Torino 3 giugno 2017
La Piazza… La Maledetta…
Il Sangue…
"È il delirio… Ho
sentito il rumore di un petardo
e sono stata travolta dalla
gente, mi hanno calpestata, ho
ferite alle gambe perché per
terra c'erano cocci di
bottiglia, ho avuto molta paura.
Alcuni testimoni hanno sentito
persino qualcuno esclamare:
allarme bomba !".
L’ANTEFATTO
Soltanto qualche giorno prima,
precisamente il 22 maggio 2017
alla "Manchester Arena" durante
il concerto di Ariana Grande,
l’attacco kamikaze di
Salman Ramadan Abedi aveva
seminato strage fra gli
adolescenti accorsi all’evento
live della cantante (22 morti e
120 feriti). Un attentato che
aveva angosciato il mondo per la
sua inconcepibile efferatezza. A
causa degli attentanti crudeli
perpetrati dagli affiliati
all’Isis negli ultimi anni, il
terrore abita in Europa da
parecchio tempo e si è insinuato
nella mente dei suoi cittadini,
spesso anche inconsciamente.
L’unica reazione vincente delle
nazioni di fronte alla
criminalità del fanatismo
radicale "pseudo religioso", pur
mantenendo alta la guardia della
prevenzione e della sicurezza, è
quella di non rinunciare alle
tradizioni storiche, al proprio
stile di vita, a quegli eventi
che rendono un’esperienza unica
e speciale.
Imprevedibile il numero di
prenotazioni nel weekend,
inatteso dagli albergatori. Un
assalto di tifosi juventini da
ogni parte d’Italia. Dice il
Presidente di Confesercenti
Torino e di Assohotel, Giancarlo
Banchieri: "Non credevo che con
una trasferta così lontana ci
fosse così tanta gente che
volesse essere in città per
vivere la partita dai maxi
schermo" confessa. Infatti le
migliaia di persone si radunano
in due punti della città: al
Parco Dora ed in Piazza San
Carlo. Fin dalla mattina molti
tifosi bianconeri di Torino che
non hanno trovato i biglietti
per seguire la squadra dal vivo
in Galles si uniscono alla
fiumana di quelli provenienti da
fuori. Padri di famiglia con i
loro figli, zii e nonni con i
loro nipoti, comitive di amici o
coppie di fidanzati in gita a
Torino. Un ambiente tanto
familiare e festoso, innervato
di entusiasmo dalle Marche,
dalla Puglia, dalla Sicilia e
dall’Emilia Romagna, feudi del
tifo juventino che si tramanda
di padre in figlio. "Non mi
sarei mai aspettato che così
tante persone venissero a
Torino" afferma anche il
presidente di Federalberghi
Piemonte, Alessandro Comoletti.
LA PIAZZA
A
Torino il salotto buono della
città, Piazza San Carlo, ribolle
nell’attesa trepidante e
colorata di almeno trentamila
tifosi della Juventus, riuniti
davanti al maxi schermo dove
viene trasmessa la finale di
Champions League. 106 i vigili
urbani in servizio (divisi in 4
turni) assieme a
circa 200 tra polizia e
carabinieri, ma indipendenti fra
loro perché non è stato
predisposto un centro di
coordinamento interforze.
Assenti anche gli steward in
ausilio alla sicurezza. Un solo
punto di primo soccorso, sul
lato verso piazza Castello, con
tre ambulanze e relativo
personale medico schierato.
Nella zona della proiezione si
accede da alcuni varchi
presidiati dalle forze
dell’ordine che filtrano il
pubblico, effettuando controlli
di massima, più approfonditi
soltanto a campione. Pochi gli
abusivi con carrelli pieni di
bevande in vetro, bloccati,
perché, se pure nel parcheggio
sotterraneo non è possibile
scendere dalla piazza, dagli
altri imbocchi, al di fuori del
quadrato transennato, chiunque
può emergere tranquillamente
senza ostacoli. Una falla
gravissima nell’organizzazione,
determinante nel destino della
serata. A differenza dell’evento
del 2015, quest’anno c’è un solo
maxischermo, anziché due. La
folla, quindi, è concentrata
fisicamente nella visuale verso
un unico punto di osservazione.
Alle 19
la situazione è vistosamente già
molto critica. Racconterà, poi,
un testimone: "Sono juventino,
ma quando ho visto quella
mandria di ubriachi stipati sono
andato via. I carabinieri
facevano un controllo capillare
all’altezza delle chiese,
davanti ad Armani e verso Intesa
Sanpaolo. C’erano code, persone
che venivano palpate e a tutti
veniva chiesto di aprire lo
zaino ma poi c’era un varco
all’altezza di via Roma del
tutto scoperto, proprio
all’angolo più o meno con via
Maria Vittoria. Da lì passavano
tutti, nessuno controllava. Era
pieno di bottiglie. Entravano
cani e porci. Mi è venuta paura
ed erano solo le sette di sera.
Era pieno di gente fuori di
testa, venivano da tutta Italia.
Sono juventino ma ho detto a mia
moglie, andiamocene: qui se
qualcuno starnutisce succede il
finimondo".
L’attesa per l’evento è
spasmodica. La Juventus affronta
i campioni europei in carica del
Real Madrid, squadra che
annovera fra le sue fila il
"Pallone d’oro" Cristiano
Ronaldo. Impresa tanto ardua,
quanto suggestiva. Magari è la
volta buona, dopo le troppe
finali perse (6 su 8). La
partita ha inizio. Come tutte le
finali di quella Coppa
"maledetta" per la Juventus si
spera e si patisce. Prende goal
da Ronaldo, non si sta mettendo
bene per la "Vecchia Signora"
del calcio italiano. Poi, il
pareggio di Mandzukic in
spettacolare rovesciata illude,
riaccendendo la festa e le
speranze. Finisce il primo
tempo. Nella ripresa si spegne
completamente la luce, sparisce
il centrocampo e subisce due
reti in breve tempo dai
leggendari spagnoli con la
"camiseta blanca". La china
della ennesima sconfitta in
questa competizione davvero
stregata, si approssima. Intorno
alle 22.15 mentre già si
ammainano e si arrotolano le
bandiere, improvvisamente, sul
posto avviene qualcosa di
imprevedibile e folle allo
stesso tempo, con tutte le
caratteristiche tipiche in
conseguenza di un attentato.
L’INFERNO
Il
panico serpeggia follemente tra
la folla terrorizzata da non si
capisce bene cosa o chi,
creando, a distanza di qualche
minuto, due onde spaventose di
corpi umani che spingendosi l’un
l’altro fuggono travolgendo
tutto e tutti in cerca di spazi
d’uscita nelle vie limitrofe.
Qualcuno grida, invano:
"Restiamo tutti insieme…". Si
assiste a gomitate, liti,
qualche accenno di rissa e
spintoni pur di guadagnarsi quel
metro in più per aprirsi un
varco verso le poche e intasate
vie di fuga. Un’ala intera della
piazza si è svuotata in pochi
minuti. Centinaia le persone
fuggite urlando e travolgendo
ogni cosa, comprese le transenne
e i tavolini dei locali sotto i
portici. Anche una vetrata del
Caffè Torino si è frantumata,
staccandosi l'intero infisso che
reggeva il cristallo. La
ringhiera della scala del
parcheggio sotterraneo è
crollata sotto la spinta della
folla. Qualcuno che vi era
appoggiato o a cavalcioni cade
da 3 metri sotto sulla rampa.
