Riaperto a Bruxelles lo stadio della strage
BRUXELLES - L'infausto
settore "Z" dello stadio di Heysel è apparso, oggi, come
una vuota macchia bianca, circondata dalla folla degli spettatori
accorsi, sotto la pioggia, ad assistere ai campionati nazionali
belgi di atletica. A due mesi dalla strage (nella quale
hanno perso la vita 38 spettatori, 31 dei quali italiani)
avvenuta il 29 maggio, poco prima dell'incontro Juventus-Liverpool,
i cancelli dello stadio di Heysel sono stati riaperti al
pubblico. Ma la commissione parlamentare che ha fatto un
giro di ispezione sugli impianti di calcio dove si disputano
le partite di serie A, istituita dal governo in seguito
alla strage di Heysel, ha proibito l'accesso per motivi
di sicurezza al settore "Z" dove si sono verificati i mortali
incidenti. Sorprendentemente, la commissione, nel suo giro
di ispezioni, si era dimenticata di visitare lo stadio di
Heysel, perché "non è abitualmente utilizzato per le gare
di campionato, ma è riservato alle partite internazionali".
Lo stadio di Heysel, comunque, su ordine del governo, dovrà,
subire radicali lavori di ripristino per essere completamente
agibile il 30 agosto, quando si svolgerà il "Memorial Ivo
Van Damme" di atletica leggera.
3 agosto 1985
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA AGOSTO 1985
Juve e Liverpool
in appello
di Bruno Perucca
I bianconeri dovrebbero
giocare a porte chiuse le prime due gare di Coppa Campioni.
La linea difensiva della società torinese e gli eventuali
problemi di ordine pubblico.
DAL NOSTRO INVIATO. ZURIGO
- La convocazione della Juventus è per stamane alle 9 all'Hotel
Mowenpick, in direzione dell'aeroporto. Un'ora dopo, forse
meno, toccherà al Liverpool che per altro è già stato sentito
in modo informale. Si compie a Zurigo, davanti al Jury d'appel
della Federazione europea (lo compongono per l'occasione
lo svizzero Sergio Zorzi, il tedesco Ovest Claesen, il greco
Papaefestratou), un altro dei dolorosi per quanto doverosi
atti "politici" che seguono alla raccapricciante tragedia
del 29 maggio allo stadio Heysel. L'Uefa ha troppo comodamente
gettato ogni responsabilità sugli altri (i teppisti di Liverpool,
ovviamente, la polizia, il governo, la federazione calcistica
belga, i club inglesi in blocco ricordando episodi precedenti,
ed anche la Juventus) non sfiorando neppure le proprie (chi
doveva assicurarsi, con un accurato sopralluogo, che l'Heysel
fosse adatto e abbastanza protetto per una finale di Coppa
?). E oggi ascolta le due società colpite dalle sue sanzioni,
le quali chiedono riduzioni delle pene. Coinvolto nella
"sospensione europea" con gli altri club, il Liverpool si
appella contro la punizione supplementare e particolare:
i "reds", è noto, finito il blocco nazionale dovranno stare
fuori dal giro delle Coppe per altri tre anni dalla loro
prima eventuale qualificazione. Robinson, il manager, dice:
"Non rifiutiamo le responsabilità di una parte del nostri
tifosi, sarebbe pazzesco farlo, ma chiediamo una riduzione
del periodo di punizione supplementare. Un anno potrebbe
bastare, sarebbe già un monito per Liverpool". La Juventus,
si sa, deve giocare a porte chiuse le prime due gare in
casa delle Coppe. Quella con i lussemburghesi del Jeunesse
di Esch-sur-Alzette del 2 ottobre e la successiva (23 ottobre
o 6 novembre, dipenderà dal sorteggio). Oggi a Zurigo il
presidente Boniperti ed il vicepresidente avv. Vittorio
Chiusano abituato a grosse battaglie forensi, accompagnati
dal dirigente Barettini, sosterranno che la sanzione è troppo
pesante per l'immagine del club (dimenticando la cruda e
antipatica questione finanziaria, pur se il danno è quantificabile
sul miliardo e mezzo) e pericolosa. Partite a porte chiuse
presentano grossi rischi al riguardo dell'ordine pubblico.
Meglio il campo neutro, magari con la destinazione dell'incasso
(tutto o in parte) ad opere benefiche. Questa la situazione.
La Juventus "torna in campo" oggi a riparlare di una serata
che l'ha colpita nel vivo, più che togliendole la soddisfazione
di una vittoria sportiva attesa da anni. "Non potremo mai
scordare l'incomprensibile rabbia degli hooligans ed i morti
- dice il presidente Boniperti - ma non ci accaniremo di
certo contro il Liverpool Football Club. E' una società
seria, ben sappiamo come la violenza nel mondo, e quindi
anche nel calcio, sia un terribile e incontrollabile fenomeno
dei nostri tempi. Siamo qui per difendere la Juve, la nostra
buona volontà, i giocatori che quella sera andarono sul
campo rischiando per cercare di fare qualcosa. E nessuno
scordi, infine, che la partita non volevamo giocarla". L'avv.
Chiusano ha nella ventiquattrore la "memoria" che sosterrà
di fronte al Jury d'appel. Spiega: "Siamo sul piano del
diritto sportivo, che è altra cosa da quello civile e penale,
ma credo che i giudici di primo grado non abbiano valutato
a fondo la cronistoria delle responsabilità. E' sotto questo
profilo che chiederemo di essere assolti; se vogliono dare
un esempio hanno a disposizione le sanzioni pecuniarie".
Anche la Federazione italiana, sostiene Chiusano, ha fatto
presente all'Uefa i rischi delle partite a stadio chiuso.
E la Juventus, al proposito, produrrà una lettera giuntale
dal nuovo questore di Torino, Catalano, in cui fa capire
che potrebbero insorgere problemi di ordine pubblico. Ed
è di questi giorni un documentario televisivo svedese che
conferma in modo deciso, evidente, la piena responsabilità
degli hooligans, nonché lo "strano" permissivismo dei controlli
allo stadio nei confronti dei fans del Liverpool e la severità
riguardante i tifosi bianconeri. E' irriverente, ricordando
le vittime dell'Heysel, dover tornare sui particolari della
tragedia di Bruxelles, ma l'Uefa è chiamata a meditare sull'accaduto.
8 agosto 1985
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA AGOSTO 1985
Respinti i ricorsi di Juventus e Liverpool
di Bruno Perucca
Zurigo
amara - Il Jury d'Appel dell'Uefa ha confermato le condanne
inflitte ai due club per i tragici fatti dell'Heysel.
Sette ore di dibattimento
per una decisione più politica che sportiva - I bianconeri,
per motivi di ordine pubblico, potranno giocare anche lontano
da Torino le prime due gare interne di Coppa Campioni -
Duro attacco della società inglese ai dirigenti internazionali
- Rimangono ombre e lacune nella sentenza.
DAL NOSTRO INVIATO. ZURIGO
- Il Jury d'Appel dell'Uefa ha respinto i ricorsi di Juventus
e Liverpool. Il comunicato si chiude con la frase "la decisione
è definitiva". Quindi è confermato che i bianconeri dovranno
giocare le prime due partite interne di Coppa a porte chiuse
(attenzione, non necessariamente al Comunale ma in qualsiasi
stadio italiano o straniero) e senza trasmissioni tv, e
che i "Reds" staranno fuori dalle prime tre competizioni
europee alle quali avrebbero diritto, una volta scaduto
il blocco globale al calcio inglese (la cui durata è ancora
da stabilire, forse non verrà fissata nel prossimo Direttivo
dell'Uefa del 20 agosto a Parigi: tutto slitterà a primavera).
Le speranze della Juventus e del Liverpool sono andate deluse,
la decisione del Jury d'Appel è più "politica" che sportiva
in quanto si vuole sottintendere l'unità di pareri dell'Uefa,
ma non si possono neppure nascondere le serie e gravi preoccupazioni
per il domani del calcio. L'Uefa non può, come hanno congiuntamente
suggerito sia Boniperti che il manager del Liverpool Robinson,
chiedere maggiori poteri ed un più largo intervento alle
forze dell'ordine. Per una Federazione questa sarebbe una
ammissione di incapacità (peraltro già dimostrata a Bruxelles)
a dirigere il suo sport. Di qui la conferma di sanzioni
(pesanti, va detto, soprattutto per il Liverpool) che valgono
da avvertimento per tutti. La sentenza è uscita a tarda
sera, quando Boniperti e l'avvocato Chiusano erano già rientrati
a Torino lasciando a rappresentare la Juventus il funzionario
Barettini, mentre per il Liverpool erano rimasti a Zurigo
il general manager Robinson ed il legale Ensor. Proprio
il Liverpool, con la sua lunga memoria, aveva occupato la
maggior parte della mattinata, dedicata alle due società
ed alle chiamate in aula del tedesco Est Schneider, commissario
Uefa a Bruxelles nella tragica nottata del 29 maggio, e
del portoghese Da Silva Resende, membro del Comitato di
indagine dell'Uefa. I due non hanno potuto che ribadire
il contenuto dei loro primi rapporti, che avevano portato
alle sanzioni originarie, ora confermate. L'attacco del
Liverpool all'Uefa stessa è stato il fulcro della giornata.
