Privacy Policy Cookie Policy
TORINO 2017
www.saladellamemoriaheysel.it   Sala della Memoria Heysel   Museo Virtuale Multimediale
Torino 3.06.2017 Piazza San Carlo La Tragedia
  Torino 2017   Pagine della Memoria   Morire di Calcio   Superga 1949   Tragedia Stadio "Ballarin"  

Torino 3 giugno 2017

La Piazza… La Maledetta… Il Sangue…

"È il delirio… Ho sentito il rumore di un petardo e sono stata travolta dalla gente, mi hanno calpestata, ho ferite alle gambe perché per terra c'erano cocci di bottiglia, ho avuto molta paura. Alcuni testimoni hanno sentito persino qualcuno esclamare: allarme bomba !".

L’ANTEFATTO

Soltanto qualche giorno prima, precisamente il 22 maggio 2017 alla "Manchester Arena" durante il concerto di Ariana Grande, l’attacco kamikaze di Salman Ramadan Abedi aveva seminato strage fra gli adolescenti accorsi all’evento live della cantante (22 morti e 120 feriti). Un attentato che aveva angosciato il mondo per la sua inconcepibile efferatezza. A causa degli attentanti crudeli perpetrati dagli affiliati all’Isis negli ultimi anni, il terrore abita in Europa da parecchio tempo e si è insinuato nella mente dei suoi cittadini, spesso anche inconsciamente. L’unica reazione vincente delle nazioni di fronte alla criminalità del fanatismo radicale "pseudo religioso", pur mantenendo alta la guardia della prevenzione e della sicurezza, è quella di non rinunciare alle tradizioni storiche, al proprio stile di vita, a quegli eventi che rendono un’esperienza unica e speciale.

L’ATTESA

Imprevedibile il numero di prenotazioni nel weekend, inatteso dagli albergatori. Un assalto di tifosi juventini da ogni parte d’Italia. Dice il Presidente di Confesercenti Torino e di Assohotel, Giancarlo Banchieri: "Non credevo che con una trasferta così lontana ci fosse così tanta gente che volesse essere in città per vivere la partita dai maxi schermo" confessa. Infatti le migliaia di persone si radunano in due punti della città: al Parco Dora ed in Piazza San Carlo. Fin dalla mattina molti tifosi bianconeri di Torino che non hanno trovato i biglietti per seguire la squadra dal vivo in Galles si uniscono alla fiumana di quelli provenienti da fuori. Padri di famiglia con i loro figli, zii e nonni con i loro nipoti, comitive di amici o coppie di fidanzati in gita a Torino. Un ambiente tanto familiare e festoso, innervato di entusiasmo dalle Marche, dalla Puglia, dalla Sicilia e dall’Emilia Romagna, feudi del tifo juventino che si tramanda di padre in figlio. "Non mi sarei mai aspettato che così tante persone venissero a Torino" afferma anche il presidente di Federalberghi Piemonte, Alessandro Comoletti.

LA PIAZZA

A Torino il salotto buono della città, Piazza San Carlo, ribolle nell’attesa trepidante e colorata di almeno trentamila tifosi della Juventus, riuniti davanti al maxi schermo dove viene trasmessa la finale di Champions League. 106 i vigili urbani in servizio (divisi in 4 turni) assieme a circa 200 tra polizia e carabinieri, ma indipendenti fra loro perché non è stato predisposto un centro di coordinamento interforze. Assenti anche gli steward in ausilio alla sicurezza. Un solo punto di primo soccorso, sul lato verso piazza Castello, con tre ambulanze e relativo personale medico schierato. Nella zona della proiezione si accede da alcuni varchi presidiati dalle forze dell’ordine che filtrano il pubblico, effettuando controlli di massima, più approfonditi soltanto a campione. Pochi gli abusivi con carrelli pieni di bevande in vetro, bloccati, perché, se pure nel parcheggio sotterraneo non è possibile scendere dalla piazza, dagli altri imbocchi, al di fuori del quadrato transennato, chiunque può emergere tranquillamente senza ostacoli. Una falla gravissima nell’organizzazione, determinante nel destino della serata. A differenza dell’evento del 2015, quest’anno c’è un solo maxischermo, anziché due. La folla, quindi, è concentrata fisicamente nella visuale verso un unico punto di osservazione.

Alle 19 la situazione è vistosamente già molto critica. Racconterà, poi, un testimone: "Sono juventino, ma quando ho visto quella mandria di ubriachi stipati sono andato via. I carabinieri facevano un controllo capillare all’altezza delle chiese, davanti ad Armani e verso Intesa Sanpaolo. C’erano code, persone che venivano palpate e a tutti veniva chiesto di aprire lo zaino ma poi c’era un varco all’altezza di via Roma del tutto scoperto, proprio all’angolo più o meno con via Maria Vittoria. Da lì passavano tutti, nessuno controllava. Era pieno di bottiglie. Entravano cani e porci. Mi è venuta paura ed erano solo le sette di sera. Era pieno di gente fuori di testa, venivano da tutta Italia. Sono juventino ma ho detto a mia moglie, andiamocene: qui se qualcuno starnutisce succede il finimondo".

L’attesa per l’evento è spasmodica. La Juventus affronta i campioni europei in carica del Real Madrid, squadra che annovera fra le sue fila il "Pallone d’oro" Cristiano Ronaldo. Impresa tanto ardua, quanto suggestiva. Magari è la volta buona, dopo le troppe finali perse (6 su 8). La partita ha inizio. Come tutte le finali di quella Coppa "maledetta" per la Juventus si spera e si patisce. Prende goal da Ronaldo, non si sta mettendo bene per la "Vecchia Signora" del calcio italiano. Poi, il pareggio di Mandzukic in spettacolare rovesciata illude, riaccendendo la festa e le speranze. Finisce il primo tempo. Nella ripresa si spegne completamente la luce, sparisce il centrocampo e subisce due reti in breve tempo dai leggendari spagnoli con la "camiseta blanca". La china della ennesima sconfitta in questa competizione davvero stregata, si approssima. Intorno alle 22.15 mentre già si ammainano e si arrotolano le bandiere, improvvisamente, sul posto avviene qualcosa di imprevedibile e folle allo stesso tempo, con tutte le caratteristiche tipiche in conseguenza di un attentato.

L’INFERNO

Il panico serpeggia follemente tra la folla terrorizzata da non si capisce bene cosa o chi, creando, a distanza di qualche minuto, due onde spaventose di corpi umani che spingendosi l’un l’altro fuggono travolgendo tutto e tutti in cerca di spazi d’uscita nelle vie limitrofe. Qualcuno grida, invano: "Restiamo tutti insieme…". Si assiste a gomitate, liti, qualche accenno di rissa e spintoni pur di guadagnarsi quel metro in più per aprirsi un varco verso le poche e intasate vie di fuga. Un’ala intera della piazza si è svuotata in pochi minuti. Centinaia le persone fuggite urlando e travolgendo ogni cosa, comprese le transenne e i tavolini dei locali sotto i portici. Anche una vetrata del Caffè Torino si è frantumata, staccandosi l'intero infisso che reggeva il cristallo. La ringhiera della scala del parcheggio sotterraneo è crollata sotto la spinta della folla. Qualcuno che vi era appoggiato o a cavalcioni cade da 3 metri sotto sulla rampa.