A
centinaia le persone in terra,
sedute o sdraiate, stordite,
svenute e sanguinanti. Teste,
mani, piedi, braccia e gambe,
vidimate da graffi e ferite
superficiali o più profonde, da
lividi bluastri. E volti
inebetiti dallo choc.
Probabilmente non è successo
nulla, ma le conseguenze, frutto
del panico generale, sono
proprio quelle di un attentato
terroristico. Pianti, grida,
crisi isteriche, tremore, urla
di dolore, nomi invocati come in
preghiera. Sangue e sangue,
tanto sangue, dappertutto...
Puzza di birra e di vino... Un
concerto dallo scricchiolio dei
vetri... A
centinaia sono caduti sui cocci
delle bottiglie e sui
pezzi di lattine sparse sul
selciato, affettandosi come
prosciutti. Le macchie copiose
sono un po’ dappertutto, ben
visibili anche sul marmo dei
pavimenti sotto il porticato,
sulle tovaglie dei tavolini dei
locali, rovesciati. Tanti che si
aggirano pallidi come fantasmi
senza meta e più le scarpe,
perdute assieme a centinaia di
chiavi, di casa, di auto, della
moto. Un imprenditore è accorso
alla disperata ricerca della
figlia, ma "Il telefono squilla
a vuoto". Forestieri che non
conoscono Torino chiedono
animatamente di Piazza Castello,
di Porta Susa, "per la
stazione". Volontari della
protezione civile scesi
puntualmente in campo a
sorreggere le anime sperdute
dentro quei tronchi claudicanti.
Migliaia i contusi nella morsa
fra la gente. Sembra il
passaggio d’un ciclone: per
terra, fra transenne abbattute,
un mare di scarpe, borse, libri,
indumenti, bottiglie di plastica
e di vetro tranciate, cibo,
occhiali, telefonini, cuffiette, zainetti, cappellini, le sciarpe
della Juve, documenti e una miriade di
altre cose, abbandonate, alla
mercè dei furfanti d’occasione.
Un uomo che si era nascosto
sotto il palco dei media
abbraccia i suoi 3 bambini e li
avvolge istintivamente in un
telone per proteggerli. Un altro
papà con gli occhi sbarrati si
aggira nei pressi dicendo: "Mio
figlio ha 8 anni, non so più
dov'è !".
"Sono sconvolto, sembrava
l'Heysel. All'Heysel io c'ero" -
dice un anziano dai capelli
grigi, in lacrime.
TESTIMONI
Gli
altoparlanti invitano a più
riprese i tifosi alla calma e di
abbandonare la zona
ordinatamente, ma si svuoterà
nel modo richiesto soltanto
quando il peggio è ormai
accaduto e le vie di fuga già
intasate. Le sirene di
ambulanze, di polizia,
carabinieri e vigili del fuoco
violano il silenzio della città
in ogni quartiere. Le prime
sensazioni dei testimoni
presenti sulla causa scatenante
il caos, raccolte dai taccuini
dei cronisti, sono variabili e
in alcuni casi contraddittorie.
Molti di loro appaiono stravolti
dalla paura, soprattutto chi si
è ritrovato di colpo per terra e
calpestato, non capendo neanche
cosa stesse accadendo. Qualcuno
riferisce di un botto fortissimo
all’improvviso, "forse due
ravvicinati, pensando ad una
esplosione. Un testimone
sostiene di aver ascoltato un
ragazzo che lanciava un petardo
dicendo che era una bomba. Altri
hanno associato il rumore del
cedimento della ringhiera di una
scala di accesso al parcheggio
sotterraneo della piazza (di
fronte al noto negozio
d'abbigliamento Olympic) al
boato di un ordigno.
qualcun altro, invece, non si
ricorda di nessun rumore o
almeno tanto forte. Così come,
effettivamente, qualcuno
potrebbe aver urlato la parola
"bomba" dopo il crollo pesante
del parapetto in ferro, divelto.
Da trovare conferma anche alla
presenza di un’auto sopraggiunta
a pochi metri dall’area e
avvistata da qualcuno prima del
tumulto. Magari qualcuno
potrebbe essersi immaginato
l’arrivo di un'auto piombata
sulla folla. L’unica certezza
comune ai vari racconti è
l’effetto repentino d’una
sopraggiunta psicosi collettiva
per cui la folla, in 2 tempi e
punti differenti nell’area
delimitata, è arretrata
ritirandosi come un’onda nella
risacca contro gli scogli.
1527 FERITI
Due i
punti di smistamento dei feriti
improvvisati subito dopo il caos
in piazza dai vigili urbani. Il
carosello infernale delle
ambulanze con i lampeggianti blu
squarcia la torrida notte di
Torino. Una cinquantina fanno la
spola fra gli ospedali della
città, quello del Gradenigo, il
più vicino, ma per la gravità
dei casi prevalentemente Cto e
Molinette. Anche 8 autobus
Gtt, scortati da vigili urbani o
carabinieri e taxisti forniscono
solidale e prezioso contributo
ai soccorsi, trasportando molti
feriti in ospedale
gratuitamente. Alle due del
mattino i pronto soccorso del
capoluogo sono saturi e non
accettano più pazienti che
vengono indirizzati in
provincia, negli ospedali di
Rivoli, Orbassano, Ciriè e
Moncalieri. Questa lunga
processione s’ingrosserà anche
per tutta la giornata seguente
con chi andrà, da solo o
accompagnato, a medicare lievi
abrasioni. Il numero complessivo
dei feriti al termine del
disastro è impressionante:
superati i 1500, accertati dalle
prime stime. Prevalentemente si
tratta di codici verdi per
ferite lacero contuse agli arti
inferiori (Moltissime persone
hanno perso le scarpe e hanno
camminato o sono cadute
rovinosamente sui cocci delle
bottiglie durante la fuga) ma
anche traumi da schiacciamento e
gravi lesioni alle gambe o alle
braccia, alla testa e
all’addome, contusioni e traumi
distorsivi, profonde
escoriazioni in volto. Tanto
lavoro da mandare ovunque le
camere operatorie e la sale di
medicazione in tilt. Cinquanta i
ricoveri, almeno in 800, secondo
un calcolo approssimativo,
necessitano di punti di sutura.
Altri hanno bisogno di
fasciature rigide o di ingessare
qualche arto. I codici gialli
presentano problemi respiratori,
sono quelle persone rimaste
sotto il peso dei fuggitivi con
lieve asfissia. Il bilancio
provvisorio dice, purtroppo,
anche di una decina di casi in
codice rosso. Quattro di loro
preoccupano, in più gravi
condizioni, di cui 2 in coma
farmacologico.