La Federazione ha passato brutti momenti quando Robinson
ha estratto dal suo voluminoso dossier un inedito e pesante
atto d'accusa, nei confronti dell'organismo internazionale.
Neil Mac Farlane, ministro inglese dello Sport, aveva avvertito
con un telex spedito alle ore 10.26 del 28 maggio (un giorno
e mezzo abbondante prima del match) sia l'Uefa che il governo
e la Federazione belgi, del pericolo che potevano provocare
i tifosi dei "Reds" all'Heysel. E' clamoroso, anche se vale
solo da parziale scusante per il Liverpool, che il telex
allarmato di Mac Farlane fosse stato provocato dallo stesso
manager del club Robinson, il quale si era recato all'Heysel
all'antivigilia della drammatica giornata. Robinson aveva
rilevato non solo le pecche dello stadio (debolezza delle
reti di divisione, mancanza di uscite di sicurezza) ma anche
il passaggio di molti dei biglietti della tragica curva
"Z" - destinati originariamente come noto ai Belgi - a tifosi
italiani (in grande maggioranza) e a qualche inglese. Il
ministro britannico dello Sport non ha mai ricevuto risposte
al suo allarmato telex. E purtroppo, questo lo possiamo
ribadire noi che all'Heysel c'eravamo, il messaggio non
ha trovato riscontro neppure nella pratica, nelle disposizioni
di sicurezza. E' persino paradossale che la Juve nel suo
esposto abbia dovuto ricordare che i suoi tifosi volevano
abbattere la rete per entrare in campo perché terrorizzati,
sotto la spinta degli hooligans. L'Uefa non sapeva queste
cose, che cosa riferirono Schneider e Resende ? Che fine
ha fatto il telex di Mac Farlane ? Che cosa vide la Commissione
vigilanza dell'Uefa nel sopralluogo fatto all'Heysel il
2 febbraio e del quale non si hanno tracce ufficiali ? La
Federazione europea fa da giudice sui fatti di Bruxelles,
commina punizioni, ma le sue corresponsabilità sono evidenti.
Le sottolineammo dopo l'angosciosa notte dell'Heysel. Quei
morti che non scorderemo mai non possono essere cancellati,
ma neppure "archiviati" parlando di Liverpool, di Juventus,
e delle pur sacrosante colpe belghe.
9 agosto 1985
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA AGOSTO 1985
L'Uefa respinge il ricorso della Juve: due partite
a porte chiuse
Boniperti amareggiato per la sentenza "la mia delusione
più grande"L'Uefa
ha ribadito il suo "no" alla Juventus, confermando la decisione
di far disputare le prime due partite casalinghe di Coppa
dei Campioni a porte chiuse, conseguenza dei tragici fatti
di Bruxelles. Anche al Liverpool non sono stati fatti sconti:
restano i tre anni di squalifica dalla scena internazionale.
A Zurigo il Jury d'Appel dell'Uefa non ha quindi raccolto
le istanze della società bianconera rappresentata dal presidente
Boniperti e dall'avvocato Chiusano. Una sentenza assurda
che penalizza la società ed i suoi tifosi e che ha colto
di sorpresa il massimo dirigente juventino: "Non me l'aspettavo
proprio - ha ammesso Boniperti - Ero andato a Zurigo fiducioso
perché pensavo che si accorgessero che la condanna inflittaci
era sproporzionata e comunque dettata dalla tensione del
momento in cui era stata emanata, perché ancora troppo recente
era la tragica notte di Bruxelles. Ma dobbiamo rassegnarci.
Certo questo rappresenta uno dei più grandi dispiaceri della
mia carriera". Stessa amarezza da parte dell'avvocato Chiusano,
legale e vice presidente dalla Juventus, e da parte dei
giocatori bianconeri. Il capitano Scirea è incredulo: "Non
capisco questa assurda decisione. Si doveva tenere conto
del fatto che la Juve gioca da tanti anni le coppe internazionali
senza che i suoi tifosi abbiano mai dato luogo ad intemperanze.
A Bruxelles poi hanno reagito solo dopo le gravi provocazioni
dei tifosi del Liverpool. Giocare in uno stadio deserto
sarà una strana sensazione. Vedremo". Ferma ovviamente la
reazione dei tifosi bianconeri, i più colpiti dalla decisione
dell'Uefa. Il presidente del Juventus club Torino Perruquet
è giustamente preoccupato per quello che potrà succedere
fuori dallo stadio Comunale la sera del 2 ottobre, quando
la Juventus affronterà i lussemburghesi del Jeunesse. Commenta:
"Questa decisione folle dimostra che Bruxelles non ha insegnato
nulla ai signori dell'Uefa, un ente retto da gente fuori
dal mondo. Da tempo chiediamo le dimissioni di queste persone,
che dopo la strage dell'Heysel avrebbero dovuto avere il
coraggio di mettersi da parte. Ora faremo di tutto per calmare
i tifosi, ma non sarà un'impresa da poco". Tra l'altro le
due partite di coppa non potranno neppure essere trasmesse
in tv. Le norme dell'Uefa parlano chiaro: non più di settanta
persone presenti (compresi tecnici e giocatori) e solo tre
minuti di trasmissione televisiva. Rilevante quindi anche
il danno economico per la Juventus. Tra le due partite si
supererà abbondantemente il miliardo e mezzo. A Zurigo si
è parlato anche di Supercoppa. I dirigenti dell'Uefa hanno
deciso che quest'anno non si disputerà. Cade quindi anche
la proposta dell'avvocato Agnelli di un incontro tra Juventus
ed Everton da giocare in campo neutro allo stadio Wembley
di Londra, come primo segno di riappacificazione calcistica.
Le misure in vigore nei confronti delle squadre inglesi
infatti sono valide anche in Inghilterra. Infine Juventus
e Liverpool hanno deciso di comune accordo di affrontare
con una formazione mista Il Resto d'Europa. La proposta
è già stata inoltrata all'Uefa che la esaminerà il 20 dicembre
prossimo. L'incasso sarà devoluto ai familiari delle vittime
dell'Heysel.
9 agosto 1985
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA AGOSTO 1985
ZURIGO - Questo il testo
del documento congiunto che Juventus e Liverpool hanno presentato
all'Uefa con l'intento di ricordare i morti di Bruxelles:
"La Juventus ed il Liverpool, deplorando la violenza ed
il teppismo che hanno condotto alla morte di così tanti
innocenti nello stadio Heysel di Bruxelles, hanno convenuto,
nel segno delle loro amichevoli relazioni mai venute meno,
di proporre all'Uefa lo svolgimento di un incontro di calcio
dedicato alla memoria degli scomparsi. Tale incontro si
avverrà tra una squadra mista delle due società ed una squadra
del Resto d'Europa. I due club dichiarano che l'incasso,
dedotte le spese sopportate dalla squadra avversaria, verrà
interamente devoluto alle famiglie di tutte le vittime del
folle gesto e di essere disposti a giocare l'incontro in
quella località che verrà discrezionalmente scelta dall'Uefa".
L'Uefa esaminerà la proposta dei due club il 20 dicembre
a Parigi nella riunione del Direttivo. Non toccava certo
al Jury d'appel farlo.
9 agosto 1985
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA AGOSTO 1985
Heysel, l'ultimo
morto
BRUXELLES
- I morti sono ora 39. Ieri mattina all'ospedale Erasme
di Bruxelles è morto Luigi Pidone, 31 anni, di Nicosia,
in coma dal 29 maggio. Da parecchi giorni le sue condizioni
si erano aggravate, i medici belgi non speravano ormai più
di salvarlo. Al settantasettesimo giorno di coma il suo
fisico non ha retto più, sono insorte complicazioni che
gli sono state fatali. Alle 14.49 il dispaccio dell'Ansa
ha dato la notizia: 39 le vittime in totale, di cui 32 italiani.