IL VUOTO e IL SANGUE

A centinaia le persone in terra, sedute o sdraiate, stordite, svenute e sanguinanti. Teste, mani, piedi, braccia e gambe, vidimate da graffi e ferite superficiali o più profonde, da lividi bluastri. E volti inebetiti dallo choc. Probabilmente non è successo nulla, ma le conseguenze, frutto del panico generale, sono proprio quelle di un attentato terroristico. Pianti, grida, crisi isteriche, tremore, urla di dolore, nomi invocati come in preghiera. Sangue e sangue, tanto sangue, dappertutto... Puzza di birra e di vino... Un concerto dallo scricchiolio dei vetri... A centinaia sono caduti sui cocci delle bottiglie e sui pezzi di lattine sparse sul selciato, affettandosi come prosciutti. Le macchie copiose sono un po’ dappertutto, ben visibili anche sul marmo dei pavimenti sotto il porticato, sulle tovaglie dei tavolini dei locali, rovesciati. Tanti che si aggirano pallidi come fantasmi senza meta e più le scarpe, perdute assieme a centinaia di chiavi, di casa, di auto, della moto. Un imprenditore è accorso alla disperata ricerca della figlia, ma "Il telefono squilla a vuoto". Forestieri che non conoscono Torino chiedono animatamente di Piazza Castello, di Porta Susa, "per la stazione". Volontari della protezione civile scesi puntualmente in campo a sorreggere le anime sperdute dentro quei tronchi claudicanti. Migliaia i contusi nella morsa fra la gente. Sembra il passaggio d’un ciclone: per terra, fra transenne abbattute, un mare di scarpe, borse, libri, indumenti, bottiglie di plastica e di vetro tranciate, cibo, occhiali, telefonini, cuffiette, zainetti, cappellini, le sciarpe della Juve, documenti e una miriade di altre cose, abbandonate, alla mercè dei furfanti d’occasione. Un uomo che si era nascosto sotto il palco dei media abbraccia i suoi 3 bambini e li avvolge istintivamente in un telone per proteggerli. Un altro papà con gli occhi sbarrati si aggira nei pressi dicendo: "Mio figlio ha 8 anni, non so più dov'è !". "Sono sconvolto, sembrava l'Heysel. All'Heysel io c'ero" - dice un anziano dai capelli grigi, in lacrime.

TESTIMONI

Gli altoparlanti invitano a più riprese i tifosi alla calma e di abbandonare la zona ordinatamente, ma si svuoterà nel modo richiesto soltanto quando il peggio è ormai accaduto e le vie di fuga già intasate. Le sirene di ambulanze, di polizia, carabinieri e vigili del fuoco violano il silenzio della città in ogni quartiere. Le prime sensazioni dei testimoni presenti sulla causa scatenante il caos, raccolte dai taccuini dei cronisti, sono variabili e in alcuni casi contraddittorie. Molti di loro appaiono stravolti dalla paura, soprattutto chi si è ritrovato di colpo per terra e calpestato, non capendo neanche cosa stesse accadendo. Qualcuno riferisce di un botto fortissimo all’improvviso, "forse due ravvicinati, pensando ad una esplosione. Un testimone sostiene di aver ascoltato un ragazzo che lanciava un petardo dicendo che era una bomba. Altri hanno associato il rumore del cedimento della ringhiera di una scala di accesso al parcheggio sotterraneo della piazza (di fronte al noto negozio d'abbigliamento Olympic) al boato di un ordigno. qualcun altro, invece, non si ricorda di nessun rumore o almeno tanto forte. Così come, effettivamente, qualcuno potrebbe aver urlato la parola "bomba" dopo il crollo pesante del parapetto in ferro, divelto. Da trovare conferma anche alla presenza di un’auto sopraggiunta a pochi metri dall’area e avvistata da qualcuno prima del tumulto. Magari qualcuno potrebbe essersi immaginato l’arrivo di un'auto piombata sulla folla. L’unica certezza comune ai vari racconti è l’effetto repentino d’una sopraggiunta psicosi collettiva per cui la folla, in 2 tempi e punti differenti nell’area delimitata, è arretrata ritirandosi come un’onda nella risacca contro gli scogli.

1527 FERITI

Due i punti di smistamento dei feriti improvvisati subito dopo il caos in piazza dai vigili urbani. Il carosello infernale delle ambulanze con i lampeggianti blu squarcia la torrida notte di Torino. Una cinquantina fanno la spola fra gli ospedali della città, quello del Gradenigo, il più vicino, ma per la gravità dei casi prevalentemente Cto e Molinette. Anche 8 autobus Gtt, scortati da vigili urbani o carabinieri e taxisti forniscono solidale e prezioso contributo ai soccorsi, trasportando molti feriti in ospedale gratuitamente. Alle due del mattino i pronto soccorso del capoluogo sono saturi e non accettano più pazienti che vengono indirizzati in provincia, negli ospedali di Rivoli, Orbassano, Ciriè e Moncalieri. Questa lunga processione s’ingrosserà anche per tutta la giornata seguente con chi andrà, da solo o accompagnato, a medicare lievi abrasioni. Il numero complessivo dei feriti al termine del disastro è impressionante: superati i 1500, accertati dalle prime stime. Prevalentemente si tratta di codici verdi per ferite lacero contuse agli arti inferiori (Moltissime persone hanno perso le scarpe e hanno camminato o sono cadute rovinosamente sui cocci delle bottiglie durante la fuga) ma anche traumi da schiacciamento e gravi lesioni alle gambe o alle braccia, alla testa e all’addome, contusioni e traumi distorsivi, profonde escoriazioni in volto. Tanto lavoro da mandare ovunque le camere operatorie e la sale di medicazione in tilt. Cinquanta i ricoveri, almeno in 800, secondo un calcolo approssimativo, necessitano di punti di sutura. Altri hanno bisogno di fasciature rigide o di ingessare qualche arto. I codici gialli presentano problemi respiratori, sono quelle persone rimaste sotto il peso dei fuggitivi con lieve asfissia. Il bilancio provvisorio dice, purtroppo, anche di una decina di casi in codice rosso. Quattro di loro preoccupano, in più gravi condizioni, di cui 2 in coma farmacologico.