Tutto
il personale, fra medici,
infermieri e volontari della
croce rossa, allertato dopo la
procedura di maxi-emergenza
negli ospedali si è trovato ad
assistere anche 200 persone
arrivate contemporaneamente. La
maggior parte dei feriti vengono
dimessi subito le cure, alcuni
ricoverati, altri mantenuti
qualche ora in osservazione. Il
folle caos di piazza ha generato
dei numeri impressionanti nel
soccorso, mettendo a dura prova
un valente sistema sanitario
locale. 150 accessi al
Mauriziano, con 4 o 5 pazienti
trattenuti in osservazione per
traumi e fratture, dove il
deflusso appare più rapido,
dimissioni comprese. Tutti gli
altri dimessi anche se qualcuno
vi tornerà per un intervento
ortopedico non urgente. Alle
Molinette sbarrato il pronto
soccorso a chi cerca il figlio,
la moglie, il fidanzato. Nessuno
può superare l’ingresso: si deve
comunicare il nominativo della
persona che si sta cercando e
poi attendere fuori. Due le
persone accettate in codice
rosso. Al Cto fra persone
visitate e medicate più di 350,
di cui trattenute una trentina,
sei in codice giallo. Al Regina
Margherita nel pediatrico
medicati quattro o cinque
bambini per ferite lievi. 200
nei presidi della Città della
Salute, 171 al Maria Vittoria,
72 al San Giovanni Bosco, 70
all’ospedale Martini, 150 al
Gradenigo. In Provincia: 100 al
Santa Croce, 54 al Maggiore di
Chieri e 30 al San Lorenzo di
Carmagnola. Il direttore
generale dell'Asl TO 5, Massimo
Uberti, dirà soddisfatto: "E'
stata una notte complicata ma
tutti i pronto soccorso hanno
retto bene l'impatto. Il
ringraziamento va agli operatori
che sono prontamente intervenuti
nelle diverse strutture". Gli
ultimi dati, il giorno dopo,
conteranno 1527 tra feriti e
contusi, 12 codici rossi, 3
pazienti gravissimi.
I FERITI + GRAVI
ERIKA PIOLETTI
- Drammatico lo stato di salute
di Erika Pioletti, 38enne
originaria di Verbano, da poco
tempo residente a Domodossola
dove lavora come impiegata in
uno studio di commercialisti.
Investita sotto i portici
brutalmente dall’onda d’urto
della gente finisce schiacciata
contro un portone e viene
colpita al collo da una
transenna. Subisce un arresto
cardiaco per il trauma
violentissimo (un'asfissia
meccanica per compressione
antero-posteriore). La soccorre prima un vigile del
fuoco, poi dai medici è rianimata
per 40 minuti sul posto e,
ripreso il battito normale,
ricoverata d’urgenza al San
Giovanni Bosco dove viene
intubata, indotta al coma
farmacologico per lo
schiacciamento del torace nel
reparto di terapia intensiva. I
medici temono possa aver subito
dei danni neurologici, ma
soltanto fra una decina di
giorni potranno stabilirne le
reali conseguenze. La prognosi è
riservatissima. Era in piazza
per amore del compagno, grande
appassionato della squadra
bianconera, pur non essendo una
tifosa di calcio. Un dono di
compleanno per lui. Nei giorni
seguenti riceverà la visita del
Ministro degli Interni, Marco
Minniti. I medici del San
Giovanni Bosco individueranno
alcune alterazioni neurologiche
nell’encefalogramma. Dopo
disperati, ma inutili tentativi
di rianimazione dei sanitari, la
giovane donna passerà
dall’ipotermia ad una macchina
per tenerla in vita ed alla metà
del mese si spegnerà.
VINCENZO D’INGEO e
MARISA AMATO - Nello
stesso nosocomio un uomo di 66
anni, Vincenzo D’Ingeo, è
immobilizzato con trauma
toracico ed ematoma lacero
contusivo frontale, dovrà essere
operato ai polmoni. Si trovava
nel posto con sua moglie, Marisa
Amato. Avevano cenato in un
ristorante del centro vicino a
via xx settembre e stavano
passeggiando sotto il porticato
quando sono rimasti coinvolti
nel caos senza neanche il tempo
di capirne la ragione. Anche la signora, 63
anni, è in gravi condizioni e
fra i due sarà quella che avrà
la peggio. Portata in un primo
momento al Maria Vittoria, è
stata trasferita e ricoverata in
rianimazione alle
Molinette dove sarà sottoposta a un delicato
intervento di neuro-chirurgia. Rischia
la paralisi.
KELVIN QUINQUANG - In un primo momento molto
critiche anche le condizioni di
un bambino cinese di 7 anni, di
nome Kelvin Quinquang, condotto
prima all’ospedale Mauriziano e
poi ricoverato nel reparto di
rianimazione dell’ospedale
infantile Regina Margherita. È
in prognosi riservata per
"politraumi a cranio e torace",
intubato. Figlio di un
commerciante emigrato in Italia
molti anni prima e tifosissimo
della Juventus, era insieme a
sua sorella Liu Zhiji quando è
stato schiacciato dalla folla.
E’ proprio lei a riferire
all’Ansa quanto accaduto: "Ad un
certo punto eravamo ammassati
uno sull’altro. Qualcuno, un
ragazzo di colore, si è accorto
di Kelvin e ha urlato "c’è un
bambino, c’è un bambino". Poi ha
cominciato a spostare la gente,
tutta quella che poteva, e altri
gli hanno dato una mano. Lo ha
salvato". Anche la mamma, Ling
Quinquang, conferma questa
versione in una video intervista
per Il Fatto Quotidiano. La
stampa cerca di rintracciare
l’uomo, l’angelo nero che ha
compiuto il gesto salvifico. Si
chiama Mohamed, ma quasi si
schermisce dicendo: "Sarò un
eroe quando vedrò Kevin
giocare". Dopo le prime ore di
angoscia le condizioni generali
del bambino migliorano passando
dal coma farmacologico alla
sedazione minima e la famiglia
riprende a sperare, anche se la
prognosi riservata non è
sciolta. Appena sveglio chiederà
al padre Quinguang Liu, al suo
capezzale: "Dove sono ? … Cos'è
successo ? … Quando posso
tornare a giocare a calcio?".
Riprendendo a respirare da solo
è trasferito dalla Rianimazione
in un reparto di degenza. Il
bambino è molto provato
dall’esperienza terrificante e
quando la ricorda, a tratti,
scoppia a piangere. Altri
pianti, ma di gioia e
gratitudine, dei suoi familiari
quando nei giorni a venire
riceverà in ospedale la visita
di Mohamed, il suo "salvatore"..
Anche il Direttore
Generale della Juventus Marotta
lo incontrerà ed a sorpresa
riceverà una video-telefonata di
Paulo Dybala, l’attaccante della
Juventus suo idolo..
FRANCESCA MARINO
- Tra i casi clinici più gravi,
ma fortunatamente risolto per il
meglio, quello di Francesca
Marino, la ragazza di 26 anni
rimasta vittima del disastro di
piazza San Carlo. Ricoverata
nella Rianimazione universitaria
alle Molinette per un grave
trauma toracico e la frattura di
diverse costole, viene intubata
e sedata farmacologicamente.
Dopo sei giorni si sveglierà
cosciente, respirando
autonomamente, venendo
trasferita al reparto di
Medicina d'urgenza. Tanti i
messaggi d’incoraggiamento
ricevuti su facebook ai quali ha
potuto rispondere personalmente
sotto lo sguardo amorevole del
fratello gemello Andrea che l’ha
sostenuta moralmente con la sua
presenza nel difficile periodo.
Lascerà l’ospedale il 24 giugno,
tornando in convalescenza a
casa.
