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ARTICOLI
STAMPA
HEYSEL 2025
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Juve, Boniek:
"Nella finale dell’Heysel c’era un atmosfera
surreale"
di Stefania Palminteri
Intervistato
per La Gazzetta dello Sport, Zibi Boniek è
ritornato a parlare della finale di Champions
League disputata dalla Juventus allo stadio
Heysel. Ecco cosa ha detto: "Abbiamo dovuto
giocare una partita per consentire la
riorganizzazione della sicurezza intorno allo
stadio. Non volevamo farlo. In queste
situazioni, se vinci sei stato cinico, se perdi
non hai rispettato le vittime. L’atmosfera era
irreale. Quando la palla usciva, c’erano
poliziotti con i cani in campo, una tribuna era
crollata. Ma abbiamo giocato tutti e 22 senza
alcun accordo, ognuno con i propri sentimenti,
cercando di vincere. Quella è una partita di cui
nessuno può andare orgoglioso e mi ha lasciato
un enorme dolore per la tragica morte di 39
persone, ma anche un grande dispiacere dal punto
di vista sportivo perché io volevo vincere, in
una gara normale, quella Coppa dei Campioni ed
esserne fiero".
Boniek: "Donato il mio premio alle
famiglie delle vittime" - L’ex
calciatore dei bianconeri ha proseguito: "Quella
fu la mia ultima partita con la Juve, sono
andato in aereo privato in Albania per
raggiungere la nazionale polacca che stava
giocando le qualificazioni per i Mondiali. Non
voglio criticare gli altri che alzarono la
Coppa, ricordo solo che ho donato tutto il mio
sostanzioso premio per la vittoria alle famiglie
delle vittime".
Fonte:
Juvenews.eu
© 16 gennaio 2025
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Teatro
Rostocco di Acerra, la stagione si apre con
"Dentro l’Heysel"
Sabato 25
gennaio e domenica 26 lo spettacolo di Emilio
Targia, caporedattore a Radio Radicale, con le
musiche dal vivo di Gianluca Casadei.
S'inaugura
sabato 25 gennaio la stagione 2025 del Teatro
Rostocco di Acerra (Corso Italia, 124) con
l'anteprima nazionale di "Dentro l’Heysel". Lo
spettacolo di Emilio Targia, caporedattore a
Radio Radicale, con le musiche dal vivo di
Gianluca Casadei - musicista, tra gli altri, di
Ascanio Celestini - arriva nel quarantennale dai
tragici eventi di quel 29 maggio all'Heysel: uno
spettacolo di teatro-narrazione (di scena sabato
alle ore 20:30 e in replica domenica 26 alle ore
18) in cui cronaca ed esperienza personale si
mescolano e diventano un'occasione drammaturgica
per lasciare un'ulteriore testimonianza e
risvegliare la memoria collettiva. Il racconto
di un viaggio da sogno verso la finale di Coppa
dei Campioni del 1985 tra Liverpool e Juventus
che si tramuta irrimediabilmente in un incubo.
Lo spettacolo non è altro che la naturale
prosecuzione di un lavoro iniziato nel 2015 con
la pubblicazione del libro "Quella notte
all’Heysel", a cui ha fatto seguito il podcast
"Dentro l’Heysel" del 2024 edito da Mondadori
studios. Questo primo appuntamento si inserisce
in un più ampio cartellone che contempla
spettacoli di ogni tipo, anche per i più
giovani. "Le contaminazioni, quelle sane, sono
punti di intersezione, di connessione tra anime,
artisti, uomini e donne - spiega il direttore
artistico Ferdinando Smaldone. Collegamenti,
come le linee di una metropolitana e i punti di
intersezione, le stazioni, dove le persone si
possono incontrare per contaminarsi. Principi di
collaborazione, scambio di regie, attori che si
confrontano e lavorano con e per altri registi.
Testi letti, pensati e proposti in base al
fattore umano che abita lo spazio. In altre
parole, la cultura è uno dei pochi beni che, se
diviso, si moltiplica. Con un effetto
contaminante".
