Dieci
ultrà juventini fermati in aeroporto
di Francesco Bramardo
DAL NOSTRO INVIATO. LIVERPOOL - Dieci
tifosi fermati per resistenza a pubblico ufficiale e molestie a
una hostess sul volo charter che li portava dall'Italia a
Liverpool è il bilancio di una giornata complessivamente
tranquilla. Poteva andare peggio, di sicuro, ma gli insulti di
un gruppo di ultrà bianconeri alla delegazione della città,
sindaco in testa e console, poteva essere evitato. Se non sono
avvenuti gravi tafferugli nelle ore che hanno preceduto la gara
all'Anfield il merito è delle forze dell'ordine locali e della
maggior parte dei tifosi juventini giunti a Liverpool. La
maggior parte perché una minoranza becera ha fatto di tutto per
provocare la reazione dei supporter dei reds e delle forze
dell'ordine. Per prevenire contatti tra le opposte fazioni
agenti a cavallo sono intervenuti nel tardo pomeriggio per
radunare un centinaio di ultrà bianconeri sparpagliatisi per le
vie del centro e li hanno incanalati verso il loro settore allo
stadio. L'incidente diplomatico è stato sfiorato poco dopo le
13.30. Mentre in città, all'ora di pranzo, le autorità locali
incontravano alla presenza dei rappresentanti della Fifa i
dirigenti di Juventus e Liverpool, e sul campetto del centro
sportivo di proprietà del club andava in scena una partita di
calcio tra i rappresentanti delle due tifoserie (due squadre con
magliette raffazzonate e un arbitro da scampagnata di
Pasquetta), all'aeroporto John Lennon di Liverpool sono giunti i
due charter da Torino con i tifosi. Clima idilliaco con il
sindaco Frank Rodrick e il console del nostro paese Nunzia
Bertali a fare gli onori di casa con i passeggeri del primo
charter: strette di mano, foto ricordo, sciarpe dell'amicizia,
insomma quanto ci si augurava a 20 anni dalla tragedia
dell'Heysel. Ma col secondo charter sono arrivati un centinaio
di tifosi bianconeri tra i più scalmanati. All'urlo "Odio
Liverpool" hanno insultato e rifiutato gli omaggi e le strette
di mano con la delegazione locale, hanno sfondato il blocco al
controllo passaporti prima di essere fermati. I più facinorosi
sono stati tradotti nella locale sede di polizia per
l'identificazione.
6 aprile 2005
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA e
WEB
6.04.2005
Il
benvenuto degli inglesi viene respinto con insulti
di Alessandro Alciato
Nella festa dell'Amicizia
trionfa la maleducazione. Tifosi juventini turbolenti e
irrispettosi. Dieci italiani fermati all'aeroporto.
"Che brutto sindaco, fa schifo talmente
è grasso" ha detto un tifoso della Juventus appena sceso dalla
scaletta dell'aereo, mentre fissava Frank Roderick, primo
cittadino di Liverpool piuttosto in carne. "Ma è qui per voi" ha
risposto imbarazzata Nunzia Bertali, console onorario italiano
in città. "E chissenefrega" ha tagliato corto l'oxfordiano con
la sciarpa bianconera al collo, prima di lasciare la pista del
John Lennon Airport e dirigersi in branco verso i pullman che
aspettavano all'esterno. Doveva essere la festa dell'amicizia,
una gomma formato gigante per cancellare i peccati inglesi
dell'Heysel, l'omaggio di Liverpool ai tifosi della Juventus: è
stato un caso diplomatico, una figuraccia colossale, in pratica
una vergogna. Tutto per colpa di un gruppone di ultrà (un
centinaio) che ha superato ogni limite. Con modi fuori luogo,
più da gita allo zoo che da viaggio in Inghilterra. "Sono sotto
choc" ha raccontato il sindaco prima di lasciare l'aeroporto,
con la faccia pallida di chi vorrebbe capire ma non ci riesce.
"Queste persone sono la vergogna dell'Italia. Ma perché la
Juventus permette che vadano in giro ?" - Si è chiesta la
console, tremando. I primi momenti di tensione sono stati
proprio quelli dell'aeroporto. Il primo cittadino, la console,
le maggiori cariche istituzionali della città: tutti sulla pista
del John Lennon per salutare gli amici venuti da lontano. Il
primo charter di tifosi, un Boeing della Livingston, è atterrato
alle 12.40 (13.40 in Italia). Prima che i passeggeri (circa 200)
scendessero, il sindaco di Liverpool ha fatto il cammino
inverso. E' salito per dare il suo benvenuto, insieme alla
console: "Spero che a Liverpool troviate amicizia, la partita di
Anfield dovrà essere una festa". Poi è sceso, insieme a lui i
tifosi. "Ricorderò sempre quello che è successo all'Heysel - ha
raccontato Enrico De Bernardi, di Santa Croce sull'Arno - perché
c'ero. Avevo scambiato il biglietto con mio cugino, lui è andato
in curva Z dove è successo il disastro, io dall'altra parte
dello stadio. Lui se l'è cavata con una sassata, io con qualche
graffio. Ora voglio solo pace". Dietro, dal charter
parcheggiato, è sbucato Josè Altafini, in Inghilterra per Sky:
davanti a lui il sindaco si è inchinato, nel vero senso della
parola. Poi, l'ex bianconero se n'è andato: "Mi scusi, ma mi
aspettano al ristorante". C'era anche Tommaso Pannilini di Roma
a Bruxelles nella notte dell'Heysel, lavorava per l'agenzia che
portava in giro i tifosi: "Allo stadio non ero entrato, ma i
morti insanguinati per strada non li scorderò mai. L'accoglienza
di Liverpool è stupenda, speriamo che tutti capiscano". Non è
stato così un'ora dopo, quando è atterrato il secondo charter da
Malpensa (in tutto ne sono arrivati 5). Le telecamere non
c'erano più, e forse è stato meglio così. Molti tifosi sono
scesi dall'aereo urlando "Odio Liverpool", sono passati davanti
al primo cittadino rifiutandosi di stringergli la mano. Hanno
fissato la console Bertali, le hanno detto: "Odiamo anche te".
"Ma io sono il console italiano". "Cavoli tuoi. Eravamo
all'Heysel, e quindi sappiamo cosa dobbiamo fare qui a
Liverpool". A quel punto Nunzia Bertali si è spaventata e ha
chiamato la polizia. Da quattro gli agenti sono diventati
parecchi di più. Hanno scortato gli ultrà verso i pullman, che
poi si sono diretti in città. In Queen's Square, cuore di
Liverpool, c'era un tabellone luminoso con la scritta in
italiano: "Benvenuti". Non l'hanno letto e hanno continuato con
i tumulti. Altri si sono diretti verso i Docks, nella zona del
porto. Intanto, all'aeroporto, dieci italiani si facevano
arrestare, due perché in volo (su un aereo in arrivo da Bergamo)
avevano fatto ciò che molti uomini sotto sotto sognano: avevano
toccato il sedere a un paio di hostess. Proprio negli stessi
momenti in cui, all'Academy del Liverpool, una squadra di tifosi
locali sfidava a calcio quelli dello Juventus club Londra. Ad
Anfield, invece, nessun problema serio. Prima della partita
Michel Platini, Ian Rush e Peter Kenyon - ora dg del Chelsea, ai
tempi al Liverpool - sono entrati in campo con una targa in
ricordo delle vittime dell'Heysel. Sulla gradinata occupata dai
tifosi del Liverpool è comparsa una enorme scritta: "Amicizia".
In quella della Juventus, i bianconeri non hanno rispettato il
minuto di silenzio in memoria del Papa. E sugli applausi degli
avversari si sono girati di spalle alzando il dito medio. La
differenza, enorme, è stata tutta qui.
6 aprile 2005
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA e
WEB
6.04.2005
Silenzi, urla e inglesi animali cronaca del minuto per l'Heysel
di Maurizio Crosetti
LIVERPOOL - Quando l'Uefa, insieme al
Liverpool e alla Juventus, ha inventato il minuto di
raccoglimento in offerta speciale, un "due per uno" da
ipermercato della memoria (minuto in omaggio all'Heysel e al
Papa insieme), molti tifosi bianconeri si sono voltati e hanno
dato la schiena al campo. E' stato il loro modo di dissentire,
forse non elegantissimo ma eloquente, il loro modo di dire no a
vent'anni più sessanta secondi di ipocrisia. Altri, veramente,
applaudivano. Altri ancora stavano zitti e immobili, mentre i
più inferociti si sono messi a urlare "english animals !" al
resto delle tribune, ricevendo come risposta un lugubre ululato.
La festa dello sport è cominciata così. Anzi era già cominciata
prima, verso le sette di sera, quando gli inglesi stavano ancora
nelle loro case o sugli autobus, invece i duemila Juventini
erano già nel loro settore, raggiunto sotto scorta di camioncini
della polizia dotati di telecamere. Poi hanno iniziato a cantare
"odio Liverpooool", sbattendo le voci contro le gradinate
deserte, e "chi non salta un inglese è". L'esibizione si è
conclusa con un ritmico "e vendetta/sarà". Brutti e cattivi,
forse, ma sinceri. Non sembrava altrettanto partecipe della
serata Michel Platini, quando lo hanno chiamato a centrocampo
per reggere la targa-ricordo con gli stemmi delle due squadre.
