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ARTICOLI HEYSEL 2025
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ARTICOLI STAMPA HEYSEL 2025
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ARTICOLI STAMPA HEYSEL 2025
 

Juve, Boniek: "Nella finale dell’Heysel c’era un atmosfera surreale"

di Stefania Palminteri

Intervistato per La Gazzetta dello Sport, Zibi Boniek è ritornato a parlare della finale di Champions League disputata dalla Juventus allo stadio Heysel. Ecco cosa ha detto: "Abbiamo dovuto giocare una partita per consentire la riorganizzazione della sicurezza intorno allo stadio. Non volevamo farlo. In queste situazioni, se vinci sei stato cinico, se perdi non hai rispettato le vittime. L’atmosfera era irreale. Quando la palla usciva, c’erano poliziotti con i cani in campo, una tribuna era crollata. Ma abbiamo giocato tutti e 22 senza alcun accordo, ognuno con i propri sentimenti, cercando di vincere. Quella è una partita di cui nessuno può andare orgoglioso e mi ha lasciato un enorme dolore per la tragica morte di 39 persone, ma anche un grande dispiacere dal punto di vista sportivo perché io volevo vincere, in una gara normale, quella Coppa dei Campioni ed esserne fiero".

Boniek: "Donato il mio premio alle famiglie delle vittime" - L’ex calciatore dei bianconeri ha proseguito: "Quella fu la mia ultima partita con la Juve, sono andato in aereo privato in Albania per raggiungere la nazionale polacca che stava giocando le qualificazioni per i Mondiali. Non voglio criticare gli altri che alzarono la Coppa, ricordo solo che ho donato tutto il mio sostanzioso premio per la vittoria alle famiglie delle vittime". Fonte: Juvenews.eu © 16 gennaio 2025

 

Teatro Rostocco di Acerra, la stagione si apre con "Dentro l’Heysel"

Sabato 25 gennaio e domenica 26 lo spettacolo di Emilio Targia, caporedattore a Radio Radicale, con le musiche dal vivo di Gianluca Casadei.

S'inaugura sabato 25 gennaio la stagione 2025 del Teatro Rostocco di Acerra (Corso Italia, 124) con l'anteprima nazionale di "Dentro l’Heysel". Lo spettacolo di Emilio Targia, caporedattore a Radio Radicale, con le musiche dal vivo di Gianluca Casadei - musicista, tra gli altri, di Ascanio Celestini - arriva nel quarantennale dai tragici eventi di quel 29 maggio all'Heysel: uno spettacolo di teatro-narrazione (di scena sabato alle ore 20:30 e in replica domenica 26 alle ore 18) in cui cronaca ed esperienza personale si mescolano e diventano un'occasione drammaturgica per lasciare un'ulteriore testimonianza e risvegliare la memoria collettiva. Il racconto di un viaggio da sogno verso la finale di Coppa dei Campioni del 1985 tra Liverpool e Juventus che si tramuta irrimediabilmente in un incubo. Lo spettacolo non è altro che la naturale prosecuzione di un lavoro iniziato nel 2015 con la pubblicazione del libro "Quella notte all’Heysel", a cui ha fatto seguito il podcast "Dentro l’Heysel" del 2024 edito da Mondadori studios. Questo primo appuntamento si inserisce in un più ampio cartellone che contempla spettacoli di ogni tipo, anche per i più giovani. "Le contaminazioni, quelle sane, sono punti di intersezione, di connessione tra anime, artisti, uomini e donne - spiega il direttore artistico Ferdinando Smaldone. Collegamenti, come le linee di una metropolitana e i punti di intersezione, le stazioni, dove le persone si possono incontrare per contaminarsi. Principi di collaborazione, scambio di regie, attori che si confrontano e lavorano con e per altri registi. Testi letti, pensati e proposti in base al fattore umano che abita lo spazio. In altre parole, la cultura è uno dei pochi beni che, se diviso, si moltiplica. Con un effetto contaminante". Fonte: Napoli.corriere.it © 24 gennaio 2025

 

Domenica In, Donatella Rettore e l'Heysel: "La Juve non si è fermata"

La cantante e il paragone tra la morte di Luigi Tenco nel Sanremo 1967 e la strage avvenuta a Bruxelles, prima della finale di Coppa dei Campioni 1985.

