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STADIO BALLARIN 1981
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Rogo Stadio "Fratelli Ballarin" 7.6.1981 (Repertorio 1981)
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Ore 16.57 del 7 giugno 1981 - Samb-Matera sta per iniziare; in piedi da sinistra Giacinto Ramini (telecronista delle partite della Samb sull'emittente locale "Ore 16.57 del 7 giugno 1981 - Samb-Matera sta per iniziare; in piedi da sinistra Giacinto Ramini (telecronista delle partite della Samb sull'emittente locale "telecavo"), Zenga, Bogoni, Schiavi, Cavazzini, Colasanto, Rossinelli, il Sig. Benci; accosciati da sinistra Speggiorin, Perrotta, Cagni, Caccia, Ranieri. Lo sguardo preoccupato di Walter Zenga verso la Curva Sud del "Ballarin": l'incendio comincia a svilupparsi, la festa diventa tragedia. Questi atleti fra pochissimi istanti insieme a quelli del Matera, alla terna arbitrale e a chi si trova sul manto erboso, si prodigheranno per cercare di portare i soccorsi a chi era rimasto intrappolato all'interno della Curva, assalito dal fuoco e travolto dalla calca. (Un ringraziamento particolare per la foto all'ex-rossoblu Alessandro Parroni)

Trasportati in elicottero in ospedali specializzati

Sono gravi 15 dei 40 ustionati sul campo della Sambenedettese

SAN BENEDETTO DEL TRONTO - Amara promozione quella della Sambenedettese in serie B dopo un anno di permanenza in C1. I gravi fatti accaduti poco prima dell'inizio dell'incontro hanno raffreddato l'entusiasmo per il successo sportivo. Il fuggi fuggi generale avvenuto nella curva Sud quando si sono alzate le fiamme dalla carta e dagli striscioni incendiati a causa, forse, di un razzo, hanno provocato il ferimento di numerose persone 40 delle quali ricoverate negli ospedali cittadini mentre altre sono state soltanto medicate. La situazione, col trascorrere delle ore, è apparsa più grave del previsto. Sono almeno 15 infatti i feriti con prognosi riservata. Quella che desta maggiori preoccupazioni è Fabrizia Basili che ha riportato la frattura del cranio. Gli altri quattordici, con ustioni di secondo e terzo grado, sono stati trasferiti, con elicotteri, nei centri specializzati in tutta Italia. A Verona è stata trasportata Livia Bruni, 66 anni; a Padova i fratelli Gianfilippo ed Enrico Albertini, rispettivamente di 11 e 15 anni: a Parma Fernando Lelli, 24 anni, ed Eliseo Pellicciotti, 10 anni; a Brindisi Stefano Di Pilla, 13 anni, e Albano Ferri, 18 anni; a Roma Carla Bisirri, 21 anni, Maria Teresa Napoleoni, 23 anni, e Nicola Fiscaletti, 13 anni; a Cesena, infine, Sabrina Pucci, 7 anni, Ombretta Nardini, 25 anni, Fernando Agostini, 26 anni, ed Alberto Massetti, 15 anni.

9 giugno 1981

Fonte: La Stampa

Samb - Matera. Prima del fischio d'inizio i fumogeni hanno fatto bruciare striscioni e carta

La festa diventa tragedia. Incidenti alla gradinata sud: 60 feriti. 2 donne gravi

