29 MAGGIO 1985:
FRAMMENTI DI UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA
di Marcello Gagliani
Caputo
Me
la ricordo ancora quella maledetta sera. Insieme ai miei
due fratelli più grandi avevamo aspettato quella partita
per tutta la stagione, eravamo nervosi, esaltati,
frementi di vedere scendere in campo Platini e Boniek,
di ammirare i miracoli di Tacconi, le sgroppate di
Tardelli, l'eleganza di Scirea. Tutti, davanti alla
televisione, a spellarci le mani per l'ansia e
l'emozione, ma poi, improvvisamente, attoniti, senza
parole, con gli occhi sbarrati e l'incredulità di tre
ragazzini tifosi della Juventus fin dalla nascita. Le
immagini spaventose che si susseguivano senza un
apparente significato, la voce dei Bruno Pizzul,
preoccupato e sgomento, le facce dei tifosi spaventati,
terrorizzati da ciò che gli stava succedendo. Poi lui,
il tifoso inglese che a bordo campo si becca una pietra
sulla testa, lanciata chissà da chi. La sua fronte
sanguinante, i cordoli dei poliziotti, le notizie sempre
più drammatiche raccontate da voci increduli e
angosciate, il muretto crollato e i corpi inermi di
uomini, donne, bambini stesi dappertutto, gli hooligans
in preda all'esaltazione dell'alcool. La voce di Gaetano
Scirea, quello struggente e drammatico "giochiamo per
voi" che, ogni volta, mi provoca una lacerazione
terribile, pensando anche al destino infame che è stato
riservato al nostro grande capitano e numero 6.
Frammenti che ancora oggi, a 37 anni di distanza,
riaffiorano nella mia mente ogni volta che penso
all'Heysel e alla Coppa dei Campioni. Allora aveva
appena 10 anni, ero un bambino come tanti, già
tifosissimo della Juventus, da buon meridionale a cui il
calcio, almeno quello che conta, aveva sempre dato
troppo poco. Cercavo nei miei fratelli una parola di
spiegazione e di conforto per quello che stavamo
vedendo, inorriditi e scioccati, incapaci di capirne il
motivo. Poi la partita, surreale, il rigore di Platini,
la sua esultanza, quasi stonata e fuori luogo, seppur in
pochi, in quei momenti, sapevano già cosa realmente
fosse accaduto e il giro di campo a fine partita,
seguito con le lacrime agli occhi, ma non di gioia. Dopo
la finale di Bilbao di cui non avevo ricordi e quella di
Atene, per cui ne avevo soltanto pochi, credevo che
quella sera potesse essere la mia prima volta, tanto
attesa e desiderata, ma rovinata dalla follia di un
manipolo di pazzi assassini, senza volto, senza nome e
senza anima. Quella sera non la dimenticherò mai, ogni
tanto sento le lacrime spingere soltanto alla vista di
una foto, sarà la ferita che mi porterò sempre dentro,
come ogni tifoso juventino che era davanti alla tv o
allo stadio. L'inizio, anzi la continuazione, di
un'inspiegabile maledizione che continua a perseguitarci
ancora oggi, a quasi 40 anni da quella infame partita.
Un sacrificio inspiegabile di 39 vite che speravano solo
di guardare una bella partita, di veder vincere la
Juventus, di vedere alzare a Michel Platini quella Coppa
tanto desiderata quanto già sfuggente e diffidente nei
nostri confronti. I ricordi sono importanti nella nostra
vita, servono per farci andare avanti, a insegnarci a
vivere meglio, a riscattarci e a trovare quello che
abbiamo sempre cercato. Spero anche io, un giorno, di
trovare quello che cercavo quel 29 maggio del 1985,
ovvero il motivo di tutto questo dolore.
Fonte:
Iobianconero.it © 29 maggio 2022
Fotografie: GETTY IMAGES
© (Not for commercial use)
© Avvenire.it
© RAI © Corriere.it
© Noelle Giannone
©
Icone: It.vecteezy.com
© Pngegg.com ©
Audio: Rai (Bruno Pizzul)
©
|
Al pensiero di quella
serata
di Marco Garritano
29
Maggio 85 - Da lì ad un mese avrei compiuto diciassette
anni. Tre anni prima rimasi deluso dalla serata di
Atene, una partita che sembrava già vinta ancora prima
di giocarla. Sembrava tutto un pro forma. Tremenda fu
invece la realtà. La Coppa non la si vinse. Piansi.
Eccoci ancora in finale col Liverpool che avevamo già
battuto a Torino pochi mesi prima vincendo la Supercoppa.