Fonte:
Napoli.corriere.it © 24 gennaio 2025
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Domenica In,
Donatella Rettore e l'Heysel: "La Juve non si è
fermata"
La cantante e
il paragone tra la morte di Luigi Tenco nel
Sanremo 1967 e la strage avvenuta a Bruxelles,
prima della finale di Coppa dei Campioni 1985.
Gaffe
per Donatella Rettore nella puntata di Domenica
In di oggi, domenica 2 febbraio. In una fase
della trasmissione di Mara Venier in cui si
stava parlando di Sanremo e della morte di Luigi
Tenco durante l'edizione del Festival 1967,
circostanza che non vide lo stop della rassegna,
la cantante è intervenuta tirando in ballo un
paragone calcistico. Rettore ha citato la strage
dell'Heysel, avvenuta a Bruxelles il 29 maggio
1985 prima della finale di Coppa dei Campioni di
quell'anno.
LE PAROLE DI RETTORE -
All'Heysel, prima della finale di Coppa dei
Campioni del 1985 morirono 39 persone, di cui 32
italiane, e ne rimasero ferite oltre 600.
Rettore, confondendo i numeri della tragedia, ne
ha però parlato così in diretta: "La Juventus,
all'Heysel, non si è fermata con centinaia di
migliaia di morti...". La cantante è stata poi
interrotta dal giornalista Marino Bartoletti:
"Io ero lì e non si fermò per questioni di
ordine pubblico. Se non si fosse giocata quella
partita, si ammazzavano altre 20-30 persone. Un
discorso completamente diverso".
Fonte:
Adnkronos ©
2 Febbraio 2025
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Scritte a
vernice rossa sulla scritta "Fino alla fine"
(ANSA) - TORINO, 21 FEB - Un murale caro ai
tifosi della Juventus, con l'enorme scritta del
motto bianconero "Fino alla fine", nella zona di
Parco Dora a Torino è stato imbrattato,
utilizzando vernice rossa, con insulti, frasi
ingiuriose e riferimenti alla tragedia del
maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles,
quando 39 tifosi juventini morirono nella calca
per i disordini provocati dagli hooligans del
Liverpool nella serata della finale di Coppa dei
Campioni. A documentarlo, sui social
l'associazione Quelli di ... Via Filadelfia",
che "si prefigge lo scopo ,di preservare la
Storia e la Memoria del tifo Juventino della
Curva Filadelfia e 'laddove se ne intravveda una
sua continuità, nel contesto dell'attuale
tifoseria-. Sotto la foto, che in breve tempo ha
già raccolto numerosi commenti, l'amministratore
del gruppo ha pubblicato le frasi: "Da sempre
abituati al confronto tra uomini, restiamo
basiti davanti alla viltà di tali gesti.
Lasciamo in pace i morti, affrontate i vivi.
+39".
Fonte: ANSA
© 21 febbraio 2025
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Vandalizzato
il murales di Parco Dora sulla Juve:
pesanti offese
alle vittime dell'Heysel
di Massimo De
Marzi e Philippe Versienti
La denuncia dell'associazione "Quelli di
via Filadelfia" attraverso Beppe Franzo:
"Lasciamo in pace i morti".
Da
sempre l'Italia del pallone è divisa tra
juventini e antijuventini. Il secondo partito
negli ultimi giorni ha avuto validi argomenti
per prendere in giro la Vecchia Signora, dopo la
figuraccia in Olanda che è costata
l'eliminazione della squadra di Thiago Motta
dalla Champions League.
Vandalizzato il murale di Parco Dora
-
Gli sfottò e l'ironia l'hanno fatta da padrone
tra i social e nei vari gruppi whatsapp, ma fino
a che non si supera il limite del buon gusto
tutto va compreso e accettato. Quando invece si
scende negli insulti più pesanti e, soprattutto,
quando si diffama e si offende la memoria dei
morti non c'è alcuna giustificazione.
Così, approfittando del favore delle tenebre,
qualche buontempone (ma forse sarebbe il caso di
usare un termine più forte ma maggiormente
appropriato) ha pensato bene di andare a Parco
Dora a vandalizzare il murale bianconero che
riporta lo slogan diventato una sorta di mantra
juventino: "Fino alla fine".