LA NOTTE DELLO
SCIACALLO
Quando
scende la notte in piazza e
dentro i portici appare lo
stesso scenario impressionante
di un campo di battaglia o di un
attentato consumato da poco. Le
tinte accese delle migliaia di
oggetti disseminati sull’asfalto
brillano alla luce artificiale
in una sordida quiete dopo la
tempesta. Luccicano le migliaia
di lattine schiacciate e i
milioni di cocci verdi e gialli
di bottiglie fracassate coi
piedi, con le ginocchia, dalle
mani e dalle teste di chi è
finito nel frullatore impazzito
del panico. Fra le felpe e
trombette da stadio spunta un
orologio da polso, calpestato,
con le lancette ferme alle
22:07. Vengono arrestati alcuni
sciacalli (fra cui un egiziano e
un italiano)
che frugavano nella
roba abbandonata dai tifosi
nella fuga: cumuli di scarpe,
cellulari, documenti e
portafogli. Non sono gli unici a
cercare qualcosa sul teatro di
guerra, molte altre persone
hanno smarrito amici o parenti
che li accompagnavano. I
telefonini non prendono la
linea, la cella in rete è
congestionata. Da qui, per
molti, inizierà un
pellegrinaggio verso gli
ospedali di città per trovarli.
Un soccorritore li sta aiutando,
generosamente, richiamando col
megafono i dispersi. Circolava
una voce infondata che si fosse
perduto anche un bambino di 3
anni. Per fortuna non è vero.
Anche se, effettivamente, sono
una decina i bambini rimasti da
soli, ma accuditi dalla
Protezione Civile, che stanno
attendendo i loro genitori. È
quasi mezzanotte, ad uno, ad
uno, li riabbracciano, felici.
Nel frattempo i Carabinieri
organizzano alcuni punti di
raccolta, uno proprio nei pressi
del maxi-schermo, al fine di
coadiuvare le ricerche sia delle
persone che degli oggetti di
valore (portafogli, telefonini,
braccialetti e catenine d’oro
recuperate e custodite dalle
forze dell’ordine, in attesa dei
legittimi proprietari.
|
IL PREFETTO
Renato
Saccone, il Prefetto di Torino,
raggiunge il luogo per rendersi
conto di persona dei fatti e da
una prima impressione dichiara
che "la causa di fondo è il
panico, per capire che cosa
l'abbia scatenato bisogna
aspettare", smentendo
ufficialmente, poi, le voci del
bambino di tre anni disperso nel
parapiglia. L’indomani in
Prefettura si annuncia un
vertice per fare il punto
sull’accaduto. Nella nota della
Prefettura l’indomani, infatti,
si leggerà: Una "folla presa dal
panico e dalla psicosi da
attentato terroristico… "Eventi
in corso di accertamento"... "La
folla ha lasciato
precipitosamente la piazza con
danni causati dalla calca".
IL QUESTORE
Le
immagini delle telecamere di
sorveglianza puntate in zona
sono visionate dalla polizia
nella sala operativa della
Questura alla ricerca di
elementi utili alla
ricostruzione dei fatti e della
dinamica degli incidenti. Il
questore Angelo Sanna in un
primo momento non si sbilancia,
ma preannuncia che "potrebbe
essere stato un petardo, fatto
esplodere forse in modo
incosciente, a scatenare il
panico". In attesa di sviluppi
certi è aperta un'indagine per
"procurato allarme".
IL SINDACO
Chiara
Appendino, Sindaco della città,
non si trovava in sede durante
l’incidente. Accesa tifosa
bianconera è volata a Cardiff
per assistere alla partita dal
vivo allo stadio. Per la cronaca
anche il vicesindaco è fuori (in
gita ciclistica) e nessun
assessore municipale o altri
rappresentanti del comune sono
presenti sul luogo. Aveva
scritto su Facebook poche ore
prima: "vi assicuro che tanti
cittadini sono al lavoro da
settimane per garantire
sicurezza e ordine per quella
che dev’essere, comunque vada,
una serata di festa. Ci tengo a
ringraziare personalmente loro e
ad augurare a tutti noi un bello
spettacolo". Utilizza ancora
Facebook e Twitter per esternare
il suo primo pensiero dopo
l’accaduto: "Sono scossa per
quanto successo in piazza San
Carlo, a #Torino, e vicina alle
persone coinvolte. Monitoriamo
la situazione minuto per
minuto". Aggiungerà, più tardi:
"C'è ancora qualcuno che,
tramite Questura e carabinieri,
sta cercando amici e conoscenti,
ma sono tutti maggiorenni".
Intanto In tarda serata il
Comune annulla la domenica
ecologica prevista per il giorno
dopo dalle 10 alle 18 per "non
ostacolare chi deve andare dai
parenti in ospedale".
ANDREA AGNELLI
Davanti
al microfono di Premium Sport,
il Presidente del blasonato club
torinese, Andrea Agnelli, scuro
in volto per la sconfitta,
chiede conferma allo studio
delle pessime notizie
provenienti da Torino.
Esprimendo con dispiacere la
propria solidarietà afferma: "Ho
saputo che a Torino ci sono
stati incidenti in piazza, non
ho informazioni precise sulla
dinamica, ma vorrei esprimere la
mia solidarietà a chi è rimasto
ferito. Doveva essere una sera
di festa e di gioia, con la
Juventus impegnata nella partita
più importante della stagione.
Non posso far altro che mandare
un pensiero e un abbraccio da
Cardiff a tutti i feriti, il mio
auspicio è quello di poter dare
loro appuntamento a Kiev l'anno
prossimo".
MASSIMILIANO ALLEGRI
A
Cardiff, l’allenatore della
Juventus, Massimiliano Allegri,
prima di rispondere alle domande
dei giornalisti sulle questioni
tecniche, apre la conferenza
stampa nel dopo gara dicendo:
"Siamo vicini a chi è rimasto
coinvolto in quello che è
successo a Torino, speriamo che
non ci siano feriti gravi e
tutto finisca nel migliore dei
modi".
IL GIORNO DOPO
Alle
tre del mattino piazza San Carlo
si è svuotata e fanno il loro
ingresso i mezzi di pulizia
dell’Amiat, Il servizio dei
netturbini comunali. Lavoreranno
fino alle sei per ripulire dai
rifiuti l’area. "Mai, dico mai -
si stupisce un operatore
ecologico - ho visto una cosa
simile". Sotto sequestro,
presidiata e sigillata
legalmente, la zona di passaggio
al parcheggio sotterraneo dove
la ringhiera delle scale aveva
ceduto alla pressione degli
spettatori, in attesa che la
procura disponga eventuali
accertamenti. Alle cinque del
mattino Chiara Appendino,
rientrata da Cardiff, dopo un
sopralluogo sul posto dei
disordini, si reca all’ospedale
"Regina Margherita" a trovare i
feriti ricoverati. Davanti ai
taccuini della stampa ringrazia
pubblicamente le forze
dell’ordine, chiedendo di
pensare ai feriti e alle loro
famiglie, ma non risponde ai
giornalisti sulla presenza
illegale in piazza delle
migliaia di alcolici in vetro
vendute dagli abusivi, causa
principale delle ferite dei
pazienti soccorsi.
IL VERTICE DELLA "SICUREZZA"
In
tarda mattinata si tiene un
vertice in prefettura dove
s’incontrano i membri a capo del
"Comitato per l'ordine e la
sicurezza pubblica": Prefetto,
Questore e Sindaco di Torino. La
riunione è stata preceduta da
uno scambio di telefonate della
sindaca Chiara Appendino e del
Prefetto Renato Saccone con il
Presidente del Consiglio Paolo
Gentiloni e il ministro degli
Interni Marco Minniti. Dopo il
vertice è aperta una breve
conferenza stampa del Sindaco
assieme a Questore e Prefetto.
Saccone elogia l’operato della
sicurezza: "I controlli
antiterrorismo hanno funzionato,
in una città che vive di ansia".