Ridacchiava, il francese. Anche a Bruxelles aveva sorriso tanto,
la sera della tragedia, esultando come un forsennato dopo il suo
rigore e anche più tardi, con la maledetta Coppa in mano. Il
salvatore del calcio moderno, il futuro presidente dell'Uefa,
Michel Platini. Tutto l'insieme di gesti e rituali pensati per
il ventennale dell'Heysel è scivolato via in otto minuti, così
si sono tolti la paura e il peso dallo stomaco. "E' una brutta
storia che è finita" ha detto Luciano Moggi, ma certo, come no.
"L'emozione non ci condizionerà" ha aggiunto l'arbitro, un
Belga, Frank De Bleeckere. Fischi ai rossi durante il
riscaldamento, "Liverpool, Liverpool, vaffan..." si sente dal
settore a sinistra della tribuna, anche all'Heysel era sistemato
lì, ma stavolta tra i due gruppi c'è un doppio cordone di agenti
e nessuna rete da pollaio. Portano sul prato lo striscione con i
nomi dei 39 morti e la scritta "memoria e amicizia", di nuovo
tra gli italiani c'è chi si volta per non vedere (del resto, non
hanno fatto la stessa cosa Liverpool e Juventus per vent'anni
?). La gradinata del Kop, la più rovente, forma un mosaico e di
nuovo c'è scritto amicizia, ora dai bianconeri si alza un
applauso misto a fischi, c'è una strana convulsione nei
sentimenti ma la rabbia è di più. Rush, un vecchietto tutto
grigio e senza più baffi, fa ciao con la mano mentre lo speaker
declama con la stessa voce di Ollio nelle comiche: "Ricordiamo
insieme la tragedia". Bisogna che la farsa finisca in fretta e
così accade. Otto minuti più quello di silenzio che silenzio non
è. Che non fosse tanto aria si era già capito all'aeroporto,
all'ora di pranzo, quando sono arrivati i due charter dei tifosi
bianconeri. Quelli scesi dal secondo, forse in omaggio a John
Lennon cui è intitolato lo scalo di Liverpool, si sono messi a
cantare. Non "Yesterday" ma "Odio Liverpool", naturalmente. Il
sindaco Frank Roderick, insultato, ha fatto una faccia un po'
così, e lo stesso il console Nunzia Bertali. Una decina di ultrà
hanno provato a eludere i controlli e sono stati fermati per
resistenza a pubblico ufficiale. "Sarà una bella festa dello
sport" dirà poi Moggi, mentre la gradinata invoca "sotto la
curva, Luciano sotto la curva". La giornata del buonismo aveva
vissuto un'altra tappa nel primo pomeriggio, con la partita
amichevole tra tifosi inglesi e italiani sul campo dell'Academy,
il centro sportivo del Liverpool, e almeno qui non ci sono stati
insulti. Hanno vinto i rossi per 4-3, schierando pure una donna.
L'Uefa ha provato a usare questa giornata come smacchiatore di
coscienze, mandando avanti il direttore generale Lars Christen
Olsson che ha detto: "Mai abbiamo permesso e mai permetteremo la
violenza, e comunque il calcio è molto cambiato dai tempi
dell'Heysel". Speriamo anche l'Uefa, almeno un po'. Dopo il gol
di Cannavaro, i tifosi juventini sono infine riusciti a tifare,
scongelandosi dalla paura che insieme alla rabbia stava mandando
in malora la serata. Qualcuno tra loro portava i braccialetti di
gomma a tre colori, bianco e nero e rosso, con l'immancabile
scritta "amicizia". Regalati, come da programma ? Non proprio.
Siccome la solidarietà è l'anima del commercio, il gadget della
bontà veniva prestigiosamente venduto fuori da Anfield, alla non
modica cifra di una sterlina e mezzo per ogni cerchietto.
Quattro sterline e cinquanta per completare la collezione fanno
sei euro e settantacinque, il prezzo della memoria.
6 aprile 2005
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA e
WEB
6.04.2005
Heysel, la notte del perdono
di Giancarlo Galavotti
Platini e Rush commuovono
Anfield, ma la curva bianconera resta ostile.
DAL NOSTRO INVIATO. LIVERPOOL -
L'ultima pagina è la prima del Liverpool Echo, il giornale del
pomeriggio. La prima pagina, tutta nera con il testo bianco,
come un annuncio funebre. L'ultima pagina, vent'anni dopo, del
dramma dell'Heysel. Liverpool, la città, la gente, il Liverpool,
i tifosi, confessano la colpa e chiedono perdono, per quella
sciagurata notte del 29 maggio 1985. "We're sorry". "Ci
dispiace". Il Liverpool Echo è la voce di tutta la città: "Dire
ci dispiace è una cosa, dirlo sentitamente è tutt'un'altra cosa.
Ma oggi i tifosi della Juventus che arrivano ad Anfield possono
essere certi che questa parola, "sorry", viene dai cuori, come
dalle labbra di Liverpool". "E così deve essere. La spaventosa
fine di trentanove tifosi della Juventus all'Heysel ha segnato
una delle più tragiche ore nella storia del calcio. I tifosi del
Liverpool che caricarono quei tifosi italiani in Belgio sono i
vergognosi responsabili della strage. Senza se, senza ma, senza
attenuanti". L'ultima pagina sull'Heysel, 20 anni dopo.
Vent'anni di rimorsi, Senza se, senza ma. Non c'è bisogno di
dire altro. Diventa perfino superfluo il cerimoniale di Anfield,
del simbolico abbraccio tra i tifosi. Un abbraccio che muore
contro una muraglia di indifferenza, purtroppo bianconera.
Michel Platini e Ian Rush guidano la piccola processione che
avanza verso il settore dei tifosi juventini. Due simboli della
Juve, in quella notte dell'Heysel avversari. Doveva esserci
anche Phil Neal, che era il capitano del Liverpool nel 1985, ma
ha rinunciato, per una sua personale vergogna. Domenica scorsa
il settimanale Observer ha dedicato uno speciale di 14 pagine
alla cronaca e alle testimonianze dell'Heysel. Ha cercato anche
Neal, che ha rifiutato di collaborare. Per un pugno di sterline.
L'Observer ha pubblicato il testo integrale della telefonata tra
il giornalista e l'ex terzino. "Che vuoi da me, un parere ? E
perché mai vuoi che ti aiuti ? Vuoi un parere così pubblichi il
tuo servizio e ti aiuto a pagare il mutuo della casa ? Io non
aiuto nessuno gratis, caro mio, il mio parere si paga". Anche
Phil Neal dunque è vittima dell'Heysel, a distanza di vent'anni,
vittima della sua meschinità. Una merce che non resta fuori da
Anfield, anche se l'ex capitano non è sceso in campo. Avanza lo
striscione portato dai tifosi del Liverpool: "In memoria e
amicizia". Avanza verso il settore dei bianconeri, dalla parte
opposta al Kop, la tribuna del tifo red. "In memoria e amicizia"
scritto in italiano, sopra i nomi delle 39 vittime di Bruxelles.
Quattro tifosi bianconeri si uniscono alla processione, fanno
parte della delegazione ufficiale, quella che ha collaborato con
il Liverpool e Liverpool. Ma una parte troppo numerosa tra i
duemila sostenitori arrivati dall'Italia, nel settore dietro
l'altra porta, non collabora affatto, nello spirito e nel
comportamento. Le prime file voltano sdegnosamente le spalle
all'avanzare dello striscione, grida ostili, appena soffocate
dall'applauso di Anfield, irridono alla memoria e all'amicizia.
Anche quando s'accende lo spettacolo di You'll never walk alone,
il coro di 35.000 fans del Liverpool capace di sciogliere una
statua con l'inno del club, dal settore bianconero continua la
dissonanza. Il Kop non desiste: fa scattare il mosaico totale,
la scritta "Amicizia" sboccia gigantesca sui colori del
Liverpool e della Juve. Squadre in campo, finalmente. Squadre in
cerchio, al centro. Un minuto di silenzio. L'annuncio in inglese
spiega che è in ricordo di Papa Giovanni Paolo II, e delle
trentanove vittime dell'Heysel. L'annuncio in italiano viene
invece dedicato solo al Papa. Il silenzio è totale, sugli spalti
rossi. Gli italiani rispondono con l'applauso. Requiem. Si
comincia a giocare. All'applauso per le vittime il settore
juventino risponde con indifferenza I tifosi del Liverpool
chiedono scusa 20 anni dopo la strage.
6 aprile 2005
Fonte: La Gazzetta dello Sport
ARTICOLI STAMPA e
WEB
6.04.2005
Vent’anni dopo
Accoglienza fredda: 10 italiani
trattenuti per resistenza alla polizia.
Accoglienza fredda e niente più per i
tifosi juventini giunti ieri a Liverpool dall’Italia. Con il
saluto ufficiale del sindaco della città inglese, Frank
Roderick, e del console italiano, Nunzia Bertali, è iniziato nel
primo pomeriggio il programma di iniziative di "riconciliazione"
a vent' anni dalla tragedia dell' Heysel, nella quale morirono
39 sostenitori della Juventus. L' incontro tra i tifosi
bianconeri e le autorità inglesi è avvenuto all’ aeroporto "John
Lennon" di Liverpool, dove sono atterrati, in ritardo, i due
charter decollati da Malpensa. Un gruppo di ultras ha cercato
però di eludere i controlli della Polizia inglese ed è stato
inseguito dagli agenti: una decina di tifosi italiani sono stati
fermati per resistenza a pubblico ufficiale. L' arrivo dei
tifosi più accesi ha creato malumore tra le autorità presenti ad
accogliere le comitive bianconere, che sono stati insultati da
alcuni ultras. L’Uefa intanto tentava di raffreddare gli animi.