Luigi Pidone, come tutti gli altri tifosi rimasti uccisi
quella terribile notte, si trovava il 29 maggio nel settore
Z dello stadio Heysel. Poco dopo le 19 gli incidenti, la
fuga della gente impazzita. Gli infermieri lo raccolsero
che era già privo di conoscenza: fu portato in ambulanza
all'ospedale dove è stato ricoverato fino a ieri mattina.
Nonostante le cure intensive, non si è mai risvegliato dal
suo stato di incoscienza. Un coma profondo che praticamente
aveva già troncato la sua vita due mesi e mezzo prima. Adesso
la salma sarà fatta rientrare in Italia, accompagnata da
alcuni parenti. Ai familiari dello scomparso il ministro
degli Esteri Giulio Andreotti ha già fatto pervenire un
telegramma di condoglianze. Gli ospedali belgi, il Militair,
l'Uvb di Jette, il Saint Jean, il Francais cominciano ormai
a dimenticare la notte del 29 maggio, i 39 morti, le centinaia
di feriti. Ormai non c'è quasi più nessuno ricoverato. E'
rimasto soltanto un ferito, Giuseppe Vullo, le condizioni
però vanno migliorando di giorno in giorno. Entro breve
tempo i medici che lo curano dovrebbero consentirgli di
tornare in Italia. Intanto il governo belga è in crisi:
la commissione d'inchiesta ha infatti ritenuto il ministro
dell'Interno Nothomb responsabile politico di quanto accadde
quella notte allo stadio Heysel.
15 agosto 1985
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA AGOSTO 1985
L'iniziativa è di Vincenzo Arrigo, da 20 anni vive
in Inghilterra
Londra-Torino: è solidarietà per i tifosi feriti
a Bruxelles
di Lorenzo Del Boca
Un assegno di dieci milioni
sarà consegnato a Boniperti - La colletta ostacolata dalla
nostra ambasciata - I quotidiani londinesi hanno pubblicato
l'appello - La storia di Villa del Bosco, un paese del Biellese
che ha mandato emigranti in tutto il mondo.
Da Londra a Torino via
Villa del Bosco. Vincenzo Arrigo, piemontese che lavora
in Inghilterra da venti anni, ha raccolto dieci milioni
di lire da offrire come contributo ai tifosi vittime della
sciagura allo stadio di Bruxelles. L'assegno è stato consegnato
al Presidente dell'Associazione piemontesi nel mondo Michele
Colombino che, a sua volta, lo porterà al presidente del
Juventus Club Giampiero Boniperti. E' un'iniziativa importante
perché nata nella stessa regione da dove sono venuti i reds
del Liverpool protagonisti in negativo del disastro. L'idea
dei piemontesi è stata pubblicizzata attraverso i quotidiani
londinesi compreso il famoso The Times. La solidarietà dimostrata
dalla gente che correva a portare piccole somme (una specie
di Specchio dei tempi anglosassone) avrebbe consentito di
raggiungere cifre record se non fossero intervenuti subito
gli organi ufficiali dell'ambasciata che ha bloccato la
colletta giudicandola inopportuna. "Quello che conta - dice
Vincenzo Arrigo - è lo spirito di questo tipo di solidarietà.
Serve a dimostrare che l'amicizia fra inglesi e italiani
è rimasta intatta e, forse, ha potuto rafforzarsi. La violenza
di un minuto non può compromettere la solidarietà di anni
durante i quali uno ha imparato ad apprezzare il lavoro
dell'altro". Michele Colombino ha aggiunto: "E’ il segno
di come il Piemonte all'estero abbia costruito una propria
credibilità che non nasce per caso. Ognuno di questi nostri
concittadini oltre confine si è guadagnato la stima, il
rispetto e, qualche volta, l'ammirazione degli stranieri".
Non a caso l'assegno con il denaro della colletta è stato
consegnato a Villa del Bosco un centro a cavallo fra il
Biellese e Vercelli dove è festa grande per San Lorenzo
e dove gli amministratori sono alle prese con il problema
di una diga che dovrebbe essere costruita sopra di loro
ma che loro non vogliono. Arrigo è emigrato da lì nel 1965
ed è arrivato a Londra per sposare Teresa Castagna che era
emigrata con la famiglia prima di lui. Non una parola di
inglese, le scuole serali per cominciare a dire buongiorno
e buonasera, il lavoro nella cucina di spaghetti house in
Goodge street. Poi in fabbrica: magazziniere della General
Motor e, da ultimo, un negozio di mobili nella city di Londra.
Villa del Bosco - 400 abitanti - è un paese di emigranti
che ha mandato giovanotti e famiglie in tutto il mondo.
Da secoli. Il sindaco di oggi, Antonio Bartolini, ricorda
ancora la storia del nonno Nino Lei partito a 13 anni con
la valigia di cartone e il pennello di imbianchino in mano.
Generazioni se ne sono andate da questa terra, Roasio, Sostegno,
Gattinara: si sono sparse per l'Europa costruendo palazzi,
sempre lasciandoci il sudore della fronte, qualche volta
mettendo insieme discrete fortune. In Francia, appena al
di là delle Alpi, c'erano i Ravello e i Morando titolari
di aziende leader nel settore dell'edilizia: oggi, eredi
di quella tradizione, ci sono Calido De Simone e Renato
Piantino. Paese senza frontiere. A Cleveland vive un Bai-Cellino,
un Barbero sta nell'Ohio e Faustino Brughetti, critico d'arte,
lavora a Buenos Aires. A Grenoble, tipografo per trent'anni
al Dauphiné Liberè, c'è Aldo Perron. I primi ad arrivare
in Africa sono stati i Cappa e i D'Alberto di Roasio. Anni
in cui si dormiva nella foresta con il fucile per cuscino,
si cuocevano le uova sode appoggiandole per pochi secondi
sulle rotaie del treno e le zanzare sembravano grasse come
libellule. Il Far West dell'Africa: hanno chiamato amici,
cugini, famiglie di conoscenti. Un altro Barbero, Dario,
è stato nel Ghana; i Fileppi sono nel Ghana e in Nigeria;
i Giacometti e gli Asta hanno lavorato a Joa. Ognuno è rimasto
legato alla sua terra: il campanile del paese significa
nostalgia.
28 agosto 1985
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA AGOSTO 1985
Cova
corre ricordando le vittime del 29 maggio
di Giorgio Barberis
AL NOSTRO INVIATO. BRUXELLES - Si ritorna nello
stadio maledetto. A tre mesi di distanza dalla tragica notte
del 29 maggio quando una festa di sport venne violentata
nella maniera più vergognosa e cruenta, l'Heysel riapre
le porte ad una manifestazione internazionale. Allora lo
spettacolo doveva essere rappresentato dalla finale di Coppa
del Campioni tra Juventus e Liverpool, oggi di scena saranno
i migliori interpreti dell'atletismo mondiale per la penultima
prova del Grand Prix, intitolata a Ivo Van Damme, gran protagonista
del mezzofondo. L'Heysel, dunque. Dove l'unica concessione
al passato sembra essere quella di vietare l'ingresso nel
tristemente famoso "settore Z", quello del massacro. Eccetto
che per quel vuoto, sugli spalti sarà dunque tutto normale:
il muretto è stato ricostruito, gli ultimi ritocchi ai lavori
di ripristino e manutenzione sono stati dati: dei danni
provocati durante gli incidenti che hanno causato la morte
di 39 persone, non rimane traccia. Le novità semmai, assicurano
le autorità belghe, saranno nelle misure per garantire la
sicurezza e l'incolumità degli spettatori: I gendarmi stazioneranno
anche all'interno dell'Heysel, in forze. "Sarà un momento
importante per lo sport italiano e naturalmente per me,
che ho visto come tutti alla televisione quanto accadde
quella sera - sottolinea Alberto Cova. Nello stadio dove
32 italiani hanno perso la vita è importante riportare la
gioia e la serenità di fare sport. Spero di contribuire
a questo, anche se, nessuno, purtroppo, può cambiare il
destino delle vittime di allora". Alberto Cova stasera ha
come obiettivo, come la Juventus tre mesi fa, una grande
impresa: correre i diecimila più veloci nella storia dell'atletica,
facendo meglio del portoghese Mamede che un anno fa a Stoccolma,
il 2 luglio, fermò i cronometri sul tempo di 27'13"81. Impresa
che, anche per un campione collaudato come Cova, appare
tutt'altro che facile. Un record non basta programmarlo,
volerlo: per ottenerlo è necessario che mille particolari,
singolarmente all'apparenza magari insignificanti, si fondano
in un disegno armonico, come le numerosissime tessere di
un mosaico. "Il primo traguardo - precisa il pluricampione
azzurro - è rappresentato dal limite italiano che Venanzio
Ortis fissò, nella finale degli europei di Praga 78 in cui
fu secondo dietro Vainio, in 2'3''48. Il resto dipenderà
dal tipo di gara. Gli organizzatori mi hanno garantito un
treno veloce per i primi sei chilometri. Poi toccherà a
chi rimane, cioè nelle speranze all'irlandese Treacy, allo
statunitense Bickford e al sottoscritto. Aiutandoci fino
all'ultimo giro, si può tentare di migliorare anche il primato
del mondo. E a riuscirci sarà chi saprà giocare meglio le
sue carte nell'ultimo giro". Realisticamente dovrebbe essere
appunto Alberto Cova. I diecimila di Bruxelles sono il suo
ultimo appuntamento di quest'anno con la pista, poi penserà
unicamente alla maratona. Ed è normale che voglia "chiudere"
in un certo modo per, dice, "dedicare questa corsa alle
vittime innocenti di una serata infame".