Gaffe per Donatella Rettore nella puntata di Domenica In di oggi, domenica 2 febbraio. In una fase della trasmissione di Mara Venier in cui si stava parlando di Sanremo e della morte di Luigi Tenco durante l'edizione del Festival 1967, circostanza che non vide lo stop della rassegna, la cantante è intervenuta tirando in ballo un paragone calcistico. Rettore ha citato la strage dell'Heysel, avvenuta a Bruxelles il 29 maggio 1985 prima della finale di Coppa dei Campioni di quell'anno.

LE PAROLE DI RETTORE - All'Heysel, prima della finale di Coppa dei Campioni del 1985 morirono 39 persone, di cui 32 italiane, e ne rimasero ferite oltre 600. Rettore, confondendo i numeri della tragedia, ne ha però parlato così in diretta: "La Juventus, all'Heysel, non si è fermata con centinaia di migliaia di morti...". La cantante è stata poi interrotta dal giornalista Marino Bartoletti: "Io ero lì e non si fermò per questioni di ordine pubblico. Se non si fosse giocata quella partita, si ammazzavano altre 20-30 persone. Un discorso completamente diverso". Fonte: Adnkronos © 2 Febbraio 2025

 

Scritte a vernice rossa sulla scritta "Fino alla fine"

(ANSA) - TORINO, 21 FEB - Un murale caro ai tifosi della Juventus, con l'enorme scritta del motto bianconero "Fino alla fine", nella zona di Parco Dora a Torino è stato imbrattato, utilizzando vernice rossa, con insulti, frasi ingiuriose e riferimenti alla tragedia del maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, quando 39 tifosi juventini morirono nella calca per i disordini provocati dagli hooligans del Liverpool nella serata della finale di Coppa dei Campioni. A documentarlo, sui social l'associazione Quelli di ... Via Filadelfia", che "si prefigge lo scopo ,di preservare la Storia e la Memoria del tifo Juventino della Curva Filadelfia e 'laddove se ne intravveda una sua continuità, nel contesto dell'attuale tifoseria-. Sotto la foto, che in breve tempo ha già raccolto numerosi commenti, l'amministratore del gruppo ha pubblicato le frasi: "Da sempre abituati al confronto tra uomini, restiamo basiti davanti alla viltà di tali gesti. Lasciamo in pace i morti, affrontate i vivi. +39". Fonte: ANSA © 21 febbraio 2025

 

Vandalizzato il murales di Parco Dora sulla Juve:

pesanti offese alle vittime dell'Heysel

di Massimo De Marzi e Philippe Versienti

La denuncia dell'associazione "Quelli di via Filadelfia" attraverso Beppe Franzo: "Lasciamo in pace i morti".

Da sempre l'Italia del pallone è divisa tra juventini e antijuventini. Il secondo partito negli ultimi giorni ha avuto validi argomenti per prendere in giro la Vecchia Signora, dopo la figuraccia in Olanda che è costata l'eliminazione della squadra di Thiago Motta dalla Champions League.

Vandalizzato il murale di Parco Dora - Gli sfottò e l'ironia l'hanno fatta da padrone tra i social e nei vari gruppi whatsapp, ma fino a che non si supera il limite del buon gusto tutto va compreso e accettato. Quando invece si scende negli insulti più pesanti e, soprattutto, quando si diffama e si offende la memoria dei morti non c'è alcuna giustificazione. Così, approfittando del favore delle tenebre, qualche buontempone (ma forse sarebbe il caso di usare un termine più forte ma maggiormente appropriato) ha pensato bene di andare a Parco Dora a vandalizzare il murale bianconero che riporta lo slogan diventato una sorta di mantra juventino: "Fino alla fine".