Offese e
insulti per le vittime dell'Heysel
-
Gli insulti e le offese alle vittime
dell'Heysel, una delle pagine più brutte della
storia del calcio, fanno parte del bagaglio del
peggior tifoso, al pari di quelli - juventini e
non solo - che vilipendono la memoria dei caduti
di Superga. Sarebbe ora che la maggioranza
silenziosa e perbene prendesse le distanze in
modo deciso e definitivo da episodi di questo
genere.
Quanto accaduto a Parco Dora è stato denunciato
dall’Associazione ‘Quelli di via Filadelfia’
attraverso Beppe Franzo: "Da sempre abituati al
confronto tra uomini, restiamo basiti davanti
alla viltà di tali gesti. Lasciamo in pace i
morti".
Fonte:
Torinoggi.it
© 21 febbraio 2025
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Parco Dora di
Torino: imbrattano il murales
con insulti
alle vittime della tragedia dell'Heysel
di Luca Ronco
La denuncia dei tifosi: "Restiamo basiti
davanti alla viltà di questi gesti".
Torino,
qualcuno ha imbrattato il murales all’ingresso
del parco Dora (corso Mortara) con il motto
della Juventus "Fino alla fine". Nei giorni
scorsi, lì sono comparsi insulti e frasi
ingiuriose sulla tragedia dello stadio Heysel di
Bruxelles, quando dove nel 1985 era in programma
la finale della Coppa dei Campioni tra la
Juventus e il Liverpool. Poco prima della gara,
trentanove persone (trentadue italiani, quattro
belgi, due francesi e un nordirlandese) morirono
in seguito ai tafferugli che si svilupparono
sugli spalti. La denuncia - L’associazione
torinese di tifosi bianconeri "Quelli di via
Filadelfia" ha condannato l’episodio sui social
network. "Restiamo basiti davanti alla viltà di
questi gesti" hanno scritto i referenti del
gruppo. Al momento, non è chiaro chi siano i
responsabili dell’imbrattamento.
Fonte:
Torinotoday.it © 22 febbraio 2025
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Bruno Pizzul e
la notte da incubo dell'Heysel: l’orrore in
diretta
di Piero Bianco
Il telecronista e il racconto della più
grande tragedia dello sport italiano. La Juve fu
al centro della sua carriera.
TORINO
- Immaginate un mondo senza cellulari in cui le
telefonate erano ancora un problema. E
immaginate uno stadio fatiscente al centro
dell'Europa, dove era in cartellone una festa
dello sport e invece improvvisamente si scatenò
l'inferno. Era il 29 maggio 1985 e a Bruno
Pizzul toccò raccontare, in diretta sulla rete
ammiraglia Rai, la più grande tragedia dello
sport italiano, quella finale di Coppa dei
Campioni fra Juve e Liverpool in programma allo
stadio Heysel di Bruxelles dove 39 tifosi
persero la vita per la furia incontrollabile
degli hooligans.
Il film dell'orrore portò nelle case degli
italiani immagini raccapriccianti ma è rimasto
indelebile quel commento sempre misurato di
Pizzul. Che poi ammise di aver vissuto
interiormente un vero incubo, la telecronaca più
difficile della sua vita: "Non sapevo quanto
davvero si sapesse in Italia dell'orrore che si
stava consumando nelle tribune, le notizie erano
frammentarie, e contrastanti, anche nella
postazione dello stadio da cui trasmettevo. Ho
pensato ai parenti dei tifosi in trasferta, a
chi non aveva notizie, non volevo allarmarli
troppo ma non era giusto nemmeno minimizzare la
tragedia che si stava compiendo". La regia
internazionale continuava a mandare in onda
scene spaventose, sembrava una guerra. Per
un'ora e mezzo, in un'altalena di informazioni
inattendibili, Bruno Pizzul dovette misurare
emozioni e aggettivi. "Ci dicono che si dovrebbe
comunque giocare, mi pare una decisione assurda
ed è chiaro che il risultato non avrebbe
comunque importanza". "Ecco Cabrini, Tardelli e
Brio, sono andati a parlare con i tifosi,
cercano di calmarli, ma è un'impresa
impossibile". Mentre la tribuna d'onore si
svuotava rapidamente (l'Avvocato Agnelli era
stato tra i rimi ad andarsene, appena informato
della tragedia), Pizzul continuava a cercare
aggettivi per spiegare l'orrore.