30 agosto 1985
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA AGOSTO 1985
Cova nello stadio dell'Heysel
a caccia del record di Ortis
BRUXELLES - Lo sport ritorna
ancora nello stadio della morte. Stasera all'Heysel, dove
tre mesi fa perirono 39 persone che assistevano alla finale
di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool, si tiene infatti
il tradizionale meeting di atletica, valido per il Grand
Prix, un appuntamento classico che, in questa occasione,
assume un significato del tutto particolare. Ritornando
sugli spalti dello stadio, sarà impossibile non gettare
uno sguardo verso il settore "Z", dove innocenti spettatori
furono vittime della bestiale violenza dei tifosi inglesi.
Ora il muro che cedette sotto la spinta della folla è stato
ricostruito, ma anche se i segni della strage non sono più
visibili, nessuno potrà dimenticare. Toccherà quindi ad
atleti di fama restituire l'Heysel al suo ruolo naturale.
I nomi degli iscritti al meeting sono di grande richiamo.
Su tutti Alberto Cova, Carl Lewis, il recordman dei 1500
Aouita, che punterà al "mondiale" dei 3000, Cruz, Coe ed
in campo femminile l'americana Decker che concederà la rivincita
a Zola Budd ed alla romena Pulca. Insomma le premesse per
assistere ad uno spettacolo di prim'ordine non mancano di
sicuro. A Bruxelles sono già stati venduti 45 mila biglietti
ed anche se l'atletica non è certo sport che eserciti un
particolare richiamo sui teppisti tipo calcio, il servizio
d'ordine sarà molto attento. Un provvedimento che sembra
in questo caso davvero ridicolo. Chissà cosa temono gli
organizzatori. Forse un'aggressione a Cova ? Il nostro atleta
sarà premiato da re Baldovino, che offrirà inoltre riconoscimenti
ai primatisti mondiali. Cova tenterà di battere il record
italiano dei 10.000, detenuto tuttora da Venanzio Ortis,
ma se la gara dovesse disputarsi ad un ritmo sostenuto,
potrebbe anche tentare di dare l'assalto al primato mondiale
di Mamede. Il fuoriclasse italiano ha confessato tutta la
sua emozione nel gareggiare all'Heysel. Ha ammesso: "Ogni
volta che correndo passerò sotto quella curva maledetta,
proverò un brivido. Certe scene non si potranno mai cancellare
dalla mente". Per Cova la gara di questa sera sarà l'ultima
su pista di un 1985 ricco di soddisfazioni. Ha rinunciato
infatti a disputare la finale di coppa del mondo in Australia,
per concentrarsi completamente sulla maratona. Quindi vorrebbe
chiudere nella maniera migliore, con una di quelle vittorie
irresistibili cui ci ha abituati. Un trionfo da dedicare
"alle vittime innocenti di una serata infame". Ad accompagnare
Cova, anche l'augurio del presidente della Juventus Boniperti.
Oltre agli spettatori che affolleranno lo stadio, il meeting
Van Damme avrà una platea televisiva vastissima. La Rai
ha previsto una "differita" del meeting con collegamento
su Rai Uno a partire dalle ore 23.45. Chi era a Bruxelles
non potrà fare a meno di provare una stretta al cuore.
30 agosto 1985
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA AGOSTO 1985
Bruxelles. Sono finiti
ieri, tre mesi esatti dopo il 29 maggio, i "restauri" alla
curva Z dell'Heysel, quella della tragedia. Stasera torna
nello stadio lo sport internazionale, con l'atletica. La
vita va avanti, è vero, ma è importante che un muro rifatto
e rafforzato non cancelli ricordi che debbono servire per
sempre come monito a tutto il mondo, contro la violenza
(Tel.)
30 agosto 1985
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA AGOSTO 1985
All'Heysel dopo tre mesi uno sport senza violenza
è tornato nello stadio della tragedia
Cova e Lewis trionfi a
Bruxelles
di Giorgio Barberis
L'azzurro ha vinto i 10
mila metri in una gara tattica senza record - Per l'americano
ritorno al successo nei 100 e nel lungo.
DAL NOSTRO INVIATO. BRUXELLES
- Così, come avrebbe dovuto essere in quel tragico 29 maggio,
ieri sera all'Heysel è stata festa di sport. Una festa nella
quale Cova è riuscito a centrare la vittoria, ma non il
sospirato record. In compenso accanto al magnifico Aouita
vicinissimo al primato mondiale dei 3000, ecco riproporsi
un Carl Lewis che ha realizzato la doppietta 100-lungo destando
ottima impressione. Il campione olimpico è in evidente progresso
di forma, già a Rieti il 4 settembre su di una pedana tradizionalmente
favorevole ai saltatori potrebbe riattaccare il mondiale
di Beamon (8,90). Grande festa, dunque, come i Belgi volevano
per dimenticare più in fretta quella tragica notte. Sono
tristemente ammirevoli in questo loro sforzo: in 24 ore
sono riusciti a cancellare gli ultimi segni di quanto era
successo, rendendo agibile anche il famigerato "settore
Z". Anzi, un irriverente striscione pubblicitario copriva
la parte di muro crollata e ricostruita. Dimenticare, ecco
il desiderio di questi Belgi ben consci che il tempo lenisce
il dolore. E per questo si è scomodato anche re Baldovino:
ad una festa, di quelle con la F maiuscola, dello sport
non poteva certo mancare. Si è detto di Cova che ha fallito
l'obiettivo del record, anche quello italiano. Purtroppo
i 10.000, pur ben lanciati dal neozelandese Crowe e dal
messicano Gonzalez, sono rimasti soltanto per 4 chilometri
su tempi che erano in diretto rapporto con quelli di Mamede,
quando a Stoccolma aveva corso in 27'13"81 siglando il primato
mondiale. Ma l'illusione si è spenta tra il 4 e il 6 chilometro.
Il ritmo è andato scemando, quando già uno dei protagonisti,
lo statunitense Bickford, era miseramente crollato lasciando
via libera agli avversari. Cova tra il 5° e il 6° chilometro
ha incominciato ad andare in testa, alternandosi con il
canadese Williams, trovando la collaborazione anche del
tedesco Herle e dell'altro statunitense Nenow. Ma era poca
cosa, il ritmo era troppo basso per sperare di centrare
un qualche obiettivo: fallito quello mondiale, in pratica
l'azzurro ha rinunciato anche a quello italiano visto che
avrebbe dovuto sobbarcarsi la fatica interamente lui. Così
alla fine gli è rimasto il successo, ottenuto con una bellissima
volata. Il tempo (28'03"93) è ben lontano sia dal primato
di Ortis (27'31"48) sia dal limite personale del primatista
olimpico e mondiale (27'37'59 nel 1983). Gli spettatori
dell'Heysel hanno comunque potuto entusiasmarsi per Carl
Lewis, protagonista sui 100 disertati dalla maggior parte
dei più quotati avversari ma soprattutto ritrovatosi nel
salto in lungo. Il quattro volte campione olimpico, dopo
essersi imposto nella gara di velocità in 10"24 davanti
ad un Baptiste (10"30) lentissimo in avvio, si è rifatto
nel lungo. Un nullo, due salti di 8.26 e 8.25, poi la magnifica
risposta al connazionale Myricks che aveva appena raggiunto
gli 8.44. Rincorsa decisa, battuta piena, buon stacco ed
atterraggio a 8.62. misura che per gli avversari è irraggiungibile.