"Quanto accaduto all'Heysel nel 1985 è stata una tragedia per
tutte le persone coinvolte, per i club, per le famiglie e per il
calcio in generale -affermava il direttore esecutivo
Lars-Christer Olsson - Ricordiamo con compostezza i tifosi
scomparsi. Il calcio è cambiato ed ha fatto passi avanti da
quella triste serata e mi auguro che, oltre a ricordare quella
tragedia, la partita possa essere considerata l'ultimo capitolo
del processo di riconciliazione". "La gara dovrebbe essere
un'occasione per celebrare l'amicizia e la fratellanza della
famiglia del calcio e il rispetto fra le due tifoserie. Il
messaggio della Uefa è chiaro: nel calcio non c'è mai stato, né
mai ci sarà spazio per la violenza". Intanto allo stadio un
gruppo di volontari distribuiva una sciarpa molto particolare
agli oltre 1500 sostenitori della Juventus arrivati ad Anfield.
C’è una mano bianconera e un' altra rossa, colori di Juventus e
Liverpool, al centro della "sciarpa della pace" che all'
estremità riporta gli stemmi ufficiali dei due club calcistici.
Alcuni tifosi della Juventus, però hanno voltato le spalle al
terreno di gioco mentre sul campo le due società rendevano
omaggio alle 39 persone morte il 29 maggio 1985. Sul terreno di
gioco sfilava uno striscione con i nomi di tutte le vittime
della tragica serata di 20 anni fa. Michel Platini, ex giocatore
della Juventus, e Ian Rush, ex attaccante del Liverpool, hanno
mostrato una targa commemorativa.
6 aprile 2005
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA e
WEB
6.04.2005
Il dolore
non prevede l'inciviltà
di Enrica Speroni
Le schiene rivolte al campo, gli slogan
odiosi, i gesti offensivi a comporre una sceneggiatura della
vergogna pensata e realizzata con una ritualità inquietante. Un
centinaio di ultrà bianconeri ha inteso manifestare così il
dissenso nella giornata in cui Liverpool (e non soltanto il
Liverpool) chiedeva scusa per la vergogna dell'Heysel. Vent'anni
dopo quel maledetto 29 maggio '85 dobbiamo fare i conti con un
desiderio di vendetta non sopito, certi peraltro che molti degli
ultrà presenti allo stadio di Anfield la sera di Bruxelles non
erano nati o quasi. C'è un malinteso senso della memoria che
impedisce la pacificazione. "Non vogliamo dimenticare" hanno
gridato e minacciato, già pensando al ritorno di mercoledì a
Torino. E chi ha detto che bisogna dimenticare ? Su questo
almeno siamo d'accordo: è giusto ricordare, nulla va cancellato
di certe tragedie. Ma la memoria, il dolore della memoria, non
si nutre di rabbia e di risentimento. Martedì i giocatori di
Liverpool e Juventus sono stati all'altezza della sfida e di
quel che rappresentava nella storia delle due società. Si sono
affrontati con grande vigore, ma senza un gesto o una parola
fuori posto: un messaggio che i tifosi, tutti i tifosi, non
possono non raccogliere. Giorni difficili ci aspettano e nessuno
può consentirsi il ruolo di osservatore. Uscirne bene è un
dovere. Perché Juventus-Liverpool merita di tornare a essere
ancora soltanto una bellissima partita di calcio. Semplicemente
con una dedica in più.
7 aprile 2005
Fonte: La Gazzetta dello Sport
ARTICOLI STAMPA e WEB 7.04.2005
La
vendita di posti via internet può mescolare i tifosi come
all'Heysel
Rischio biglietti per gli
inglesi
TORINO - Vent'anni dopo l'Heysel c'è il
rischio che si ripeta, questa volta al Delle Alpi, la mescolanza
tra tifosi juventini e del Liverpool che determinò la tragedia
della curva Z, dove non avrebbero dovuto esserci gli italiani.
Questo è almeno quanto denunciano i "media" inglesi, sconcertati
e irritati dall'atteggiamento tenuto dagli ultrà bianconeri
martedì sera nello stadio di Anfield: ormai si è capito che la
partita di ritorno può essere a rischio. Mercoledì prossimo, i
tifosi dei Reds saranno sistemati in due settori: uno in tribuna
ovest per i Vip (cioè quelli disposti a pagare dai 100 euro in
su) e l'altro con circa 4 mila posti a prezzi più popolari nella
tribuna est. La vendita è stata gestita dal Liverpool. Il
problema nasce dalla biglietteria via internet. In Inghilterra,
una legge voluta dal governo dopo il 1985 vieterebbe ai tifosi
inglesi di rivolgersi alla Juventus per comprare direttamente i
biglietti. Dovrebbero passare attraverso il loro club che li
destinerebbe ai due settori riservati. In Italia invece questa
legge non esiste per cui la Juventus ha venduto via internet
agli inglesi alcuni posti nei settori frequentati dai
bianconeri. "Non sono più di una decina", minimizzano in sede.
Il buon senso l'avrebbe sconsigliato. E' vero che la mescolanza
tra le tifoserie avviene di fatto ad ogni partita di campionato
in alcune zone dello stadio tuttavia, visti i precedenti, in
questa occasione sarebbe stato prudente evitarlo. Adesso si
cercherà di tenere la situazione sotto controllo. Al momento in
cui gli acquirenti via internet ritireranno i biglietti al
botteghino dovranno esibire un documento: se sono inglesi
dovranno firmare una dichiarazione liberatoria in cui si
dichiarano tifosi juventini oppure ammettono di sapere che il
loro posto è in un settore frequentato dai bianconeri. Insomma
se ci vanno, lo fanno a proprio rischio e pericolo: un po' come
succede a chi si lancia con il paracadute. Come soluzione non è
il massimo. Il fatto che si tratti di poche persone, difficili
da sorvegliare, moltiplica il pericolo. La Juve conta dunque sul
controllo ai cancelli. I vigilantes e la polizia saranno
autorizzati ad accompagnare nelle zone riservate agli inglesi
quelli tra loro che hanno acquistato un posto in altri settori.
Anche se qualcuno protesterà. (m. ans.)
7 aprile 2005
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA e WEB 7.04.2005
L’Heysel ? Mai accaduto
di Francesco Caremani
Si rigioca Juve-Liverpool 20
anni dopo. Tra strane dimenticanze. Allo stadio di Bruxelles
morirono 39 persone.
La sorte, o chi per lei, ha deciso di
giocare un brutto scherzo a Juventus, Liverpool e Uefa,
consegnando alla cronaca un quarto di finale di Champions League
altamente rievocativo, proprio nell’anno del ventennale
dell’Heysel. Perché dire Juventus-Liverpool significa ricordare
la tragedia del 29 maggio 1985 avvenuta allo stadio di
Bruxelles, o almeno così è l’aretino Otello Lorentini, papà di
una delle vittime, da allora presidente dell’Associazione delle
famiglie delle vittime di Bruxelles e oggi presidente onorario
del Comitato permanente contro la violenza nello sport "R.
Lorentini - G. Conti" (Omissis). Lo è anche per tanti sportivi.
Ma non lo è stato per Juventus, Liverpool e Uefa che in questi
venti anni hanno cercato soprattutto di dimenticare e, peggio
ancora, far dimenticare, impedire di ricordare, rischiando di
far morire due volte le vittime dell’Heysel. Vittime della cieca
e ubriaca furia degli hooligans inglesi, ma anche della
criminale incapacità di prevedere e prevenire da parte di Uefa,
Federcalcio belga e autorità locali. Che l’operazione del
silenzio, poi, sia andata in qualche modo in porto lo si è
evinto anche in questi giorni, in cui i media sono tornati in
massa a parlare dell’Heysel. Luoghi comuni a go-gò, quasi sempre
ignorando Otello Lorentini che di questa battaglia è stato ed è
l’artefice principale, una battaglia di giustizia portata avanti
contro tutto e contro tutti. È lui che ha seguito tutte le
udienze dei tre gradi di giudizio del processo, è sempre lui che
ha continuamente informato le famiglie di ciò che accadeva a
Bruxelles, per telefono o per posta, è ancora lui che chiede
oggi, dopo tanti offensivi "no", di giocare ad Arezzo, la sua
città, Juventus-Liverpool sotto l’egida dell’Uefa. La data non è
un problema. Fine campionato o all’inizio del prossimo poco
importa, l’importante è farla, per commemorare degnamente le
vittime del 29 maggio 1985, perché il quarto di finale di
Champions League non ha niente a che vedere con i morti
dell’Heysel, non foss’altro per i miliardi in palio. Se non lo
facessero andrebbero incontro a una figuraccia che si
aggiungerebbe a tutte quelle già fatte sino ad oggi. Va detto
anche che ci sono famiglie e familiari che con l’Heysel hanno
chiuso i ponti del dolore da tempo e non intendono riaprirli. In
vista del match di Champions, però, qualche chiarimento su
quello che accadde 20 anni fa va dato: pochi sanno che la
condanna del 1991 in Cassazione ha fatto giurisprudenza,
condannando per la prima volta l’Uefa alla corresponsabilità per
gli eventi che portano il suo marchio. Ancora troppi scrivono
che in 39 sono morti per il crollo del muro, quando si dovrebbe
dire che per fortuna che è crollato, altrimenti molti altri
sarebbero deceduti per schiacciamento, soffocamento, asfissia, o
perché assassinati dagli hooligans. C’è poi chi ha ricordato
l’Heysel facendo finta di dimenticarsi di Otello Lorentini e dei
familiari delle vittime. Perfino Mediaset, lo rivelano voci
interne alla redazione sportiva, non ha troppa voglia di
ricordare l’accaduto, perché è la televisione ufficiale della
Champions League, quindi profilo bassissimo. Tristissimo.