Tutto il personale, fra medici, infermieri e volontari della croce rossa, allertato dopo la procedura di maxi-emergenza negli ospedali si è trovato ad assistere anche 200 persone arrivate contemporaneamente. La maggior parte dei feriti vengono dimessi subito le cure, alcuni ricoverati, altri mantenuti qualche ora in osservazione. Il folle caos di piazza ha generato dei numeri impressionanti nel soccorso, mettendo a dura prova un valente sistema sanitario locale. 150 accessi al Mauriziano, con 4 o 5 pazienti trattenuti in osservazione per traumi e fratture, dove il deflusso appare più rapido, dimissioni comprese. Tutti gli altri dimessi anche se qualcuno vi tornerà per un intervento ortopedico non urgente. Alle Molinette sbarrato il pronto soccorso a chi cerca il figlio, la moglie, il fidanzato. Nessuno può superare l’ingresso: si deve comunicare il nominativo della persona che si sta cercando e poi attendere fuori. Due le persone accettate in codice rosso. Al Cto fra persone visitate e medicate più di 350, di cui trattenute una trentina, sei in codice giallo. Al Regina Margherita nel pediatrico medicati quattro o cinque bambini per ferite lievi. 200 nei presidi della Città della Salute, 171 al Maria Vittoria, 72 al San Giovanni Bosco, 70 all’ospedale Martini, 150 al Gradenigo. In Provincia: 100 al Santa Croce, 54 al Maggiore di Chieri e 30 al San Lorenzo di Carmagnola. Il direttore generale dell'Asl TO 5, Massimo Uberti, dirà soddisfatto: "E' stata una notte complicata ma tutti i pronto soccorso hanno retto bene l'impatto. Il ringraziamento va agli operatori che sono prontamente intervenuti nelle diverse strutture". Gli ultimi dati, il giorno dopo, conteranno 1527 tra feriti e contusi, 12 codici rossi, 3 pazienti gravissimi.


I FERITI + GRAVI

ERIKA PIOLETTI - Drammatico lo stato di salute di Erika Pioletti, 38enne originaria di Verbano, da poco tempo residente a Domodossola dove lavora come impiegata in uno studio di commercialisti. Investita sotto i portici brutalmente dall’onda d’urto della gente finisce schiacciata contro un portone e viene colpita al collo da una transenna. Subisce un arresto cardiaco per il trauma violentissimo (un'asfissia meccanica per compressione antero-posteriore). La soccorre prima un vigile del fuoco, poi dai medici è rianimata per 40 minuti sul posto e, ripreso il battito normale, ricoverata d’urgenza al San Giovanni Bosco dove viene intubata, indotta al coma farmacologico per lo schiacciamento del torace nel reparto di terapia intensiva. I medici temono possa aver subito dei danni neurologici, ma soltanto fra una decina di giorni potranno stabilirne le reali conseguenze. La prognosi è riservatissima. Era in piazza per amore del compagno, grande appassionato della squadra bianconera, pur non essendo una tifosa di calcio. Un dono di compleanno per lui. Nei giorni seguenti riceverà la visita del Ministro degli Interni, Marco Minniti. I medici del San Giovanni Bosco individueranno alcune alterazioni neurologiche nell’encefalogramma. Dopo disperati, ma inutili tentativi di rianimazione dei sanitari, la giovane donna passerà dall’ipotermia ad una macchina per tenerla in vita ed alla metà del mese si spegnerà.

VINCENZO D’INGEO e MARISA AMATO - Nello stesso nosocomio un uomo di 66 anni, Vincenzo D’Ingeo, è immobilizzato con trauma toracico ed ematoma lacero contusivo frontale, dovrà essere operato ai polmoni. Si trovava nel posto con sua moglie, Marisa Amato. Avevano cenato in un ristorante del centro vicino a via xx settembre e stavano passeggiando sotto il porticato quando sono rimasti coinvolti nel caos senza neanche il tempo di capirne la ragione. Anche la signora, 63 anni, è in gravi condizioni e fra i due sarà quella che avrà la peggio. Portata in un primo momento al Maria Vittoria, è stata trasferita e ricoverata in rianimazione alle Molinette dove sarà sottoposta a un delicato intervento di neuro-chirurgia. Rischia la paralisi.

KELVIN QUINQUANG - In un primo momento molto critiche anche le condizioni di un bambino cinese di 7 anni, di nome Kelvin Quinquang, condotto prima all’ospedale Mauriziano e poi ricoverato nel reparto di rianimazione dell’ospedale infantile Regina Margherita. È in prognosi riservata per "politraumi a cranio e torace", intubato. Figlio di un commerciante emigrato in Italia molti anni prima e tifosissimo della Juventus, era insieme a sua sorella Liu Zhiji quando è stato schiacciato dalla folla. E’ proprio lei a riferire all’Ansa quanto accaduto: "Ad un certo punto eravamo ammassati uno sull’altro. Qualcuno, un ragazzo di colore, si è accorto di Kelvin e ha urlato "c’è un bambino, c’è un bambino". Poi ha cominciato a spostare la gente, tutta quella che poteva, e altri gli hanno dato una mano. Lo ha salvato". Anche la mamma, Ling Quinquang, conferma questa versione in una video intervista per Il Fatto Quotidiano. La stampa cerca di rintracciare l’uomo, l’angelo nero che ha compiuto il gesto salvifico. Si chiama Mohamed, ma quasi si schermisce dicendo: "Sarò un eroe quando vedrò Kevin giocare". Dopo le prime ore di angoscia le condizioni generali del bambino migliorano passando dal coma farmacologico alla sedazione minima e la famiglia riprende a sperare, anche se la prognosi riservata non è sciolta. Appena sveglio chiederà al padre Quinguang Liu, al suo capezzale: "Dove sono ? … Cos'è successo ? … Quando posso tornare a giocare a calcio?". Riprendendo a respirare da solo è trasferito dalla Rianimazione in un reparto di degenza. Il bambino è molto provato dall’esperienza terrificante e quando la ricorda, a tratti, scoppia a piangere. Altri pianti, ma di gioia e gratitudine, dei suoi familiari quando nei giorni a venire riceverà in ospedale la visita di Mohamed, il suo "salvatore"..  Anche il Direttore Generale della Juventus Marotta lo incontrerà ed a sorpresa riceverà una video-telefonata di Paulo Dybala, l’attaccante della Juventus suo idolo..

FRANCESCA MARINO - Tra i casi clinici più gravi, ma fortunatamente risolto per il meglio, quello di Francesca Marino, la ragazza di 26 anni rimasta vittima del disastro di piazza San Carlo. Ricoverata nella Rianimazione universitaria alle Molinette per un grave trauma toracico e la frattura di diverse costole, viene intubata e sedata farmacologicamente. Dopo sei giorni si sveglierà cosciente, respirando autonomamente, venendo trasferita al reparto di Medicina d'urgenza. Tanti i messaggi d’incoraggiamento ricevuti su facebook ai quali ha potuto rispondere personalmente sotto lo sguardo amorevole del fratello gemello Andrea che l’ha sostenuta moralmente con la sua presenza nel difficile periodo. Lascerà l’ospedale il 24 giugno, tornando in convalescenza a casa.