Ero in fibrillazione già dal primo pomeriggio. Ricordo
dei motorini che in quartiere sventolavano la bandiera
inglese. Ricordo gli amici milanisti e interisti che
decisero di vederla assieme, come ricordo gli stessi che
si presentarono a pochi minuti dal collegamento sotto la
mia finestra facendo cori "Liverpoooool Liverpoool"
Ricordo la mia rabbia e poi dopo mezzora ricordo quello
strano collegamento dall'Heysel a Bruxelles. La partita
non inizia, incidenti, invasioni di campo e cariche. Fa
nulla pensavo, fra poco inizia, i soliti scontri... Poi
arrivano le prime notizie dei morti, i numeri che
aumentavano sempre più. Sembrava tutto così surreale, un
collegamento e una partita da giocare e tutto quel
macello. Neal e il povero Scirea a fare annunci ai
tifosi. Poi inizia la partita dopo un'ora e mezza e il
mio pensiero si orienta su questa. Rigore esulto, segna
Platini esulto. Non capisco bene l'entità, la gravità
della cosa, di quello che sta succedendo oltre al campo
di gioco. I morti, gente che lì sopra quegli spalti è
morta da pochi minuti. Si gioca e allora penso alla
partita e che la si vinca. Mi allontano dalla tragedia
che scorre in televisione e tifo, tifo Juve ... Scirea
dagli autoparlanti aveva detto: "…non rispondete a
provocazioni, restate calmi, giochiamo per voi". Tutto
termina, i 90 minuti con quella telecronaca di un Pizzul
asettico che nulla aveva di telecronaca termina. Si
vince ma c'è qualcosa che mi lascia non del tutto
appieno contento nonostante il giro del campo con la
coppa in mano. Ma è solo un lieve pensiero. Ritorna
quello originario. Abbiamo vinto ! Ripassano sotto il
balcone i miei amici che tifavano Liverpool sventolando
la Union Jack e io urlo contro di loro... "Siii, abbiamo
vinto !" Un misto di gioia e rabbia. Loro tifavano reds,
tifavano contro la Juve. Tempo dopo al solo pensiero di
quella serata e della mia concentrazione sulla vittoria
di quella coppa senza personali turbamenti, me ne
vergogno parecchio. Come mi vergogno che quella coppa
sia esposta dalla Juve nella sua bacheca trofei. Se
vogliono tenerla lì, che la addobbino con un nastro nero
a lutto e che si incida sulla coppa in memoria 39.
Quello non è un trofeo ma un lutto Juve e del calcio.
Fonte:
Saladellamemoriaheysel.it
© 29 maggio 2018
Icone: It.vecteezy.com
© Pngegg.com
©
|
Così fu il mio Heysel:
dopo, più niente è stato lo stesso
di Marco Giacosa
Gioco,
in questo tardo pomeriggio con il sole che sembra non
voler scendere mai. Sono da solo in cortile, anzi in
strada, perché è una strada il posto dove qualcuno c’è
sempre. Questa sera no, ma non importa, tra poco salgo a
vedere la partita. Uffa, non incomincia. Mamma, perché
non incomincia ? Perché tutte quelle persone sono in
campo ? Perché inquadrano i cavalli, e quelli sopra, che
sembrano poliziotti ? Uffa, io voglio vedere la partita.
Ma qui sembra che ancora tarderanno. Contratto. Facciamo
così mamma, io scendo a giocare ancora un po’, tu però
appena vedi che incominciano mi chiami, va bene ? Da
solo calcio la palla contro un muretto. Quando siamo in
tre facciamo i tiri, se siamo di più la partita - con
una pietra in mezzo alla strada a fare da palo (l’altro:
un palo vero, dell’Enel). Una sera passò un camper e la
pietra si ficcò in mezzo alle ruote, il camper fermò,
chi stava al volante scese tutto arrabbiato mentre noi
correvamo via. Stasera sono Platini che tira contro il
muro e Grobbelaar non ce la fa, sono Tardelli che tira e
poi esulta come in Spagna. Non passa nessuno. Non sono
concentrato. Tra poco incominceranno, anche se qui è
ancora giorno, tanto giorno. Mamma, cosa sono quelle
scarpe ammonticchiate sui gradoni ? Mamma, cos’è quel
cemento ? Quegli uomini coricati distesi, perché non si
muovono ? Perché qualcuno urla nella cabina del
commentatore "Mamma io sto bene" ? Cosa dice Gaetano
Scirea con il microfono in italiano al pubblico ? Cosa
succede, mamma ? Sono finti, come le statuine del
subbuteo, si muovono sul campo spenti, soltanto quando
segna, Platini ha un movimento che sembra vita - c’è
anche un arbitro, c’è un rigore, c’è qualcosa che
brucia, del fuoco, adesso è sera, è venuto il buio e si
è portato via il gioco. Il giorno dopo sono a casa di
mio nonno, mi è stato concesso il secondo quotidiano,
leggo avido gli articoli di Tuttosport, soltanto allora,
mentre digiuno accanto a mio nonno che guarda i
telegiornali cercando un santo a cui chieder conto -
guardava il video e poi il soffitto, e poi il video e
poi gli occhi al cielo, tra i commenti di mia madre
angosciata da quelle carni che venivano mostrate senza
pudore, quasi esibite, io tacevo e soltanto allora
capivo, forse perché le parole erano scritte e sebbene
avessi soltanto meno di undici anni io i giornali li
leggevo e li capivo, oppure perché il disegno era
completo, sul giornale, e non segmentato, in fieri come
la sera prima, il sole che non scendeva, alla
televisione. Così fu il mio Heysel; dopo, più niente è
stato lo stesso.