Poi, aggiunge: "Governare il
panico in piazza è un'operazione
particolarmente complessa in
questo clima internazionale".
"La nostra priorità - afferma il
questore Angelo Sanna - è quella
di accertare le cause che hanno
scatenato il panico. Per questo
motivo invitiamo tutti gli
spettatori presenti nella piazza
a contattarci, per aiutarci a
ricostruire gli eventi della
serata. L'ordinanza anti-vetro ?
come sapete, è stata dichiarata
incostituzionale. Abbiamo fatto
molto di più di quanto fatto in
precedenza, compreso in
occasione della precedente
partita di Champions League con
il Barcellona. Ora stiamo
rielaborando tutta la
situazione, in particolare per
comprendere i motivi di questa
tragedia, che definisco così per
l'alto numero dei feriti.
Seguiamo da vicino la situazione
dei più gravi". E sul fronte
delle indagini: "Al momento la
priorità è capire quello che è
successo, perché è successo e
trovare gli eventuali
responsabili". Purtroppo, nessun
addetto alla sicurezza, però, ha
bloccato gli abusivi venditori
che aggirando la polizia, sono
emersi dalle scale del
parcheggio sotterraneo, non
presidiato. Chiaramente la
tensione sui volti dei
rappresentanti delle istituzioni
convenuti si taglia a fette,
consci della possibilità che
l’aggravarsi dei feriti in
prognosi possa trasformare degli
incidenti in una strage. Sanno
bene che la parola
"responsabilità" ricadrà anche
sulle loro teste come la spada
di Damocle. Le premesse degli
attentati criminali che avevano
insanguinato l’Europa nel nome
del fanatismo religioso
avrebbero consigliato maggior
saggezza sulla potenzialità dei
pericoli di una piazza sbarrata
a trentamila persone con
soltanto 6 uscite in una pianta
a scacchiera e con vie strette.
Il panico è imprevedibile, ma si
deve poter attutire, evitando
almeno certi grossolani errori
nell’organizzazione. Ed il
merito del deflusso che ha
evitato l’aggrovigliamento dei
tifosi fra loro è stato soltanto
della forza dirompente con la
quale hanno abbattuto di forza
gli sbarramenti. "Nella fuga si
sono portati via le transenne.
Molte persone si erano
incastrate. Qualcuno aveva
fratture" - racconta Maurizio
Rafaiani, presidente del nucleo
provinciale di Protezione civile
dei carabinieri. Inoltre non c’era
un punto di raccolta per le
persone disperse o ferite, né
una via riservata ai mezzi di
soccorso. Almeno un centinaio di
feriti sono stati portati via in
autobus grazie alla decisione
autonoma del capo della polizia
municipale.
L’ARCIVESCOVO
Monsignor Cesare Nosiglia,
Arcivescovo di Torino, in forma
privata si reca negli ospedali
torinesi dove ci sono i casi dei
feriti molto gravi. Prima al San
Giovanni Bosco da Erika
Pioletti, poi al Regina
Margherita, dal piccolo Kelvin,
e infine alle Molinette, dalle
altre due donne travolte dalla
calca sabato notte, Francesca
Marino e Marisa Amato. Alla
stampa lascerà queste
dichiarazioni: "Cosa ci insegna
questo drammatico episodio ?
Diverse cose. La necessità di
relativizzare lo sport, quindi
un tifo meno acceso, ma anche
una migliore organizzazione
degli eventi: serve la massima
preparazione e professionalità,
perché le cose lasciate a se
stesse degenerano. In casi come
questi tutti devono assumersi le
loro responsabilità.
Nello stesso tempo,
polemiche e accuse servono a
poco. Inutile buttarla in
politica, molto meglio esprimere
la propria vicinanza ai feriti e
valorizzare i gesti di
solidarietà, come quello dei due
ragazzi che hanno aiutato il
piccolo Kelvin. Non ultimo, fare
tesoro di questa tragedia per il
futuro".
"L’ORGANIZZATORE"
La
Croce Rossa era intervenuta più
volte, dalle 19.30, prima
dell’inizio della partita, a
prelevare alcuni spettatori
ubriachi. I bar in zona, tutti
aperti, somministravano bevande
di qualunque tipo. Nonostante il
presidio di controllo dei 6
varchi di accesso alla piazza,
completamente transennata nel
suo perimetro, s’infilavano
venditori abusivi con
bacinelle o borse-frigo a tracolla. Il 1
giugno il Comune aveva
promulgato l’ordinanza per
"l’allestimento maxischermi
finale Champions", ma nel testo
non si faceva riferimento al
divieto vigente (Art. 8 bis
Regolamento Polizia Urbana) "di
vendere, per asporto o consumo
sul posto bevande di qualunque
specie racchiuse in contenitori
di vetro o metallo, dalle 23
alle 7 del giorno successivo". A
questo il Comune ribatte che in
assenza di nuove norme restava
in vigore il testo
dell’ordinanza 2010 (ispirato al
Decreto Maroni) che "vieta dalle
sei ore precedenti l’evento sino
alle tre successive al termine
dello stesso la somministrazione
e la vendita di bevande in vetro
o lattine" ed in un’altra nota
divulgata dall’amministrazione
precisa: "In relazione ai fatti
di piazza San Carlo la Città di
Torino precisa che il soggetto
organizzatore "Turismo Torino"
(Ndr: una partecipata del Comune
che si occupa della promozione
turistica non di certo
dell’ordine pubblico) ha operato
con le medesime modalità messe
in atto nel 2015, in occasione
della finale proiettata il 6
giugno (Ndr:
Juventus-Barcellona). Anche in
quel caso la Città, con propria
delibera, aveva incaricato
"Turismo Torino" quale soggetto
organizzatore e non era stato
approvato alcun provvedimento di
ulteriore limitazione nella
vendita di vetro e metallo,
oltre a ciò che è previsto
dall’art. 8 bis del Regolamento
di Polizia Urbana". Nello
specifico, a riguardo
dell’infiltrazione di venditori
abusivi di bevande in vetro e
metallo: "sono in corso le
verifiche da parte
dell’Amministrazione per
individuare le eventuali
responsabilità. Per la giornata
di domani la sindaca attende dal
comandante pro tempore dei
vigili urbani Ivo Berti una
relazione su eventuali
responsabilità in merito alle
attività svolte sul campo, e
riferirà degli esiti in
consiglio comunale". Nel suo
referto Berti indicherà
l’impiego di 106 agenti della
municipale e l’applicazione
dell’ordinanza del questore che
aveva imposto la rimozione o la
messa in sicurezza di tutte le
strutture dei dehors, nonché
l’identificazione di 34
venditori abusivi di bevande. Di
fatto l’ottanta per cento delle
ferite è stato causato proprio
dal vetro e dal metallo. Il
sequestro ai tifosi delle
bevande senza contenitori
plastificati era stata una
libera iniziativa degli agenti
agli ingressi.
UNA PRIMA RICOSTRUZIONE
Essendo
stato impossibile stabilire la
sequenza a caldo, il giorno dopo
l’incidente gli inquirenti
ricostruiscono la vicenda con
più chiarezza, facendo collimare
temporalmente la maggior parte
delle testimonianze.
Prima lo scoppio di un
petardo in direzione di Via Roma
(al terzo goal del Real Madrid)
e di seguito il botto per la
caduta della ringhiera del
parcheggio sotterraneo sono gli
eventi consecutivi che hanno
destabilizzato l’ordine
pubblico. È stato accertato che
qualcuno abbia gridato
distintamente "attentato" già al
primo dei 2 rumori, innescando
il panico nella gente e un primo
spostamento in massa di una
porzione di folla terrorizzata".