LA NOTTE DELLO SCIACALLO

Quando scende la notte in piazza e dentro i portici appare lo stesso scenario impressionante di un campo di battaglia o di un attentato consumato da poco. Le tinte accese delle migliaia di oggetti disseminati sull’asfalto brillano alla luce artificiale in una sordida quiete dopo la tempesta. Luccicano le migliaia di lattine schiacciate e i milioni di cocci verdi e gialli di bottiglie fracassate coi piedi, con le ginocchia, dalle mani e dalle teste di chi è finito nel frullatore impazzito del panico. Fra le felpe e trombette da stadio spunta un orologio da polso, calpestato, con le lancette ferme alle 22:07. Vengono arrestati alcuni sciacalli (fra cui un egiziano e un italiano) che frugavano nella roba abbandonata dai tifosi nella fuga: cumuli di scarpe, cellulari, documenti e portafogli. Non sono gli unici a cercare qualcosa sul teatro di guerra, molte altre persone hanno smarrito amici o parenti che li accompagnavano. I telefonini non prendono la linea, la cella in rete è congestionata. Da qui, per molti, inizierà un pellegrinaggio verso gli ospedali di città per trovarli. Un soccorritore li sta aiutando, generosamente, richiamando col megafono i dispersi. Circolava una voce infondata che si fosse perduto anche un bambino di 3 anni. Per fortuna non è vero. Anche se, effettivamente, sono una decina i bambini rimasti da soli, ma accuditi dalla Protezione Civile, che stanno attendendo i loro genitori. È quasi mezzanotte, ad uno, ad uno, li riabbracciano, felici. Nel frattempo i Carabinieri organizzano alcuni punti di raccolta, uno proprio nei pressi del maxi-schermo, al fine di coadiuvare le ricerche sia delle persone che degli oggetti di valore (portafogli, telefonini, braccialetti e catenine d’oro recuperate e custodite dalle forze dell’ordine, in attesa dei legittimi proprietari.

IL PREFETTO

Renato Saccone, il Prefetto di Torino, raggiunge il luogo per rendersi conto di persona dei fatti e da una prima impressione dichiara che "la causa di fondo è il panico, per capire che cosa l'abbia scatenato bisogna aspettare", smentendo ufficialmente, poi, le voci del bambino di tre anni disperso nel parapiglia. L’indomani in Prefettura si annuncia un vertice per fare il punto sull’accaduto. Nella nota della Prefettura l’indomani, infatti, si leggerà: Una "folla presa dal panico e dalla psicosi da attentato terroristico… "Eventi in corso di accertamento"... "La folla ha lasciato precipitosamente la piazza con danni causati dalla calca".

IL QUESTORE

Le immagini delle telecamere di sorveglianza puntate in zona sono visionate dalla polizia nella sala operativa della Questura alla ricerca di elementi utili alla ricostruzione dei fatti e della dinamica degli incidenti. Il questore Angelo Sanna in un primo momento non si sbilancia, ma preannuncia che "potrebbe essere stato un petardo, fatto esplodere forse in modo incosciente, a scatenare il panico". In attesa di sviluppi certi è aperta un'indagine per "procurato allarme".

IL SINDACO

Chiara Appendino, Sindaco della città, non si trovava in sede durante l’incidente. Accesa tifosa bianconera è volata a Cardiff per assistere alla partita dal vivo allo stadio. Per la cronaca anche il vicesindaco è fuori (in gita ciclistica) e nessun assessore municipale o altri rappresentanti del comune sono presenti sul luogo. Aveva scritto su Facebook poche ore prima: "vi assicuro che tanti cittadini sono al lavoro da settimane per garantire sicurezza e ordine per quella che dev’essere, comunque vada, una serata di festa. Ci tengo a ringraziare personalmente loro e ad augurare a tutti noi un bello spettacolo". Utilizza ancora Facebook e Twitter per esternare il suo primo pensiero dopo l’accaduto: "Sono scossa per quanto successo in piazza San Carlo, a #Torino, e vicina alle persone coinvolte. Monitoriamo la situazione minuto per minuto". Aggiungerà, più tardi: "C'è ancora qualcuno che, tramite Questura e carabinieri, sta cercando amici e conoscenti, ma sono tutti maggiorenni". Intanto In tarda serata il Comune annulla la domenica ecologica prevista per il giorno dopo dalle 10 alle 18 per "non ostacolare chi deve andare dai parenti in ospedale".

ANDREA AGNELLI

Davanti al microfono di Premium Sport, il Presidente del blasonato club torinese, Andrea Agnelli, scuro in volto per la sconfitta, chiede conferma allo studio delle pessime notizie provenienti da Torino. Esprimendo con dispiacere la propria solidarietà afferma: "Ho saputo che a Torino ci sono stati incidenti in piazza, non ho informazioni precise sulla dinamica, ma vorrei esprimere la mia solidarietà a chi è rimasto ferito. Doveva essere una sera di festa e di gioia, con la Juventus impegnata nella partita più importante della stagione. Non posso far altro che mandare un pensiero e un abbraccio da Cardiff a tutti i feriti, il mio auspicio è quello di poter dare loro appuntamento a Kiev l'anno prossimo".

MASSIMILIANO ALLEGRI

A Cardiff, l’allenatore della Juventus, Massimiliano Allegri, prima di rispondere alle domande dei giornalisti sulle questioni tecniche, apre la conferenza stampa nel dopo gara dicendo: "Siamo vicini a chi è rimasto coinvolto in quello che è successo a Torino, speriamo che non ci siano feriti gravi e tutto finisca nel migliore dei modi".

IL GIORNO DOPO

Alle tre del mattino piazza San Carlo si è svuotata e fanno il loro ingresso i mezzi di pulizia dell’Amiat, Il servizio dei netturbini comunali. Lavoreranno fino alle sei per ripulire dai rifiuti l’area. "Mai, dico mai - si stupisce un operatore ecologico - ho visto una cosa simile". Sotto sequestro, presidiata e sigillata legalmente, la zona di passaggio al parcheggio sotterraneo dove la ringhiera delle scale aveva ceduto alla pressione degli spettatori, in attesa che la procura disponga eventuali accertamenti. Alle cinque del mattino Chiara Appendino, rientrata da Cardiff, dopo un sopralluogo sul posto dei disordini, si reca all’ospedale "Regina Margherita" a trovare i feriti ricoverati. Davanti ai taccuini della stampa ringrazia pubblicamente le forze dell’ordine, chiedendo di pensare ai feriti e alle loro famiglie, ma non risponde ai giornalisti sulla presenza illegale in piazza delle migliaia di alcolici in vetro vendute dagli abusivi, causa principale delle ferite dei pazienti soccorsi.


