavano una via di uscita per sfuggire all’aggressione, sotto
gli occhi dei pochi poliziotti presenti, che osservavano scuotendo
la testa, senza decidersi ad aprire i cancelli che davano sul terreno
di gioco. Una decisione, questa, che se presa prima per molte vittime
avrebbe significato la salvezza. Per quanto mi riguarda, l’esperienza
dell’Heysel si è conclusa con il crollo di quel muro, osservato
dalla tribuna opposta a quella centrale. La partita tra Liverpool
e Juventus, infatti, non l’ho vista né allora né mai. Mio padre,
con l’occhio clinico del medico e la sensibilità dell’essere umano,
aveva intuito subito la portata della tragedia, optando per una
rapida fuga dallo stadio, prima che la situazione degenerasse ulteriormente.
Lì per lì, pur senza opporre resistenze, dentro di me non avevo
preso molto bene quella decisione. In fondo avevo aspettato per
settimane quella finale, che ormai era a portata di mano, a pochi
metri dal mio naso. C’è voluto poco, però, per rendermi conto che
quella di mio papà era stata la scelta giusta. Una scelta di cui
gli sarò sempre grato, anche perché mi ha risparmiato la visione
di un’orrenda partita di calcio, seguita da orrende scene di giubilo,
mentre i cadaveri delle 39 vittime erano ancora allineati sul selciato
all’esterno dello stadio. Nonostante tutto penso anch’io, come molti,
che sia stato giusto disputare quella finale. Solo per motivi di
ordine pubblico, però, giusto per dare il tempo alle forze dell’ordine
di organizzare un cordone di sicurezza degno di questo nome. Quello
che avrebbero dovuto allestire fin dal principio. Dispiace soltanto
che tra chi ha preso sul serio quella coppa maledetta, vinta tra
l’altro grazie a un rigore inesistente, ci sia anche la Juventus,
che invece di fare la cosa giusta, ovvero rifiutare il trofeo in
segno di lutto, ha deciso di tenerselo stretto. Tanto, si sa, negli
almanacchi sportivi c’è solo spazio per i risultati. Tutto il resto
sono dettagli che la gente prima o poi dimentica. Chi era all’Heysel,
però, non dimenticherà. Mai.
4 giugno 2005
Fonte: Il Piccolo di Cremona
ARTICOLI STAMPA e WEB GIUGNO
2005
Juventus-Liverpool primavera ad Arezzo il 12 ottobre
Grande vittoria del comitato "R.Lorentini-G.Conti"
Il Comitato permanente e le due società
hanno ritenuto opportuno coinvolgere le formazioni giovanili al
fine di trasmettere un messaggio contro la violenza nello sport
che parta dai giovani per i giovani e che resti memoria scolpita
nel tempo delle generazioni future. Nei prossimi giorni saranno
resi noti i dettagli della manifestazione.
30 settembre 2005
Fonte: Arezzonotizie.it
ARTICOLI STAMPA e WEB
SETTEMBRE
2005
Amichevole Juventus-Liverpool
L'assessore allo sport, Macrì:
"Il valore simbolico è enorme. Da Arezzo partirà un messaggio di
speranza, fair-play e lealtà".
L'assessore allo sport, Francesco Macrì,
ha ringraziato il "Comitato Lorentini-Conti" per l'impegno e la
costanza con cui ha lavorato per organizzare la partita fra Juventus
e Liverpool, in programma dopo domani allo stadio di Arezzo. "L'evento
è eccezionale" - ha detto Macrì - "e non ha bisogno di troppe presentazioni.
Quello che mi interessa sottolineare è l'importanza simbolica della
partita fra le due squadre primavera, in ricordo di una tragedia
che ha lasciato un segno profondo nei club coinvolti, nelle tifoserie,
ma in generale in tutto il mondo sportivo, segnando una delle pagine
più brutte del calcio internazionale. A distanza di vent'anni, è
sempre attuale una riflessione che ci spinga a mettere in evidenza
i valori del fair-play, del rispetto degli avversari, dello sport
inteso come lealtà in campo e sugli spalti, censurando senza mezze
misure gli eccessi che a volte fanno da contorno alle partite. Mi
fa particolarmente piacere, poi, che questo incontro si svolga proprio
ad Arezzo, dove ha sede il comitato per le vittime di Bruxelles.
Dalla nostra città potremo lanciare un messaggio prezioso, commemorando
tutti coloro che all'Heysel persero la vita, nella speranza che
mai più una festa sportiva si trasformi in una dolorosa sciagura?".
10 ottobre 2005
Fonte: Comune di Arezzo
ARTICOLI STAMPA e WEB OTTOBRE 2005
Ricordo dell'Heysel
AREZZO. E’ finita 2-1 per la Juventus
Primavera l’amichevole contro i giovani del Liverpool
organizzata per ricordare i vent’anni della tragedia dell’Heysel
dove il 29 maggio 1985 perirono 39 tifosi bianconeri vittime
della violenza degli hooligans inglesi. La partita è stata
organizzata dal comitato permanente contro la violenza nello
sport che raduna i parenti delle persone morte a Bruxelles.
Prima di scendere in campo squadre e dirigenti hanno preso parte
alla Messa celebrata nel Duomo dal Vescovo di Arezzo. In
rappresentanza della Juventus era presente il vice presidente,
Roberto Bettega.
13 ottobre 2005
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA e WEB OTTOBRE 2005
Che i giovani siano un seme di
speranza…
di Andrea Lorentini
Il 12 ottobre scorso si è disputata allo
stadio "Comunale" di Arezzo l’amichevole fra le formazioni Primavera"
di Juventus e Liverpool organizzata dal Comitato permanente contro
la violenza nello sport "R. Lorentini - G. Conti" in ricordo delle
39 vittime della tragedia avvenuta allo stadio Heysel di Bruxelles
il 29 maggio 1985. Un evento storico per la città del Saracino,
come hanno tenuto a sottolineare le autorità cittadine, che ha chiuso
un cerchio, e messo la parola fine a 20 anni di imbarazzi, reticenze
e diffidenze nei confronti di chi ha lottato per ottenere giustizia.