Bisognerebbe fare un giro nel sito ufficiale del Liverpool per
leggere le deliranti frasi che compaiono nella pagina dedicata
all’Heysel, come se la storia di quella sera potesse essere
riscritta a proprio piacimento, per fare finta, gli inglesi come
i belgi, che non si sia trattato di una vergogna nazionale che
resterà nella storia europea, scolpita a fuoco dal dolore di chi
ha perso un babbo, un figlio, un marito. Poiché alla fine questo
resta. Al di là di tutto resta la solitudine col proprio dolore,
le notti insonni visitate dagli incubi e dai ricordi più feroci,
cose che nessuno potrà mai cancellare o far dimenticare,
nonostante in tanti, Juventus in prima fila, abbiano cercato di
farlo. Di fronte a tanto dolore, di fronte all’inaccettabile
perdita di un proprio caro per una banale partita di calcio, di
fronte a tanti silenzi e congiure, cosa è un’amichevole giocata
al Comunale di Arezzo, per regalare un pomeriggio, due ore di
tempo, a chi il tempo per vivere l’ha perso, sugli spalti
dell’Heysel, vent’anni fa ?
8 aprile 2005
Fonte: Vita.it
ARTICOLI STAMPA e
WEB
8.04.2005
Un incontro atteso da 20 anni
di Emanuele Gamba
Per la prima volta in vent'anni, i
parenti delle vittime dell'Heysel troveranno cittadinanza nel
mondo della Juventus, incontreranno i responsabili della società
bianconera, avranno un piccolo spazio ufficiale per manifestare
il loro dolore. Torino e la Juventus non si stanno attrezzando
con la stesso garbo e lo stesso pudore con cui Liverpool, in
occasione della partita d'andata, si era mobilitata (dal sindaco
alla popolazione intera, anche perché loro si sentivano i
qualche modo "i colpevoli") per trasformare la memoria in un
gesto di pace, ma si sta comunque organizzando un incontro a suo
modo storico: domani pomeriggio, infatti, il presidente del
comitato delle vittime di Bruxelles, il toscano Otello
Lorentini, sarà ricevuto nella sede della Juventus dal
presidente Franzo Grande Stevens, che nei giorni scorsi ha preso
contatto con l'uomo che all'Heysel perse un figlio. Sarà il
primo incontro ufficiale fra il club bianconero e i reduci di
quel massacro, ed è significativo che il primo passo lo abbia
mosso Grande Stevens, la figura più istituzionale della
Juventus. Mercoledì, poi, Lorentini e altri membri
dell'associazione incontreranno Rick Perry, amministratore
delegato del Liverpool, e probabilmente anche una delegazione di
tifosi dei reds. E anche in questo secondo appuntamento è
prevista la presenza della dirigenza juventina. L'obiettivo di
Lorentini, in ogni caso, resta l'organizzazione di un'amichevole
fra Juve e Liverpool, che si dovrebbe giocare ad Arezzo il 29
maggio, ventesimo anniversario della strage dell'Heysel. Per
anni s'è sognato di vedere in campo le due squadre "vere",
adesso riunite dal sorteggio della Champions League. Ora,
invece, l'ultima ipotesi è che la partita venga giocata da due
formazioni giovanili: un evento ritenuto ancora più carico di
significati simbolici.
11 aprile 2005
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA e WEB 11.04.2005
Messaggi degli ultras bianconeri promettono scontri con gli
inglesi
Torino in allarme. Paura di
vendette
di Lodovico Poletto
TORINO - Niente alcolici nei due giorni
a cavallo del match, hanno stabilito a Torino. Niente cori e
sventolii di bandiere in giro per la città. Niente atteggiamenti
che possano esser scambiati per "provocazioni", hanno suggerito
da Liverpool. Calano in Italia i "reds" per i quarti di finale
di Champions League e i club inglesi invitano i loro iscritti
alla prudenza quando arriveranno in città per assistere al match
con i bianconeri. Certo, proprio alla prudenza, perché la
partita sotto la Mole potrebbe diventare occasione di scontri
tra le tifoserie, momento di regolamento di conti vecchi di
vent'anni. Di violenze che hanno come sfondo la tragedia
dell'Heysel del 29 maggio 1985. Gli annunci non certo di pace
apparsi sui muri elettronici di Internet, firmati da elementi
della tifoseria bianconera non lasciano presagire niente di
buono. Vero è che i toni, nelle ultime 48 ore, si sono
ammorbiditi di molto. E che gli incitamenti a chiudere i conti
con i nemici d'oltremanica sono praticamente scomparse. Ma resta
la paura che qualche "testa calda" possa andare all'attacco di
chiunque sia, oppure appaia, straniero. Ed è per questa ragione
che la vigilia del match ha il sapore della tensione. Lo stesso
servizio di ordine pubblico predisposto dalla Questura e dalla
Prefettura sembra più una blindatura in vista di una rivolta che
un dispositivo di sicurezza per una partita. Sono novecento gli
uomini mobilitati per le 72 ore a cavallo dell'incontro. Al
Delle Alpi, mercoledì, saranno schierati cinquecento o seicento
tra poliziotti e carabinieri; il resto della forza pubblica
verrà utilizzata per controllare la città. Già da oggi in
mattinata, infatti, i dispositivi di sicurezza saranno
rinforzati. Più pattuglie, più uomini, più attenzione ai locali
dove potrebbero recarsi gli inglesi che in mattinata
sbarcheranno a Torino. Il numero di questa prima ondata è esiguo
(neanche 200 tifosi), ma non gireranno tutti in gruppo. Anzi.
Frequenteranno pubs del centro ed i ristoranti, andranno alla
scoperta della città. A loro bisognerà aggiungerà quanti
arriveranno, già oggi, con mezzi propri, con voli di linea o in
automobile. Oppure atterreranno all'aeroporto milanese della
Malpensa, dove nessuno nasconde il timore di eventuali scontri
con i supporters juventini affiliati ai Viking. In tutto,
mercoledì allo stadio, non ci saranno più di 2500 tifosi del
Liverpool, che sono poco meno dei due terzi dei biglietti messi
in vendita in Inghilterra. In questura a Torino ostentano
tranquillità. Il divieto di somministrazione e vendita di
bevande alcoliche, da stasera all'alba di giovedì, interessa
oltre che Torino anche 13 centri della provincia, compresi
Caselle, dove atterreranno gran parte dei charters in arrivo
dalla Gran Bretagna, e Venaria, comune a ridosso dello stadio.
Insomma: meno alcool ci sarà negli stomaci dei tifosi e minori,
saranno le possibilità che gli animi si infiammino, sia da una
parte che dall'altra. Inutile negarlo: stavolta a far temere il
peggio non sono gli hooligans ma quelle frange di Juventini,
pronte più allo scontro fisico che al tifo. Sono poche centinaia
di elementi, suggerisce il dirigente della Digos torinese
Giuseppe Petronzi, ma che potrebbero coinvolgere con il loro
atteggiamento centinaia di altre persone. E le minacce scritte
nei forum sono monito a non abbassare la guardia. Ce ne sono per
tutti i gusti. Da: "Da vent'anni si aspettava, adesso è ora di
vendetta" ad "Uccidiamo loro come loro hanno fatto con noi",
oppure: "Torino 13 aprile 2005: si apre la caccia all'Inglese".
O ancora: "Le vendette si fanno coi fatti. Affilate coltelli e
preparate le spranghe". Parole che avvelenano il clima e che
hanno costretto la polizia a rinforzare anche la scorta alla
squadra e ai giornalisti inglesi in arrivo pure loro in
giornata. Frasi che, purtroppo, hanno convinto molti tifosi
normali a rinunciare alla partita, scrivendo il perché anche su
Internet: "In queste condizioni allo stadio non ci vado. A me il
calcio interessa solo per ciò che accade in campo".
12 aprile 2005
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA e WEB 12.04.2005
Primi
arrivi fra i tifosi ospiti: "da noi nessuna provocazione"
Messaggi di pace per gli
inglesi ma spunta persino una bomba
di Lodovico Poletto
Il residuato bellico è stato
trovato in un'aiuola vicina allo stadio. Le forze dell'ordine:
"Manterremo la linea dura con i violenti".
TORINO - Good food, good
wine. Asti, it's a nice place...".