Offese e insulti per le vittime dell'Heysel - Gli insulti e le offese alle vittime dell'Heysel, una delle pagine più brutte della storia del calcio, fanno parte del bagaglio del peggior tifoso, al pari di quelli - juventini e non solo - che vilipendono la memoria dei caduti di Superga. Sarebbe ora che la maggioranza silenziosa e perbene prendesse le distanze in modo deciso e definitivo da episodi di questo genere. Quanto accaduto a Parco Dora è stato denunciato dall’Associazione ‘Quelli di via Filadelfia’ attraverso Beppe Franzo: "Da sempre abituati al confronto tra uomini, restiamo basiti davanti alla viltà di tali gesti. Lasciamo in pace i morti". Fonte: Torinoggi.it © 21 febbraio 2025

 

Parco Dora di Torino: imbrattano il murales

con insulti alle vittime della tragedia dell'Heysel

di Luca Ronco

La denuncia dei tifosi: "Restiamo basiti davanti alla viltà di questi gesti".

Torino, qualcuno ha imbrattato il murales all’ingresso del parco Dora (corso Mortara) con il motto della Juventus "Fino alla fine". Nei giorni scorsi, lì sono comparsi insulti e frasi ingiuriose sulla tragedia dello stadio Heysel di Bruxelles, quando dove nel 1985 era in programma la finale della Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool. Poco prima della gara, trentanove persone (trentadue italiani, quattro belgi, due francesi e un nordirlandese) morirono in seguito ai tafferugli che si svilupparono sugli spalti. La denuncia - L’associazione torinese di tifosi bianconeri "Quelli di via Filadelfia" ha condannato l’episodio sui social network. "Restiamo basiti davanti alla viltà di questi gesti" hanno scritto i referenti del gruppo. Al momento, non è chiaro chi siano i responsabili dell’imbrattamento. Fonte: Torinotoday.it © 22 febbraio 2025

 

Bruno Pizzul e la notte da incubo dell'Heysel: l’orrore in diretta

di Piero Bianco

Il telecronista e il racconto della più grande tragedia dello sport italiano. La Juve fu al centro della sua carriera.

TORINO - Immaginate un mondo senza cellulari in cui le telefonate erano ancora un problema. E immaginate uno stadio fatiscente al centro dell'Europa, dove era in cartellone una festa dello sport e invece improvvisamente si scatenò l'inferno. Era il 29 maggio 1985 e a Bruno Pizzul toccò raccontare, in diretta sulla rete ammiraglia Rai, la più grande tragedia dello sport italiano, quella finale di Coppa dei Campioni fra Juve e Liverpool in programma allo stadio Heysel di Bruxelles dove 39 tifosi persero la vita per la furia incontrollabile degli hooligans. Il film dell'orrore portò nelle case degli italiani immagini raccapriccianti ma è rimasto indelebile quel commento sempre misurato di Pizzul. Che poi ammise di aver vissuto interiormente un vero incubo, la telecronaca più difficile della sua vita: "Non sapevo quanto davvero si sapesse in Italia dell'orrore che si stava consumando nelle tribune, le notizie erano frammentarie, e contrastanti, anche nella postazione dello stadio da cui trasmettevo. Ho pensato ai parenti dei tifosi in trasferta, a chi non aveva notizie, non volevo allarmarli troppo ma non era giusto nemmeno minimizzare la tragedia che si stava compiendo". La regia internazionale continuava a mandare in onda scene spaventose, sembrava una guerra. Per un'ora e mezzo, in un'altalena di informazioni inattendibili, Bruno Pizzul dovette misurare emozioni e aggettivi. "Ci dicono che si dovrebbe comunque giocare, mi pare una decisione assurda ed è chiaro che il risultato non avrebbe comunque importanza". "Ecco Cabrini, Tardelli e Brio, sono andati a parlare con i tifosi, cercano di calmarli, ma è un'impresa impossibile". Mentre la tribuna d'onore si svuotava rapidamente (l'Avvocato Agnelli era stato tra i rimi ad andarsene, appena informato della tragedia), Pizzul continuava a cercare aggettivi per spiegare l'orrore. Infine si giocò, per ordine delle autorità belghe. "Tifosi, giochiamo per voi", aveva spiegato il capitano Scirea leggendo al microfono del vecchio stadio un comunicato ufficiale. La Juve vinse 1-0, una vittoria mai goduta, figlia dell'orrore. E Bruno Pizzul terminò così la sua telecronaca: "Giusto consentire che l'uomo sportivo esulti per questo successo che è il successo del calcio italiano, ma l'uomo conserva l'amarezza e il dolore di una serata resa luttuosa da quanto è successo prima della partita". Non era tifoso juventino, Pizzul, eppure proprio la Juve fu al centro della sua carriera, oggetto di tanti immaginifici racconti anche perché i giocatori bianconeri all'epoca erano anche pilastri della nazionale. Un sodalizio inscindibile, Addirittura, l'esordio come telecronista fu uno spareggio di Coppa Italia Juventus-Bologna, l’8 aprile 1970. Un segno del destino. Fonte: Lastampa.it © 5 marzo 2025