Infine si giocò, per ordine delle autorità
belghe. "Tifosi, giochiamo per voi", aveva
spiegato il capitano Scirea leggendo al
microfono del vecchio stadio un comunicato
ufficiale. La Juve vinse 1-0, una vittoria mai
goduta, figlia dell'orrore. E Bruno Pizzul
terminò così la sua telecronaca: "Giusto
consentire che l'uomo sportivo esulti per questo
successo che è il successo del calcio italiano,
ma l'uomo conserva l'amarezza e il dolore di una
serata resa luttuosa da quanto è successo prima
della partita". Non era tifoso juventino,
Pizzul, eppure proprio la Juve fu al centro
della sua carriera, oggetto di tanti
immaginifici racconti anche perché i giocatori
bianconeri all'epoca erano anche pilastri della
nazionale. Un sodalizio inscindibile,
Addirittura, l'esordio come telecronista fu uno
spareggio di Coppa Italia Juventus-Bologna, l’8
aprile 1970. Un segno del destino.
Fonte:
Lastampa.it
© 5 marzo 2025
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Una pausa, poi
un respiro: quando Pizzul si trovò a raccontare
la
tragedia dell'Heysel, e scrisse una pagina di
storia
di Walter
Veltroni
La voce di Bruno Pizzul, morto oggi a 86
anni, è un pezzo della nostra memoria. Non ha
potuto esultare per una vittoria ai mondiali, ma
poco conta: della sua vita - per rubare una sua
celeberrima espressione - si può dire "tutto
molto bello".
Il
capolavoro di Bruno Pizzul - morto oggi, a 86
anni - fu una cronaca che definire sportiva
sarebbe un oltraggio. Credo che quell’uomo
buono, pacato, rigoroso si sia trovato
all’improvviso di fronte a una sfida
giornalistica di dimensione spaventosa. Doveva
raccontare nel 1985 la finale di Coppa dei
Campioni tra Liverpool e Juventus, una festa del
calcio, e si trovò catapultato in una strage
orrenda. Un cambio repentino di registro
narrativo da effettuare in diretta, davanti agli
occhi di milioni di telespettatori e,
soprattutto, al cuore in affanno dei parenti di
chi con la sciarpa bianconera al collo o nel
cuore, era andato fin lì, fino a quel
ferrovecchio di stadio Heysel che si sfaldava
come il burro. Non si capiva nulla, in quei
minuti, nessuno capiva nulla. Ma Pizzul, fin dal
collegamento prepartita con Gianfranco De
Laurentiis, segnalò la gravità di quello che
stava accadendo. E quando partì la diretta fu
prudente, misurato, equilibrato. Ricordo una sua
pausa, un respiro che raccontava la difficoltà
di dire, subito dopo, che c’erano morti, tanti.
Nella storia del giornalismo televisivo, non
solo sportivo, quella telecronaca resterà. È
stata una generazione di cronisti eccezionali,
quella di Pizzul e la precedente: Rosi
nell’atletica e, con Paolo Valenti, nel
pugilato, Oddo nel tennis, Giordani nel basket,
De Zan e Martino nel ciclismo, Poltronieri
nell’automobilismo, Giubilo nell’ippica. E tanti
altri. Poi Nando Martellini, Sandro Ciotti,
Enrico Ameri… Raccontavano scegliendo le parole,
cresciuti nella radio che obbligava a "far
vedere" gli avvenimenti. Non urlavano,
descrivevano. Allora non esisteva, come oggi, il
commento tecnico e allora il telecronista
doveva, insieme, narrare e spiegare. Pizzul era
della generazione dorata, quella dell’immediato
anteguerra, a cui appartenevano Gianni Minà, il
meraviglioso Beppe Viola, Paolo Frajese e tanti
altri. Quello che è più giusto ricordare di
Pizzul e dei "suoi" coevi è la asciuttezza e la
proprietà di linguaggio, l’assenza di enfasi e
la competenza. Pizzul aveva giocato al calcio ed
era friulano, due virtù non da poco. La seconda
la condivideva con Bearzot, Zoff, tutta gente
con pochi fronzoli e con la schiena dritta.