La riunione, dedicata al compianto mezzofondista Ivo Van
Damme, era stata "lanciata" dalla bulgara Stefania Kostadinova,
nuova stella del salto in alto femminile, alla ventunesima
vittoria consecutiva della stagione. Rimasta in gara da
sola dopo gli 1.91, la ventenne saltatrice è arrivata fino
a 2.04 tentando poi il mondiale, a 2.08. Pregevole, ma sfortunata,
la seconda prova. Per lei comunque l'appuntamento pare soltanto
rinviato. La Kostadinova, che si è esibita quando ancora
si era in fase di presentazione del meeting, in pratica
ha lanciato il resto delle gare, nelle quali hanno fatto
spicco quelle di mezzofondo. Dopo un 1000 non esaltante
vinto dal kenyota Koskei (2'14"95) le prime emozioni si
sono avute nel miglio dove lo statunitense, di nascita sudafricana,
Sidney Maree ben "portato", è passato ai 1200 metri addirittura
di un secondo in vantaggio sul tempo mondiale di Cram. Però
non ha saputo chiudere bene, ed il suo tempo finale è stato
di 3'50"34, lontano da quello del britannico (3'46"31).
Dopo aver registrato l'ennesima galoppata vincente di Mary
Decker-Slaney nel miglio (3'57"24) ecco i 3000 dove un magnifico
Aouita ha sfiorato il terzo primato mondiale della stagione.
L'obiettivo era il 7'32"01 del kenyota Rono ottenuto a Oslo
nel '78. Aouita con un ultimo chilometro da 2'26'99 ci è
andato vicinissimo, con un finale di 7'32'94. Nelle altre
gare da segnalare l'ottimo triplo salto del primatista mondiale
Banks atterrato a 17.58 e, nel finale, la bella rimonta
di Baptiste (20"38) su Calvin Smith (20"41) che sembrava
avviato a vincere i 200. In chiusura i 1500 metri vinti
dallo spagnolo Abascal (3'32"87) dove è mancato il duello
tra Ovett (finito nelle retrovie) e Coe, che vista la presenza
del connazionale-rivale ha preferito restarsene in tribuna.
31 agosto 1985
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA AGOSTO 1985
Nella stupidità altrui, certo più facile da notare
della propria, si possono trarre motivi di riso, di conforto
o d' indignazione. A tre mesi esatti dalla strage del 29
maggio, ha riaperto l'Heysel per una riunione di atletica
leggera. Allo stadio, tremila poliziotti pronti a tutto,
quand'era chiaro che non sarebbe successo nulla, mentre
il 29 maggio era chiaro che sarebbe successo qualcosa e
di poliziotti ce n'erano pochissimi. C'è qualcosa di diabolico,
se non di geniale, in questa perseveranza nell'errore, in
quest' ottusità elevata a regola sociale. Dettaglio: Alberto
Cova e un atleta inglese, Steve Jones, in apertura di riunione
volevano portare un mazzo di fiori sulla tristemente famosa
curva Z: gli organizzatori del meeting gliel'hanno proibito.
Gesto che li qualifica ampiamente, ma chi vuole dimenticare
(anche perché ha la coda di paglia) non deve aver più diritti
di chi vuole ricordare. Per rimediare alla colpa di avergli
rotto un muretto e sporcato un po' il prato, non bastava
morire ? Giusto non andare a correre in Sudafrica: ma è
forse tempo di pensare a come boicottare, oltre al razzismo,
anche la stupidità, quando si sposa all'arroganza.
(g.m.)
1 settembre 1985
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA SETTEMBRE 1985
Una tappa fissata dalle agenzie di viaggio
I turisti allo stadio Heysel
in un macabro pellegrinaggio
BRUXELLES - Il settore
"Z" dello stadio Heysel di Bruxelles dove il 29 maggio scorso
gli incidenti in occasione della finale di Coppa dei Campioni
tra Juventus e Liverpool provocarono la morte di 39 spettatori,
32 dei quali italiani, è diventato la macabra meta di pellegrinaggi
organizzati dalle agenzie di viaggio. I tours operator"
di Bruxelles hanno così trovato un'altra tappa nelle visite
guidate alla loro città, e ogni settimana i pullman scaricano
decine e decine di turisti davanti all'ingresso dello stadio
del dramma, dove i ciceroni ripetono formule di circostanza
per ricordare la tragedia. Sulle gradinate i visitatori
praticano la caccia al "souvenir", ormai difficile dopo
i lavori di sommario ripristino dello stadio, per riportare
a casa un frammento di cemento, un residuo delle reti divisorie
che avrebbero dovuto contenere la furia dei tifosi-teppisti
del Liverpool. Lo spregiudicato sfruttamento turistico del
dramma è in discussione in questi giorni al Consiglio comunale
di Bruxelles. La maggioranza sembra orientata a mettervi
fine. "Inizialmente avevamo pensato che si trattasse di
familiari delle vittime, desiderosi di visitare i luoghi
del dramma - ha detto il borgomastro Herve Brouhon - ma
pare che si tratti di semplice sfruttamento commerciale:
è meglio che le porte dello stadio restino chiuse".
11 settembre 1985
Fonte: Stampa Sera
ARTICOLI STAMPA SETTEMBRE 1985
Le autorità: erano diventate uno spettacolo macabro
Proibite visite turistiche
allo stadio di Bruxelles
BRUXELLES - Le autorità
comunali di Bruxelles hanno vietato le visite allo stadio
di Heysel, dove il 29 maggio scorso persero la vita 39 persone,
in maggior parte italiani, prima della finale di Coppa dei
Campioni. Le visite avevano un carattere "assolutamente
macabro", ha detto ieri un portavoce del sindaco delle capitale
belga, Freddy Thielemans. La decisione è stata presa dopo
che operatori turistici avevano incluso nella lista dei
luoghi da visitare anche lo stadio teatro della tragedia:
alcuni turisti si facevano fotografare sul luogo del disastro
come di fronte ad un qualsiasi luogo di richiamo turistico
e portavano a casa come souvenir una pietra del muretto
che crollò provocando la morte della maggior parte delle
vittime. Questa estate - ha detto Roland Van Reusel, portavoce
della polizia - lo stadio è stato visitato da almeno due
pullman di turisti ogni giorno. Nessuno veniva a rendere
omaggio ai morti, ma a posare e scattare fotografie, ha
aggiunto Van Reusel. Unica eccezione, un pullman di suore
italiane. Nelle settimane immediatamente successive alla
tragedia le autorità della capitale belga avevano tenuto
aperto lo stadio per permettere alle famiglie delle vittime
di recarvisi.
12 settembre 1985
Fonte: La Stampa
E qui potete ammirare la curva Z…
di Kim
Le autorità comunali di
Bruxelles hanno finalmente deciso di chiudere "nei giorni
in cui non vi sono gare" lo stadio che fu teatro della tragica
finale di coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool. Una
decisione che arriva tardi, come tutte le decisioni belghe
collegate a quella vicenda, ma arriva. Qui occorre spiegare
l'antefatto: il settore "Z" dello stadio, quello in cui
si trovavano i tifosi juventini, era diventato oggetto di
sfruttamento turistico-commerciale: i visitatori che arrivavano
nella capitale belga in gita organizzata venivano fino a
ieri portati a vedere il posto in cui c'era stata la mattanza
degli italiani. Il Belgio, effettivamente, non ha molte
cose da far vedere ai turisti: poiché re Baldovino e la
regina Fabiola (che già di per sé non sono particolarmente
attraenti) fanno vita ritirata e non è possibili visitarli.
Tutto quello che resta è il puttino che orina nella fontana
e hai finito. Così i giri sono stati allargati: i pullman
di turisti vengono mandati a Waterloo a vedere il posto
dove gli inglesi di Wellington e i prussiani di Blücher
sterminarono le armate francesi di Napoleone e adesso fino
a ieri a vedere dove gli inglesi (un' altra volta loro)
di Liverpool sterminarono gli italiani di Torino. A quanto
pare, dicono le agenzie di stampa, era un affare mica da
niente: il settore v2, in tutta l'estate, è stato visitato
da una media di due pullman al giorno, facendo felici i
venditori di souvenir e soprattutto i fotografi che scattavano
foto ricordo delle famiglie sedute sul gradini della strage.