 

Una pausa, poi un respiro: quando Pizzul si trovò a raccontare

 la tragedia dell'Heysel, e scrisse una pagina di storia

di Walter Veltroni

La voce di Bruno Pizzul, morto oggi a 86 anni, è un pezzo della nostra memoria. Non ha potuto esultare per una vittoria ai mondiali, ma poco conta: della sua vita - per rubare una sua celeberrima espressione - si può dire "tutto molto bello".

Il capolavoro di Bruno Pizzul - morto oggi, a 86 anni - fu una cronaca che definire sportiva sarebbe un oltraggio. Credo che quell’uomo buono, pacato, rigoroso si sia trovato all’improvviso di fronte a una sfida giornalistica di dimensione spaventosa. Doveva raccontare nel 1985 la finale di Coppa dei Campioni tra Liverpool e Juventus, una festa del calcio, e si trovò catapultato in una strage orrenda. Un cambio repentino di registro narrativo da effettuare in diretta, davanti agli occhi di milioni di telespettatori e, soprattutto, al cuore in affanno dei parenti di chi con la sciarpa bianconera al collo o nel cuore, era andato fin lì, fino a quel ferrovecchio di stadio Heysel che si sfaldava come il burro. Non si capiva nulla, in quei minuti, nessuno capiva nulla. Ma Pizzul, fin dal collegamento prepartita con Gianfranco De Laurentiis, segnalò la gravità di quello che stava accadendo. E quando partì la diretta fu prudente, misurato, equilibrato. Ricordo una sua pausa, un respiro che raccontava la difficoltà di dire, subito dopo, che c’erano morti, tanti. Nella storia del giornalismo televisivo, non solo sportivo, quella telecronaca resterà. È stata una generazione di cronisti eccezionali, quella di Pizzul e la precedente: Rosi nell’atletica e, con Paolo Valenti, nel pugilato, Oddo nel tennis, Giordani nel basket, De Zan e Martino nel ciclismo, Poltronieri nell’automobilismo, Giubilo nell’ippica. E tanti altri. Poi Nando Martellini, Sandro Ciotti, Enrico Ameri… Raccontavano scegliendo le parole, cresciuti nella radio che obbligava a "far vedere" gli avvenimenti. Non urlavano, descrivevano. Allora non esisteva, come oggi, il commento tecnico e allora il telecronista doveva, insieme, narrare e spiegare. Pizzul era della generazione dorata, quella dell’immediato anteguerra, a cui appartenevano Gianni Minà, il meraviglioso Beppe Viola, Paolo Frajese e tanti altri. Quello che è più giusto ricordare di Pizzul e dei "suoi" coevi è la asciuttezza e la proprietà di linguaggio, l’assenza di enfasi e la competenza. Pizzul aveva giocato al calcio ed era friulano, due virtù non da poco. La seconda la condivideva con Bearzot, Zoff, tutta gente con pochi fronzoli e con la schiena dritta. Pizzul era così, gentile severità. Fatto sta che la voce di Bruno Pizzul è un pezzo della nostra memoria: certe sue espressioni, l’uso sapiente di congiuntivo e condizionale, il modo in cui descriveva azioni, schemi e gesti tecnici e faceva vivere l’ambiente della partita, sono state buone compagne di chi ama lo sport dall’inizio degli anni Settanta fino al 2002. Ha raccontato cinque campionati del mondo di calcio, quattro Europei ma non ha mai potuto celebrare una vittoria. Non ha potuto dire tre volte "Campioni del mondo" come Nando Martellini nel 1982 e quattro volte come fece Fabio Caressa a Berlino nel 2006. Ma non importa. La sua voce è restata nell’aria, ha vinto l’usura del tempo, come il suo talento di narratore e cronista. Della vita che Bruno Pizzul ha vissuto si potrebbe infine dire, con le sue celeberrime parole: "Tutto molto bello". Fonte: Corriere.it © 5 marzo 2025 ©