L’onda umana investe anche la
tenda della Protezione civile,
dove qualcuno subito aveva
trovato riparo, finendo, a 50
metri, contro il parapetto del
parcheggio interrato che non
regge e molte persone cadono
giù, due metri sotto, sui
gradini della scala. E così il
crollo e il tonfo scatenano
altro panico e la psicosi di un
attacco bomba che si è propagata
come fosse un’eco a tutta la
piazza. Le persone in massa sono
schizzate all’impazzata ovunque
alla ricerca di una via di fuga.
E mentre qualcuno si rifugiava
anche sotto il palco il caos
l’ha fatta da padrone in ogni
angolo della piazza fra chi
scappava nei sotterranei del
parking e chi bussava ai portoni
e citofonava alle case dei
condomini per farsi aprire o
irrompeva nei locali adiacenti.
Quasi tutti urlavano frasi
deliranti del tipo: "aiutateci,
in piazza sparano", "Fateci
entrare, ci stanno sparando", "È
un attentato, siamo in pericolo,
per favore...". Invocando
l’aiuto e il riparo da chi
incrociavano, battevano sulle
pareti e sulle saracinesche dei
negozi, dei bar, dei ristoranti.
Anche qualche avventore dei
ristoranti della zona scappa via
coinvolto dal clima di terrore
diffuso dalle grida allucinate
dei fuggitivi. Immediatamente
scattato il piano di emergenza
anti-terrorismo, come previsto
da Prefettura e Questura, con il
comandante dei carabinieri
Emanuele De Santis a capo dei
soccorsi, giunto sul posto
assieme a Vigili del Fuoco, 118,
volontari della croce rossa e
rinforzi della Polizia.
Operazioni coordinate a distanza
con la supervisione del questore
Angelo Sanna in contatto
dall’ufficio di corso Vinzaglio.
Il primo obiettivo del mandato è
riportare la calma e
ripristinare l’ordine pubblico
in piazza e nelle zone limitrofe
da una ventina di minuti facile
preda della follia e della
paura. L’entourage
dell’Appendino comunica
ufficialmente che 1.527 sono
state le persone bisognose di
medicazione (1142 a Torino, le
altre in strutture vicine della
Provincia).
LE PRIME INDAGINI
La
Digos va a caccia dei
responsabili dell'esplosione del
presunto petardo, primaria
origine del caos generato.
Rischierebbero una denuncia per
il reato di "procurato allarme"
e di rispondere anche delle
lesioni. I filmati e le
testimonianze oculari dei
presenti sono certamente di
aiuto al magistrato Antonio
Rinaudo del pool anti
terrorismo, anche se i ricordi
appaiono molto confusi. A questo
proposito il questore Sanna
d’intesa con il Procuratore Capo
di Torino, Armando Spataro,
lancia un appello ai cittadini
presenti sul posto. "Chi ha
informazioni si faccia avanti.
Per noi è importante comprendere
cos'è successo, soprattutto sul
lato destro di piazza San Carlo.
Qualcuno ha parlato di scoppio,
altri di un petardo, altri
ancora non hanno percepito
nulla. Se ci sono testimoni si
facciano avanti. Stiamo
lavorando, anche in contatto col
procuratore Spataro. Abbiamo
qualche spunto, è importante
accertare le cause che hanno
provocato il panico. Cittadini
che hanno visto o notato
qualcosa, fatti, episodi, che
poi hanno provocato il panico, è
fondamentale che ci contattino e
ci diano informazioni". A questo
proposito rende noti due
indirizzi e-mail della Polizia
di Stato e un numero di
telefono. Il dottor Sanna ha
formulato l’ipotesi dello
scoppio improvviso di un grosso
petardo, ma nei vari filmati
trasmessi oltre alla voce del
telecronista Mediaset Piccinini
non si percepisce alcun boato.
Quella più credibile sembra
essere più un finto allarme
bomba che ha suggestionato il
pubblico, già predisposto
inconsciamente da tempo alla
psicosi di un attentato
terroristico. Ma oltre ai nodi
da sciogliere delle due tracce
investigative, pesa l’aggravante
della presenza di bevande in
vetro e lattina non vietate da
una ordinanza comunale e
nonostante le perquisizioni,
controlli e sequestri delle
forze dell’ordine prima della
partita, vendute da abusivi
muniti di carriole. Per prima
cosa, visti i filmati delle
televisioni, delle telecamere di
sorveglianza e
ascoltate alcune testimonianze, si
punta il mirino su un gruppetto
di tifosi prepotenti e
particolarmente aggressivi che
spintonavano i tifosi per
piazzarsi sotto al maxi schermo.
Ubriachi e molesti lanciavano
lattine e frugavano negli zaini
intorno. Non è certa
l’appartenenza di questi
personaggi a gruppi ultras della
Juventus, ma non si può
escludere. È proprio da quel
punto che crea il primo vuoto,
causato dall’ipotetico evento
non acclarato. Nel dubbio le
indagini allargano la ricerca a
persone ferite alle mani, magari
proprio a causa del lancio
maldestro di una bomba carta.
L’UOMO CON LO ZAINO
Già
qualche ora dopo la terribile
esperienza viene individuato
qualcosa di particolarmente
inquietante nei filmati in
possesso della Digos. A una
sessantina di metri dal
megaschermo, davanti al
ristorante "il Caval ‘d Brons",
la folla arretra correndo in
ogni direzione e lasciando un
vuoto davanti ad un ragazzo di
carnagione chiara, a petto nudo,
con uno zaino nero sulle spalle.
Il ragazzo alza le mani, la posa
è ambigua, non c’è un audio per
stabilire cosa stia dicendo. Per
alcune persone ha certamente
rievocato l’immagine di un
kamikaze, dati i recenti
precedenti storici in Europa,
magari stava soltanto calmandoli
e rassicurandoli. Comunque la
miccia della psicosi è oramai
bruciata, ma invece dell’ordigno
(inesistente) dopo qualche
istante esplode nella piazza
intera sua maestà il terrore. Il
giovane è in compagnia di un
altro ragazzo e della sua
fidanzata. Sono tutti
lombardi, tifosi della Juventus. Sono i primi
ricercati quali presunti
responsabili dei disordini,
passibili dell’accusa di
procurato allarme o almeno in
qualità di testimoni, se
risultassero estranei al reato.
Presto individuati, alle 4 del
giorno dopo, sono condotti e
interrogati in Questura. Per
dieci ore rispondono alle
domande degli inquirenti
provando a ricostruire il fatto:
"Non sappiamo cosa possa essere
accaduto. Abbiamo visto un muro
di persone allargarsi
improvvisamente a macchia d’olio
ma non abbiamo avvertito nulla.
Né un rumore né uno scoppio". E
confermano, quanto riferito da
altri testimoni, di aver
ascoltato l’urlo "è un
attentato" nel momento stesso di
confusione in cui stavano
tentando di tranquillizzare il
pubblico. Quel gesto delle mani
alzate era proprio all’intento
di placare gli animi, anche se
sortisce l’effetto contrario.
Dichiarano, insomma, che qualcun
altro in mezzo a loro "avrebbe
fatto una stupidata", ma neppure
chi ha girato quel video ha
saputo riferire cosa è accaduto
prima. Secondo
fonti investigative il ragazzo
era ubriaco e successivamente lo
si vedrà anche piangere
abbracciato agli amici.