IL VERTICE DELLA "SICUREZZA"

In tarda mattinata si tiene un vertice in prefettura dove s’incontrano i membri a capo del "Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica": Prefetto, Questore e Sindaco di Torino. La riunione è stata preceduta da uno scambio di telefonate della sindaca Chiara Appendino e del Prefetto Renato Saccone con il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il ministro degli Interni Marco Minniti. Dopo il vertice è aperta una breve conferenza stampa del Sindaco assieme a Questore e Prefetto. Saccone elogia l’operato della sicurezza: "I controlli antiterrorismo hanno funzionato, in una città che vive di ansia". Poi, aggiunge: "Governare il panico in piazza è un'operazione particolarmente complessa in questo clima internazionale". "La nostra priorità - afferma il questore Angelo Sanna - è quella di accertare le cause che hanno scatenato il panico. Per questo motivo invitiamo tutti gli spettatori presenti nella piazza a contattarci, per aiutarci a ricostruire gli eventi della serata. L'ordinanza anti-vetro ? come sapete, è stata dichiarata incostituzionale. Abbiamo fatto molto di più di quanto fatto in precedenza, compreso in occasione della precedente partita di Champions League con il Barcellona. Ora stiamo rielaborando tutta la situazione, in particolare per comprendere i motivi di questa tragedia, che definisco così per l'alto numero dei feriti. Seguiamo da vicino la situazione dei più gravi". E sul fronte delle indagini: "Al momento la priorità è capire quello che è successo, perché è successo e trovare gli eventuali responsabili". Purtroppo, nessun addetto alla sicurezza, però, ha bloccato gli abusivi venditori che aggirando la polizia, sono emersi dalle scale del parcheggio sotterraneo, non presidiato. Chiaramente la tensione sui volti dei rappresentanti delle istituzioni convenuti si taglia a fette, consci della possibilità che l’aggravarsi dei feriti in prognosi possa trasformare degli incidenti in una strage. Sanno bene che la parola "responsabilità" ricadrà anche sulle loro teste come la spada di Damocle. Le premesse degli attentati criminali che avevano insanguinato l’Europa nel nome del fanatismo religioso avrebbero consigliato maggior saggezza sulla potenzialità dei pericoli di una piazza sbarrata a trentamila persone con soltanto 6 uscite in una pianta a scacchiera e con vie strette. Il panico è imprevedibile, ma si deve poter attutire, evitando almeno certi grossolani errori nell’organizzazione. Ed il merito del deflusso che ha evitato l’aggrovigliamento dei tifosi fra loro è stato soltanto della forza dirompente con la quale hanno abbattuto di forza gli sbarramenti. "Nella fuga si sono portati via le transenne. Molte persone si erano incastrate. Qualcuno aveva fratture" - racconta Maurizio Rafaiani, presidente del nucleo provinciale di Protezione civile dei carabinieri. Inoltre non c’era un punto di raccolta per le persone disperse o ferite, né una via riservata ai mezzi di soccorso. Almeno un centinaio di feriti sono stati portati via in autobus grazie alla decisione autonoma del capo della polizia municipale.

L’ARCIVESCOVO

Monsignor Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino, in forma privata si reca negli ospedali torinesi dove ci sono i casi dei feriti molto gravi. Prima al San Giovanni Bosco da Erika Pioletti, poi al Regina Margherita, dal piccolo Kelvin, e infine alle Molinette, dalle altre due donne travolte dalla calca sabato notte, Francesca Marino e Marisa Amato. Alla stampa lascerà queste dichiarazioni: "Cosa ci insegna questo drammatico episodio ? Diverse cose. La necessità di relativizzare lo sport, quindi un tifo meno acceso, ma anche una migliore organizzazione degli eventi: serve la massima preparazione e professionalità, perché le cose lasciate a se stesse degenerano. In casi come questi tutti devono assumersi le loro responsabilità.  Nello stesso tempo, polemiche e accuse servono a poco. Inutile buttarla in politica, molto meglio esprimere la propria vicinanza ai feriti e valorizzare i gesti di solidarietà, come quello dei due ragazzi che hanno aiutato il piccolo Kelvin. Non ultimo, fare tesoro di questa tragedia per il futuro".

"L’ORGANIZZATORE"

La Croce Rossa era intervenuta più volte, dalle 19.30, prima dell’inizio della partita, a prelevare alcuni spettatori ubriachi. I bar in zona, tutti aperti, somministravano bevande di qualunque tipo. Nonostante il presidio di controllo dei 6 varchi di accesso alla piazza, completamente transennata nel suo perimetro, s’infilavano venditori abusivi con bacinelle o borse-frigo a tracolla. Il 1 giugno il Comune aveva promulgato l’ordinanza per "l’allestimento maxischermi finale Champions", ma nel testo non si faceva riferimento al divieto vigente (Art. 8 bis Regolamento Polizia Urbana) "di vendere, per asporto o consumo sul posto bevande di qualunque specie racchiuse in contenitori di vetro o metallo, dalle 23 alle 7 del giorno successivo". A questo il Comune ribatte che in assenza di nuove norme restava in vigore il testo dell’ordinanza 2010 (ispirato al Decreto Maroni) che "vieta dalle sei ore precedenti l’evento sino alle tre successive al termine dello stesso la somministrazione e la vendita di bevande in vetro o lattine" ed in un’altra nota divulgata dall’amministrazione precisa: "In relazione ai fatti di piazza San Carlo la Città di Torino precisa che il soggetto organizzatore "Turismo Torino" (Ndr: una partecipata del Comune che si occupa della promozione turistica non di certo dell’ordine pubblico) ha operato con le medesime modalità messe in atto nel 2015, in occasione della finale proiettata il 6 giugno (Ndr: Juventus-Barcellona). Anche in quel caso la Città, con propria delibera, aveva incaricato "Turismo Torino" quale soggetto organizzatore e non era stato approvato alcun provvedimento di ulteriore limitazione nella vendita di vetro e metallo, oltre a ciò che è previsto dall’art. 8 bis del Regolamento di Polizia Urbana". Nello specifico, a riguardo dell’infiltrazione di venditori abusivi di bevande in vetro e metallo: "sono in corso le verifiche da parte dell’Amministrazione per individuare le eventuali responsabilità. Per la giornata di domani la sindaca attende dal comandante pro tempore dei vigili urbani Ivo Berti una relazione su eventuali responsabilità in merito alle attività svolte sul campo, e riferirà degli esiti in consiglio comunale". Nel suo referto Berti indicherà l’impiego di 106 agenti della municipale e l’applicazione dell’ordinanza del questore che aveva imposto la rimozione o la messa in sicurezza di tutte le strutture dei dehors, nonché l’identificazione di 34 venditori abusivi di bevande. Di fatto l’ottanta per cento delle ferite è stato causato proprio dal vetro e dal metallo. Il sequestro ai tifosi delle bevande senza contenitori plastificati era stata una libera iniziativa degli agenti agli ingressi.