 

Quella notte all’Heysel insieme a Pizzul

 Bruno era il ponte tra l’inferno e le famiglie. Poi la frase che passò alla storia.

di Giuseppe Tassi

Il 29 maggio 1985 si consumava la tragedia della finale di Coppa dei campioni tra Liverpool e Juventus. Giuseppe Tassi era inviato a Bruxelles, prima sugli spalti e poi nel ventre dello stadio.

Roma, 5 marzo 2025 – Non ha potuto urlare "Campioni del mondo" come Martellini e Civoli ma la traccia professionale e umana lasciata da Bruno Pizzul va oltre le Coppe del mondo e gli incroci del destino. Il gigante buono di razza furlan ha commentato le imprese e le cadute della nazionale italiana fra il 1986 e il 2002 e gran parte di quel percorso l'ho compiuto accanto a lui come inviato del Resto del Carlino. Eravamo insieme anche nella tragica notte dell'Heysel, il 29 maggio 1985, quando la finale di Coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool si trasformò in una tragica carneficina con 39 tifosi bianconeri morti, calpestati nella curva Zeta mentre tentavano di sfuggire alla foga assassina degli hooligans. Io ero sugli spalti e poi nel ventre dello stadio per capire la portata del dramma che si consumava, Bruno appeso al suo microfono in balia di voci incontrollate e di notizie sommarie, cercava di trasmettere una sensazione di pacatezza e di normalità dentro quel subdolo e indecifrabile inferno. Lui ex calciatore, ex liceale di stampo classico amava il suo sport con l'entusiasmo sincero e lirico del poeta. Quello spettacolo di terrore che si consumava sotto i suoi occhi era figlio della follia ultrà e dell'inadeguatezza dello stadio scelto dall'Uefa e del ridicolo servizio d'ordine belga con pochi gendarmi a cavallo a vegliare sulla sicurezza dell'evento. Alla fine, quando tutto fu terribilmente chiaro, Pizzul pronunciò una frase che è rimasta nella storia di quella serata e del giornalismo: "E ora purtroppo una notizia che debbo dare, perché è ufficiale, viene dall’Uefa. Ci sono 36 morti… Una cosa rabbrividente, inaudita… E per una partita di calcio". Quella stessa gara che si giocò in omaggio a questioni d'ordine pubblico, quella partita che somigliava a una giostra di fantasmi lui la commentò fino all'ultimo minuto. Una prova di supremo equilibrio e di enorme professionalità. Ma anche un forte messaggio di solidarietà umana. Perché la postazione televisiva di Bruno, come i telefoni di molti inviati, divennero uno straordinario ponte lanciato verso le famiglie lontane: per rassicurarle sulle sorte degli italiani dentro quell’inferno o per offrire ai parenti dei feriti e dei dispersi le prime indicazioni per poterli raggiungere in Belgio. In quella notte di follia il sereno gigante di Cormons apparve ancora più grande. Fonte: Quotidiano.net © 5 marzo 2025

 