L’altro giovane sostiene a loro
difesa che si sono, poi,
prodigati a soccorrere alcuni
feriti. Alla fine vengono
rilasciati, completamente
scagionati dalle accuse,
schivando quella potenziale
denuncia per procurato allarme.
Non ritrovato nelle tracce audio
delle immagini nessun rumore
ascrivibile a bombe carta.
Casomai potrebbe essersi
trattato di piccole miccette che
hanno smosso l’immaginazione
subconscia nel contesto. L’unico
rumore percepibile è stato
quello del crollo del parapetto
in lamiera della ringhiera del
parcheggio sotterraneo,
abbattuta dall’ondata della
folla. Il grido "Bomba bomba"
ascoltato da molti potrebbe
essergli stato conseguente. In
Questura si susseguiranno altri
interrogatori a molti giovani.
Nessuno riuscirà a dare una
testimonianza convincente o
condivisa da tutti. Ogni
materiale utile fra foto, video
e post di cellulari sui social è acquisito
dagli inquirenti.
L’uso
di Piazza San Carlo per le
partite di calcio più
importanti, trasmesse in diretta
televisiva, non era di certo una
novità. Spesso in occasione di
partite della Nazionale di
calcio si era già gremita di
gente davanti ad un maxi
schermo. Simbolo del tifo
bianconero, ai piedi del suo
monumento equestre dedicato a
Emanuele Filiberto di Savoia, il
popolo della Juventus vi ha
festeggiato scudetti e altri
trofei. Allo stesso tempo era
prevedibile che spuntassero come
i funghi dopo la pioggia quei
venditori abusivi di birra.
Successo sempre ad ogni evento
pubblico, concerti, spettacoli.
Certamente questa meravigliosa
piazza, attorniata dai suoi
mirabili portici, per sua
conformazione non offre delle
vie di fuga molto ampie attorno.
Il fattore di rischio "imbuto" è
concreto.
La
polemica sulla scelta del luogo
monta feroce nell’opinione
pubblica contro
l’amministrazione pubblica della
città. Non era, fra l’altro, il
solo punto di ritrovo della
tifoseria a Torino per assistere
alla finale di Coppa della Juve
perché un altro maxi-schermo era
stato posizionato al Parco Dora.
Qualcuno si chiede, ancora, come
mai la Juventus non abbia
organizzato questo evento nel
suo efficientissimo stadio
privato che avrebbe garantito la
massima sicurezza alla
tifoseria. Altri rivendicano che
si doveva fare in piazza
Vittorio Veneto, come per i
Mondiali" o accusano che
l’evento sia stato "organizzato
con pochi giorni di anticipo".
In
attesa dell’individuazione dei
colpevoli, fra molte
speculazioni politiche e
dietrologia, il terreno appare
sufficientemente minato anche
per le prime cariche del Comune
ed enti organizzatori della
serata. Non ultime, ma
condivisibili da ogni parte, le
critiche feroci sulla vendita di
alcoolici in vetro e lattina. Su
questo fronte il Comune ha un
nervo scoperto e si difende più
con la burocrazia che col buon
senso e la responsabilità.
Poiché il regolamento di polizia
urbana ne vieta la vendita dalle
23 alle 7 del mattino e per le
altre ore servirebbe un
provvedimento specifico, in una
nota sulla questione scriverà:
"E’ facoltà della giunta con
propria deliberazione modificare
l’arco temporale di applicazione
dei divieti". Il Questore da
parte sua precisa: "Come sapete
quell’ordinanza era dichiarata
incostituzionale quindi non era
valida. Abbiamo fatto molto di
più di quello che è stato fatto
in eventi analoghi, compreso
Juve - Barcellona di un mese e
mezzo fa".
Al di
là di questo, il perimetro aveva
sostanzialmente una sola via
ampia di fuga, verso piazza
Castello e nessuna misura
eccezionale era stata presa in
considerazione, disattendendo le
indicazioni preventive del Capo
della Polizia Franco Gabrielli.
Nella sua circolare inviata a
questori e prefetti il 25
maggio, dopo l’attentato di
Manchester, si indicavano
precise disposizioni per
potenziare le misure
antiterrorismo nel Paese: "aree
di rispetto e/o
pre-filtraggio"…"attenti servizi
di vigilanza, anche a largo
raggio, nelle aree interessate e
lungo gli itinerari"…"attività
di prevenzione a carattere
generale e di controllo del
territorio"…"pianificazione
accurata dei servizi, con
sopralluoghi e verifiche
congiunte, allo scopo di
disciplinare tutte le attività
connesse allo svolgimento
dell’evento"… "attenti controlli
con frequenti ed accurate
ispezioni e bonifiche,
soprattutto dei luoghi in cui
più facilmente possono essere
celate insidie, mediante
l’ausilio di personale
specializzato e di adeguate
attrezzature tecnologiche".
LA PROCURA DI TORINO
1.527
feriti in una piazza per mezzo
petardo o per un ragazzetto
ubriaco creduto un terrorista
dell’Isis per lo zainetto in
spalla ? Una domanda che
rimbalza lecita dall’opinione
pubblica, appena archiviata la
paura. Nel quadro degli
accertamenti investigativi,
Armando Spataro, il Procuratore
Capo di Torino, chiarisce che
per i fatti accaduti in Piazza
San Carlo il 3 giugno allo stato
dei fatti "non ci sono indagati,
né ipotesi di reato" e che "non
si procede per il reato di
procurato allarme. Prima di
tutto è necessario ricostruire
la dinamica precisa dei fatti".
Gli fa eco anche il Questore
Sanna, intervenuto con il
Prefetto alla Festa dei
Carabinieri: "Stiamo
rielaborando tutta la situazione
perché crediamo che ora sia
importante lavorare sul motivo
che ha causato questa tragedia,
che definiamo così per l’elevato
numero di feriti, anche se,
incrociando le dita, non si è
verificato qualcosa di più
brutto". In base ad una
informativa della Digos,
intanto, Spataro apre un
procedimento per lesioni plurime
"anche gravissime" e il
fascicolo è a carico di ignoti.
L'inchiesta è allargata anche a
possibili "omissioni" in base al
comma 2 dell'articolo 40 del
codice penale per il quale "non
impedire un evento che sia ha
l'obbligo giuridico di impedire
equivale a cagionarlo". Al
riguardo la procura attende di
acquisire tutte le ordinanze e
gli atti di Comune, Questura,
Prefettura e Vigili del Fuoco
per valutare la gestione
dell’ordine pubblico nella
piazza e le responsabilità
dell’accesso fuori controllo
degli abusivi venditori di
birre. Annunciata a Torino
martedì 6 giugno la visita del
ministro dell’Interno Marco
Minniti ai feriti ricoverati in
ospedale e un suo vertice in
Prefettura e Comune.
Come di
tradizione sulle disgrazie del
Bel Paese soffiano i venticelli
delle polemiche politiche.
Ancora nel pieno dell’emergenza
per l’elevato numero dei feriti,
Alberto Airola, senatore del
M5S, accusava a mezzo twitter i
media "di diffondere dati
farlocchi per infangare il buon
lavoro dell'amministrazione, di
prefettura e questura". Post
giudicato inopportuno persino
dall’Appendino. L’assessore alla
Sanità della Regione Piemonte
(Antonio Satta, PD) in una nota
attacca: "Moltissimi feriti
riportano lesioni anche per
colpa dei vetri e questo si
sarebbe facilmente potuto
evitare. Non si può pensare di
lasciare senza controllo la
circolazione di bottiglie in
vetro in eventi di massa come
quello che ha radunato la folla
in piazza san Carlo a Torino".