Dave Murphy primo capo tifoso del
Liverpool atterrato a Torino con il suo gruppo di 98 supporters
dei Reds non ha dubbi: Asti è un buon posto. Per il vino e per
il cibo. Certo, non è la prima scelta, anche lui avrebbe
preferito alloggiare a Torino, ed evitarsi una trasferta di
un'ora in autobus. Ma, per dirla con parole sue: "It's
better... "E' meglio così. Con ciò che hanno scritto i giornali
inglesi, con ciò che ha spiegato la Bbc, è meglio non rischiare.
E Murphy, l'uomo che a Monaco, due anni fa, ritirò il premio per
la tifoseria del Liverpool, riconosciuta come la migliore
d'Europa, capace di sconfiggere gli hooligans, emarginarli e poi
cancellarli, queste cose le sa bene. Ieri, all'arrivo
all'aeroporto di Caselle, i 98 reds, scortati dalla polizia e
dai carabinieri si sono infilati subito sui bus, passando da
un'uscita secondaria. Gli striscioni e le bandiere, seguendo le
indicazioni date a Liverpool, sono stati tenuti in borsa.
"Niente atteggiamenti che possano essere scambiati per
provocazioni" avevano ammonito in Inghilterra. Oggi atterrano
gli altri tifosi: cinque charters a partire dalle 10.30. Sono
carichi di uomini e donne che vagheranno per Torino qualche ora,
in attesa che i bus predisposti dal Comune e dalla Gtt li
carichino e li portino allo stadio. Scopriranno che poliziotti e
carabinieri hanno colonizzato vie e piazze. In tutto, mobilitati
per il match, ce ne sono circa 900 (compresi i finanzieri e 100
vigili urbani). Un terzo si occupa del controllo del territorio
urbano, in modo da prevenire ciò che tutti, pur non dicendolo,
temono: la caccia al tifoso dei Reds. Gli altri, l'area dello
stadio. "Non tollereremo violenze, da qualunque parte
provengano" ammonisce il comandate provinciale dell'Anna, Angelo
Agovino. E il responsabile diretto dell'ordine pubblico, in
città, il questore Rodolfo Poli, ammette: "Abbiamo ben presente
la situazione e cerchiamo di evitare ogni guaio. Ma se ci
saranno problemi sapremo affrontarli". Il sindaco di Torino,
Sergio Chiamparino, che ieri ha incontrato una delegazione di
giornalisti inglesi insiste: "Bisogna isolare le frange
assolutamente minoritarie di tifosi esagitati. Purtroppo, come
ci ha spiegato l'ultima domenica calcistica, anche pochi
violenti possono provocare gravi danni". Ieri sera, per
prudenza, sono stati tenuti d'occhio i pubs ed i ristoranti. E'
stata intensificata la vigilanza allo stadio (dove, nel
pomeriggio, era stata rinvenuta una bomba a mano, inerte
residuato bellico, abbandonata in un'aiuola). La Digos ha messo
in campo squadre di uomini che si muovono bene nel mondo delle
tifoserie, conoscono tutti e sanno trattare anche con i più
esagitati. Sugli inglesi, invece, c'è l'ombra di Scotland Yard,
calata a Torino con un drappello di agenti espertissimi del
settore. Insomma: la vigilanza c'è. Potrebbero sfuggire soltanto
alcuni gruppi di tifosi arrivati in città con mezzi propri. Ma è
un'ipotesi remota, inoltre si tratta di poche centinaia di
persone su 2500 inglesi presenti a Torino per il match. E
proprio per smorzare la tensione, lanciare segnali di amicizia e
di fratellanza, ieri si sono incontrati i vertici dei due club
nella sede della Juventus, dov'è stato inaugurato un cippo in
memoria delle 39 vittime dell'Heysel. "Lo sport - ha detto il
presidente bianconero, Franzo Grande Stevens - deve essere
disciplina di vita e non di violenza". E il presidente onorario,
Giampiero Boniperti, presente alla cerimonia con Moggi, Giraudo,
e Bettega ha ribadito: "Questa tragedia va ricordata per non
ricaderci. Bisogna intervenire affinché simili episodi non
capitino più".
13 aprile 2005
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA e WEB 13.04.2005
"Da quella sera mi batto perché
quanto accaduto in Belgio non si ripeta"
di Lodovico Poletto
"Io c'ero quella sera all'Heysel. E le
immagini di quella notte sono impresse qui, nelle mia mente, in
modo indelebile. Sono un ricordo orribile, sono la peggiore
pagina che annoveri lo sport". Dave Murphy oggi ha 38 anni. E'
uno dei capi della tifoseria del Liverpool, un organizzatore
pacato ed affidabile, che tiene tutto sotto controllo. Anche le
persone che lui accompagna in questo viaggio in Italia, la sua
prima volta a Torino. Il suo gruppo, 98 tifosi, sono atterrati
ieri mattina a Caselle, ed hanno scelto di andare a soggiornare
fuori città, ad Asti, perché sa che l'accoglienza, da parte di
alcuni gruppi di tifosi, non sarà di certo amichevole. Lui c'era
il 29 maggio del 1985 allo stadio della tragedia. Aveva 18 anni,
e i "reds", i rossi, erano già la sua passione. Fede di
gioventù. Altri tempi, altro tifo, altro modo di andare allo
stadio. Erano gli anni degli hooligans, della violenza
incontrollata, delle botte e delle cariche della polizia. "Ma io
stavo dall'altra parte. Io sono sempre stato contrario a quel
modo di intendere le competizioni sportive" racconta Dave. Stava
già studiando da capo tifoso, da leader, qual è oggi. Ecco,
quella notte Dave e gli altri suoi amici seduti in tribuna,
videro l'orrore, la morte. "Ero seduto lontano dai luoghi dello
scontro. Abbiamo visto le cariche, abbiamo assistito ai
tentativi di fuga dei tifosi. Ma non comprendevamo, non
riuscivamo ad avere la dimensione esatta di ciò che stava
succedendo..." ricorda. Fu tutto chiaro quando li fecero uscire
dallo stadio, quando la polizia belga li scortò lontano dal
terreno di gioco. Quando, per la prima volta, venne pronunciata
la parola "victims", vittime della follia hooligan. Due decenni
dopo restano solo le impressioni. Lo stadio in pessime
condizioni, i controlli che non c'erano, che non venivano fatti.
"Ho conservato il biglietto di quella partita. Mi ricordo che
quando sono uscito ce l'avevo ancora in mano: era integro, non
era neanche stata strappata la matrice...". Ma già prima degli
scontri, dei morti, e della festa finita in tragedia le
impressioni generali non erano buone. "L'Heysel era in pessime
condizioni. Era uno stadio vecchio, trascurato. Era una
struttura assolutamente inadatta ad ospitare un match di quel
tipo. E poi c'erano gli hooligans, quelli stavano in curva,
venuti giù soltanto per menare le mani...". Dopo quella notte
tentazioni di non andare più allo stadio non ne ha mai avute.
Lui ha sempre creduto nello sport inteso come amicizia, come
confronto leale. E ha lavorato sodo con decine di altre persone
per ripulire gli spalti da chi cerca solo violenza. "Due anni
fa, a Monaco, ho ritirato la coppa a nome della tifoseria dei
reds. Siamo stati premiati come i migliori supporters presenti
oggi in Europa. La violenza è uscita dai nostri club. L'abbiamo
isolata. Il fenomeno hooligan è stato sradicato. I club, oggi,
accolgono nei viaggi soltanto le persone iscritte. Infiltrati
non ce ne sono più. Abbiamo voltato pagina. E il premio che ci
hanno consegnato a Monaco è il miglior attestato".
13 aprile 2005
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA e WEB 13.04.2005
Ventinove maggio del 1985. In Belgio,
allo stadio Heysel, si disputa la finale di Coppa Campioni
Liverpool-Juventus. Sugli spalti, prima dell'incontro, esplode
la violenza: hooligans e ultrà bianconeri, separati da una esile
rete iniziano a scontrarsi. I tifosi bianconeri nel tentativo di
sfuggire agli assalti corrono verso le uscite, ma crolla un
muro. Muoiono 32 italiani e 7 inglesi.
Ieri, per ricordare le vittime
dell'Heysel, nella sede della Juventus è stato inaugurato un
cippo che ricorda quella tragica giornata ed i vertici della
società bianconera hanno incontrato quelli del Liverpool per
lanciare un messaggio di amicizia e fratellanza tra le due
squadre. "Lo sport deve essere disciplina di vita e non di
violenza", ha sottolineato il presidente della Juventus, Franzo
Grande Stevens, prima di chiedere un minuto di silenzio. Alla
cerimonia ha partecipato anche Otello Lorentini, presidente
dell'associazione dei familiari delle vittime. Lui, nello stadio
belga perse un figlio, medico, che si era fermato sugli spalti
per prestare soccorso ai tanti tifosi, italiani ed inglesi,
rimasti feriti durante gli scontri.
13 aprile 2005
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA e WEB 13.04.2005
Stasera dimenticate l'odio
di Andrea Lorentini
Premetto che non sono tifoso della
Juventus. Il mio cuore batte per l'Arezzo, la squadra della mia
città. Mi lega però a voi il triste ricordo della tragedia
dell'Heysel, la pagina più brutta nella gloriosa storia del club
che tanto amate. A Bruxelles ho perso per sempre mio padre,
schiacciato come altri trentotto innocenti dalla furia assassina
degli hooligans. Anche lui, come voi, amava i colori bianconeri.
