Nove fucilate coperte
dagli applausi
mentre Catania e
Perugia entrano in campo
L'uomo aveva litigato
sugli spalti con alcuni giovani
spettatori - Infuriato, ha
imbracciato l'arma ed ha aperto
il fuoco 12 mila persone - Fuggi
fuggi generale - Uno dei
ricoverati in ospedale è
gravissimo.
CATANIA - Tragedia allo
stadio "Cibali" pochi attimi
prima che si iniziasse la
partita Catania-Perugia, uno dei
match decisivi per la promozione
alla serie A. Il bilancio è
gravissimo, un morto e 25
feriti. Il custode dell'Impianto
catanese, il cinquantatreenne
Angelo Grasso, padre di 11
figli, esasperato perché dalla
nuova curva sud molti spettatori
continuavano a gettare rifiuti
davanti alla sua abitazione, è
andato ad armarsi del suo fucile
semiautomatico (regolarmente
denunciato assieme a due
pistole), è tornato fuori e ha
cominciato a sparare
all'impazzata. C’è stato un
fuggi fuggi generale e non s'è
capito in un primo momento
perché, dato che gli spari del
fucile del Grasso si sono
confusi con i mortaretti
predisposti dai tifosi per
l'ingresso delle squadre in
campo. Poi dall'altoparlante una
voce chiedeva l'ausilio urgente
di un'ambulanza nei pressi della
curva Sud. A terra sono rimasti
diversi feriti, ma molta gente è
rimasta contusa nella fuga e nel
parapiglia generale.
All'ospedale "Garibaldi" dopo
pochissimi minuti è stato
ricoverato il ferito più grave,
il ventottenne Lorenzo Marino
colpito ad un occhio, al viso e
alla spalla. Dopo due ore il
Marino, padre di due figli,
impiegato al "Cross-Market" è
deceduto. Un altro tifoso
ferito, il venticinquenne
Salvatore Ragusa è in gravissime
condizioni. Altre 24 persone
hanno riportato lesioni più o
meno gravi. Angelo Grasso, ex
mezzofondista, è uno dei custodi
dello stadio proprio per i suoi
passati sportivi: non ha
precedenti penali. È stato
subito arrestato dai carabinieri
dopo la sparatoria ed ha fatto
il giro del campo ammanettato in
mezzo ad un manipolo di
militari. Il brigadiere
Francesco Greco ed il
maresciallo Ajello dei
carabinieri sono stati i primi a
lanciarsi addosso all'uomo
riuscendo ad immobilizzarlo e a
disarmarlo. Poi gli sforzi per
sottrarlo al linciaggio, quindi
il trasferimento in caserma per
l'interrogatorio. L'arma, un
fucile semiautomatico, ha
sparato 9 colpi. Avrebbe
continuato a sparare se non gli
fossero saltati addosso i
carabinieri e altre persone per
disarmarlo.
13 giugno 1983
Fonte: Stampa Sera
Il
pazzo dello stadio ora si
dispera "Non volevo, mi hanno
provocato"
Angelo Grasso, custode
del Cibali di Catania, ha detto
che da settimane i tifosi
teppisti facevano esibizioni
oscene davanti alle figlie - Ha
sparato nove colpi; sfiorato il
massacro.
CATANIA - Perderà quasi
sicuramente un occhio uno degli
spettatori feriti ieri dal
custode dello stadio "Cibali".
Salvatore Ragusa, 25 anni,
carpentiere, è stato raggiunto a
una spalla e al volto dai colpi
sparati da Angelo Grasso. I
medici lo hanno sottoposto
immediatamente a un lungo
intervento chirurgico. Le sue
condizioni erano disperate.
Stamane la prognosi è ancora
riservata, ma, nonostante la
grave menomazione, la sua vita
non sembra più in pericolo.