E’ così la seconda volta che quell'episodio si converte
in iniziative commerciali: la Juventus aveva fatto coniare
medaglie ricordo della vittoria in coppa (e chissà se ai
dirigenti della squadra è mai venuto in mente che buon affare
sarebbe stato affidare ai venditori di souvenir la cessione
ai turisti anche delle medaglie); poi lo sfruttamento del
panorama e chissà perché il calcio italiano non ha chiesto
una parte degli utili: dopo tutto senza i tifosi juventini
morti il settore "Z" sarebbe rimasto solo una gradinata
di cemento, priva di interesse turistico, cosi come Waterloo
non sarebbe niente senza la battaglia. Certo, il discorso
potrebbe essere rovesciato se la visita allo stadio di Bruxelles
fosse rientrata nel quadro di una campagna contro la violenza
nello sport, ma da questo siamo lontanissimi, a leggere
i fogli specializzati e a sentire i personaggi specializzati,
prima fra tutti il presidente Carraro: "Questa della violenza
negli stadi è una montatura: muore molta più gente sulle
strade in un fine settimana che in tutti gli stadi italiani
in tutto l’anno". Il che è vero, ma non significa nulla:
c'è differenza tra incidenti e crimini. E difatti gli operatori
turistici belgi non portavano i clienti a vedere un'autostrada,
ma un campo di calcio.
12 settembre 1985
Fonte: L’Unità
ARTICOLI STAMPA SETTEMBRE 1985
Un minuto per non dimenticare
di Bruno Perucca
Al "Municipale" 60 secondi
di silenzio - Ci saranno meno di 15 mila spettatori - Le
misure dell'Uefa non devono creare fastidio, ma servire
a combattere la violenza.
DAL NOSTRO INVIATO. LUSSEMBURGO
- Il calcio europeo riparte oggi, 112 giorni dopo la tragedia
dell'Heysel del 29 maggio. Trentanove morti, un bilancio
agghiacciante. Ma la notte di Bruxelles comincia a diventare
- per chi non l'ha vissuta - soltanto un ricordo ingombrante,
per quanto doloroso. Il presidente della Jeunesse Esch,
il club stasera avversario della Juventus, nei primi discorsi
con Boniperti ieri all'aeroporto lussemburghese, ha sottolineato
le severe disposizioni dell'Uefa relative all'ordine pubblico,
col tono di chi subisce soprattutto un danno economico.
Troppi italiani dal Belgio e dalla Francia, oltre alle pattuglie
arrivate al seguito della squadra, stasera allo stadio Municipale
della capitale del Lussemburgo: quando la percentuale dei
tifosi ospiti supera il 30 per cento dei posti in vendita,
la Federazione europea impone tagli sul numero dei biglietti,
per garantire spazi e possibilità di movimento alla forza
pubblica. "Che pignola quest'Uefa" - sottintendeva chiaramente
il presidente monsieur Achen pensando alla grande occasione
mancata, pur spostando la partita dal piccolo stadio di
Esch sur Alzette a quello più capace della capitale. Al
"Municipale" potevano starci 25 mila spettatori, ce ne saranno
meno di 15 mila "per colpa" delle preoccupazioni della Federazione
europea, tardive ma giuste, per tutte le partite che si
svolgono da oggi nel continente. Biglietti fissati da 15
a 30 mila lire, prezzi alti per il calcio che nel piccolo
e ricchissimo stato nel cuore dell'Europa è ancora un fatto
minore. Cosa da immigrati (che prendono poi la nazionalità
lussemburghese per assicurarsi il lavoro e magari un posto
in nazionale) o da operai. Per gli altri il golf, lo squash.
il tennis e le possibilità di viaggiare. Per la squadra
di Esch, questa era l'occasione del grosso incasso. Il fatto
che sia in parte mancato, ha provocato le reazioni dei dirigenti.
Chissà quanti presidenti, oggi, avvertono il sottile fastidio
che sfiora monsieur Achen. Sulla sponda opposta Giampiero
Boniperti. Il ricorso di Zurigo la Juventus l'ha portato
avanti pensando alle difficoltà pratiche (e anche di gioco,
va ammesso) di due partite da disputare a porte chiuse.
"Eravamo pronti a rinunciare comunque agli incassi - dice
il presidente bianconero - ora spero ancora che ci consentano
la diretta tv per tranquillizzare i tifosi, per evitare
confusione attorno al Comunale. Anche la partita in casa
del secondo turno, come quella contro i lussemburghesi,
la inizieremo alle ore 15. La tv non danneggerebbe quindi
le altre società italiane che giocheranno in notturna".
Stasera ci sarà un minuto di silenzio al "Municipale". Boniperti
mormora: "Si andrà in campo col magone; Per Platini le ore
dell'Heysel sono "incancellabili, una piaga profonda del
nostro sport". Francesco Morini ricorda come se fossero
passate poche ore i momenti tesi e confusi negli spogliatoi
dello stadio di Bruxelles, mentre già venivano accatastati
i corpi dei morti. Ricorda soprattutto le reazioni delle
autorità belghe all'insistenza della Juventus per non giocare
quella finale: "Allora - risposero a Boniperti - lei si
assume tutte le responsabilità di altri incidenti". Il "bisogna
andare avanti" detto fra gli urli della gente ed i sibili
delle sirene all'Heysel, oggi viene ripetuto in tutti gli
stadi di Coppa. La vita continua, certo, l'importante è
che restrizioni e attenzioni non diventino "un disturbo"
ma siano considerate come un memento, ed un invito a ripulire
il calcio da ogni violenza attraverso sistemi di prevenzione
che limitino i rischi, ed aiutino controlli necessariamente
più accurati. La polizia della capitale lussemburghese è
all'erta. Nei giorni scorsi sono comparse poche scritte
ostili alla maniera degli hooligans. Briciole, ma nulla
va trascurato. Il teppismo gratuito e pericoloso tocca ora
Parigi, e la maggior squadra della capitale il Paris Saint-Germain
che è seguito da gruppi votati alla bagarre. La violenza
si sposta quindi secondo capricci imprevedibili. Gli "ultras"
parigini usano slogans in inglese presi a prestito dai colleghi
di Liverpool che hanno assaltato la curva "Z" di Bruxelles.
Lo sport della violenza, quindi, attorno al calcio. "Sarebbe
meglio non parlarne - sostengono gli specialisti di sociologia
- perché ciò che vogliono i violenti è la pubblicità". Una
strada possibile, almeno tentabile. Chiudiamo allora il
doloroso discorso oggi, con il doveroso ricordo dei morti
di Bruxelles, ma pronti a riaprirlo in altra direzione se
i club continueranno ad anteporre il business, gli incassi
a tutto il resto. Sono fuori dal gioco le squadre inglesi,
è noto. Una auto-esclusione decisa dalla signora Thatcher
in attesa di sanzioni sportive ancora incerte. L'assenza
di Everton (Coppa Campioni), Manchester United (Coppa Coppe),
Liverpool, Tottenham, Southampon e Norwich (Uefa) è sportivamente
pesante, ma il governo di Londra non aveva alternative.
La speranza, ora, è che questa stagione di "esilio" basti
come punizione per tutti i club. Meno il Liverpool, che
dovrà pagare sino in fondo la pazzia degli hooligans.
18 settembre 1985
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA SETTEMBRE 1985
Il ricordo dell'Heysel più forte del veto Uefa
di Bruno Perucca
TORINO - C'è un modo per
dare un significato alla partita senza pubblico fra la Juventus
ed i dilettanti lussemburghesi dell'Esch sur Alzette. Non
continuare ad interpretare la decisione dell'Uefa come una
semplice (e in tal caso assurda, non lo diciamo da oggi)
punizione nei confronti del club bianconero, anche se lo
chiama in causa e lo tocca nel bilancio. I novanta minuti
di silenzio attorno alla Juve, come quelli che accompagneranno
la gara in casa del secondo turno, per quanto pesanti nei
confronti di tifosi comportatisi sempre correttamente al
seguito della squadra (la terribile tensione della notte
di Bruxelles ha provocato reazioni isolate fuori da ogni
abitudine) vanno intesi come un ulteriore e commosso ricordo
per i morti dell'Heysel. Del resto il Jury d'appel dell'Uefa
era molto imbarazzato a Zurigo, quando respinse il ricorso
del club bianconero (e del Liverpool). Proprio l'esame congiunto
delle "memorie" delle due società ha penalizzato la Juventus.
Zorzi, il dirigente elvetico presidente del Jury, ha insistito
non poco sul tasto del monito, dell'esempio. E su quello
dei timori per il futuro del calcio. Allora cogliamo questo
monito. Chi è stato all'Heysel sa che nulla è troppo pesante,
troppo amaro, in confronto all'accaduto. Tutta la stagione
del calcio internazionale dovrebbe procedere con la consapevolezza
della grossa responsabilità che pesa su tutti, dirigenti,
giocatori e tifosi. L'importanza delle Coppe, la inconsistenza
(o meglio, l'assenza) di controlli antidoping proprio nelle
convulse fasi iniziali, la tensione degli atleti, tutto
porta a considerare "ad alto rischio" ogni partita, al di
là delle classificazioni in tal senso fatte dall'Uefa. Oggi
tre squadre italiane sono nella mischia. Il Verona a Salonicco,
pur con lo scudo del 3-1 della gara di andata, il Torino
ad Atene (dove lo aiuta un poco la voglia d'incasso del
Panathinaikos, che ha rinunciato al suo campo per l'Olimpico,
dove c'è la pista dell'atletica fra spalti e terreno di
gioco). Il Milan che in casa tenta la rimonta sull'Auxerre.