Da quando il destino ha messo di nuovo di fronte Juventus e
Liverpool, curiosando nei vostri siti Internet ho fatto la
malaugurata scoperta che nell'animo di alcuni di voi cova il
sentimento di vendetta nei confronti dei supporter inglesi. Se
così fosse, a quale scopo ? Un gesto del genere avrebbe soltanto
il senso di mettervi alla stessa stregua di quegli hooligans
autori di un'autentica barbarie. Non lo vorrebbero né mio padre
né gli altri che, con lui, non tornarono più. Non lo vogliono i
loro familiari. Ho vissuto sulla mia pelle le terribili
conseguenze che la violenza può provocare. So che cosa
significa. Questa sera lasciate da parte l'odio e tutto il
resto. L'unica cosa che dovete fare è incitare e sostenere la
vostra squadra con la passione di sempre. Sarà il modo migliore
per ricordare chi ha pagato con la vita la sua fede calcistica.
Mio nonno, Otello Lorentini, è stato il presidente
dell'Associazione delle famiglie delle vittime e ha combattuto
una strenua battaglia per avere giustizia, ottenendola. Ha
fondato il comitato permanente contro la violenza nello sport.
La mia famiglia da venti anni lotta per estirpare questo cancro.
Una partita di pallone va vissuta come un momento di gioia,
aggregazione sociale e scambio culturale. Il calcio deve unire,
non dividere. Vi chiedo, dunque: stasera fate un passo avanti e
mostrate voi per primi al mondo che tragedie come quella
dell'Heysel non dovranno ripetersi mai più, che la lezione è
davvero servita, perché il calcio è vita. Domani, leggendo i
giornali e guardando la televisione, ci sentiremmo tutti un po'
migliori scoprendo che Juventus-Liverpool, come la sfida
d'andata disputatasi in un clima di straordinaria amicizia, è
stata quello che doveva essere: una semplice, grande, partita.
13 aprile 2005
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA e WEB 13.04.2005
Un
tranquillo mercoledì di paura
di Erika Petromilli
"La città vive queste ore con serenità
e spirito di ospitalità, ma non ci nascondiamo dietro a un dito.
Per questo chiedo a entrambe le tifoserie di isolare quelle
frange violente che, per quanto siano minoritarie, possono
creare situazioni di tensione e quindi potenziali incidenti". A
24 ore da Juventus-Liverpool a lanciare l'appello è stato il
sindaco Sergio Chiamparino che ieri ha riunito, insieme al
prefetto Goffredo Sottile, i vertici delle forze dell'ordine per
illustrare la macchina della sicurezza. Una macchina che non
concede spazi, mantenendo la massima allerta. Al questore
Rodolfo Poli che ha sottolineato che "la situazione rende
necessaria da parte nostra molta attenzione, per cui i normali
dispositivi di vigilanza sono stati rafforzati per evitare che
pochi sconsiderati rovinino quella che deve essere una festa",
ha fatto eco il comandante provinciale dell'Arma. "Le forze di
polizia - ha detto il colonnello Angelo Agovino - sono pronte e
preparate a respingere con decisione qualunque provocazione e
tentativo di turbare questo evento". Il prefetto si è poi
rivolto ai tifosi augurandosi "che le intemperanze di qualcuno
non danneggino l'immagine positiva che stiamo costruendo di
Torino, che vivrà un evento eccezionale con le Olimpiadi". Top
secret il numero di uomini impiegato per l'evento e i dettagli
della macchina-sicurezza. Si sa, però, dei contatti con la
polizia inglese, dei presidi nei punti caldi, come davanti allo
Juventus Store, delle pattuglie che controllano il centro, delle
scorte agli autobus dei tifosi dei Reds. E dei volantini in
inglese con indicazioni sui punti di ritrovo e i numeri utili,
dei servizi speciali "calibrati sulle necessità del momento",
come ha detto il questore aggiungendo che "prima, durante e dopo
la partita si andrà oltre l'ordinaria amministrazione, con
uomini e servizi particolarmente numerosi e efficaci". E un
primo esempio del funzionamento della macchina si è avuto ieri
quando in pochi minuti la zona del Delle Alpi si è riempita di
poliziotti per la segnalazione di una bomba in un'aiuola che si
è rivelata un vecchio e innocuo residuato bellico. E per
lanciare un segnale forte la società bianconera ha organizzato
una cerimonia in memoria delle vittime dell'Heysel. Del Piero e
Hyypia, i due capitani, hanno letto i 39 nomi e deposto 39 rose
bianche davanti alla lapide commemorativa di fronte a un
commosso Boniperti e ai rappresentanti delle squadre e dei
familiari delle vittime, mentre il presidente Franzo Grande
Stevens ha sottolineato che "lo sport deve essere disciplina di
vita e non di violenza".
13 aprile 2005
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA e WEB 13.04.2005
Juventus-Liverpool, la paura corre
sul filo della Rete
di Francesco Caremani
Oggi il quarto di finale di
ritorno a Torino, preceduto da una in terminabile serie di
reciproche minacce tra le due tifoserie su internet. In Piemonte
non più di 3000 inglesi.
"A Torino ci saranno scontri, questo è
inevitabile, i tifosi bianconeri non hanno dimenticato e
vogliono assolutamente vendicarsi. Sono anni che parecchi
inglesi in vacanza in Italia vengono picchiati da tifosi
juventini, l'ultima volta è successo l'estate scorsa a Rimini,
dove tre inglesi di Liverpool sono stati pestati". "...temo
anche io che non sia una festa... anzi ! Comunque non solo da
parte italiana, anzi mi hanno raccontato di veri e propri
messaggi di inglesi che si davano l'appuntamento e di bandiere
con scritte indicibili. Spero che tutto si possa controllare e
che non succeda niente... non sarebbe giusto". "Io ero a
Bruxelles 20 anni fa e ho visto i loro visi ebbri di gioia,
urlare impazziti per aver "conquistato" il settore Z, rovistare
negli zaini abbandonati, appropriarsi delle cose lasciate da
persone non abituate a scontrarsi, vantarsi di aver messo a
segno un "colpo" del quale vantarsi con le altre bande... E
oggi, dopo anni di sofferenza, vogliono propinarci una festa di
sport ?". Incredulità, timore. Sono solo alcuni degli stati
d'animo che si possono provare, all'interno di una gamma più
vasta, di fronte a queste dichiarazioni pescate in rete nei siti
del tifo bianconero, tra forum e scambi di mail. Alcune,
addirittura, scritte dai capi storici della "curva Scirea",
elemento maggiormente allarmante in quanto rappresentativi di
gruppi più vasti e numerosi di quelli che possono frequentare
internet. Non v'è dubbio, l'allarme ordine pubblico per la
partita di questa sera tra Juventus e Liverpool, ritorno dei
quarti di finale di Champions League, è massimo e crediamo che
le forze dell'ordine, se hanno fatto bene il proprio lavoro,
conoscano alla perfezione ambiente ed elementi del tifo
bianconero. Forse sanno anche di quello che gira in rete e hanno
letto prima di noi le frasi che riportiamo. Frasi partorite da
menti ultrà, difficili da comprendere se non interpretando un
mondo e un modo di concepire il tifo tutto particolare, con
amici e nemici, con vendette e conquiste, con trofei da esibire
e altri da difendere. Se poi è vero che gli scontri sono stati
già preventivati, quindi meticolosamente preparati, da entrambe
le parti la questione diventa ancora più complessa. Fatto sta,
comunque, che per la prima volta il Liverpool sarà seguito da
meno di 3 mila tifosi in una trasferta di Champions, record
negativo che la dice lunga sullo stato d'animo che pervade la
Kop, con circa mille tagliandi rimasti invenduti. Su questo ha
pesato non poco l'atteggiamento del tifo bianconero all'Anfield
Road durante la cerimonia prepartita. Certo è difficile definire
una cerimonia che si è svolta senza i familiari delle vittime,
nemmeno invitati, in una città che è legata alla tragedia
dell'Heysel per strage, ma le offese al sindaco di Liverpool, le
schiene girate e il dito medio alzato, comportamenti spesso
glorificati nei menzionati siti, non appartengono allo sportivo
vero, al tifoso amante del gioco e del fair play, e in qualche
modo hanno danneggiato l'immagine di un'intera tifoseria, quella
bianconera, di una città, Torino, e di una nazione, l'Italia.
Ancora alle prese, vent'anni dopo la strage di Bruxelles, con
enormi problemi d'ordine pubblico. "...Se speri che noi ultras
diamo la mano ai reds... stai proprio sognando ! Cerca di non
svegliarti, sennò il tuo sogno si tramuterà in incubo !", scrive
un altro ultrà bianconero. Banale e retorico, soprattutto per
chi ha da sempre in mente le immagine dell'Heysel, parlare di
festa dello sport che qualsiasi episodio di violenza
rovinerebbe, ma l'allarme ordine pubblico, di fronte a certe
dichiarazioni, crediamo raggiunga apici mai visti prima in
Italia per una gara di Champions League. I familiari delle
vittime sono persone spesso chiuse nel proprio dolore, molti non
sono pronti a perdonare, altri, più semplicemente, non lo
faranno, ma non hanno mai parlato di vendetta. Parola che
appartiene al vocabolario ultras, al peggio del tifo. Se
l'allarme ordine pubblico si trasformerà nell'incubo che la rete
ci fa presagire nessuno rifletterà abbastanza sul fatto che dopo
Heysel e dopo il silenzio durato venti lunghi anni, le 39
vittime potrebbero essere calpestate una terza volta.