UNA PRIMA RICOSTRUZIONE

Essendo stato impossibile stabilire la sequenza a caldo, il giorno dopo l’incidente gli inquirenti ricostruiscono la vicenda con più chiarezza, facendo collimare temporalmente la maggior parte delle testimonianze.  Prima lo scoppio di un petardo in direzione di Via Roma (al terzo goal del Real Madrid) e di seguito il botto per la caduta della ringhiera del parcheggio sotterraneo sono gli eventi consecutivi che hanno destabilizzato l’ordine pubblico. È stato accertato che qualcuno abbia gridato distintamente "attentato" già al primo dei 2 rumori, innescando il panico nella gente e un primo spostamento in massa di una porzione di folla terrorizzata". L’onda umana investe anche la tenda della Protezione civile, dove qualcuno subito aveva trovato riparo, finendo, a 50 metri, contro il parapetto del parcheggio interrato che non regge e molte persone cadono giù, due metri sotto, sui gradini della scala. E così il crollo e il tonfo scatenano altro panico e la psicosi di un attacco bomba che si è propagata come fosse un’eco a tutta la piazza. Le persone in massa sono schizzate all’impazzata ovunque alla ricerca di una via di fuga. E mentre qualcuno si rifugiava anche sotto il palco il caos l’ha fatta da padrone in ogni angolo della piazza fra chi scappava nei sotterranei del parking e chi bussava ai portoni e citofonava alle case dei condomini per farsi aprire o irrompeva nei locali adiacenti. Quasi tutti urlavano frasi deliranti del tipo: "aiutateci, in piazza sparano", "Fateci entrare, ci stanno sparando", "È un attentato, siamo in pericolo, per favore...". Invocando l’aiuto e il riparo da chi incrociavano, battevano sulle pareti e sulle saracinesche dei negozi, dei bar, dei ristoranti. Anche qualche avventore dei ristoranti della zona scappa via coinvolto dal clima di terrore diffuso dalle grida allucinate dei fuggitivi. Immediatamente scattato il piano di emergenza anti-terrorismo, come previsto da Prefettura e Questura, con il comandante dei carabinieri Emanuele De Santis a capo dei soccorsi, giunto sul posto assieme a Vigili del Fuoco, 118, volontari della croce rossa e rinforzi della Polizia. Operazioni coordinate a distanza con la supervisione del questore Angelo Sanna in contatto dall’ufficio di corso Vinzaglio. Il primo obiettivo del mandato è riportare la calma e ripristinare l’ordine pubblico in piazza e nelle zone limitrofe da una ventina di minuti facile preda della follia e della paura. L’entourage dell’Appendino comunica ufficialmente che 1.527 sono state le persone bisognose di medicazione (1142 a Torino, le altre in strutture vicine della Provincia).

LE PRIME INDAGINI

La Digos va a caccia dei responsabili dell'esplosione del presunto petardo, primaria origine del caos generato. Rischierebbero una denuncia per il reato di "procurato allarme" e di rispondere anche delle lesioni. I filmati e le testimonianze oculari dei presenti sono certamente di aiuto al magistrato Antonio Rinaudo del pool anti terrorismo, anche se i ricordi appaiono molto confusi. A questo proposito il questore Sanna d’intesa con il Procuratore Capo di Torino, Armando Spataro, lancia un appello ai cittadini presenti sul posto. "Chi ha informazioni si faccia avanti. Per noi è importante comprendere cos'è successo, soprattutto sul lato destro di piazza San Carlo. Qualcuno ha parlato di scoppio, altri di un petardo, altri ancora non hanno percepito nulla. Se ci sono testimoni si facciano avanti. Stiamo lavorando, anche in contatto col procuratore Spataro. Abbiamo qualche spunto, è importante accertare le cause che hanno provocato il panico. Cittadini che hanno visto o notato qualcosa, fatti, episodi, che poi hanno provocato il panico, è fondamentale che ci contattino e ci diano informazioni". A questo proposito rende noti due indirizzi e-mail della Polizia di Stato e un numero di telefono. Il dottor Sanna ha formulato l’ipotesi dello scoppio improvviso di un grosso petardo, ma nei vari filmati trasmessi oltre alla voce del telecronista Mediaset Piccinini non si percepisce alcun boato. Quella più credibile sembra essere più un finto allarme bomba che ha suggestionato il pubblico, già predisposto inconsciamente da tempo alla psicosi di un attentato terroristico. Ma oltre ai nodi da sciogliere delle due tracce investigative, pesa l’aggravante della presenza di bevande in vetro e lattina non vietate da una ordinanza comunale e nonostante le perquisizioni, controlli e sequestri delle forze dell’ordine prima della partita, vendute da abusivi muniti di carriole. Per prima cosa, visti i filmati delle televisioni, delle telecamere di sorveglianza e ascoltate alcune testimonianze, si punta il mirino su un gruppetto di tifosi prepotenti e particolarmente aggressivi che spintonavano i tifosi per piazzarsi sotto al maxi schermo. Ubriachi e molesti lanciavano lattine e frugavano negli zaini intorno. Non è certa l’appartenenza di questi personaggi a gruppi ultras della Juventus, ma non si può escludere. È proprio da quel punto che crea il primo vuoto, causato dall’ipotetico evento non acclarato. Nel dubbio le indagini allargano la ricerca a persone ferite alle mani, magari proprio a causa del lancio maldestro di una bomba carta.

L’UOMO CON LO ZAINO

Già qualche ora dopo la terribile esperienza viene individuato qualcosa di particolarmente inquietante nei filmati in possesso della Digos. A una sessantina di metri dal megaschermo, davanti al ristorante "il Caval ‘d Brons", la folla arretra correndo in ogni direzione e lasciando un vuoto davanti ad un ragazzo di carnagione chiara, a petto nudo, con uno zaino nero sulle spalle. Il ragazzo alza le mani, la posa è ambigua, non c’è un audio per stabilire cosa stia dicendo. Per alcune persone ha certamente rievocato l’immagine di un kamikaze, dati i recenti precedenti storici in Europa, magari stava soltanto calmandoli e rassicurandoli. Comunque la miccia della psicosi è oramai bruciata, ma invece dell’ordigno (inesistente) dopo qualche istante esplode nella piazza intera sua maestà il terrore. Il giovane è in compagnia di un altro ragazzo e della sua fidanzata. Sono tutti lombardi, tifosi della Juventus. Sono i primi ricercati quali presunti responsabili dei disordini, passibili dell’accusa di procurato allarme o almeno in qualità di testimoni, se risultassero estranei al reato. Presto individuati, alle 4 del giorno dopo, sono condotti e interrogati in Questura. Per dieci ore rispondono alle domande degli inquirenti provando a ricostruire il fatto: "Non sappiamo cosa possa essere accaduto. Abbiamo visto un muro di persone allargarsi improvvisamente a macchia d’olio ma non abbiamo avvertito nulla. Né un rumore né uno scoppio". E confermano, quanto riferito da altri testimoni, di aver ascoltato l’urlo "è un attentato" nel momento stesso di confusione in cui stavano tentando di tranquillizzare il pubblico. Quel gesto delle mani alzate era proprio all’intento di placare gli animi, anche se sortisce l’effetto contrario. Dichiarano, insomma, che qualcun altro in mezzo a loro "avrebbe fatto una stupidata", ma neppure chi ha girato quel video ha saputo riferire cosa è accaduto prima. Secondo fonti investigative il ragazzo era ubriaco e successivamente lo si vedrà anche piangere abbracciato agli amici. L’altro giovane sostiene a loro difesa che si sono, poi, prodigati a soccorrere alcuni feriti. Alla fine vengono rilasciati, completamente scagionati dalle accuse, schivando quella potenziale denuncia per procurato allarme. Non ritrovato nelle tracce audio delle immagini nessun rumore ascrivibile a bombe carta. Casomai potrebbe essersi trattato di piccole miccette che hanno smosso l’immaginazione subconscia nel contesto. L’unico rumore percepibile è stato quello del crollo del parapetto in lamiera della ringhiera del parcheggio sotterraneo, abbattuta dall’ondata della folla. Il grido "Bomba bomba" ascoltato da molti potrebbe essergli stato conseguente. In Questura si susseguiranno altri interrogatori a molti giovani. Nessuno riuscirà a dare una testimonianza convincente o condivisa da tutti. Ogni materiale utile fra foto, video e post di cellulari sui social è acquisito dagli inquirenti.