Il pubblico di San Siro ha grosse responsabilità stasera.
Che nessuno confonda l'incitamento corale con la bagarre.
Per la Samp il ritorno non dovrebbe diventare un dramma,
Inter e Juventus poi sono fuori da ogni discorso di risultato.
Per la stessa Samp, per il Milan, ed in misura maggiore
per Verona e Torino, le partite di stasera sono anche esami
di natura tecnica e di comportamento. I blucerchiati debbono
mostrare più coraggio: è assurdo che la squadra in possesso
dei migliori giovani attaccanti d'Italia accusi il problema
del gol, o debba appigliarsi all'arbitraggio per giustificarsi.
Il Milan deve rinsaldare la sua difesa: un gol dell'Auxerre,
dopo i tre dell'andata, complicherebbe terribilmente la
serata già non facile della squadra di Liedholm. A Salonicco,
il Verona ripresenta Elkjaer a fianco di Galderisi, deve
ritrovare la manovra di rimessa, chiave di uno scudetto
che ora Bagnoli vorrebbe - per sbloccare psicologicamente
i suoi - scordare troppo presto. Il Torino ad Atene non
può chiedere a se stesso molto di più di quanto offre domenicalmente,
ma deve imporsi l'assoluto controllo dei nervi. Chiave della
partita sarà lasciare al Panathinaikos il compito di irritare
l'arbitro francese Vautrot, che non accetta cattiveria e
malizia sul terreno. Maltrattato dalla Norvegia a Lecce,
il calcio italiano chiede proprio alle squadre che corrono
maggiori rischi una risposta che rassicuri. Anche se i meriti,
speriamo siano tanti, andranno divisi fra i giocatori di
casa e gli stranieri, inseriti nei punti chiave delle squadre.
Questi cardini Bearzot non li ha, Bersellini, Bagnoli, Liedholm
e Radice possono contarci.
2 ottobre 1985
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA OTTOBRE 1985
Roma, l'inchiesta sulla strage nello stadio di Bruxelles
Pronti gli ordini di cattura
contro i fans del Liverpool
DALLA REDAZIONE ROMANA.
ROMA - L'inchiesta era stata avviata dalla magistratura
romana il giorno dopo e, secondo qualcuno, sull'onda dell'emozione
per quei 39 morti sulle gradinate dell'"Heysel". Sembrava
soltanto un atto formale, destinato a non produrre effetti
per lo meno per i tanti teppisti responsabili di quella
tragedia. Invece, in sordina, il sostituto procuratore della
Repubblica di Roma Alfredo Rossini, questi cinque mesi,
s'è dato da fare ed ora, rientrato in patria dopo una trasferta
di sette giorni a Bruxelles, si appresta a tirare le conclusioni,
a mettere nero su bianco, nel senso che la sua firma potrebbe
finire in calce a parecchi ordini di cattura. Incaricato
fin dal 30 maggio scorso di occuparsi dell'inchiesta aperta
in base alle norme del codice che puniscono chiunque commetta
all'estero reati ai danni di cittadini italiani, Rossini
è riuscito a tener nascosto a tutti il suo viaggio in Belgio.
Proprio lì, invece, il fascicolo del procedimento, fino
a ieri zeppo soltanto di articoli di giornale o di esposti
più o meno farneticanti, si è arricchito di elementi indispensabili
perché l'indagine spiccasse il volo. Il giudice ha compiuto
un sopralluogo nella curva dello stadio, ha scambiato quattro
chiacchiere con i magistrati belgi che si sono occupati
della vicenda, s'è fatto consegnare una copia di un filmato
con le riprese di alcune fasi degli incidenti. Ma, soprattutto,
ora, il pubblico ministero ha in mano le foto di una trentina
di giovani inglesi, sostenitori del "Liverpool", ritratti
in atteggiamenti inequivocabili e, per questo, già indicati
dalla polizia belga come facenti parte del gruppo più agguerrito
e violento che assalì gli italiani, causando la spaventosa
ressa ed il crollo del muro di sostegno. Per alcuni di loro,
addirittura, grazie alla collaborazione dei colleghi di
Bruxelles, il magistrato può disporre dei verbali di interrogatorio
raccolti dalle autorità di polizia inglesi subito dopo il
rientro degli scalmanati a Liverpool. Prima di emettere
provvedimenti restrittivi, che, tra l'altro, diverrebbero
obbligatori se il giudice dovesse ritenere tuttora sussistente
l'originaria ipotesi di reato di strage prevista dall'inchiesta,
Rossini intende mostrare le foto di alcuni di quei ragazzi
ai testimoni di quella tragica serata. Si tratta di una
ventina di tifosi juventini, alcuni di Perugia, altri di
Terni e di altre città del centro, che seguirono i campioni
d'Europa a Bruxelles e vissero da vicino quei terribili
momenti. A turno, nei prossimi giorni, i tifosi saranno
convocati al Palazzo di Giustizia di Roma.
6 novembre 1985
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA NOVEMBRE 1985
Bruxelles processo a un teppista inglese
BRUXELLES - Sarà giudicato
il 2 dicembre a Bruxelles James Mac Gill, il ventunenne
tifoso del Liverpool arrestato il 29 maggio dopo gli incidenti
che nello stadio di Heysel provocarono la morte di 39 spettatori,
di cui 32 italiani. Lo ha deciso il tribunale di Bruxelles,
dopo aver ascoltato gli argomenti della difesa. Mac Gill
è accusato di aver colpito con una sbarra di ferro un tifoso
della Juventus, Carlo Duchene, che ne ha riportato, secondo
i periti, "invalidità fisica permanente e crisi di epilessia".
Secondo un testimone spagnolo, Alfredo Montes Vallina, anch'egli
ferito da Mac Gill, il tifoso del Liverpool, ubriaco, avvolto
in una bandiera britannica e armato di una sbarra di ferro,
ha aggredito Duchene colpendolo alla testa. Il rapporto
della gendarmeria precisa che cinque uomini erano dovuti
intervenire per vincere la resistenza che Mac Gill opponeva
all'arresto. I gendarmi avevano in un primo tempo pensato
che Mac Gill fosse pazzo: gli avevano messo una camicia
di forza e lo avevano portato in manicomio.
20 novembre 1985
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA NOVEMBRE 1985
Arezzo, i parenti delle vittime riuniti in associazione
L'incubo di Bruxelles non è finito
"Giustizia per i nostri
morti"
AREZZO - Le famiglie delle
vittime dell'Heysel" si sono riunite ad Arezzo ed hanno
deciso di costituire un'associazione per perseguire i responsabili
della tragedia sul piano penale e civile. A sei mesi dalla
tragedia, i sopravvissuti all'incubo di Bruxelles chiedono
giustizia. All'appello lanciato da Otello Lorentini, padre
del giovane medico aretino morto nello stadio belga mentre
assisteva i feriti, hanno risposto 22 delle 34 famiglie
colpite. Sono venuti da ogni parte d'Italia, genitori, fratelli,
amici, oltre a qualcuno, pochi per la verità, che ha sentito
il bisogno di essere solidale. C'era anche un neonato Club
Juventus, intitolato alla memoria di due aretini morti all'"Heysel",
che ha donato una targa ricordo ai parenti delle vittime.
"Molto poco" - hanno fatto notare con amarezza i parenti
delle vittime. Sono passati appena sette mesi ma, della
grande mobilitazione di coscienze dei primissimi giorni,
sono rimaste tracce molto flebili ed inconsistenti. Infine,
i parenti delle vittime chiedono giustizia anche per i feriti
(circa 250, molti del quali irrimediabilmente menomati).
E' stato anche fatto notare che finora anche il sistema
di solidarietà pubblico si è rivelato del tutto insufficiente.
Ogni famiglia colpita ha ricevuto in media contributi oscillanti
tra i 30 e 140 milioni. La maggior solidarietà economica
è venuta dalla Fondazione Agnelli, che ha inviato a ciascuna
delle famiglie dei 39 caduti nella famigerata curva "Zeta"
15 milioni. Decisa infine la costituzione di un'associazione.
Sarà denominata "Associazione delle vittime di Bruxelles".
g.d.
