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Tifoso
F.C. Liverpool
(Nel Settore Y allo Stadio Heysel il
29.05.1985) |
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Heysel, 30 anni
dopo: intervista a Chris Rowland
"Volevamo
essere orgogliosi dei reds, non vergognarci"
di Paolo Avanti
"Nessun tifoso del
Liverpool potrà mai evitare di fare i conti con
l’Heysel e il passare del tempo non rende certo
questa data più facile da vivere". Chris Rowland
era a Bruxelles, nella curva del Liverpool,
ennesima trasferta a seguire i suoi amati Reds
(ha seguito tutte le dieci finali europee
disputate dal club). Entrò nello stadio passando
vicino al settore Z proprio mentre i tifosi
juventini stavano fuggendo dall’aggressione
degli inglesi. Al momento non capirono, lui e
suoi amici, cosa stesse succedendo. Non potevano
sapere di quei 39 morti né che tutto quello che
amavano sarebbe cambiato per sempre. Ora Rowland
è blogger, giornalista e scrittore. E su quella
tragedia ha scritto nel 2009 un libro, "From
where I was standing", purtroppo mai tradotto in
italiano.
Cosa
ricorda di quel giorno ?
"E’ tutto ancora molto
vivo, ricordo tutti i dettagli. Prima della
partita c’era un bel clima, alcuni tifosi di
Liverpool e Juventus giocavano persino a pallone
insieme. Si scambiavano le sciarpe… Poi dentro
tutto cambiò. Non si capiva bene cosa fosse
successo, non c’erano i cellulari, ma si intuiva
che qualcosa di grave era accaduto. Ricordo poi
la fuga verso la stazione prima che la partita
finisse, nelle strade buie di Bruxelles. Poi
scoprimmo l’entità del dramma che condizionò le
nostre vite per settimane, mesi. Tutto era
cambiato. Volevamo essere orgogliosi della
nostra squadra, non vergognarci di essere tifosi
dei Reds. Riflettemmo anche sul concetto di
colpa individuale e collettiva. Noi non avevamo
fatto nulla di male, ma si fece di tutta l’erba
un fascio. Rientrati in Inghilterra fummo tutti
trattati come delinquenti".
La crisi
economica e sociale della città contribuì in
qualche modo a scatenare l’Heysel ?
"Liverpool in quegli
anni aveva un altissimo livello di
disoccupazione, ma la tifoseria Reds non
corrispondeva allo stereotipo inglese
dell’epoca, violento, xenofobo. Quello che
accadde a Bruxelles sembrava davvero estraneo al
nostro mondo".
A Roma, nel
1984, i tifosi inglesi furono oggetti di
attacchi e agguati da parte dei tifosi
romanisti. Serpeggiava nella curva una voglia di
vendetta nei confronti degli italiani ?
"Ero a Roma nel 1984 e
fu molto pauroso. L’autobus dove eravamo fu
preso d’assalto con mattoni e spranghe. Ci
furono dei feriti. Ma personalmente non credo
proprio che dietro l’Heysel ci fosse un
sentimento di vendetta".
Nel suo libro
si sottolineano le gravi carenze organizzative
di quella finale, forse assolvendo un po’ troppo
gli hooligan ?
"No, in nessun punto
del libro ho difeso quello che ho chiamato la
ferale aggressione dei tifosi Reds. Ma se ci
fosse stato un normale controllo e distribuzione
dei biglietti, una migliore gestione dell’ordine
pubblico e uno stadio più sicuro non ci sarebbe
stata nessuna tragedia".
29 maggio 2015
Fonte: La
Gazzetta dello Sport
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