LE POLEMICHE

L’uso di Piazza San Carlo per le partite di calcio più importanti, trasmesse in diretta televisiva, non era di certo una novità. Spesso in occasione di partite della Nazionale di calcio si era già gremita di gente davanti ad un maxi schermo. Simbolo del tifo bianconero, ai piedi del suo monumento equestre dedicato a Emanuele Filiberto di Savoia, il popolo della Juventus vi ha festeggiato scudetti e altri trofei. Allo stesso tempo era prevedibile che spuntassero come i funghi dopo la pioggia quei venditori abusivi di birra. Successo sempre ad ogni evento pubblico, concerti, spettacoli. Certamente questa meravigliosa piazza, attorniata dai suoi mirabili portici, per sua conformazione non offre delle vie di fuga molto ampie attorno. Il fattore di rischio "imbuto" è concreto.

La polemica sulla scelta del luogo monta feroce nell’opinione pubblica contro l’amministrazione pubblica della città. Non era, fra l’altro, il solo punto di ritrovo della tifoseria a Torino per assistere alla finale di Coppa della Juve perché un altro maxi-schermo era stato posizionato al Parco Dora. Qualcuno si chiede, ancora, come mai la Juventus non abbia organizzato questo evento nel suo efficientissimo stadio privato che avrebbe garantito la massima sicurezza alla tifoseria. Altri rivendicano che si doveva fare in piazza Vittorio Veneto, come per i Mondiali" o accusano che l’evento sia stato "organizzato con pochi giorni di anticipo".

In attesa dell’individuazione dei colpevoli, fra molte speculazioni politiche e dietrologia, il terreno appare sufficientemente minato anche per le prime cariche del Comune ed enti organizzatori della serata. Non ultime, ma condivisibili da ogni parte, le critiche feroci sulla vendita di alcoolici in vetro e lattina. Su questo fronte il Comune ha un nervo scoperto e si difende più con la burocrazia che col buon senso e la responsabilità. Poiché il regolamento di polizia urbana ne vieta la vendita dalle 23 alle 7 del mattino e per le altre ore servirebbe un provvedimento specifico, in una nota sulla questione scriverà: "E’ facoltà della giunta con propria deliberazione modificare l’arco temporale di applicazione dei divieti". Il Questore da parte sua precisa: "Come sapete quell’ordinanza era dichiarata incostituzionale quindi non era valida. Abbiamo fatto molto di più di quello che è stato fatto in eventi analoghi, compreso Juve - Barcellona di un mese e mezzo fa".

Al di là di questo, il perimetro aveva sostanzialmente una sola via ampia di fuga, verso piazza Castello e nessuna misura eccezionale era stata presa in considerazione, disattendendo le indicazioni preventive del Capo della Polizia Franco Gabrielli. Nella sua circolare inviata a questori e prefetti il 25 maggio, dopo l’attentato di Manchester, si indicavano precise disposizioni per potenziare le misure antiterrorismo nel Paese: "aree di rispetto e/o pre-filtraggio"…"attenti servizi di vigilanza, anche a largo raggio, nelle aree interessate e lungo gli itinerari"…"attività di prevenzione a carattere generale e di controllo del territorio"…"pianificazione accurata dei servizi, con sopralluoghi e verifiche congiunte, allo scopo di disciplinare tutte le attività connesse allo svolgimento dell’evento"… "attenti controlli con frequenti ed accurate ispezioni e bonifiche, soprattutto dei luoghi in cui più facilmente possono essere celate insidie, mediante l’ausilio di personale specializzato e di adeguate attrezzature tecnologiche".

LA PROCURA DI TORINO

1.527 feriti in una piazza per mezzo petardo o per un ragazzetto ubriaco creduto un terrorista dell’Isis per lo zainetto in spalla ? Una domanda che rimbalza lecita dall’opinione pubblica, appena archiviata la paura. Nel quadro degli accertamenti investigativi, Armando Spataro, il Procuratore Capo di Torino, chiarisce che per i fatti accaduti in Piazza San Carlo il 3 giugno allo stato dei fatti "non ci sono indagati, né ipotesi di reato" e che "non si procede per il reato di procurato allarme. Prima di tutto è necessario ricostruire la dinamica precisa dei fatti". Gli fa eco anche il Questore Sanna, intervenuto con il Prefetto alla Festa dei Carabinieri: "Stiamo rielaborando tutta la situazione perché crediamo che ora sia importante lavorare sul motivo che ha causato questa tragedia, che definiamo così per l’elevato numero di feriti, anche se, incrociando le dita, non si è verificato qualcosa di più brutto". In base ad una informativa della Digos, intanto, Spataro apre un procedimento per lesioni plurime "anche gravissime" e il fascicolo è a carico di ignoti. L'inchiesta è allargata anche a possibili "omissioni" in base al comma 2 dell'articolo 40 del codice penale per il quale "non impedire un evento che sia ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo". Al riguardo la procura attende di acquisire tutte le ordinanze e gli atti di Comune, Questura, Prefettura e Vigili del Fuoco per valutare la gestione dell’ordine pubblico nella piazza e le responsabilità dell’accesso fuori controllo degli abusivi venditori di birre. Annunciata a Torino martedì 6 giugno la visita del ministro dell’Interno Marco Minniti ai feriti ricoverati in ospedale e un suo vertice in Prefettura e Comune.