Immediati i soccorsi. Paura tra la folla. Disperati tentativi dei medici

di Patrizio Patrizi

Doveva essere una festa. È scaturita una tragedia. Un bilancio pauroso: sessanta feriti, di cui trenta ustionati con una decina di prognosi riservate. Due donne sono in fin di vita. Per loro si nutrono poche speranze. Ipotizzato il trasferimento al reparto specialistico di Ancona, sentiti i referti dal nosocomio regionale. Hanno riferito che in quelle condizioni non sarebbe stato opportuno neppure il trasferimento. In un primo momento, infatti, si era preventivato l'intervento dell'elicottero dei carabinieri, poi si è rinunciato all'evidenza dei fatti. Carla Bisirri, 20 anni, e un'anziana signora, Livia Bruni, hanno riportato ustioni gravi, i loro corpi presentano uno stato irreversibile al 90 per cento. Le altre prognosi riservate riguardano Stefano Di Bella, Maria Teresa Napoleoni, Ferdinando Lelli, Enrico e Gianfilippo Albertini. Nel convulso lavoro al pronto soccorso dell'ospedale di San Benedetto non c'è stato tempo per trovare un attimo e compilare una lista completa dei feriti. Ci sono i referti, ma il compito di elencare tutti i nomi e renderli noti è stato arduo. Solo a tarda notte le forze dell'ordine, che sono sempre state in contatto con l'ospedale, hanno ricevuto gli elenchi di tutti i coinvolti nel rogo. I comandi di carabinieri e polizia, e lo stesso nosocomio, erano tempestati di telefonate da parte di familiari che chiedevano informazioni sulle condizioni di salute dei ricoverati. Si vivevano ore drammatiche. Ricostruiamo dall'inizio questa domenica nera per l'intera città. Alle ore 15,30 i fans rossoblu avevano assiepato la parte centrale della gradinata e si davano a canti e cori. Tutto era pronto per la festa. Massima correttezza. Alle 16.55 le squadre fanno il loro ingresso sul terreno di gioco. Guadagnano il centro del campo per i rituali di inizio gara e dalla gradinata sud si alza un grappolo di palloncini che porta verso l'alto una grande lettera B. Il settore è gremito. Ci sono circa 3.500 persone. Contemporaneamente si accendono i fumogeni e volano migliaia di frammenti di carta. La coreografia è bella. Non appena le due formazioni si apprestano a schierarsi ciascuna nella propria metà campo si accendono i primi focolai. Si cerca di spegnerli, ma il panico ha subito il sopravvento. La montagna di carta (i tifosi ne avevano preparata circa sette quintali) ben presto si tramuta in rogo e nel fuggi fuggi parecchie persone vengono travolte. Molti trovano rifugio nei sottopassaggi, altri scavalcano la rete di recinzione e si mettono in salvo sul terreno di gioco.

Dal lato verso le tribune, mentre sembra che il fuoco vada spegnendosi dalla parte dei distinti, si accendono altri focolai ed il marasma è generale. Nel panico si sviluppa una calca tremenda e ci sono donne e bambini che, finiti a terra, sono calpestati e sommersi dalla valanga umana. Saltano in tanti dai gradoni, arrampicandosi sulle maglie delle reti metalliche. Qualcuno si lascia cadere da un'altezza di circa quindici metri e l'impatto sul cemento, nei pressi degli ingressi alle tribune, è tremendo. Il fuoco la fa ancora da padrone, nonostante giocatori, forze dell'ordine e gli stessi tifosi si prodighino per spegnerlo. Le fiamme attecchiscono sugli striscioni appesi alla rete metallica e alcune donne e bambini rimangono avviluppati dalle fiamme che si sprigionano con estrema velocità. La paura prende sempre di più il sopravvento e non si aprono varchi per fare sfollare il pubblico. Quando arrivano gli idranti e sono aperte le prese di acqua ai bordi del campo di gioco, il dramma è ormai compiuto. Gli spruzzi dell'acqua e gli schiumogeni degli estintori pongono finalmente conclusione all'espandersi del fuoco. Con quindici minuti di ritardo prende avvio la partita e le evoluzioni dei calciatori sembrano ridimensionare il tutto in un imprevisto prologo alla promozione della Samb. Ma ad intervalli regolari, dagli altoparlanti dello stadio, si susseguono annunci di nomi di giovanissimi che nella confusione hanno smarrito i familiari. La tragedia assume interamente la sua ampiezza a tarda sera, quando nelle strade e nei bar la gente si trova ancora a salutare con brindisi e canti la serie B. Al pronto soccorso dell'ospedale giungono altre persone, soprattutto contusi che in un primo momento, a sangue caldo, non avevano avvertito dolori. Tra la folla che, cercando riparo, saltava dai gradoni verso il terreno di gioco e sui lati dei settori dei distinti e delle tribune, in molti infatti erano caduti rovinosamente. Fratture e contusioni le conseguenze più ricorrenti. Ai reparti di chirurgia e medicina dell'ospedale non c'era più disponibilità di posti. Medesima situazione nelle cliniche private che pure hanno ricevuto i feriti di questa tragica domenica. Irresponsabilità. Solo questa la causa del grave epilogo alla gara che ha consacrato la Sambenedettese promossa in serie B. Avevamo espresso, nel corso della settimana, timore per tutti quei fumogeni che i tifosi credevano innocui. Il vecchio stadio Ballarin ha così conosciuto, tra tante battaglie calcistiche, una disastrosa domenica. La gradinata sud, simbolo del tifo di fede rossoblu, sprofonda nel dramma.