La telecronaca di Pizzul nella notte dell'Heysel

di Orlando Sacchelli

In punta di piedi il giornalista italiano il 29 maggio 1985 raccontò in diretta una delle pagine più tristi della storia del calcio. Commuove risentire il commento di Bruno Pizzul fatto durante la diretta della finale di Coppa dei Campioni il 29 maggio 1985. È la notte dell'Heysel. Mentre le immagini si soffermano sugli spalti dello stadio belga, il giornalista con parole pacate e mai enfatiche, dando il giusto peso ad ogni sillaba, racconta ciò che gli succede intorno. "Qui è inquadrato il settore della tribuna stampa, siamo nella tribuna centrale, proprio al di sopra della tribuna d'onore, in questo settore non si sono verificati scontri di alcun tipo. C'è soltanto sgomento, vedo anche della gente piangere. Sono scene che francamente con un evento sportivo non hanno nulla, nulla da spartire. Ho accanto a me il responsabile della Uefa che mi conferma che ci sono 36 morti, mentre un'altra notizia che mi lascia piuttosto sconcertato è che la partita si giocherà... Con quale spirito i giocatori entreranno in campo. È chiaro che il risultato diventa assolutamente irrilevante. Giocare con queste cifre è assolutamente inaccettabile". Nella pagina più buia del calcio europeo, mentre si è da poco consumata una vera e propria carneficina (alla fine si conteranno 39 morti e oltre seicento feriti), Pizzul usa il microfono della Rai in modo encomiabile entrando nella storia in punta di piedi, facendo informazione e mettendo in prima fila la dignità umana. Oltre a sottolineare, giustamente, che lo sport è un'altra cosa. Fonte: Ilgiornale.it © 5 marzo 2025

 

Il libro che ricostruisce la vita di Giusy Conti,

aretina morta nella tragedia dell'Heysel

Si intitola "La ragazza dai pantaloni verdi" ed è scritto dal giornalista Luca Serafini. Domenica 16 marzo marzo, in sala Montetini, la presentazione.

E' stato pubblicato il libro "La ragazza dai pantaloni verdi", che ricostruisce la storia di Giuseppina "Giusy" Conti, morta a soli 17 anni mentre si trovava a Bruxelles, una delle 39 vittime della tragedie dell'Heysel. Giusy era una ragazza di Rigutino che frequentava il liceo Classico ad Arezzo. Il volume, scritto dal giornalista Luca Serafini, scava nella vita di questa ragazza degli anni '80, cercando di restituire - attraverso la forma di un romanzo-verità - l'immagine più fedele possibile di una 17enne aretina, innamorata dello sport e della vita. Le amicizie, la scuola, le passioni, le speranze. Il volume è edito da Effigi ed è arricchito dai contributi di Marco Tardelli, Francesco Moser, Nelson Piquet e Andrea Lorentini, figlio di Roberto, altra vittima aretina dell'Heysel. Domenica 17 marzo, alle 17 in sala Montetini ad Arezzo, è prevista la presentazione.

IL LIBRO "LA RAGAZZA DAI PANTALONI VERDI" - "Il negozio dei genitori - si legge nella presentazione del libro - è un punto di riferimento del paese. Giuseppina è brava a scuola e gioca bene a tennis. Preferisce essere chiamata Giusy, nome più breve e moderno. Si emoziona con la Formula 1 e le corse di biciclette. Ma quando vede il pallone è gioia pura. Ama il calcio. Segue l’Arezzo, la squadra di quella città a pochi chilometri da casa dove va ogni mattina per le lezioni: conosce uno ad uno nomi e volti dei giocatori. Ma la Juventus di Platini è la sua grande passione. Esulta e soffre per i colori bianconeri. Insegue il sogno della Coppa dei Campioni. Ad Atene è allo stadio a seguire la finale, ma sarà una delusione. Il 1985 è l’anno in cui l’impresa può, anzi deve riuscire. A Bruxelles, stadio Heysel. Stavolta con lei c’è anche il babbo Antonio. 'Ciao, torno con la Coppa' dice salutando i compagni a scuola e la mamma a casa. Ma il calcio che Giusy ama, quella sera è avvelenato dalla violenza di tifosi come belve e dalle colpe di chi avrebbe dovuto organizzare in sicurezza un grande evento. La ragazza dai pantaloni verdi diventa un angelo, l’angelo dello sport, uno dei 39 angeli dell’Heysel". Fonte: Arezzonotizie.it © 10 marzo 2025