26 novembre 1985
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA NOVEMBRE 1985
Lettera scritta da Franco Febbo a Tuttosport
Caro Direttore, ho appena
spento il televisore: "Il processo del lunedì" non è ancora
terminato e mi sento trascinato ad esternare il disgusto
per le espressioni usate da quell’intellettualoide da strapazzo
di Carmelo Bene sui morti di Bruxelles. Provo vergogna per
lui e per tutti coloro che, presenti, hanno taciuto; provo
rabbia nei confronti di chi permette ad un simile personaggio
di infangare pubblicamente la memoria di vittime innocenti;
provo dolore nel pensare alle lacrime di chi non riavrà
i propri cari; provo scoramento nel constatare come ogni
valore umano non conti più. Franco Febbo (Presidente Juventus
Club Bologna)
(Ecco il motivo della lettera
inviata: Lunedì al processo tv, Carmelo Bene, tra una provocazione
e l'altra del suo classico repertorio, ha sostenuto che
l'assurdità del tifo era espressa anche da una lettera scritta
al nostro giornale dal padre di una delle vittime dell'Heysel.
A parte che non si capisce bene per quale motivo proprio
il "maestro" che predica libertà (e soprattutto licenza)
voglia negare a un lettore il diritto a scrivere al giornale
di cui ha fiducia e che gli è "quotidianamente" (dunque
sempre e comunque) vicino, per libera scelta personale;
il noto attore ha anche commesso un errore di fondo e di
sostanza; ha preso un abbaglio cronistico, al quale non
può sfuggire con nessun contorsionismo per quanto possa
essere. Come vedete la lettera sopra del 07-12 1985 (il
riferimento è alla trasmissione del 02.12.1985), il lettore
scrivente non è imparentato con nessuna delle vittime dell'Heysel,
a differenza di quanto ha sostenuto il maestro con assoluta
convinzione nel dogma della propria infallibilità.
Il noto attore Carmelo Bene, al "Processo del Lunedi" ha
basato le sue accuse al comportamento assurdo dei tifosi
su una lettera scritta sul nostro giornale (tuttosport)
dal padre di una vittima di Bruxelles. Ma come abbiamo detto
in televisione, il lettore scrivente non è affatto parente
di una vittima). Franco Febbo (Presidente Juventus club
Bologna)
7 dicembre 1985
Fonti: Tuttosport e Juventus
Club Bologna
ARTICOLI STAMPA DICEMBRE 1985
Fu un protagonista dei tragici scontri dello stadio
Heysel
Condannato il teppista inglese che ferì un tifoso
della Juventus
I giudici di Bruxelles
gli hanno inflitto 40 mesi per le lesioni procurate al parrucchiere
Carlo Duchene di Pinerolo - Stabilito anche un risarcimento
danni di 166 milioni.
Il tribunale di Bruxelles
ha condannato ieri a 40 mesi di carcere uno dei teppisti
britannici protagonisti dei tragici scontri avvenuti il
29 maggio allo stadio Heysel, quando 39 spettatori (32 italiani)
rimasero uccisi sulle gradinate prima della finale di Coppa
dei Campioni fra la Juventus e il Liverpool. James McGill,
21 anni, tifoso della squadra inglese, è stato riconosciuto
colpevole di avere colpito alla testa, con una sbarra di
ferro, il tifoso bianconero Carlo Duchene, di 34 anni, il
ferito, un parrucchiere di Pinerolo, rimase in coma per
alcune settimane: il tribunale ha accolto la perizia medica
secondo cui il Duchene ha riportato una "invalidità fisica
permanente" e soffre, come conseguenza dell'incidente, di
"crisi di epilessia". Il McGill era già comparso in giudizio
il 19 novembre e il 2 dicembre. Ha sempre sostenuto di essere
stato provocato, di essersi dovuto difendere dall'assalto
di alcuni tifosi della Juventus. "E’ vero che mi sono battuto
- ha affermato nella sua deposizione - ma soltanto con le
mani senza usare nessuna sbarra di ferro". La II sezione
del tribunale non gli ha creduto. La condanna è stata tuttavia
inferiore ai cinque anni chiesti dal pubblico ministero.
Il McGill è stato anche condannato a una multa di 16 mila
franchi (mezzo milione di lire) e a versare al Duchene un
risarcimento di 24 mila franchi (800 mila lire) come anticipo
su un indennizzo totale che il tribunale ha fissato in 5
milioni di franchi (166 milioni di lire). Il violento tifoso
del Liverpool era stato arrestato la sera stessa dei tragici
fatti dell'Heysel. Era ubriaco e ci vollero cinque agenti
per bloccarlo. Appariva talmente agitato che in un primo
tempo i sanitari pensarono a un caso di pazzia: fu portato
infatti in manicomio, dove gli fu messa la camicia di forza
e gli furono somministrate forti dosi di sedativi. Aveva
ancora la spranga di ferro, avvolta in una bandiera britannica:
la testimonianza decisiva a suo carico è venuta da uno spettatore
spagnolo, Alfredo Montes Vallimi. f. gal.
31 dicembre 1985
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA DICEMBRE 1985
BRUXELLES - Uno dei cittadini britannici protagonisti,
il 29 maggio scorso, del dramma dello stadio di Heysel è
stato oggi condannato a 40 mesi di prigione da un tribunale
di Bruxelles. James McGill, 21 anni, tifoso del Liverpool,
era accusato (ed è stato riconosciuto colpevole) di avere
colpito alla testa, con una spranga di ferro, un tifoso
della Juventus, Carlo Duchene, 32 anni, di Pinerolo (Torino).
Il McGill venne arrestato la notte stessa del 29 maggio.
L'episodio di cui il McGill è stato riconosciuto colpevole
si verificò in margine agli incidenti principali. Il Duchene
riportò lesioni alla testa gravissime, rimase a lungo tra
la vita e la morte e soffre tuttora - secondo i periti -
"di invalidità fisica permanente e crisi di epilessia".
Al momento dell'arresto, il McGill era completamente ubriaco:
per ridurlo all'impotenza, ci vollero cinque gendarmi, che,
credendolo pazzo, lo condussero in manicomio, dove gli fu
messa la camicia di forza e posto in cura. Quando fu preso,
il giovane era ancora in possesso della spranga di ferro,
nascosta nell'asta di una bandiera. Il tribunale, che ha
stimato a cinque milioni di franchi belgi, oltre 150 milioni
di lire, i danni subiti dal Duchene, ha anche condannato
il McGill ad un'ammenda di 15 mila franchi belgi (mezzo
milione di lire circa) e al risarcimento simbolico - un
franco belga - di un tifoso spagnolo che aveva colpito ad
un ginocchio. Per stabilire la responsabilità del McGill
nell'aggressione al Duchene, il tribunale si è proprio basato
sulla testimonianza dello spagnolo, Alfredo Montes Vallina.
La difesa aveva invece sostenuto che il tifoso del Liverpool
era stato attaccato da supporters italiani e si era difeso
con la propria spranga. Intanto a Zurigo, nel suo messaggio
di fine anno, il presidente della Fifa Joao Havelange ha
ribadito con forza che non si deve più permettere che accada
una nuova tragedia come quella dello stadio Heysel. Quello
che è successo la sera della finale della Coppa dei Campioni
ha infatti "inflitto una ferita immensa all'immagine dello
sport in generale", ha affermato Havelange, che ha proseguito:
"La Fifa farà tutto quel che è in suo potere per liberare
il calcio dagli elementi che cercano di distruggere il nostro
gioco". Ma, ha proseguito il presidente della Fifa, in contrasto
con i "numerosi colpi" inferti allo sport, il 1985 si chiude
positivamente per il calcio grazie ai preparativi del campionato
del mondo del Messico. Ricordando il terremoto che ha devastato
lo scorso settembre il paese dell'America centrale, Havelange
ha anche detto: "Sei mesi prima dell'inizio della fase finale,
gli organizzatori messicani hanno dato una volta di più
prova delle loro capacità".
31 dicembre 1985
Fonte: La Repubblica
ARTICOLI STAMPA DICEMBRE 1985
ROMA - Una ragazza di Terni aggredita il 29 maggio scorso
dai tifosi inglesi prima della tragica finale di Coppa del
Campioni tra Juventus e Liverpool nello stadio Heysel di
Bruxelles, ha riconosciuto quattro suoi aggressori. La ragazza,
di cui la polizia non ha voluto rivelare il nome, ha indicato
i responsabili dell'aggressione grazie alle foto dei tifosi
inglesi notoriamente più violenti messe a disposizione dell'Interpool
dalla polizia britannica e a quelle scattate la sera della
finale.
31 dicembre 1985
Fonte: La Stampa
ARTICOLI STAMPA DICEMBRE 1985
|