Pizzul era così, gentile severità. Fatto sta che
la voce di Bruno Pizzul è un pezzo della nostra
memoria: certe sue espressioni, l’uso sapiente
di congiuntivo e condizionale, il modo in cui
descriveva azioni, schemi e gesti tecnici e
faceva vivere l’ambiente della partita, sono
state buone compagne di chi ama lo sport
dall’inizio degli anni Settanta fino al 2002. Ha
raccontato cinque campionati del mondo di
calcio, quattro Europei ma non ha mai potuto
celebrare una vittoria. Non ha potuto dire tre
volte "Campioni del mondo" come Nando Martellini
nel 1982 e quattro volte come fece Fabio Caressa
a Berlino nel 2006. Ma non importa. La sua voce
è restata nell’aria, ha vinto l’usura del tempo,
come il suo talento di narratore e cronista.
Della vita che Bruno Pizzul ha vissuto si
potrebbe infine dire, con le sue celeberrime
parole: "Tutto molto bello".
Fonte:
Corriere.it
© 5 marzo 2025 ©
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Quella notte
all’Heysel insieme a Pizzul
Bruno
era il ponte tra l’inferno e le famiglie. Poi la
frase che passò alla storia.
di Giuseppe Tassi
Il 29 maggio
1985 si consumava la tragedia della finale di
Coppa dei campioni tra Liverpool e Juventus.
Giuseppe Tassi era inviato a Bruxelles, prima
sugli spalti e poi nel ventre dello stadio.
Roma,
5 marzo 2025 – Non ha potuto urlare "Campioni
del mondo" come Martellini e Civoli ma la
traccia professionale e umana lasciata da Bruno
Pizzul va oltre le Coppe del mondo e gli incroci
del destino. Il gigante buono di razza furlan ha
commentato le imprese e le cadute della
nazionale italiana fra il 1986 e il 2002 e gran
parte di quel percorso l'ho compiuto accanto a
lui come inviato del Resto del Carlino. Eravamo
insieme anche nella tragica notte dell'Heysel,
il 29 maggio 1985, quando la finale di Coppa dei
campioni tra Juventus e Liverpool si trasformò
in una tragica carneficina con 39 tifosi
bianconeri morti, calpestati nella curva Zeta
mentre tentavano di sfuggire alla foga assassina
degli hooligans. Io ero sugli spalti e poi nel
ventre dello stadio per capire la portata del
dramma che si consumava, Bruno appeso al suo
microfono in balia di voci incontrollate e di
notizie sommarie, cercava di trasmettere una
sensazione di pacatezza e di normalità dentro
quel subdolo e indecifrabile inferno. Lui ex
calciatore, ex liceale di stampo classico amava
il suo sport con l'entusiasmo sincero e lirico
del poeta. Quello spettacolo di terrore che si
consumava sotto i suoi occhi era figlio della
follia ultrà e dell'inadeguatezza dello stadio
scelto dall'Uefa e del ridicolo servizio
d'ordine belga con pochi gendarmi a cavallo a
vegliare sulla sicurezza dell'evento. Alla fine,
quando tutto fu terribilmente chiaro, Pizzul
pronunciò una frase che è rimasta nella storia
di quella serata e del giornalismo: "E ora
purtroppo una notizia che debbo dare, perché è
ufficiale, viene dall’Uefa. Ci sono 36 morti…
Una cosa rabbrividente, inaudita… E per una
partita di calcio". Quella stessa gara che si
giocò in omaggio a questioni d'ordine pubblico,
quella partita che somigliava a una giostra di
fantasmi lui la commentò fino all'ultimo minuto.
Una prova di supremo equilibrio e di enorme
professionalità. Ma anche un forte messaggio di
solidarietà umana. Perché la postazione
televisiva di Bruno, come i telefoni di molti
inviati, divennero uno straordinario ponte
lanciato verso le famiglie lontane: per
rassicurarle sulle sorte degli italiani dentro
quell’inferno o per offrire ai parenti dei
feriti e dei dispersi le prime indicazioni per
poterli raggiungere in Belgio. In quella notte
di follia il sereno gigante di Cormons apparve
ancora più grande.