 

Un monumento per ricordare la tragedia dell’Heysel

di Antonio Cunazza

In occasione del 40esimo anniversario della tragedia che fece 39 vittime tra i tifosi, quasi tutti italiani, un’opera d’arte pubblica sorgerà su un terreno nei pressi dello Juventus Stadium come monumento alla memoria e al ricordo.

Il prossimo 29 Maggio cade il quarantennale di uno dei momenti più gravi e tremendi della storia del calcio moderno: in quella data del 1985, in occasione della finale di Coppa dei Campioni fra Liverpool e Juventus, allo stadio Heysel di Bruxelles, la frangia di hooligans inglesi sfondò le deboli recinzioni interne della curva Sud, invadendo un settore laterale occupato da tifosi italiani e neutrali. L’aggressione veemente, e l’impreparazione delle forze dell’ordine locali, provocò un drammatico tentativo di fuga dei tifosi, che si ritrovarono schiacciati in una calca letale in gradinata. Morirono 39 tifosi (di cui 32 italiani) e almeno 600 furono i feriti. Quello che rimane uno dei momenti di svolta tristemente più importanti anche per lo sport e per lo sviluppo dei suoi regolamenti e dei parametri costruttivi degli stadi, verrà ricordato dalla Juventus con l’installazione di un monumento che invita a una riflessione più profonda su quei momenti e sulla vita. Questa l’idea dell’artista, Luca Vitone, che aveva vinto il concorso – a cui avevano partecipato una decina di artisti italiani – con la sua proposta "Verso Altrove", alla quale ha poi lavorato nel corso degli ultimi due anni insieme a Luca Beatrice, critico d’arte torinese e presidente della Quadriennale di Roma (tristemente scomparso a fine Gennaio 2025), incaricato da Juventus di portare avanti l’idea del progetto. Il monumento, il cui cantiere è in attività da fine 2024, sarà pronto in tempo per l’anniversario del 29 Maggio prossimo e occuperà un lembo di prato di circa 2mila mq, posto lungo Strada della Continassa, a poca distanza dallo Stadium della Juventus e dal centro sportivo del club bianconero. In quella che già è un’area ampiamente riqualificata grazie agli interventi realizzati dalla Juventus negli ultimi anni, l’opera si svilupperà come una rampa a spirale centrifuga, lunga nel complesso 65 metri e che raggiungerà un’altezza di 3 metri dal terreno. Realizzata come un percorso quasi sospeso, racchiuso fra due pareti laterali fatte di assi di legno svasate, e accessibile anche dalle persone con disabilità, porterà al culmine dove un cannocchiale con le lenti montate al contrario fornirà ai visitatori una visione paradossale, con il fuoco che si allontana dall’orizzonte. La scelta, già percorsa da Vitone in altre sue opere in passato, vuole invitare a uno sguardo totalmente diverso dal solito verso il panorama, una riflessione sull’inevitabile passaggio fra la vita e la morte, un momento di raccoglimento nel ricordo di quei 39 morti. L’illuminazione notturna renderà l’opera ulteriormente emozionale, e sarà visibile anche dal cielo, dato che questa zona è sulla comune linea di atterraggio degli aerei in arrivo all’aeroporto torinese di Caselle. L’area verde, infine, sarà anche arricchita da cespugli di lavanda e da alcune piante di Ginko Biloba, una delle poche forme viventi che sopravvissero alle bombe atomiche cadute in Giappone, anche qui scelta voluta dall’artista come simbolo di resistenza alle peggiori avversità della vita. Fonte: Sporteimpianti.it © 12 Marzo 2025 

 

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