Nella camera mortuaria
dell'ospedale, invece, si trova
ancora il corpo di Lorenzo
Marino, l'impiegato di 28 anni,
padre di due figli, che ha avuto
il cervello trapassato dai
proiettili. I funerali
dovrebbero svolgersi domani. Per
quanto riguarda le altre vittime
della sparatoria solo tre sono
ancora ricoverate al "Garibaldi"
di Catania. Nessuna di loro è in
gravi condizioni. Sono stati
dimessi tutti coloro che avevano
subito contusioni ed
escoriazioni nel fuggi fuggi
generale dalla curva Sud. Il
bilancio di questa allucinante
vicenda poteva essere ancora più
disastroso. Solo il caso ha
impedito che i nove colpi
sparati da Angelo Grasso sulle
gradinate raggiungessero un
numero più elevato di
spettatori. L'intervento dei
carabinieri, poi, ha fatto il
resto. L'uomo, infatti, esaurito
il caricatore della sua arma, si
apprestava ad inserire altri
proiettili con l'intenzione di
aprire nuovamente il fuoco. Per
fortuna è stato bloccato in
tempo. Angelo Grasso dovrebbe
essere interrogato entro oggi
dal magistrato che si occupa
dell'inchiesta. Per tutta questa
notte, nella sua cella del
carcere di Catania, l'omicida ha
singhiozzato. Passata la crisi
di follia, ora si dispera. "Non
volevo, non è colpa mia -
continua a ripetere - sono stati
loro a provocarmi, non ce la
facevo più". Secondo quanto ha
raccontato ai carabinieri,
l'episodio di ieri pomeriggio è
stato solo il momento culminante
di una vicenda che si protraeva
da parecchi mesi. Sembra che
tutte le domeniche, quanto il
Catania giocava al "Cibali",
gruppi di giovani teppisti
avessero preso l'abitudine di
provocare il custode. La casa di
Angelo Grasso è proprio sotto la
curva Sud, dove prendono posto
abitualmente i tifosi più
scalmanati. Fra di loro sembra
che alcuni si divertissero ad
orinare, dall'alto,
sull'ingresso di casa, a
lanciare ogni sorta di
immondizie verso le finestre, a
fare esibizioni oscene davanti
alla moglie e alle figlie del
custode. Angelo Grasso, ormai,
non sapeva più come difendersi.
Ieri gli episodi si sono
ripetuti e lui è intervenuto per
farli smettere. Ha ottenuto solo
insulti e, poi, un fitto lancio
di sassi. È a questo punto che è
scattata la follia. Il custode è
rientrato in casa, ha caricato
uno dei due fucili da caccia che
possiede e si è recato davanti
alla curva Sud. Nessuno gli ha
fatto caso. Le sue urla erano
coperte dai clamori dello
stadio. Le squadre (la partita
Catania-Perugia stava per
cominciare) si apprestavano ad
entrare in campo e gli scoppi
dei mortaretti si sono confusi
con il rumore delle fucilate.
Quando la folla si è resa conto
di che cosa stava succedendo, il
panico è dilagato. La gente è
fuggita, spingendosi,
calpestandosi. È stato un
momento terribile, durante il
quale la tragedia poteva
assumere dimensioni
raccapriccianti.
13 giugno 1983
Fonte: Stampa Sera
Catania: descritto come
uomo mite, avrebbe sparato
accecato dall'ira
Si dispera il custode
dello stadio che ha aperto il
fuoco sulla folla
di Franco Sampognaro
La moglie: "Era
esasperato dalle continue
provocazioni dei teppisti" -
Migliora il tifoso ferito al
fianco.
DAL NOSTRO
CORRISPONDENTE CATANIA - Lo
sgomento per l'assurda tragedia
scoppiata domenica pomeriggio
allo stadio "Cibali" non si è
ancora placato. In strada, nei
locali pubblici e nelle
abitazioni, i commenti si
intrecciano. La gente si chiede
rabbrividendo come ha potuto
Angelo Grasso, il custode del
campo sportivo, padre di undici
figli, puntare il suo fucile a
ripetizione contro i giovani
tifosi che gremivano la curva
Sud. Follia omicida, sanguinosa
vendetta ? O forse nelle
intenzioni dell'uomo non c'era
volontà di uccidere ma soltanto
di spaventare gli spettatori ?
Il bilancio del sanguinoso
episodio è stato pesante: un
metronotte di 28 anni, Lorenzo
Marino, sposato e padre di due
bimbi, raggiunto in pieno viso
da una delle nove fucilate, è
morto un'ora dopo in ospedale.