8 giugno 1981

Fonte: Messaggero Marche

Due ore dopo la tragedia esplode la festa ma è subito sospesa

di Epifanio Pirantozzi

S. BENEDETTO - Cerchiamo di raccontare con ordine quanto è successo in questa giornata che doveva essere di gioia e felicità e che per tanti si è trasformata in tragedia. Il campo sportivo si va riempiendo fin dal primo pomeriggio. I tifosi hanno fatto le cose in grande. Tantissime sono le bandiere ed un'autentica ovazione accoglie i rossoblu al loro ingresso in campo per fare riscaldamento. Rullano i tamburi e la curva sud è gremita fino all'inverosimile. Entrano in campo le squadre e si sistemano al centro per le foto ricordo. Mentre l'attenzione di tutti è concentrata sui giocatori si vede un ondeggiare di folla in curva sud. La gente si apre letteralmente in due tronconi proprio sopra la porta d'uscita verso il mare. Si scorgono lingue di fuoco e si capisce che la carta che i tifosi agitano per fare tifo ha preso fuoco. Sembra una cosa da nulla e molti incominciano a inveire contro i soliti tifosi che fanno scherzi cretini. Ma non è che solo l'inizio. Il fuoco si espande e, alimentato dalla carta lasciata cadere da chi scappa e che si accumula lungo le gradinate, arriva fino alla rete di recinzione. Da quel momento non si riesce più a controllare quello che succede. Molti tifosi si buttano letteralmente in campo dopo aver scavalcato la rete di limitazione per scappare alle fiamme. Si vede chiaramente un signore scendere a precipizio le gradinate, prendere un bambino in braccio e correre verso l'uscita. Tutti si sporgono a guardare, ma ancora nessuno cerca di fare qualcosa per spegnere le fiamme. Fiamme che non si sa ancora bene come siano scaturite ma che molti pensano sia successo per l'accensione di un bengala caduto poi per terra. Arriva l'autoambulanza in mezzo al campo e carica un paio di feriti e ustionati. Mentre si aspetta che il fuoco si estingua da solo le fiamme arrivano all'altro mucchio di carta rimasta in gradinata ma più verso monte. Il fuoco riprende vigore e la gente, pressata ormai contro la rete, cerca la salvezza scavalcandola. Ma la rete è molto alta da terra e, specialmente nella parte alta dei gradoni, la distanza dal terreno è notevole. Si vedono dalla tribuna delle donne e degli uomini saltare e cadere malamente con il rischio di altri che possano cadere su loro. Il fuggi fuggi è generale. Intervengono alcuni inservienti del campo, aiutati dai giocatori rossoblu, con le pompe dell'acqua che si usano per innaffiare il terreno di gioco per spegnere le fiamme. Si sgombera subito il campo e la partita inizia. I tifosi man mano riprendono posto e tutto sembra finito. La notizia, uscita dal campo tramite i servizi delle radio private, fa accorrere molti genitori che avevano mandato i figli alla partita. Iniziano gli appelli tramite gli altoparlanti del campo, per ricercare i bambini. Anche l'ospedale fa sapere di avere bisogno di tutti i dottori disponibili. Sembrava, l'incendio, cosa da nulla ma ora si parla con insistenza di molti ustionati e feriti. Il pensiero di tanti è la partita e per come andrà a finire. La Samb, grazie al pareggio del Campobasso, è in serie B ed inizia l'invasione di campo. Sotto gli spogliatoi, tra abbracci e congratulazioni ci sono molti che si preoccupano per le notizie che arrivano. Mentre Zoboletti rilascia una dichiarazione in cui si dice contento per la promozione perché ci ha creduto fin dall'inizio ma anche molto addolorato per quanto è successo, arriva l'assessore allo sport Poliandri che chiede di far annunciare la sospensione di tutti i festeggiamenti per quanto è successo. Poliandri tira fuori anche le prime cifre; 40 feriti in ospedale, 5 molto gravi e 2 gravissimi ed in fin di vita. Ormai tutti aspettano di poter sapere i nomi dei feriti per vedere se c'è qualche amico e conoscente.