Fonte:
Quotidiano.net © 5 marzo 2025
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La telecronaca
di Pizzul nella notte dell'Heysel
di Orlando
Sacchelli
In
punta di piedi il giornalista italiano il 29
maggio 1985 raccontò in diretta una delle pagine
più tristi della storia del calcio.
Commuove risentire il commento di Bruno Pizzul
fatto durante la diretta della finale di Coppa
dei Campioni il 29 maggio 1985. È la notte
dell'Heysel. Mentre le immagini si soffermano
sugli spalti dello stadio belga, il giornalista
con parole pacate e mai enfatiche, dando il
giusto peso ad ogni sillaba, racconta ciò che
gli succede intorno. "Qui è inquadrato il
settore della tribuna stampa, siamo nella
tribuna centrale, proprio al di sopra della
tribuna d'onore, in questo settore non si sono
verificati scontri di alcun tipo. C'è soltanto
sgomento, vedo anche della gente piangere. Sono
scene che francamente con un evento sportivo non
hanno nulla, nulla da spartire. Ho accanto a me
il responsabile della Uefa che mi conferma che
ci sono 36 morti, mentre un'altra notizia che mi
lascia piuttosto sconcertato è che la partita si
giocherà... Con quale spirito i giocatori
entreranno in campo. È chiaro che il risultato
diventa assolutamente irrilevante. Giocare con
queste cifre è assolutamente inaccettabile".
Nella pagina più buia del calcio europeo, mentre
si è da poco consumata una vera e propria
carneficina (alla fine si conteranno 39 morti e
oltre seicento feriti), Pizzul usa il microfono
della Rai in modo encomiabile entrando nella
storia in punta di piedi, facendo informazione e
mettendo in prima fila la dignità umana. Oltre a
sottolineare, giustamente, che lo sport è
un'altra cosa.
Fonte:
Ilgiornale.it © 5 marzo 2025
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Il libro che
ricostruisce la vita di Giusy Conti,
aretina morta
nella tragedia dell'Heysel
Si intitola "La ragazza dai pantaloni
verdi" ed è scritto dal giornalista Luca
Serafini. Domenica 16 marzo marzo, in sala
Montetini, la presentazione.
E'
stato pubblicato il libro "La ragazza dai
pantaloni verdi", che ricostruisce la storia di
Giuseppina "Giusy" Conti, morta a soli 17 anni
mentre si trovava a Bruxelles, una delle 39
vittime della tragedie dell'Heysel. Giusy era
una ragazza di Rigutino che frequentava il liceo
Classico ad Arezzo. Il volume, scritto dal
giornalista Luca Serafini, scava nella vita di
questa ragazza degli anni '80, cercando di
restituire - attraverso la forma di un
romanzo-verità - l'immagine più fedele possibile
di una 17enne aretina, innamorata dello sport e
della vita. Le amicizie, la scuola, le passioni,
le speranze. Il volume è edito da Effigi ed è
arricchito dai contributi di Marco Tardelli,
Francesco Moser, Nelson Piquet e Andrea
Lorentini, figlio di Roberto, altra vittima
aretina dell'Heysel. Domenica 17 marzo, alle 17
in sala Montetini ad Arezzo, è prevista la
presentazione.
IL LIBRO "LA RAGAZZA DAI PANTALONI
VERDI" - "Il negozio dei genitori - si
legge nella presentazione del libro - è un punto
di riferimento del paese. Giuseppina è brava a
scuola e gioca bene a tennis. Preferisce essere
chiamata Giusy, nome più breve e moderno. Si
emoziona con la Formula 1 e le corse di
biciclette. Ma quando vede il pallone è gioia
pura. Ama il calcio. Segue l’Arezzo, la squadra
di quella città a pochi chilometri da casa dove
va ogni mattina per le lezioni: conosce uno ad
uno nomi e volti dei giocatori. Ma la Juventus
di Platini è la sua grande passione. Esulta e
soffre per i colori bianconeri. Insegue il sogno
della Coppa dei Campioni. Ad Atene è allo stadio
a seguire la finale, ma sarà una delusione. Il
1985 è l’anno in cui l’impresa può, anzi deve
riuscire. A Bruxelles, stadio Heysel. Stavolta
con lei c’è anche il babbo Antonio. 'Ciao, torno
con la Coppa' dice salutando i compagni a scuola
e la mamma a casa. Ma il calcio che Giusy ama,
quella sera è avvelenato dalla violenza di
tifosi come belve e dalle colpe di chi avrebbe
dovuto organizzare in sicurezza un grande
evento. La ragazza dai pantaloni verdi diventa
un angelo, l’angelo dello sport, uno dei 39
angeli dell’Heysel".