13 aprile 2005
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA e WEB 13.04.2005
Una lunga vigilia
di paura
di Niccolò Zancan
Che il clima sia pesante lo si capisce
bene da un dato preciso. Ieri sera in Inghilterra si è chiusa la
prevendita per Juventus-Liverpool. I tifosi dei reds hanno
comprato 2.500 biglietti su 3.600 disponibili. Molti meno del
previsto. La stampa inglese non nutre dubbi sul motivo:
preoccupazione. Dopo gli insulti al sindaco di Liverpool, Mr
Frank Roderik e il rifiuto di un gesto d'amicizia. Dopo le
spalle voltate e il dito medio alzato come coreografia della
curva bianconera in trasferta. Dopo le minacce di vendetta
ripetute da una piccola parte dei tifosi juventini, prima,
durante e dopo la partita del ricordo, a vent'anni dalla
tragedia dell'Heysel. Non è una vigilia come le altre quella che
porta al ritorno di mercoledì sera allo stadio Delle Alpi e non
potrebbe esserla, anche se la polizia cerca di minimizzare. Si
parla poco di calcio, molto di altro. Ma ci sono sfumature
estremamente diverse nel dolore e nella rabbia. La curva
bianconera ha annunciato un comportamento simile a quello
dell'andata. Volteranno ancora le spalle durante il minuto di
silenzio. La protesta è anche nei confronti della società:
"Perché la Juventus per vent'anni si è dimenticata dei nostri
morti all'Heysel". Chiedono che il 29 maggio sui maxi schermi
dello stadio - ultima di campionato, Juventus-Cagliari in
calendario - ci sia un collegamento in diretta di cinque minuti
con la cerimonia di commemorazione in programma a Bruxelles. La
questura di Torino in collaborazione con Scotland Yard sta
organizzando un servizio di sicurezza imponente: "Quello delle
partite più delicate". Novecento agenti impegnati. Divieto di
somministrazione delle bevande alcoliche in tutte le forme dalla
mezzanotte di martedì. Ma non è tanto il tempo della partita e
il luogo fisico dello stadio a preoccupare gli agenti della
Digos e il questore di Torino, Rodolfo Poli. Ma il prima e il
dopo. La possibilità che piccoli gruppi di tifosi del Liverpool
entrino in contatto con ultras juventini. La città, soprattutto
il centro, i parchi e le zone dei locali notturni, sarà
pattugliata a partire da martedì. Il dibattito fra tifosi
juventini è acceso e spesso poco edificante. Discussioni e
farneticazioni si inseguono su Internet. Sono messaggi come
questi a preoccupare la polizia. "Aprite le orecchie fratelli
Gobbi: sono anni che i nostri morti giacciono dimenticati in
cimiteri di provincia e non mi sembra giusto che vengano
oltraggiati una seconda volta in nome di un perdonismo che non
può appartenerci. Quegli infami che caricarono le nostre
famiglie, depredando i cadaveri di ogni avere, scenderanno a
Torino con due decenni in più sulle spalle ma la stessa puzza di
birra di allora. Volete accoglierli con un sorriso sulle labbra
? Se appartenete a questo genere di persone mi fate schifo.
Fuori le palle gobbi, oppure statevene a casa. Questa non è roba
per voi !". Oppure: "Io non accetto le loro scuse, io respingo
al mittente il loro pentimento, io non stringo quelle mani lorde
di sangue. Sono passati quasi vent'anni e non è cambiato nulla,
perché quel seme interrato all'Heysel, oggi è diventato una
pianta dalle radici così forti e profonde che nessuno può
abbatterle: è l'albero del disprezzo". Anche dall'Inghilterra
arrivano voci sinistre. Sono voci che nessuno è ancora riuscito
a verificare. Raccontano dell'intenzione di alcuni hooligans di
aggirare il servizio di scorta allo stadio con un piano
semplice: atterrare all'aeroporto della Malpensa invece che a
Caselle. Sottrarsi ai controlli e muoversi liberamente. Ma da
giorni anche la polizia inglese è al lavoro per gestire nel modo
migliore la partita di mercoledì notte. Juventus-Liverpool, e
tutto quello che si agita intorno.
14 aprile 2005
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA e WEB 14.04.2005
Prima
del match gli ultrà juventini attaccano i sostenitori dei reds
Un gruppo di buontemponi
accolti da sassi e molotov
di Pierangelo Sapegno
Bulloni, bottiglie e urla "odio
Liverpool" contro i fan ospiti che scattavano foto e
fraternizzavano anche con gli agenti.
TORINO - Che pena. Dovevamo raccontare
una giornata con gli inglesi, una tranquilla giornata di sport
vista dall'altra parte. Dovevamo parlare di Brenda e della sua
paura, delle speranze di Jeffrey, di David Murphy e di Kate
Sparks che continuano a chiedere perdono e di Ray Fearnyough che
voleva andare in un pub con i tifosi juventini, dopo la partita.
Invece siamo qui a raccontare una guerriglia di teppisti, questo
fumo che brucia gli occhi e la gola, i lanci di molotov e bombe
carta, e le macchine incendiate, e queste spaventose facce da
passamontagna, le tenebre e l'orrore, le cariche contro la
polizia, fiamme e clangore di battaglia. Due ore così. E gli
inglesi non c'entrano niente. Al Delle Alpi, come a San Siro, o
come all'Olimpico, la musica ormai è sempre la stessa, e il
calcio in Italia sta diventando uno sport in mano a bande di
teppisti. Dobbiamo cominciare a rendercene conto e a dire le
cose come stanno. La vergogna dell'Europa siamo noi.
Dappertutto, in Inghilterra, in Francia o in Germania, si può
andare a vedere una partita di calcio tranquillamente. Da noi,
invece, si va impunemente alla guerra. Ieri la pace effimera
della partita è durata solo fino a poco prima delle 19, quando
sono cominciati ad arrivare allo stadio i primi pullman degli
inoffensivi e pacifici tifosi inglesi. Subito un lancio di
bottiglie vuote e parata di teppisti con i passamontagna che
minacciano i cordoni dei carabinieri, levando le aste delle
bandiere come spranghe. Poi, mentre gli inglesi ballano un po'
alticci e stringono le mani ai poliziotti che li sorvegliano
urlando "I-ta-lia, I-ta-lia", le frange estremiste degli ultrà
si organizzano e preparano l'assalto. Cercano di rompere i
cordoni delle forze dell'ordine e aggredire gli inglesi.
Spranghe e molotov. Il piazzale è avvolto dal fumo. Brucia una
macchina della polizia. I carabinieri respingono l'assalto. Sono
minuti interminabili. In mezzo alla battaglia, si levano fiamme
e grida. La polizia torna alla carica. Decidono di chiudere le
due curve, la Sud e la Nord, perché ci sono degli ultrà senza
biglietto che cercano di entrare. Chi è dentro è dentro, chi è
fuori sta fuori. A questo punto, la battaglia, non è più contro
gli inglesi. E' una sfida contro le forze dell'ordine. Il lancio
delle bottiglie molotov, bulloni e pietre dura un'altra ora.
Vanno in fiamme tre macchine (due della polizia). In tutto,
quasi 2 ore di scontri. Il bilancio è di 20 contusi (8 dei quali
poliziotti) e tre ricoveri in ospedale. E' uno spettacolo
avvilente, che si ripercuote nello stadio. E' da quando hanno
aperto i cancelli, alle 18, che l'unico grido che si sente
levare dalle curve juventine è "Odio Liverpool". Qui non c'entra
il governo, o altre balle del genere. E' una demenza diffusa e a
piede libero, che inquina tutto il mondo dello sport. E fa un
certo effetto raccontare questa miseria, dopo aver passato una
giornata intera con degli spauriti tifosi inglesi che volevano
solo tendere la mano ai loro rivali e fare il tifo. Brenda ci
raccontava di essere sempre andata in tutte le trasferte di
Champions, "ma di non aver mai trovato un clima come questo, una
situazione così tesa e incontrollabile. Confesso di aver paura,
per la prima volta". Fuori dallo stadio, quando c'erano stati
solo i primi accenni di violenza, gli inglesi sembravano una
ridicola e tenera armata Brancaleone, con uno a torso nudo che
ballava come se fosse in spiaggia e un altro che continuava a
insistere con il primo dirigente Salvatore Sanna, capo della
sicurezza all'esterno, perché gli facesse una foto con la
bandiera assieme agli amici. "Lascia stare, fai il bravo", gli
diceva Sanna. E quello: "Devi solo schiacciare qui, dai". C'era
uno, un po' più alticcio degli altri, che passava a stringere le
mani ai carabinieri: "Io amo l'Italia". Sembrava tutto troppo
tranquillo. Fino a quel momento c'era stato solo un tafferuglio,
quando il primo pullman degli inglesi era arrivato allo stadio
poco prima delle 19. I tifosi si erano affacciati dai
finestrini, urlando "Liverpool" e salutando allegramente.