Un altro spettatore, Salvatore
Ragusa, 24 anni, è stato colpito
a un braccio e a un fianco e si
temeva per la sua vita. Le sue
condizioni sono però andate via
via migliorando e i medici ieri
pomeriggio hanno sciolto la
prognosi. Altri 25 giovani sono
stati raggiunti dai pallini
dello sparatore o sono rimasti
contusi durante il fuggi fuggi
generale. I medici dei vari
ospedali li hanno dimessi dopo
la medicazione. L'omicida, che
si trova rinchiuso nel carcere
di piazza Lanza a disposizione
del magistrato inquirente,
sembra aver riacquistata la sua
lucidità mentale. È stato
denunciato per omicidio e spari
in luogo pubblico. Il rimorso
per ciò che ha fatto in un
momento di esasperazione sembra
schiacciarlo. A caldo, dopo
l'arresto e il trasferimento
nella caserma dei carabinieri di
piazza Verga, per il primo
interrogatorio, l'uomo ripeteva
tra le lacrime: "Non so che cosa
ho fatto, non ricordo, ho la
testa che mi scoppia ! So
soltanto che non ne potevo più.
Era da molto tempo che subivo
sconcezze e beffe, e io sempre a
sopportare pazientemente, a
ripetere: ragazzi, ma perché
fate queste cose ? Perché non
avete un po' di rispetto ?" I
tifosi, i giocatori e i
dirigenti della squadra locale
lo conoscevano tutti. "Una
persona buona e mite" dicono,
"sempre gentile, educato,
incapace di far male a una
mosca". "Lo conosco bene - dice
l'ex sindaco Marcoccio - è da
trent’anni che fa il custode al
"Cibali". È stato sempre un uomo
tranquillo e prudente. Deve
essere improvvisamente impazzito
per commettere un gesto del
genere". "Era esasperato -
ripete la moglie tra i
singhiozzi che la scuotono
tutta. Ogni volta che il Catania
giocava al Cibali, dinanzi alla
nostra abitazione piovevano
lattine e bottigliette vuote,
cicche, cartacce, pacchetti di
sigarette". Domenica i teppisti,
confusi tra gli spettatori,
sembra che abbiano oltrepassato
ogni limite. Quando Grasso
protestò gli scagliarono una
lattina in faccia e presero a
schernirlo. Sua moglie e una
figlia, uscite dalla casa,
cercarono di convincere il
congiunto a rientrare e lasciar
perdere. Ma, a quanto pare,
proprio in quel momento qualcuno
dei ragazzi più intemperanti si
denudò e dagli spalti orinò
sghignazzando all'Indirizzo del
custode e delle due donne.
Rientrato in casa e imbracciato
il fucile da caccia, è corso
fuori, sotto gli spalti, invano
trattenuto dalla moglie: "Levati
o ammazzo anche te !". Poi,
accecato dall'ira, ha aperto il
fuoco verso la folla. Nessuno,
nelle altre tribune, si è subito
reso conto dell'accaduto. Gli
scoppi dei mortaretti avevano
infatti coperto il rumore delle
schioppettate, e lo sbandamento
della folla, nella curva Sud, in
un primo momento è stato
attribuito a un petardo. Nemmeno
un figlio del custode omicida,
che si trovava fra gli
spettatori, ha capito che stava
succedendo qualcosa di grave. Ma
poco più tardi, quando la
notizia dell'accaduto si è
sparsa In città e le ambulanze,
a sirene spiegate, hanno preso a
percorrere le strade dei tre
ospedali, migliaia di persone si
sono riversate come impazzite
nei pronti soccorsi. Erano i
parenti dei tifosi recatisi allo
stadio, che implorando o
urlando, chiedevano agli
infermieri i nomi dei feriti.
14 giugno 1983
Fonte: La Stampa
In Assise a Catania, il
pubblico ministero aveva chiesto
ventidue anni.