8 giugno 1981

Fonte: Il Resto del Carlino

È stato necessario scaricare carburante

per poter ospitare a bordo tutti i feriti

È stato richiesto l'appoggio dell'aviazione, per poter trasportare con tempestività, nei vari ospedali specializzati del territorio nazionale, i più gravi, rimasti ustionati nel rogo di domenica al campo "Ballarin" di San Benedetto del Tronto. Due elicotteri appartenenti al 15° stormo "Sar" si sono levati in volo da Ciampino e Rimini, alle ore 14 di ieri sono atterrati a San Benedetto per prelevare i più gravi. I due elicotteri del tipo HH-F3 costruiti dalla Augusta, forniti di motore Alfa Romeo (20 in tutto il territorio nazionale) sono attrezzati per interventi immediati in caso di calamità, equipaggiati da due piloti, un sommozzatore, un medico, un infermiere, due specialisti di volo e possono trasportare un massimo di 10 feriti. I velivoli sono dislocati in diversi aeroporti italiani e pronti a partire per ogni evenienza. I contatti, per far intervenire gli elicotteri sono stati presi dai Carabinieri e dai dirigenti della U.s.l. di San Benedetto. Alla richiesta, un primo elicottero è partito da Ciampino con al comando il capitano Generoso, mentre il secondo, al comando il cap. Conte, che era in volo per Trapani, per recarsi sulla zona colta dal sisma, è stato dirottato a San Benedetto. Per questo secondo elicottero i vigili del fuoco hanno dovuto compiere una delicata operazione, hanno dovuto alleggerire il velivolo di 5 quintali di kerosene, per renderlo più leggero, visto che aveva un'autonomia superiore al percorso da compiere. Per il trasporto dei feriti, dall'ospedale civile al "Ballarin" dove erano atterrati gli elicotteri, sono state impiegate sette autoambulanze le quali hanno trovato il percorso libero, grazie alla attiva collaborazione dei vigili urbani, che si sono prodigati per tutto il tragitto rendendovi celere la marcia delle auto della Croce Rossa. Intanto ci sono le prime cifre ufficiali della tragedia allo stadio: al pronto soccorso hanno medicato 49 persone, ce ne sono poi altre 29 che sono state ricoverate (e 13 di queste, come abbiamo visto, sono state trasportate in altri centri più attrezzati).

9 giugno 1981

Fonte: Il Resto del Carlino

Parla l'arbitro di S. Benedetto, dove lo stadio ha preso fuoco

Tubertini: Si è giocato perché le due squadre erano d'accordo"

di Giulio C. Turrini

Paolo Tubertini, anni 36, orefice di Bologna, era l'arbitro di Sambenedettese - Matera, l'ultima partita che avrebbe dovuto consacrare la promozione della squadra marchigiana in serie B. Tubertini è uno dei più promettenti direttori di gara e questo incarico gli era stato affidato proprio per l'autorità e il credito che è riuscito a guadagnarsi. All'indomani del tragico falò dello stadio Ballarin, la prima domanda che la gente si pone è semplicemente questa: ma in quelle condizioni, la partita si doveva ugualmente giocare ?

Ascoltiamo comunque il racconto dell'arbitro Tubertini, che racconta le cose che egli ha scritto nel suo rapporto di gara.

"E' stato un disastro, una cosa inconcepibile, pazzesca, assurda. Eravamo entrati in campo, con le due squadre in leggero anticipo sulle consuetudini, perché era in programma il lancio di fiori al pubblico, altre cose, insomma i preliminari ai festeggiamenti. Stavamo effettuando il sorteggio del campo con i due capitani, quando improvvisamente si è levato un gigantesco falò dalla curva Sud...".

A che cosa lo ha fatto risalire ?

"Cominciamo col dire che, secondo me, erano stati venduti molti biglietti, il pubblico era stipatissimo, uno spettatore sull'altro. E un po' tutti avevano portato allo stadio quintali di carta straccia per farne strisce, coriandoli, altre cose. C'era il caldo elevatissimo, e il fuoco si è acceso - dicono - allo scoppio di un bengala. Secondo il mio modesto parere, è più probabile che sia stato il fiammifero usato per accendere il razzo ad appiccare il fuoco. Caldo, tutta quella carta, l'incendio è divampato in un momento. Ci metta gli abiti di materia sintetica che molti usano in questa stagione; insomma è diventato un enorme e tragico falò".

Che cosa è successo, allora ?