Fonte:
Alganews.wordpress.com
© 1 giugno 2017
Icone: It.vecteezy.com
© Pngegg.com
©
|
Basta oltraggi
di Fabio Giannelli
Mi
chiamo Fabio Giannelli, juventino da 48 anni, tante
gioie, qualche delusione e un grande dolore: avevo 20
anni, quando davanti al televisore assistetti a quella
barbarie. Continue telefonate dei miei parenti
preoccupati, perché pensavano che fossi là, solo un
giorno mi fece rinunciare, la trasferta era di due
giorni e io ne avevo solo uno a disposizione, il club
con cui sarei dovuto andare, era proprio nel settore Z.
Incredibile cosa l'essere umano possa riuscire a fare,
un esempio su tutti, Giovanni e Andrea Casùla, padre di
44 e figlio di 11, che salutano la mamma per andare a
vedere una partita di pallone, non torneranno più a
casa. Ogni volta che viene oltraggiata la memoria di
queste persone è come se venissero uccise un'altra
volta, penso allo sgomento e al dolore dei familiari che
periodicamente devono subire certe offese, gli
striscioni oltraggiosi tra tifoserie, è uno stupido
botta e risposta tra gente senz'anima. Sono consapevole
che dal 1985 vengono oltraggiate le vittime dell'Heysel,
che non è solo una tragedia juventina, ma italiana,
vorrei fare un appello, mi piacerebbe che i nostri
tifosi, fossero i primi a cambiare e dare un segnale di
civiltà e rispetto, come dice il Presidente Andrea
Agnelli, basta oltraggi, i morti vanno lasciati riposare
in pace ! Un caloroso abbraccio a tutti i parenti delle
vittime della follia umana e un saluto alla redazione,
grazie per questo sito.
Fabio Giannelli - Chiusdino (SI)
Fonte:
Saladellamemoriaheysel.it
© 27 febbraio 2014
Icone: It.vecteezy.com
© Pngegg.com
©
|
Papà che non riusciva
ad esultare
di Noelle Giannone
Oggi
stavo andando a lavoro, passavo dalla vetrina della
Libreria dello sport a Milano e sono entrata... Ho visto
il libro di Emilio Targia "Heysel Prove di memoria"...
Ho appena finito di divorarlo... E' stato un
dolorosissimo tuffo nel passato, un macigno sul cuore
per ogni riga letta, un nodo alla gola indicibile, un
pugno nello stomaco... Non credevo che leggendolo avrei
potuto far riaffiorare quella rabbia che 25 anni fa,
probabilmente perché troppo piccola, non potevo
comprendere... Anch'io ricordo quel giorno come se fosse
ieri... Ricordo lo sguardo severo di mio padre e quel
suo volermi mandare a letto a tutti i costi, mentre io,
imperterrita chiedevo di guardare quella che capivo
essere una partita importante... Ma a me in realtà
interessava solo vedere Platini... Ricordo l'orologio
implacabile della Rai, il mio stringermi nelle braccia
di papà perché, seppur piccola, vedevo il dolore sui
volti dei nostri tifosi... (nel mentre continuavo a
chiedere di Platini")... Poi l'inizio della partita, il
gol di Platini e papà che non riusciva ad esultare come
lui, tifoso bianconero da sempre, meritava ! Scusami se
ti ho annoiato... Ma dopo aver letto i tuoi ricordi,
anch'io volevo "scusarmi" per aver mostrato in una
tragedia del genere tutta l'insensibilità di bambina
innamorata del calcio e dei suoi grandi protagonisti !
Fonte:
Saladellamemoriaheysel.it
© 29 Maggio 2010
Fotografie:
Epoca © GETTY IMAGES
© (Not for commercial use)
Icone: It.vecteezy.com
© Pngegg.com
©
|
|