Tredici anni al custode
dello stadio
Sparò sulla folla e
uccise un tifoso
di Nino Amante
DAL NOSTRO
CORRISPONDENTE CATANIA - Due
anni fa, esasperato per le beffe
di alcuni tifosi in procinto di
assistere a una partita tra il
Catania e il Perugia, esplose
dieci colpi di fucile da caccia
contro le gradinate dello stadio
Cibali, uccidendo uno spettatore
e ferendone altri trentadue;
Ieri, Angelo Grasso, 56 anni,
metà dei quali passati a fare un
guardiano dell'impianto
sportivo, è stato condannato a
tredici anni di carcere dai
giudici della corte d'assise
presieduta dal dottor Lorenzo
Inserra. Il pubblico ministero,
Giuseppe Foti, aveva chiesto
ventidue anni. La corte, invece,
tenuto conto del particolare
clima in cui è maturato
l'episodio, gli ha riconosciuto
le attenuanti generiche e della
provocazione. Grasso è sì
colpevole di omicidio volontario
e lesioni plurime, ma - a
giudicare dalla sentenza -
quando imbracciò il fucile era
accecato dalle umiliazioni
subite. Troppe volte aveva
dovuto sottostare alle angherie
di gruppi di teppisti affacciati
alla ringhiera esterna dello
stadio, proprio sopra la casetta
di proprietà del Comune in cui
l'uomo viveva assieme alla
moglie e alle figlie. "A ogni
partita angosce, e umiliazioni -
ha raccontato l'uomo ai giudici.
Ci insultavano, ci lanciavano
cocci di bottiglie e lattine
vuote, avevano scambiato il mio
cortile per un gabinetto.
Inutili le mie lamentele con i
dirigenti dello stadio. Avevo
chiesto un servizio di
sorveglianza da parte della
forza pubblica, invece mi hanno
lasciato solo, solo con quegli
scalmanati". In questo clima, il
12 giugno dell'83, maturò la
tragedia. Fra i mortaretti che
incitavano il Catania
lanciatissimo verso la
promozione in serie A, pochi,
negli altri settori del Cibali,
udirono le scariche di
pallettoni che seminavano il
panico sui gradoni della curva
Sud. Solo le sirene delle
ambulanze richiamarono
l'attenzione degli spettatori,
condussero lo stadio alla realtà
del dramma che si consumava fra
il campo e gli ospedali
cittadini dove Lorenzo Marino,
28 anni, metronotte, padre di
due figli, spirava pochi minuti
dopo il ricovero e numerose
altre persone lottavano contro
la morte. Una tragedia non
voluta, secondo la linea di
difesa, "Non avevo intenzione di
uccidere - ha dichiarato l'uomo"
- sparai per spaventare quei
teppisti. Non per ammazzare quel
poveretto che non c'entrava per
nulla. Quel pomeriggio avevo
dovuto subire umiliazioni a non
finire. Mi azzardai a protestare
e mi lanciarono una lattina di
Coca Cola che mi colpì al
volto".
10 ottobre 1985
Fonte: La Stampa
Tredici anni all'omicida
dello stadio
CATANIA (g.t.) - È stato
condannato a 13 anni per
omicidio dalla Corte d' assise
di Catania il custode dello
stadio comunale "Cibali", Angelo
Grasso, che il 12 giugno 1983,
poco prima dell'inizio della
partita di serie B tra Catania e
Perugia sparò con il fucile da
caccia contro i tifosi assiepati
nella curva Sud, uccidendone uno
(il metronotte Lorenzo Marino) e
ferendone più o meno gravemente
altri trentadue. La corte,
presidente il dottor Inserra, ha
riconosciuto all' omicida le
attenuanti generiche e quelle
della provocazione, riducendo la
richiesta del Pm che era stata
di ventidue anni. Alla base
della tragedia l’esasperazione
di Angelo Grasso, da trent'anni
custode dello stadio, ormai
vittima domenicale
dell'inciviltà dei tifosi che
gliene facevano di tutti i
colori, fino ad arrivare a
orinare sulla sua abitazione
dalle gradinate. Anche quella
domenica gli insulti e il lancio
di oggetti si erano ripetuti
come una consuetudine. Il
Grasso, esasperatissimo, prese
il suo fucile e sparò. Il morto
risultò estraneo alle
provocazioni.
10 ottobre 1985
Fonte: La Repubblica
Fonte Fotografia
Tifoseria: Catania46.net
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