"La mia prima impressione era stata che ci fosse stato un gesto terroristico, che so, una bomba. Ecco subito un drammatico tentativo di fuggire dal la gradinata in fiamme. Siamo corsi là sotto, e si sono viste cose terribili. Un paio di donne, una specialmente, erano trasformate in torce umane. Alcuni cercavano di salvarsi buttandosi in campo, oltre il filo spinato. Io chiedevo ai dirigenti della Sambenedettese dove fosse la chiave del cancelletto che separa la gradinata dal campo, ma questa chiave non saltava fuori: non si sarebbero potuti salvare tutti, ma qualcuno sicuramente sì. L'acqua è arrivata con un serio ritardo perché il bocchettone presso la curva non funzionava e si è dovuto usare l'altro al centro del campo. Credo che se il bilancio, già gravissimo, non è stato ancora più tragico, ciò sia dovuto ad una certa fortuna".

Non è mai stata presa in considerazione l'ipotesi di non effettuare la partita ?

"Ho fatto quello che mi impone il regolamento ma, di più, la mia personale sensibilità. I capitani, i dirigenti delle due squadre, tutti si son detti risoluti a giocare la partita, anche per evitare guai più seri, tutt'altro che da escludere con quella enorme tensione accresciuta dal dramma. Quando sono state spente le fiamme ed i feriti sono stati portati via, mi sono recato sotto quella gradinata dietro la porta, mi sono rivolto al pubblico rimasto per sapere se erano rimasti moralmente scossi. Hanno detto che si doveva giocare. E forse è vero che, se avessi mandato via tutti, sarebbe stato peggio".

E la partita ?

"Uno 0-0 che bastava alla Sambenedettese per questa terribile promozione. Un primo tempo nel quale mi è parso che tutti i giocatori fossero ancora shoccati; poi nell'intervallo sono arrivate notizie (anche arrangiate) secondo cui non c'erano state conseguenze particolarmente gravi e la ripresa è stata un po' più vivace. Certo, questa partita non contava più nulla, dopo l'immensa tragedia. Cose che colpiscono, che turbano, che ci fanno domandare perché il calcio debba avere anche di questi terribili risvolti".

10 giugno 1981

Fonte: Il Resto del Carlino

Rogo allo stadio condannato il presidente della squadra

di Franco De Felice

Clamorosa sentenza per la morte di due tifosi a S. Benedetto del Tronto. Rogo allo stadio, condannato il presidente della squadra Omicidio colposo anche per il commissario di polizia. E il Comune dovrà risarcire i danni.

ANCONA - Otto anni fa gli striscioni dei tifosi presero fuoco, nello stadio di San Benedetto del Tronto. Due ragazze morirono, 64 persone rimasero ustionate. Ora i giudici hanno condannato per omicidio colposo non solo nove tifosi, ma anche il presidente della squadra di calcio, la Sambenedettese, e il commissario di polizia che quel giorno era responsabile del servizio d'ordine. E il Comune, come proprietario dello stadio, dovrà contribuire a risarcire i danni per vittime e feriti. L'incendio scoppiò il 7 giugno del 1981, pochi minuti prima della partita, sulle gradinate della curva Sud del "Fratelli Ballarin". Presero fuoco carta, coriandoli, striscioni, fumogeni, tamburi, tutti oggetti che i tifosi avevano portato per festeggiare il ritorno della "Samb" in serie B. Forse fu un mozzicone di sigaretta, forse un fiammifero. Rimasero ustionate 64 persone, una decina molto gravemente. Due ragazze, Carla Bisirri e Maria Teresa Napoleoni, morirono. Ora, la sentenza. Dura, senza precedenti. Quell'incidente, secondo i giudici del tribunale di Ascoli Piceno (presidente Giuseppe Fioridia) era prevedibile e, quindi, evitabile. Conseguenza: 14 dei 16 imputati condannati per incendio ed omicidio colposo. Le parti civili dovranno essere risarcite con una provvisionale dì 645 milioni: 30 a testa alle famiglie delle due ragazze, dagli 8 ai 20 milioni per gli ustionati più gravi. Sorprendente l'elenco dei condannati: oltre a nove tifosi, il presidente della Sambenedettese Calcio, Ferrucio Zoboletti, tre addetti della società, e l'allora commissario di P.S. Angelo Punzi. Le condanne più pesanti (1 anno e 2 mesi di reclusione, con la condizionale) al presidente della Sambenedettese e all'ex commissario. Un anno e 15 giorni agli altri. Ma la sentenza è senza precedenti per un altro motivo: a risarcire i danni è stato chiamato anche il Comune di San Benedetto del Tronto. Secondo i giudici ascolani, una manifestazione sportiva è di per sé un "episodio denso di pericolo e di minacce, per cui anche il proprietario dello stadio, oltre alla società, è obbligato ad assumere tutte le iniziative di garanzia e sicurezza". Pare sia una novità assoluta anche la condanna del responsabile delle forze dell'ordine. E ora le decisioni dei giudici ascolani fanno discutere. Soddisfatte le parti civili: Questa sentenza - dice l'avvocato Claudio Netti - ci fa ben sperare per il futuro: il tribunale di Ascoli ha dimostrato che non esistono spazi franchi per il calcio. Giusto anche il coinvolgimento del Comune tra i responsabili: è un monito per una maggiore attenzione al problema della sicurezza degli spettatori negli stadi. Di parere contrario l'avvocato Giangiacomo Lattanzi, nominato dal Comune di San Benedetto del Tronto: "Una sentenza che non capisco, sul piano tecnico e su quello giuridico". Tutti i condannati si appelleranno. "Siamo sicuri - dice il sindaco di San Benedetto del Tronto, Piero Ripani - che la sentenza verrà rivista. Almeno per quanto ci riguarda. La decisione del tribunale di Ascoli rappresenta un precedente clamoroso e pericoloso. Il Comune, all'epoca, era sì proprietario dell'impianto, ma la gestione completa era della Sambenedettese. Mi sembra che solo l'addetto alla manutenzione del manto erboso fosse un dipendente comunale. Avrei compreso una nostra condanna solo se fosse venuta giù una tribuna, se avessero preso fuoco le gradinate. Ma niente di tutto questo, per fortuna, è accaduto: l'impianto era ed è molto solido ed affidabile. Né mi pare che la carta possa essere considerata una sorta di arma impropria: che facciamo, d'ora in poi ? Le forze dell'ordine e gli addetti agli ingressi di uno stadio dovranno sequestrare, oltre a coltelli e oggetti contundenti vari, anche i giornali ?".

