E allora Juve, almeno
tu, non te li dimenticare
di Massimo Zampini
Avevo
10 anni, io. E la stessa attesa di "le Roi", davanti
alla tv. La stessa incosciente voglia che la partita si
giocasse. Il fortissimo desiderio di vincerla,
nonostante tutto. E alla fine quel sentimento confuso,
che può avere un bambino di 10 anni tifosissimo davanti
alla tv. Vedere le altre persone (mio padre, ad esempio)
che non festeggiavano, che mi dicevano che non c'era
nulla da festeggiare. E allora pian piano capivo
l'entità della tragedia. Che era più importante di una
vittoria di Coppa dei Campioni. Oggi mi sembra ovvio, ma
per quel bambino di 10 anni era una cosa rivoluzionaria.
Niente, forse, poteva essere più importante di vincere
quella finale. E allora ero confuso, e non più felice.
Gli anni dopo, piuttosto, cresceva la rabbia. Gli
avversari interessati solo a chiedere la restituzione
della Coppa. Perché a loro, a molti di loro, interessava
solo quella. Poi magari andavano allo stadio a cantare
canzoncine su quella serata. E la Juve, la mia Juve, la
Loro Juve che li ricordava a fatica, quasi come un peso,
quasi come una macchia. Non si può. Ci ripensavo ogni
volta, io, quando andavo a vedere le finali di Champions
successive. Le ho viste tutte, allo stadio, dopo
l'Heysel. Emozionato, ogni finale. L'entusiasmo alla
partenza, le speranze, la tensione. Un'emozione
indescrivibile. E allora pensavo alla Loro, che
sicuramente provavano la stessa attesa, la stessa
emozione, le stesse, la stessa tensione. Lo stesso
amore, in fondo. E allora Juve, almeno tu, non te li
dimenticare, porca miseria. Citali, ricordali, onorali.
Ogni volta che vinci qualcosa. Ogni piccolo successo,
ogni grande vittoria. Sembra retorica, e invece sarebbe
il minimo da offrire a chi ha perso tutto proprio per
andare a vedere te. I sentimenti confusi, misti, di
quella sera. La rabbia degli anni dopo. Ecco, cosa mi
ricorda questa data maledetta.
Fonte: Libro
"Er gò de Turone di Massimo Zampini
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