Fonte:
Arezzonotizie.it © 10 marzo 2025
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Un monumento
per ricordare la tragedia dell’Heysel
di Antonio Cunazza
In occasione del 40esimo anniversario
della tragedia che fece 39 vittime tra i tifosi,
quasi tutti italiani, un’opera d’arte pubblica
sorgerà su un terreno nei pressi dello Juventus
Stadium come monumento alla memoria e al
ricordo.
Il
prossimo 29 Maggio cade il quarantennale di uno
dei momenti più gravi e tremendi della storia
del calcio moderno: in quella data del 1985, in
occasione della finale di Coppa dei Campioni fra
Liverpool e Juventus, allo stadio Heysel di
Bruxelles, la frangia di hooligans inglesi
sfondò le deboli recinzioni interne della curva
Sud, invadendo un settore laterale occupato da
tifosi italiani e neutrali. L’aggressione
veemente, e l’impreparazione delle forze
dell’ordine locali, provocò un drammatico
tentativo di fuga dei tifosi, che si ritrovarono
schiacciati in una calca letale in gradinata.
Morirono 39 tifosi (di cui 32 italiani) e almeno
600 furono i feriti. Quello che rimane uno dei
momenti di svolta tristemente più importanti
anche per lo sport e per lo sviluppo dei suoi
regolamenti e dei parametri costruttivi degli
stadi, verrà ricordato dalla Juventus con
l’installazione di un monumento che invita a una
riflessione più profonda su quei momenti e sulla
vita. Questa l’idea dell’artista, Luca Vitone,
che aveva vinto il concorso – a cui avevano
partecipato una decina di artisti italiani – con
la sua proposta "Verso Altrove", alla quale ha
poi lavorato nel corso degli ultimi due anni
insieme a Luca Beatrice, critico d’arte torinese
e presidente della Quadriennale di Roma
(tristemente scomparso a fine Gennaio 2025),
incaricato da Juventus di portare avanti l’idea
del progetto.
Il monumento, il cui cantiere è in attività da
fine 2024, sarà pronto in tempo per
l’anniversario del 29 Maggio prossimo e occuperà
un lembo di prato di circa 2mila mq, posto lungo
Strada della Continassa, a poca distanza dallo
Stadium della Juventus e dal centro sportivo del
club bianconero. In quella che già è un’area
ampiamente riqualificata grazie agli interventi
realizzati dalla Juventus negli ultimi anni,
l’opera si svilupperà come una rampa a spirale
centrifuga, lunga nel complesso 65 metri e che
raggiungerà un’altezza di 3 metri dal terreno.
Realizzata come un percorso quasi sospeso,
racchiuso fra due pareti laterali fatte di assi
di legno svasate, e accessibile anche dalle
persone con disabilità, porterà al culmine dove
un cannocchiale con le lenti montate al
contrario fornirà ai visitatori una visione
paradossale, con il fuoco che si allontana
dall’orizzonte. La scelta, già percorsa da
Vitone in altre sue opere in passato, vuole
invitare a uno sguardo totalmente diverso dal
solito verso il panorama, una riflessione
sull’inevitabile passaggio fra la vita e la
morte, un momento di raccoglimento nel ricordo
di quei 39 morti.
L’illuminazione notturna renderà l’opera
ulteriormente emozionale, e sarà visibile anche
dal cielo, dato che questa zona è sulla comune
linea di atterraggio degli aerei in arrivo
all’aeroporto torinese di Caselle. L’area verde,
infine, sarà anche arricchita da cespugli di
lavanda e da alcune piante di Ginko Biloba, una
delle poche forme viventi che sopravvissero alle
bombe atomiche cadute in Giappone, anche qui
scelta voluta dall’artista come simbolo di
resistenza alle peggiori avversità della vita.
Fonte:
Sporteimpianti.it © 12 Marzo 2025
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