Parole di lode, al contrario,
per la gestione rapida ed
efficace del piano di maxi
emergenza ospedaliero, in
seguito al falso allarme bomba.
A difesa del sindaco scende in
campo Luigi di Maio, capo
politico del Movimento 5 Stelle,
chiedendo di non
strumentalizzare l’accaduto:
"Aspettiamo prima di tutto che
indaghino gli inquirenti".
Matteo Salvini, a capo della
Lega, invece, ne chiede le
dimissioni: "Quello che è
successo dimostra che Sindaco,
Questore e Prefetto non sono in
grado di fare il proprio
mestiere". Più equilibrato
l’intervento di Sergio
Chiamparino, Presidente della
Regione Piemonte: "Non è che si
può mettere in croce una sola
persona, è chiaro gli errori
sono stati molti e ben
distribuiti. Da quando viviamo
sotto la minaccia costante
dell'Isis, la vendita di
alcolici, l'accesso e le vie di
uscita dalle piazze durante
avvenimenti affollati dovrebbero
sempre essere guardati sotto una
luce trasversale. Prima era
diverso e più facile, lo
riconosco. Il panico e la paura
non facevano parte delle nostre
vite. Ci entrarono soltanto in
un caso purtroppo straordinario,
come fu per l'Heysel. Ma il
clima non è più quello che si
respirava nel 2006, quando le
nostre Olimpiadi invernali
furono una festa collettiva e
diffusa che ci fece scoprire una
nuova vocazione. Adesso la paura
dell'attentato è qualcosa che si
tocca con mano. C'è, esiste. Il
compito di noi amministratori è
quello di capire il sentimento
dei nostri cittadini, di pensare
prima a quel che può accadere, e
in questo modo farli sentire
sicuri, levandogli di dosso, per
quanto è possibile, un po' di
ansia. Non mi sembra che questo
sia avvenuto. Anzi. La
situazione è sembrata fuori
controllo, al punto che siamo
qui a ringraziare i soccorsi e
soprattutto lo stellone che
veglia sulla nostra città.
Sappiamo tutti che il bilancio
poteva essere peggiore. Abbiamo
avuto tanta fortuna, dobbiamo
riconoscerlo".
LA SALA ROSSA
Reduce
da una nuova visita, in forma
privata, ai familiari dei
pazienti con prognosi riservata
al Regina Margherita e alle
Molinette, Chiara Appendino,
attaccata dalle opposizioni,
riferisce in Sala Rossa (l’aula
consiliare comunale) sui fatti
di Piazza San Carlo. In un
passaggio del suo intervento
spicca: "Una prassi di atti
amministrativi e di supporto
organizzativo ormai consolidata.
Siamo colpiti, non solo perché
un momento di festa si è
trasformato in sofferenza, ma
perché la ragione del terrore
resta ignota"… "Come da prassi
ricordo che la Commissione
provinciale di Vigilanza, nella
mattinata dell’evento ha
verificato tutti i requisiti di
sicurezza, comprese le vie di
fuga e i dispositivi, e ha
autorizzato Turismo Torino,
soggetto organizzatore, ad
effettuare l’evento"… "Non sono
stati adottati ulteriori
provvedimenti di limitazione
alla vendita di alimenti o
bevande in vetro o lattine,
anche alla luce della
sanzionabilità della vendita
abusiva comunque prevista dalle
norme vigenti". Il precedente
sindaco della città, Piero
Fassino, prende la parola e non
fa sconti: "Io non chiedo alla
Appendino le dimissioni ma le
chiedo di abituarsi ad assumersi
le sue responsabilità, che le
derivano dall'essere stata
eletta sindaco". Il resto
dell'opposizione invocando una
commissione d'inchiesta aveva
anche ironizzato sulla mancanza
di scuse pubbliche della
sindaca:
"Ha difficoltà a scusarsi, come
Fonzie".
Quarantotto ore
dopo l'Appendino scriverà una
lettera aperta ai concittadini
con la quale, recuperando
coscienza e umiltà, rientrerà
politicamente nel suo ruolo: "È
evidente che qualcosa non ha
funzionato. Come amministrazione
siamo pronti ad assumerci le
eventuali responsabilità che
dovessero emergere
dall’inchiesta della
magistratura. Provo ancora
rabbia per quanto accaduto, ma
lavoriamo con determinazione per
garantire la sicurezza per i
prossimi eventi. Torino saprà
rialzarsi. Torino è una comunità
unita e questa è la sua forza.
Oggi più che mai abbiamo il
dovere di dimostrare che la
nostra determinazione è più
forte della paura e io sono
sicura che tutti insieme
possiamo farlo".
IL CODACONS
Non si
fa attendere il Codacons che
lancia tempestivamente sul
proprio sito ufficiale una class
action per ottenere risarcimenti
ai feriti per mezzo di un
esposto alla Procura della
Repubblica. Un provvedimento
rivolto alla sindaca Chiara
Appendino e alle forze
dell’ordine per "concorso in
lesioni gravissime e strage".
Nel testo l’associazione
dei consumatori individua in
anticipo le pecche del piano
sicurezza predisposto per
l’evento: "Costoro possono
chiedere il risarcimento danni
nei confronti dei soggetti
pubblici o privati che saranno
ritenuti responsabili di
illeciti, costituendosi parte
offesa nell’inchiesta della
magistratura, utilizzando
l’apposito modulo pubblicato… In
queste ore stanno emergendo
numerose falle sul fronte della
sicurezza che avrebbero
contribuito ad aggravare le
conseguenze del panico scoppiato
in piazza. Riteniamo quindi
doveroso indagare per verificare
se Sindaca, Prefetto e forze
dell’ordine abbiano compiuto
tutti gli atti previsti dal loro
ufficio volti a garantire la
sicurezza pubblica, la
limitazione a vendita e ingresso
in piazza di alcolici e
bottiglie di vetro, la presenza
di vie di fuga e altre misure di
sicurezza previste dalle norme
vigenti per le manifestazioni
pubbliche". Danni a persone, ma
anche alle cose: diversi i
danneggiamenti subiti da negozi
e abitazioni dove la gente ha
cercato disperatamente riparo.
NUOVE MISURE DI
SICUREZZA
Le
conseguenze post disastro di
Piazza San Carlo sono ovviamente
positive per le nuove misure di
sicurezza ad eventi pubblici nel
comune di Torino e non solo.
Beffarda sorte vedrà la loro
applicazione il 17 giugno al
Pala Alpitour per il concerto di
Ariana Grande, l’artista che si
esibiva durante l’attentato di
Manchester… Disposizioni già
previste, peraltro, negli stadi
con il divieto dei bastoni per i
selfie e degli ombrelli. E si
attiva la morsa stringente del
Comune sui venditori abusivi di
bevande, già a partire dalla
festa patronale di San Giovanni
dopo un vertice sulla sicurezza
di Prefetto, Questore e
Comandanti dei Carabinieri e
della Guardia di Finanza.
3 giugno 2020
Fonti:
Saladellamemoriaheysel.it
(Lastampa.it - Larepubblica.it -
Corriere.it - Gazzetta.it -
Democratica.com - Cronacaqui.it)
© Fotografie:
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