LA POLITICA

Come di tradizione sulle disgrazie del Bel Paese soffiano i venticelli delle polemiche politiche. Ancora nel pieno dell’emergenza per l’elevato numero dei feriti, Alberto Airola, senatore del M5S, accusava a mezzo twitter i media "di diffondere dati farlocchi per infangare il buon lavoro dell'amministrazione, di prefettura e questura". Post giudicato inopportuno persino dall’Appendino. L’assessore alla Sanità della Regione Piemonte (Antonio Satta, PD) in una nota attacca: "Moltissimi feriti riportano lesioni anche per colpa dei vetri e questo si sarebbe facilmente potuto evitare. Non si può pensare di lasciare senza controllo la circolazione di bottiglie in vetro in eventi di massa come quello che ha radunato la folla in piazza san Carlo a Torino". Parole di lode, al contrario, per la gestione rapida ed efficace del piano di maxi emergenza ospedaliero, in seguito al falso allarme bomba. A difesa del sindaco scende in campo Luigi di Maio, capo politico del Movimento 5 Stelle, chiedendo di non strumentalizzare l’accaduto: "Aspettiamo prima di tutto che indaghino gli inquirenti". Matteo Salvini, a capo della Lega, invece, ne chiede le dimissioni: "Quello che è successo dimostra che Sindaco, Questore e Prefetto non sono in grado di fare il proprio mestiere". Più equilibrato l’intervento di Sergio Chiamparino, Presidente della Regione Piemonte: "Non è che si può mettere in croce una sola persona, è chiaro gli errori sono stati molti e ben distribuiti. Da quando viviamo sotto la minaccia costante dell'Isis, la vendita di alcolici, l'accesso e le vie di uscita dalle piazze durante avvenimenti affollati dovrebbero sempre essere guardati sotto una luce trasversale. Prima era diverso e più facile, lo riconosco. Il panico e la paura non facevano parte delle nostre vite. Ci entrarono soltanto in un caso purtroppo straordinario, come fu per l'Heysel. Ma il clima non è più quello che si respirava nel 2006, quando le nostre Olimpiadi invernali furono una festa collettiva e diffusa che ci fece scoprire una nuova vocazione. Adesso la paura dell'attentato è qualcosa che si tocca con mano. C'è, esiste. Il compito di noi amministratori è quello di capire il sentimento dei nostri cittadini, di pensare prima a quel che può accadere, e in questo modo farli sentire sicuri, levandogli di dosso, per quanto è possibile, un po' di ansia. Non mi sembra che questo sia avvenuto. Anzi. La situazione è sembrata fuori controllo, al punto che siamo qui a ringraziare i soccorsi e soprattutto lo stellone che veglia sulla nostra città. Sappiamo tutti che il bilancio poteva essere peggiore. Abbiamo avuto tanta fortuna, dobbiamo riconoscerlo".

LA SALA ROSSA

Reduce da una nuova visita, in forma privata, ai familiari dei pazienti con prognosi riservata al Regina Margherita e alle Molinette, Chiara Appendino, attaccata dalle opposizioni, riferisce in Sala Rossa (l’aula consiliare comunale) sui fatti di Piazza San Carlo. In un passaggio del suo intervento spicca: "Una prassi di atti amministrativi e di supporto organizzativo ormai consolidata. Siamo colpiti, non solo perché un momento di festa si è trasformato in sofferenza, ma perché la ragione del terrore resta ignota"… "Come da prassi ricordo che la Commissione provinciale di Vigilanza, nella mattinata dell’evento ha verificato tutti i requisiti di sicurezza, comprese le vie di fuga e i dispositivi, e ha autorizzato Turismo Torino, soggetto organizzatore, ad effettuare l’evento"… "Non sono stati adottati ulteriori provvedimenti di limitazione alla vendita di alimenti o bevande in vetro o lattine, anche alla luce della sanzionabilità della vendita abusiva comunque prevista dalle norme vigenti". Il precedente sindaco della città, Piero Fassino, prende la parola e non fa sconti: "Io non chiedo alla Appendino le dimissioni ma le chiedo di abituarsi ad assumersi le sue responsabilità, che le derivano dall'essere stata eletta sindaco". Il resto dell'opposizione invocando una commissione d'inchiesta aveva anche ironizzato sulla mancanza di scuse pubbliche della sindaca: "Ha difficoltà a scusarsi, come Fonzie". Quarantotto ore dopo l'Appendino scriverà una lettera aperta ai concittadini con la quale, recuperando coscienza e umiltà, rientrerà politicamente nel suo ruolo: "È evidente che qualcosa non ha funzionato. Come amministrazione siamo pronti ad assumerci le eventuali responsabilità che dovessero emergere dall’inchiesta della magistratura. Provo ancora rabbia per quanto accaduto, ma lavoriamo con determinazione per garantire la sicurezza per i prossimi eventi. Torino saprà rialzarsi. Torino è una comunità unita e questa è la sua forza. Oggi più che mai abbiamo il dovere di dimostrare che la nostra determinazione è più forte della paura e io sono sicura che tutti insieme possiamo farlo".

IL CODACONS

Non si fa attendere il Codacons che lancia tempestivamente sul proprio sito ufficiale una class action per ottenere risarcimenti ai feriti per mezzo di un esposto alla Procura della Repubblica. Un provvedimento rivolto alla sindaca Chiara Appendino e alle forze dell’ordine per "concorso in lesioni gravissime e strage".  Nel testo l’associazione dei consumatori individua in anticipo le pecche del piano sicurezza predisposto per l’evento: "Costoro possono chiedere il risarcimento danni nei confronti dei soggetti pubblici o privati che saranno ritenuti responsabili di illeciti, costituendosi parte offesa nell’inchiesta della magistratura, utilizzando l’apposito modulo pubblicato… In queste ore stanno emergendo numerose falle sul fronte della sicurezza che avrebbero contribuito ad aggravare le conseguenze del panico scoppiato in piazza. Riteniamo quindi doveroso indagare per verificare se Sindaca, Prefetto e forze dell’ordine abbiano compiuto tutti gli atti previsti dal loro ufficio volti a garantire la sicurezza pubblica, la limitazione a vendita e ingresso in piazza di alcolici e bottiglie di vetro, la presenza di vie di fuga e altre misure di sicurezza previste dalle norme vigenti per le manifestazioni pubbliche". Danni a persone, ma anche alle cose: diversi i danneggiamenti subiti da negozi e abitazioni dove la gente ha cercato disperatamente riparo.

NUOVE MISURE DI SICUREZZA

Le conseguenze post disastro di Piazza San Carlo sono ovviamente positive per le nuove misure di sicurezza ad eventi pubblici nel comune di Torino e non solo. Beffarda sorte vedrà la loro applicazione il 17 giugno al Pala Alpitour per il concerto di Ariana Grande, l’artista che si esibiva durante l’attentato di Manchester… Disposizioni già previste, peraltro, negli stadi con il divieto dei bastoni per i selfie e degli ombrelli. E si attiva la morsa stringente del Comune sui venditori abusivi di bevande, già a partire dalla festa patronale di San Giovanni dopo un vertice sulla sicurezza di Prefetto, Questore e Comandanti dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.

3 giugno 2020

Fonti: Saladellamemoriaheysel.it (Lastampa.it - Larepubblica.it - Corriere.it - Gazzetta.it - Democratica.com - Cronacaqui.it)

© Fotografie: Lastampa.it - Calcionews24 - Iltempo.it - Ilsole24ore.it - Lastampa.it - Emergency-live.com - Corriere della sera
 
www.saladellamemoriaheysel.it  Domenico Laudadio  ©  Copyrights  22.02.2009  (All rights reserved)