Dall'altra parte, cori di "bastardi, bastardi" e pioggia di
bottiglie di birra che si rompevano al suolo. Gli altri undici
pullman avevano capito l'antifona al volo. Finestrini chiusi e
nessuno che faceva ciao. Dopo mezz'ora di irreale tranquillità,
all'improvviso era ripartita la battaglia. E' andata avanti per
un'eternità, anche mentre dentro lo stadio le squadre si
schieravano sul campo. Dagli spalti, stesso clima. Lancio di
pietre e razzi contro i tifosi del Liverpool. Sfilavano i
ragazzini con la bandiera della pacificazione, che portava la
scritta "memoria e amicizia", e partivano solo bordate di fischi
e i cori "Odio Liverpool". Dalla curva spuntavano altri
cartelli: "Una partita da onorare per ricordare 39 angeli" e
tutta quella retorica che suona così male quando è dominata
dall'odio. "Da lassù 39 angeli con lo sguardo fiero tifano con
noi. Siete l'orgoglio del popolo bianconero". Belle parole.
Sarebbero più belle ancora, fossero senza violenza.
14 aprile 2005
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA e WEB 14.04.2005
Tensione
prima di Juventus Liverpool
E la polizia scorta gli
hooligans. Per proteggerli
di Luca Valdiserri
DAL NOSTRO INVIATO. TORINO - C'è chi ha
preferito dormire fuori Torino, provando le raffinatezze eno
gastronomiche di Asti, e arrivare allo stadio nel tardo
pomeriggio. E c'è chi ha fatto il "giro largo", passando da Roma
e non viaggiando con i charter. Uno di loro si è persino
comperato un cappellino della Juventus e ha lasciato a casa la
maglia del Liverpool. Qualcuno ha fatto scorta di birra a
Fiumicino, visto che a Torino c'è stato il bando per gli
alcolici, e ha raccolto la solidarietà di alcuni inservienti,
tifosi romanisti, pronti a dimenticare la finale di Coppa
campioni perduta nell'84 per concentrarsi sulla rivalità con i
bianconeri. Una volta erano i temutissimi hooligans inglesi,
ieri erano semplici tifosi in trasferta, superblindati per
essere più protetti che sorvegliati. Qualcuno aveva sotto
braccio una copia del giornale di casa e qualcuno una copia
della Gazzetta dello Sport. La foto di Dida, bombardato a San
Siro dagli ultrà dell'Inter, divideva in due i commenti. Quelli
che la prendevano sul sociologico: "Da noi il problema è stato
risolto, ora gli hooligans siete voi". E quelli che,
preoccupati, facevano mille domande ai responsabili dell'agenzia
che aveva organizzato il viaggio: spostamenti, sicurezza, posto
di ritrovo, distanza dello stadio dall'aeroporto. La Juve aveva
messo a disposizione 3.500 biglietti per la tifoseria inglese:
ne sono tornati indietro mille. Un segno chiarissimo del timore
che la partita di ritorno dei quarti di Champions League potesse
trasformarsi in una vendetta per i 39 morti della notte
dell'Heysel. Alla vigilia l'episodio più violento è avvenuto
nella notte, in un pub, dove un gruppo di ultras juventini
armati di mazze ha aggredito alcuni tifosi inglesi, ferendone
uno alla testa. Otto i denunciati, tutti torinesi, la
maggioranza dei quali ben conosciuti alle forze dell'ordine.
Altre due le risse evitate nella notte dall'intervento delle
forze dell'ordine. Oltre mille gli agenti impegnati. I tifosi
del Liverpool sono sbarcati quasi tutti a Torino Caselle, ma un
charter è atterrato anche a Malpensa. Gli inglesi sono stati
scortati a piedi da polizia e carabinieri verso l'uscita di
sicurezza laterale per evitare contatti. Sono stati poi portati,
in pullman, al posto di ritrovo di Lungo Dora Siena. Alle 17 la
partenza per lo stadio, tra le 17.30 e le 18.30 l'arrivo, i
controlli e l'ingresso. E' lì che si è avuto il momento di
maggiore tensione, quando circa 500 ultrà bianconeri, molti dei
quali a volto coperto, hanno cercato di attaccare i pullman
degli inglesi. Sono stati respinti dagli agenti, anche con un
lancio di lacrimogeni, ma hanno comunque incendiato tre
automobili (due della polizia) e risposto con bengala e
fumogeni. Bilancio: venti contusi (otto poliziotti) e tre ultrà
fermati prima che la partita, con tutti gli inglesi dentro il
Delle Alpi, interrompesse almeno per 90' la tensione. Poi, a
notte fonda, il ritorno all'aeroporto per rientrare a Liverpool.
14 aprile 2005
Fonte: Il Corriere della Sera
ARTICOLI STAMPA e WEB 14.04.2005
E a Torino la
vendetta ultrà
di Nicolò Zancan
TORINO - Un'ora a giocare alla guerra.
Con le molotov in mano, i bulloni in tasca, lanciando bottiglie
nel mucchio, sulla testa di chi scappa e non capisce: "Ma chi
sono quelle bestie, inglesi ?". No, sono tutti tifosi della
Juventus, ragazzi italiani con le facce nascoste nelle sciarpe,
e un solo striscione esemplificativo: "Amici di nessuno". Sono
venuti a mantenere le loro promesse terribili: "Vendetta !
Quegli infami che caricarono le nostre famiglie scenderanno a
Torino con due decenni in più sulle spalle ma la stessa puzza di
birra di allora. Vendetta !". Duemila inglesi arrivano allo
stadio alle 18,30. Una fila di venti pullman più che scortati
dalle forze dell'ordine, separati dal resto della città. Fanno
la fila davanti all'ingresso del settore Est 3, protetti da un
cordone di polizia imponente. Cinquanta di loro sono ubriachi
fradici. Per tutto il pomeriggio hanno corretto bottiglie da due
litri di Coca Cola con superalcolici. Cantano a torso nudo,
mostrano bandiere e tatuaggi. Ma nessuno li sente. Perché 400
tifosi della Juventus hanno deciso di sfogarsi contro le forze
dell'ordine che impediscono il contatto. "Non chiamateli
tifosi", urla un poliziotto che si lancia nella bolgia con il
casco in testa e la visiera abbassata. Pugni, manganelli, occhi
neri, labbra insanguinate. Quattro arresti in flagrante. Due
elicotteri volano sopra gli scontri, polizia e carabinieri.
Esplodono botti fortissimi, che non sono petardi e non solo
bombe carta. Sono anche bottiglie incendiarie. E infatti
bruciano tre auto, due della polizia. Qualcuno lancia delle
pietre, oppure pezzi di asfalto sbriciolato. Si avvicinano le
sirene delle autoambulanze, i mezzi dei vigili del fuoco. E' una
colonna sonora che fa paura. Famiglie scappano via di corsa, un
giornalista del London Time guarda il fumo e dice: "Mai visto
niente del genere". Sono le sette di una sera bellissima, con il
sole rosso e le montagne vicine. "Anche quel giorno all'Heysel
era una bellissima giornata di sole", ricorda un signore che si
chiama Adriano Lazzarini. Era allo stadio anche il 29 maggio
1985, nel settore Z: "Ma io ero in alto e mi sono salvato". Non
è stata la festa dello sport che auspicava il sindaco di Torino,
Chiamparino. E stata una giornata vissuta con grande
preoccupazione e poi un'ora di violenza assurda, annunciata. Con
i ragazzi del reparto mobile a schivare i bulloni, a saltare
davanti alle esplosioni che divampavano ai loro piedi. E i
tifosi del Liverpool a intonare i loro cori nello spiazzo
blindato davanti al Delle Alpi. Le forze dell'ordine hanno
isolato i 400 irriducibili. Nei giorni prima avevano scritto su
internet messaggi come questo: "Io non accetto le loro scuse, io
non stringo quelle mani lorde di sangue. I semi dell'Heysel
hanno fatto crescere la pianta del disprezzo". Alle sette e
mezza di sera urla, botte e facce terrorizzate. Sospetti
terribili: "Agente, controlli quel sacchetto, forse c'è una
bomba". Gli ultras della Juve prima cercano di sfondare il
settore Est 4, poi assaltano il settore Sud. La polizia è
costretta a sparare lacrimogeni, persino da dentro lo stadio
verso fuori. E la gente piange, si tiene gli occhi e il naso.
Due bambini con la sciarpa della Juve scappano a casa. Gli
arrestati non sono nomi sconosciuti alle forze dell'ordine. Sono
facce già fotografate e riprese dalle telecamere dello Stadio
delle Alpi. Alcuni sono estremisti di destra. Come i sei ragazzi
che martedì sera hanno organizzato la caccia agli inglesi. Sono
usciti di casa con le fidanzate e le mazze di ferro nel
bagagliaio. Hanno scelto un pub di Via Po, in pieno centro. Sono
entrati a mezzanotte con le sciarpe bianconere calate sugli
occhi e hanno preso a bastonate il primo ragazzo venuto da
Liverpool. Sette giorni di prognosi. I ragazzi con i bastoni
sono stati denunciati dalla DIGOS. Poi con la stesse facce sono
andati allo stadio.
14 aprile 2005
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA e WEB 14.04.2005
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