10 marzo 1989

Fonte: La Stampa

© Fotografia: Rivieraoggi.it (Pino Perotti)

In Lega si parla di forzatura

Il parere del presidente Nizzola sulla sentenza - Chiusano: "Condanna per la responsabilità oggettiva ? Sarebbe assurdo".

I presidenti del calcio non rischiano più soltanto la retrocessione delle loro squadre, ma a quanto pare anche la prigione. Un nuovo quesito li riguarda: sono responsabili di tutto quanto avviene all'interno dello stadio ? In merito alla sentenza di Ascoli ecco due pareri qualificati. L'avvocato Vittorio Chiusano, presidente del Comitato organizzatore dei Mondiali di calcio, sede di Torino, nonché vicepresidente della Juventus, pone l'accento sulla responsabilità oggettiva: "Questo principio, riconosciuto e applicato dalla giustizia sportiva, in penale non vale, è anticostituzionale. Sarebbe dunque pericolosissimo se la condanna per il presidente della società di calcio fosse venuta soltanto per la carica che ricopre. Debbo ritenere che così non sia successo; i giudici potrebbero aver individuato fatti che possono aver favorito lo svolgersi degli incidenti, come l'incuria, tipo lo stadio vecchio e pericoloso, faccio per dire". Anche l'avvocato Luciano Nizzola, presidente della Lega calcio professionisti che ha sede a Milano e organizza i campionati di serie A e B, resta prudente, non conoscendo le motivazioni della sentenza. Ma è rimasto piuttosto sorpreso dal giudizio di Ascoli. E così commenta: "Evidentemente si è ritenuto che il presidente della Sambenedettese avesse certi doveri e ci siano state nel caso alcune omissioni da parte sua. Faccio un esempio: è un po' come quando crolla un ponte dell'autostrada e viene incriminato anche il presidente della società costruttrice. Si poteva però presumere che il responsabile di una squadra di calcio non venisse condannato per incidenti sviluppatisi all'interno dello stadio; mi sembra forzato dal punto di vista giuridico-penalistico. Spero che nei gradi successivi della giustizia questa sentenza sia oggetto di revisione, perché d'ora in poi i presidenti in campo penale si sentiranno meno tranquilli". In effetti attorno a questi personaggi che guidano il calcio la morsa si stringe ogni volta di più. I calciatori e gli allenatori chiedono cifre sempre più pazzesche; i tifosi pretendono squadre competitive e alla minima flessione contestano (non sempre soltanto a parole): se ora ci si mettono di mezzo anche i giudici, caricando di un altro peso i dirigenti e facendo balenare le condanne per eventuali disgrazie accadute sugli spalti, sospettiamo che il mestiere di presidente subirà presto una crisi di vocazioni. g. ro.

10 marzo 1989

Fonte: La Stampa


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