Otello Lorentini, che a Bruxelles perse il figlio Roberto, è colui
a cui va il ringraziamento più sentito per aver regalato alla gente
di Arezzo un pomeriggio nel quale a trionfare sono stati i veri
valori dello sport: sano agonismo, rispetto per l’avversario e l’entusiasmo
di centinaia di ragazzini giunti da ogni parte della provincia per
ammirare gli idoli di domani. Giovani come loro ai quali la società
affida il futuro. Leali e corretti in campo per esserlo altrettanto
nella vita. Una partita che ha incarnato un forte messaggio contro
la violenza nello sport, un sentimento che rimanga memoria scolpita
nel tempo delle generazioni future. A far da prologo alla gara l’esibizione
degli sbandieratori fra gli applausi generali, poi il momento più
commovente quando, in un "Comunale" ammutolito sono risuonate con
le note del "silenzio" mentre dall’altoparlante venivano scanditi
ad uno ad uno i nomi di chi a Bruxelles era andato per una festa
e invece là incontrò la morte più assurda e per questo più crudele.
I brividi più intensi quando fra gli altri sono stati ricordati
prima Giuseppina Conti, la studentessa di Rigutino, poi Roberto
Lorentini, il medico medaglia d’argento al valor civile. Quella
sera di venti anni fa Arezzo li pianse, oggi a distanza di tanto
tempo il loro ricordo è più vivo che mai. Alla fine ha vinto la
Juventus 2-1, ma al triplice fischio di Paolo Bertini premi e riconoscimenti
per tutti quanti nel segno di un valore che al giorno d’oggi sembra
essere merce sempre più rara: l’amicizia. Juventus-Liverpool ad
Arezzo ha rappresentato non solo un momento di sport vero e proprio,
ma un’occasione di scambio culturale, nella quale la città ha accolto
le due società in un abbraccio fraterno dimostrando una volta di
più il fair play che la contraddistingue. Uniti in un sentimento
di profonda ammirazione per l’operato del Comitato permanente sia
Roberto Bettega, vicepresidente della società bianconera, che Rick
Parry, general manager dei "Reds". Entrambi hanno presenziato alla
cena di benvenuto offerta dalle autorità e alla messa celebrata
in Duomo in suffragio dei caduti. "Era un evento a cui tenevamo
molto" - si è affrettato a spiegare Bettega - "c’era la volontà
di mandare un messaggio positivo e siamo orgogliosi di aver fatto
disputare ai nostri giovani atleti una partita dal così alto valore
simbolico". "Esprimo a nome di tutta la città di Liverpool il ringraziamento
più sincero alla città di Arezzo, in particolare a Otello Lorentini,
un uomo straordinario che combatte da venti anni una battaglia giusta"
- gli fa eco Parry. Juventus - Liverpool ad Arezzo è stato un seme
di speranza come ha ribadito al termine dell’omelia Bill Bygroves,
dirigente e cappellano del club inglese. Un seme di speranza gettato
nel campo della vita.
Ottobre 2005
Fonte: Bobonero.it (Periodico d'informazione
della sezione A.I.A di Arezzo)
ARTICOLI STAMPA e WEB OTTOBRE 2005
Il
punto
500 poliziotti e la vera partita
da vincere:
basta con quel coro infame sui
morti all’Heysel
di Mario Bucchioni
Lui c’era all’Heysel. Vide i morti, sì,
alzò anche la coppa in quella notte assurda dove si celebrò la disgrazia
più grande. Giocò sei minuti, entrando al posto di Briaschi, per
difendere l'uno a zero della Juventus sul Liverpool. Ricorda tutto,
intristendo il viso. A volte vent’anni non servono, il tempo non
cura. Cesare Prandelli fa il suo appello. "Quel coro sui morti dell’
Heysel è violento. Non esiste solo la violenza fisica, ma anche
quella psicologica, ugualmente dannosa e incivile". Non sono i soliti
50 deficienti: quando si gioca Fiorentina-Juventus sono almeno tremila
i tifosi viola che cantano quella canzone partorita da una mente
bacata e tramandata per generazioni fra ragazzi ignoranti, maleducati.
Dopo vent' anni si continua a cantare, senza vergogna, anche per
le strade (lo testimoniano le telefonate dei lettori). "Non mi piacciono
i cori contro, ma questo è senza senso, senza rispetto", fa Prandelli.
Gioire per dei morti ammazzati, schiacciati da un muro crollato,
calpestati da tifosi ubriachi e impazziti. Elevare questo fatto
tragico a stornello di euforia collettiva. Niente è più infame.
C'è chi canta e c’è chi fa finta di non sentirla (gli altri tifosi,
che avrebbero il dovere civile di fischiare i colleghi, ma anche
la stampa che preferisce riportare i comunicati stampa dei tifosi
quando giustificano le loro nefandezze invece che chiedere loro
conto di questo coro). Oggi allo stadio ci saranno 500 fra poliziotti,
carabinieri e finanzieri a vigilare sulla partita, con opera preventiva
fin dagli autogrill sulla superstrada Fi-Pi-Li, sull'A11 e sull’
A1. Per certi versi è una partita già persa. Ma il contropiede di
Prandelli è da maestro, capace di ribaltare il fronte, e magari
di vincere la partita più importante.
4 dicembre 2005
Fonte:
L’Unità
ARTICOLI STAMPA e WEB
DICEMBRE 2005
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